Il buon Samaritano Timothy RADCLIFFE Brasilia 2012

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Il buon Samaritano Timothy RADCLIFFE Brasilia 2012
Il buon Samaritano
Timothy RADCLIFFE
Brasilia 2012
Bom dia! È un grande piacere tornare in Brasile. Sono molto onorato di essere stato invitato a
questo raduno delle Equipes Notre Dame. Questo è il mio primo incontro con la vostra
organizzazione. Mi sarebbe piaciuto saperne di più, riguardo alle vostre speranze e obiettivi, in
modo da portemi preparare meglio. Ripenso a uno dei miei confratelli che aveva tenuto una
conferenza a Chicago. Quando si è seduto, l’applauso non è stato molto entusiasta. Lui si è girato
verso l’uomo seduto accanto a lui e gli ha detto, “Spero che non sia andata troppo male”, e l’altro
gli ha risposto, “ Non è colpa tua, ma di chi ti ha invitato a parlare”
Ho letto molti dei documenti che avete preparato per questo incontro e ho imparato molto. Voi siete
l’avanguardia del pensiero per quanto riguarda alcune delle questioni più urgenti per la Chiesa
intera.
Il vostro movimento è stato fondato “per aiutare le coppie a scoprire le ricchezze del sacramento e a
vivere una spiritualità coniugale” 1 . Al centro della vostra vocazione sta la convinzione che il
matrimonio sia una splendida vocazione Cristiana e una parte essenziale di ogni società umana. Ma
siete anche profondamente consapevoli che per molte persone il matrimonio è una difficoltà; è
spesso luogo di sofferenza, incomprensione e persino violenza. Inoltre, sempre più persone
decidono di non sposarsi: molti convivono e crescono i propri figli senza nemmeno pensare al
matrimonio. Milioni di persone sono divorziate e risposate. Esistono anche unioni omosessuali.
Quindi, una domanda importante per molti di voi è come essere fedeli al vostro carisma originale e,
allo stesso tempo, affrontare la realtà della vita di così tante persone. Siete impegnati nel
matrimonio, e tuttavia tutti avete amici, familiari e forse anche figli le cui vite hanno preso un’altra
direzione. Qual è la vostra missione nei loro confronti? Come potete avvicinarvi a loro e
condividere con loro il vostro amore per il matrimonio senza farli sentire esclusi? Queste sono
questioni fondamentali per tutta la Chiesa. Ed è una benedizione che voi abbiate il coraggio di porre
tali questioni in modo esplicito. Devo essere onesto: non ho risposte immediate, ma spero almeno
che possiamo avere una discussione che sia onesta e utile. Veritas, la verità, è il motto dell’Ordine
Domenicano, e tutta la verità del Vangelo è fonte di speranza.
C’era un uomo che era alla deriva in una mongolfiera nei cieli del sud dell’Inghilterra: si era perso e
non aveva idea di dove fosse. Alla fine, atterrò su un albero. Vide due uomini che passavano di lì e
chiese “Aiutatemi! Dove sono?” Uno di loro rispose, “Sei su un albero” “Tu devi essere un
Domenicano!” “Perché dici così?” “Perché quello che mi dici è vero, ma inutile!”
Mi è stato chiesto di esaminare tali questioni alla luce della parabola del Buon Samaritano. È una
sfida, perché la parabola non tocca direttamente il divorzio o il matrimonio omosessuale! Ma è
comunque un profondo esame del significato di amore e ci può quindi aiutare nella nostra ricerca di
una via d’uscita.
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Guida delle Equipes Notre Dame pag. 8
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Conversazione
La parabola è parte di una conversazione. Il dottore della legge chiede a Gesù come fare per
ottenere la vita eterna, e Gesù risponde con il comandamento di amare Dio, il suo prossimo e se
stesso. Il dottore della legge chiede anche chi sia il suo prossimo: Gesù racconta la storia del Buon
Samaritano, e termina con un’altra domanda: “Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di
colui che è incappato nei briganti?" Il dottore della legge risponde, e Gesù gli risponde a sua volta:
"Va’ e anche tu fa’ lo stesso". È una conversazione vera, attraverso la quale Gesù aiuta il dottore
della legge a raggiungere la verità.
Ogni insegnamento Cristiano comprende una conversazione. Il termine “omelia” deriva da una
parola che significa “conversazione”. Ciò è dovuto al fatto che la vita di Dio è l’eterna
conversazione del Padre, Figlio e Spirito Santo. Gesù è la Parola di Dio, che ci invita a prendere
parte alla conversazione d’amore della Trinità. Per sua stessa natura, la verità Cristiana non può
essere imposta dall’alto: è la parola di Dio che invoca la nostra risposta. S. Domenico ha fondato
l’Ordine dei Predicatori come conseguenza di una conversazione con un albergatore, durata tutta la
notte. Non avrebbe potuto passare tutta la notte a dire “Ti sbagli, ti sbagli”. Conversazione implica
l’accettazione dell’altra persona.
Vi trovate di fronte a questa domanda: cosa potete dire a persone che convivono, o che sono
divorziate o risposate, o gay? Che cosa potete dire che sia allo stesso tempo aperto alla verità delle
loro vite e tuttavia fedele agli insegnamenti della Chiesa? Lo scoprirete solo se vi addentrerete nella
conversazione. Parlerete con autorità se darete autorità alla loro esperienza. Se li ascolterete,
mettendovi nei loro panni, provando con la loro pelle, allora forse il Signore vi suggerirà le parole
giuste.
La gente ha spesso teso trappole a Gesù ponendogli domande impossibili. Per esempio “Dobbiamo
pagare le tasse ai Romani?” Se avesse risposto di sì sarebbe stato un collaborazionista, ma se avesse
detto No, sarebbe stato un ribelle. “Dobbiamo lapidare questa donna colpevole di adulterio o no?”
Se avesse detto Sì, sarebbe stato crudele, e se avesse detto No, si sarebbe opposto alla legge.
Talvolta, questa è anche la nostra esperienza: se affermiamo fortemente il nostro impegno nel
matrimonio, allora sembra che escludiamo i milioni che hanno preso un’altra direzione. Se non
affermiamo il matrimonio, allora tradiamo qualcosa di fondamentale alla vita Cristiana. Come
Gesù, potremmo sentirci di fronte a un dilemma impossibile!
Ma Gesù trova sempre una via d’uscita. Questo perché la grazia di Dio genera uno spazio nuovo, in
cui Egli può essere sia misericordioso sia fedele. Con la grazia dello Spirito Santo, dobbiamo avere
il coraggio di entrare in conversazione con persone le cui vite sono complesse, e pregare per trovare
una parola da Dio. Una parola inaspettata, che è anche la parola eterna dell’amore. Per sentire
quella parola dobbiamo avere il coraggio di ascoltare: ascoltare Dio che è amore, ascoltare la
Chiesa, e ascoltare con cuore e mente aperti coloro le cui vite non sono come le nostre.
La conversazione ci dice anche qualcosa sull’etica sessuale. L’etica sessuale non riguarda solo ciò
che è vietato o permesso. Non è fondamentalmente riguardo le regole. Il sesso non è solo un atto
fisico. Nel vero amore sessuale, la coppia si parla. L’uno dice all’altro: “Questo è il mio corpo dato
per te”. L’uno offre all’altro una parola fatta di carne. La prima domanda riguardo ogni atto
sessuale non è “E’ permesso?” ma “Che cosa dice?”
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Se si fa sesso con qualcuno per poi andarsene il giorno dopo, senza alcuna intenzione di vederlo di
nuovo, allora si è detto con il proprio corpo qualcosa che si nega con la propria vita. Il significato
intrinseco dell’atto sessuale è un dono della persona. È un atto di comunione e comunicazione:
quindi, se parlate con una giovane coppia che convive, la prima cosa non è dire loro che il sesso non
è permesso, ma aiutarli a capire cosa significa, cosa dice. Invitiamo le persone a scoprire il
significato bello e profondo della sessualità.
Credo che il fondamento di tutta l’etica sessuale Cristiana stia nell’Ultima Cena. Di fronte alla
sofferenza e alla morte, Gesù si dà ai discepoli. Questo è il mio corpo, donato per voi. È stato un
atto di fedeltà, anche quando loro non sono fedeli a lui. “mi do a voi per sempre”. È stato un atto di
generosità. Vi do tutto ciò che sono: è stato un momento di vulnerabilità, quando si è messo nelle
loro mani perché facessero di lui ciò che volevano.
L’etica sessuale ci insegna come vivere questa fedeltà, questa generosità e vulnerabilità l’uno con
l’altro. Quindi parte della vostra missione è aiutare le persone a vedere la bellezza della sessualità.
Poi loro possono capire come vivere questi valori nella loro situazione personale. La parabola del
Buon Samaritano ha qualcosa da dire riguardo ciascuna di queste.
Chi è il mio prossimo?
Il dottore della legge chiede “Chi è il mio prossimo?” comincia da se stesso, vuole sapere i limiti
del proprio amore. Gesù ribalta la domanda e ne pone un’altra: “Chi di questi tre ti sembra sia stato
il prossimo di colui che è incappato nei briganti?”. È un amore che non ha limiti, perché non si può
sapere che ha bisogno di noi.
La domanda del dottore della legge è letteralmente egocentrica: egli vede il mondo dal proprio
punto di vista. La sfida più grande che tutti affrontiamo è quella di essere liberi da questo egoismo.
Cominciamo questo cammino da bambini: un neonato è il centro del proprio mondo. Crescendo,
scopre lentamente che ci sono altre persone e che non esistono solo per compiere la volontà di
qualcuno. Dietro al seno c’è una madre. Alcuni di noi restano egocentrici, Noel Coward,
drammaturgo inglese, incontrò un amico che non vedeva da molti anni e disse “Non c’è tempo per
parlare di tutti e due, quindi parliamo di me”. Una volta, un noto logico alloggiava al Blackfirars:
lo volevano al telefono, quindi siamo andati tutti a cercarlo. L’abbiamo trovato nelle cucine e
abbiamo detto: “Eccoti lì”. E lui rispose “No, io sono qui, siete voi che siete lì”.
La parabola invita il dottore della legge a dimenticarsi chi è e a identificarsi con il Samaritano, il
nemico odiato degli Ebrei. Deve liberarsi dal ristretto mondo del dottore della legge, che determina
obblighi precisi. Deve diventare un essere umano, un figlio del Dio Universale. Deve scoprire chi è
che ha bisogno di lui.
Questo ci dice qualcosa di profondo sulla natura del matrimonio. Legalmente, è un contratto che
lega due esseri umani. Sempre più, questo contratto è considerato temporaneo: la gente stipula
contratti prematrimoniali in caso il matrimonio fallisca.
Ma nel matrimonio, promettiamo di scoprire chi siamo con quest’altra persona sconosciuta. Un mio
giovane amico si è sposato un paio di anni fa: quando è nato il loro primo figlio, fu una rivelazione.
Quando si sono guardati l’un l’altro, hanno entrambi visto qualcosa che non avevano mai visto
prima: una madre e un padre. Quando ci si sposa e si hanno figli, la vecchia persona solitaria che si
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era prima muore. Non si sarà mai gli stessi, motivo per cui i genitori spesso soffrono di depressione
post natale. Devono provare il lutto per l’individuo solitario che erano prima e che non sono più.
A ogni stadio della vostra vita matrimoniale, scoprirete nuovi aspetti di chi siete, e chi è la persona
che avete sposato. Quando uno di voi affronta una malattia, ancora una volta, cambiate entrambi. Se
l’altro entra in depressione o soffre di Alzheimer, andrà fatta una nuova scoperta. Sposarsi è
promettere di continuare il viaggio della scoperta, continuare a sorprendersi di se stessi e dell’altro.
Martin Buber, filosofo ebreo, parlava della vera amicizia come “Sacra Insicurezza”. Non sai cosa
diventerai mentre cammini verso Gerico.
Si promette di lasciare che l’altro sia una sorpresa continua: dopo un po’ la tentazione potrebbe
essere quella di pensare di aver capito tutto dell’altro. Hai ascoltato ogni storia della sua infanzia,
puoi anticipare le sue battute, sai cosa ordinerà al ristorante, e cosa dimenticherà di portare in
vacanza: ma prometti di lasciare che ti sorprenda. Prometti di sorprenderti da solo!
Così, ogni vero amore ci invita a lasciar perdere definizioni precise: non so in anticipo chi è la
persona di cui sarò il prossimo. Parte della nostra testimonianza Cristiana è non preoccuparci di chi
siamo. Quando Dietrich Bonhoeffer era in carcere, era perseguitato da domande sulla propria
identità. Alla fine, ha imparato a lasciare tutto nelle mani di Dio.
Chi sono? Solitario porsi domande si fa beffe di me.
Chiunque io sia, Tu mi conosci, Tuo sono, o Dio!
Nella vostra missione in questo mondo di relazioni spezzate, potete aiutare le persone ad avere il
coraggio di intraprendere questo cammino, lasciando perdere vecchie definizioni. Alcuni possono
convivere perché sono spaventati dal rischio dell’impegno: potete infondere loro coraggio. Se sono
divorziati e risposati, possono aver paura di venire feriti di nuovo: possiamo invitarli a intraprendere
l’avventura dell’amore, osando essere più di ciò che pensavamo. Herbert McCabe era solito dire:
“se ami soffrirai e forse sarai anche ucciso. Se non ami sei già morto.”
Domani e dopodomani parlerò di come il Samaritano abbia visto l’uomo al ciglio della strada e
abbia provato compassione. Oggi concentriamoci sulla frase successiva:
“Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento,
lo portò a una locanda e si prese cura di lui.
Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che
spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno.”
In questo testo vediamo il punto centrale di ogni amore, e quindi dell’etica sessuale: fedeltà,
generosità e la cura delle ferite. Per il resto di questa conferenza introduttiva, ci concentreremo su
queste. Questo è ciò che dobbiamo imparare nel nostro matrimonio, e offrire alle persone che sono
in altre relazioni.
Prima di tutto, guardiamo alla fedeltà. Nell’Ultima Cena, Gesù ci ha dato il suo corpo per sempre.
Non importa che i discepoli non gli saranno fedeli: lui sarà sempre fedele a noi. Se l’amore è la vita
di Dio, allora l’amore dev’essere eterno. Il Matrimonio è un sacramento dell’amore fedele di Dio
perché è “nella buona e nella cattiva sorte, in ricchezza e povertà, in salute e malattia, finché morte
non vi separi”. E crediamo che il significato intrinseco di dare il proprio corpo a qualcun altro è che
ci si è consegnati per sempre. È forse un ideale remoto e impossibile?
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È molto distante per molte persone, visto che oggi il significato del sesso è solo quello di un’attività
piacevole. Cosa possiamo dire a presone che sono divorziate e risposate? Metterle di fronte al
fallimento dei loro matrimoni precedenti non aiuta. Nessuno di noi è nella posizione di giudicare.
Ognuno di noi avrebbe potuto trovarsi nella stessa situazione. Quindi, cosa possiamo dire riguardo
alla fedeltà in amore?
I discepoli non sono stati fedeli nel Venerdì Santo. Alla corte dell’Alto Prelato, Pietro ha rinnegato
Gesù “Non conosco quell’uomo”. La maggior parte degli altri discepoli è fuggita. Gesù si è donato
a coloro che non gli sono stati fedeli dall’inizio. Devono imparare lentamente come essere fedeli. A
Pietro è servito molto tempo per diventare una pietra. Sulla spiaggia, Gesù perdona il suo
fallimento, ma ha ancora da imparare. Secondo un racconto recente, Pietro stava fuggendo da Roma
durante la persecuzione e ha incontrato Gesù che andava nella direzione opposta. Ha chiesto a
Gesù, “Dove vai?” Quo vadis? Quel luogo è occupato oggi da un costoso ristorante che i poveri
Domenicani non possono permettersi. E Gesù ha risposto “Vado a morire di nuovo”. Così Pietro si
è girato ed è andato incontro alla morte. Alla fine, dopo un lungo periodo, è diventato una persona
fedele. Gli ci è voluta tutta la vita.
Quindi, la fedeltà non è qualcosa che si ha o non si ha: le persone che vivono una seconda o una
terza relazione possono ancora, come Pietro, imparare la virtù della fedeltà a un’altra persona. Tutti
impariamo lentamente a essere fedeli: la fedeltà è molto più che non commettere adulterio, sebbene
ciò ne sia parte. Vuol dire essere fedeli alla verità dell’altro. Una volta, un accademico ha detto che
ognuno dovrebbe rispettare la verità: un giorno lui disse a sua moglie, ancora assonnata dal
risveglio: “Mia cara, sei bellissima la mattina”. E lei ha risposto: “E il resto del giorno?”.
La fedeltà è essere attenti a ciò che l’altro vive, ai piccoli segni di delusione o infelicità, è imparare
come liberare la sua gioia, capire le sue paure e non giudicarne i fallimenti. Tutto ciò è fedeltà, e
tutti la impariamo lentamente.
Dobbiamo imparare la fedeltà in tutte le nostre amicizie, poiché ogni amicizia è espressione
dell’amore eterno di Dio. Fedeltà ai nostri genitori anziani, fedeltà ai nostri figli, anche se si
allontanano da noi, fedeltà ai nostri amici anche se divorziano e si risposano per la quarta volta,
fedeltà alla Chiesa anche quando ci delude e ci spinge a criticarla. I membri della Chiesa sono
chiamati “fedeli”. Ogni vero amore è per sempre, quindi, parte di ciò che possiamo imparare dai
nostri matrimoni, e portarlo in un mondo di relazioni spezzate, è la virtù della fedeltà. Non è mai
troppo tardi per ricominciare da capo, come ha fatto Pietro.
Gesù sa che sta per essere consegnato ai suoi nemici da Giuda, e che sarà rinnegato da Pietro e che
gli altri discepoli desiderano non aver avuto niente a che fare con lui: Egli prende il loro tradimento
e lo trasforma in un dono. Questo è il mio corpo donato per voi. Voi mi consegnerete ai Romani, e
fingerete non avere niente a che fare con me, ma io trasformo tutto ciò in un dono: questa è la
generosità suprema dell’amore divino.
Quando affrontiamo un tradimento nella nostra relazione, riusciamo a vivere quella generosità
suprema? Se l’altro fallisce, affermiamo la nostra superiorità morale? Useremo il loro fallimento
per metterci su un piedistallo? Ma Gesù non l’ha fatto: ha reso il loro fallimento un momento di
grazia. L’ha reso il momento per una nuova e più profonda intimità. Non c’è stato rancore.
In questa parte non ho parlato della parabola del Buon Samaritano, perché lui non sposa l’uomo che
è stato picchiato dai briganti! Ma, tuttavia, anche lui incarna una sorta di fedeltà. Trova l’uomo e si
prende cura di lui: poi lo lascia alla locanda e va per la sua strada, promettendo di tornare. Mostra
amore per l’uomo, ma ognuno di loro deve vivere la propria vita. Si avvicina all’uomo
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nell’emergenza, e tuttavia lo lascia libero.
L’amore di Dio segue questo stesso dinamismo di vicinanza e libertà. Per noi, esistere vuol dire
essere amati da un amore profondamente intimo e che tuttavia ci lascia lo spazio di essere noi stessi.
Il nostro amore è una parte minuscola di quell’amore divino che ci sostiene al cuore del nostro
essere e che ci lascia liberi.
Sant’Agostino ha detto che Dio è più vicino a noi di quanto lo siamo noi stessi: per scoprire Dio,
facciamo un viaggio interiore, e scopriamo che è il battito che sostiene il nostro essere. Al cuore del
mio essere, non sono da solo: sono amato in ogni singolo momento. Dio ci è più vicino di nostro
marito o nostra moglie.
E tuttavia, Dio ci lascia liberi. Dio disse, “Sia fatta luce”, e luce fu. Herbert McCabe ha scritto: “La
creazione è semplicemente e unicamente lasciare che le cose siano, e il nostro amore ne è una
debole immagine2” Dio non cerca di attirare la nostra attenzione dicendo, “Ehi, guardami. Ti amo”,
Dio è incredibilmente discreto. Potreste perfino non notarlo.
Il nostro amore fedele ha di certo bisogno di imparare quella combinazione di intimità e libertà per
l’altro. Herbert ha scritto: “Ciò che ci lascia liberi, ciò che ci lascia lo spazio di crescere e diventare
dono… Dare amore è dare il dono prezioso del nulla, dello spazio… dare amore è lasciare liberi3”.
San Tommaso d’Aquino ha detto che “nell’amore i due diventano uno, ma restano distinti”. L’arte
di amare sa quando essere uno e quando essere due, quando essere vicini, e quando lasciare spazio.
A volte si può volere l’intimità, ma l’altro può aver bisogno di respirare. O forse, si vuole stare da
soli, ma vedere che l’altro desidera un abbraccio. Il vero amore si trova nell’essere aperti a ciò di
cui l’altro ha bisogno in quel momento. A volte gli adolescenti, che vivono un momento difficile,
non sanno cosa vogliono. Se li si abbraccia, rispondono “lasciami in pace”, e se li si lascia in pace,
diranno “Nessuno mi vuole bene”. Non va mai bene niente: amarli vuol dire sopportare quel
periodo difficile di confusione!
Sarà lo stesso nella vostra missione con persone reduci da relazioni dolorose. Dovrete scoprire
quando essere loro vicini e offrire intimità, e quando farvi da parte e non invadere il loro spazio.
Ciò richiede una grande sensibilità, per capire le espressioni del loro volto e leggerne il linguaggio
del corpo.
Un’ultima parola sulla violenza: il Samaritano lascia la sicura Gerusalemme e si avventura nel
mondo violento, dove trova un uomo mezzo morto. La vostra missione porta anche voi in un mondo
violento, dove incontrerete molte persone ferite.
Tutte le nostre relazioni sono segnate da ferite. All’interno dei matrimoni ci sono ferite di
delusione: si è scordato di nuovo il nostro anniversario! O ferite di infedeltà, ferite di parole
violente o di silenzi aggressivi, o perfino ferite fisiche di abusi domestici. Anche le persone che
vivono seconde relazioni portano delle ferite: ferite da relazioni precedenti andate male, ferite di
insicurezza. Gli omosessuali soffrono per le ferite dell’esclusione, del pregiudizio, forse anche del
rifiuto da parte delle loro famiglie. Se offriamo loro conforto, allora dobbiamo affrontare le nostre
ferite, e diventare persone che godono della pace (shalom) di Dio.
C’è un rapporto molto stretto tra violenza e sesso. Spesso il sesso è deturpato dalla violenza:
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God Matters 108ss Traduzione mia [N.d.T]
God Matters p108 Traduzione mia [N.d.T]
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nell’Antico Testamento, leggiamo che il Re Davide prende Betsabea, moglie di Uriah l’Ittita, con la
forza, e poi fa uccidere suo marito. Oggi troviamo la violenza dello stupro in zone di guerra come il
Congo, la violenza dell’abuso sui bambini, la violenza della prostituzione.
Permettetemi di citare me stesso: “L’ultima Cena ci insegna che il cuore di un’etica sessuale
Cristiana e la rinuncia alla violenza. Cerchiamo reciprocità e uguaglianza. Quando qualcuno
desidera il corpo di un’altra persona, quel desiderio non deve essere vorace, non deve cercare di
prendere possesso di quel corpo, come se fosse un pezzo di carne da divorare. Bisogna imparare a
desiderare in modo da trovare piacere nell’altro, da fare tesoro della sua vulnerabilità, da trovare
piacere nella sua esistenza stessa. Dobbiamo trovare piacere nell’altro come Dio trova piacere in
noi, con tenerezza e senza dominio. Sebbene ci sia una presa di possesso, questa deve essere
reciproca. Come ha detto San Paolo: La moglie non è arbitra del proprio corpo, ma lo è il marito;
allo stesso modo anche il marito non è arbitro del proprio corpo, ma lo è la moglie.(ICor. 7,4).4” Se
dobbiamo avvicinarci a persone in un modo di relazioni spezzate, allora dobbiamo avere il coraggio
di riconoscere ogni violenza nei nostri matrimoni, sia essa fatta di parole dolorose, disprezzo o
anche violenza nella nostra sessualità. Allora saremo in grado, come il Signore risorto, di dire alle
altre persone, persone ferite, “La pace sia con te”.
Esiste anche la grossa ferita della povertà. Grazie a Dio, il Brasile sta diventando una potenza
economica e milioni di persone sono state liberate dalla povertà. Ma il nostro mondo è ancora ferito
da terribili diseguaglianze di condizioni, con più di un miliardo di persone che vivono in povertà
estrema. La povertà distrugge il matrimonio: se si è poveri, è possibile che si debba andare lontano
per trovare lavoro, e i lavoratori sono spesso separati dalle loro famiglie e dai loro figli. La
disoccupazione distrugge la vita famigliare: un sondaggio recente svolto in Gran Bretagna ha
dimostrato che un uomo disoccupato riceve comprensione e sostegno in grande misura dalla propria
moglie per circa sei settimane, poi l’uomo comincia a perdere la fiducia in se stesso, e, infine, la
stima di sua moglie. E quindi, amare e promuovere il matrimonio vuol dire anche combattere la
povertà, e opporsi alle sempre maggiori ingiustizie del mondo.
Devo concludere! Voi tutti affrontate una grande sfida, ed è una sfida per tutta la Chiesa: come
potete essere fedeli alla vostra spiritualità del matrimonio, e, allo stesso tempo, andare in missione
nel nostro mondo ferito, in cui tante persone vivono in altre relazioni, convivono, divorziano e si
risposano o sono omosessuali? Quale missione avete in questo mondo di relazioni ferite e spezzate?
Abbiamo visto Gesù parlare con il dottore della legge. Ogni missione Cristiana implica una
conversazione in cui ognuno parla e ascolta. Se abbiamo il coraggio di ascoltare Dio, la Chiesa e
coloro che soffrono, allora il Signore ci darà una parola che sia allo stesso tempo fedele e nuova. La
parabola suggerisce anche un nuovo cammino. Ogni tipo di amore ci spinge oltre ogni identità
stabilita. Dobbiamo dimenticare le vecchie definizioni: siamo chiamati a diventare amanti fedeli.
Questa è per noi una sfida, anche per coloro il cui matrimonio è forte. Dobbiamo imparare a essere
vulnerabili, a rischiare di restare feriti, come ha fatto Gesù, ma nella speranza che ogni essere
umano, qualunque cosa abbia fatto, sia sulla via di un amore che va oltre ogni immaginazione.
Curiamo il nostro matrimonio da ogni violenza, allora saremo portatori della pace di Cristo.
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Lytta Bassett, Eric Fassin e Thimoty Radcliffe Christians and Sexuality in the time of Aids Londra 2007, p62
Traduzione mia [N.d.T]
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