insegnamento di diritto commerciale “le società di capitali
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INSEGNAMENTO DI DIRITTO COMMERCIALE LEZIONE V “LE SOCIETÀ DI CAPITALI” PROF. VALENTINA SCOGNAMIGLIO Diritto Commerciale Lezione V Indice 1 LA SOCIETÀ PER AZIONI : NOZIONE E COSTITUZIONE ------------------------------------------------------ 3 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1.7 1.8 2 LA SOCIETÀ PER AZIONI: NOZIONE E CARATTERI ESSENZIALI ------------------------------------------------------------ 3 LA COSTITUZIONE DELLA SOCIETÀ------------------------------------------------------------------------------------------ 4 FORMA E CONTENUTO DELL’ATTO COSTITUTIVO -------------------------------------------------------------------------- 5 LA NULLITÀ DELLE SOCIETÀ ------------------------------------------------------------------------------------------------- 7 LA S.P.A. CON UNICO AZIONISTA -------------------------------------------------------------------------------------------- 7 I PATTI PARASOCIALI --------------------------------------------------------------------------------------------------------- 8 LE MODIFICHE DELLO STATUTO --------------------------------------------------------------------------------------------- 9 IL DIRITTO DI RECESSO ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 10 L’ELEMENTO PERSONALE E LE AZIONI -------------------------------------------------------------------------- 12 2.1. 2.2. 2.3. 2.4. 2.5. 2.6. 2.7. 2.8. DIRITTI ED OBBLIGHI DEI SOCI ------------------------------------------------------------------------------------------ 12 I CONFERIMENTI ---------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12 I CONFERIMENTI IN NATURA -------------------------------------------------------------------------------------------- 14 GLI ACQUISTI PERICOLOSI ----------------------------------------------------------------------------------------------- 15 LE AZIONI ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 16 I LIMITI ALLA CIRCOLAZIONE DELLE AZIONI -------------------------------------------------------------------------- 17 LE CATEGORIE DI AZIONI ------------------------------------------------------------------------------------------------ 20 PEGNO, USUFRUTTO E SEQUESTRO DELLE AZIONI -------------------------------------------------------------------- 22 3 L’ELEMENTO PATRIMONIALE ---------------------------------------------------------------------------------------- 23 4 GLI ORGANI SOCIALI NELLE S.P.A. --------------------------------------------------------------------------------- 38 4.2 4.3 4.4 4.5 4.6 4.7 4.8 4.9 4.10 4.11 4.12 4.13 4.14 4.15 4.16 4.17 L’INVALIDITÀ DELLE DELIBERE ASSEMBLEARI --------------------------------------------------------------------------- 43 GLI AMMINISTRATORI. IL SISTEMA TRADIZIONALE ---------------------------------------------------------------------- 46 GLI AMMINISTRATORI ------------------------------------------------------------------------------------------------------- 47 NOMINA DEGLI AMMINISTRATORI. DURATA ------------------------------------------------------------------------------ 47 CESSAZIONE DALL’INCARICO----------------------------------------------------------------------------------------------- 48 DELIBERE CONSILIARI. L’IMPUGNAZIONE--------------------------------------------------------------------------------- 49 COMPETENZE. DIRITTI ED OBBLIGHI DEGLI AMMINISTRATORI --------------------------------------------------------- 51 RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI ------------------------------------------------------------------------------- 52 I SISTEMI ALTERNATIVI AL SISTEMA TRADIZIONALE ----------------------------------------------------------------- 55 IL SISTEMA DUALISTICO ------------------------------------------------------------------------------------------------- 55 IL SISTEMA MONISTICO -------------------------------------------------------------------------------------------------- 56 IL SISTEMA DEL CONTROLLO -------------------------------------------------------------------------------------------- 58 IL COLLEGIO SINDACALE ------------------------------------------------------------------------------------------------ 58 FUNZIONI DEL COLLEGIO SINDACALE ---------------------------------------------------------------------------------- 59 IL CONTROLLO CONTABILE ---------------------------------------------------------------------------------------------- 60 IL CONTROLLO GIUDIZIARIO -------------------------------------------------------------------------------------------- 60 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 62 Diritto Commerciale Lezione V 1 La società per azioni : nozione e costituzione 1.1 La società per azioni: nozione e caratteri essenziali La società per azioni (S.p.a.) rappresenta il principale tipo di società di capitali e, allo stesso tempo, la forma più importante di «società» predisposta per le imprese che richiedono l’apporto di ingenti capitali ed importano l’assunzione di notevoli rischi. La parte maggiormente significativa e più innovativa della riforma attuata con il D.Lgs. 171-2003, n. 6 (Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative) ha inciso proprio sul regime della società per azioni che, pur mantenendo inalterate le sue caratteristiche essenziali, tuttavia presenta aspetti e profili di disciplina totalmente innovativi. La società per azioni è contraddistinta dai seguenti caratteri essenziali: - la personalità giuridica: essa si acquista cori l’iscrizione nel registro delle imprese (art. 2331, comma 1°). Da questo momento la società diventa un soggetto formalmente diverso dalle persone dei soci e gode perciò di autonomia patrimoniale perfetta (cd. principio di alterità). - la responsabilità limitata: A norma dell’ art. 2325: «nella società per azioni, per le obbligazioni sociali, risponde soltanto la società con il suo patrimonio». La responsabilità limitata comporta che il socio di una S.p.a. è obbligato patrimonialmente solo ad eseguire il conferimento determinato nel contratto sociale e che i creditori sociali dovranno rivolgersi alla società, senza poter esperire azioni individuali nei confronti dei singoli soci. Il socio, pertanto, non corre altro rischio se non quello di perdere la somma o il bene conferito in società; - le azioni: che esprimono la misura della partecipazione di ciascun socio alla società. L’azione è un titolo di credito, causale, di partecipazione, poiché rappresenta ed incorpora la quota di partecipazione del socio ed i diritti inerenti a tale quota. Quanto, infine, al capitale sociale, la riforma societaria del 2003 ha disposto che esso non può essere inferiore alla somma di 120.000 euro (art. 2327). Ai sensi dell’art. 223ter disp. att. cod. civ., le S.p.a. costituite anteriormente al 1 gennaio 2004 con un capitale sociale inferiore a 120.000 euro possono conservare la forma della società per azioni solo per il tempo stabilito per la loro Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 62 Diritto Commerciale Lezione V durata antecedentemente a tale data. In caso di proroga successiva, le stesse devono provvedere all’adeguamento del capitale. 1.2 La costituzione della società La costituzione delle Spa è, oggi, rappresentata da due momenti: 1. la stipulazione dell’atto costitutivo; 2. l’iscrizione nel registro delle imprese É, invece, stato abolito il momento intermedio, cioè quello dell’omologazione. In passato, infatti, l’atto costitutivo, veniva depositato nel registro delle imprese affinchè un giudice all’uopo delegato svolgesse un controllo di legalità su di esso. Oggi tale controllo è stato rimesso al notaio che redige l’atto costitutivo. Il primo momento è quello della stipulazione dell’atto costitutivo. L’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico ed è pertanto necessaria la presenza di un notaio. Il legislatore del 2003 ha dato formale riconoscimento ad una prassi già invalsa, cioè quella di creare due atti: l’atto costitutivo vero e proprio (in cui si realizza il momento contrattuale della costituzione della società) e lo statuto (in cui viene contenuta tutta la vicenda organizzativa, cioè le regole per il funzionamento della società). I due atti formano un corpo unico. La stipulazione dell’atto costitutivo potrà essere simultanea o per pubblica sottoscrizione. É simultanea quando i fondatori creano l’ente, stabiliscono le regole organizzative e contestualmente «sottoscrivono» il capitale sociale. Affinchè la società possa essere validamente costituita è infatti necessario che il capitale sociale sia integralmente sottoscritto. I fondatori devono, cioè, quantomeno impegnarsi a versarlo per intero. Non è invece necessario che lo versino immediatamente. É sufficiente che contestualmente versino almeno il 25% di quanto sottoscritto. Un altro modo di costituzione della società per azioni è quello, poco usato, della pubblica sottoscrizione. In tal caso un gruppo di soggetti, detti promotori, predisporranno un programma che verrà depositato presso un notaio e reso pubblico nelle forme di legge. Coloro che saranno interessati a partecipare all’impresa dovranno far pervenire alla società, nei termini stabiliti, la loro «adesione», redatta per atto pubblico o scrittura privata autenticata, con contestuale versamento del 25% del capitale sottoscritto. Se alla scadenza del termine saranno state raccolte adesioni Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 62 Diritto Commerciale Lezione V sufficienti a coprire l’intero capitale sociale, la società potrà essere costituita. In questo caso, una volta raccolte le adesioni, i sottoscrittori si incontreranno in una prima assemblea, detta assemblea dei sottoscrittori. In quella occasione verrà redatto il testo definitivo dello statuto e dell’atto costitutivo e verranno nominati i primi amministratori. In entrambi i casi, il notaio o gli amministratori provvederanno al deposito dell’atto costitutivo nel registro delle imprese,entro 20 giorni, affinchè si verifichi il secondo momento, cioè quello dell’iscrizione. L’iscrizione nel registro delle imprese acquista, nelle società di capitali, una funzione diversa da quella che ha nelle società di persone. Mentre in queste ultime, infatti, l’iscrizione è solo dichiarativa, nelle società per azioni (così come in tutte le società di capitali) l’iscrizione ha valore costitutivo. Essa cioè vale a creare la società. La società nasce con l’iscrizione nel registro delle imprese. Da quel momento essa acquista personalità giuridica. Le conseguenze della mancata iscrizione nel registro delle imprese sono (art. 2331): — la società non può emettere azioni: queste, inoltre, salvo il caso di offerta pubblica di sottoscrizione ai fini della stessa costituzione della società, non possono costituire oggetto di una sollecitazione all’investimento. È scomparso, invece, nella nuova disciplina introdotta dalla riforma del 2003, qualsiasi riferimento al divieto di alienazione delle azioni medesime. — la società non può compiere operazioni economiche: le obbligazioni eventualmente assunte sono obbligazioni personali di coloro che hanno agito. Non esistendo, infatti, la società, non esiste un patrimonio sociale sul quale i creditori della società possano rivalersi; — per le operazioni compiute in nome della società prima dell’ iscrizione sono illimitatamente e solidalmente responsabili coloro che hanno agito. 1.3 Forma e contenuto dell’atto costitutivo La S.p.a. deve costituirsi per atto pubblico (art. 2328). La mancanza della stipulazione dell’ atto costitutivo nella forma dell’ atto pubblico è causa di nullità della società . L’atto costitutivo deve indicare obbligatoriamente: — il cognome ed il nome o la denominazione, la data e il luogo di nascita o di costituzione, il domicilio o la sede e la cittadinanza dei soci e degli eventuali promotori, nonché il numero delle azioni assegnare a ciascuno di essi. Si ricordi che i soci di una S.pa. possono essere non so persone fisiche, ma anche enti con o senza personalità giuridica (ad es. società di persone): a tal fine, pertanto, è richiesta l’indicazione Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 62 Diritto Commerciale Lezione V non solo dei dati relativi alle persone fisiche, ma anche di quelli inerenti a tali enti (denominazione, sede); — la denominazione sociale, ossia la ditta della S.p.a.: può formarsi in qualunque modo (anche con un nome di fantasia) purché contenga l’indicazione del tipo sociale S.pa. (si ricordi, al riguardo, che «denominazione», in materia di S.p.a., equivale alla «ragione sociale» delle società personali); — il comune ove sono poste la sede sociale e le eventuali sedi secondarie; — l’oggetto sociale, cioè il genere di attività svolta dalla S.p.a. — l’ammontare del capitale sottoscritto e versato: l’ammontare del capitale, nel nuovo regime, non può mai essere inferiore alla somma di 120.000 euro; — il numero e l’eventuale valore nominale delle azioni, le loro caratteristiche e le modalità di emissione e circolazione. — il valore attribuito ai crediti ed ai beni conferiti in natura: che deve risultare da una relazione giurata di un esperto designato dal Tribunale; — i criteri per la ripartizione degli utili: unico limite, in proposito, è quello rappresentato dal divieto del «patto leonino». In mancanza della loro indicazione si applica l’art. 2350 (criterio della ripartizione proporzionale); —i benefici eventualmente accordati ai soci promotori o ai soci fondatori; — il sistema di amministrazione adottato, il numero degli amministratori e i loro poteri, indicando quali tra essi hanno la rappresentanza della società. Nel nuovo regime societario sarà, infatti, possibile scegliere fra tre diversi tipi di amministrazione: tradizionale, monistico e dualistico (a 2380). In funzione di ciò si rende necessario indicare nel nuovo atto costitutivo —accanto ai numero, ai poteri ed alla rappresentanza — anche il sistema di amministrazione prescelto; — il numero dei componenti il collegio sindacale; — la nomina dei primi amministratori e sindaci e, quando previsto, del soggetto al quale è demandato il controllo contabile. — l’importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la costituzione poste a carico della società; — la durata della società ovvero, se la società é costituita a tempo indeterminato, il periodo di tempo, comunque non superiore ad un anno, decorso il quale il socio potrà recedere. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 62 Diritto Commerciale 1.4 Lezione V La nullità delle società La nullità delle società è disciplinata dall’art. 2332 cod. civ. come modificato dal legislatore del 2003. Si tratta di una norma particolare che riguarda solo le ipotesi in cui, nonostante il controllo del notaio, si verifichi una delle cause di nullità espressamente previste e la società, nonostante ciò, venga iscritta nel registro delle imprese ed operi anche con i terzi. La norma, cioè, disciplina il solo caso in cui la società sia già stata iscritta nel registro delle imprese. Prima di questo momento, si applicheranno le ordinarie regole in tema di nullità (art. 1418 e ss cod. civ.) poiché non sarà ancora sorta la società, intesa come organizzazione di persone e mezzi o come ente superindividuale, ma si avrà esclusivamente un contratto. Gli unici casi che, oggi, dopo vari interventi legislativi, determinano la nullità delle Spa, sono: • mancata stipulazione dell’atto costitutivo nella forma di atto pubblico; • illiceità dell’oggetto sociale; • mancanza nell’atto costitutivo di ogni indicazione riguardante la denominazione della società, i conferimenti, l’ammontare del capitale sociale, o l’oggetto sociale. Si tratta di tre soli casi che, stante l’eccezionalità della norma, non vanno applicati oltre i limiti previsti. La disciplina dettata dai commi successivi è particolare in quanto si discosta dalle regole generalmente previste dal nostro codice in caso di nullità, per avvicinarsi alla disciplina dell’annullabilità. Il legislatore fa, infatti, salvi gli effetti che si sono prodotti nei confronti dei terzi di buona fede e non libera i soci dall’obbligo di fare i versamenti ancora dovuti. Inoltre, la sentenza che dichiara la nullità nomina i liquidatori. Ciò dimostra che si sono prodotti degli effetti. Normalmente, invece, in caso di negozio nullo, nessun effetto potrà dirsi prodotto. La nullità, inoltre, non potrà essere dichiarata se la causa di essa sarà stata rimossa con una delibera iscritta nel registro delle imprese. Si tratta, cioè, di un vizio sanabile. Anche questa è una prerogativa, generalmente, della annullabilità. Della ordinaria nullità resta solo l’imprescrittibilità e la legittimazione assoluta a farla valere. 1.5 La s.p.a. con unico azionista L’art. 2328, nel nuovo testo introdotto dal D.Lgs. n. 6/2003, dispone che la società per azioni può essere costituita per contratto o per atto unilaterale. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 62 Diritto Commerciale Lezione V Viene legislativamente prevista, in tal modo, la possibilità di dare vita a S.p.a. unipersonali, adeguandosi, così, la disciplina delle S.p.a. a quella delle S.r.l., per le quali era già consentita la costituzione unilaterale (introdotta dal D.Lgs. 3-3-1993,11. 88, di attuazione della XII direttiva CEE in materia di armonizzazione societaria). Con l’entrata in vigore delle nuove disposizioni in materia societaria (10 gennaio 2004), non solo viene ribadita l’ammissibilità di S.p.a. con unico azionista sopravvenute, ma si prevede espressamente la possibilità di dare vita a S.p.a. unipersonali già in sede di costituzione. In tal caso: — alla sottoscrizione dell’atto costitutivo deve essere versato presso una banca l’intero ammontare dei conferimenti in danaro (art. 2342. 2° comma). Nel caso in cui la S.p.a. divenga unipersonale successivamente alla costituzione, per i conferimenti non ancora liberati, sorge l’obbligo del versamento per l’intero delle relative somme di danaro entro 90 giorni dall’evento che ha determinato la concentrazione delle azioni nelle mani dell’unico socio (a 2342,40 comma); — il socio unico fondatore è illimitatamente responsabile verso i terzi per le operazioni compiute in nome della società prima dell’iscrizione ; — in caso di aumento di capitale di S.p.a. con unico socio dovrà essere effettuato immediatamente il versamento dell’intero importo. A norma dell’art. 2325, pure in caso di costituzione unilaterale, delle obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio. La responsabilità illimitata de unico azionista opera esclusivamente nelle ipotesi in cui: a) non sia stato versato l’intero ammontare dei conferimenti in denaro; b) gli amministratori (o lo stesso socio unico) non abbiano depositato la dichiarazione di pubblicità presso il registro delle imprese contenente l’indicazione del cognome e nome o della denominazione, della data e del luogo di nascita o dello Stato di costituzione, del domicilio o della sede e cittadinanza del socio unico. 1.6 I patti parasociali I patti parasociali sono quegli accordi che, in genere, si accompagnano alla stipulazione dell’atto costitutivo (pur rimanendo separati ed autonomi rispetto ad esso) con cui i soci dispongono dei propri diritti sociali vincolandosi reciprocamente ad esercitarli in un modo predeterminato, alfine di perseguire scelte imprenditoriali comuni. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 62 Diritto Commerciale Lezione V Le categorie di patti parasociali individuate dall’art. 2341 c.c. sono tre: — patti aventi ad oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le controllano (cd. sindacali di voto); — patti che pongono limiti a trasferimento delle azioni delle società per azioni o delle partecipazioni in società che le controllano (cd. sindacati di blocco); — patti aventi ad oggetto o per effetto l’esercizio anche congiunto di una influenza dominante su tali società (cd. sindacati di controllo). I patti parasociali non possono avete durata superiore a cinque anni e si intendono stipulati per questa durata anche se le parti hanno previsto un termine maggiore; qualora, invece, il patto non preveda un termine di durata, ciascun contraente ha diritto di recedere con un preavviso di 180 giorni. I patti in questione sono, in ogni caso, rinnovabili alla scadenza. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il legislatore ha predisposto una particolare pubblicità per i patti parasociali: essi devono essere comunicati alla società e dichiarati in apertura di ogni assemblea. La dichiarazione deve essere trascritta nel verbale e questo deve essere depositato presso l’ufficio delle imprese. In caso di mancanza della suddetta dichiarazione, i possessori del-le azioni cui si riferisce il patto parasociale non possono esercitare il diritto di voto e le deliberazioni assembleari adottate con il loro voto determinante sono impugnabili a norma dell’art. 2377 c.c. 1.7 Le modifiche dello statuto Durante la vita della società, i soci possono decidere di modificare le regole contenute nello statuto. La disciplina delle modifiche dello statuto si avvicina a quella della stipulazione dell’atto costitutivo, con alcune fondamentali differenze. La modifica deve essere approvata dall’assemblea straordinaria. La delibera deve essere iscritta nel registro delle imprese. La procedura è disciplinata dall’art. 2436 cod. civ. L’art. 2436 cod. civ., come modificato dal legislatore del 2003, stabilisce infatti che il notaio che ha verbalizzato la deliberazione di modifica dello statuto, entro 30 g., verificato l’adempimento delle condizioni di legge, ne richiede l’iscrizione nel registro delle imprese. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 62 Diritto Commerciale Lezione V L’ufficio del registro delle imprese, verificata la regolarità formale della documentazione, la iscrive nel registro. É dunque scomparsa anche qui la fase della omologa che tuttavia resta come meramente eventuale. Nel caso in cui, infatti, il notaio che ha verbalizzato l’assemblea straordinaria che ha deliberato la modifica ritiene non adempiute le condizioni di legge, ne dà tempestiva comunicazione agli amministratori. Questi possono decidere di ricorrere al tribunale. Se il Tribunale ritiene che l’atto possa essere iscritto emette un decreto che ordina l’iscrizione nel registro delle imprese. La fase dell’omologa è dunque oggi prevista per il solo caso in cui il notaio non ritenga di dover depositare l’atto per l’iscrizione. In questo solo caso e previa richiesta degli amministratori, deciderà il giudice con decreto. 1.8 Il diritto di recesso Il legislatore del 2003 è intervenuto sulla disciplina del diritto di recesso. Il diritto di recesso consiste nella possibilità per il socio di sciogliere unilateralmente il suo vincolo societario. Il socio, nel momento in cui entra nella società, però, sottopone i beni conferiti al vincolo di stabile destinazione , cioè si impegna a non averne la restituzione prima che la società cessi di operare. Il diritto di recesso rappresenta dunque una eccezione a questo principio poiché consente al socio di uscire dalla società e di ottenere anzitempo la liquidazione della sua quota. Prima della riforma del 2003 le ipotesi in cui era ammesso il recesso erano poche. Il legislatore del 2003 è intervenuto aggiungendo nuove ipotesi di recesso e prevedendo una minuziosa disciplina del procedimento (art. 2437 e ss.). Hanno diritto di recedere i soci assenti, dissenzienti o astenuti. Le cause di recesso vengono differenziate dal legislatore del 2003 in tre categorie: -statutariamente inderogabili: (modifica dell’oggetto sociale, trasformazione della società, trasferimento della sede sociale all’estero, revoca dello stato di liquidazione, ecc.). In ogni caso il socio potrà sempre recedere quando la società è costituita a tempo indeterminato; -statutariamente derogabili con lo statuto (proroga del termine e introduzione o rimozione di vincoli alla circolazione delle azioni) - statutarie . Lo statuto delle società che non fanno ricorso al capitale di rischio può infatti aggiungere altre cause di recesso diverse da quelle previste dal legislatore Al socio che abbia esercitato il diritto di lasciare la società, verrà liquidata la sua quota. Ottenere la liquidazione della quota significa che al socio verrà attribuita una somma di danaro pari Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 62 Diritto Commerciale Lezione V al valore della sua partecipazione, valutata al momento del recesso. Gli art. 2437-ter e ss indicano oggi i criteri che dovranno essere seguiti per la determinazione dell’ammontare della quota di liquidazione. L’art. 2437-quater cod. civ., inoltre, introduce un meccanismo totalmente nuovo. É ovvio, infatti, che qualora il socio eserciti il diritto di recesso, le sue azioni dovranno essere annullate con la conseguenza che il capitale sociale dovrà essere ridotto per un ammontare corrispondente. La nuova norma conserva però questa possibilità solo come extrema ratio, imponendo agli amministratori di cercare di ricollocare le azioni sul mercato offrendole, in prima istanza, a coloro che già sono soci (in proporzione al numero di azioni da ciascuno già detenute). Nel caso in cui non si riesca a collocare nuovamente tali azioni, le acquisterà la società stessa. La società però potrà tenere in portafoglio le proprie azioni solo nei limiti di cui all’art. 2357 cod. civ., con la conseguenza che, laddove non sussistano i presupposti per l’applicazione di tale norma (ad es. la società non ha utili o riserve disponibili per acquistare le proprie azioni), dovrà procedersi senza indugio alla riduzione del capitale sociale. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 62 Diritto Commerciale Lezione V 2 L’elemento personale e le azioni 2.1. Diritti ed obblighi dei soci Socio di una S.p.a. si diventa per effetto dell’acquisto della proprietà di titoli azionari della società stessa. Nel titolo azionario sono documentati la qualità di socio e la quota di partecipazione; se, però, la S.p.a. ha deliberato di non distribuire i titoli azionari, la qualità di socio è provata dall’iscrizione nel libro dei soci . Al socio di una S.p.a . spettano sia diritti di natura amministrativa che diritti patrimoniali. Appartengono alla categoria dei diritti amministrativi: il diritto di intervento in assemblea; il diritto di voto, che spetta a ciascun socio per ogni azione posseduta; il diritto di impugnativa delle delibere assembleari non conformi alla legge o all’atto costitutivo; il diritto di ispezionare i libri contabili e di esaminare il bilancio; il diritto di denunciare al collegio sindacale fatti censurabili. Rientrano, invece, nella categoria dei diritti patrimoniali: il diritto agli utili, la cui assegnazione è deliberata dall’assemblea in seguito all’approvazione del bilancio; il diritto alla ripartizione del residuo attivo in seguito allo scioglimento della società; il diritto di opzione, ossia il diritto riconosciuto al socio di sottoscrivere le nuove azioni che siano emesse dalla società; il diritto all’assegnazione di azioni in ipotesi di aumento gratuito del capitale; il diritto di recedere dalla società, ottenendo il rimborso del valore delle azioni possedute. Costituiscono, infine, obblighi dei soci: l’esecuzione dei conferimenti e l’esecuzione di prestazioni accessorie (non consistenti in denaro) eventualmente stabilite dall’atto costitutivo. 2.2. I conferimenti Il primo momento fondamentale della vita di una società di capitali e dunque di una società per azioni è quello in cui vengono operati i conferimenti. I conferimenti sono gli apporti fatti dai soci per dotare la società di un capitale di rischio. La nozione di conferimento, dunque, non differisce da quella delle società di persone. Ciò che, invece, differisce di gran lunga è l’oggetto del conferimento. Mentre, infatti, nelle società di Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 62 Diritto Commerciale Lezione V persone possono essere conferiti tutti i beni o i servizi suscettibili di una valutazione economica, nelle società di capitali la disciplina è diversa. Va preliminarmente detto che la disciplina dei conferimenti in società di capitali, prima della riforma, era unica. Cosicchè le norme dettate in tema di S.p.a. trovavano applicazione anche in caso di S.r.l. Oggi, dopo la riforma, invece vanno trattate distintamente poiché le norme in materia di conferimenti in S.r.l. si pongono quasi a metà strada tra quelle dettate per le società di persone e quelle dettate in tema di S.p.a. Per il momento soffermiamoci su queste ultime. Abbiamo detto che in tema di S.p.a non sono conferibili tutti i beni e i servizi. Ciò nasce dall’esigenza di tutelare l’effettività del capitale sociale . Costituendo, infatti, quest’ultimo l’unica garanzia per i creditori, il legislatore si preoccupa di fare in modo che il valore dei beni conferiti sia esattamente corrispondente al capitale sociale che si andrà a formare, cosicché i creditori, espropriando i beni sociali potranno recuperare una somma corrispondente. La rigidità delle norme dettate in tema di tutela dell’integrità del capitale sociale rappresentano il «contraltare» della responsabilità limitata dei soci: dal momento che delle obbligazioni sociali risponde solo il capitale sociale è richiesta la massima rigidità nella formazione e nella conservazione di esso. Detto questo, si può ben capire perché siano conferibili solo beni il cui valore sia economicamente determinabile con certezza. Ne consegue che si potrà certamente conferire danaro , in quanto per sua natura espresso nel suo valore nominale. Potranno però conferirsi anche beni in natura (beni mobili, immobili, in proprietà, in godimento) o crediti . Non potranno conferirsi (e in ciò sta una fondamentale differenza sia con la normativa in tema di società di persone che di S.r.l.) i sevizi, cioè le prestazioni di opera. I conferimenti in danaro non devono essere necessariamente versati nel loro intero ammontare al momento della sottoscrizione. Tecnicamente si dice che le azioni non devono essere immediatamente «liberate». Solo il 25% del conferimento deve essere versato necessariamente al momento della sottoscrizione. I cd. decimi residui (si parla oggi di decimi solo in maniera impropria, utilizzando una terminologia ereditata dal passato in cui dovevano essere versati i tre decimi) possono essere «chiamati» (cioè richiesti) dagli amministratori in qualunque momento. In caso di richiesta, laddove il socio non adempia al pagamento dei cd. Decimi residui, potrà andare incontro alle conseguenze di cui all’art. 2344 cod. civ. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 62 Diritto Commerciale Lezione V Tale norma detta la disciplina del cd. socio moroso. Il socio che non esegue il pagamento subirà una diffida che verrà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Dopo quindici giorni da tale pubblicazione, gli amministratori potranno scegliere o di agire in via esecutiva contro tale socio oppure di ricollocare le sue azioni. Potranno cioè offrirle o agli altri soci oppure a terzi. Qualora la vendita non possa aver luogo per mancanza di compratori, gli amministratori possono dichiarare decaduto il socio, trattenendo le somme riscosse, salvo il risarcimento del maggior danno. Se le azioni, però, non vengono rimesse in circolazione nell’anno successivo, la società dovrà necessariamente ridurre il capitale per un ammontare corrispondente. Il socio moroso perde il diritto di voto. 2.3. I conferimenti in natura La disciplina dei conferimenti in natura è dettata dagli art. 2343 cod. civ. Questo stabilisce che, chiunque intenda conferire in una Spa un bene in natura (si pensi al conferimento della proprietà di un bene immobile) o un credito, dovrà presentare una relazione giurata di stima redatta da un esperto designato dal tribunale. La relazione deve essere allegata all’atto costitutivo. L’onere della presentazione della relazione non è l’unico che deve essere rispettato. É, infatti, necessario che, trascorsi centottanta giorni (sei mesi) dal conferimento, gli amministratori procedano a controllare che le risultanze della stima siano ancora attuali. Qualora sussistano «fondati motivi», gli amministratori dovranno procedere ad una revisione della stima. La revisione della stima implica una nuova valutazione di esso. Se dalla revisione della stima risulta che il valore dei beni o dei crediti conferiti era inferiore di oltre un quinto a quello per cui avvenne il conferimento, bisognerà prendere dei provvedimenti. Potrebbe accadere che il socio conferente sia disposto a dare la differenza in danaro. Ma se ciò non accadrà (e salvo che non si proceda ad una ripartizione non proporzionale delle azioni) la società dovrà necessariamente ridurre il capitale sociale per un ammontare corrispondente. Si tratta, infatti, di un modo per ricreare una corrispondenza tra il valore del capitale sociale e quello dei conferimenti effettuati. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 14 di 62 Diritto Commerciale 2.4. Lezione V gli acquisti pericolosi L’art. 2343-bis cod. civ. è una norma introdotta nel codice civile nel 1986 al fine di evitare che i soci aggirassero le cautele dettate dall’art. 2343 cod. civ. in tema di conferimenti in natura o di crediti (relazione giurata di stima e revisione della stima), facendo figurare i loro conferimenti come conferimenti in danaro. Il socio, ad esempio, che intende conferire alla società il suo piccolo appartamento, per evitare di dover produrre la relazione giurata di stima potrebbe accordarsi con gli amministratori e figurare come socio che conferisce una somma di danaro. La società, dopo breve tempo, potrebbe acquistare da lui l’immobile, cosicché i due crediti (quello della società a percepire le somme conferite e quelle del socio al pagamento del prezzo della vendita) si estinguerebbero per compensazione. Onde evitare questo pericolo il legislatore ha introdotto questa norma che crea la presunzione assoluta che tutti gli acquisti fatti dalla società verso soci, amministratori, promotori o fondatori, nei due anni dalla costituzione della società, si intendono «pericolosi». Cosicchè perché si realizzino tali acquisti sarà necessario produrre comunque la relazione giurata di stima. E ciò benché non si tratti di un conferimento in senso tecnico, ma di un acquisto. Non è tuttavia richiesta la revisione della stima. Tale norma non si applica quando il corrispettivo dell’alienazione non superi un decimo del valore del capitale sociale o quando si tratti di acquisti effettuati a condizioni normali nell’ambito delle operazioni correnti della società. CESSAZIONE DELLA QUALITA’ DI SOCIO La cessazione della qualità di socio può avvenire: — per volontà della società: in caso di trasferimento coattivo delle azioni del socio moroso con dichiarazione di decadenza dello stesso; — per volontà del socio, che può esercitare: - il diritto di recesso. Il diritto di recesso può essere esercitato sia dai soci di maggioranza che da quelli di minoranza, con riguardo a tutta una serie di deliberazioni che hanno come comune denominatore quello di alterare in modo profondo le condizioni di rischio presenti al momento dell’adesione socio alla società; - il trasferimento delle azioni da lui possedute; — per volontà di terzi: in caso di espropriazione mobiliare delle azioni, su istanza dei creditori particolari del socio forniti di titolo esecutivo. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 15 di 62 Diritto Commerciale 2.5. Lezione V Le azioni Le azioni sono generalmente definite dalla dottrina come «titoli di credito». In particolare si tratterebbe di titoli di credito «causali» e «nominativi».La situazione dopo la riforma del 2003 è parzialmente cambiata. Le azioni vengono definite titoli di credito in quanto in passato dovevano essere necessariamente incorporate in un documento. Ora non è più così. Tuttavia quando, nel caso consentito dalla legge, esse vengano incorporate in un documento, circoleranno secondo la legge di circolazione dei titoli di credito. In particolare saranno titoli di credito causali (e non astratti) in quanto il rapporto fondamentale, cioè la partecipazione alla società, emerge dal titolo. Saranno, di regola, titoli di credito nominativi. Vige ancora, nel nostro ordinamento, il principio della nominatività obbligatoria. Le azioni devono cioè essere necessariamente titoli nominativi. La differenza tra titoli nominativi e titoli al portatore risiede nella differente legge di circolazione. I titoli al portatore, infatti, si trasferiscono con la semplice consegna del documento.I titoli di credito nominativi sono quelli che recano due intestazioni: una sul titolo ed una sul registro dell’emittente. Nel caso, in particolare delle azioni, l’intestazione al socio risulta sia dall’azione stessa che dal libro dei soci. L’art. 2355 cod. civ., nella sua nuova formulazione, stabilisce che «nel caso di mancata emissione dei titoli azionari, il trasferimento delle azioni ha effetto nei confronti della società dal momento dell’iscrizione nel libro dei soci».La società avrà un libro, appunto, detto libro dei soci, da cui risulterà a chi appartengono le azioni. La regola generale in tema di trasferimento di azioni nominative è quella secondo la quale le azioni circolano attraverso la modifica della doppia intestazione: sul titolo e sul libro dell’emittente. Questa procedura prende il nome di transfert. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 16 di 62 Diritto Commerciale Lezione V Tali modifiche, però, vanno fatte a mezzo di scrittura privata autenticata cosicché il codice consente che i titoli nominativi possano «circolare» attraverso una strumento alternativo, cioè la girata. La girata è la modifica di un’unica intestazione, quella sul titolo.La modifica di tale intestazione, però, consente al titolo di circolare, ma non assolve alla cd. funzione di legittimazione. Il portatore del titolo che pertanto intendesse «legittimarsi», cioè esercitare il diritto (partecipare all’assemblea, riscuotere gli utili, votare, ecc), dovrà ottenere anche la modifica dell’altra intestazione, quella sul libro dei soci. Il legislatore ha tuttavia stabilito che, una volta che il titolo sia stato girato, sarà compito della società stessa, procedere all’aggiornamento del libro dei soci. Negli altri casi, cioè quelli in cui l’azione sia dematerializzata, cioè non incorporata in un documento, la circolazione avviene mediante il sistema della cd. gestione accentrata. Tale sistema funziona attraverso lo strumento del deposito. I titoli vengono depositati presso un soggetto, detto depositario. Nel momento in cui si intenderà procedere al trasferimento delle azioni, il depositante impartirà un ordine al depositario che opererà contabilmente addebitando il conto titoli dell’alienante ed accreditando quello dell’acquirente. Non si ha cioè spostamento materiale di titoli, ma solo operazioni contabili. I diritti sociali delle azioni in deposito potranno essere esercitati o dal depositante o, previa delega del socio, dal depositario. 2.6. I limiti alla circolazione delle azioni La circolazione delle azioni è tendenzialmente libera. Le azioni possono cioè essere alienate da un soggetto ad un altro. In tal caso troverà applicazione, per le azioni non interamente liberate, l’art. 2356 cod. civ. che stabilisce che coloro che hanno trasferito tali azioni sono solidalmente responsabili con gli acquirenti per l’ammontare dei versamenti ancora dovuti, per tre anni dell’annotazione del trasferimento. La circolazione delle azioni tuttavia può essere limitato. I limiti alla circolazione delle azioni possono essere: • legali, se derivano dalla legge (come ad es. nel caso di cui all’art. 2343, 3° comma, ultima parte cod. civ.); • convenzionali, nel caso in cui derivino dai patti sociali. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 17 di 62 Diritto Commerciale Lezione V I limiti convenzionali sono tutti quelli derivanti dagli accordi dei soci,a loro volta sono di due tipi: • sociali, se vengono inseriti nello statuto e dunque in clausole statutarie; • parasociali, se sono contenuti in accordi tra i soci che non vengono inseriti nell’atto costitutivo, ma restano ad esso, esterni. Le clausole sociali più note, con cui si può limitare la circolazione delle azioni, sono: • la clausola di prelazione • la clausola di gradimento La clausola di prelazione è quella con cui si stabilisce che, chiunque decida di alienare le proprie azioni, dovrà preventivamente offrirle agli altri soci. Qualora questi decidano di acquistarle, essi dovranno essere «preferiti» ai terzi. Il diritto di prelazione è infatti il diritto di essere preferito a parità di condizioni. La clausola di gradimento è la clausola con cui si stabilisce che la vendita delle azioni a terzi e dunque l’ingresso di un nuovo socio viene subordinato al placet dell’organo amministrativo. Prima della riforma del 2003 era opinione consolidata che tale clausola dovesse essere basata su una valutazione oggettiva degli amministratori. Si poteva cioè stabilire, ad esempio, che nella società entrassero solo i professionisti, solo coloro che avessero certi requisiti, ecc. Era, invece, preclusa la clausola di mero gradimento, cioè quella in cui l’ingresso del nuovo socio era subordinata ad una valutazione esclusivamente soggettiva ed arbitraria degli amministratori. Anche in questo campo, il legislatore del 2003 è intervenuto ad innovare la materia, inserendo l’art. 2355 bis cod. civ. La nuove normativa innova rispetto al passato per due motivi: 1. è prevista la cd. clausola di intrasferibilità. É data, cioè, oggi la possibilità di arrivare anche ad escludere la trasferibilità delle azioni, mentre in passato non poteva si poteva mai escludere la trasferibilità delle azioni, bensì solo «condizionarla», cioè sottoporla a particolari condizioni (prelazione o gradimento); 2. è stata ammessa la clausola di mero gradimento, seppur nel rispetto dell’art. 2355-bis cod. civ. Quanto al primo punto, la nuova formulazione dell’art. 2355 bis cod. civ. ammette la possibilità che venga inserita nello statuto una clausola volta ad escludere che le azioni possano essere trasferite ma tale divieto può avere una durata massima di cinque anni. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 18 di 62 Diritto Commerciale Lezione V Quanto alla clausola di mero gradimento si stabilisce che essa in tanto sarà valida, in quanto si preveda, a carico della società o di altri soci, un obbligo di acquisto o il diritto di recesso. Ciò significa che se la società conserva il diritto di ammettere o meno in società l’acquirente delle azioni, deve comunque assicurarsi al socio il diritto di uscire dalla compagine sociale. Limiti convenzionali al trasferimento delle azioni possono anche essere contenuti in patti parasociali. É in primo luogo necessario comprendere cosa sia un patto parasociale. Un patto parasociale è un accordo intercorrente tra i soci di una società, avente ad oggetto il funzionamento della società, ma che non viene consacrato in una clausola dello statuto. Esso pertanto rimane un documento separato. Il patto parasociale potrà essere stipulato tra tutti i soci o solo tra alcuni di essi. Con un patto parasociale, ad esempio, i soci (o alcuni di essi) possono accordarsi e stabilire che in una data assemblea voteranno tutti in una certa maniera (sindacati di voto) oppure si accordano a non trasferire le loro azioni (sindacati di blocco). Quando si tratta dei limiti alla circolazione delle azioni, pertanto, diventano rilevanti i cd. sindacati di blocco. La differenza tra tali accordi e quelli consacrati in clausole sociali (clausola di prelazione, di gradimento, di intrasferibilità e di mero gradimento) sta nel fatto che i patti parasociali altro non sono che veri contratti. Ciò comporta che essi vincolano solo i soggetti che vi hanno aderito e non hanno efficacia reale. Ciò significa che qualora il socio che abbia aderito al sindacato (cd. socio sindacato) decida di disattendere l’accordo e vendere le azioni, l’effetto traslativo si produrrà senz’altro. Il socio sindacato inadempiente resterà, tuttavia, sottoposto all’obbligo di risarcire il danno per essere stato inadempiente rispetto ad un contratto. Nel caso, di contro, in cui venga violato un obbligo consacrato in una clausola sociale, secondo quanto ritiene la dottrina maggioritaria, le conseguenze nonsaranno solo di tipo risarcitorio. Se, ad es., il socio ha venduto le sue azioni a terzi senza prima offrirle ai soci in presenza di una clausola di prelazione, la società potrà «riscattare» le azioni, cioè appropriarsene, rimborsando al terzo il prezzo pagato. Suol dirsi, pertanto, che le clausole statutarie hanno efficacia reale; i patti parasociali hanno efficacia obbligatoria. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 19 di 62 Diritto Commerciale 2.7. Lezione V Le categorie di azioni Il sistema delle azioni risulta, in seguito alla riforma del 2003, notevolmente modificato in quanto il legislatore ha inteso riconoscere maggiore autonomia contrattuale in materia. Bisogna, oggi, pertanto comprendere cosa sono le azioni senza valore nominale; cosa significa «emettere azioni non proporzionali»; cosa sono le azioni privilegiate e cosa sono le azioni correlate. Le differenze rispetto al passato, in materia di azioni sono, in via generale, due: 1. in primo luogo possono essere emesse azioni prive di valore nominale. Questa affermazione sembrerebbe in contraddizione con quanto precedentemente detto sul valore nominale delle azioni. La contraddizione, in realtà, è solo apparente. Il legislatore del 2003 infatti si è limitato a prevedere che non sia necessario che il valore nominale delle azioni risulti dal titolo stesso. Ciò non significa che tali azioni sono carenti di valore nominale. Significa solo che, in tali ipotesi il valore nominale sarà, per usare l’espressione da subito adottata dalla dottrina maggioritaria «inespresso». Pur non essendo, infatti, riportato, (stampigliato) sull’azione, esso sarà ricavato dividendo il capitale sociale per il numero delle azioni in circolazione. Il pregio di questa innovazione sta soprattutto nell’evitare la procedura di ritiro delle azioni quando diventa necessario operare sul valore nominale di esse; 2. in secondo luogo, cade la regola della necessaria proporzionalità tra il conferimento ed il numero di azioni possedute. Prima della riforma, infatti, ciascuno avrebbe avuto un numero di azioni esattamente corrispondente al valore dei conferimenti effettuati. Ciò al fine di fare in modo che tutto il capitale sociale sottoscritto fosse coperto dai conferimenti. Il legislatore del 2003 ha voluto riconoscere, anche sotto questo aspetto, maggiore autonomia contrattuale ed ha stabilito che è possibile che la distribuzione delle azioni risulti non proporzionale ai conferimenti fatti. Il legislatore del 2003 ha inoltre stabilito che possono essere create categorie di azioni attributive di particolari diritti. Le azioni, pertanto, possono essere ordinarie oppure privilegiate. Le azioni ordinarie attribuiscono: -diritti patrimoniali come il diritto a percepire gli utili ed il diritto alla liquidazione della quota; Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 20 di 62 Diritto Commerciale Lezione V -diritti amministrativi , cioè il diritto di intervento, il diritto di voto, il diritto di impugnare le delibere assembleari, ecc. Le azioni privilegiate sono quelle che, in seguito ad una apposita previsione di statuto, attribuiscono ai loro portatori, particolari vantaggi. Generalmente si tratta di vantaggi patrimoniali. Si possono cioè creare una categoria di azioni che siano privilegiate nella percezione degli utili o postergate nella sopportazione delle perdite. Spesso, però, l’attribuzione di un vantaggio patrimoniale viene bilanciato dalla limitazione del diritto di voto. L’art. 2350 cod. civ., stabilisce che, previa previsione dello statuto, si può variamente incidere sul diritto di voto, creando azioni: • senza diritto di voto • con diritto di voto limitato a particolari argomenti • con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative In ogni caso, il valore delle azioni con diritto di voto limitato non può complessivamente superare la metà del capitale sociale. La maggioranza del capitale sociale deve cioè essere rappresentato da azioni attributive del diritto di voto. Il limite invalicabile è dato dal fatto che in nessun caso lo statuto può prevedere che l’azione attribuisca più di un diritto di voto. Si parla, pertanto, del cd. divieto di emissione di azioni a voto plurimo (art. 2351, 4° comma cod. civ.). Una categoria di azioni privilegiate è costituita dalle azioni di risparmio. Create con la legge 216/ del 1974 oggi trovano la loro disciplina nel TUF (art. 145 e ss.). Esse possono essere, infatti, emesse solo da società quotate in mercati regolamentati. La caratteristica delle azioni di risparmio sta nel fatto che esse possono essere al portatore . Ciò ha rappresentato una novità in un sistema in cui per le azioni vigeva, come ancora vige, il principio della nominatività obbligatoria. Sono privilegiate nella percezione degli utili (nel senso che i portatori di tali azioni saranno i primi a percepire gli utili, beneficiando soprattutto qualora non siano stato accumulati utili tali da poter pagare tutti i soci) e postergate nella sopportazione delle perdite (cosicché in sede di liquidazione della società, sul residuo attivo verranno rimborsati prima i portatori di azioni di risparmio e solo dopo gli altri soci).Sono prive del diritto di voto . Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 21 di 62 Diritto Commerciale Lezione V Non sono invece qualificabili come azioni privilegiate altre particolari categorie di azioni, cioè le azioni di godimento e le azioni correlate. Le azioni di godimento sono azioni emesse solo in sede di riduzione del capitale sociale facoltativa e, in tale operazione, svolgono una particolare finalità. Le azioni correlate sono una novità introdotta dal legislatore del 2003. L’art. 2350, 2° comma, cod. civ. le definisce come azioni fornite di diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività sociale in un determinato settore. 2.8. Pegno, usufrutto e sequestro delle azioni Il legislatore del 2003 ha modificato l’art. 2352 cod. civ. che disciplina le ipotesi in cui sull’azione venga costituito il diritto reale di usufrutto o il diritto reale di garanzia del pegno e vi ha aggiunto l’ipotesi del sequestro. Oggi pertanto è stato esplicitato a chi spetteranno i diritti relativi a tali azioni, dal momento che esse apparterranno ad un soggetto (debitore, nudo proprietario e sequestrato) ma saranno nella materiale disponibilità di un soggetto diverso (creditore, usufruttuario e custode). Il diritto di voto spetterà pertanto, salvo patto contrario, al soggetto che ha la materiale disponibilità dell’azione, cioè il creditore, l’usufruttuario o il custode. Questi però, stando all’opinione della dottrina maggioritaria, dovranno esercitarlo in maniera tale da non ledere l’interesse del proprietario. Al proprietario dell’azione spetta, invece, il diritto di opzione, in quanto considerato una espansione del suo diritto di proprietà. Per questo stesso motivo, però, il pegno, l’usufrutto e il sequestro si estenderanno alle nuove azioni nel caso in cui si proceda ad un aumento gratuito del capitale sociale. I diritti amministrativi , di contro, dovranno essere esercitati sia dal socio che dal creditore pignoratizio o dall’usufruttuario. Nel caso di sequestro spettano al custode. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 22 di 62 Diritto Commerciale Lezione V 3 L’elemento patrimoniale 3.1 Il capitale sociale Il «capitale sociale» è il capitale di rischio della società. Il concetto di capitale sociale è fondamentale per comprendere il funzionamento delle società. Esso va distinto dal «patrimonio». Nella fase costitutiva della società, un momento centrale è quello in cui i soci procedono ai «conferimenti». I conferimenti sono gli apporti fatti dai soci alla società per dotarla di un capitale di rischio. Nelle società per azioni i conferimenti devono ammontare almeno a centoventimila euro. Si faccia l’esempio di una società che ha capitale sociale uguale a 100. Prima che la società inizi ad operare, patrimonio e capitale coincidono, almeno numericamente. Se la nostra società decide di acquistare un immobile da adibire a sede sociale, il patrimonio sarà costituito anche dal suddetto immobile. Il patrimonio è, infatti, l’insieme dei rapporti giuridici attivi e passivi che fanno capo alla società. Il capitale sociale è, invece, un’entità numerica e, nella fase iniziale, esprime il valore (numerico) dei conferimenti effettuati. Tale voce resterà immutata per tutta la vita della società, salvo che, per motivi successivi di varia natura, la società non proceda a modificarlo. La modifica del capitale sociale costituisce un’operazione molto importante e complessa nelle società per azioni e potrà avvenire solo con le maggioranze rafforzate dell’assemblea straordinaria. In mancanza, il capitale sociale resta invariato, a prescindere dalle vicende che modificheranno il patrimonio della società. Il capitale sociale costituisce la garanzia per i creditori della società. I creditori, infatti, non avendo il potere di aggredire i patrimoni personali dei singoli soci, potranno confidare solo sul capitale sociale per soddisfare le proprie ragioni. La dottrina è solita ritenere che il capitale sociale svolga due funzioni: • la funzione vincolistica • la funzione organizzativa Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 23 di 62 Diritto Commerciale Lezione V La funzione vincolistica nasce dal fatto che il capitale sociale per tutta la vita della società viene sottoposto al cd. «vincolo di stabile destinazione». Ciò significa che i soci che hanno fatto i conferimenti si impegnano a non chiederne la restituzione finché dura la società. I beni della società vengono, cioè assoggettati ad una «destinazione», cioè quella di servire per lo svolgimento dell’attività sociale. Tale destinazione durerà tutta la vita della società. La funzione organizzativa consiste nel fatto che, a seconda della quantità di capitale sociale da ciascuno detenuta, verranno determinati i diritti di ciascuno nei confronti della società. Ciascuno avrà diritto, ad esempio, a percepire gli utili e a votare in proporzione del numero di azioni possedute. 3.2 I fondi di riserva I fondi di riserva o riserve sono «quelle immobilizzazioni di utili che sono imposte dalla legge o dallo statuto della società o eventualmente sono volontariamente create dall’assemblea per assicurare la stabilità del capitale sociale di fronte alla oscillazione dei valori e di fronte a perdite che possono verificarsi in singoli esercizi e per dotare la società di nuovi mezzi finanziari in funzione dei suoi prevedibili sviluppi». A) La riserva legale ordinaria L’art. 2430 stabilisce che dagli utili netti annuali della S.p.a. deve essere dedotta ed accantonata una quota, in misura corrispondente almeno alla ventesima parte di essi, fino a raggiungere il quinto del capitale sociale. Tale fondo di riserva è infruttifero per i soci e non può mai essere distribuito come utile; esso può essere diminuito, per far fronte ad esigenze di carattere eccezionale, ma deve essere reintegrato non appena le condizioni della società lo consentono. La riserva legale, assolvendo la funzione di assicurare la stabilità del capitale di fronte alle vicende della gestione sociale, è soggetta allo stesso regime del capitale sociale: la immobilizzazione, pertanto, può essere eliminata soltanto attraverso una riduzione del capitale sociale, in seguito alla quale la misura della riserva legale risulti superiore al quinto del capitale sociale ridotto. B) Le riserve facoltative o straordinarie La società, per una prudente amministrazione, può costituire, in aggiunta a quella legale, ulteriori riserve, dette straordinarie o facoltative, liberamente deliberate dall’assemblea ordinaria e Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 24 di 62 Diritto Commerciale Lezione V sempre disponibili. A tali riserve può attingersi specialmente per aumenti gratuiti di capitale; quindi, saranno distribuite ai soci all’atto della liquidazione della società. C) La riserva statutaria Tale riserva può essere eventualmente imposta dall’atto costitutivo, in aggiunta a quella legale, al solo fine di rafforzare la posizione economica della società. Essa non è rivolta, dunque, anche a garantire i creditori: l’assemblea straordinaria, pertanto, legittimamente può deliberarne la distribuzione totale o parziale, previa modifica dello statuto. D) La riserva da sovrapprezzo di azioni E’ una speciale riserva costituita dalle somme riscosse dalla società per l’emissione di azioni ad un prezzo superiore al valore nominale o,secondo la previsione del nuovo art, 2431, in occasione della conversione di obbligazioni. E) La riserva occulta La riserva occulta, risultante dagli espedienti contabili di stimare talune attività sociali ad un valore inferiore a quello effettivo (sottovalutazione dell’attivo) ovvero di iscrivere al passivo poste correttive sproporzionate all’effettivo deperimento o agli effettivi rischi (sopravalutazione del passivo), al fine di dissimulare utili effettivamente conseguiti per evitare la loro distribuzione agli azionisti o per sottrarli alla tassazione fiscale. Si tratta di un fenomeno assai frequente nella prassi, tenuto anche conto che le riserve occulte rappresentano risorse utilizzabili, al di fuori di ogni controllo, ad opera del gruppo di comando. 3.3 Le operazioni della società sulle proprie azioni In via generale, la società potrà compiere tutti gli atti imprenditoriali. Potrà anche decidere di investire il suo capitale nell’acquisto di azioni di altre società, o addirittura di acquistare le sue stesse azioni. Gli art. 2357 e s.s del codice dettano una serie di norme volte a disciplinare due tipi di operazioni e cioè quella in cui la società acquista (o sottoscrive) azioni proprie e quella in cui una società controllata acquista (o sottoscrive) azioni di una società controllante. É dunque necessario comprendere in cosa consistano queste attività, quali siano i pericoli e quali siano le norme che in tal caso troveranno applicazione. In primo luogo, il legislatore tratta separatamente due ipotesi: acquisto e sottoscrizione. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 25 di 62 Diritto Commerciale Lezione V La differenza sta nel fatto che si parla di acquisto tutte le volte in cui si tratta di azioni già emesse; si parla di sottoscrizione quando si tratta di azioni di nuova emissione. In quest’ultimo caso, cioè, la società sta compiendo una operazione di aumento di capitale sociale. Le due situazioni creano pericoli diversi, cosicché le norme predisposte dal legislatore saranno diverse. Nel caso, infatti, di acquisto da parte della società di azioni proprie (ipotesi equiparabile a quella di acquisto da parte di una società controllata di azioni della controllante) il rischio è quello di rimborsare ai soci anzitempo i conferimenti, violando il vincolo di stabile destinazione. Nel momento in cui la società, ad esempio, acquista le proprie azioni cosa fa? Utilizza il danaro che ha in cassa per acquistare i suoi titoli. Il danaro cioè passa dalla cassa della società alle tasche dei soci. L’operazione risulta pericolosa per i creditori poiché i soldi inizialmente conferiti dai soci (che dovrebbero restare alla società fino allo scioglimento) vengono restituiti ai soci prima del tempo, eludendo la procedura di cui al 2445 cod civ.. L’operazione tuttavia non è categoricamente vietata. L’acquisto da parte della società di proprie azioni, infatti, potrebbe per la società addirittura rappresentare un buon investimento. Ciò accadrà, però, solo nel caso in cui la società abbia una fiorente attività e dunque sia produttiva di utili. In tal caso, infatti, nel momento in cui la società acquisterà le azioni dai soci non procederà a rimborsare ad essi i loro conferimenti, ma utilizzerà gli utili prodotti, fermo restando il capitale sociale. L’art. 2357 cod. civ. (e con disciplina analoga anche l’art. 2359-quater per le società controllate) stabilisce che l’acquisto di azioni proprie potrà avvenire solo con il rispetto di determinate cautele: • per l’acquisto devono essere utilizzati solo utili distribuibili o riserve disponibili; • l’acquisto deve essere autorizzato dall’assemblea, la quale ne fissa le modalità, indicando il numero massimo di azioni da acquistare, la durata, non superiore a diciotto mesi, per la quale l’autorizzazione è accordata, il corrispettivo minimo e quello massimo; • il valore delle azioni da acquistare non può mai superare un decimo del capitale sociale; La situazione è diversa nel caso in cui si proceda alla sottoscrizione. Ciò vale sia per le azioni proprie che per la sottoscrizione di azioni della società controllante da parte della controllata. In questo caso il rischio che si corre è diverso. Non si corre il rischio, Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 26 di 62 Diritto Commerciale Lezione V infatti, di smobilitare il vincolo di stabile destinazione rimborsando i conferimenti, ma quello di far figurare un aumento fittizio del capitale sociale. La società si trova, cioè in una fase particolare della sua vita in quanto sta procedendo ad un aumento di capitale sociale (o alla sua stessa costituzione). Ebbene, in questo caso né la società stessa potrà sottoscrivere le nuove azioni di sé stessa né la società controllata potrà sottoscrivere azioni della controllante. Se così fosse si finirebbe per utilizzare danaro che già è in cassa per acquistare nuovi titoli, con la conseguenza che si avrà un «annacquamento» del capitale sociale. 3.4 I patrimoni destinati Un'altra fondamentale novità introdotta dal legislatore del 2003 sono gli art. 2447-bis e ss che disciplinano oggi, per la prima volta, i patrimoni destinati. Essi rispondono all’esigenza, fortemente sentita, di creare una «segregazione patrimoniale», cioè di fare in modo che, all’interno dell’unico patrimonio della società, siano «segregati», «separati» dei rapporti giuridici. In tal modo si consente di distribuire il rischio delle singole operazioni tra i diversi creditori. Il codice civile prevede due ipotesi in cui potrà costituirsi un patrimonio destinato: • costituzione di patrimoni separati destinati ad uno specifico affare; • convenzione con la quale si stabilisce che nel contratto di finanziamento di uno specifico affare, i proventi di tale affare saranno destinati al rimborso del finanziamento medesimo. In questo ultimo caso, cioè la società contrae un mutuo per realizzare uno specifico affare e conviene con il finanziatore che i proventi di tale affare saranno destinati al rimborso della somma mutuata. Il patrimonio destinato viene deliberato, salvo diversa disposizione dello statuto, dagli amministratori a maggioranza assoluta (art. 2447-ter ult. comma) e viene iscritto nel registro delle imprese. La creazione di una separazione di parte del patrimonio a beneficio di alcuni solo dei creditori della società potrebbe ledere gli interessi degli altri. Questi pertanto avranno il diritto di fare opposizione a tale atto, ma dovranno farlo entro sessanta giorni dall’iscrizione. Trascorso questo termine senza opposizione, i creditori della società non potranno più far valere alcun diritto sul patrimonio destinato allo specifico affare. Questo rappresenterà garanzia di pagamento solo per i creditori del suddetto affare. L’operazione è ovviamente accompagnata da molte cautele volte a fare in modo che i terzi che agiscono con la società siano messi al corrente dell’esistenza di una separazione tra patrimoni. Ne consegue che gli atti compiuti in relazione allo specifico affare devono recare menzione del vincolo di destinazione (art. 2447-quinquies u.c); i patrimoni devono Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 27 di 62 Diritto Commerciale Lezione V risultare da libri contabili distinti (art. 2447-sexies); i beni e i rapporti compresi nel patrimonio separato devono essere indicati distintamente nello stato patrimoniale del bilancio della società (art. 2447-septies). 3.5 Le modifiche del capitale sociale Una delle più importanti modifiche è quella del capitale sociale. Le società di capitali hanno un capitale fisso. Ciò non significa che esso non è suscettibile di alcuna modifica, ma solo che potrà essere modificato esclusivamente utilizzando la peculiare procedura prevista per le modifiche di statuto e quindi prima di tutto le maggioranze rafforzate richieste per l’assemblea straordinaria. Le società cooperative, invece, sono società a capitale variabile. Il capitale sociale può essere aumentato o diminuito. Sia l’aumento che la diminuzione possono essere reali o nominali. Una operazione sul capitale è reale quando oltre ad operare sul capitale si opera anche sul patrimonio; è nominale quando si opera sul capitale ma non si tocca il patrimonio. Per comprendere bene il sistema bisogna procedere con ordine. In primo luogo consegue che le operazioni possibili sono quattro: 1. aumento reale 2. aumento nominale 3. riduzione reale 4. riduzione nominale L’aumento è reale (o a pagamento) quando all’aumento del capitale sociale corrisponde un incremento del patrimonio della società poiché vengono apportati nuovi capitali. L’aumento è nominale quando si aumenta il capitale sociale ma vengono utilizzate somme che già sono presenti nella società, sebbene sotto la voce «riserve». La riduzione è reale (o facoltativa) quando la riduzione del capitale sociale corrisponde ad uno svuotamento delle casse sociali nel senso che i conferimenti vengono svincolati e restituiti ai soci. La riduzione è nominale (o per perdite) quando la società riduce il capitale sociale perché ha subito già delle perdite. In questo caso si rende necessario adeguare il capitale sociale a quello che effettivamente è rimasto in cassa con la conseguenza che si tratta di un’operazione solo nominale. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 28 di 62 Diritto Commerciale Lezione V ●AUMENTO REALE O A PAGAMENTO L’art. 2438 cod. civ. disciplina l’ipotesi dell’aumento reale o a pagamento. Si tratta di una operazione di finanziamento della società poiché si compie questa operazione quando la società necessita di nuovi capitali. In questo caso, pertanto si delibera l’aumento del capitale sociale; vengono emesse nuove azioni di valore nominale uguale a quello delle azioni già in circolazione; le azioni vengono collocate, offrendole prima ai vecchi soci. Il diritto dei vecchi soci di essere preferiti nella sottoscrizione delle azioni di nuova emissione prende il nome di diritto di opzione ed è disciplinato dall’art. 2441 cod. civ. Tale diritto attribuisce a ciascun socio la possibilità di mantenere la propria posizione in società, anche di fronte ad un capitale allargato. Consente inoltre di riservare ai vecchi soci la ricchezza già accumulata all’interno della società. Le riserve infatti sono il frutto di sacrifici e di accantonamenti fatti nel corso del tempo dai vecchi soci. Questi pertanto subirebbero un danno se fossero costretti a dividere la ricchezza accumulata con nuovi soggetti. L’art. 2441 cod. civ. stabilisce pertanto che le azioni di nuova emissione dovranno essere offerte ai vecchi soci (nonché ai portatori di obbligazioni convertibili in azioni). La stessa norma però prevede tre casi in cui il diritto di opzione può essere limitato: . conferimenti in natura (comma 4, prima parte) . interesse della società (comma 5) . attribuzione delle nuove azioni ai dipendenti della società (comma 8) L’esclusione opera di diritto quando i nuovi conferimenti devono essere liberati in natura.In questo caso sarà necessaria una relazione giurata di stima che accerti il valore dei beni conferiti. Il diritto di opzione può essere inoltre escluso nel caso in cui lo esiga l’interesse della società. La delibera deve, in quest’ultimo caso, essere approvata (anche in 2° e in 3°convocazione) da più della metà del capitale sociale anche se la delibera è stata presa in seconda convocazione. Nei due casi che precedono gli amministratori devono redigere una relazione che illustri la situazione, le ragioni della limitazione del diritto di opzione e i criteri adottati per adottati per la determinazione del prezzo di emissione. Tale relazione deve essere comunicata agli organi di controllo almeno trenta giorni prima di quello fissato per l’assemblea. L’organo di controllo avrà quindici giorni per esprimere un parere. Il parere deve restare depositato presso il registro delle imprese almeno nei 15 giorni che precedono l’assemblea (unitamente alla relazione giurata di stima qualora si tratti di conferimenti in natura) affinché i soci possano prenderne visione. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 29 di 62 Diritto Commerciale Lezione V In queste due ipotesi il prezzo di emissione delle azioni (cioè il prezzo a cui saranno collocate) viene valutato «sulla base del patrimonio netto».Ciò significa che le azioni verranno emesse con sovrapprezzo. Il sovrapprezzo è la differenza tra il valore nominale delle azioni ed il loro prezzo di acquisto. Ultima ipotesi in cui può essere sacrificato il diritto d’opzione è quello in cui le azioni devono essere attribuite in opzione ai dipendenti della società. In questo caso se il diritto di opzione viene limitato ad un quarto delle azioni di nuova emissione la delibera deve essere approvata con le normali maggioranze previste per l’assemblea straordinario. Se supera un quarto sarà necessario che la delibera venga approvata da più della metà del capitale sociale anche in seconda convocazione. Una volta deliberato l’aumento, la società deve concedere agli azionisti un termine non inferiore a trenta giorni per esercitare l’opzione. ●AUMENTO NOMINALE DEL CAPITALE SOCIALE L’aumento nominale è una mera operazione contabile e consiste nell’imputare a capitale utili già conseguiti dalla società. Si tratta di un’operazione di autofinanziamento della società poiché questa utilizza utili percepiti, senza distribuirli, sottoponendoli al vincolo di stabile indisponibilità. La società aumenterà il valore nominale di tutte le azioni in circolazione oppure emetterà nuove azioni che saranno attribuite gratuitamente ai soci in proporzione di quelle già possedute. ● RIDUZIONE REALE DEL CAPITALE SOCIALE La riduzione reale del capitale sociale ha subito una profonda modifica per effetto dell’intervento del legislatore del 2003. Essa è disciplinata dall’art. 2445 cod. civ. Prima della riforma la riduzione reale poteva avvenire solo in caso di «esuberanza». Essa, infatti, poteva aversi solo nel caso in cui il capitale sociale risultasse esuberante rispetto all’oggetto sociale. La ragione di tale limitazione stava nel fatto che la riduzione reale è un’operazione estremamente pericolosa per i creditori della società. Questi corrono il rischio di vedersi sottratta la loro unica garanzia di soddisfacimento, cioè quella costituita dal capitale sociale. É pur vero però che nella prassi il requisito dell’esuberanza non rappresentava una reale protezione per i creditori, data l’oggettiva difficoltà di stabilire se il capitale sociale fosse o meno esuberante rispetto all’attività da svolgere. Si riteneva pertanto sufficiente che la delibera di riduzione risultasse motivata con l’esuberanza. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 30 di 62 Diritto Commerciale Lezione V Il legislatore del 2003 ha stabilito che non sarà più necessario collegare la riduzione al concetto di esuberanza. I diritti dei creditori, infatti, trovano sufficiente protezione nello strumento apposito attribuito ai creditori stessi, cioè il diritto di opposizione. Deliberata la riduzione reale, infatti, la delibera viene iscritta nel registro delle imprese, ma diventa efficace solo se entro il termine di legge nessuno dei creditori abbia fatto opposizione ad essa. Nel caso in cui i creditori facciano opposizione, si aprirà un giudizio, sul quale decide il tribunale. In pendenza del giudizio, la delibera di riduzione non produrrà i suoi effetti salvo che, il tribunale, posta una cauzione a carico della società, disponga che essa possa essere efficace. Per ridurre il capitale sociale la società dovrà ritirare le azioni dai soci. I soci recupereranno così il valore dei conferimenti fatti. La società, in pratica, procede al riacquisto delle proprie azioni. Tali azioni verranno di poi annullate. La società procederà a ritirare le azioni dai soci: • o sottraendo a ciascuno un quantitativo di azioni proporzionale alla quantità di titoli da ciascuno detenuta • oppure sorteggiando i soci che dovranno cedere le loro azioni. I soci sorteggiati da un lato potrebbero essere contenti in quanto recupereranno il loro investimento iniziale; dall’altro però potrebbero risentirsi per il fatto che non arriveranno allo scioglimento della società. In sede di scioglimento potrebbero infatti emergere dei valori ulteriori. Proprio per ovviare a questo inconveniente si utilizza lo strumento delle azioni di godimento. Le azioni di godimento sono azioni attribuite ai soci ai quali siano state rimborsate le azioni in seguito ad una operazione di riduzione reale del capitale sociale. I portatori delle azioni di godimento sono privi del diritto di voto mentre avranno diritto ad un dividendo pari al tasso legale di interesse e potranno partecipare alla ripartizione dell’ulteriore residuo attivo del patrimonio della società dopo lo scioglimento di essa e dopo che siano stati pagati i soci non rimborsati. Quando la società arriverà a sciogliersi, con la liquidazione definitiva del suo patrimonio, pagati i creditori, potrebbe residuare un attivo. Questo verrà distribuito prima fra i soci portatori di azioni ordinarie. Laddove dovesse residuare altro, questo verrà attribuito anche ai portatori di azioni di godimento. ● RIDUZIONE NOMINALE O PER PERDITE Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 31 di 62 Diritto Commerciale Lezione V Nel caso in cui la società abbia riportato delle perdite la riduzione è solo nominale, poiché non vengono tolti soldi dal patrimonio, ma si procede ad adeguare il capitale sociale a quello che è il patrimonio eroso dalle perdite. La riduzione può essere obbligatoria o facoltativa. La riduzione è facoltativa tutte le volte in cui la perdita non sia superiore ad 1/3 del capitale sociale. Unica conseguenza in questo caso è che la società non potrà distribuire gli utili conseguiti negli esercizi successivi finché la perdita non sia ripianata. La riduzione è obbligatoria quando la perdita sia superiore ad 1/3 del capitale sociale. In tal caso si devono differenziare varie ipotesi poiché la riduzione obbligatoria non è necessariamente immediata. La prima ipotesi è quella della riduzione obbligatoria non immediata. Se, pur essendo la perdita superiore ad un terzo, non è stato intaccato il minimo legale, gli amministratori (che in ogni momento devono conoscere la situazione patrimoniale della società) devono senza indugio convocare l’assemblea esponendo la situazione. L’assemblea potrà stabilire di ridurre immediatamente o aspettare un esercizio, sperando che la perdita sia ripianata. Laddove ciò non accada, si dovrà senz’altro ridurre il capitale sociale di un ammontare corrispondente. Qualora l’assemblea non provveda, è ammesso l’intervento sostitutivo del tribunale, adito dagli amministratori o dai sindaci. Nel caso in cui la perdita, oltre ad essere superiore ad un terzo, abbia altresì intaccato il minimo legale, dovrà procedersi alla riduzione che, in questo caso, è obbligatoria ed immediata . L’assemblea dovrà deliberare prima una riduzione nominale per perdite e poi, se vorrà continuare ad operare, dovrà ricapitalizzare la società, cioè procedere ad un aumento a pagamento che ricostituisca almeno il minimo legale. La società non può infatti operare in assenza del minimo legale. É possibile tuttavia seguire vie alternative. Si potrebbe infatti decidere di procedere allo scioglimento della società ovvero di trasformarla in un’altra per la quale quanto residuato è sufficiente al funzionamento. Ad esempio si potrebbe trasformare la società in una S.r.l. Il terzo caso è quello di azzeramento totale del capitale sociale. Anche in questo caso le possibilità sono le stesse dell’ipotesi precedente. In dottrina si è posto il problema se fosse legittima una ricapitalizzazione in caso di azzeramento del capitale Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 32 di 62 Diritto Commerciale Lezione V sociale posto che se i soci non potranno sottoscrivere le nuove azioni usciranno definitivamente dalla società. Ebbene la dottrina maggioritaria ritiene che potrà procedersi alla ricostituzione del capitale sociale anche in questo caso. 3.6 Le obbligazioni Durante la vita della società può accadere che si crei la necessità di reperire nuovi mezzi finanziari, cioè di far confluire nella società nuovi finanziamenti, e si può ricorrere all’ emissione di obbligazioni offerte in sottoscrizione al pubblico dei risparmiatori. Le obbligazioni sono titoli rappresentativi di un credito, nominativi o al portatore, emessi in massa. La società, infatti, emettendo un prestito obbligazionario contrae un mutuo con i risparmiatori. Questi, infatti, acquistando obbligazioni, fanno un prestito alla società. A fronte di esso vengono emessi dei titoli, detti «obbligazioni». Tali titoli, differentemente dalle azioni, danno solo il diritto a percepire la restituzione della somma mutuata oltre ad un interesse. La posizione dell’obbligazionista, dunque, differisce profondamente da quella dell’azionista. L’obbligazionista è creditore della società; chi possiede azioni della società, è socio . Il socio partecipa alle vicende della società. Ciò significa che, intanto percepirà utili, in quanto la società abbia maturato degli utili e che i suoi guadagni saranno proporzionali alla ricchezza realizzata dalla società. La posizione dell’obbligazionista, di contro, prescinde da quella della società. Egli avrà diritto alla restituzione del capitale, ad una somma fissa , che prescinderà dalle risultanze dell’attività sociale. Ecco perché le obbligazioni non sono titoli partecipativi. La prassi già aveva, tuttavia, creato delle forme differenziate di obbligazioni, attributive di diritti spesso aleatori. Tra i tipi di obbligazioni più noti, vanno ricordate le obbligazioni con warrants. In tal caso, l’obbligazionista, oltre ad avere i diritti propri di tutti gli obbligazionisti, avrà un altro diritto, il Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 33 di 62 Diritto Commerciale Lezione V warrant. Il warrant è un diritto di opzione. L’obbligazionista avrà, cioè, il diritto di sottoscrivere azioni della società, qualora la stessa, in futuro, decida di aumentare il capitale sociale emettendo pertanto nuove azioni. Un’altra categoria particolarmente importante è quella delle obbligazioni convertibili in azioni. In tal caso la società compie un’operazione complessa. Emette, cioè, delle obbligazioni attribuendo altresì all’obbligazionista la possibilità di «convertire», sulla base di un determinato «rapporto di cambio», il diritto di credito che vanta nei confronti della società in un diritto di partecipazione alla società. Il «rapporto di cambio» è la quantità di obbligazioni che serviranno per avere in cambio un’azione. Il soggetto viene inizialmente «incentivato» ad investire, ad acquistare obbligazioni. L’obbligazionista saprà di poter recuperare quanto investito, essendo un semplice creditore. Ma potrà, nel frattempo, valutare l’andamento della società per stabilire se gli convenga mantenere la sua posizione di obbligazionista (certa e determinata) o «convertirla» in quella di azionista. Qualora dovesse optare per quest’ultima soluzione, il soggetto perderà la sua certezza in ordine alla restituzione della somma ma avrà la possibilità di guadagnare molto di più, se la società, ovviamente, otterrà buoni risultati. L’ emissione di un prestito obbligazionario convertibile è un’operazione molto complessa in quanto la società dovrà: • emettere il prestito obbligazionario; • aumentare il capitale sociale di un ammontare corrispondente. Tale aumento prende nella prassi il nome di «aumento a servizio». L’aumento a servizio non è immediatamente effettivo in quanto diventerà tale solo se gli obbligazionisti decideranno di convertire il loro diritto e solo per la parte che sarà effettivamente convertita. Alla scadenza del termine convenuto, la società si troverà con un capitale maggiorato. Le nuove azioni saranno nelle mani degli obbligazionisti che avranno convertito. Coloro che, invece, avranno deciso di non convertire e di mantenere la loro posizione di obbligazionisti, continueranno ad essere semplici creditori della società. Il prestito obbligazionario semplice viene, oggi, dopo la riforma, deliberato dagli amministratori. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 34 di 62 Diritto Commerciale Lezione V Il prestito obbligazionario convertibile, comportando una modifica dell’atto costitutivo (poiché è necessario aumentare il capitale sociale), deve essere deliberato dall’assemblea straordinaria. Va, inoltre, precisato che la società non è libera nella scelta della quantità di obbligazioni da emettere. Il codice prevede, infatti, dei limiti, modificati dal legislatore del 2003. Gli attuali limiti all’emissione di obbligazioni sono fissati dal nuovo art. 2412 cod. civ. il quale stabilisce che la società potrà emettere obbligazioni solo per una somma non eccedente «il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato». Tale limite potrà essere superato in tre casi: 1. se le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate alla sottoscrizione da parte di investitori professionali (i quali, pertanto, sono capaci di rendersi conto del rischio dell’operazione). In tal caso, però, se tali soggetti decideranno di trasferire le azioni a persone che non siano investitori professionali (e dunque non siano in grado di riconoscere un’operazione rischiosa), chi le trasferisce risponde della solvenza della società nei confronti degli acquirenti. Si tutela così il popolo dei piccoli investitori non professionali; 2. se l’emissione di obbligazioni è garantita da ipoteca di primo grado su immobili di proprietà della società, sino a due terzi del valore degli immobili medesimi; 3. se le obbligazioni vengono emesse da società quotate in mercati regolamentati. Gli obbligazionisti godono di una loro organizzazione in organi. Così si avrà una assemblea degli obbligazionisti (2415 cod. civ.) ed un rappresentante comune degli obbligazionisti (2417 cod. civ.). 3.7 Il bilancio d’ esercizio Il bilancio di esercizio è il documento contabile, da redigersi al termine di ogni esercizio annuale che rappresenta in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società ed il risultato economico dell’esercizio stesso. Esso si compone di tre documenti: lo stato patrimoniale, che contiene la descrizione e la valutazione statica del patrimonio della società alla fine dell’esercizio sociale; il conto economico, che contiene una rappresentazione dinamica di tutte e variazioni intervenute nel patrimonio durante Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 35 di 62 Diritto Commerciale Lezione V l’anno; la nota integrativa, che costituisce parte integrante del bilancio ed il cui contenuto è volto sostanzialmente a dare ragione dei dati esposti nello stato patrimoniale e nel conto economico. Al bilancio così composto vanno poi allegate: la relazione degli amministratori sulla gestione sociale, la quale deve illustrare la situazione della società e l’andamento della gestione, nel suo complesso e nei vari settori in cui ha operato, con particolare riguardo ai costi, ai ricavi ed agli investimenti effettuati; la relazione del collegio sindacale, mediante la quale quest’organo riferisce all’assemblea sui risultati dell’esercizio sociale e sull’attività svolta nell’esercizio dei propri doveri, proponendo altresì osservazioni sul bilancio; la relazione del soggetto incaricato del controllo contabile. Il bilancio viene redatto dagli amministratori nel rispetto dei principi indicati dagli art. 2423 e 2423bis c.c. (principio della chiarezza della redazione, della verità e correttezza delle rappresentazioni; principio della prudenza, della continuità della gestione, della competenza, della valutazione separata degli elementi patrimoniali e della continuità sostanziale dei bilanci). Esso è successivamente approvato dall’assemblea ordinaria della società, salvo che questa abbia optato per il sistema dualistico, nel qual caso la relativa competenza spetta al consiglio di sorveglianza. Una forma semplificata del bilancio dà vita al c.d. bilancio in forma abbreviata, che l’art. 2435bis c.c. prevede possa essere adottato quando la società non abbia emesso titoli negoziati sui mercati regolamentati e non abbia superato, per due esercizi consecutivi, due dei seguenti limiti: - totale dell’attivo dello stato patrimoniale ammontante a 3.125.000 euro; - ricavi delle vendite e delle prestazioni ammontanti a 6.250.000 euro; - n. 50 dipendenti occupati in media durante l’esercizio. Nei casi in cui esistono situazioni di controllo tra due o più imprese la legge prevede la redazione di un bilancio consolidato di gruppo, consistente in un documento contabile redatto dalla società capogruppo (in aggiunta al proprio bilancio di esercizio), in cui viene descritta la situazione economico-patrimoniale del gruppo stesso. Il bilancio consolidato viene predisposto dagli amministratori dell’impresa controllante ed è costituito, analogamente al bilancio di esercizio, dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalla nota integrativa. Ad esso deve essere allegata una relazione degli amministratori sulla situazione complessiva delle imprese in esso incluse e sull’andamento della gestione nel suo insieme e nei vari settori, con particolare riferimento ai costi, ai ricavi ed agli investimenti. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 36 di 62 Diritto Commerciale Lezione V Il bilancio consolidato e la relazione sulla gestione sono assoggettati al controllo previsto per il bilancio di esercizio dell’impresa controllante; infine, una copia del bilancio consolidato deve essere depositata insieme al bilancio di esercizio presso l’ufficio del registro delle imprese. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 37 di 62 Diritto Commerciale Lezione V 4 Gli organi sociali nelle S.p.a. Le società di capitali hanno una struttura corporativa, cioè caratterizzata dalla presenza di organi. Essi, nella formula tradizionale, sono: . assemblea . amministratori . collegio sindacale Dopo la riforma del 2003 la situazione è cambiata ed è oggi molto complessa. É stata creata la possibilità di utilizzare dei modelli di amministrazione e di controllo (dualistico o monistico) alternativi al tradizionale. L’organo amministrativo (amministrazione tradizionale, consiglio di gestione del sistema dualistico o consiglio di amministrazione del sistema monistico) ha il potere di gestione della società, cioè ha il potere di compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale. L’assemblea avrà, invece, poteri deliberativi nelle materie indicate dalla legge. Il collegio sindacale svolge, nel sistema tradizionale, funzioni di controllo sull’attività degli amministratori. Il legislatore del 2003 ha cioè scisso il controllo in: . controllo di gestione, cioè controllo sull’attività degli amministratori, attribuito ad un organo interno alla società, cioè il collegio sindacale; . controllo contabile, cioè controllo sulla regolare tenuta delle scritture contabili, affidato ad un organo esterno, detto revisore dei conti. Solo nel caso di cui all’art. 2409 bis cod. civ., anche il controllo contabile potrà spettare al collegio sindacale. Laddove, di contro, si opti per un sistema alternativo, il controllo sulla gestione sarà esercitato dal consiglio di sorveglianza (sistema dualistico); dal comitato per il controllo sulla gestione (che rappresenterà un’articolazione interna dello stesso consiglio di amministrazione, nel caso in cui si opti per il sistema monistico). In questi ultimi casi, il controllo contabile dovrà necessariamente essere attribuito al revisore contabile. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 38 di 62 Diritto Commerciale 4.1 Lezione V L’assemblea dei soci L’assemblea è l’organo al quale partecipano tutti i soci. A seconda dell’oggetto su cui l’assemblea è chiamata a deliberare, si distingue tra: •assemblea ordinaria; •assemblea straordinaria; L’assemblea ordinaria approva il bilancio; nomina e revoca amministratori, i sindaci e chi esercita il controllo contabile; determina il compenso degli amministratori e dei sindaci; delibera sulla responsabilità di essi, nonché sugli altri argomenti attribuiti dalla legge alla sua competenza. L’assemblea straordinaria delibera sulle modificazioni dello statuto; sulla nomina, sulla sostituzione e sulla revoca dei liquidatori e su ogni altra materia espressamente attribuita dalla legge alla sua competenza. L’assemblea è in primo luogo un «procedimento» nel senso che, affinchè la deliberazione finale sia valida, è necessario che vengano validamente compiuti una serie di atti. Nel caso in cui, in uno dei suddetti momenti, intervenga un vizio, questo vizio si trasferirà sulla delibera finale, che sarà pertanto invalida. Perché la delibera sia valida è dunque necessario che il procedimento si svolga nel rispetto delle norme di legge. Il procedimento si articola in varie fasi. Tali fasi sono: . la convocazione; . l’adunanza (in cui viene espresso il voto); . la deliberazione; In taluni casi la deliberazione è seguita anche dall’iscrizione della delibera nel registro delle imprese. La Convocazione La convocazione (art. 2366 cod. civ.) si realizza mediante avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica o in un quotidiano indicato nello statuto almeno quindici giorni prima di quello fissato per l’assemblea. Lo statuto può, oggi, consentire modalità diverse di convocazione. L’avviso deve contenere l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo dell’adunanza, nonché l’elenco delle materia da trattare. L’elenco delle materia da trattare rappresenta il cd. ordine del Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 39 di 62 Diritto Commerciale Lezione V giorno. L’ordine del giorno svolge un ruolo fondamentale in quanto limita la competenza dell’assemblea. L’assemblea potrà infatti deliberare solo sulle materie indicate nell’ordine del giorno. Il socio gode del diritto soggettivo di intervenire all’assemblea sufficientemente informato sugli argomenti che si tratteranno. Unica deroga a questo principio è dato dall’assemblea totalitaria. In questa, infatti, potranno validamente trattarsi anche argomenti estranei all’ordine del giorno. L’assemblea totalitaria è quella in cui siano intervenuti tutti i soci nonché con la maggioranza dei componenti degli organi amministrativi e di controllo (2366, 4° comma cod. civ.). L’assemblea viene convocata dall’organo amministrativo nel comune dove si trova la sede della società. L’art. 2367 cod. civ. tuttavia prevede la possibilità che la convocazione derivi dall’iniziativa dei soci di minoranza. Si dovrà, infatti, procedere senza ritardo alla convocazione dell’assemblea quando né è fatta domanda da tanti soci che rappresentano almeno un decimo del capitale sociale o la minore percentuale prevista dallo statuto. Nel caso in cui né l’organo amministrativo né quello di controllo provvedano a tale convocazione, essa sarà ordinata dal tribunale. L’adunanza Il secondo momento è quello dell’adunanza, cioè l’incontro dei soci. Affinché l’assemblea possa validamente operare, la legge stabilisce la necessità che in tale sede risultino rispettati il quorum costitutivo e il quorum deliberativo. Il quorum costitutivo è il capitale sociale che deve essere rappresentato in assemblea affinché questa risulti validamente costituita. Il quorum deliberativo è il numero di voti favorevoli ad una delibera che sono necessari affinché la delibera sia adottata. I quorum cambiano quando l’assemblea si riunisce in seconda convocazione. In seconda convocazione, infatti, i quorum sono più bassi per dare la possibilità all’assemblea di funzionare malgrado l’assenteismo dei soci. Per l’assemblea ordinaria i «quorum» variano nel seguente modo: Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 40 di 62 Diritto Commerciale Lezione V — assemblea ordinaria di I convocazione: è necessaria la presenza di soci che rappresentino almeno 1/2 del capitale sociale ; il quorum deliberativo è, invece, pari alla metà più uno delle azioni con diritto di voto intervenute (maggioranza assoluta); — assemblea ordinaria di II convocazione: in tal caso la legge non prescrive un quorum costitutivo, per cui una clausola che lo disponesse sarebbe invalida e varrebbe come non apposta; anche in questo caso è, poi, necessaria l’approvazione della maggioranza delle azioni intervenute. Quanto all’ assemblea straordinaria: — assemblea straordinaria di I convocazione: per essa non è richiesto, in linea di principio, un quorum costitutivo, ma si ricava indirettamente dal quorum deliberativo, essendo questo rappresentato da quote dell’intero capitale sociale con diritto di voto e non dal solo capitale intervenuto in assemblea; ai fini della validità delle deliberazioni, è necessario il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più di 1/2 del capitale sociale; — assemblea straordinaria di II convocazione: finora la legge non prevedeva espressamente alcun quorum costitutivo, il nuovo testo dell’art. 2369, 2° comma, richiede la necessaria presenza di tanti soci che rappresentino oltre 1/3 del capitale sociale; anche il quorum deliberativo è stato modificato, prevedendosi il voto favorevole (non più di tanti soci che rappresentino oltre 1/3 del capitale sociale, ma) di almeno 2/3 del capitale rappresentato in assemblea. Il giorno della seconda convocazione deve essere indicato nell’avviso; in mancanza di tale indicazione l’assemblea di seconda convocazione dovrà essere riconvocata entro trenta giorni dalla data della prima. Il quorum varia inoltre a seconda che si tratti di assemblea ordinaria o straordinaria. Nei quorum vengono computate solo le azioni attributive del diritto di voto. L’assemblea è moderata da un Presidente. Nell’assemblea ordinaria il Presidente è assistito da un segretario che si occuperà altresì della verbalizzazione dell’assemblea. L’assemblea straordinaria invece deve essere verbalizzata da un notaio cosicché si rende superflua la presenza di un segretario. Verificati i quorum si procede alla discussione dei punti posti all’ordine del giorno. La discussione termina con una fase importantissima, cioè quella dell’espressione del voto. Voteranno solo i portatori di azioni che attribuiscono tale diritto. LE LIMITAZIONI AL DIRITTO DI VOTO Il codice prevede delle limitazioni all’esercizio del diritto di voto. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 41 di 62 Diritto Commerciale Lezione V Un caso è rappresentato dal conflitto di interessi di cui all’art. 2373 cod. civ ., come modificato dal legislatore del 2003. É in conflitto di interessi il socio che abbia, per conto suo o di terzi, un interesse istituzionalmente contrapposto a quello della società. Si pensi al caso in cui la società debba acquistare un immobile del socio. In questa ipotesi il socio avrà l’interesse personale ad avere il prezzo più alto possibile mentre l’interesse della società è quello di pagare il meno possibile. In tal caso il legislatore non arriva a stabilire che il socio non possa esercitare il diritto di voto ma si limita a fare in modo che tale esercizio non finisca per ledere l’interesse della società. La delibera adottata sarà infatti annullabile solo nell’ipotesi in cui sussistano due requisiti: 1. il danno potenziale; 2. la prova di resistenza; Il danno potenziale si ha tutte le volte in cui la delibera potrà essere astrattamente lesiva dell’interesse sociale. Non si avrà danno potenziale se il socio, ad esempio, abbia votato contro il suo interesse ed a favore dell’interesse della società. La prova di resistenza è l’essenzialità del voto del socio in conflitto di interessi. Il voto di tale socio non sarà stato essenziale se, togliendo dal calcolo tale voto, la delibera sarebbe stata presa comunque. In questo caso il voto del socio in conflitto di interessi non ha inciso sulla scelta della società e dunque la delibera non sarà annullabile. Il secondo comma dell’art. 2373 cod. civ. disciplina un caso in cui il conflitto di interessi è in re ipsa cosicché la delibera sarà sempre annullabile. Gli amministratori non possono cioè votare nelle deliberazioni riguardanti la loro responsabilità. Limitazioni al diritto di voto possono nascere da’esistenza di un sindacato di voto. Il sindacato di voto è un patto parasociale. I patti parasociali sono accordi stipulati tra i soci in relazione al funzionamento della società. Tali patti si dicono «parasociali» perché non vengono inseriti nello statuto. Il sindacato di voto è il patto parasociale con il quale una pluralità di soci si accordano circa il modo di votare in una o più assemblee. Ciò però non implica che il socio non possa votare diversamente dall’accordo assunto. Qualora il socio però decida di disattendere l’impegno assunto nel sindacato e di votare diversamente da quanto stabilito sarà tenuto al risarcimento del danno nei confronti degli altri soci che hanno aderito al sindacato. Egli infatti sarà incorso in un inadempimento contrattuale. L’inadempimento contrattuale dà luogo all’obbligo di risarcire il danno (art. 1218 cod. civ.). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 42 di 62 Diritto Commerciale Lezione V Altri limiti derivano dalla possibilità che un socio si faccia rappresentare da altri in assemblea. L’ammissibilità della rappresentanza in assemblea ha costituito per anni un vivo problema, poiché determinava il fenomeno del «rastrellamento delle deleghe», in forza dell’istituzionale disinteresse dei risparmiatori alla gestione societaria con conseguente creazione di gruppi di potere fittizi. A tale scopo, la 216 del ‘74 ha introdotto alcuni importanti limiti, oggi recepiti dal legislatore del 2003. La delega non può essere rilasciata in bianco e deve essere conferita per iscritto. Essa deve restare depositata negli atti della società ed è sempre revocabile. Esistono inoltre dei soggetti incapaci di rappresentare i soci. Tali sono gli amministratori, i sindaci ed i dipendenti della stessa società o di società controllate. Inoltre esistono dei limiti numerici, per cui una stessa persona non può rappresentare più di un dato numero di soci (20, 50, 100, 200) a seconda delle dimensioni della società. La verbalizzazione L’ ultima fase dell’assemblea è quella della verbalizzazione che, nel caso di assemblea straordinaria, spetta al notaio. La nuova formulazione dell’art. 2375 cod. civ. ha espressamente disposto che dal verbale deve risultare, anche in allegato, l’identità dei singoli partecipanti all’assemblea e il capitale da ciascuno sottoscritto (cd. verbale analitico). All’ultimo comma, inoltre, intervenendo su una questione già posta in dottrina, il legislatore ha consentito che il verbale possa essere anche non contestuale all’ assemblea, purché sia tempestivo. É tempestivo il verbale che sia redatto senza ritardo, nei tempi necessari per la tempestiva esecuzione degli obblighi di deposito e di pubblicazione. 4.2 L’invalidità delle delibere assembleari Prima della riforma del 2003, la disciplina delle delibere assembleari costituiva una vistosa deroga alle regole generali in tema di invalidità. La differenza tra le cause di nullità e quelle di Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 43 di 62 Diritto Commerciale Lezione V annullabilità non era infatti data dalla gravità del vizio, come normalmente accade, ma dal tipo di vizio. Se si trattava di un vizio di procedimento, si aveva la sanzione dell’annullabilità; nel caso di vizi di contenuto, la sanzione era quella della nullità. Il sistema era anomalo al punto tale che la giurisprudenza aveva elaborato una categoria, quella delle delibere inesistenti. Tali erano quelle che presentavano un vizio di procedimento talmente grave da non poter essere assoggettate ai ristretti termini per l’impugnativa delle delibere annullabili. Il legislatore del 2003 ha preso atto di questo disagio ed ha dato una più compiuta disciplina delle delibere nulle. Oggi pertanto l’annullabilità è disciplinata dagli art. 2377 e 2378 cod. civ.; la nullità dagli art. 2379, 2379-bis e ter. L’art. 2377 c.c. stabilisce che sono annullabili le delibere non conformi alla legge o all’atto costitutivo. Soggetti legittimati ad agire sono i soci assenti, dissenzienti o astenuti; dagli amministratori, dal consiglio di sorveglianza o dal collegio sindacale. Non ogni singolo socio però è oggi portatore del potere di azione per far dichiarare l’annullamento della delibera. L’impugnazione potrà, infatti, essere proposta dai soci che rappresentino il cinque per cento del capitale sociale (o l’uno per mille se la società è quotata). In mancanza, i singoli soci potranno solo agire per chieder il risarcimento del danno. Sono stati inoltre limitati i casi di impugnativa, prevedendosi che la deliberazione non potrà essere impugnata: • per la partecipazione di persone non legittimate, salvo che tale partecipazione sia stata determinante; • per l’invalidità dei singoli voti o per il loro errato conteggio, salvo che il voto invalido o l’errato conteggio sia stato determinante • per l’incompletezza o inesattezza del verbale, salvo che impediscano l’accertamento del contenuto, degli effetti e della validità della deliberazione. Il termine per proporre l’impugnazione è di novanta giorni e decorre dal giorno della deliberazione. Se questa è soggetta a deposito dal giorno del deposito e se è soggetta ad iscrizione, dal giorno dell’iscrizione. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 44 di 62 Diritto Commerciale Lezione V L’art. 2378 cod. civ. detta le norme in tema di procedimento stabilendo che il giudice competente a conoscere delle cause relative all’annullabilità delle delibere assembleari è il tribunale del luogo dove ha sede la società. Con una norma assolutamente innovativa, il legislatore del 2003 ha stabilito che l’esistenza delle percentuali (cinque per cento o un per mille) per chiedere l’impugnativa deve sussistere per tutta la durata del processo. Qualora, di contro, alcuni dei soci che hanno proposto l’impugnativa, alienino le proprie azioni, il giudice non potrà più dichiarare l’annullamento della delibera, ma dovrà limitarsi a decidere sul risarcimento del danno. Si tratta di una norma volta a disincentivare le impugnative pretestuose. La presentazione del ricorso non determina automaticamente la sospensione dell’efficacia della delibera. Sarà il giudice che, su richiesta dei ricorrenti e solo in caso di eccezionale e motivata urgenza potrà ordinare con decreto motivato la sospensione della deliberazione. Nel caso in cui la delibera venga annullata, restano comunque salvi i diritti acquistati dai terzi in buona fede. In ogni caso, non potrà aversi annullamento qualora la delibera sia stata sostituita da un'altra conforme a legge e quest’ultima sia stata iscritta nel registro delle imprese. Molto più ricca è oggi la disciplina della nullità delle delibere assembleari. Bisogna, al riguardo, distinguere varie ipotesi: mancata convocazione, mancata verbalizzazione (vizi di procedimento che, alla stregua delle nuova normativa determinano nullità). In questo: • l’azione potrà essere proposta da chiunque vi abbia interesse e la nullità potrà essere rilevata d’ufficio dal giudice; • il termine per l’impugnativa è di tre anni ; • il vizio è sanabile poiché: in caso di mancanza di convocazione la nullità, in primo luogo, non potrà essere fatta valere da chi abbia prestato il suo assenso alla assemblea (art. 2379 bis, 1° comma cod. civ.). Inoltre, se la delibera ha ad oggetto operazioni sul capitale sociale (fatta eccezione per la riduzione per perdite) o l’emissione di obbligazioni, il vizio resterà completamente sanato dopo che saranno trascorsi novanta giorni dall’iscrizione della delibera nel registro delle imprese (art. 2379 ter, 1° comma cod. civ.). In caso di mancanza di verbalizzazione, una verbalizzazione successiva sanerà il vizio purché compiuta prima dell’assemblea successiva. Inoltre, se la delibera ha ad Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 45 di 62 Diritto Commerciale Lezione V oggetto operazioni sul capitale sociale (fatta eccezione per la riduzione per perdite) o emissione di obbligazioni la sanatoria scatta trascorsi novanta giorni dall’approvazione del bilancio dell’esercizio nel corso del quale la deliberazione è stata anche parzialmente eseguita (art. 2379 ter, 1° comma cod. civ.). 4.3 Gli amministratori. Il sistema tradizionale Prima della riforma, infatti, era inderogabilmente previsto che il potere di gestione spettasse agli amministratori, laddove il controllo sugli stessi spettasse al collegio sindacale. Il sistema non si è, però, rivelato sempre efficace dal momento che controllori e controllati, essendo nominati dall’assemblea ordinaria, erano espressione dello stesso gruppo di comando, con la conseguenza che ciò creava prevedibili collusioni tra i due organi e generava una inaccettabile tolleranza nei confronti delle irregolarità commesse dagli organi di gestione. Il legislatore del 2003 è dunque intervenuto in maniera incisiva sulla materia ed ha in primo luogo stabilito che il sistema costituito da amministratori e collegio sindacale fosse solo uno dei possibili schemi che la società potrà utilizzare . Nello statuto (oppure in una delibera dell’assemblea) la società potrà infatti optare per «sistemi» di gestione alternativi, che il codice stesso definisce: • sistema dualistico; • sistema monistico; Questi si andranno ad affiancare al sistema tradizionale. Il sistema tradizionale è stato modificato attraverso l’introduzione della figura del revisore contabile. Fermo restando che lo statuto societario può optare per un sistema gestorio differente, la società potrebbe preferire il sistema tradizionale. Prima della riforma, esso prevedeva esclusivamente due organi: gli amministratori,dotati del potere di gestione, cioè del potere di compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale, e il collegio sindacale, preordinato al controllo contabile e di gestione sull’operato degli amministratori. Oggi, al fine di garantire che l’organo di controllo sia formato da persone dotate di adeguate competenze professionali, è stata introdotta altresì la figura del revisore contabile che condividerà con i sindaci il compito di controllare l’attività sociale, esercitando il cd. «controllo contabile». Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 46 di 62 Diritto Commerciale 4.4 Lezione V Gli amministratori Gli amministratori sono l’organo cui è affidata, in via esclusiva, la gestione sociale. La società può avere un unico amministratore, nel qual caso si parla di amministratore unico o più amministratori. In quest’ultimo caso, essi costituiscono un organo collegiale, detto Consiglio d’amministrazione (cd. CdA). Il consiglio può, a sua volta, delegare le sue funzioni ad altri organi: - l’amministratore delegato, se è unico; - il comitato esecutivo, se le funzioni vengono delegate a più di un amministratore. Nel caso in cui si vogliano creare questi due ulteriori organi, la previsione astratta della loro ammissibilità deve essere contemplata nello statuto ovvero deve essere successivamente deliberata dall’assemblea. Il legislatore del 2003 ha dettagliatamente disciplinato il rapporto tra l’organo amministrativo ed i suoi delegati, con ciò ponendo fine ad una serie di questioni che, prima della riforma, si ponevano in dottrina. Al Consiglio di Amministrazione delegante resteranno pieni poteri. Esso potrà, pertanto, sempre impartire direttive agli organi delegati ed avocare a sé operazioni rientranti nella delega, con la conseguenza che risulta oggi chiaro che il C.d.A. non si spoglia dei suoi poteri, delegandoli. Il legislatore ha stabilito che tale organo avrà altresì degli obblighi di vigilanza sull’attività dei delegati, nonché di informazione sull’assetto organizzativo, amministrativo e contabile. L’art. 2381 u.c. cod. civ. stabilisce, infatti, che gli amministratori sono tenuti ad agire in modo informato e possono chiedere che gli organi delegati forniscano informazioni agli altri amministratori. 4.5 Nomina degli amministratori. Durata I primi amministratori vengono nominati nell’atto costitutivo; gli altri, saranno successivamente nominati dall’assemblea ordinaria. Eccezioni sono previste da tre norme: - art. 2351 cod. civ., che stabilisce che lo statuto potrà riconoscere ai portatori di strumenti finanziari la possibilità di nominare un proprio consigliere indipendente, determinandone altresì le modalità di nomina; Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 47 di 62 Diritto Commerciale Lezione V - art. 2449 cod. civ., che attribuisce poteri di nomina di uno o più amministratori (ovvero anche di sindaci e membri del comitato di sorveglianza) allo Stato o ad altri enti pubblici economici qualora questi possiedano delle partecipazioni nella Spa e purché sia previsto nello statuto; - art. 2450 cod. civ., che attribuisce poteri di nomina di uno o più amministratori (ovvero anche di sindaci e membri del comitato di sorveglianza) allo Stato o ad altri enti pubblici economici anche nel caso in cui questi non possiedano alcuna partecipazione nella Spa, laddove ciò sia previsto dalla legge o dallo statuto. Possono essere nominati amministratori sia soci che non soci. L’incarico è precluso a coloro che risultino interdetti, inabilitati, falliti o condannati ad una pena che comporti l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici (2382 cod. civ.). L’art. 2387 cod. civ., introdotto dal legislatore del 2003, ha inoltre stabilito che lo statuto può subordinare l’assunzione della carica al possesso di speciali requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza. In tal caso, essi decadranno dalla carica, qualora perdano siffatti requisiti. Gli amministratori così nominati durano in carica non più di tre esercizi; sono rieleggibili; sono revocabili in qualunque tempo dall’assemblea, fermo restando il diritto ad ottenere il risarcimento del danno qualora la revoca sia sfornita di giusta causa. La nomina degli amministratori è un atto unilaterale. Gli amministratori che decidano di accettare l’incarico devono, entro 30 gg. Dalla notizia, chiedere l’iscrizione nel registro delle imprese, indicando le loro generalità, precisando se sono dotati del potere di rappresentanza e se questa è congiuntiva o disgiuntiva. 4.6 Cessazione dall’incarico La cessazione dall’incarico può avvenire, oltre che per morte o sopravvenuta incapacità di ricoprire l’ufficio, anche per rinunzia dell’amministratore, scadenza del termine ovvero per revoca da parte dell’assemblea. Per evitare soluzioni di continuità, il legislatore ha disciplinato il momento a partire dal quale gli effetti della cessazione della carica si produrranno. Si può distinguere tra: -ipotesi di cessazione della carica con effetti differibili. Tali sono la scadenza del termine e la rinunzia. In questo caso, infatti, la cessazione diventerà immediatamente efficace solo laddove Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 48 di 62 Diritto Commerciale Lezione V resti in carica più della metà degli amministratori. Qualora, di contro, venga a mancare la maggioranza degli amministratori, si verificherà il fenomeno della cd. prorogatio dell’incarico, in base al quale la cessazione risulta differita fino all’accettazione dei nuovi; -ipotesi di cessazione della carica indifferibili. Tali sono la sopravvenuta incapacità, morte, ecc. In queste ipotesi, se rimane in carica più della metà degli amministratori, questi procederanno ad una nomina provvisoria (detta «nomina per cooptazione»), previa approvazione del collegio sindacale, e purché la maggioranza sia sempre costituita da amministratori nominati dall’assemblea. In tal caso, tuttavia, la nomina dovrà essere ratificata dalla prima assemblea successiva alla cessazione. Se rimane in carica meno della metà degli amministratori, i restanti dovranno senz’indugio convocare l’assemblea. Qualora, infine, dovessero venire a mancare tutti gli amministratori, l’assemblea dovrà essere convocata dal collegio sindacale, che nel frattempo compirà gli atti di gestione ordinaria. 4.7 Delibere consiliari. L’impugnazione La disciplina delle delibere del Cda è stata completamente modificata dal legislatore il quale ha risolto molte questioni che in passato erano state poste dalla dottrina. L’art. 2388 cod. civ. in primo luogo richiede un quorum costitutivo ed uno deliberativo, precisando tuttavia che lo statuto può prevedere quorum differenti. La stessa norma segna, però, il tramonto del metodo collegiale (almeno secondo la sua concezione tradizionale), stabilendo che le riunioni, ove previsto nello statuto, possano avvenire anche mediante «mezzi di telecomunicazione». L’art. 2388, 3° comma cod. civ., colmando una lacuna da sempre individuata dalla dottrina ha espressamente previsto la possibilità di impugnare la delibera consiliare . Nessun problema genera il riconoscimento della legittimazione ad impugnare tali delibere ai sindaci nonché agli amministratori assenti e dissenzienti; il problema nasce dall’attribuzione del potere di impugnativa ai soci qualora si tratti di delibere lesive dei loro diritti. L’azione potrà essere esercitata entro il termine di 90 giorni dalla data della deliberazione. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 49 di 62 Diritto Commerciale Lezione V Prima della riforma del 2003, l’impugnativa della delibera consiliare era espressamente prevista solo per il caso di amministratore che avesse un interesse in conflitto con quello della società. Il che aveva posto in dottrina il problema di stabilire cosa dovesse intendersi per conflitto di interessi e se esistessero altre ipotesi di impugnativa delle delibere consiliari. Mentre quest’ultimo problema è stato risolto dal nuovo art. 2388 cod. civ., il primo, quello appunto relativo al conflitto di interessi dell’amministratore, è stato affrontato nella nuova formulazione dell’art. 2391 cod. civ. Esso, in primo luogo, non fa più riferimento al concetto di «conflitto di interessi», limitandosi a disciplinare l’ipotesi in cui un amministratore abbia un interesse, personale o per conto terzi, in una operazione. Qualora dunque l’amministratore abbia un interesse in un’operazione, sarà tenuto a rispettare un obbligo positivo ed uno negativo: -obbligo positivo, che consisterà nel dovere di informare gli altri amministratori e il collegio sindacale di tale interesse, precisandone la natura, i termini, l’origine e la portata; -obbligo negativo, che consisterà nel divieto di votare nella relativa delibera. Tale obbligo grava solo sull’amministratore delegato. Il terzo comma di tale norma stabilisce che la delibera sarà tuttavia annullabile non solo in caso di inosservanza degli obblighi previsti dai due commi precedenti (informazione, astensione dell’amministratore delegato e motivazione della delibera), ma altresì nel caso di «deliberazione del consiglio o del comitato esecutivo adottate con il voto determinante dell’amministratore interessato, qualora possano recare danno alla società». Tornano pertanto i requisiti già richiesti in passato per l’impugnazione della delibera consiliare, cioè danno potenziale e prova di resistenza, con l’ulteriore aggravante che, essendo abbandonato il riferimento al conflitto di interessi, sarebbe lecito chiedersi se la delibera presa con il voto determinante dell’amministratore in conflitto di interessi sia annullabile anche nell’ipotesi in cui il danno sia causato da tutt’altro motivo che il perseguimento dell’interesse dell’amministratore. A ciò si aggiunga che la norma precisa che la delibera – che potrà essere impugnata solo dagli amministratori e dai sindaci entro 90 giorni dalla sua data – non potrà essere impugnata da colui che abbia votato a favore della delibera qualora sia stato rispettato l’obbligo di informazione di cui al primo comma. La delibera pertanto potrà sempre essere impugnata dagli amministratori assenti Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 50 di 62 Diritto Commerciale Lezione V e dissenzienti e, qualora sia stato violato l’obbligo di informazione, altresì da coloro che votarono a favore della delibera. In ogni caso, l’amministratore risponderà dei danni cagionati alla società. L’ultimo comma dell’art. 2391 cod. civ. stabilisce inoltre, inoltre, che l’amministratore risponde altresì dei danni che siano derivati alla società dalla utilizzazione a vantaggio proprio o di terzi di dati, notizie o opportunità di affari appresi nell’esercizio del suo incarico. 4.8 Competenze. Diritti ed obblighi degli amministratori Dal contratto di amministrazione nascono per gli amministratori diritti ed obblighi. Il diritto principale è quello di percepire un compenso in danaro, che viene stabilito o nell’atto di nomina ovvero dall’assemblea. Già prima della riforma era previsto che il compenso degli amministratori potesse essere costituito, in tutto o in parte, da una partecipazione agli utili, ma la nuova formulazione dell’art. 2389 cod. civ. ha aggiunto la possibilità di compensare gli amministratori con «il diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione». Quanto agli obblighi, gli amministratori saranno tenuti ad adempiere a due categorie di obblighi: obblighi generici, consistenti nel compimento di tutti quegli atti che rientrano nell’oggetto sociale; obblighi specifici, previsti dalla legge e dall’atto costituivo. Obbligo specifico previsto, ad es., dalla legge è il divieto di concorrenza con la società (art. 2390 cod. civ.). La formazione della volontà della società (cd. potere gestorio) spetta all’assemblea o al consiglio d’amministrazione, mentre il potere di esternare quanto deciso (cd. potere di rappresentanza) spetta o all’amministratore unico o, in caso di pluralità di amministratori, al presidente o agli amministratori delegati, in virtù di quanto stabilito dallo statuto. Vi è quindi una “scissione” fra potere gestorio e potere di rappresentanza. Nel caso in cui nulla sia detto nell’atto costitutivo o nelle delibere assembleari, il potere di rappresentanza spetta all’amministratore unico o al Presidente del Consiglio d’Amministrazione ovvero a tutti gli amministratori congiuntamente. Nell’atto costitutivo esso può essere attribuito a singoli amministratori, disgiuntamente. I rappresentanti possono, di regola, porre in essere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale, salve le limitazioni imposte dalla legge o dall’atto costitutivo. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 51 di 62 Diritto Commerciale Lezione V L’art. 2384 cod. civ., 2° comma, stabilisce che le limitazioni non sono mai opponibili ai terzi, anche se pubblicate, salvo che si provi che questi abbiano agito deliberatamente per frodare la società. Non si tratta di far valere la mera conoscenza del limite da parte del terzo, ma di fornire l’exceptio doli, cioè la prova di un intento fraudolento. Quando la mancanza di potere deriva da invalidità della nomina, la tutela dei terzi è meno incisiva poichè, laddove ci sia stata pubblicità della nomina stessa, l’invalidità è opponibile purché la società provi che i terzi ne fossero a conoscenza, cioè fossero in mala fede. 4.9 Responsabilità degli amministratori La responsabilità degli amministratori si rivolge in tre distinte direzioni: -verso la società (art 2392 codice civile ) -verso i creditori sociali (art. 2394 cod. civ.) -verso i singoli soci e i terzi (art. 2395 cod. civ.) Gli amministratori dovranno rispettare gli obblighi ad essi imposti dalla legge e dallo statuto «con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e delle loro specifiche competenze». La nuova formulazione della norma non fa più riferimento alla diligenza del mandatario. La violazione di tali obblighi comporta la responsabilità solidale degli amministratori per il risarcimento dei danni cagionati alla società. Tale responsabilità viene meno in due casi: 1) se esistono amministratori delegati o il comitato esecutivo, poichè in questo caso gli atti saranno direttamente imputabili a colui che li ha posti in essere; Prima della riforma, la norma faceva espresso riferimento alla cd. culpa in vigilando dei deleganti. La nuova formulazione, di contro, pur richiamando il 3° comma dell’art. 2381 cod. civ. che disciplina in maniera analitica i compiti che spetteranno al consiglio di amministrazione verso gli organi da questo delegati, si limita a prevedere la responsabilità per i soli danni derivanti da fatti pregiudizievoli, di cui erano a conoscenza e che non hanno tuttavia provveduto ad impedire. 2) nel caso di amministratore dissenziente , qualora concorrano due requisiti: -che sia immune da colpa (requisito sostanziale); -che abbia manifestato il suo dissenso facendolo annotare sul libro delle adunanze e delle deliberazioni del Consiglio, e ne abbia dato notizia per iscritto al Presidente del collegio sindacale. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 52 di 62 Diritto Commerciale Lezione V Prima della riforma del 2003, il codice attribuiva alla sola assemblea (ordinaria) il compito di deliberare l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori Già l’art. 129 del TUF, però, seppur con riferimento alle sole società con azioni quotate in borsa, aveva previsto la possibilità che l’azione di responsabilità fosse promossa da una minoranza qualificata di soci. Gli amministratori sono espressione di quello stesso gruppo di comando che, in assemblea, dovrebbe esercitare l’azione di responsabilità. Sulla scia di quanto previsto dal TUF, il legislatore del 2003 ha introdotto questa possibilità anche per le società non quotate in un mercato regolamentato, ponendo fine al monopolio dell’assemblea sull’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori. Oggi, pertanto, l’art. 2393 bis, stabilisce che l’azione di responsabilità potrà essere esercitata anche dai soci che rappresentino un quinto del capitale sociale o la diversa misura prevista dallo statuto. Nelle società che fanno ricorso al mercato di rischio, l’azione potrà essere esercitata dai soci che rappresentino un ventesimo del capitale sociale. Resta ferma in ogni caso, anche la competenza dell’assemblea ordinaria a deliberare la suddetta azione. L’art. 2393 cod. civ. stabilisce, al 2° comma, una deroga alla regola generale in tema di ordine del giorno, prevedendo che se l’azione di responsabilità viene esercitata in sede di approvazione del bilancio, essa sarà valida anche nel caso in cui non figuri nell’elenco delle materia da trattare. Ciò dipende dal fatto che tale elenco viene predisposto dagli stessi amministratori i quali certo non avranno interesse ad inserire, tra le materia da trattare, l’azione di responsabilità nei loro confronti. L’art. 2393 cod. civ. garantisce anche una tutela dei soci di minoranza. La rinunzia o la transazione, infatti, di tale azione non si potrà avere tutte le volte in cui abbia votato contro di essa una minoranza che rappresenti un quinto del capitale sociale. Inoltre l’azione di responsabilità non comporta necessariamente la revoca degli amministratori. Essi saranno, infatti, revocati d’ufficio solo qualora l’azione di responsabilità sia votata da tanti soci che rappresentino almeno un quinto del capitale sociale. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 53 di 62 Diritto Commerciale Lezione V Una maggiore tutela delle minoranza è stata, tuttavia, introdotta, dal Tuf e quindi per le sole società quotate in borsa. L’art. 129 TUF attribuisce la legittimazione ad agire per la responsabilità degli amministratori (si ribadisce, per le sole società quotate) anche ad una minoranza qualificata cioè a tanti soci che rappresentino almeno un ventesimo del capitale sociale. Il computo deve essere fatto considerando le sole azioni attributive del diritto di voto. Ciò non significa che alla minoranza che agisce non possano affiancarsi titolari di azioni di risparmio. Il 2° comma dell’art. 129 stabilisce che la proposizione dell’azione da parte della maggioranza non inibisce la rinunzia o transazione dell’azione di responsabilità, salvo che abbia votato contro tali delibere una minoranza qualificata (pari ad un quinto del capitale sociale). L’azione si prescrive nel termine di cinque anni che decorrono dal momento del verificarsi del danno (o da quello successivo della cessazione degli amministratori in carica). Si tratta di una responsabilità contrattuale, cosicché spetterà ai soci agenti solo dimostrare l’inadempimento e il danno. Gli amministratori, a loro volta, dovranno provare l’inesistenza della colpa o del nesso di causalità tra danno ed inadempimento. L’art. 2394 codice civile attribuisce la possibilità di agire contro gli amministratori ai creditori sociali nelle ipotesi in cui i primi abbiano violato le norme a tutela dell’integrità del patrimonio sociale. Affinché tale azione possa essere esercitata sono necessari due requisiti: -la violazione degli obblighi volti alla tutela del capitale sociale; -che il patrimonio sociale sia insufficiente al soddisfacimento del loro credito. Si è molto discusso sulla natura giuridica di questa azione e cioè se si tratti di un’azione attribuita, in via autonoma, ai creditori sociali, o se abbia carattere surrogatorio rispetto all’azione attribuita alla società. Qualora si aderisse a tale ultima posizione essa potrebbe essere esercitata dai creditori sociali solo in presenza di un’inerzia della società. La rinunzia dell’azione, ai sensi dell’ultimo comma, non preclude l’esercizio di essa da parte dei creditori, mentre la transazione preclude loro ulteriori azioni, salvo agire con la revocatoria (quando sussistano i requisiti, cioè il consilium fraudis e l’eventus damni). L’art. 2395 cod. civ. stabilisce che le azioni precedenti non pregiudicano i diritti del singolo socio e dei terzi ad ottenere il risarcimento dei danni subiti. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 54 di 62 Diritto Commerciale Lezione V Si tratta di una norma residuale e di minima applicazione, poiché per esperirla sarà necessario che si dimostri l’esistenza di un danno diretto al singolo socio e di un nesso di causalità tra il comportamento degli amministratori e il danno. Per es., nel caso in cui gli amministratori, nascondono il dissesto della società per ottenere dalla banca un fido. 4.10 I sistemi alternativi al sistema tradizionale Il legislatore ha previsto che la società possa decidere di sottrarsi al modello tradizionale, oggi caratterizzato non solo dalla figura degli amministratori e dei sindaci, ma altresì del revisore contabile, al fine di optare per un sistema differente. La scelta di un modello diverso deve essere prevista dallo statuto. I sistemi alternativi al tradizionale sono il sistema dualistico ed il sistema monistico. Il sistema dualistico è caratterizzato dall’esistenza di due organi (necessariamente collegiali): • il consiglio di gestione; • il consiglio di sorveglianza; Il sistema monistico, invece, è caratterizzato dalla presenza di un solo organo, cioè il consiglio di amministrazione, al cui interno venga nominato un comitato per il controllo sulla gestione. 4.11 Il sistema dualistico Il sistema dualistico è stato mutuato dal diritto tedesco. Esso si differenzia dal sistema tradizionale poiché, mentre in quest’ultimo l’organo amministrativo e quello di controllo sono nominati dall’assemblea, nel sistema dualistico l’assemblea nomina l’organo di controllo e l’organo di controllo nomina l’organo amministrativo. I controllori nominano i controllati. Il consiglio di gestione svolge in via generale le stesse funzioni che, nel modello tradizionale, spettano agli amministratori; il consiglio di sorveglianza Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 55 di 62 Diritto Commerciale Lezione V assorbe alcune delle competenze dell’assemblea (ad es. la nomina e la revoca degli amministratori, approvazione del bilancio, ecc.). Il consiglio di gestione è composto da almeno due membri nominati dal consiglio di sorveglianza. Fanno eccezione i primo consiglieri che vengono nominati nell’atto costitutivo. Lo statuto può prevedere che un componente sia nominato dai portatori di strumenti finanziario dallo Stato o da altri enti pubblici, anche non soci. Per garantire l’indipendenza dei due organi, si stabilisce che i membri del consiglio di gestione non possono essere membri del consiglio di sorveglianza e viceversa. I consiglieri di gestione durano in carica per il periodo previsto dallo statuto e comunque per un periodo non superiore a tre esercizi. Possono essere revocati prima della scadenza dall’organo che li ha nominati. Se manca la giusta causa di revoca avranno diritto al risarcimento del danno.Le funzioni del consiglio di gestione attengono al compimento degli atti che rientrano nell’oggetto sociale. Lo statuto può attribuire al consiglio di gestione alcune competenze proprie dell’assemblea straordinaria (istituzione o soppressione di sedi secondarie, la fusione per incorporazione di società interamente possedute, ecc.). Al consiglio di gestione si applicano le norme dettate in tema di amministrazione, in quanto compatibili. Il consiglio di sorveglianza è l’organo deputato al controllo sulla gestione. Esso pertanto non potrà svolgere attività gestoria. É nominato dall’assemblea, salvo i primi che sono nominati dall’atto costitutivo. Si richiede che almeno un componente effettivo del consiglio di sorveglianza sia iscritto all’albo dei revisori del conti istituiti presso il Ministero della Giustizia. Ulteriori requisiti di indipendenza ed onorabilità possono essere previsti dallo statuto.I consiglieri durano in carica tre esercizi sociali. Sono revocabili dall’assemblea. 4.12 Il sistema monistico Il sistema monistico nasce negli ordinamenti anglosassoni. In questo sistema l’amministrazione spetterà ad un solo organo, il consiglio di amministrazione. Questo verrà Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 56 di 62 Diritto Commerciale Lezione V controllato da un gruppo di soggetti che rappresentano un’articolazione interna del consiglio stesso, cioè il comitato per il controllo sulla gestione. Si tratta di un sistema più semplice e flessibile, che consente di risparmiare tempo e costi. Il sistema monistico presenta delle similitudini con il sistema tradizionale. Da esso tuttavia si differenzia per il fatto che manca il collegio sindacale. Ciò però non deve indurre a pensare che gli amministratori non avranno controllo alcuno, dal momento che la legge richiede che i soggetti che costituiranno il comitato per il controllo sulla gestione debbano avere gli stessi requisiti di professionalità e di indipendenza che la legge richiede per i membri del collegio sindacale. Sarà inoltre obbligatoria la nomina di un revisore contabile. L’organo amministrativo dovrà, inoltre, essere necessariamente collegiale. Solo così si consente, infatti, la creazione di un’articolazione interna. Il legislatore detta delle regole molto precise sulla composizione dell’organo amministrativo, tenendo conto della peculiarità del caso. Nell’ambito del consiglio di amministrazione dovrà, infatti, differenziarsi tra: . amministratori esecutivi ed amministratori non esecutivi . amministratori indipendenti ed amministratori non indipendenti Gli amministratori esecutivi sono quelli investiti di deleghe o cariche gestorie. Gli amministratori indipendenti sono quelli che possiedono i requisiti richiesti dall’art. 2399 cod.civ. Almeno un terzo dei componenti del consiglio di amministrazione deve essere in possesso dei suddetti requisiti. Il comitato per il controllo sulla gestione dovrà essere, per intero, costituitola amministratori indipendenti e non esecutivi. Essi dovranno, inoltre possedere i requisiti di onorabilità e professionalità eventualmente stabiliti dallo statuto. Il comitato sarà formato da un numero minimo di tre membri nominati, di regola, dallo stesso consiglio di amministrazione. Lo statuto potrà attribuire tale competenza all’assemblea. La durata del comitato di controllo coincide con quella del consiglio di amministrazione. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 57 di 62 Diritto Commerciale Lezione V 4.13 Il sistema del controllo Anche per quel che riguarda il controllo bisogna differenziare tra il sistema tradizionale ed i sistemi alternativi. Nel sistema tradizionale l’organo che esercita il controllo è il collegio sindacale. Si tratta di un controllo sulla gestione poiché, solo nel caso di cui all’art. 2409bis cod. civ., al collegio sindacale potrà essere attribuito anche il controllo contabile. Di regola, dunque, il controllo contabile spetta, oggi, ad un organo esterno, cioè il revisore dei conti (o ad una società di revisione). Nei sistemi alternativi la scissione tra il controllo sulla gestione e quello contabile è inderogabile. Il controllo sulla gestione verrà esercitato dal consiglio di sorveglianza o dal comitato per il controllo sulla gestione; il controllo contabile dal revisore dei conti o da una società di revisione. 4.14 Il collegio sindacale Nel sistema tradizionale, il collegio sindacale è l’organo che esercita il controllo sugli altri organi, cioè amministratori ed assemblea. Si tratta prima di tutto di un controllo interno alla stessa società; in secondo luogo, di un controllo sulla gestione, posto che il controllo contabile è oggi affidato al revisore dei conti. La disciplina del collegio sindacale è stata oggetto di diverse modifiche, volte ad accrescere le garanzie di indipendenza dell’organo. Le prime innovazioni si ebbero con la riforma del 1974 che introdusse la certificazione contabile delle società di revisione; la legge n. 88 del 1992 (con cui si è data attuazione in Italia all’ottava direttiva comunitaria) ha istituito il registro dei revisori contabili ed ha in parte modificato la disciplina del codice; il TUF ha radicalmente ridisegnato funzioni, composizione e poteri del collegio sindacale nelle società quotate, privandolo del potere di controllo della contabilità. Infine la stessa innovazione è stata portata dal legislatore del 2003 nelle società non quotate in mercati regolamentati. Il collegio sindacale si compone di tre o cinque membri effettivi e due supplenti. L’assemblea sceglie tra i membri del collegio un presidente. I membri del collegio sindacale devono essere soggetti indipendenti e qualificati. L’indipendenza si evince dal fatto che essi possono essere revocati solo per giusta causa, previo accertamento giudiziale, e dal fatto che il loro compenso viene stabilito direttamente Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 58 di 62 Diritto Commerciale Lezione V dall’assemblea all’atto della nomina e resta invariato per l’intero periodo, onde evitare ricatti o commistioni. Sono, inoltre, per lo stesso scopo, istituite cause di ineleggibilità per coloro che abbiano rapporti familiari o contrattuali con gli amministratori (tenendo conto, ad esempio, che il padre di un amministratore non potrà essere obiettivo nel controllare il lavoro svolto dal figlio). In realtà il tentativo è stato vano, poiché controllori e controllati sono pur sempre esponenti della stesso gruppo di comando. Si tratta altresì di soggetti qualificati poiché essi devono essere dotati di particolari requisiti di professionalità. Almeno un membro effettivo ed un supplente devono, infatti, essere scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia. I restanti membri devono comunque essere scelti tra i soggetti iscritti in appositi albi professionali. 4.15 Funzioni del collegio sindacale Le funzioni del collegio si sostanziano, prima di tutto, in un potere di controllo sull’attività degli amministratori. I sindaci rispondono, perciò solidalmente con gli amministratori per i danni da questi cagionati. Su di essi grava però una: 1) responsabilità esclusiva per la violazione degli obblighi ad essi imposti e per la verità delle loro attestazioni; In tal caso essi rispondono solidalmente, salvo per coloro che dimostrino di essere esenti da colpa, facendo ciò risultare dal libro delle adunanze e delle delibere del collegio sindacale. 2) responsabilità concorrente con quella degli amministratori, ma limitatamente ai danni che avrebbero potuto evitare, vigilando sull’operato degli amministratori. Si tratta di una cd. culpa in vigilando, poiché essi rispondono solo per i danni che i sindaci avrebbero potuto evitare se avessero esercitato il loro controllo con l’adeguata diligenza. In queste ipotesi, avranno, però, diritto di regresso verso gli amministratori per quanto pagato. Saranno, altresì titolari di un potere di controllo sostitutivo sugli amministratori (avendo l’obbligo, per es., di convocare l’assemblea quando questi non lo facciano) o dell’assemblea (per es., quando l’assemblea non provveda alla riduzione obbligatoria del capitale sociale). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 59 di 62 Diritto Commerciale Lezione V 4.16 Il controllo contabile Ai senti degli art. 2409-bis e ss cod. civ. (introdotti dalla riforma del 2003) il controllo contabile sulla società è esercitato da un revisore contabile o da una società di revisione iscritti nel registro istituiti presso il Ministero della giustizia. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, il controllo contabile deve essere esercitato da una società di revisione, iscritta nel registro dei revisori contabili. Il revisore o la società di revisione si occuperà di verificare la regolarità della tenuta delle scritture contabili; di verificare se il bilancio di esercizio e il bilancio consolidato di gruppo corrispondono alle risultanze delle scritture contabili; di redigere una relazione contenente un giudizio sul bilancio di esercizio e, ove richiesto, sul bilancio consolidato di gruppo. L’incarico di svolgere il controllo contabile è conferito dall’assemblea, sentito il collegi sindacale. L’incarico dura tre esercizi e l’incaricato potrà essere revocato solo per giusta causa, sentito il parere del collegio sindacale. A tutela dell’indipendenza di tale soggetto, la deliberazione di revoca deve essere approvata con decreto del tribunale, sentito l’interessato. 4.17 Il controllo giudiziario Anche la denunzia al tribunale, disciplinata dall’art. 2409 cod. civ. è stata oggetto di modifiche da parte del legislatore del 2003. L’art. 2409 cod. civ. prevede un particolare tipo di controllo sulle società. Si tratta del controllo giudiziario poiché viene esercitato dall’autorità giudiziaria. L’importanza di tale istituto consiste nel fatto che il rimedio di cui all’art. 2409 cod. civ. può essere attivato da una minoranza qualificata, cioè da tanti soci che rappresentino almeno il decimo del capitale sociale (o un ventesimo se si tratta di società con azioni quotate in borsa). In realtà un primo potere interno è attribuito ad ogni socio. L’art. 2408 cod. civ. prevede, infatti, la possibilità di denunciare «i fatti censurabili» al collegio sindacale. Se tale denuncia viene fatta da un singolo socio, non sorge in capo al collegio sindacale un obbligo specifico, ma solo quello generico di tenerne conto nella relazione all’assemblea; se, Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 60 di 62 Diritto Commerciale Lezione V invece, viene fatta da tanti soci che rappresentino almeno un ventesimo capitale sociale, sorge un obbligo specifico di indagine. Se i fatti risultano fondati, il collegio dovrà convocare l’assemblea per rimuovere le irregolarità. Altrimenti, bisognerà comunque far menzione della denunzia nella assemblea successiva. L’art. 2409 cod. civ. prevede però un passo ulteriore, stabilendo che una minoranza più cospicua, potrà scavalcare il collegio sindacale (che spesso è colluso con gli amministratori) e adire l’autorità giudiziaria, purché esista il fondato sospetto di gravi irregolarità. La nuova formulazione della norma però consente un intervento meno incisivo rispetto al passato. Il tribunale inizierà infatti l’indagine sui fatti denunziati e potrà ordinare l’ispezione della amministrazione. Non potrà però ordinare l’ispezione e sarà tenuta a sospendere il procedimento qualora l’assemblea provveda a sostituire gli amministratori e i sindaci con soggetti di adeguata professionalità. In ogni caso, qualora il tribunale accerti che le irregolarità sussistono, il tribunale può intervenire in due modi: . nei casi meno gravi può disporre gli opportuni provvedimenti provvisori e convocare l’assemblea per le successive deliberazioni . nei casi più gravi, potrà revocare gli amministratori e nominare un amministratore giudiziario, determinandone i poteri e la durata. Tale amministratore può proporre l’azione di responsabilità contro gli amministratori e i sindaci. La decisione definitiva resterà, in ogni caso, affidata all’assemblea. Prima della scadenza del suo incarico l’amministratore giudiziario dovrà rendere il conto al tribunale della sua gestione e convocare l’assemblea per la nomina dei nuovi amministratori e sindaci. Egli potrà proporre, se dal caso, la messa in stato di liquidazione della società o la sua ammissione ad una procedura concorsuale. Anche su questo punto, resterà però sovrana la volontà dell’assemblea. Il legislatore del 2003 ha inoltre ampliato il novero dei soggetti legittimati a proporre la denunzia ex art. 2409 cod. civ.. Oggi infatti la legittimazione ad agire non sarà riservata al solo pubblico ministero (che, oggi, potrà agire ex art. 2409 cod. civ. solo per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio), ma anche al collegio sindacale, al consiglio di sorveglianza e al comitato per il controllo sulla gestione. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 61 di 62 Diritto Commerciale Lezione V Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 62 di 62