insegnamento di diritto commerciale “le società di capitali

Transcript

insegnamento di diritto commerciale “le società di capitali
INSEGNAMENTO DI
DIRITTO COMMERCIALE
LEZIONE V
“LE SOCIETÀ DI CAPITALI”
PROF. VALENTINA SCOGNAMIGLIO
Diritto Commerciale
Lezione V
Indice
1 LA SOCIETÀ PER AZIONI : NOZIONE E COSTITUZIONE ------------------------------------------------------ 3 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1.7 1.8 2 LA SOCIETÀ PER AZIONI: NOZIONE E CARATTERI ESSENZIALI ------------------------------------------------------------ 3 LA COSTITUZIONE DELLA SOCIETÀ------------------------------------------------------------------------------------------ 4 FORMA E CONTENUTO DELL’ATTO COSTITUTIVO -------------------------------------------------------------------------- 5 LA NULLITÀ DELLE SOCIETÀ ------------------------------------------------------------------------------------------------- 7 LA S.P.A. CON UNICO AZIONISTA -------------------------------------------------------------------------------------------- 7 I PATTI PARASOCIALI --------------------------------------------------------------------------------------------------------- 8 LE MODIFICHE DELLO STATUTO --------------------------------------------------------------------------------------------- 9 IL DIRITTO DI RECESSO ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 10 L’ELEMENTO PERSONALE E LE AZIONI -------------------------------------------------------------------------- 12 2.1. 2.2. 2.3. 2.4. 2.5. 2.6. 2.7. 2.8. DIRITTI ED OBBLIGHI DEI SOCI ------------------------------------------------------------------------------------------ 12 I CONFERIMENTI ---------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12 I CONFERIMENTI IN NATURA -------------------------------------------------------------------------------------------- 14 GLI ACQUISTI PERICOLOSI ----------------------------------------------------------------------------------------------- 15 LE AZIONI ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 16 I LIMITI ALLA CIRCOLAZIONE DELLE AZIONI -------------------------------------------------------------------------- 17 LE CATEGORIE DI AZIONI ------------------------------------------------------------------------------------------------ 20 PEGNO, USUFRUTTO E SEQUESTRO DELLE AZIONI -------------------------------------------------------------------- 22 3 L’ELEMENTO PATRIMONIALE ---------------------------------------------------------------------------------------- 23 4 GLI ORGANI SOCIALI NELLE S.P.A. --------------------------------------------------------------------------------- 38 4.2 4.3 4.4 4.5 4.6 4.7 4.8 4.9 4.10 4.11 4.12 4.13 4.14 4.15 4.16 4.17 L’INVALIDITÀ DELLE DELIBERE ASSEMBLEARI --------------------------------------------------------------------------- 43 GLI AMMINISTRATORI. IL SISTEMA TRADIZIONALE ---------------------------------------------------------------------- 46 GLI AMMINISTRATORI ------------------------------------------------------------------------------------------------------- 47 NOMINA DEGLI AMMINISTRATORI. DURATA ------------------------------------------------------------------------------ 47 CESSAZIONE DALL’INCARICO----------------------------------------------------------------------------------------------- 48 DELIBERE CONSILIARI. L’IMPUGNAZIONE--------------------------------------------------------------------------------- 49 COMPETENZE. DIRITTI ED OBBLIGHI DEGLI AMMINISTRATORI --------------------------------------------------------- 51 RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI ------------------------------------------------------------------------------- 52 I SISTEMI ALTERNATIVI AL SISTEMA TRADIZIONALE ----------------------------------------------------------------- 55 IL SISTEMA DUALISTICO ------------------------------------------------------------------------------------------------- 55 IL SISTEMA MONISTICO -------------------------------------------------------------------------------------------------- 56 IL SISTEMA DEL CONTROLLO -------------------------------------------------------------------------------------------- 58 IL COLLEGIO SINDACALE ------------------------------------------------------------------------------------------------ 58 FUNZIONI DEL COLLEGIO SINDACALE ---------------------------------------------------------------------------------- 59 IL CONTROLLO CONTABILE ---------------------------------------------------------------------------------------------- 60 IL CONTROLLO GIUDIZIARIO -------------------------------------------------------------------------------------------- 60 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
2 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
1 La società per azioni : nozione e costituzione
1.1
La società per azioni: nozione e caratteri essenziali
La società per azioni (S.p.a.) rappresenta il principale tipo di società di capitali e, allo stesso
tempo, la forma più importante di «società» predisposta per le imprese che richiedono l’apporto di
ingenti capitali ed importano l’assunzione di notevoli rischi.
La parte maggiormente significativa e più innovativa della riforma attuata con il D.Lgs. 171-2003, n. 6 (Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative) ha
inciso proprio sul regime della società per azioni che, pur mantenendo inalterate le sue
caratteristiche essenziali, tuttavia presenta aspetti e profili di disciplina totalmente innovativi.
La società per azioni è contraddistinta dai seguenti caratteri essenziali:
- la personalità giuridica: essa si acquista cori l’iscrizione nel registro delle imprese (art.
2331, comma 1°). Da questo momento la società diventa un soggetto formalmente diverso dalle
persone dei soci e gode perciò di autonomia patrimoniale perfetta (cd. principio di alterità).
- la responsabilità limitata: A norma dell’ art. 2325: «nella società per azioni, per le
obbligazioni sociali, risponde soltanto la società con il suo patrimonio».
La responsabilità limitata comporta che il socio di una S.p.a. è obbligato patrimonialmente
solo ad eseguire il conferimento determinato nel contratto sociale e che i creditori sociali dovranno
rivolgersi alla società, senza poter esperire azioni individuali nei confronti dei singoli soci. Il socio,
pertanto, non corre altro rischio se non quello di perdere la somma o il bene conferito in società;
- le azioni: che esprimono la misura della partecipazione di ciascun socio alla società.
L’azione è un titolo di credito, causale, di partecipazione, poiché rappresenta ed incorpora la quota
di partecipazione del socio ed i diritti inerenti a tale quota.
Quanto, infine, al capitale sociale, la riforma societaria del 2003 ha disposto che esso non
può essere inferiore alla somma di 120.000 euro (art. 2327). Ai sensi dell’art. 223ter disp. att. cod.
civ., le S.p.a. costituite anteriormente al 1 gennaio 2004 con un capitale sociale inferiore a 120.000
euro possono conservare la forma della società per azioni solo per il tempo stabilito per la loro
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
3 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
durata antecedentemente a tale data. In caso di proroga successiva, le stesse devono provvedere
all’adeguamento del capitale.
1.2
La costituzione della società
La costituzione delle Spa è, oggi, rappresentata da due momenti:
1. la stipulazione dell’atto costitutivo;
2. l’iscrizione nel registro delle imprese
É, invece, stato abolito il momento intermedio, cioè quello dell’omologazione. In passato,
infatti, l’atto costitutivo, veniva depositato nel registro delle imprese affinchè un giudice all’uopo
delegato svolgesse un controllo di legalità su di esso. Oggi tale controllo è stato rimesso al notaio
che redige l’atto costitutivo.
Il primo momento è quello della stipulazione dell’atto costitutivo.
L’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico ed è pertanto necessaria la presenza
di un notaio. Il legislatore del 2003 ha dato formale riconoscimento ad una prassi già invalsa, cioè
quella di creare due atti: l’atto costitutivo vero e proprio (in cui si realizza il momento contrattuale
della costituzione della società) e lo statuto (in cui viene contenuta tutta la vicenda organizzativa,
cioè le regole per il funzionamento della società).
I due atti formano un corpo unico.
La stipulazione dell’atto costitutivo potrà essere simultanea o per pubblica sottoscrizione.
É simultanea quando i fondatori creano l’ente, stabiliscono le regole
organizzative e
contestualmente «sottoscrivono» il capitale sociale. Affinchè la società possa essere validamente
costituita è infatti necessario che il capitale sociale sia integralmente sottoscritto. I fondatori
devono, cioè, quantomeno impegnarsi a versarlo per intero. Non è invece necessario che lo versino
immediatamente. É sufficiente che contestualmente versino almeno il 25% di quanto sottoscritto.
Un altro modo di costituzione della società per azioni è quello, poco usato, della pubblica
sottoscrizione. In tal caso un gruppo di soggetti, detti promotori, predisporranno un programma che
verrà depositato presso un notaio e reso pubblico nelle forme di legge. Coloro
che saranno
interessati a partecipare all’impresa dovranno far pervenire alla società, nei termini stabiliti, la loro
«adesione», redatta per atto pubblico o scrittura privata autenticata, con contestuale versamento del
25% del capitale
sottoscritto. Se alla scadenza del termine saranno state raccolte adesioni
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
4 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
sufficienti a coprire l’intero capitale sociale, la società potrà essere costituita. In questo caso, una
volta raccolte le adesioni, i sottoscrittori si incontreranno in una prima assemblea, detta assemblea
dei sottoscrittori. In quella occasione verrà redatto il testo definitivo dello statuto e dell’atto
costitutivo e verranno nominati i primi amministratori. In entrambi i casi, il notaio o gli
amministratori provvederanno al deposito dell’atto costitutivo nel registro delle imprese,entro 20
giorni, affinchè si verifichi il secondo momento, cioè quello dell’iscrizione.
L’iscrizione nel registro delle imprese acquista, nelle società di capitali, una funzione
diversa da quella che ha nelle società di persone. Mentre in queste ultime, infatti, l’iscrizione è solo
dichiarativa, nelle società per azioni (così come in tutte le società di capitali) l’iscrizione ha valore
costitutivo. Essa cioè vale a creare la società. La società nasce con l’iscrizione nel registro delle
imprese. Da quel momento essa acquista personalità giuridica.
Le conseguenze della mancata iscrizione nel registro delle imprese sono (art. 2331):
— la società non può emettere azioni: queste, inoltre, salvo il caso di offerta pubblica di
sottoscrizione ai fini della stessa costituzione della società, non possono costituire oggetto di una
sollecitazione all’investimento. È scomparso, invece, nella nuova disciplina introdotta dalla riforma
del 2003, qualsiasi riferimento al divieto di alienazione delle azioni medesime.
— la società non può compiere operazioni economiche: le obbligazioni eventualmente
assunte sono obbligazioni personali di coloro che hanno agito.
Non esistendo, infatti, la società, non esiste un patrimonio sociale sul quale i creditori della
società possano rivalersi;
— per le operazioni compiute in nome della società prima dell’ iscrizione sono
illimitatamente e solidalmente responsabili coloro che hanno agito.
1.3
Forma e contenuto dell’atto costitutivo
La S.p.a. deve costituirsi per atto pubblico (art. 2328). La mancanza della stipulazione dell’
atto costitutivo nella forma dell’ atto pubblico è causa di nullità della società .
L’atto costitutivo deve indicare obbligatoriamente:
— il cognome ed il nome o la denominazione, la data e il luogo di nascita o di costituzione,
il domicilio o la sede e la cittadinanza dei soci e degli eventuali promotori, nonché il numero delle
azioni assegnare a ciascuno di essi.
Si ricordi che i soci di una S.pa. possono essere non so persone fisiche, ma anche enti con o
senza personalità giuridica (ad es. società di persone): a tal fine, pertanto, è richiesta l’indicazione
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
5 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
non solo dei dati relativi alle persone fisiche, ma anche di quelli inerenti a tali enti (denominazione,
sede);
— la denominazione sociale, ossia la ditta della S.p.a.: può formarsi in qualunque modo
(anche con un nome di fantasia) purché contenga l’indicazione del tipo sociale S.pa. (si ricordi, al
riguardo, che «denominazione», in materia di S.p.a., equivale alla «ragione sociale» delle società
personali);
— il comune ove sono poste la sede sociale e le eventuali sedi secondarie;
— l’oggetto sociale, cioè il genere di attività svolta dalla S.p.a.
— l’ammontare del capitale sottoscritto e versato: l’ammontare del capitale, nel nuovo
regime, non può mai essere inferiore alla somma di 120.000 euro;
— il numero e l’eventuale valore nominale delle azioni, le loro caratteristiche e le modalità
di emissione e circolazione.
— il valore attribuito ai crediti ed ai beni conferiti in natura: che deve risultare da una
relazione giurata di un esperto designato dal Tribunale;
— i criteri per la ripartizione degli utili: unico limite, in proposito, è quello rappresentato dal
divieto del «patto leonino». In mancanza della loro indicazione si applica l’art. 2350 (criterio della
ripartizione proporzionale);
—i benefici eventualmente accordati ai soci promotori o ai soci fondatori;
— il sistema di amministrazione adottato, il numero degli amministratori e i loro poteri,
indicando quali tra essi hanno la rappresentanza della società.
Nel nuovo regime societario sarà, infatti, possibile scegliere fra tre diversi tipi di
amministrazione: tradizionale, monistico e dualistico (a 2380). In funzione di ciò si rende
necessario indicare nel nuovo atto costitutivo —accanto ai numero, ai poteri ed alla rappresentanza
— anche il sistema di amministrazione prescelto;
— il numero dei componenti il collegio sindacale;
— la nomina dei primi amministratori e sindaci e, quando previsto, del soggetto al quale è
demandato il controllo contabile.
— l’importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la costituzione poste a carico
della società;
— la durata della società ovvero, se la società é costituita a tempo indeterminato, il periodo
di tempo, comunque non superiore ad un anno, decorso il quale il socio potrà recedere.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
6 di 62
Diritto Commerciale
1.4
Lezione V
La nullità delle società
La nullità delle società è disciplinata dall’art. 2332 cod. civ. come modificato dal legislatore
del 2003. Si tratta di una norma particolare che riguarda solo le ipotesi in cui, nonostante il
controllo del notaio, si verifichi una delle cause di nullità espressamente previste e la società,
nonostante ciò, venga iscritta nel registro delle imprese ed operi anche con i terzi.
La norma, cioè, disciplina il solo caso in cui la società sia già stata iscritta nel registro delle
imprese. Prima di questo momento, si applicheranno le ordinarie regole in tema di nullità (art. 1418
e ss cod. civ.) poiché non sarà ancora sorta la società, intesa come organizzazione di persone e
mezzi o come ente superindividuale, ma si avrà esclusivamente un contratto.
Gli unici casi che, oggi, dopo vari interventi legislativi, determinano la nullità delle Spa,
sono:
• mancata stipulazione dell’atto costitutivo nella forma di atto pubblico;
• illiceità dell’oggetto sociale;
• mancanza nell’atto costitutivo di ogni indicazione riguardante la denominazione della
società, i conferimenti, l’ammontare del capitale sociale, o l’oggetto sociale.
Si tratta di tre soli casi che, stante l’eccezionalità della norma, non vanno applicati oltre i
limiti previsti. La disciplina dettata dai commi successivi è particolare in quanto si discosta dalle
regole generalmente previste dal nostro codice in caso di nullità, per avvicinarsi alla disciplina
dell’annullabilità. Il legislatore fa, infatti, salvi gli effetti che si sono prodotti nei confronti dei terzi
di buona fede e non libera i soci dall’obbligo di fare i versamenti ancora dovuti. Inoltre, la sentenza
che dichiara la nullità nomina i liquidatori. Ciò dimostra che si sono prodotti degli effetti.
Normalmente, invece, in caso di negozio nullo, nessun effetto potrà dirsi prodotto. La nullità,
inoltre, non potrà essere dichiarata se la causa di essa sarà stata rimossa con una delibera iscritta nel
registro delle imprese. Si tratta, cioè, di un vizio sanabile. Anche questa è una prerogativa,
generalmente, della annullabilità. Della ordinaria nullità resta solo l’imprescrittibilità e la
legittimazione assoluta a farla valere.
1.5
La s.p.a. con unico azionista
L’art. 2328, nel nuovo testo introdotto dal D.Lgs. n. 6/2003, dispone che la società per
azioni può essere costituita per contratto o per atto unilaterale.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
7 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
Viene legislativamente prevista, in tal modo, la possibilità di dare vita a S.p.a. unipersonali,
adeguandosi, così, la disciplina delle S.p.a. a quella delle S.r.l., per le quali era già consentita la
costituzione unilaterale (introdotta dal D.Lgs. 3-3-1993,11. 88, di attuazione della XII direttiva CEE
in materia di armonizzazione societaria).
Con l’entrata in vigore delle nuove disposizioni in materia societaria (10 gennaio 2004), non
solo viene ribadita l’ammissibilità di S.p.a. con unico azionista sopravvenute, ma si prevede
espressamente la possibilità di dare vita a S.p.a. unipersonali già in sede di costituzione.
In tal caso:
— alla sottoscrizione dell’atto costitutivo deve essere versato presso una banca l’intero
ammontare dei conferimenti in danaro (art. 2342. 2° comma).
Nel caso in cui la S.p.a. divenga unipersonale successivamente alla costituzione, per i
conferimenti non ancora liberati, sorge l’obbligo del versamento per l’intero delle relative somme di
danaro entro 90 giorni dall’evento che ha determinato la concentrazione delle azioni nelle mani
dell’unico socio (a 2342,40 comma);
— il socio unico fondatore è illimitatamente responsabile verso i terzi per le operazioni
compiute in nome della società prima dell’iscrizione ;
— in caso di aumento di capitale di S.p.a. con unico socio dovrà essere effettuato
immediatamente il versamento dell’intero importo.
A norma dell’art. 2325, pure in caso di costituzione unilaterale, delle obbligazioni sociali
risponde soltanto la società con il suo patrimonio.
La responsabilità illimitata de unico azionista opera esclusivamente nelle ipotesi in cui:
a) non sia stato versato l’intero ammontare dei conferimenti in denaro;
b) gli amministratori (o lo stesso socio unico) non abbiano depositato la dichiarazione di
pubblicità presso il registro delle imprese contenente l’indicazione del cognome e nome o della
denominazione, della data e del luogo di nascita o dello Stato di costituzione, del domicilio o della
sede e cittadinanza del socio unico.
1.6
I patti parasociali
I patti parasociali sono quegli accordi che, in genere, si accompagnano alla stipulazione
dell’atto costitutivo (pur rimanendo separati ed autonomi rispetto ad esso) con cui i soci dispongono
dei propri diritti sociali vincolandosi reciprocamente ad esercitarli in un modo predeterminato,
alfine di perseguire scelte imprenditoriali comuni.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
8 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
Le categorie di patti parasociali individuate dall’art. 2341 c.c. sono tre:
— patti aventi ad oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle
società che le controllano (cd. sindacali di voto);
— patti che pongono limiti a trasferimento delle azioni delle società per azioni o delle
partecipazioni in società che le controllano (cd. sindacati di blocco);
— patti aventi ad oggetto o per effetto l’esercizio anche congiunto di una influenza
dominante su tali società (cd. sindacati di controllo).
I patti parasociali non possono avete durata superiore a cinque anni e si intendono stipulati
per questa durata anche se le parti hanno previsto un termine maggiore; qualora, invece, il patto non
preveda un termine di durata, ciascun contraente ha diritto di recedere con un preavviso di 180
giorni. I patti in questione sono, in ogni caso, rinnovabili alla scadenza.
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il legislatore ha predisposto
una particolare pubblicità per i patti parasociali: essi devono essere comunicati alla società e
dichiarati in apertura di ogni assemblea.
La dichiarazione deve essere trascritta nel verbale e questo deve essere depositato presso
l’ufficio delle imprese.
In caso di mancanza della suddetta dichiarazione, i possessori del-le azioni cui si riferisce il
patto parasociale non possono esercitare il diritto di voto e le deliberazioni assembleari adottate con
il loro voto determinante sono impugnabili a norma dell’art. 2377 c.c.
1.7
Le modifiche dello statuto
Durante la vita della società, i soci possono decidere di modificare le regole contenute nello
statuto.
La disciplina delle modifiche dello statuto si avvicina a quella della stipulazione dell’atto
costitutivo, con alcune fondamentali differenze. La modifica deve essere approvata dall’assemblea
straordinaria. La delibera deve essere iscritta nel registro delle imprese.
La procedura è disciplinata dall’art. 2436 cod. civ.
L’art. 2436 cod. civ., come modificato dal legislatore del 2003, stabilisce infatti che il
notaio che ha verbalizzato la deliberazione di modifica dello statuto, entro 30 g., verificato
l’adempimento delle condizioni di legge, ne richiede l’iscrizione nel registro delle imprese.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
9 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
L’ufficio del registro delle imprese, verificata la regolarità formale della documentazione, la iscrive
nel registro.
É dunque scomparsa anche qui la fase della omologa che tuttavia resta come meramente
eventuale. Nel caso in cui, infatti, il notaio che ha verbalizzato l’assemblea straordinaria che ha
deliberato la modifica ritiene non adempiute le condizioni di legge, ne dà tempestiva comunicazione
agli amministratori. Questi possono decidere di ricorrere al tribunale. Se il Tribunale ritiene che
l’atto possa essere iscritto emette un decreto che ordina l’iscrizione nel registro delle imprese.
La fase dell’omologa è dunque oggi prevista per il solo caso in cui il notaio non ritenga di
dover depositare l’atto per l’iscrizione. In questo solo caso e previa richiesta degli amministratori,
deciderà il giudice con decreto.
1.8
Il diritto di recesso
Il legislatore del 2003 è intervenuto sulla disciplina del diritto di recesso. Il diritto di recesso
consiste nella possibilità per il socio di sciogliere unilateralmente il suo vincolo societario. Il socio,
nel momento in cui entra nella società, però, sottopone i beni conferiti al vincolo di stabile
destinazione , cioè si impegna a non averne la restituzione prima che la società cessi di operare.
Il diritto di recesso rappresenta dunque una eccezione a questo principio poiché consente al
socio di uscire dalla società e di ottenere anzitempo la liquidazione della sua quota.
Prima della riforma del 2003 le ipotesi in cui era ammesso il recesso erano poche. Il
legislatore del 2003 è intervenuto aggiungendo nuove ipotesi di recesso e prevedendo una
minuziosa disciplina del procedimento (art. 2437 e ss.).
Hanno diritto di recedere i soci assenti, dissenzienti o astenuti.
Le cause di recesso vengono differenziate dal legislatore del 2003 in tre categorie:
-statutariamente inderogabili: (modifica dell’oggetto sociale, trasformazione della società,
trasferimento della sede sociale all’estero, revoca dello stato di liquidazione, ecc.). In ogni caso il
socio potrà sempre recedere quando la società è costituita a tempo indeterminato;
-statutariamente derogabili con lo statuto (proroga del termine e introduzione o rimozione di
vincoli alla circolazione delle azioni)
- statutarie . Lo statuto delle società che non fanno ricorso al capitale di rischio può infatti
aggiungere altre cause di recesso diverse da quelle previste dal legislatore
Al socio che abbia esercitato il diritto di lasciare la società, verrà liquidata la sua quota.
Ottenere la liquidazione della quota significa che al socio verrà attribuita una somma di danaro pari
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
10 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
al valore della sua partecipazione, valutata al momento del recesso. Gli art. 2437-ter e ss indicano
oggi i criteri che dovranno essere seguiti per la determinazione dell’ammontare della quota di
liquidazione. L’art. 2437-quater cod. civ., inoltre, introduce un meccanismo totalmente nuovo. É
ovvio, infatti, che qualora il socio eserciti il diritto di recesso, le sue azioni dovranno essere
annullate con la conseguenza che il capitale sociale dovrà essere ridotto per un ammontare
corrispondente. La nuova norma conserva però questa possibilità solo come extrema ratio,
imponendo agli amministratori di cercare di ricollocare le azioni sul mercato offrendole, in prima
istanza, a coloro che già sono soci (in proporzione al numero di azioni da ciascuno già detenute).
Nel caso in cui non si riesca a collocare nuovamente tali azioni, le acquisterà la società
stessa.
La società però potrà tenere in portafoglio le proprie azioni solo nei limiti di cui all’art. 2357
cod. civ., con la conseguenza che, laddove non sussistano i presupposti per l’applicazione di tale
norma (ad es. la società non ha utili o riserve disponibili per acquistare le proprie azioni), dovrà
procedersi senza indugio alla riduzione del capitale sociale.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
11 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
2 L’elemento personale e le azioni
2.1.
Diritti ed obblighi dei soci
Socio di una S.p.a. si diventa per effetto dell’acquisto della proprietà di titoli azionari della
società stessa.
Nel titolo azionario sono documentati la qualità di socio e la quota di partecipazione; se,
però, la S.p.a. ha deliberato di non distribuire i titoli azionari, la qualità di socio è provata
dall’iscrizione nel libro dei soci .
Al socio di una S.p.a . spettano sia diritti di natura amministrativa che diritti patrimoniali.
Appartengono alla categoria dei diritti amministrativi: il diritto di intervento in assemblea; il
diritto di voto, che spetta a ciascun socio per ogni azione posseduta; il diritto di impugnativa delle
delibere assembleari non conformi alla legge o all’atto costitutivo; il diritto di ispezionare i libri
contabili e di esaminare il bilancio; il diritto di denunciare al collegio sindacale fatti censurabili.
Rientrano, invece, nella categoria dei diritti patrimoniali: il diritto agli utili, la cui
assegnazione è deliberata dall’assemblea in seguito all’approvazione del bilancio; il diritto alla
ripartizione del residuo attivo in seguito allo scioglimento della società; il diritto di opzione, ossia il
diritto riconosciuto al socio di sottoscrivere le nuove azioni che siano emesse dalla società; il diritto
all’assegnazione di azioni in ipotesi di aumento gratuito del capitale; il diritto di recedere dalla
società, ottenendo il rimborso del valore delle azioni possedute.
Costituiscono, infine, obblighi dei soci: l’esecuzione dei conferimenti e l’esecuzione di
prestazioni accessorie (non consistenti in denaro) eventualmente stabilite dall’atto costitutivo.
2.2.
I conferimenti
Il primo momento fondamentale della vita di una società di capitali e dunque di una società
per azioni è quello in cui vengono operati i conferimenti. I conferimenti sono gli apporti fatti dai
soci per dotare la società di un capitale di rischio.
La nozione di conferimento, dunque, non differisce da quella delle società di persone. Ciò
che, invece, differisce di gran lunga è l’oggetto del conferimento. Mentre, infatti, nelle società di
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
12 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
persone possono essere conferiti tutti i beni o i servizi suscettibili di una valutazione economica,
nelle società di capitali la disciplina è diversa.
Va preliminarmente detto che la disciplina dei conferimenti in società di capitali, prima della
riforma, era unica. Cosicchè le norme dettate in tema di S.p.a. trovavano applicazione anche in
caso di S.r.l.
Oggi, dopo la riforma, invece vanno trattate distintamente poiché le norme in materia di
conferimenti in S.r.l. si pongono quasi a metà strada tra quelle dettate per le società di persone e
quelle dettate in tema di S.p.a. Per il momento soffermiamoci su queste ultime. Abbiamo detto che
in tema di S.p.a non sono conferibili tutti i beni e i servizi. Ciò nasce dall’esigenza di tutelare
l’effettività del capitale sociale . Costituendo, infatti, quest’ultimo l’unica garanzia per i creditori, il
legislatore si preoccupa di fare in modo che il valore dei beni conferiti sia esattamente
corrispondente al capitale sociale che si andrà a formare, cosicché i creditori, espropriando i beni
sociali potranno recuperare una somma corrispondente. La rigidità delle norme dettate in tema di
tutela dell’integrità del capitale sociale rappresentano il «contraltare» della responsabilità limitata
dei soci: dal momento che delle obbligazioni sociali risponde solo il capitale sociale è richiesta la
massima rigidità nella formazione e nella conservazione di esso. Detto questo, si può ben
capire perché siano conferibili solo beni il cui valore sia economicamente determinabile con
certezza.
Ne consegue che si potrà certamente conferire danaro , in quanto per sua natura espresso nel
suo valore nominale. Potranno però conferirsi anche beni in natura (beni mobili, immobili, in
proprietà, in godimento) o crediti .
Non potranno conferirsi (e in ciò sta una fondamentale differenza sia con la normativa in
tema di società di persone che di S.r.l.) i sevizi, cioè le prestazioni di opera.
I conferimenti in danaro non devono essere necessariamente versati nel loro intero
ammontare al momento della sottoscrizione.
Tecnicamente si dice che le azioni non devono essere immediatamente «liberate». Solo il
25% del conferimento deve essere versato necessariamente al momento della sottoscrizione.
I cd. decimi residui (si parla oggi di decimi solo in maniera impropria, utilizzando una
terminologia ereditata dal passato in cui dovevano essere versati i tre decimi) possono essere
«chiamati» (cioè richiesti) dagli amministratori in qualunque momento.
In caso di richiesta, laddove il socio non adempia al pagamento dei cd. Decimi residui, potrà
andare incontro alle conseguenze di cui all’art. 2344 cod. civ.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
13 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
Tale norma detta la disciplina del cd. socio moroso. Il socio che non esegue il pagamento
subirà una diffida che verrà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Dopo quindici giorni da tale
pubblicazione, gli amministratori potranno scegliere o di agire in via esecutiva contro tale socio
oppure di ricollocare le sue azioni. Potranno cioè offrirle o agli altri soci oppure a terzi. Qualora la
vendita non possa aver luogo per mancanza di compratori, gli amministratori possono dichiarare
decaduto il socio, trattenendo le somme riscosse, salvo il risarcimento del maggior danno.
Se le azioni, però, non vengono rimesse in circolazione nell’anno successivo, la società dovrà
necessariamente ridurre il capitale per un ammontare corrispondente. Il socio moroso perde il diritto
di voto.
2.3.
I conferimenti in natura
La disciplina dei conferimenti in natura è dettata dagli art. 2343 cod. civ. Questo stabilisce
che, chiunque intenda conferire in una Spa un bene in natura (si pensi al conferimento della
proprietà di un bene immobile) o un credito, dovrà presentare una relazione giurata di stima redatta
da un esperto designato dal tribunale. La relazione deve essere allegata all’atto costitutivo. L’onere
della presentazione della relazione non è l’unico che deve essere rispettato.
É, infatti, necessario che, trascorsi centottanta giorni (sei mesi) dal conferimento, gli
amministratori procedano a controllare che le risultanze della stima siano ancora attuali.
Qualora sussistano «fondati motivi», gli amministratori dovranno procedere ad una revisione
della stima. La revisione della stima implica una nuova valutazione di esso. Se dalla revisione della
stima risulta che il valore dei beni o dei crediti conferiti era inferiore di oltre un quinto a quello per
cui avvenne il conferimento, bisognerà prendere dei provvedimenti.
Potrebbe accadere che il socio conferente sia disposto a dare la differenza in danaro.
Ma se ciò non accadrà (e salvo che non si proceda ad una ripartizione non proporzionale
delle azioni) la società dovrà necessariamente ridurre il capitale sociale per un ammontare
corrispondente. Si tratta, infatti, di un modo per ricreare una corrispondenza tra il valore del
capitale sociale e quello dei conferimenti effettuati.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
14 di 62
Diritto Commerciale
2.4.
Lezione V
gli acquisti pericolosi
L’art. 2343-bis cod. civ. è una norma introdotta nel codice civile nel 1986 al fine di evitare
che i soci aggirassero le cautele dettate dall’art. 2343 cod. civ. in tema di conferimenti in natura o
di crediti (relazione giurata di stima e revisione della stima), facendo figurare i loro conferimenti
come conferimenti in danaro. Il socio, ad esempio, che intende conferire alla società il suo piccolo
appartamento, per evitare di dover produrre la relazione giurata di stima potrebbe accordarsi con gli
amministratori e figurare come socio che conferisce una somma di danaro. La società, dopo breve
tempo, potrebbe acquistare da lui
l’immobile, cosicché i due crediti (quello della società a
percepire le somme conferite e quelle del socio al pagamento del prezzo della vendita) si
estinguerebbero per compensazione.
Onde evitare questo pericolo il legislatore ha introdotto questa norma che crea la
presunzione assoluta che tutti gli acquisti fatti dalla società verso soci, amministratori, promotori o
fondatori, nei due anni dalla costituzione della società, si intendono «pericolosi». Cosicchè perché
si realizzino tali acquisti sarà necessario produrre comunque la relazione giurata di stima.
E ciò benché non si tratti di un conferimento in senso tecnico, ma di un acquisto. Non è
tuttavia richiesta la revisione della stima. Tale norma non si applica quando il corrispettivo
dell’alienazione non superi un decimo del valore del capitale sociale o quando si tratti di acquisti
effettuati a condizioni normali nell’ambito delle operazioni correnti della società.
CESSAZIONE DELLA QUALITA’ DI SOCIO
La cessazione della qualità di socio può avvenire:
— per volontà della società: in caso di trasferimento coattivo delle azioni del socio moroso
con dichiarazione di decadenza dello stesso;
— per volontà del socio, che può esercitare:
- il diritto di recesso. Il diritto di recesso può essere esercitato sia dai soci di
maggioranza che da quelli di minoranza, con riguardo a tutta una serie di deliberazioni che
hanno come comune denominatore quello di alterare in modo profondo le condizioni di rischio
presenti al momento dell’adesione socio alla società;
- il trasferimento delle azioni da lui possedute;
— per volontà di terzi: in caso di espropriazione mobiliare delle azioni, su istanza dei
creditori particolari del socio forniti di titolo esecutivo.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
15 di 62
Diritto Commerciale
2.5.
Lezione V
Le azioni
Le azioni sono generalmente definite dalla dottrina come «titoli di credito». In particolare si
tratterebbe di titoli di credito «causali» e «nominativi».La situazione dopo la riforma del 2003 è
parzialmente cambiata.
Le azioni vengono definite titoli di credito in quanto in passato dovevano essere
necessariamente incorporate in un documento. Ora non è più così.
Tuttavia quando, nel caso consentito dalla legge, esse vengano incorporate in un documento,
circoleranno secondo la legge di circolazione dei titoli di credito.
In particolare saranno titoli di credito causali (e non astratti) in quanto il rapporto
fondamentale, cioè la partecipazione alla società, emerge dal titolo. Saranno, di regola, titoli di
credito nominativi.
Vige ancora, nel nostro ordinamento, il principio della nominatività obbligatoria. Le azioni
devono cioè essere necessariamente titoli nominativi.
La differenza tra titoli nominativi e titoli al portatore risiede nella differente legge di
circolazione.
I titoli al portatore, infatti, si trasferiscono con la semplice consegna del documento.I titoli di
credito nominativi sono quelli che recano due intestazioni: una sul titolo ed una sul registro
dell’emittente.
Nel caso, in particolare delle azioni, l’intestazione al socio risulta sia dall’azione stessa che
dal libro dei soci.
L’art. 2355 cod. civ., nella sua nuova formulazione, stabilisce che «nel caso di mancata
emissione dei titoli azionari, il trasferimento delle azioni ha effetto nei confronti della società dal
momento dell’iscrizione nel libro dei soci».La società avrà un libro, appunto, detto libro dei soci, da
cui risulterà a chi appartengono le azioni.
La regola generale in tema di trasferimento di azioni nominative è quella secondo la quale le
azioni circolano attraverso la modifica della doppia intestazione: sul titolo e sul libro dell’emittente.
Questa procedura prende il nome di transfert.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
16 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
Tali modifiche, però, vanno fatte a mezzo di scrittura privata autenticata cosicché il codice
consente che i titoli nominativi possano «circolare» attraverso una strumento alternativo, cioè la
girata.
La girata è la modifica di un’unica intestazione, quella sul titolo.La modifica di tale
intestazione, però, consente al titolo di circolare, ma non assolve alla cd. funzione di legittimazione.
Il portatore del titolo che pertanto intendesse «legittimarsi», cioè esercitare il diritto
(partecipare all’assemblea, riscuotere gli utili, votare, ecc), dovrà ottenere anche la modifica
dell’altra intestazione, quella sul libro dei soci. Il legislatore ha tuttavia stabilito che, una volta che
il titolo sia stato girato, sarà compito della società stessa, procedere all’aggiornamento del libro dei
soci.
Negli altri casi, cioè quelli in cui l’azione sia dematerializzata, cioè non incorporata in un
documento, la circolazione avviene mediante il sistema della cd. gestione accentrata. Tale sistema
funziona attraverso lo strumento del deposito. I titoli vengono depositati presso un soggetto, detto
depositario. Nel momento in cui si intenderà procedere al trasferimento delle azioni, il depositante
impartirà un ordine al depositario che opererà contabilmente addebitando il conto titoli
dell’alienante ed accreditando quello dell’acquirente.
Non si ha cioè spostamento materiale di titoli, ma solo operazioni contabili. I diritti sociali
delle azioni in deposito potranno essere esercitati o dal depositante o, previa delega del socio, dal
depositario.
2.6.
I limiti alla circolazione delle azioni
La circolazione delle azioni è tendenzialmente libera.
Le azioni possono cioè essere alienate da un soggetto ad un altro. In tal caso troverà
applicazione, per le azioni non interamente liberate, l’art. 2356 cod. civ. che stabilisce che coloro
che hanno trasferito tali azioni sono solidalmente responsabili con gli acquirenti per l’ammontare
dei versamenti ancora dovuti, per tre anni dell’annotazione del trasferimento.
La circolazione delle azioni tuttavia può essere limitato.
I limiti alla circolazione delle azioni possono essere:
• legali, se derivano dalla legge (come ad es. nel caso di cui all’art. 2343, 3° comma, ultima
parte cod. civ.);
• convenzionali, nel caso in cui derivino dai patti sociali.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
17 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
I limiti convenzionali sono tutti quelli derivanti dagli accordi dei soci,a loro volta sono di
due tipi:
• sociali, se vengono inseriti nello statuto e dunque in clausole statutarie;
• parasociali, se sono contenuti in accordi tra i soci che non vengono inseriti nell’atto
costitutivo, ma restano ad esso, esterni.
Le clausole sociali più note, con cui si può limitare la circolazione delle azioni, sono:
• la clausola di prelazione
• la clausola di gradimento
La clausola di prelazione è quella con cui si stabilisce che, chiunque decida di alienare le
proprie azioni, dovrà preventivamente offrirle agli altri soci. Qualora questi decidano di acquistarle,
essi dovranno essere «preferiti» ai terzi. Il diritto di prelazione è infatti il diritto di essere preferito a
parità di condizioni.
La clausola di gradimento è la clausola con cui si stabilisce che la vendita delle azioni a terzi
e dunque l’ingresso di un nuovo socio viene subordinato al placet dell’organo amministrativo.
Prima della riforma del 2003 era opinione consolidata che tale clausola dovesse essere
basata su una valutazione oggettiva degli amministratori. Si poteva cioè stabilire, ad esempio, che
nella società entrassero solo i professionisti, solo coloro che avessero certi requisiti, ecc. Era,
invece, preclusa la clausola di mero gradimento, cioè quella in cui l’ingresso del nuovo socio era
subordinata ad una valutazione esclusivamente soggettiva ed arbitraria degli amministratori.
Anche in questo campo, il legislatore del 2003 è intervenuto ad innovare la materia,
inserendo l’art. 2355 bis cod. civ.
La nuove normativa innova rispetto al passato per due motivi:
1. è prevista la cd. clausola di intrasferibilità. É data, cioè, oggi la possibilità di arrivare
anche ad escludere la trasferibilità delle azioni, mentre in passato non poteva si poteva mai
escludere la trasferibilità delle azioni, bensì solo «condizionarla», cioè sottoporla a particolari
condizioni (prelazione o gradimento);
2. è stata ammessa la clausola di mero gradimento, seppur nel rispetto dell’art. 2355-bis cod.
civ.
Quanto al primo punto, la nuova formulazione dell’art. 2355 bis cod. civ. ammette la
possibilità che venga inserita nello statuto una clausola volta ad escludere che le azioni possano
essere trasferite ma tale divieto può avere una durata massima di cinque anni.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
18 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
Quanto alla clausola di mero gradimento si stabilisce che essa in tanto sarà valida, in quanto
si preveda, a carico della società o di altri soci, un obbligo di acquisto o il diritto di recesso.
Ciò significa che se la società conserva il diritto di ammettere o meno in società l’acquirente
delle azioni, deve comunque assicurarsi al socio il diritto di uscire dalla compagine sociale.
Limiti convenzionali al trasferimento delle azioni possono anche essere contenuti in patti
parasociali.
É in primo luogo necessario comprendere cosa sia un patto parasociale.
Un patto parasociale è un accordo intercorrente tra i soci di una società, avente ad oggetto il
funzionamento della società, ma che non viene consacrato in una clausola dello statuto. Esso
pertanto rimane un documento separato. Il patto parasociale potrà essere stipulato tra tutti i soci o
solo tra alcuni di essi. Con un patto parasociale, ad esempio, i soci (o alcuni di essi) possono
accordarsi e stabilire che in una data assemblea voteranno tutti in una certa maniera (sindacati di
voto) oppure si accordano a non trasferire le loro azioni (sindacati di blocco).
Quando si tratta dei limiti alla circolazione delle azioni, pertanto, diventano rilevanti i cd.
sindacati di blocco.
La differenza tra tali accordi e quelli consacrati in clausole sociali (clausola di prelazione, di
gradimento, di intrasferibilità e di mero gradimento) sta nel fatto che i patti parasociali altro non
sono che veri contratti. Ciò comporta che essi vincolano solo i soggetti che vi hanno aderito e non
hanno efficacia reale. Ciò significa che qualora il socio che abbia aderito al sindacato (cd. socio
sindacato) decida di disattendere l’accordo e vendere le azioni, l’effetto traslativo si produrrà
senz’altro. Il socio sindacato inadempiente resterà, tuttavia, sottoposto all’obbligo di risarcire il
danno per essere stato inadempiente rispetto ad un contratto.
Nel caso, di contro, in cui venga violato un obbligo consacrato in una clausola sociale,
secondo quanto ritiene la dottrina maggioritaria, le conseguenze nonsaranno solo di tipo risarcitorio.
Se, ad es., il socio ha venduto le sue azioni a terzi senza prima offrirle ai soci in presenza di
una clausola di prelazione, la società potrà «riscattare» le azioni, cioè appropriarsene, rimborsando
al terzo il prezzo pagato. Suol dirsi, pertanto, che le clausole statutarie hanno efficacia reale; i patti
parasociali hanno efficacia obbligatoria.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
19 di 62
Diritto Commerciale
2.7.
Lezione V
Le categorie di azioni
Il sistema delle azioni risulta, in seguito alla riforma del 2003, notevolmente modificato in
quanto il legislatore ha inteso riconoscere maggiore autonomia contrattuale in materia.
Bisogna, oggi, pertanto comprendere cosa sono le azioni senza valore nominale; cosa
significa «emettere azioni non proporzionali»; cosa sono le azioni privilegiate e cosa sono le azioni
correlate.
Le differenze rispetto al passato, in materia di azioni sono, in via generale, due:
1. in primo luogo possono essere emesse azioni prive di valore nominale.
Questa affermazione sembrerebbe in contraddizione con quanto precedentemente detto sul
valore nominale delle azioni. La contraddizione, in realtà, è solo apparente. Il legislatore del 2003
infatti si è limitato a prevedere che non sia necessario che il valore nominale delle azioni risulti dal
titolo stesso. Ciò non significa che tali azioni sono carenti di valore nominale. Significa solo che, in
tali ipotesi il valore nominale sarà, per usare l’espressione da subito adottata dalla dottrina
maggioritaria
«inespresso». Pur non essendo, infatti, riportato, (stampigliato) sull’azione, esso sarà
ricavato dividendo il capitale sociale per il numero delle azioni in circolazione. Il pregio di questa
innovazione sta soprattutto nell’evitare la procedura di ritiro delle azioni quando diventa necessario
operare sul valore nominale di esse;
2. in secondo luogo, cade la regola della necessaria proporzionalità tra il conferimento ed il
numero di azioni possedute. Prima della riforma, infatti, ciascuno avrebbe avuto un numero di
azioni esattamente corrispondente al valore dei conferimenti effettuati. Ciò al fine di fare in modo
che tutto il capitale sociale sottoscritto fosse coperto dai conferimenti. Il legislatore del 2003 ha
voluto riconoscere, anche sotto questo aspetto, maggiore autonomia contrattuale ed ha stabilito che
è possibile che la distribuzione delle azioni risulti non proporzionale ai conferimenti fatti.
Il legislatore del 2003 ha inoltre stabilito che possono essere create categorie di
azioni attributive di particolari diritti.
Le azioni, pertanto, possono essere ordinarie oppure privilegiate.
Le azioni ordinarie attribuiscono:
-diritti patrimoniali come il diritto a percepire gli utili ed il diritto alla liquidazione della
quota;
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
20 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
-diritti amministrativi , cioè il diritto di intervento, il diritto di voto, il diritto di impugnare le
delibere assembleari, ecc.
Le azioni privilegiate sono quelle che, in seguito ad una apposita previsione di statuto,
attribuiscono ai loro portatori, particolari vantaggi. Generalmente si tratta di vantaggi patrimoniali.
Si possono cioè creare una categoria di azioni che siano privilegiate nella percezione degli utili o
postergate nella sopportazione delle perdite. Spesso, però, l’attribuzione di un vantaggio
patrimoniale viene bilanciato dalla limitazione del diritto di voto.
L’art. 2350 cod. civ., stabilisce che, previa previsione dello statuto, si può variamente
incidere sul diritto di voto, creando azioni:
• senza diritto di voto
• con diritto di voto limitato a particolari argomenti
• con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente
potestative
In ogni caso, il valore delle azioni con diritto di voto limitato non può complessivamente
superare la metà del capitale sociale. La maggioranza del capitale sociale deve cioè essere
rappresentato da azioni attributive del diritto di voto.
Il limite invalicabile è dato dal fatto che in nessun caso lo statuto può prevedere che l’azione
attribuisca più di un diritto di voto. Si parla, pertanto, del cd. divieto di emissione di azioni a voto
plurimo (art. 2351, 4° comma cod. civ.).
Una categoria di azioni privilegiate è costituita dalle azioni di risparmio. Create con la legge
216/ del 1974 oggi trovano la loro disciplina nel TUF (art. 145 e ss.). Esse possono essere, infatti,
emesse solo da società quotate in mercati regolamentati.
La caratteristica delle azioni di risparmio sta nel fatto che esse possono essere al portatore .
Ciò ha rappresentato una novità in un sistema in cui per le azioni vigeva, come ancora vige,
il principio della nominatività obbligatoria.
Sono privilegiate nella percezione degli utili (nel senso che i portatori di tali azioni saranno i
primi a percepire gli utili, beneficiando soprattutto qualora non siano stato accumulati utili tali da
poter pagare tutti i soci) e postergate nella sopportazione delle perdite (cosicché in sede di
liquidazione della società, sul residuo attivo verranno rimborsati prima i portatori di azioni di
risparmio e solo
dopo gli altri soci).Sono prive del diritto di voto .
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
21 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
Non sono invece qualificabili come azioni privilegiate altre particolari categorie di azioni,
cioè le azioni di godimento e le azioni correlate.
Le azioni di godimento sono azioni emesse solo in sede di riduzione del capitale sociale
facoltativa e, in tale operazione, svolgono una particolare finalità. Le azioni correlate sono una
novità introdotta dal legislatore del 2003. L’art. 2350, 2° comma, cod. civ. le definisce come azioni
fornite di diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività sociale in un determinato settore.
2.8.
Pegno, usufrutto e sequestro delle azioni
Il legislatore del 2003 ha modificato l’art. 2352 cod. civ. che disciplina le ipotesi in cui
sull’azione venga costituito il diritto reale di usufrutto o il diritto reale di garanzia del pegno e vi ha
aggiunto l’ipotesi del sequestro.
Oggi pertanto è stato esplicitato a chi spetteranno i diritti relativi a tali azioni, dal momento
che esse apparterranno ad un soggetto (debitore, nudo proprietario e sequestrato) ma saranno nella
materiale disponibilità di un soggetto diverso (creditore, usufruttuario e custode).
Il diritto di voto spetterà pertanto, salvo patto contrario, al soggetto che ha la materiale
disponibilità dell’azione, cioè il creditore, l’usufruttuario o il custode.
Questi però, stando all’opinione della dottrina maggioritaria, dovranno esercitarlo in
maniera tale da non ledere l’interesse del proprietario. Al proprietario dell’azione spetta, invece, il
diritto di opzione, in quanto considerato una espansione del suo diritto di proprietà. Per questo
stesso motivo, però, il pegno, l’usufrutto e il sequestro si estenderanno alle nuove azioni nel caso in
cui si proceda ad un aumento gratuito del capitale sociale. I diritti amministrativi , di contro,
dovranno essere esercitati sia dal socio che dal creditore pignoratizio o dall’usufruttuario. Nel caso
di sequestro spettano al custode.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
22 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
3 L’elemento patrimoniale
3.1
Il capitale sociale
Il «capitale sociale» è il capitale di rischio della società. Il concetto di capitale sociale è
fondamentale per comprendere il funzionamento delle società.
Esso va distinto dal «patrimonio».
Nella fase costitutiva della società, un momento centrale è quello in cui i soci procedono ai
«conferimenti». I conferimenti sono gli apporti fatti dai soci alla società per dotarla di un capitale di
rischio. Nelle società per azioni i conferimenti devono ammontare almeno a centoventimila euro.
Si faccia l’esempio di una società che ha capitale sociale uguale a 100. Prima che la società
inizi ad operare, patrimonio e capitale coincidono, almeno numericamente.
Se la nostra società decide di acquistare un immobile da adibire a sede sociale, il patrimonio
sarà costituito anche dal suddetto immobile.
Il patrimonio è, infatti, l’insieme dei rapporti giuridici attivi e passivi che fanno capo alla
società.
Il capitale sociale è, invece, un’entità numerica e, nella fase iniziale, esprime il valore
(numerico) dei conferimenti effettuati. Tale voce resterà immutata per tutta la vita della società,
salvo che, per motivi successivi di varia natura, la società non proceda a modificarlo.
La modifica del capitale sociale costituisce un’operazione molto importante e complessa
nelle società per azioni e potrà avvenire solo con le maggioranze rafforzate dell’assemblea
straordinaria.
In mancanza, il capitale sociale resta invariato, a prescindere dalle vicende che
modificheranno il patrimonio della società.
Il capitale sociale costituisce la garanzia per i creditori della società.
I creditori, infatti, non avendo il potere di aggredire i patrimoni personali dei singoli soci,
potranno confidare solo sul capitale sociale per soddisfare le proprie ragioni.
La dottrina è solita ritenere che il capitale sociale svolga due funzioni:
• la funzione vincolistica
• la funzione organizzativa
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
23 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
La funzione vincolistica nasce dal fatto che il capitale sociale per tutta la vita della società
viene sottoposto al cd. «vincolo di stabile destinazione». Ciò significa che i soci che hanno fatto i
conferimenti si impegnano a non chiederne la restituzione finché dura la società. I beni della società
vengono, cioè assoggettati ad una «destinazione», cioè quella di servire per lo svolgimento
dell’attività sociale. Tale destinazione durerà tutta la vita della società.
La funzione organizzativa consiste nel fatto che, a seconda della quantità di capitale sociale
da ciascuno detenuta, verranno determinati i diritti di ciascuno nei confronti della società. Ciascuno
avrà diritto, ad esempio, a percepire gli utili e a votare in proporzione del numero di azioni
possedute.
3.2
I fondi di riserva
I fondi di riserva o riserve sono «quelle immobilizzazioni di utili che sono imposte dalla
legge o dallo statuto della società o eventualmente sono volontariamente create dall’assemblea per
assicurare la stabilità del capitale sociale di fronte alla oscillazione dei valori e di fronte a perdite
che possono verificarsi in singoli esercizi e per dotare la società di nuovi mezzi finanziari in
funzione dei suoi prevedibili sviluppi».
A) La riserva legale ordinaria
L’art. 2430 stabilisce che dagli utili netti annuali della S.p.a. deve essere dedotta ed
accantonata una quota, in misura corrispondente almeno alla ventesima parte di essi, fino a
raggiungere il quinto del capitale sociale.
Tale fondo di riserva è infruttifero per i soci e non può mai essere distribuito come utile;
esso può essere diminuito, per far fronte ad esigenze di carattere eccezionale, ma deve essere
reintegrato non appena le condizioni della società lo consentono.
La riserva legale, assolvendo la funzione di assicurare la stabilità del capitale di fronte alle
vicende della gestione sociale, è soggetta allo stesso regime del capitale sociale: la
immobilizzazione, pertanto, può essere eliminata soltanto attraverso una riduzione del capitale
sociale, in seguito alla quale la misura della riserva legale risulti superiore al quinto del capitale
sociale ridotto.
B) Le riserve facoltative o straordinarie
La società, per una prudente amministrazione, può costituire, in aggiunta a quella legale,
ulteriori riserve, dette straordinarie o facoltative, liberamente deliberate dall’assemblea ordinaria e
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
24 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
sempre disponibili. A tali riserve può attingersi specialmente per aumenti gratuiti di capitale;
quindi, saranno distribuite ai soci all’atto della liquidazione della società.
C) La riserva statutaria
Tale riserva può essere eventualmente imposta dall’atto costitutivo, in aggiunta a quella
legale, al solo fine di rafforzare la posizione economica della società.
Essa non è rivolta, dunque, anche a garantire i creditori: l’assemblea straordinaria, pertanto,
legittimamente può deliberarne la distribuzione totale o parziale, previa modifica dello statuto.
D) La riserva da sovrapprezzo di azioni
E’ una speciale riserva costituita dalle somme riscosse dalla società per l’emissione di
azioni ad un prezzo superiore al valore nominale o,secondo la previsione del nuovo art, 2431, in
occasione della conversione di obbligazioni.
E) La riserva occulta
La riserva occulta, risultante dagli espedienti contabili di stimare talune attività sociali ad un
valore inferiore a quello effettivo (sottovalutazione dell’attivo) ovvero di iscrivere al passivo poste
correttive sproporzionate all’effettivo deperimento o agli effettivi rischi (sopravalutazione del
passivo), al fine di dissimulare utili effettivamente conseguiti per evitare la loro distribuzione agli
azionisti o per sottrarli alla tassazione fiscale.
Si tratta di un fenomeno assai frequente nella prassi, tenuto anche conto che le riserve
occulte rappresentano risorse utilizzabili, al di fuori di ogni controllo, ad opera del gruppo di
comando.
3.3
Le operazioni della società sulle proprie azioni
In via generale, la società potrà compiere tutti gli atti imprenditoriali. Potrà anche decidere
di investire il suo capitale nell’acquisto di azioni di altre società, o addirittura di acquistare le sue
stesse azioni.
Gli art. 2357 e s.s del codice dettano una serie di norme volte a disciplinare due tipi di
operazioni e cioè quella in cui la società acquista (o sottoscrive) azioni proprie e quella in cui una
società controllata acquista (o sottoscrive) azioni di una società controllante.
É dunque necessario comprendere in cosa consistano queste attività, quali siano i pericoli e
quali siano le norme che in tal caso troveranno applicazione.
In primo luogo, il legislatore tratta separatamente due ipotesi: acquisto e sottoscrizione.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
25 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
La differenza sta nel fatto che si parla di acquisto tutte le volte in cui si tratta di azioni già
emesse; si parla di sottoscrizione quando si tratta di azioni di nuova emissione.
In quest’ultimo caso, cioè, la società sta compiendo una operazione di aumento di capitale
sociale.
Le due situazioni creano pericoli diversi, cosicché le norme predisposte dal legislatore
saranno diverse.
Nel caso, infatti, di acquisto da parte della società di azioni proprie (ipotesi equiparabile a
quella di acquisto da parte di una società controllata di azioni della controllante) il rischio è quello
di rimborsare ai soci anzitempo i conferimenti, violando il vincolo di stabile destinazione.
Nel momento in cui la società, ad esempio, acquista le proprie azioni cosa fa?
Utilizza il danaro che ha in cassa per acquistare i suoi titoli. Il danaro cioè passa dalla cassa
della società alle tasche dei soci.
L’operazione risulta pericolosa per i creditori poiché i soldi inizialmente conferiti dai soci
(che dovrebbero restare alla società fino allo scioglimento) vengono restituiti ai soci prima del
tempo, eludendo la procedura di cui al 2445 cod civ..
L’operazione tuttavia non è categoricamente vietata. L’acquisto da parte della società di
proprie azioni, infatti, potrebbe per la società addirittura rappresentare un buon investimento. Ciò
accadrà, però, solo nel caso in cui la società abbia una fiorente attività e dunque sia produttiva di
utili.
In tal caso, infatti, nel momento in cui la società acquisterà le azioni dai soci non procederà a
rimborsare ad essi i loro conferimenti, ma utilizzerà gli utili prodotti, fermo restando il capitale
sociale. L’art. 2357 cod. civ. (e con disciplina analoga anche l’art. 2359-quater per le società
controllate) stabilisce che l’acquisto di azioni proprie potrà avvenire solo con il rispetto di
determinate cautele:
• per l’acquisto devono essere utilizzati solo utili distribuibili o riserve disponibili;
• l’acquisto deve essere autorizzato dall’assemblea, la quale ne fissa le modalità, indicando il
numero massimo di azioni da acquistare, la durata, non superiore a diciotto mesi, per la quale
l’autorizzazione è accordata, il corrispettivo minimo e quello massimo;
• il valore delle azioni da acquistare non può mai superare un decimo del capitale sociale;
La situazione è diversa nel caso in cui si proceda alla sottoscrizione.
Ciò vale sia per le azioni proprie che per la sottoscrizione di azioni della società controllante
da parte della controllata. In questo caso il rischio che si corre è diverso. Non si corre il rischio,
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
26 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
infatti, di smobilitare il vincolo di stabile destinazione rimborsando i conferimenti, ma quello di far
figurare un aumento fittizio del capitale sociale.
La società si trova, cioè in una fase particolare della sua vita in quanto sta procedendo ad un
aumento di capitale sociale (o alla sua stessa costituzione).
Ebbene, in questo caso né la società stessa potrà sottoscrivere le nuove azioni di sé stessa né
la società controllata potrà sottoscrivere azioni della controllante.
Se così fosse si finirebbe per utilizzare danaro che già è in cassa per acquistare nuovi titoli,
con la conseguenza che si avrà un «annacquamento» del capitale sociale.
3.4
I patrimoni destinati
Un'altra fondamentale novità introdotta dal legislatore del 2003 sono gli art. 2447-bis e ss
che disciplinano oggi, per la prima volta, i patrimoni destinati.
Essi rispondono all’esigenza, fortemente sentita, di creare una «segregazione patrimoniale»,
cioè di fare in modo che, all’interno dell’unico patrimonio della società, siano «segregati»,
«separati» dei rapporti giuridici. In tal modo si consente di distribuire il rischio delle singole
operazioni tra i diversi creditori.
Il codice civile prevede due ipotesi in cui potrà costituirsi un patrimonio destinato:
• costituzione di patrimoni separati destinati ad uno specifico affare;
• convenzione con la quale si stabilisce che nel contratto di finanziamento di uno specifico
affare, i proventi di tale affare saranno destinati al rimborso del finanziamento medesimo. In questo
ultimo caso, cioè la società contrae un mutuo per realizzare uno specifico affare e conviene con il
finanziatore che i proventi di tale affare saranno destinati al rimborso della somma mutuata.
Il patrimonio destinato viene deliberato, salvo diversa disposizione dello statuto, dagli
amministratori a maggioranza assoluta (art. 2447-ter ult. comma) e viene iscritto nel registro delle
imprese. La creazione di una separazione di parte del patrimonio a beneficio di alcuni solo dei
creditori della società potrebbe ledere gli interessi degli altri. Questi pertanto avranno il diritto di
fare opposizione a tale atto, ma dovranno farlo entro sessanta giorni dall’iscrizione. Trascorso
questo termine senza opposizione, i creditori della società non potranno più far valere alcun diritto
sul patrimonio destinato allo specifico affare. Questo rappresenterà garanzia di pagamento solo per i
creditori del suddetto affare. L’operazione è ovviamente accompagnata da molte cautele volte a fare
in modo che i terzi che agiscono con la società siano messi al corrente dell’esistenza di una
separazione tra patrimoni. Ne consegue che gli atti compiuti in relazione allo specifico affare
devono recare menzione del vincolo di destinazione (art. 2447-quinquies u.c); i patrimoni devono
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
27 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
risultare da libri contabili distinti (art. 2447-sexies); i beni e i rapporti compresi nel patrimonio
separato devono essere indicati distintamente nello stato patrimoniale del bilancio della società (art.
2447-septies).
3.5
Le modifiche del capitale sociale
Una delle più importanti modifiche è quella del capitale sociale. Le società di capitali hanno
un capitale fisso. Ciò non significa che esso non è suscettibile di alcuna modifica, ma solo che potrà
essere modificato esclusivamente utilizzando la peculiare procedura prevista per le modifiche di
statuto e quindi prima di tutto le maggioranze rafforzate richieste per l’assemblea straordinaria.
Le società cooperative, invece, sono società a capitale variabile.
Il capitale sociale può essere aumentato o diminuito.
Sia l’aumento che la diminuzione possono essere reali o nominali. Una operazione sul
capitale è reale quando oltre ad operare sul capitale si opera anche sul patrimonio; è nominale
quando si opera sul capitale ma non si tocca il patrimonio. Per comprendere bene il sistema bisogna
procedere con ordine.
In primo luogo consegue che le operazioni possibili sono quattro:
1. aumento reale
2. aumento nominale
3. riduzione reale
4. riduzione nominale
L’aumento è reale (o a pagamento) quando all’aumento del capitale sociale corrisponde un
incremento del patrimonio della società poiché vengono apportati nuovi capitali.
L’aumento è nominale quando si aumenta il capitale sociale ma vengono utilizzate somme
che già sono presenti nella società, sebbene sotto la voce «riserve».
La riduzione è reale (o facoltativa) quando la riduzione del capitale sociale corrisponde ad
uno svuotamento delle casse sociali nel senso che i conferimenti vengono svincolati e restituiti ai
soci.
La riduzione è nominale (o per perdite) quando la società riduce il capitale sociale perché ha
subito già delle perdite. In questo caso si rende necessario adeguare il capitale sociale a quello che
effettivamente è rimasto in cassa con la conseguenza che si tratta di un’operazione solo nominale.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
28 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
●AUMENTO REALE O A PAGAMENTO
L’art. 2438 cod. civ. disciplina l’ipotesi dell’aumento reale o a pagamento. Si tratta di una
operazione di finanziamento della società poiché si compie questa operazione quando la società
necessita di nuovi capitali. In questo caso, pertanto si delibera l’aumento del capitale sociale;
vengono emesse nuove azioni di valore nominale uguale a quello delle azioni già in circolazione; le
azioni vengono collocate, offrendole prima ai vecchi soci. Il diritto dei vecchi soci di essere preferiti
nella sottoscrizione delle azioni di nuova emissione prende il nome di diritto di opzione ed è
disciplinato dall’art. 2441 cod. civ.
Tale diritto attribuisce a ciascun socio la possibilità di mantenere la propria posizione in
società, anche di fronte ad un capitale allargato. Consente inoltre di riservare ai vecchi soci la
ricchezza già accumulata all’interno della società. Le riserve infatti sono il frutto di sacrifici e di
accantonamenti fatti nel corso del tempo dai vecchi soci. Questi pertanto subirebbero un danno se
fossero costretti a dividere la ricchezza accumulata con nuovi soggetti.
L’art. 2441 cod. civ. stabilisce pertanto che le azioni di nuova emissione dovranno essere
offerte ai vecchi soci (nonché ai portatori di obbligazioni convertibili in azioni).
La stessa norma però prevede tre casi in cui il diritto di opzione può essere limitato:
. conferimenti in natura (comma 4, prima parte)
. interesse della società (comma 5)
. attribuzione delle nuove azioni ai dipendenti della società (comma 8)
L’esclusione opera di diritto quando i nuovi conferimenti devono essere liberati in natura.In
questo caso sarà necessaria una relazione giurata di stima che accerti il valore dei beni conferiti.
Il diritto di opzione può essere inoltre escluso nel caso in cui lo esiga l’interesse della
società.
La delibera deve, in quest’ultimo caso, essere approvata (anche in 2° e in 3°convocazione)
da più della metà del capitale sociale anche se la delibera è stata presa in seconda convocazione.
Nei due casi che precedono gli amministratori devono redigere una relazione che illustri la
situazione, le ragioni della limitazione del diritto di opzione e i criteri adottati per adottati per la
determinazione del prezzo di emissione. Tale relazione deve essere comunicata agli organi di
controllo almeno trenta giorni prima di quello fissato per l’assemblea. L’organo di controllo avrà
quindici giorni per esprimere un parere. Il parere deve restare depositato presso il registro delle
imprese almeno nei 15 giorni che precedono l’assemblea (unitamente alla relazione giurata di stima
qualora si tratti di conferimenti in natura) affinché i soci possano prenderne visione.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
29 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
In queste due ipotesi il prezzo di emissione delle azioni (cioè il prezzo a cui saranno
collocate) viene valutato «sulla base del patrimonio netto».Ciò significa che le azioni verranno
emesse con sovrapprezzo. Il sovrapprezzo è la differenza tra il valore nominale delle azioni ed il
loro prezzo di acquisto.
Ultima ipotesi in cui può essere sacrificato il diritto d’opzione è quello in cui le azioni
devono essere attribuite in opzione ai dipendenti della società. In questo caso se il diritto di opzione
viene limitato ad un quarto delle azioni di nuova emissione la delibera deve essere approvata con le
normali maggioranze previste per l’assemblea straordinario. Se supera un quarto sarà necessario che
la delibera venga approvata da più della metà del capitale sociale anche in seconda convocazione.
Una volta deliberato l’aumento, la società deve concedere agli azionisti un termine non
inferiore a trenta giorni per esercitare l’opzione.
●AUMENTO NOMINALE DEL CAPITALE SOCIALE
L’aumento nominale è una mera operazione contabile e consiste nell’imputare a capitale
utili già conseguiti dalla società. Si tratta di un’operazione di autofinanziamento della società poiché
questa
utilizza utili percepiti, senza distribuirli, sottoponendoli al vincolo di stabile indisponibilità.
La società aumenterà il valore nominale di tutte le azioni in circolazione oppure emetterà
nuove azioni che saranno attribuite gratuitamente ai soci in proporzione di quelle già possedute.
● RIDUZIONE REALE DEL CAPITALE SOCIALE
La riduzione reale del capitale sociale ha subito una profonda modifica per effetto
dell’intervento del legislatore del 2003. Essa è disciplinata dall’art. 2445 cod. civ. Prima della
riforma la riduzione reale poteva avvenire solo in caso di «esuberanza».
Essa, infatti, poteva aversi solo nel caso in cui il capitale sociale risultasse esuberante
rispetto all’oggetto sociale. La ragione di tale limitazione stava nel fatto che la riduzione reale è
un’operazione estremamente pericolosa per i creditori della società.
Questi corrono il rischio di vedersi sottratta la loro unica garanzia di soddisfacimento, cioè
quella costituita dal capitale sociale. É pur vero però che nella prassi il requisito dell’esuberanza
non rappresentava una reale protezione per i creditori, data l’oggettiva difficoltà di stabilire se il
capitale sociale fosse o meno esuberante rispetto all’attività da svolgere. Si riteneva pertanto
sufficiente che la delibera di riduzione risultasse motivata con l’esuberanza.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
30 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
Il legislatore del 2003 ha stabilito che non sarà più necessario collegare la riduzione al
concetto di esuberanza. I diritti dei creditori, infatti, trovano sufficiente protezione nello strumento
apposito attribuito ai creditori stessi, cioè il diritto di opposizione. Deliberata la riduzione reale,
infatti, la delibera viene iscritta nel registro delle imprese, ma diventa efficace solo se entro il
termine di legge nessuno dei creditori abbia fatto opposizione ad essa. Nel caso in cui i creditori
facciano opposizione, si aprirà un giudizio, sul quale decide il tribunale.
In pendenza del giudizio, la delibera di riduzione non produrrà i suoi effetti salvo che, il
tribunale, posta una cauzione a carico della società, disponga che essa possa essere efficace.
Per ridurre il capitale sociale la società dovrà ritirare le azioni dai soci. I soci recupereranno
così il valore dei conferimenti fatti. La società, in pratica, procede al riacquisto delle proprie azioni.
Tali azioni verranno di poi annullate.
La società procederà a ritirare le azioni dai soci:
• o sottraendo a ciascuno un quantitativo di azioni proporzionale alla quantità di titoli da
ciascuno detenuta
• oppure sorteggiando i soci che dovranno cedere le loro azioni.
I soci sorteggiati da un lato potrebbero essere contenti in quanto recupereranno il loro
investimento iniziale; dall’altro però potrebbero risentirsi per il fatto che non arriveranno allo
scioglimento della società. In sede di scioglimento potrebbero infatti emergere dei valori ulteriori.
Proprio per ovviare a questo inconveniente si utilizza lo strumento delle azioni di
godimento.
Le azioni di godimento sono azioni attribuite ai soci ai quali siano state rimborsate le azioni
in seguito ad una operazione di riduzione reale del capitale sociale.
I portatori delle azioni di godimento sono privi del diritto di voto mentre avranno diritto ad
un dividendo pari al tasso legale di interesse e potranno partecipare alla ripartizione dell’ulteriore
residuo attivo del patrimonio della società dopo lo scioglimento di essa e dopo che siano stati pagati
i soci non rimborsati. Quando la società arriverà a sciogliersi, con la liquidazione definitiva del suo
patrimonio, pagati i creditori, potrebbe residuare un attivo. Questo verrà distribuito prima fra
i soci portatori di azioni ordinarie. Laddove dovesse residuare altro, questo verrà attribuito anche ai
portatori di azioni di godimento.
● RIDUZIONE NOMINALE O PER PERDITE
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
31 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
Nel caso in cui la società abbia riportato delle perdite la riduzione è solo nominale, poiché
non vengono tolti soldi dal patrimonio, ma si procede ad adeguare il capitale sociale a quello che è
il patrimonio eroso dalle perdite. La riduzione può essere obbligatoria o facoltativa.
La riduzione è facoltativa tutte le volte in cui la perdita non sia superiore ad 1/3 del capitale
sociale.
Unica conseguenza in questo caso è che la società non potrà distribuire gli utili conseguiti
negli esercizi successivi finché la perdita non sia ripianata.
La riduzione è obbligatoria quando la perdita sia superiore ad 1/3 del capitale sociale.
In tal caso si devono differenziare varie ipotesi poiché la riduzione obbligatoria non è
necessariamente immediata.
La prima ipotesi è quella della riduzione obbligatoria non immediata.
Se, pur essendo la perdita superiore ad un terzo, non è stato intaccato il minimo legale, gli
amministratori (che in ogni momento devono conoscere la situazione patrimoniale della società)
devono senza indugio convocare l’assemblea esponendo la situazione.
L’assemblea potrà stabilire di ridurre immediatamente o aspettare un esercizio, sperando che
la perdita sia ripianata.
Laddove ciò non accada, si dovrà senz’altro ridurre il capitale sociale di un ammontare
corrispondente.
Qualora l’assemblea non provveda, è ammesso l’intervento sostitutivo del tribunale, adito
dagli amministratori o dai sindaci.
Nel caso in cui la perdita, oltre ad essere superiore ad un terzo, abbia altresì intaccato il
minimo legale, dovrà procedersi alla riduzione che, in questo caso, è obbligatoria ed immediata .
L’assemblea dovrà deliberare prima una riduzione nominale per perdite e poi, se vorrà
continuare ad operare, dovrà ricapitalizzare la società, cioè procedere ad un aumento a pagamento
che ricostituisca almeno il minimo legale. La società non può infatti operare in assenza del minimo
legale. É possibile tuttavia seguire vie alternative.
Si potrebbe infatti decidere di procedere allo scioglimento della società ovvero di
trasformarla in un’altra per la quale quanto residuato è sufficiente al funzionamento. Ad esempio si
potrebbe trasformare la società in una S.r.l.
Il terzo caso è quello di azzeramento totale del capitale sociale.
Anche in questo caso le possibilità sono le stesse dell’ipotesi precedente. In dottrina si è
posto il problema se fosse legittima una ricapitalizzazione in caso di azzeramento del capitale
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
32 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
sociale posto che se i soci non potranno sottoscrivere le nuove azioni usciranno definitivamente
dalla società.
Ebbene la dottrina maggioritaria ritiene che potrà procedersi alla ricostituzione del capitale
sociale anche in questo caso.
3.6
Le obbligazioni
Durante la vita della società può accadere che si crei la necessità di reperire nuovi mezzi
finanziari, cioè di far confluire nella società nuovi finanziamenti, e si può ricorrere all’ emissione di
obbligazioni offerte in sottoscrizione al pubblico dei risparmiatori.
Le obbligazioni sono titoli rappresentativi di un credito, nominativi o al portatore, emessi in
massa.
La società, infatti, emettendo un prestito obbligazionario contrae un mutuo con i
risparmiatori.
Questi, infatti, acquistando obbligazioni, fanno un prestito alla società. A fronte di esso
vengono emessi dei titoli, detti «obbligazioni».
Tali titoli, differentemente dalle azioni, danno solo il diritto a percepire la restituzione della
somma mutuata oltre ad un interesse.
La posizione dell’obbligazionista, dunque, differisce profondamente da quella dell’azionista.
L’obbligazionista è creditore della società; chi possiede azioni della società, è socio .
Il socio partecipa alle vicende della società. Ciò significa che, intanto percepirà utili, in
quanto la società abbia maturato degli utili e che i suoi guadagni saranno proporzionali alla
ricchezza realizzata dalla società.
La posizione dell’obbligazionista, di contro, prescinde da quella della società. Egli avrà
diritto alla restituzione del capitale, ad una somma fissa , che prescinderà dalle risultanze
dell’attività sociale.
Ecco perché le obbligazioni non sono titoli partecipativi.
La prassi già aveva, tuttavia, creato delle forme differenziate di obbligazioni, attributive di
diritti spesso aleatori.
Tra i tipi di obbligazioni più noti, vanno ricordate le obbligazioni con warrants. In tal caso,
l’obbligazionista, oltre ad avere i diritti propri di tutti gli obbligazionisti, avrà un altro diritto, il
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
33 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
warrant. Il warrant è un diritto di opzione. L’obbligazionista avrà, cioè, il diritto di sottoscrivere
azioni della società, qualora la stessa, in futuro, decida di aumentare il capitale sociale emettendo
pertanto nuove azioni.
Un’altra categoria particolarmente importante è quella delle obbligazioni convertibili in
azioni.
In tal caso la società compie un’operazione complessa. Emette, cioè, delle obbligazioni
attribuendo altresì all’obbligazionista la possibilità di «convertire», sulla base di un determinato
«rapporto di cambio», il diritto di credito che vanta nei confronti della società in un diritto di
partecipazione alla
società. Il «rapporto di cambio» è la quantità di obbligazioni che serviranno per avere in
cambio un’azione. Il soggetto viene inizialmente «incentivato» ad investire, ad acquistare
obbligazioni.
L’obbligazionista saprà di poter recuperare quanto investito, essendo un semplice creditore.
Ma potrà, nel frattempo, valutare l’andamento della società per stabilire se gli convenga
mantenere la sua posizione di obbligazionista (certa e determinata) o «convertirla» in quella di
azionista.
Qualora dovesse optare per quest’ultima soluzione, il soggetto perderà la sua certezza in
ordine alla restituzione della somma ma avrà la possibilità di guadagnare molto di più, se la società,
ovviamente, otterrà buoni risultati.
L’ emissione di un prestito obbligazionario convertibile è un’operazione molto complessa in
quanto la società dovrà:
• emettere il prestito obbligazionario;
• aumentare il capitale sociale di un ammontare corrispondente.
Tale aumento prende nella prassi il nome di «aumento a servizio».
L’aumento a servizio non è immediatamente effettivo in quanto diventerà tale solo se gli
obbligazionisti decideranno di convertire il loro diritto e solo per la parte che sarà effettivamente
convertita. Alla scadenza del termine convenuto, la società si troverà con un capitale maggiorato.
Le nuove azioni saranno nelle mani degli obbligazionisti che avranno convertito.
Coloro che, invece, avranno deciso di non convertire e di mantenere la loro posizione di
obbligazionisti, continueranno ad essere semplici creditori della società.
Il prestito obbligazionario semplice viene, oggi, dopo la riforma, deliberato dagli
amministratori.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
34 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
Il prestito obbligazionario convertibile, comportando una modifica dell’atto costitutivo
(poiché è necessario aumentare il capitale sociale), deve essere deliberato dall’assemblea
straordinaria.
Va, inoltre, precisato che la società non è libera nella scelta della quantità di obbligazioni da
emettere. Il codice prevede, infatti, dei limiti, modificati dal legislatore del 2003.
Gli attuali limiti all’emissione di obbligazioni sono fissati dal nuovo art. 2412 cod. civ. il
quale stabilisce che la società potrà emettere obbligazioni solo per una somma non eccedente «il
doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo
bilancio approvato».
Tale limite potrà essere superato in tre casi:
1. se le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate alla sottoscrizione da parte di
investitori professionali (i quali, pertanto, sono capaci di rendersi conto del rischio dell’operazione).
In tal caso, però, se tali soggetti decideranno di trasferire le azioni a persone che non siano
investitori professionali (e dunque non siano in grado di riconoscere un’operazione rischiosa), chi le
trasferisce risponde della solvenza della società nei confronti degli acquirenti. Si tutela così il
popolo dei piccoli investitori non professionali;
2. se l’emissione di obbligazioni è garantita da ipoteca di primo grado su immobili di
proprietà della società, sino a due terzi del valore degli immobili medesimi;
3. se le obbligazioni vengono emesse da società quotate in mercati regolamentati.
Gli obbligazionisti godono di una loro organizzazione in organi. Così si avrà una assemblea
degli obbligazionisti (2415 cod. civ.) ed un rappresentante comune degli obbligazionisti (2417 cod.
civ.).
3.7
Il bilancio d’ esercizio
Il bilancio di esercizio è il documento contabile, da redigersi al termine di ogni esercizio
annuale che rappresenta in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della
società ed il risultato economico dell’esercizio stesso.
Esso si compone di tre documenti: lo stato patrimoniale, che contiene la descrizione e la
valutazione statica del patrimonio della società alla fine dell’esercizio sociale; il conto economico,
che contiene una rappresentazione dinamica di tutte e variazioni intervenute nel patrimonio durante
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
35 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
l’anno; la nota integrativa, che costituisce parte integrante del bilancio ed il cui contenuto è volto
sostanzialmente a dare ragione dei dati esposti nello stato patrimoniale e nel conto economico.
Al bilancio così composto vanno poi allegate: la relazione degli amministratori sulla
gestione sociale, la quale deve illustrare la situazione della società e l’andamento della gestione, nel
suo complesso e nei vari settori in cui ha operato, con particolare riguardo ai costi, ai ricavi ed agli
investimenti effettuati; la relazione del collegio sindacale, mediante la quale quest’organo riferisce
all’assemblea sui risultati dell’esercizio sociale e sull’attività svolta nell’esercizio dei propri doveri,
proponendo altresì osservazioni sul bilancio; la relazione del soggetto incaricato del controllo
contabile.
Il bilancio viene redatto dagli amministratori nel rispetto dei principi indicati dagli art. 2423
e 2423bis c.c. (principio della chiarezza della redazione, della verità e correttezza delle
rappresentazioni; principio della prudenza, della continuità della gestione, della competenza, della
valutazione separata degli elementi patrimoniali e della continuità sostanziale dei bilanci). Esso è
successivamente approvato dall’assemblea ordinaria della società, salvo che questa abbia optato per
il sistema dualistico, nel qual caso la relativa competenza spetta al consiglio di sorveglianza.
Una forma semplificata del bilancio dà vita al c.d. bilancio in forma abbreviata, che l’art.
2435bis c.c. prevede possa essere adottato quando la società non abbia emesso titoli negoziati sui
mercati regolamentati e non abbia superato, per due esercizi consecutivi, due dei seguenti limiti:
- totale dell’attivo dello stato patrimoniale ammontante a 3.125.000 euro;
- ricavi delle vendite e delle prestazioni ammontanti a 6.250.000 euro;
- n. 50 dipendenti occupati in media durante l’esercizio.
Nei casi in cui esistono situazioni di controllo tra due o più imprese la legge prevede la
redazione di un bilancio consolidato di gruppo, consistente in un documento contabile redatto dalla
società capogruppo (in aggiunta al proprio bilancio di esercizio), in cui viene descritta la situazione
economico-patrimoniale del gruppo stesso.
Il bilancio consolidato viene predisposto dagli amministratori dell’impresa controllante ed è
costituito, analogamente al bilancio di esercizio, dallo stato patrimoniale, dal conto economico e
dalla nota integrativa. Ad esso deve essere allegata una relazione degli amministratori sulla
situazione complessiva delle imprese in esso incluse e sull’andamento della gestione nel suo
insieme e nei vari settori, con particolare riferimento ai costi, ai ricavi ed agli investimenti.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
36 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
Il bilancio consolidato e la relazione sulla gestione sono assoggettati al controllo previsto per
il bilancio di esercizio dell’impresa controllante; infine, una copia del bilancio consolidato deve
essere depositata insieme al bilancio di esercizio presso l’ufficio del registro delle imprese.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
37 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
4 Gli organi sociali nelle S.p.a.
Le società di capitali hanno una struttura corporativa, cioè caratterizzata dalla presenza di
organi.
Essi, nella formula tradizionale, sono:
. assemblea
. amministratori
. collegio sindacale
Dopo la riforma del 2003 la situazione è cambiata ed è oggi molto complessa. É stata creata
la possibilità di utilizzare dei modelli di amministrazione e di controllo (dualistico o monistico)
alternativi al tradizionale.
L’organo amministrativo (amministrazione tradizionale, consiglio di gestione del sistema
dualistico o consiglio di amministrazione del sistema monistico) ha il potere di gestione della
società, cioè ha il potere di compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale.
L’assemblea avrà, invece, poteri deliberativi nelle materie indicate dalla legge.
Il collegio sindacale svolge, nel sistema tradizionale, funzioni di controllo sull’attività degli
amministratori.
Il legislatore del 2003 ha cioè scisso il controllo in:
. controllo di gestione, cioè controllo sull’attività degli amministratori, attribuito ad un
organo interno alla società, cioè il collegio sindacale;
. controllo contabile, cioè controllo sulla regolare tenuta delle scritture contabili, affidato ad
un organo esterno, detto revisore dei conti.
Solo nel caso di cui all’art. 2409 bis cod. civ., anche il controllo contabile potrà spettare al
collegio sindacale.
Laddove, di contro, si opti per un sistema alternativo, il controllo sulla gestione sarà
esercitato dal consiglio di sorveglianza (sistema dualistico); dal comitato per il controllo sulla
gestione (che rappresenterà un’articolazione interna dello stesso consiglio di amministrazione, nel
caso in cui si opti per il sistema monistico). In questi ultimi casi, il controllo contabile dovrà
necessariamente essere attribuito al revisore contabile.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
38 di 62
Diritto Commerciale
4.1
Lezione V
L’assemblea dei soci
L’assemblea è l’organo al quale partecipano tutti i soci.
A seconda dell’oggetto su cui l’assemblea è chiamata a deliberare, si distingue tra:
•assemblea ordinaria;
•assemblea straordinaria;
L’assemblea ordinaria approva il bilancio; nomina e revoca amministratori, i sindaci e chi
esercita il controllo contabile; determina il compenso degli amministratori e dei sindaci; delibera
sulla responsabilità di essi, nonché sugli altri argomenti attribuiti dalla legge alla sua competenza.
L’assemblea straordinaria delibera sulle modificazioni dello statuto; sulla nomina, sulla
sostituzione e sulla revoca dei liquidatori e su ogni altra materia espressamente attribuita dalla legge
alla sua competenza.
L’assemblea è in primo luogo un «procedimento» nel senso che, affinchè la deliberazione
finale sia valida, è necessario che vengano validamente compiuti una serie di atti. Nel caso in cui, in
uno dei suddetti momenti, intervenga un vizio, questo vizio si trasferirà sulla delibera finale, che
sarà pertanto invalida.
Perché la delibera sia valida è dunque necessario che il procedimento si svolga nel rispetto
delle norme di legge.
Il procedimento si articola in varie fasi. Tali fasi sono:
. la convocazione;
. l’adunanza (in cui viene espresso il voto);
. la deliberazione;
In taluni casi la deliberazione è seguita anche dall’iscrizione della delibera nel registro delle
imprese.
La Convocazione
La convocazione (art. 2366 cod. civ.) si realizza mediante avviso pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica o in un quotidiano indicato nello statuto almeno quindici giorni prima di
quello fissato per l’assemblea. Lo statuto può, oggi, consentire modalità diverse di convocazione.
L’avviso deve contenere l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo dell’adunanza, nonché
l’elenco delle materia da trattare. L’elenco delle materia da trattare rappresenta il cd. ordine del
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
39 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
giorno. L’ordine del giorno svolge un ruolo fondamentale in quanto limita la competenza
dell’assemblea. L’assemblea potrà infatti deliberare solo sulle materie indicate nell’ordine del
giorno. Il socio gode del diritto soggettivo di intervenire all’assemblea sufficientemente
informato sugli argomenti che si tratteranno.
Unica deroga a questo principio è dato dall’assemblea totalitaria. In questa, infatti, potranno
validamente trattarsi anche argomenti estranei all’ordine del giorno.
L’assemblea totalitaria è quella in cui siano intervenuti tutti i soci nonché con la
maggioranza dei componenti degli organi amministrativi e di controllo (2366, 4° comma cod. civ.).
L’assemblea viene convocata dall’organo amministrativo nel comune dove si trova la sede
della società. L’art. 2367 cod. civ. tuttavia prevede la possibilità che la convocazione derivi
dall’iniziativa dei soci di minoranza.
Si dovrà, infatti, procedere senza ritardo alla convocazione dell’assemblea quando né è fatta
domanda da tanti soci che rappresentano almeno un decimo del capitale sociale o la minore
percentuale prevista dallo statuto.
Nel caso in cui né l’organo amministrativo né quello di controllo provvedano a tale
convocazione, essa sarà ordinata dal tribunale.
L’adunanza
Il secondo momento è quello dell’adunanza, cioè l’incontro dei soci. Affinché l’assemblea
possa validamente operare, la legge stabilisce la necessità che in tale sede risultino rispettati il
quorum costitutivo e il quorum deliberativo.
Il quorum costitutivo è il capitale sociale che deve essere rappresentato in assemblea
affinché questa risulti validamente costituita.
Il quorum deliberativo è il numero di voti favorevoli ad una delibera che sono necessari
affinché la delibera sia adottata.
I quorum cambiano quando l’assemblea si riunisce in seconda convocazione. In seconda
convocazione, infatti, i quorum sono più bassi per dare la possibilità all’assemblea di funzionare
malgrado l’assenteismo dei soci.
Per l’assemblea ordinaria i «quorum» variano nel seguente modo:
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
40 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
— assemblea ordinaria di I convocazione: è necessaria la presenza di soci che rappresentino
almeno 1/2 del capitale sociale ; il quorum deliberativo è, invece, pari alla metà più uno delle azioni
con diritto di voto intervenute (maggioranza assoluta);
— assemblea ordinaria di II convocazione: in tal caso la legge non prescrive un quorum
costitutivo, per cui una clausola che lo disponesse sarebbe invalida e varrebbe come non apposta;
anche in questo caso è, poi, necessaria l’approvazione della maggioranza delle azioni intervenute.
Quanto all’ assemblea straordinaria:
— assemblea straordinaria di I convocazione: per essa non è richiesto, in linea di principio,
un quorum costitutivo, ma si ricava indirettamente dal quorum deliberativo, essendo questo
rappresentato da quote dell’intero capitale sociale con diritto di voto e non dal solo capitale
intervenuto in assemblea; ai fini della validità delle deliberazioni, è necessario il voto favorevole di
tanti soci che rappresentino più di 1/2 del capitale sociale;
— assemblea straordinaria di II convocazione: finora la legge non prevedeva espressamente
alcun quorum costitutivo, il nuovo testo dell’art. 2369, 2° comma, richiede la necessaria presenza di
tanti soci che rappresentino oltre 1/3 del capitale sociale; anche il quorum deliberativo è stato
modificato, prevedendosi il voto favorevole (non più di tanti soci che rappresentino oltre 1/3 del
capitale sociale, ma) di almeno 2/3 del capitale rappresentato in assemblea.
Il giorno della seconda convocazione deve essere indicato nell’avviso; in mancanza di tale
indicazione l’assemblea di seconda convocazione dovrà essere riconvocata entro trenta giorni dalla
data della prima.
Il quorum varia inoltre a seconda che si tratti di assemblea ordinaria o straordinaria.
Nei quorum vengono computate solo le azioni attributive del diritto di voto. L’assemblea è
moderata da un Presidente. Nell’assemblea ordinaria il Presidente è assistito da un segretario che si
occuperà altresì della verbalizzazione dell’assemblea.
L’assemblea straordinaria invece deve essere verbalizzata da un notaio cosicché si rende
superflua la presenza di un segretario. Verificati i quorum si procede alla discussione dei punti posti
all’ordine del giorno. La discussione termina con una fase importantissima, cioè quella
dell’espressione del voto. Voteranno solo i portatori di azioni che attribuiscono tale diritto.
LE LIMITAZIONI AL DIRITTO DI VOTO
Il codice prevede delle limitazioni all’esercizio del diritto di voto.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
41 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
Un caso è rappresentato dal conflitto di interessi di cui all’art. 2373 cod. civ ., come
modificato dal legislatore del 2003. É in conflitto di interessi il socio che abbia, per conto suo o di
terzi, un interesse istituzionalmente contrapposto a quello della società. Si pensi al caso in cui la
società debba acquistare un immobile del socio. In questa ipotesi il socio avrà l’interesse personale
ad avere il prezzo più alto possibile mentre l’interesse della società è quello di pagare il meno
possibile.
In tal caso il legislatore non arriva a stabilire che il socio non possa esercitare il diritto di
voto ma si limita a fare in modo che tale esercizio non finisca per ledere l’interesse della società.
La delibera adottata sarà infatti annullabile solo nell’ipotesi in cui sussistano due
requisiti:
1. il danno potenziale;
2. la prova di resistenza;
Il danno potenziale si ha tutte le volte in cui la delibera potrà essere astrattamente lesiva
dell’interesse sociale. Non si avrà danno potenziale se il socio, ad esempio, abbia votato contro il
suo interesse ed a favore dell’interesse della società.
La prova di resistenza è l’essenzialità del voto del socio in conflitto di interessi. Il voto di
tale socio non sarà stato essenziale se, togliendo dal calcolo tale voto, la delibera sarebbe stata presa
comunque. In questo caso il voto del socio in conflitto di interessi non ha inciso sulla scelta della
società e dunque la delibera non sarà annullabile.
Il secondo comma dell’art. 2373 cod. civ. disciplina un caso in cui il conflitto di interessi è
in re ipsa cosicché la delibera sarà sempre annullabile. Gli amministratori non possono cioè votare
nelle deliberazioni riguardanti la loro responsabilità.
Limitazioni al diritto di voto possono nascere da’esistenza di un sindacato di voto.
Il sindacato di voto è un patto parasociale. I patti parasociali sono accordi stipulati tra i soci
in relazione al funzionamento della società. Tali patti si dicono «parasociali» perché non vengono
inseriti nello statuto. Il sindacato di voto è il patto parasociale con il quale una pluralità di soci si
accordano circa il modo di votare in una o più assemblee. Ciò però non implica che il socio
non possa votare diversamente dall’accordo assunto.
Qualora il socio però decida di disattendere l’impegno assunto nel sindacato e di votare
diversamente da quanto stabilito sarà tenuto al risarcimento del danno nei confronti degli altri soci
che hanno aderito al sindacato. Egli infatti sarà incorso in un inadempimento contrattuale.
L’inadempimento contrattuale dà luogo all’obbligo di risarcire il danno (art. 1218 cod. civ.).
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
42 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
Altri limiti derivano dalla possibilità che un socio si faccia rappresentare da altri in
assemblea.
L’ammissibilità della rappresentanza in assemblea ha costituito per anni un vivo problema,
poiché determinava il fenomeno del «rastrellamento delle deleghe», in forza dell’istituzionale
disinteresse dei risparmiatori alla gestione societaria con conseguente creazione di gruppi di potere
fittizi.
A tale scopo, la 216 del ‘74 ha introdotto alcuni importanti limiti, oggi recepiti dal
legislatore del 2003.
La delega non può essere rilasciata in bianco e deve essere conferita per iscritto. Essa deve
restare depositata negli atti della società ed è sempre revocabile.
Esistono inoltre dei soggetti incapaci di rappresentare i soci. Tali sono gli amministratori, i
sindaci ed i dipendenti della stessa società o di società controllate.
Inoltre esistono dei limiti numerici, per cui una stessa persona non può rappresentare più di
un dato numero di soci (20, 50, 100, 200) a seconda delle dimensioni della società.
La verbalizzazione
L’ ultima fase dell’assemblea è quella della verbalizzazione che, nel caso di assemblea
straordinaria, spetta al notaio.
La nuova formulazione dell’art. 2375 cod. civ. ha espressamente disposto che dal verbale
deve risultare, anche in allegato, l’identità dei singoli partecipanti all’assemblea e il capitale da
ciascuno sottoscritto (cd. verbale analitico).
All’ultimo comma, inoltre, intervenendo su una questione già posta in dottrina, il legislatore
ha consentito che il verbale possa essere anche non contestuale all’ assemblea, purché sia
tempestivo.
É tempestivo il verbale che sia redatto senza ritardo, nei tempi necessari per la tempestiva
esecuzione degli obblighi di deposito e di pubblicazione.
4.2
L’invalidità delle delibere assembleari
Prima della riforma del 2003, la disciplina delle delibere assembleari costituiva una vistosa
deroga alle regole generali in tema di invalidità. La differenza tra le cause di nullità e quelle di
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
43 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
annullabilità non era infatti data dalla gravità del vizio, come normalmente accade, ma dal tipo di
vizio.
Se si trattava di un vizio di procedimento, si aveva la sanzione dell’annullabilità; nel caso di
vizi di contenuto, la sanzione era quella della nullità.
Il sistema era anomalo al punto tale che la giurisprudenza aveva elaborato una categoria,
quella delle delibere inesistenti.
Tali erano quelle che presentavano un vizio di procedimento talmente grave da non poter
essere assoggettate ai ristretti termini per l’impugnativa delle delibere annullabili.
Il legislatore del 2003 ha preso atto di questo disagio ed ha dato una più compiuta disciplina
delle delibere nulle. Oggi pertanto l’annullabilità è disciplinata dagli art. 2377 e 2378 cod. civ.; la
nullità dagli art. 2379, 2379-bis e ter. L’art. 2377 c.c. stabilisce che sono annullabili le delibere non
conformi alla legge o all’atto costitutivo.
Soggetti legittimati ad agire sono i soci assenti, dissenzienti o astenuti; dagli amministratori,
dal consiglio di sorveglianza o dal collegio sindacale.
Non ogni singolo socio però è oggi portatore del potere di azione per far dichiarare
l’annullamento della delibera. L’impugnazione potrà, infatti, essere proposta dai soci che
rappresentino il cinque
per cento del capitale sociale (o l’uno per mille se la società è quotata).
In mancanza, i singoli soci potranno solo agire per chieder il risarcimento del danno.
Sono stati inoltre limitati i casi di impugnativa, prevedendosi che la deliberazione non potrà
essere impugnata:
• per la partecipazione di persone non legittimate, salvo che tale partecipazione sia stata
determinante;
• per l’invalidità dei singoli voti o per il loro errato conteggio, salvo che il voto invalido o
l’errato conteggio sia stato determinante
• per l’incompletezza o inesattezza del verbale, salvo che impediscano l’accertamento del
contenuto, degli effetti e della validità della deliberazione.
Il termine per proporre l’impugnazione è di novanta giorni e decorre dal giorno della
deliberazione.
Se questa è soggetta a deposito dal giorno del deposito e se è soggetta ad iscrizione, dal
giorno dell’iscrizione.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
44 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
L’art. 2378 cod. civ. detta le norme in tema di procedimento stabilendo che il giudice
competente a conoscere delle cause relative all’annullabilità delle delibere assembleari è il tribunale
del luogo dove ha sede la società.
Con una norma assolutamente innovativa, il legislatore del 2003 ha stabilito che l’esistenza
delle percentuali (cinque per cento o un per mille) per chiedere l’impugnativa deve sussistere per
tutta la durata del processo.
Qualora, di contro, alcuni dei soci che hanno proposto l’impugnativa, alienino le proprie
azioni, il giudice non potrà più dichiarare l’annullamento della delibera, ma dovrà limitarsi a
decidere sul risarcimento del danno. Si tratta di una norma volta a disincentivare le impugnative
pretestuose.
La presentazione del ricorso non determina automaticamente la sospensione dell’efficacia
della delibera. Sarà il giudice che, su richiesta dei ricorrenti e solo in caso di eccezionale e motivata
urgenza potrà ordinare con decreto motivato la sospensione della deliberazione.
Nel caso in cui la delibera venga annullata, restano comunque salvi i diritti acquistati dai
terzi in buona fede. In ogni caso, non potrà aversi annullamento qualora la delibera sia stata
sostituita da un'altra conforme a legge e quest’ultima sia stata iscritta nel registro delle imprese.
Molto più ricca è oggi la disciplina della nullità delle delibere assembleari. Bisogna, al
riguardo, distinguere varie ipotesi: mancata convocazione, mancata verbalizzazione (vizi di
procedimento
che, alla stregua delle nuova normativa determinano nullità).
In questo:
• l’azione potrà essere proposta da chiunque vi abbia interesse e la nullità potrà essere
rilevata d’ufficio dal giudice;
• il termine per l’impugnativa è di tre anni ;
• il vizio è sanabile poiché: in caso di mancanza di convocazione la nullità, in primo luogo,
non potrà essere fatta valere da chi abbia prestato il suo assenso alla assemblea (art. 2379 bis, 1°
comma cod. civ.).
Inoltre, se la delibera ha ad oggetto operazioni sul capitale sociale (fatta eccezione per la
riduzione per perdite) o l’emissione di obbligazioni, il vizio resterà completamente sanato dopo che
saranno trascorsi novanta giorni dall’iscrizione della delibera nel registro delle imprese (art. 2379
ter, 1° comma cod. civ.). In caso di mancanza di verbalizzazione, una verbalizzazione successiva
sanerà il vizio purché compiuta prima dell’assemblea successiva. Inoltre, se la delibera ha ad
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
45 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
oggetto operazioni sul capitale sociale (fatta eccezione per la riduzione per perdite) o emissione di
obbligazioni la sanatoria scatta trascorsi novanta giorni dall’approvazione del bilancio dell’esercizio
nel corso del quale la deliberazione è stata anche parzialmente eseguita (art. 2379 ter, 1° comma
cod. civ.).
4.3
Gli amministratori. Il sistema tradizionale
Prima della riforma, infatti, era inderogabilmente previsto che il potere di gestione spettasse
agli amministratori, laddove il controllo sugli stessi spettasse al collegio sindacale.
Il sistema non si è, però, rivelato sempre efficace dal momento che controllori e controllati,
essendo nominati dall’assemblea ordinaria, erano espressione dello stesso gruppo di comando, con
la conseguenza che ciò creava prevedibili collusioni tra i due organi e generava una inaccettabile
tolleranza nei confronti delle irregolarità commesse dagli organi di gestione.
Il legislatore del 2003 è dunque intervenuto in maniera incisiva sulla materia ed ha in primo
luogo stabilito che il sistema costituito da amministratori e collegio sindacale fosse solo uno dei
possibili schemi che la società potrà utilizzare .
Nello statuto (oppure in una delibera dell’assemblea) la società potrà infatti optare per
«sistemi» di gestione alternativi, che il codice stesso definisce:
• sistema dualistico;
• sistema monistico;
Questi si andranno ad affiancare al sistema tradizionale.
Il sistema tradizionale è stato modificato attraverso l’introduzione della figura del revisore
contabile.
Fermo restando che lo statuto societario può optare per un sistema gestorio differente, la
società potrebbe preferire il sistema tradizionale.
Prima della riforma, esso prevedeva esclusivamente due organi: gli amministratori,dotati del
potere di gestione, cioè del potere di compiere tutti gli atti che rientrano
nell’oggetto sociale, e il collegio sindacale, preordinato al controllo contabile e di gestione
sull’operato degli amministratori.
Oggi, al fine di garantire che l’organo di controllo sia formato da persone dotate di adeguate
competenze professionali, è stata introdotta altresì la figura del revisore contabile che condividerà
con i sindaci il compito di controllare l’attività sociale, esercitando il cd. «controllo contabile».
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
46 di 62
Diritto Commerciale
4.4
Lezione V
Gli amministratori
Gli amministratori sono l’organo cui è affidata, in via esclusiva, la gestione sociale.
La società può avere un unico amministratore, nel qual caso si parla di amministratore unico
o più amministratori. In quest’ultimo caso, essi costituiscono un organo collegiale, detto Consiglio
d’amministrazione (cd. CdA). Il consiglio può, a sua volta, delegare le sue funzioni ad altri organi:
- l’amministratore delegato, se è unico;
- il comitato esecutivo, se le funzioni vengono delegate a più di un amministratore.
Nel caso in cui si vogliano creare questi due ulteriori organi, la previsione astratta della loro
ammissibilità deve essere contemplata nello statuto ovvero deve essere successivamente deliberata
dall’assemblea.
Il legislatore del 2003 ha dettagliatamente disciplinato il rapporto tra l’organo
amministrativo ed i suoi delegati, con ciò ponendo fine ad una serie di questioni che, prima della
riforma, si ponevano in dottrina.
Al Consiglio di Amministrazione delegante resteranno pieni poteri. Esso potrà, pertanto,
sempre impartire direttive agli organi delegati ed avocare a sé operazioni rientranti nella delega, con
la conseguenza che risulta oggi chiaro che il C.d.A. non si spoglia dei suoi poteri, delegandoli.
Il legislatore ha stabilito che tale organo avrà altresì degli obblighi di vigilanza sull’attività
dei delegati, nonché di informazione sull’assetto organizzativo, amministrativo e contabile.
L’art. 2381 u.c. cod. civ. stabilisce, infatti, che gli amministratori sono tenuti ad agire in
modo informato e possono chiedere che gli organi delegati forniscano informazioni agli altri
amministratori.
4.5
Nomina degli amministratori. Durata
I primi amministratori vengono nominati nell’atto costitutivo; gli altri, saranno
successivamente nominati dall’assemblea ordinaria.
Eccezioni sono previste da tre norme:
- art. 2351 cod. civ., che stabilisce che lo statuto potrà riconoscere ai portatori di strumenti
finanziari la possibilità di nominare un proprio consigliere indipendente, determinandone altresì le
modalità di nomina;
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
47 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
- art. 2449 cod. civ., che attribuisce poteri di nomina di uno o più amministratori (ovvero
anche di sindaci e membri del comitato di sorveglianza) allo Stato o ad altri enti pubblici economici
qualora questi possiedano delle partecipazioni nella Spa e purché sia previsto nello statuto;
- art. 2450 cod. civ., che attribuisce poteri di nomina di uno o più amministratori (ovvero
anche di sindaci e membri del comitato di sorveglianza) allo Stato o ad altri enti pubblici economici
anche nel caso in cui questi non possiedano alcuna partecipazione nella Spa, laddove ciò sia
previsto dalla
legge o dallo statuto.
Possono essere nominati amministratori sia soci che non soci. L’incarico è precluso a coloro
che risultino interdetti, inabilitati, falliti o condannati ad una pena che comporti l’interdizione,
anche temporanea, dai pubblici uffici (2382 cod. civ.). L’art. 2387 cod. civ., introdotto dal
legislatore del
2003, ha inoltre stabilito che lo statuto può subordinare l’assunzione della carica al possesso
di speciali requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza. In tal caso, essi decadranno dalla
carica, qualora perdano siffatti requisiti.
Gli amministratori così nominati durano in carica non più di tre esercizi; sono rieleggibili;
sono revocabili in qualunque tempo dall’assemblea, fermo restando il diritto ad ottenere il
risarcimento del danno qualora la revoca sia sfornita di giusta causa.
La nomina degli amministratori è un atto unilaterale.
Gli amministratori che decidano di accettare l’incarico devono, entro 30 gg. Dalla notizia,
chiedere l’iscrizione nel registro delle imprese, indicando le loro generalità, precisando se sono
dotati del potere di rappresentanza e se questa è congiuntiva o disgiuntiva.
4.6
Cessazione dall’incarico
La cessazione dall’incarico può avvenire, oltre che per morte o sopravvenuta incapacità di
ricoprire l’ufficio, anche per rinunzia dell’amministratore, scadenza del termine ovvero per revoca
da parte dell’assemblea.
Per evitare soluzioni di continuità, il legislatore ha disciplinato il momento a partire dal
quale gli effetti della cessazione della carica si produrranno. Si può distinguere tra:
-ipotesi di cessazione della carica con effetti differibili. Tali sono la scadenza del termine e
la rinunzia. In questo caso, infatti, la cessazione diventerà immediatamente efficace solo laddove
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
48 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
resti in carica più della metà degli amministratori. Qualora, di contro, venga a mancare la
maggioranza degli amministratori, si verificherà il fenomeno della cd. prorogatio dell’incarico, in
base al quale la cessazione risulta differita fino all’accettazione dei nuovi;
-ipotesi di cessazione della carica indifferibili. Tali sono la sopravvenuta incapacità, morte,
ecc.
In queste ipotesi, se rimane in carica più della metà degli amministratori, questi
procederanno ad una nomina provvisoria (detta «nomina per cooptazione»), previa approvazione
del collegio sindacale, e purché la maggioranza sia sempre costituita da amministratori nominati
dall’assemblea.
In tal caso, tuttavia, la nomina dovrà essere ratificata dalla prima assemblea successiva alla
cessazione.
Se rimane in carica meno della metà degli amministratori, i restanti dovranno senz’indugio
convocare l’assemblea.
Qualora, infine, dovessero venire a mancare tutti gli amministratori, l’assemblea dovrà
essere convocata dal collegio sindacale, che nel frattempo compirà gli atti di gestione ordinaria.
4.7
Delibere consiliari. L’impugnazione
La disciplina delle delibere del Cda è stata completamente modificata dal legislatore il quale
ha risolto molte questioni che in passato erano state poste dalla dottrina.
L’art. 2388 cod. civ. in primo luogo richiede un quorum costitutivo ed uno deliberativo,
precisando tuttavia che lo statuto può prevedere quorum differenti. La stessa norma segna, però, il
tramonto del metodo collegiale (almeno secondo la sua concezione tradizionale), stabilendo che le
riunioni,
ove
previsto
nello
statuto,
possano
avvenire
anche
mediante
«mezzi
di
telecomunicazione».
L’art. 2388, 3° comma cod. civ., colmando una lacuna da sempre individuata dalla dottrina
ha espressamente previsto la possibilità di impugnare la delibera consiliare .
Nessun problema genera il riconoscimento della legittimazione ad impugnare tali delibere ai
sindaci nonché agli amministratori assenti e dissenzienti; il problema nasce dall’attribuzione del
potere di impugnativa ai soci qualora si tratti di delibere lesive dei loro diritti.
L’azione potrà essere esercitata entro il termine di 90 giorni dalla data della deliberazione.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
49 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
Prima della riforma del 2003, l’impugnativa della delibera consiliare era espressamente
prevista solo per il caso di amministratore che avesse un interesse in conflitto con quello della
società.
Il che aveva posto in dottrina il problema di stabilire cosa dovesse intendersi per conflitto di
interessi e se esistessero altre ipotesi di impugnativa delle delibere consiliari.
Mentre quest’ultimo problema è stato risolto dal nuovo art. 2388 cod. civ., il primo, quello
appunto relativo al conflitto di interessi dell’amministratore, è stato affrontato nella nuova
formulazione dell’art. 2391 cod. civ. Esso, in primo luogo, non fa più riferimento al concetto di
«conflitto di interessi», limitandosi a disciplinare l’ipotesi in cui un amministratore abbia un
interesse,
personale o per conto terzi, in una operazione. Qualora dunque l’amministratore abbia un
interesse in un’operazione, sarà tenuto a rispettare un obbligo positivo ed uno negativo:
-obbligo positivo, che consisterà nel dovere di informare gli altri amministratori e il collegio
sindacale di tale interesse, precisandone la natura, i termini, l’origine e la portata;
-obbligo negativo, che consisterà nel divieto di votare nella relativa delibera. Tale obbligo
grava solo sull’amministratore delegato.
Il terzo comma di tale norma stabilisce che la delibera sarà tuttavia annullabile non solo in
caso di inosservanza degli obblighi previsti dai due commi precedenti (informazione, astensione
dell’amministratore delegato e motivazione della delibera), ma altresì nel caso di «deliberazione del
consiglio o del comitato esecutivo adottate con il voto determinante dell’amministratore interessato,
qualora possano recare danno alla società».
Tornano pertanto i requisiti già richiesti in passato per l’impugnazione della delibera
consiliare, cioè danno potenziale e prova di resistenza, con l’ulteriore aggravante che, essendo
abbandonato il riferimento al conflitto di interessi, sarebbe lecito chiedersi se la delibera presa con il
voto determinante dell’amministratore in conflitto di interessi sia annullabile anche nell’ipotesi in
cui il danno sia causato da tutt’altro motivo che il perseguimento dell’interesse
dell’amministratore.
A ciò si aggiunga che la norma precisa che la delibera – che potrà essere impugnata solo
dagli amministratori e dai sindaci entro 90 giorni dalla sua data – non potrà essere impugnata da
colui che abbia votato a favore della delibera qualora sia stato rispettato l’obbligo di informazione
di cui al primo comma. La delibera pertanto potrà sempre essere impugnata dagli amministratori
assenti
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
50 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
e dissenzienti e, qualora sia stato violato l’obbligo di informazione, altresì da coloro che
votarono a favore della delibera. In ogni caso, l’amministratore risponderà dei danni cagionati alla
società.
L’ultimo comma dell’art. 2391 cod. civ. stabilisce inoltre, inoltre, che l’amministratore
risponde altresì dei danni che siano derivati alla società dalla utilizzazione a vantaggio proprio o di
terzi di dati, notizie o opportunità di affari appresi nell’esercizio del suo incarico.
4.8
Competenze. Diritti ed obblighi degli amministratori
Dal contratto di amministrazione nascono per gli amministratori diritti ed obblighi.
Il diritto principale è quello di percepire un compenso in danaro, che viene stabilito o
nell’atto di nomina ovvero dall’assemblea. Già prima della riforma era previsto che il compenso
degli amministratori potesse essere costituito, in tutto o in parte, da una partecipazione agli utili, ma
la nuova formulazione dell’art. 2389 cod. civ. ha aggiunto la possibilità di compensare gli
amministratori con «il diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione».
Quanto agli obblighi, gli amministratori saranno tenuti ad adempiere a due categorie di
obblighi: obblighi generici, consistenti nel compimento di tutti quegli atti che rientrano nell’oggetto
sociale; obblighi specifici, previsti dalla legge e dall’atto costituivo.
Obbligo specifico previsto, ad es., dalla legge è il divieto di concorrenza con la società (art.
2390 cod. civ.).
La formazione della volontà della società (cd. potere gestorio) spetta all’assemblea o al
consiglio d’amministrazione, mentre il potere di esternare quanto deciso (cd. potere di
rappresentanza) spetta o all’amministratore unico o, in caso di pluralità di amministratori, al
presidente o agli amministratori delegati, in virtù di quanto stabilito dallo statuto.
Vi è quindi una “scissione” fra potere gestorio e potere di rappresentanza. Nel caso in cui
nulla sia detto nell’atto costitutivo o nelle delibere assembleari, il potere di rappresentanza spetta
all’amministratore unico o al Presidente del Consiglio d’Amministrazione ovvero a tutti gli
amministratori congiuntamente.
Nell’atto costitutivo esso può essere attribuito a singoli amministratori, disgiuntamente.
I rappresentanti possono, di regola, porre in essere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto
sociale, salve le limitazioni imposte dalla legge o dall’atto costitutivo.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
51 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
L’art. 2384 cod. civ., 2° comma, stabilisce che le limitazioni non sono mai opponibili ai
terzi, anche se pubblicate, salvo che si provi che questi abbiano agito deliberatamente per frodare la
società.
Non si tratta di far valere la mera conoscenza del limite da parte del terzo, ma di fornire
l’exceptio doli, cioè la prova di un intento fraudolento. Quando la mancanza di potere deriva da
invalidità della nomina, la tutela dei terzi è meno incisiva poichè, laddove ci sia stata pubblicità
della nomina stessa, l’invalidità è opponibile purché la società provi che i terzi ne fossero a
conoscenza, cioè fossero in mala fede.
4.9
Responsabilità degli amministratori
La responsabilità degli amministratori si rivolge in tre distinte direzioni:
-verso la società (art 2392 codice civile )
-verso i creditori sociali (art. 2394 cod. civ.)
-verso i singoli soci e i terzi (art. 2395 cod. civ.)
Gli amministratori dovranno rispettare gli obblighi ad essi imposti dalla legge e dallo statuto
«con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e delle loro specifiche competenze». La nuova
formulazione della norma non fa più riferimento alla diligenza del mandatario.
La violazione di tali obblighi comporta la responsabilità solidale degli amministratori per il
risarcimento dei danni cagionati alla società.
Tale responsabilità viene meno in due casi:
1) se esistono amministratori delegati o il comitato esecutivo, poichè in questo caso gli atti
saranno direttamente imputabili a colui che li ha posti in essere; Prima della riforma, la norma
faceva espresso riferimento alla cd. culpa in vigilando dei deleganti. La nuova formulazione, di
contro, pur richiamando il 3° comma dell’art. 2381 cod. civ. che disciplina in maniera analitica i
compiti che spetteranno al consiglio di amministrazione verso gli organi da questo delegati, si limita
a prevedere la responsabilità per i soli danni derivanti da fatti pregiudizievoli, di cui erano a
conoscenza e che non hanno tuttavia provveduto ad impedire.
2) nel caso di amministratore dissenziente , qualora concorrano due requisiti:
-che sia immune da colpa (requisito sostanziale);
-che abbia manifestato il suo dissenso facendolo annotare sul libro delle adunanze e delle
deliberazioni del Consiglio, e ne abbia dato notizia per iscritto al Presidente del collegio sindacale.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
52 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
Prima della riforma del 2003, il codice attribuiva alla sola assemblea (ordinaria) il compito
di deliberare l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori
Già l’art. 129 del TUF, però, seppur con riferimento alle sole società con azioni quotate in
borsa, aveva previsto la possibilità che l’azione di responsabilità fosse promossa da una minoranza
qualificata di soci.
Gli amministratori sono espressione di quello stesso gruppo di comando che, in assemblea,
dovrebbe esercitare l’azione di responsabilità.
Sulla scia di quanto previsto dal TUF, il legislatore del 2003 ha introdotto questa possibilità
anche per le società non quotate in un mercato regolamentato, ponendo fine al monopolio
dell’assemblea sull’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori.
Oggi, pertanto, l’art. 2393 bis, stabilisce che l’azione di responsabilità potrà essere esercitata
anche dai soci che rappresentino un quinto del capitale sociale o la diversa misura prevista dallo
statuto.
Nelle società che fanno ricorso al mercato di rischio, l’azione potrà essere esercitata dai soci
che rappresentino un ventesimo del capitale sociale.
Resta ferma in ogni caso, anche la competenza dell’assemblea ordinaria a deliberare la
suddetta azione.
L’art. 2393 cod. civ. stabilisce, al 2° comma, una deroga alla regola generale in tema di
ordine del giorno, prevedendo che se l’azione di responsabilità viene esercitata in sede di
approvazione del bilancio, essa sarà valida anche nel caso in cui non figuri nell’elenco delle materia
da trattare.
Ciò dipende dal fatto che tale elenco viene predisposto dagli stessi amministratori i quali
certo non avranno interesse ad inserire, tra le materia da trattare, l’azione di responsabilità nei loro
confronti.
L’art. 2393 cod. civ. garantisce anche una tutela dei soci di minoranza.
La rinunzia o la transazione, infatti, di tale azione non si potrà avere tutte le volte in cui
abbia votato contro di essa una minoranza che rappresenti un quinto del capitale sociale.
Inoltre l’azione di responsabilità non comporta necessariamente la revoca degli
amministratori. Essi saranno, infatti, revocati d’ufficio solo qualora l’azione di responsabilità sia
votata da tanti soci che rappresentino almeno un quinto del capitale sociale.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
53 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
Una maggiore tutela delle minoranza è stata, tuttavia, introdotta, dal Tuf e quindi per le sole
società quotate in borsa. L’art. 129 TUF attribuisce la legittimazione ad agire per la responsabilità
degli
amministratori (si ribadisce, per le sole società quotate) anche ad una minoranza qualificata
cioè a tanti soci che rappresentino almeno un ventesimo del capitale sociale.
Il computo deve essere fatto considerando le sole azioni attributive del diritto di voto. Ciò
non significa che alla minoranza che agisce non possano affiancarsi titolari di azioni di risparmio.
Il 2° comma dell’art. 129 stabilisce che la proposizione dell’azione da parte della
maggioranza non inibisce la rinunzia o transazione dell’azione di responsabilità, salvo che abbia
votato contro tali delibere una minoranza qualificata (pari ad un quinto del capitale sociale).
L’azione si prescrive nel termine di cinque anni che decorrono dal momento del verificarsi
del danno (o da quello successivo della cessazione degli amministratori in carica). Si tratta di una
responsabilità contrattuale, cosicché spetterà ai soci agenti solo dimostrare l’inadempimento e il
danno. Gli amministratori, a loro volta, dovranno provare l’inesistenza della colpa o del nesso di
causalità tra danno ed inadempimento.
L’art. 2394 codice civile attribuisce la possibilità di agire contro gli amministratori ai
creditori sociali nelle ipotesi in cui i primi abbiano violato le norme a tutela dell’integrità del
patrimonio sociale.
Affinché tale azione possa essere esercitata sono necessari due requisiti:
-la violazione degli obblighi volti alla tutela del capitale sociale;
-che il patrimonio sociale sia insufficiente al soddisfacimento del loro credito.
Si è molto discusso sulla natura giuridica di questa azione e cioè se si tratti di un’azione
attribuita, in via autonoma, ai creditori sociali, o se abbia carattere surrogatorio rispetto all’azione
attribuita alla società.
Qualora si aderisse a tale ultima posizione essa potrebbe essere esercitata dai creditori
sociali solo in presenza di un’inerzia della società.
La rinunzia dell’azione, ai sensi dell’ultimo comma, non preclude l’esercizio di essa da parte
dei creditori, mentre la transazione preclude loro ulteriori azioni, salvo agire con la revocatoria
(quando sussistano i requisiti, cioè il consilium fraudis e l’eventus damni).
L’art. 2395 cod. civ. stabilisce che le azioni precedenti non pregiudicano i diritti del singolo
socio e dei terzi ad ottenere il risarcimento dei danni subiti.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
54 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
Si tratta di una norma residuale e di minima applicazione, poiché per esperirla
sarà
necessario che si dimostri l’esistenza di un danno diretto al singolo socio e di un nesso di causalità
tra il comportamento degli amministratori e il danno.
Per es., nel caso in cui gli amministratori, nascondono il dissesto della società per
ottenere dalla banca un fido.
4.10 I sistemi alternativi al sistema tradizionale
Il legislatore ha previsto che la società possa decidere di sottrarsi al modello tradizionale,
oggi caratterizzato non solo dalla figura degli amministratori e dei sindaci, ma altresì del revisore
contabile, al fine di optare per un sistema differente.
La scelta di un modello diverso deve essere prevista dallo statuto.
I sistemi alternativi al tradizionale sono il sistema dualistico ed il sistema monistico.
Il sistema dualistico è caratterizzato dall’esistenza di due organi
(necessariamente
collegiali):
• il consiglio di gestione;
• il consiglio di sorveglianza;
Il sistema monistico, invece, è caratterizzato dalla presenza di un solo organo, cioè il
consiglio di amministrazione, al cui interno venga nominato un comitato per il controllo sulla
gestione.
4.11 Il sistema dualistico
Il sistema dualistico è stato mutuato dal diritto tedesco. Esso si differenzia dal sistema
tradizionale poiché, mentre in quest’ultimo l’organo amministrativo e quello di controllo sono
nominati dall’assemblea, nel sistema dualistico l’assemblea nomina l’organo di controllo e l’organo
di controllo nomina l’organo amministrativo.
I controllori nominano i controllati. Il consiglio di gestione svolge in via generale le stesse
funzioni che, nel modello tradizionale, spettano agli amministratori; il consiglio di sorveglianza
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
55 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
assorbe alcune delle competenze dell’assemblea (ad es. la nomina e la revoca degli amministratori,
approvazione del bilancio, ecc.).
Il consiglio di gestione è composto da almeno due membri nominati dal consiglio di
sorveglianza.
Fanno eccezione i primo consiglieri che vengono nominati nell’atto costitutivo. Lo statuto
può prevedere che un componente sia nominato dai portatori di strumenti finanziario dallo Stato o
da altri enti pubblici, anche non soci. Per garantire l’indipendenza dei due organi, si stabilisce che i
membri del consiglio di gestione non possono essere membri del consiglio di sorveglianza e
viceversa. I consiglieri di gestione durano in carica per il periodo previsto dallo statuto e comunque
per un periodo non superiore a tre esercizi. Possono essere revocati prima della scadenza
dall’organo che li ha nominati. Se manca la giusta causa di revoca avranno diritto al risarcimento
del danno.Le funzioni del consiglio di gestione attengono al compimento degli atti che rientrano
nell’oggetto sociale.
Lo statuto può attribuire al consiglio di gestione alcune competenze proprie dell’assemblea
straordinaria (istituzione o soppressione di sedi secondarie, la fusione per incorporazione di società
interamente possedute, ecc.).
Al consiglio di gestione si applicano le norme dettate in tema di amministrazione, in quanto
compatibili. Il consiglio di sorveglianza è l’organo deputato al controllo sulla gestione. Esso
pertanto non potrà svolgere attività gestoria.
É nominato dall’assemblea, salvo i primi che sono nominati dall’atto costitutivo. Si richiede
che almeno un componente effettivo del consiglio di sorveglianza sia iscritto all’albo dei revisori
del conti istituiti presso il Ministero della Giustizia. Ulteriori requisiti di indipendenza ed
onorabilità possono essere previsti dallo statuto.I consiglieri durano in carica tre esercizi sociali.
Sono revocabili dall’assemblea.
4.12 Il sistema monistico
Il sistema monistico nasce negli ordinamenti anglosassoni. In questo sistema
l’amministrazione spetterà ad un solo organo, il consiglio di amministrazione. Questo verrà
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
56 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
controllato da un gruppo di soggetti che rappresentano un’articolazione interna del consiglio stesso,
cioè il comitato per il
controllo sulla gestione. Si tratta di un sistema più semplice e flessibile, che consente di
risparmiare
tempo e costi. Il sistema monistico presenta delle similitudini con il sistema tradizionale.
Da esso tuttavia si differenzia per il fatto che manca il collegio sindacale. Ciò però non deve indurre
a pensare che gli amministratori non avranno controllo alcuno, dal momento che la legge richiede
che i soggetti che costituiranno il comitato per il controllo sulla gestione debbano avere gli stessi
requisiti di professionalità e di indipendenza che la legge richiede per i membri del collegio
sindacale. Sarà inoltre obbligatoria la nomina di un revisore contabile. L’organo
amministrativo dovrà, inoltre, essere necessariamente collegiale. Solo così si consente, infatti, la
creazione di un’articolazione interna.
Il legislatore detta delle regole molto precise sulla composizione dell’organo amministrativo,
tenendo conto della peculiarità del caso.
Nell’ambito del consiglio di amministrazione dovrà, infatti, differenziarsi tra:
. amministratori esecutivi ed amministratori non esecutivi
. amministratori indipendenti ed amministratori non indipendenti
Gli amministratori esecutivi sono quelli investiti di deleghe o cariche gestorie.
Gli amministratori indipendenti sono quelli che possiedono i requisiti richiesti dall’art. 2399
cod.civ.
Almeno un terzo dei componenti del consiglio di amministrazione deve essere in possesso
dei suddetti requisiti. Il comitato per il controllo sulla gestione dovrà essere, per intero, costituitola
amministratori indipendenti e non esecutivi.
Essi dovranno, inoltre possedere i requisiti di onorabilità e professionalità eventualmente
stabiliti dallo statuto.
Il comitato sarà formato da un numero minimo di tre membri nominati, di regola, dallo
stesso consiglio di amministrazione. Lo statuto potrà attribuire tale competenza all’assemblea.
La durata del comitato di controllo coincide con quella del consiglio di amministrazione.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
57 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
4.13 Il sistema del controllo
Anche per quel che riguarda il controllo bisogna differenziare tra il sistema tradizionale ed i
sistemi alternativi.
Nel sistema tradizionale l’organo che esercita il controllo è il collegio sindacale. Si tratta di
un controllo sulla gestione poiché, solo nel caso di cui all’art. 2409bis cod. civ., al collegio
sindacale potrà essere attribuito anche il controllo contabile.
Di regola, dunque, il controllo contabile spetta, oggi, ad un organo esterno, cioè il revisore
dei conti (o ad una società di revisione).
Nei sistemi alternativi la scissione tra il controllo sulla gestione e quello contabile
è
inderogabile.
Il controllo sulla gestione verrà esercitato dal consiglio di sorveglianza o dal comitato per il
controllo sulla gestione; il controllo contabile dal revisore dei conti o da una società di revisione.
4.14 Il collegio sindacale
Nel sistema tradizionale, il collegio sindacale è l’organo che esercita il controllo sugli altri
organi, cioè amministratori ed assemblea. Si tratta prima di tutto di un controllo interno alla stessa
società; in secondo luogo, di un controllo sulla gestione, posto che il controllo contabile è oggi
affidato al revisore dei conti.
La disciplina del collegio sindacale è stata oggetto di diverse
modifiche, volte ad
accrescere le garanzie di indipendenza dell’organo. Le prime innovazioni si ebbero con la
riforma del 1974 che introdusse la certificazione contabile delle società di revisione; la legge n. 88
del 1992 (con cui si è data attuazione in Italia all’ottava direttiva comunitaria) ha istituito il registro
dei revisori contabili ed ha in parte modificato la disciplina del codice; il TUF ha radicalmente
ridisegnato funzioni, composizione e poteri del collegio sindacale nelle società quotate, privandolo
del potere di controllo della contabilità. Infine la stessa innovazione è stata portata dal legislatore
del 2003 nelle società non quotate in mercati regolamentati.
Il collegio sindacale si compone di tre o cinque membri effettivi e due supplenti.
L’assemblea sceglie tra i membri del collegio un presidente. I membri del collegio sindacale
devono essere soggetti indipendenti e qualificati.
L’indipendenza si evince dal fatto che essi possono essere revocati solo per giusta causa,
previo accertamento giudiziale, e dal fatto che il loro compenso viene stabilito direttamente
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
58 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
dall’assemblea all’atto della nomina e resta invariato per l’intero periodo, onde evitare ricatti o
commistioni.
Sono, inoltre, per lo stesso scopo, istituite cause di ineleggibilità per coloro che abbiano
rapporti familiari o contrattuali con gli amministratori (tenendo conto, ad esempio, che il padre di
un amministratore non potrà essere obiettivo nel controllare il lavoro svolto dal figlio). In realtà il
tentativo è stato vano, poiché controllori e controllati sono pur sempre esponenti della stesso gruppo
di comando. Si tratta altresì di soggetti qualificati poiché essi devono essere dotati di particolari
requisiti di professionalità. Almeno un membro effettivo ed un supplente devono, infatti, essere
scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia.
I restanti membri devono comunque essere scelti tra i soggetti iscritti in appositi albi
professionali.
4.15 Funzioni del collegio sindacale
Le funzioni del collegio si sostanziano, prima di tutto, in un potere di controllo sull’attività
degli amministratori. I sindaci rispondono, perciò solidalmente con gli amministratori per i danni
da
questi cagionati. Su di essi grava però una:
1) responsabilità esclusiva per la violazione degli obblighi ad essi imposti e per la verità
delle loro attestazioni;
In tal caso essi rispondono solidalmente, salvo per coloro che dimostrino di essere esenti da
colpa, facendo ciò risultare dal libro delle adunanze e delle delibere del collegio sindacale.
2) responsabilità concorrente con quella degli amministratori, ma limitatamente ai danni che
avrebbero potuto evitare, vigilando sull’operato degli amministratori.
Si tratta di una cd. culpa in vigilando, poiché essi rispondono solo per i danni che i sindaci
avrebbero potuto evitare se avessero esercitato il loro controllo con l’adeguata diligenza. In queste
ipotesi, avranno, però, diritto di regresso verso gli amministratori per quanto pagato.
Saranno, altresì titolari di un potere di controllo sostitutivo sugli amministratori (avendo
l’obbligo, per es., di convocare l’assemblea quando questi non lo facciano) o dell’assemblea (per
es., quando l’assemblea non provveda alla riduzione obbligatoria del capitale sociale).
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
59 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
4.16 Il controllo contabile
Ai senti degli art. 2409-bis e ss cod. civ. (introdotti dalla riforma del 2003) il controllo
contabile sulla società è esercitato da un revisore contabile o da una società di revisione iscritti nel
registro istituiti presso il Ministero della giustizia. Nelle società che fanno ricorso al mercato del
capitale di rischio, il controllo contabile deve essere esercitato da una società di revisione, iscritta
nel registro
dei revisori contabili.
Il revisore o la società di revisione si occuperà di verificare la regolarità della tenuta delle
scritture contabili; di verificare se il bilancio di esercizio e il bilancio consolidato di gruppo
corrispondono alle risultanze delle scritture contabili; di redigere una relazione contenente un
giudizio sul bilancio di esercizio e, ove richiesto, sul bilancio consolidato di gruppo.
L’incarico di svolgere il controllo contabile è conferito dall’assemblea, sentito il collegi
sindacale.
L’incarico dura tre esercizi e l’incaricato potrà essere revocato solo per giusta causa, sentito
il parere del collegio sindacale. A tutela dell’indipendenza di tale soggetto, la deliberazione di
revoca deve essere approvata con decreto del tribunale, sentito l’interessato.
4.17 Il controllo giudiziario
Anche la denunzia al tribunale, disciplinata dall’art. 2409 cod. civ. è stata oggetto di
modifiche da parte del legislatore del 2003. L’art. 2409 cod. civ. prevede un particolare tipo di
controllo sulle società. Si tratta del controllo giudiziario poiché viene esercitato dall’autorità
giudiziaria.
L’importanza di tale istituto consiste nel fatto che il rimedio di cui all’art. 2409 cod. civ. può
essere attivato da una minoranza qualificata, cioè da tanti soci che rappresentino almeno il decimo
del capitale sociale (o un ventesimo se si tratta di società con azioni quotate in borsa).
In realtà un primo potere interno è attribuito ad ogni socio. L’art. 2408 cod. civ. prevede,
infatti, la possibilità di denunciare «i fatti censurabili» al collegio sindacale.
Se tale denuncia viene fatta da un singolo socio, non sorge in capo al collegio sindacale un
obbligo specifico, ma solo quello generico di tenerne conto nella relazione all’assemblea; se,
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
60 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
invece, viene fatta da tanti soci che rappresentino almeno un ventesimo capitale sociale, sorge un
obbligo specifico di indagine. Se i fatti risultano fondati, il collegio dovrà convocare l’assemblea
per rimuovere le irregolarità. Altrimenti, bisognerà comunque far menzione della denunzia nella
assemblea successiva.
L’art. 2409 cod. civ. prevede però un passo ulteriore, stabilendo che una minoranza più
cospicua, potrà scavalcare il collegio sindacale (che spesso è colluso con gli amministratori) e adire
l’autorità giudiziaria, purché esista il fondato sospetto di gravi irregolarità.
La nuova formulazione della norma però consente un intervento meno incisivo rispetto al
passato. Il tribunale inizierà infatti l’indagine sui fatti denunziati e potrà ordinare l’ispezione della
amministrazione. Non potrà però ordinare l’ispezione e sarà tenuta a sospendere il procedimento
qualora l’assemblea provveda a sostituire gli amministratori e i sindaci con soggetti di adeguata
professionalità. In ogni caso, qualora il tribunale accerti che le irregolarità sussistono, il tribunale
può intervenire in due modi:
. nei casi meno gravi può disporre gli opportuni provvedimenti provvisori e convocare
l’assemblea per le successive deliberazioni
. nei casi più gravi, potrà revocare gli amministratori e nominare un amministratore
giudiziario, determinandone i poteri e la durata.
Tale amministratore può proporre l’azione di responsabilità contro gli amministratori e i
sindaci. La decisione definitiva resterà, in ogni caso, affidata all’assemblea. Prima della scadenza
del suo incarico l’amministratore giudiziario dovrà rendere il conto al tribunale della sua gestione e
convocare l’assemblea per la nomina dei nuovi amministratori e sindaci. Egli potrà proporre, se dal
caso, la messa in stato di liquidazione della società o la sua ammissione ad una procedura
concorsuale. Anche su questo punto, resterà però sovrana la volontà dell’assemblea. Il legislatore
del 2003 ha inoltre ampliato il novero dei soggetti legittimati a proporre la denunzia ex art. 2409
cod. civ.. Oggi infatti la legittimazione ad agire non sarà riservata al solo pubblico ministero (che,
oggi, potrà agire ex art. 2409 cod. civ. solo per le società che fanno ricorso al mercato del capitale
di rischio), ma anche al collegio sindacale, al consiglio di sorveglianza e al comitato per il controllo
sulla gestione.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
61 di 62
Diritto Commerciale
Lezione V
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
62 di 62