Introduzione dell`autore di Anima Animale Nell`angusto ambito delle

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Introduzione dell`autore di Anima Animale Nell`angusto ambito delle
Introduzione dell'autore di Anima Animale
Nell'angusto ambito delle tematiche inerenti al rapporto uomo animale, era necessaria, per quanto provocatoria, una sintesi
autentica e plausibile che vertesse sul controverso argomento delle malattie scaturite dalla coabitazione tra animale e animale
uomo.
È su questa analisi d'avanguardia che l'autore che qui si firma pone anche le basi a un corretto rapporto coevolutivo, desumendone
il limite obbligato, originato dalla biologia e dalla dialettica. Oltre alla denuncia oggettiva del malessere animale, nel saggio viene
anche descritta sul piano empirico e scientifico la possibilità di un'inedita lettura del sintomo per una interpretazione semantica
della malattia, approfondendone anche il significato biologico ed evolutivo di cui secoli di meccanicismo hanno impedito la
riunificazione semeiotica ed escatologica.
L'evento morboso diviene quindi "relativo", poiché la presenza del "sano", dell'esente, del sopravvissuto, pone una questione
epistemologica riguardo l'espressione corrente di malum agere, obbligata sofferenza e morte, al cospetto dell'emergere di una
fulgida verità, cioè la dimostrazione del "superstite", come evento non casuale, ma luogo di origine e di arrivo e come pure invito al
dialogo, sulla ricerca speculativa, riguardante le dinamiche più profonde della sua integrità.
"La perfezione è nel cominciamento", espresse Sesto Empirico, e chi più di altri può rappresentare l'origine pura e innocente se
non il modello animale allo stato forastico nel quale, come in una "staminale", vede svelarsi la ricostruzione consona al "divieni ciò
che sei", per farci intendere che ciò che è già insito nella sua natura va reso solo manifesto?
Ecco allora che il significato del sano emerge come riferimento basilare per ricondurci a un nuovo concetto di salute e di valore
etico-filosofico. Anche la medicina ha omesso il concetto di sano, poiché filosoficamente contraria, vista la propria finalità
unicamente deputata a cogliere l'imperfezione; e persino l'interesse e la divulgazione della materie etologiche hanno subito la
devianza antropocentrica con spiegazioni giustificative delle aberrazioni del comportamento umano, adducendone gli stessi rilievi,
ed estendendone il giudizio anche a quello animale.
Mentre l'uomo con uno sforzo laico cerca di riconoscere i presunti "diritti degli animali" e nel comportamentismo intravede una
timida via per una disanima scientifica della patologia animale, retaggi antropocentrici e pseudo animalismo tendono a ometterne la
trattazione, poiché troppo allarmanti e provocatorie sarebbero le verità emergenti: generate dalla solitudine dell'uomo che, in una
fase di difficile socializzazione intraspe-cifica, cerca nell'animale ciò che può trovare solo in sé, purificando la "sana bestialità" dei
cosiddetti animali da compagnia attraverso una loro subdola manipolazione antropomorfica.
Mentre la bestia in quella sua semplicità che tanto affascina l'uomo invia chiari segni di riavvicinamento al suo stato di naturale
sanità con esigenze coerenti, l'uomo, al contrario, come cimeli trascina nell'urbe i trofei di una caccia virtuale, nella quale non si
accontenta solo del corpo, ma anche dell'anima, "anima animale".
La mancanza di una filosofia medica che attinga a un'ispirazione biologica ed evolutiva, impedisce una sintesi organica tra lo
scibile diagnostico e quello zooantropologico: il divario tra nozionismo e conoscenza vera resta troppo ampio e favorisce la
costruzione di paradigmi pragmatici e protocollari. Lo spinoso argomento della malattia è primariamente pertinente ai soli in
possesso di congrui mezzi diagnostici, e cioè i medici veterinari, che nel rifondare un concetto di salute attraverso la conferma nel
modello animale, possono finalmente riscattare attraverso un ruolo autentico la tanta blasonata appartenenza a una propria classe
medica, confusa e privata di una caratterizzazione distintiva dalla medicina umana.
Così nonostante il "proving domestico" fornisca quotidiani messaggi tra le correlazioni nosologiche e gli eventi, alla richiesta di
spiegazioni per osservazioni dirette da parte della folta schiera di zoofili, non corrispondono voci di interpretazione logica e
coerente dei significati.
Questa assenza rende disgiunti gli effetti dalle cause e sul piano metodologico rende sistematici gli errori, poiché privato del
significato ogni epifenomeno resta casuale e arbitrario.
Meglio un azzardo interpretativo che il circolo vizioso dell'arbitrarietà.
Si sono studiati i Primati, delfini, foche, balene, lemuri, eterocefali glabri e dinosauri estinti; conosciamo tutto o quasi di animali che
non incontreremo mai nella nostra vita, ma si è voluto omettere e non interrogarsi sul perché gli animali in genere si ammalino a
contatto dell'uomo.
In questo rapporto così problematico non solo gli insegnamenti sono eloquenti, ma il loro significato davvero profondo e basilare
può ricondurre l'uomo a uno stato più prossimo alla propria appartenenza animale e quindi alla salute.
Il "pietismo" e il "buonismo" uccidono l'animale e di conseguenza l'uomo; gli aspetti della biodiversità assolvono molte malattie
considerandone l'aspetto evolutivo: la malattia ancora una volta è la prova ineccepibile di quanto l'allontanamento dalla naturalità
possa creare un disagio. La malattia è quindi un male necessario? No assoluto: gli animali bradi ne sono la dimostrazione
evidente.
Essa invece diviene una conseguenza inevitabile soltanto per colui che non si adegua in tempi coerenti a "novità" corrispondenti a
una volontà di guarigione, cioè di cambiamento. La perdita del sano come riferimento impedisce al malato la via della guarigione.
David Satanassi