ITA - Istitut Pedagogich Ladin

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ITA - Istitut Pedagogich Ladin
9 Leggende
della Ladinia
Christine Plieger
Anita Obkircher
In collaborazione con l’Istituto Pedagogico Tedesco
e con l’Istituto Pedagogico Italiano
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9 Leggende della
Ladinia
Quaderno di lettura per la 4a e 5a classe
della scuola primaria
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Impressum:
Idea e coordinamento
Erna Flöss
Creazione ed elaborazione dell’unità di apprendimento
Christine Plieger
Illustrazioni, realizzazioni grafiche e layout
Anita Obkircher
Traduzioni dei testi:
Maurizio Ganz
Stampa
Lanarepro GmbH, Lana
Musica [vedi > canzone „La cianzon de Conturina” > pag.16]
Claudio Vadagnini [autore ignoto]
© 2009 Istituto Pedagogico Ladino, www.pedagogich.it
Via Bottai 29, I - 39100 Bolzano
ISBN 978-88-88715-71-1
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Con quali criteri è stata operata la scelta dei testi?
I materiali didattici utilizzati intendono offrire agli alunni delle classi quarte e quinte alcuni
esempi di novelle e leggende tratte dalla cultura ladina. Il territorio della Ladinia si trova ai
piedi del Massiccio del Sella, dal quale si diramano quattro valli: la Val Badia verso nord, la Val
Gardena verso ovest, la Val di Fassa verso sud e Livinallongo verso est. Non tutte le leggende
sono presenti in tutte e quattro le valli ladine, ma testimoniano comunque l’originalità e
tipicità della tradizione narrativa ladina, che non costituisce cesura fra i miti e la narrazione.
La figura del Salvan è onnipresente nella cultura ladina. Si tratta di una creatura del bosco, un
essere “selvaggio” che compare solo in forma umana. La figura femminile corrispondente al Salvan può essere una donna selvaggia e cattiva (la matrigna di “Conturina”) oppure una signora
abbastanza simile ad una fata delle favole. Nella Val Badia e Gardena questa benevola signora
si chiama “Gana”, in Val Gardena si parla della “Crestana”(“Le Ganes e i Salvans”), nel Fassano è nota col nome di “Vivana” (nelle leggende “Albolina” e “Soreghina”), mentre a Cortina
d’Ampezzo viene chiamata “Aguana” (nella “Croda Rossa”). In tutte le denominazioni il significato è sempre lo stesso: ninfa.
Anche l’Orco ha ampia valenza nel territorio ladino, rappresenta infatti uno spirito, che si diverte a spaventare le persone e a rendere difficile la loro vita quotidiana.
Mi è sembrato importante annoverare in questa raccolta il racconto del “Regno dei Fanes”,
poiché contiene molti elementi tipici della tradizione narrativa ladina. Per poterla accogliere
interamente nei materiali didattici, ho dovuto procedere ad una versione ridotta della leggenda, con conseguente perdita di alcuni motivi della narrazione. Suggerisco tuttavia la lettura
dell’intera narrazione.
Sono rimasti esclusi a causa dell’eccessiva lunghezza i racconti di Re Laurino e del Rosengarten
(Catinaccio).
“La nascita della Marmolada” rivela come l’uomo abbia cercato di darsi una spiegazione ad
inconsueti o quanto meno non comuni fenomeni naturali. Numerosi racconti riconducono ai
contenuti delle saghe che stanno in stretto rapporto con le rappresentazioni religiose dei primi
abitanti delle Dolomiti (per es. le montagne, il sole, la natura, la grande divinità ecc.).
La scelta dei testi è quindi puramente casuale. La scelta operativa nei confronti della
sistemazione dei racconti in tale raccolta è stata dettata anche da considerazioni didattiche.
Con quali criteri è stata operata la scelta dei testi?
La maggior parte dei testi sono stati tratti dalla raccolta di Ulrike Kindl “Märchen aus den Dolomiten”, mentre per “Conturina” e “Il Regno dei Fanes” si è fatto riferimento alle “Dolomitensa5
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gen” di Karl Felix Wolff. Qualche testo è stato ridotto nella forma al fine di agevolare gli alunni
nella lettura e compresione.
Christine Plieger
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Indice
Albolina ..........................................................................................9
L’Orco ...........................................................................................12
Conturina ......................................................................................15
Come nacque il ghiacciaio della Marmolada ......................................18
La Croda Rossa ..............................................................................20
Il Regno dei Fanes .........................................................................24
La Montagna dei Rododendri ...........................................................28
Soreghina ......................................................................................31
Le Ganes e i Salvans ......................................................................34
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Albolina
Nella val di Grepa, sopra la località Fontanac, si estende un piccolo altipiano, di
nome Pian da Pent. Si narra che lassù, molto tempo fa, dei nani abbiano tenuto
prigioniera Albolina, una ragazza incantevole. Albolina aveva una bellissima pelle,
bianca e delicata come il latte. Il segreto di tale bellezza glielo aveva svelato la
Vivana: le bastava esporre il viso e le mani alla luce del mattino, nel momento in
cui il sole irradiava la sua luce dorata dalle cime più alte.
Albolina faceva però un tale uso di questa abitudine, che ai poveri nani di montagna non rimaneva neppure un minimo di aurora. Quando questi scoprirono chi si
celava dietro la misteriosa scomparsa della luce mattutina, si recarono da Albolina
e le intimarono di lasciare un po’ di luce anche per loro, altrimenti la avrebbero
costretta con la forza.
Ma Albolina non volle rinunciare per niente alla luce del mattino, poiché temeva
di perdere di conseguenza la bellezza della propria pelle. Vista la mal parata, i
nani si riunirono e decisero di rapire Albolina e di portarla sul Pian da Pent. Lassù
la legarono mani e piedi con ben 24 giri di corda e le dissero, che l’avrebbero
liberata, solo quando si fosse decisa a concedere anche a loro un po’ di luce mattutina. Poi la abbandonarono sull’altipiano.
Trascorsero 13 mesi, 13 giorni e 13 ore, ma Albolina era sempre prigioniera. Un
giorno passò di là un giovane soldato, che, in fuga dai suoi nemici, aveva smarrito nell’oscurità il suo cammino.
Quando Albolina si accorse di lui, lo chiamò e, resasi conto che si era perso a
causa dell’oscurità, ebbe pietà per lui. Liberò allora tutta la luce che possedeva
per rischiarargli il cammino e fu finalmente liberata dai nani.
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Dalla leggenda non sappiamo se i due si siano poi sposati, ma abbiamo buoni
motivi per crederlo e chissà quali splendide nozze siano state celebrate per
l’occasione.
Da: Ulrike Kindl
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Albolina
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L’Orco
La figura dell’Orco è nota nella maggior parte delle valli ladine. L’Orco è una figura
che si diverte a spaventare le persone e, a seconda delle valli, lo si immagina in
forme diverse.
Può essere un uccellino che di notte emette un particolare verso, tipo „iui, iui,
iui!“. Se qualcuno lo vuole imitare, l’uccellino si fa sempre più vicino, fino ad assumere le sembianze di un mostro gigantesco con la coda di fuoco.
Talvolta l’Orco si mette sul cammino del viandante sotto forma di una piccola
palla, si ingrandisce a dismisura, fino a minacciare di calpestare il malcapitato. A
questo punto il viandante cerca di scappare, ma, per quanto velocemente cerchi di
fuggire, la palla si avvicina sempre più minacciosa e solo quando il fuggitivo cade
a terra sfinito e disperato, sente l’agghiacciante risata dell’Orco.
In altre occasioni l’Orco si trasforma volentieri in cavallo, che getta a terra qualsiasi cavaliere tenti di montarvi in sella. Spesso lascia dietro di sè un odore insopportabile. Per questo motivo la gente dice spesso “Puzza come l’Orco”.
Per quali e quante sembianze possa assumere l’Orco, in nessun caso sopporta di
essere imitato o comunque di non essere temuto.
Un giovane servo, presuntuoso ed incurante della figura dell’Orco, dovette un
giorno farne le spese. Come ogni giorno, dopo aver raccolto il fieno, i braccianti
e le serve sedevano davanti alla baita e si raccontavano varie leggende, comprese quelle di fantasmi e spiriti. Alla fine fu la volta di quella dell’Orco. Hans, che
non voleva credere all’Orco, disse incautamente: “Ma l’Orco non esiste!” Alcuni
condividevano quest’idea, altri no. Le serve lo sconsigliarono di parlarne a voce
alta, altrimenti si sarebbe ben presto reso conto, e a proprie spese, che l’Orco
esiste davvero. Hans si sentì ancora più colpito nell’orgoglio da questa loro raccomandazione e volle dimostrare che lui non aveva proprio paura dell’Orco. Così
cominciò a prendere in giro l’Orco. Le ragazze furono prese dalla paura e andarono
subito a dormire.
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Più tardi, quando Hans e gli altri braccianti andarono a letto, sentirono in
lontananza la ben nota ed agghiacciante risata dell’Orco. Spaventati a morte gridarono tutti: “È l’Orco!”
Ma Hans volle dimostrare che l’Orco non esisteva e, in tutta risposta, si mise a
ridere sfacciatamente. Improvvisamente comparve una gran coda di fuoco sopra le
loro teste, che, incutendo gran terrore, si dispose sopra il tetto della malga. Tutti
– compreso Hans – scapparono terrorizzati nel bosco e cercarono scampo dietro i
grandi alberi. Rimasero nascosti per tutta la notte, mentre risuonavano agghiaccianti le risate e i versi del terrificante mostro fiammeggiante. Solo con le prime
luci dell’alba l’Orco si dileguò. Da quella terribile notte Hans non osò mai più
prendersi gioco della figura dell’Orco.
Da: Ulrike Kindl (rielaborato)
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Conturina
Molto tempo fa c’era un castello ai piedi della Marmolada, dove viveva una ricca
nobildonna con le sue figlie ed una figliastra, di nome Conturina. Quando le figlie
furono in età da marito, tutti i giorni venivano invitatati a casa giovani principi.
Ben presto la matrigna si rese conto che i principi non guardavano le sue figliole, ma avevano occhi solo per Conturina. Da quel momento cominciò a odiare la
figliastra e a trattarla peggio che mai.
Le dava solo stracci di cui vestirsi, le proibiva di soffermarsi nei salotti e le parlava con disprezzo. Ciononostante nelle valli circostanti si era nel frattempo sparsa
la voce, che nel castello vivevano non solo le figlie della nobildonna, ma anche la
splendida Conturina. I principi venivano e volevano vedere solo lei. La matrigna si
arrabbiò a tal punto, che le vietò di aprir bocca.
Ai principi raccontava che Conturina era muta e anche un po’ matta. Ciononostante i principi si sentivano sempre più attratti dalla sua bellezza. Di giorno in
giorno la matrigna si faceva più crudele, tanto che le vietò addirittura di muoversi. Agli ospiti raccontava intanto che Conturina era muta, un po’ pazza e paralizzata.
Ma non servì a nulla. I principi continuavano a guardare solo lei. La matrigna si
rivolse quindi ad una maga, che trasformò Conturina in una statua. Quando si rese
conto che i principi continuavano ad ammirare la sua bellezza, decise di farla murare nella scoscesa parete sud della Mormolada. Da allora nessuno più la vide. Solo
chi si avventura notte tempo fra le imponenti pareti del massiccio della Marmolada, sente ancora il flebile lamento di una voce di donna.
Da: Karl Felix Wolff (rielaborato)
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La cianzon de Conturina
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testo tradizionale
musica: Claudio Vadagnini
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