influsso bizantino in otranto
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INFLUSSO BIZANTINO IN OTRANTO IN CAMPO ARTISTICO, LETTERARIO, SOCIALE ED ECONOMICO Espressione di tanto splendore è il mosaico pavimentale della Basilica Cattedrale di Otranto Comunicazione di Mons. Gianfreda ad Oxford l' 8 settembre 1966 in occasione del XIII Congresso Internazionale di Studi bizantini INFLUSSO BIZANTINO IN OTRANTO Otranto, « città importantissima nella regione dei Messapi » (1), affacciata sul mare Adriatico e precisamente sul canale che da essa prende il nome, è situata a 70 Km dalla Grecia (2 ). Punto d'incontro tra l'Oriente balcanico e l'Occidente europeo, fu coinvolta per la sua posizione strategica nelle secolari vicende storiche che travagliarono via via, luogo i secoli, greci e romani, veneti e longobardi, latini e arabi, bizantini e normanni. Divenne centro di intensa cultura, punto d'incrocio e crogiolo di diverse civiltà, di lingue, di filosofie. di culti, di arti diverse ( 3 ) che col tempo si fusero in una sintesi nuova e mirabile, aprendo fra l'XI e il XIII secolo un'aria e quasi una vita nuova, una nuova complessa e originale civiltà: fenomeno imponente che, variamente articolandosi, si registra sull'intera area della penisola italiana e crea nel genio della latinità quelli orizzonti culturali, sullo sfondo dei quali bisogna collocare la Commedia di Dante (4 ), l'arte di Cavallini e gli affreschi di Cimabue (5 ). Dal IV all'XI secolo, Otranto fu sotto il dominio di Bisanzio, partecipò al progresso sociale ed economico, artistico e letterario, e non conobbe. come dice Giuseppe Fortunato, « l'orrenda età delle invasioni barbariche ». A differenza del resto d'Italia, ebbe una ripresa agricola e una vera trasformazione agraria coll'impianto di estesi oliveti. S. Paolino da Nola testimonia che gran numero di lavoratori si trasferivano nell'Apulia, ove si lavorava, dalle regioni circonvicine, ove si languiva ( 6 ). Nel VI secolo Otranto vantò numerose e specializzate maestranze per la (l ) 230. (2) (3) (4) (5) (6) Cfr. P. Manti, Origine e Fortuna della Cultura Salentina - Lecce - Tip. Coop. 1853. Cfr. Antonio De Ferraris, detto il Galateo: De Situ Japigiae Cfr. Gregorovius, Nelle Puglie, Firenze - Barbera, 1882. Prof. Lucrezi, Il Mattino di Napoli, 2 marzo 1966. Daniel Rops, La Chiesa del Cristo, Vol. III, Marietti, p. 456. Cfr. M. Viterbo, Gente del Sud - Laterza, Bari - p. 223. Lecce 1727. p. 53. 446 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce lavorazione della porpora (7); esportò i suoi prodotti in lontani mercati mediante i mercatores pugliesi, veneziani ed ebrei (8); ebbe una classe di negotiatores assai bene organizzata e di forte capacità contributiva, come risulta da una Pragmatica di Giustiniano (9). Per la sua ricchezza e commercio fu chiamata da Cassiodoro la « Tiro d'Italia ». Nel contempo divenne sede del Governo Bizantino e centro della Gerarchia ecclesiastica; adottò lingua, costumi e rito greco, abbandonando ogni adattamento alla tradizione latina. Verso il 709 (10) ospitò Papa Costantino, chiamato a Costantinopoli da Giustiniano II per dirimere le questioni del Concilio 'Frullano (11). Nell'VIII secolo, accolse i Calogeri, perseguitati dagli Imperatori Iconoclasti, e nel X, i Monaci perseguitati da Ottone I, Imperatore di Germania. Il suo Presule ebbe il titolo di « Arcivescovo » da Bisanzio, e poi quello di Metropolita dall'Imperatore Niceforo Foca, nel 1054 aderì allo scisma di Michele Cerulario, ma nel 1067 con l'Arcivescovo Ugo fece ri! orno all'obbedienza di Roma. Otranto, che dal secolo X all'XI partecipò dello splendore di Bisanzio (12), respirò le libertà comunali, ma la Monarchia Normanno-Sveva le soffocò; ebbe un grande centro di studi bizantini, il Cenobio di S. Nicolò di Casole, ove sorse la scuola pittorica greco-bizantina con Teofilatto, Pantaleone, Donato e Angelo Bizamano. Scupola ed altri, ai quali era nota la prospettiva e le cui Madonne erano molto simili a quelle che avrebbe dipinto il Cimabue. « Questa nuova scuola fu come l'anello di congiunzione fra l'arte bizantina, fino allora dominante in questa Provincia, e quell'altra che giunse a noi, gentile e profumata, dalle rive dell'Arno e dalle venete lagune » (13 ). Daniel Rops è dello stesso parere (14). In quel Monastero, nacque l'Umanesimo Salentino, che precedé, di circa trecento anni, l'Umanesimo d'Italia; la sua produzione poetica è sopratutto contenuta nel Laurenziano V, 10 e nel Vaticano Gr. 1276 (il Taurinese C III 17 e il Parisino Gr. 1371 contengono solo i tetrastici di Nettario ai suoi predecessori). L'influsso bizantino in Otranto si rileva ancora dalle laure e dalle Cripte, dove i Monaci trascorrevano la loro vita e dove molti di essi, pittori, solevano (7) Cfr. M. Viterbo, Opera cit., p. 222. (8) Cfr. G. Musca, L'Emirato di Bari, Dedalo Litostampa - Bari 1964. (9) Cfr. Procopio, Strabone, Cassiodoro, Simmaco, Paolo Diacono ecc. (Viterbo, Opera cit., p. 223). (10) Cfr. Berniní, Dell'Eresia tom. 2 - Anastasio fol. 325 Rinaldi. Annali Ecclesiastici, parte 2°, p. 362 - Roma 1643. (11) Cfr. Decreto di Giustiniano, riportato dal Maggiiilli. (12) Cfr. Daniel Rops, Opera cit., pagg. 482-487. (13) Cfr. De Giorgí, Geografia della Provincia di Lecce, Tip. Salentina - Lecco 1897. Vol. 1, pagg. 178-179. (14) Daníel Rops, Opera cit., pagg. 455-456. Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce rappresentare i principali misteri del Dogma e della Religione, i loro Santi orientali, secondo il costume di quei tempi e conforme alle prescrizioni più minute della Guida per le leoni bizantine. Queste pitture, a differenza di quelle della Chiesa d'Oriente, come noia il De Giorgi, sono restate quali erano in origine, esenti da restati ri (es. Cripta « San Michele » di Otranto e quella di Carpigna io ecc. ) . Sicchè Oi ragno — e non solo Otranto, ma tutto il Salento — offre alla Storia dell'Arte Bizantina una serie di documenti preziosi che invano si cercherebbero nelle Chiese d'Oriente, dove tutto è stato rinnovato, facendone scomparire le antiche pitture o ravvivando i colori delle decorazioni primitive (15). Le Cripte di Otranto, come quelle di S. Giovanni, di S. Michele e del Padre Eterno, scavate nel sabbione calcareo tufaceo, hanno la forma dell'antica basilica bizantina con tre absidi in fondo. Sembrano delle vere sculture monolitiche negative, scavate nelle colline, che riproducono il tipo delle Chiese-cripte orientali, riprodotte poi, con poche modifiche nelle Chiese latine. Possiamo ben affermare che Otranto fu ponte di passaggio tra la Grecia e l'Italia; che in Otranto avvenne il mistico sposalizio tra l'arte e la cultura d'Oriente e d'Occidente. Espressione di questo sincretismo di civiltà sono: il Cenobio di S. Nicolò di Casole, l'Edicola di San Pietro, di cui si è interessato il Dielh e al cui studio rimando, e il Mosaico pavimentale della Basilica Cattedrale di Otranto. CENOBIO BASILIANO DI S. NICOLO' DI CASOLE Di questo Cenobio, situato nelle vicinanze di Otranto (circa 2 Km.). in uno dei punti più incantevoli della costa salentina, non sappiamo né quando sia sorto né chi l'abbia fondato. Il primo documento, che indirettamente accenna al Monastero, è il Carme di S. Paolino da Nola, indirizzato a S. Niceta di Remesiana per il suo ritorno in Patria. Il pio pellegrino sosterà in Terra di Otranto, ove lo accoglieranno « una turba di fratelli e di sorelle non sposati »: Te per Hydruntum Lupiasque vectum Innubae fratrum simul et sororum Ambient, uno Domino canentes Ore catervae (16). (15) Cfr. De Giorgi, Opera cit., p. 286 ss. (16) Cfr. Migne, P. L., v. 61, col. 485 - Frediani, l'Osservatore Romano, 26 novembre 1965. 450 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce Il carme e la visita di S. Niceta a S. Paolino risalgono al 398. Sicché nel IV secolo, data confermata anche dal Marciano, il Cenobio di Otranto esisteva. Nei secoli di universale decadenza, che vanno dalla caduta dell'Impero Romano alle prime invasioni dei Barbari in Italia. e da queste sino alla conquista dei Normanni, la cultura d'Oriente si posò in Otranto e di qua si irradiò nel Salento e nel resto d'Italia. « Uno scambio di popoli, di prodotti commerciali e di idee si succedette dal V all'VIII secolo dell'E.V. fra l'Impero Bizantino e l'antica Calabria, oggi Terra di Otranto, tanto vicina all'Epiro e alla Grecia » (17). In questo periodo emerse la figura di Marco, Vescovo di Otranto, monaco ed economo della Chiesa di Costantinopoli, chiamato il sapientissimo per la sua erudizione sacra (18), il quale partecipò al Concilio tenuto dal Patriarca Fozio a Costantinopoli nell'879: fu l'unico rappresentante dell'episcopato salentino. Pochi anni dopo, ricevette il titolo di Arcivescovo sia per rendere più stretti i legami con Bisanzio sia per l'importanza della città, la quale, anche sotto l'aspetto ecclesiastico, meritava un posto di preminenza sugli altri centri bizantini del Mezzogiorno (19). Nel 968 con decreto promulgato da Foca, l'Arcivescovato di Otranto fu elevato a sede metropolitana con diocesi suffraganee di nuova elezione (20). Se i Barbari — e specialmente Ottone I, Imperatore di Germania (962-973) — non avessero saccheggiato e distrutto gli archivi monastici ed episcopali. avremmo potuto ricostruire la storia di quei secoli, fin nei minuti particolari; invece, di quei secoli rimane appena qualche documento. Di Marco da Otranto, rimangono l'Officio greco e l'Inno di 4 Odi in Magnum Sabathum della chiesa greca. Altri manoscritti, che si salvarono dalla invasione dei Barbari. si dispersero nei secoli successivi o furono distrutti dai Moderni, in ciò più barbari degli antichi. Le Cronache bizantine narrano le crudeltà del biondo rivale di Niceforo Foca che devastò la terra della Calabria, risoluto di far scomparire tutti i Greci da quelle Provincie a lui ribelli (21). Ma egli non riuscì a togliere Otranto e le città più importanti del Salento all'Impero Greco, né ad estinguerne la lingua greca L'idioma greco, le cui tracce si conservano nella « Grecia Otrantina », ossia nei 13 paesi, ove si parla ancora un greco molto simile a quello della vicina (17) Cfr. De Giorgi, Opera cit., p. 189. (18) Cfr. Pianton, Enciclopedia Ecclesiastica - Vol. V Venezia 1859 - p. 1161, col. 2. (19) Cfr. I Gay, L'Italie Méridionalc et l'empire byzantin, Paris 1904, 1. III, cap. II, va g. 174. è riportato (20) Il testo originale del decreto dell'Imperatore Foca, non si possiede, ma nella Relazione dí Liutprando, negli Annales del Baronio, del Canisio e di altri. Le diocesi suffraganee dí Otranto sí trovavano ai confini tra la Puglia e la Lucania ed erano 5: Acerenza, Turi', Gravino, Matera e Tricarico. (21) Cfr. flodota, Der Rito Greco in Italia, Roma 17511 vol. I, p. 383. Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce Grecia, fu coltivato soprattutto dai Monaci Basiliani. Questi, dal VI al XII secolo, si diffusero su tutta la terra di (brani() e curarono non solo la vita religiosa e contemplativa, ma anche la conservazione e la diffusione del sapere (22). Chiusi nei loro Conventi, compresero che la lettura e lo studio erano opere pie, come la preghiera. Conservare i libri delle Biblioteche, da essi raccolti con tanto amore; aumentare il numero, copiando i manoscritti più rari, era uno deí principali doveri, imposti dalla Regola all'lgumeno e ai suoi dipendenti (23). La Biblioteca del Convento di S. Nicolò di Casole fu una delle più importanti e delle più ricche d'Occidente, e il Convento divenne un Centro di studi classici nel XII secolo. Nicola di Otranto, Igumeno dal 1153 al 1174 (24), dotto filosofo, diplomatico, bibliofilo e uomo di stato, « recandosi egli di continuo dall'Imperatore al Sommo Pontefice e da questi a quello per aggiustare negozi » (25), raccolse « omnis generis librorum ex universa Graecia », gran parte dei quali per incuria dei latini e per disprezzo alla letteratura greca, andò miseramente perduta (26). Con tutto questo materiale, Nicola istituì una Biblioteca e, accanto al Convento, edificò la casa dello studente per accogliervi, istruire e nutrire gratuitamente chi si recava da lontani paesi per perfezionarsi negli studi classici (27). Così, mentre nel resto d'Italia la letteratura greca andava scomparendo per opera del potere civile e religioso, in Otranto, invece, fioriva e aveva un impulso assai vigoroso. La posizione geografica del Convento, a breve distanza da Otranto. allora più di oggi, città importante per il commercio con l'Oriente e l'Occidente. favoriva l'accorrere degli studiosi dalle più lontane Provincie d'Italia e dall'Estero. e la biblioteca di S. Nicolò era frequentatissima. I suoi libri non servivano soltanto al Monastero, ma preti e monaci di altri Cenobi li prendevano a prestito rilasciando una ricevuta in presenza di due monaci del Convento (28). Di più l'autorità dell'Igumeno di Casole si estendeva su molti Calogerati di Terra di Otranto e su quelli di Policastro, di Turlazzo, di Vaste, di Melendugno, di Alessano, Castro e Minervino (29). Da questi venivano gli studiosi per copiarsi manoscritti e salvarli alla dispersione (30). Questa purtroppo avvenne. Torinese, C III 17. Questo manoscritto dovuto a Nettario nel 1160. ci fornisce precise indicazioni sulla storia del Convento Otrantino. Appartiene alla biblioteca dell'Università di Torino, segnato C III 17. E' un codice di 183 carte, miscellaneo. (23) Cfr. idem. (24) Cfr. idem. (25) Cfr. Galateo, De Situ Japigiae, p. 47. (26) Cfr. idem, p. 49. (22) (27) (28) (29) (30) Cfr. ms. Torinese C III, 17. Cfr. Torinese C III 17. Cfr. idem. « Nell'Hypotyposis Casulana sono dettate le norme per l'attività dello Scriptorium Monasticum, cioè per la conservazione e copiatura dei libri ». (,152 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce La Biblioteca di Casole fu saccheggiata, prima, dal Cardinale Bessarione (31), il quale insieme a molti manoscritti portò via anch? il Ratto di Elena di Quinto Calabro, e i Poemi Eroici di Colluto di Tebe (32). Da Casole fu preso pure l'opuscolo sulle Donazioni fatte dagli Imperatori ai Pontefici e donato dal Galateo al Papa Giulio II. Ciò che restò dopo il primo saccheggio, fu bruciato dai Turchi nel 1480 (33). Dal XII secolo in poi, il rito greco di Terra di Otranto fu combattuto dalla Chiesa romana e andò man mano scomparendo. I Pontefici e i Re di Napoli si misero «accordo per estinguere quanto di ellenico esisteva nel Salento, ma Otranto continuò ad essere tratto d'unione tra Roma e la Chiesa Orientala fino al Concilio di Firenze (1439), specialmente durante l'attività del cardinale Bessarione, metropolita di Nicea. L'Abbazia di S. Nicolò di Casole, pur conservando rito e moneta greca (34), e una certa autonomia, dal XII secolo in poi fu soggetta a pagare il censo a Roma (35) e fu un censo singolo, cioè per ogni Monaco del Convento (36). Nel 19 novembre del 1267, la Chiesa del Convento fu riconsacrata dal Cardinale Pandolfo e non dall'Abate: ciò dice la piena soggezzione di Casole a Roma. Questa dipendenza del Monastero alla Chiesa Romana; il Convento distrutto dai Turchi nel 1480; i Monaci che si ritirano in luoghi più sicuri e più difesi dalle incursioni turche, durate ancora se pur sporadicamente, per tutto il secolo XVII; la caduta di Costantinopoli e le interrotte comunicazioni con i centri religiosi e culturali dell'Oriente: queste ed altre cause determinarono la rapida e completa rovina dell'antico e celebre Cenobio, di cui rimane solo qualche traccia: circa 265 Codici (37). Questi tesori bibliografici, dispersi nelle Biblioteche «Europa ed unici testimoni del sapere dei Monaci Basiliani di S. Nicolò di Casole. attendono... Attendono che mano pietosa tolga la polvere plurisecolare che li tiene nascosti e faccia conoscere all'Italia e al mondo la meravigliosa civiltà bizantina in Terra di Otranto. (31) Cfr. Galateo, Opera cit., p. 50. (32) Cfr., Galateo, De Situ, Japigiae. (33) Cfr. idem. (34) In pieno secolo XIII, sotto la dominazione Angioina, i monaci usavano il Michalatus, moneta dell'Imp. Michele VIII il Paleologo (1261-1281). (35) Cfr. ms. Torinese C III 17. (36) Cfr. Rationes Collectoriae Regni Neapolitani, vol. 163 (Dai Registri Angioini). ha curato una (37) Il dott. Pellegrino, Direttore della Biblioteca Provinciale di Lecce, monografia su 265 ms. Casulani, ancora inedita. Cfr., R. Devreesse, Les Manuscrits Grecs de l'Italie Méridionale, Città del Vaticano, 1955. Concasty, Mariuscríts Grecs originaires de l'Italie Méridionale eonservés a Paris. 53 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce MOSAICO PAVIMENTALE DELLA BASILICA CATTEDB A LE D1 OTRANTO La storica Abbazia di Carole, posta sull'estrema parte orientale di quel Promontorio, per cui l'Italia sembra tender la mano alla Grecia, nei secoli centro molteplice e fiorentissimo di cultura, ci lascia intendere l'ambiente intellettuale ili Otranto al tempo, nel quale un suo figlio, il monaco artista Pantaleone, dette alla sua bellissima Cattedrale Normanna, iniziata nel 1080 e completata nel 1088. un gran poema, il Mosaico Pavimentale. Tre preziose iscrizioni latine (38), onde il Mosaico è arricchito, ne compendiano fortunatamente la storia. Da esse appare che il gran lavoro fu dovuto all'iniziativa di Gionata, Arcivescovo di Otranto dal 1163 al 1195; che fu opera del Prete Pantaleone; che, cominciato nel 1163, fu condotto a termine tra il settembre del 1165 e il marzo del 1166. Il gran lavoro, quasi un immenso arazzo, si distende per tutta l'ampiezza dell'area basilicale, m. 57 x 28, dominato e ispirato da un concetto unitario: proiettare sub specie aeternitatis la commedia umana. L'idea fondamentale è espressa da un grande albero, l'arbor vitae, che, dalla porta maggiore, si protende fino al Presbiterio, occupando la nave centrale e ripetendosi nelle navate laterali, fiancheggianti il Presbiterio. Personaggi biblici e mitologici, della storia sacra e profana, angeli e diavoli, animali e mostri e simboli svariati si avvicendano in vario modo tra la ramificazione arborea. preannunziando i « tesori » medievali, le « somme », le Cattedrali e la Divina Commedia, e perfino, direi, le fantasie ariostesche (cfr. Frediani Oss. Rom. 25-26/1/65): il tutto animato da un alto senso morale e cristiano. Il Mosaico Pavimentale di Otranto è un libro, un gran libro di pietra. in cui ogni frase, ogni parola rappresenta per mezzo di uomini, di piante, di animali e di mostri, una particolare verità riposta, un principio di ordine intellettuale e morale. Tipica e inconfondibile nell'opera musiva la contaminazione di mondo cristiano e mondo pagano, visto quest'ultimo, sempre, per analogia, per prefigurazione o per antitesi, in funzione delle verità cristiane. Bibbia sacra e bibbia (38) La prima Iscrizione, posta all'ingresso della Basilica, suona così: « Ex Jonathis donis per dexteram Pantaleonis Hoc opus insigne est superans impendia digne ». La seconda epigrafe, posta nel mezzo della Basilica, dice: « Anno ab Incarna Lione Domini Nostri Jesu Christi MCLXV Indictione XIII Regnante domino nostro Willelmo, rege magnifico, humilis servus Iesu Chr. Jonathas Hydruntinus Archiepiscopus iussit hoc opus fieri per manus Pantaleonis Presbyteri ». La terza, collocata presso l'Altare maggiore, è così concepita: « Anno ad Incarnatione Domini Nostri Jesu Christi MCLXIII indictione XI Regnante feliciter domino nostro Willelmo rege magnifico et triunfatore Humilis servus Christi lonathas ». 454 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce profana si danno la mano: tutte le civiltà e tutti i tempi guardano alla rivelazione, vanno verso di essa. Pantaleone affianca il Macedone Alessandro alla Chiesa; la Regina di Saba a Salomone; i Profeti ai Normanni, in un sincretismo che sarebbe aberrante se non si componesse in una nuova originalissima sintesi, che è di per se stessa, civiltà nuova, nuovo sentimento di vita; attinge alle fonti bibliche e, nelle figurazioni simboliche, alle tendenze letterarie del ciclo mitologico, alessandrino, carolingio, brettone e scandinavo. La composizione del mosaico, in tessere policrome, di calcare locale durissimo, è semplice e vivace; la sua ispirazione stilistica è romanica con larghe contaminazioni bizantine e arabe. Un albero, altissimo, sostenuto da due elefanti indiani, domina tutta la navata centrale dall'ingresso al presbiterio con scene che vanno dalla caduta di Adamo ed Eva a fatti e personaggi contemporanei all'autore. Sulle chiome dell'albero si vedono Adamo ed Eva, nascosti e cacciati dall'Eden da un angelo; un cherubino, appiedato, che custodisce la porta del paradiso terrestre; Re Artù a cavallo che è aggredito e ucciso dal gatto di Losanna; Parsif al che s'innalza al di sopra del Re brettone e dei primi uomini; Caino e Abele che sacrificano al Signore; Caino che uccide Abele e Dio che lo maledice... In pochi metri, l'autore descrive il ciclo biblico e il ciclo della Tavola Rotonda: è un bell'esempio di contaminatio medievale. Il peccato di Adamo e di Eva regalano all'uomo lavoro e dolore, riprodotti nello zodiaco, ossia in dodici formelle preannunzianti l'arte di Niccolò Pisano. In ciascuna di esse sono raffigurati il segno zodiacale di ogni mese e l'attività tipica dell'uomo salentino nel secolo XII. « I figliuoli di Dio » (Gen. VI, 2) peccano « con le figliuole dell'uomo », e il Signore per punizione manda il diluvio dopo aver ordinato a Noè di costruire l'arca, ove mettersi in salvo con i figli e le nuore e gli animali. I miseri resti dell'umanità, — Noè, Sem, Cam e Iafet —, scena molto simile alle tappezzerie di Bayeux, ripopolano la terra e, volendosi « fabbricare un segno di unione » (Gen. 11, 4) costruiscono la Torre di Babele, attorno alla quale lavorano quattordici operai con un movimento così ordinato e compatto da rallegrare l'occhio, anche se tecnicamente figurati in maniera primitiva, come i personaggi della bibbia paleocristiana di Cocteau. Nella pienezza dei tempi, ecco la Chiesa, combattuta da errori interni. — cioè dallo scisma di Michele Cerulario (39) —, e da errori esterni — cioè dall'idolatria (Diana cacciatrice); ma difesa dai Cristiani, — cioè dagli Atleti (39) Una grande figura quadricorporea si presenta con un unica testa umana nel centro e quattro leoni acefali, di cui uno calpesta un drago divorante un serpe dando origine a due lunghe code con teste da rettile. Il Lubien ravvisa lo scisma greco: la testa umana rappresenta la Chiesa Cattolica: il drago calpestato lo scisma di Michele Cerulario che consuma lo scisma dí Frrzio, (serpente addentato); i rettili, il Patriarca Polieuto e l'Imperatore Foca, artefici dello scisma otrantino. 45c' Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce Cavalieri, armati di scudo e di bastone ( S. Paolo, Efesini VI, 11- 17 ), e dai rieggiano il ciclo carolingio. — Nel suo governo, la chiesa fu prefigurata da a Alessandro Magno ( Cfr. E. G i Non : La Città di Dio e i suoi problemi, p. 19 ), si inconche conquistò il vasto impero persiano: così il pensiero filosofico greco trò col pensiero scientifico arabo.* I due mondi letterari, uniti dalla spada del Macedone, si fusero e ci diedero il mondo ellenistico, che í bizantini portarono nell'Italia Meridionale e soprattutto in Otranto, sul cui mosaico sono descritti la glorificazione del grande Macedone, le sue imprese ín India e la leggenda di Deucalione e Pirra, fatti salvi su di un pesce e non in una botte: altro mirabile esempio di contaminatici medievale! Vi sono pure le Nornen: è un accenno al ciclo scandinavo. Mentre nella navata centrale è glorificato il mistico sposalizio di tutta la cultura orientale e occidentale, nel Presbiterio sono raffigurati: l'Albero della scienza del bene e del male; il serpente; Adamo ed Eva che mangiano il frutto proibito; un bestiario; una sirena, simbolo della Chiesa, come dice Clemente Alessandrino nei suoi « Stromata », e la profezia del profeta Daniele. preannunziante la vittoria di Alessandro Magno su Dario Codomano. Nella navata destra, animali-simbolo — il cinghiale, il lupo, il m i notauro, l'arpia e la sfinge — i giganti incatenati figurano lo imbestiarsi dell'umanità, richiamata sul retto sentiero dai Canes Domini, i Vescovi, e dal potere civile, ma salvata solo dai sacrifici del Vecchio e del Nuovo Testamento. La navata sinistra, autentico giudizio universale, è la rappresentazione del paradiso e dell'inferno con una iconografia a volte identica a quella di Dante: Cerbero e Caronte, il diavolo giustiziere, il dannato capofitto in un pozze di pietra arso dal fuoco, le furie anguicrinite, i ladri assaliti dai serpenti, morsicati « nell'una e l'altra guancia » e inceneriti, Satana « imperator del doloroso regilb », e il leone, la lupa, la lonza, le arpie, il minotauro ecc. Insomma, l'opus tessellatum otrantino, con le sue scene bibliche e mitologiche, storiche e letterarie, con la ieono,rafia del drago alato, del leone di Dar masco, del serpente di Persia, del grifo Hittita, degli elefanti indiani e molti altri elementi dell'arte caldea, micenea, indiana e greca. è una raffigurazione dell'Universo, alla quale ha posto mano « cielo e terra »; è una visione intensamente realistica e astrattamente allegorico-simbolica, che nasce da finalità civili ed etico-religiose; è una sintesi di arte e di cultura orientale e occidentale; è un libro parlante, vera e propria Bibbia dei poveri »: è un'autentica « Summa » musiva medievale. *** A conclusione di questa brevissima comunicazione, possiamo affermare che Otranto, durante l'impero bizantino, fu centro politico, religioso, culturale e commerciale del Salento, chiamato anche Terra d'Otranto; che diede un apporto 456 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce decisivo ai fatti del Mezzogiorno d'Italia, specialmente durante il Medio Evo e le Crociate, nel periodo di lotta tra il Papato e l'Impero; che nella tormentata epoca dello scisma orientale divenne il punto d'incontro e di dibattiti sulle contraversie tra orientali e latini, soprattutto per quel luminosissimo faro di cultura e di civiltà, che fu il Cenobio di S. Nicolò di Casole. Attraverso esso, il pensiero bizantino passò nell'XI secolo in Otranto, e avemmo l'umanesimo salentino circa 300 anni prima di quello nazionale; l'arte lasciò il suo arido e freddo modo d'esprimersi, e divenne più calda ed umanizzata nella scuola italogreca. Queste correnti di pensiero e di arte furono riprese da Dante e da Cimabue, e, in campo nazionale, avemmo la Divina Commedia e le Madonne del maestro di Giotto. Sono convinto che nella storia del pensiero umano non vi è stata mai soluzione. ma continuità, sviluppo: a volte potrebbe esservi stata solo una battuta d'arresto. Sicché il pensiero e l'arte, nati nell'Oriente, sono passate, anche, attraverso Otranto nel mondo occidentale. Così il Salento torna alla ribaltà del più responsabile interesse nel campo della ricostruzione storica e sociale in una delle pagine fondamentali delle creazioni umane. Il riportare all'inizio di questo millennio la realizzazione del mosa"co pavimentale otrantino, che ha tanti riferimenti e tante sicure analogie con quella che è la cultura e l'arte ufficiale d'Italia, sta a significare non solo l'evoluzione notevole della civiltà del Salento in quei tempi di facilmente inteso oscurantismo: ma anche la cultura, l'arte e Fumanesimo fecondo di quella terra. MONS. GRAZIO GIANFREDA 157 Provincia di Lecce - Mediateca - Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO - Lecce