Mineralogia dei minerali metalliferi

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Mineralogia dei minerali metalliferi
Minerali metalliferi
Pierfranco Lattanzi – Dipartimento di Scienze della Terra – Università di Cagliari
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Concetti generali
Il concetto di minerali metalliferi è, nella sua accezione etimologica più stretta – minerali contenenti
metalli, semplice ed immediato. Peraltro, per ormai consolidata consuetudine, adottata in questo
contesto, per minerali metalliferi devono intendersi “minerali dai quali si può ricavare
economicamente un metallo (o più metalli)”. Si tratta pertanto di un concetto in continua
evoluzione, in funzione della tecnologia e della domanda di mercato. La prima immediata
conseguenza è che non tutti i minerali che contengono un determinato metallo, anche in
concentrazioni rilevanti, sono necessariamente minerali metalliferi, in quanto può non essere
conveniente ricavare da essi tale metallo; per contro, diversi metalli geochimicamente scarsi
vengono ricavati in prevalenza da minerali in cui sono presenti solo a livello di tracce (<1%).
Tra i principali fattori che condizionano il carattere “metallifero” di un determinato minerale, oltre
al suo contenuto (tenore) del metallo considerato, possiamo elencare:
v La sua diffusione nei livelli superficiali della crosta (profondità massima 3-4 km), ed in
particolare la possibilità di concentrarsi in determinati volumi di roccia (giacimenti, o corpi,
metalliferi) in quantità nettamente superiori all’abbondanza media crustale;
v La maggiore o minore richiesta del mercato, in funzione anche di materiali e/o sorgenti
alternative (riciclaggio);
v L’esistenza o meno di particolari tecnologie che consentano di estrarre economicamente il
metallo dal minerale; ciò comprende sia il procedimento metallurgico vero e proprio (compresa
l’eliminazione di eventuali altri metalli non desiderati), sia eve ntuali problemi di separazione
del minerale da minerali non utili (“ganga”) ad esso associati.
Tra i fattori che concorrono a determinare il costo di estrazione di un metallo da un suo minerale, un
peso rilevante è rivestito dalla componente energetica. A sua volta, la quantità di energia necessaria
all’estrazione del metallo dipende fortemente dalla natura del legame chimico, e dalla conseguente
stabilità della struttura del minerale. Pertanto, salvo poche eccezioni, i silicati sono mediocri
minerali metalliferi, sia perché in generale contengono tenori relativamente bassi di metalli
d’interesse economico, sia perché il forte legame Si- O rende il loro trattamento energeticamente
molto oneroso. Ovviamente, i metalli nativi sarebbero per definizione i minerali metalliferi per
eccellenza, tuttavia essi sono piuttosto rari nella crosta terrestre, ed il loro interesse pratico è
limitato a poche specie (soprattutto metalli nobili). In generale, i più importanti minerali metalliferi
appartengono alle classi dei solfuri e degli ossidi (Tabella 1). Infine, è utile sottolineare che, negli
ultimi anni, nel computo complessivo del costo di estrazione di un metallo ha assunto sempre
maggior rilievo la componente “costo ambientale”, ossia la potenziale pericolosità per l’ambiente
del minerale e/o del procedimento d’estrazione e trattamento.
Alcuni esempi possono servire ad illustrare i concetti sopra esposti:
• L’alluminio, pur essendo il metallo più abbondante della crosta terrestre, compare relativamente
tardi (XIX secolo) nell’uso industriale. Ciò perché la sua estrazione comporta invariabilmente la
rottura del fortissimo legame Al-O (es., l’allumina ha punto di fusione 2045° C), e solo la
messa a punto di un processo metallurgico alquanto complesso (e tutt’ora abbastanza oneroso
energeticamente) ha consentito la sua disponibilità a livello industriale. Peraltro, il corindone
(Al2 O3 ) è il minerale che ha il massimo contenuto di alluminio, ma non è utilizzato per
l’estrazione del metallo, perché, pur non essendo raro, non forma concentrazioni
particolarmente cospicue, il cui trattamento sarebbe troppo dispendioso.
• Il rame è stato storicamente ricavato da molti minerali (vedi Tabella 1), tra i quali il rame nativo
è stato ovviamente il primo. Successivamente il ruolo principale di sorgente del metallo è stato
ricoperto da minerali ossidati, soprattutto malachite; infine, da molti secoli ormai i principali
minerali metalliferi del rame sono i solfuri, soprattutto la calcopirite, che, pur essendo meno
ricca in Cu di altri minerali, è di gran lunga il più diffuso.
• La blenda o sfalerite è il principale minerale di zinco, ma anche di metalli rari quali Cd, Ga, In, i
cui minerali propri sono piuttosto rari e mai abbondanti
• La separazione dell’oro dai minerali di ganga ha quasi sempre comportato processi
potenzialmente assai pericolosi per l’ambiente – amalgamazione con mercurio, che ha prodotto
in molte aree significativi inquinamenti da questo metallo, e recentemente cianurazione. Il
cianuro è ovviamente estremamente tossico, ma fortunatamente alquanto labile nell’ambiente
supergenico, per cui i pur disastrosi episodi di inquinamento sono limitati ad eventi eccezionali,
solitamente risultanti da cattiva progettazione e/o gestione degli impianti.
Nella Tabella 1 sono riportati i principali minerali metalliferi dei metalli di uso industriale più
comune.
Tabella 1. Principali minerali metalliferi
Metallo
Oro
Platino
Argento
Ferro
Alluminio
Rame
Piombo
Zinco
Minerale
Oro nativo
Tellururi di Au-Ag (sylvanite,
calaverite)
Platino nativo (quasi sempre in lega
con altri elementi del gruppo)
Argentite Ag2 S
Argento nativo
Tetraedrite argentifera (freibergite –
(Cu,Ag) 10 (Cu,Fe)2 (Sb,As)4 S13
Proustite-pyrargirite Ag3 (As,Sb)S3
Magnetite Fe3 O4
Ematite Fe2 O3
Limonite (miscela di idrossidi di Fe,
principalmente goethite FeOOH)
Siderite FeCO3
Bauxite (miscela di idrossidi di Al –
es, boehmite AlOOH)
Rame nativo
Bornite Cu5 FeS4
Calcopirite CuFeS2
Calcocite Cu2 S
Covellite CuS
Cuprite Cu2 O
Malachite CuCO3 . Cu(OH)2
Galena PbS
Sfalerite (blenda) ZnS
Smithsonite ZnCO3
Zincite ZnO
Stagno
Cassiterite SnO 2
Stannite Cu2 FeSnS 4
Mercurio
Cinabro HgS
Metallo
Nickel
Cobalto
Cromo
Manganese
Arsenico
Antimonio
Bismuto
Molibdeno
Titanio
Minerale
Pentlandite (Fe,Ni)9 S8
Garnierite
(Mg,Fe,Ni)3 Si2 O5 (OH)4
Cobaltite CoAsS
Skutterudite (Co,Ni)As3-x
Cromite FeCr2 O4
Pirolusite MnO 2
Braunite Mn6 SiO 12
Arsenopirite FeAsS
Orpimento As2 S3
Stibina (antimonite) Sb2 S3
Bismutinite Bi2 S3
Molibdenite MoS2
Rutilo TiO 2
Ilmenite FeTiO 3
Tungsteno
Wolframite (Fe,Mn)WO 4
Scheelite CaWO 4
Vanadio
Vanadinite Pb5 (VO 4 )3 Cl
Carnotite K2 (UO 2 )2 V2O8 .1-3H2 O
Magnetite vanadifera
Uranio
Uraninite UO 2
Coffinite USiO 4
Carnotite
Miche di uranio X(UO 2 )2 (PO4 )2.
n H2 O; X=Ca, Cu…
Terre rare- Monazite (La,Ce…)PO4
ittrio
Xenotimo (Y, Yb…)PO4
Niobio
- Pirocloro-microlite (Na,Ca)2 (Nb,
tantalio
Ta)2 O6 (OH,F).nH2 O
Columbite-tantalite
(Fe,Mn) 2 (Nb,Ta)2 O6
Microscopia in luce riflessa
La maggioranza dei minerali metalliferi, in particolare solfuri e ossidi (oltrechè, ovviamente, i
metalli nativi) presentano un forte carattere metallico del legame. Pertanto, essi hanno molte
proprietà fisiche tipicamente “metalliche”, compresa l’opacità anche in sezione sottile. Di
conseguenza, uno strumento fondamentale per lo studio delle tessiture dei minerali metalliferi è
stato, e per molti versi è tutt’ora, il microscopio in luce riflessa, detto anche microscopio
metallografico. I principi fisici dell’ottica in luce riflessa sono molto più complessi dell’ottica in
luce trasmessa. Inoltre, alcune delle tipiche misure quantitative che è possibile eseguire
(microdurezza e potere riflettente) richiedono strumenti aggiuntivi abbastanza costosi. Pertanto, la
diagnostica in luce riflessa presenta maggiori problemi che in luce trasmessa, ed è per molti versi
più un’arte che una scienza, basandosi in larga misura sull’esperienza dell’osservatore.
La grandezza fondamentale dell’ottica in luce riflessa è il potere riflettente o riflettanza, definito
come
R = I/Io = (n- no )2 + k2
(n+no )2 + k2
dove I è l’intensità della luce riflessa, I o l’intensità della radiazione incidente, n e k sono,
rispettivamente, l’indice di rifrazione ed il coefficiente di assorbimento del materiale, e no è l’indice
di rifrazione del mezzo interposto tra il materiale e l’obiettivo (generalmente, aria, n÷1). Ne
consegue che i minerali trasparenti (basso k) sono in genere poco riflettenti e in luce riflessa
appaiono grigio-scuri, mentre i minerali opachi presentano i maggiori valori di R. Peraltro, sia n che
k, e quindi R, dipendono dalla lunghezza d’onda; se la luce incidente è policromatica, le variazioni
di R con la lunghezza d’onda risulteranno in una certa colorazione (in genere, abbastanza tenue) del
materiale. Inoltre, per le sostanze otticamente anisotrope, n e k variano anche secondo
l’orientazione cristallografica; pertanto, queste sostanza mostreranno pleocroismo di riflessione, e/o
biriflettanza (variazione del potere riflettente). A nicol incrociati, le sostanze anisotrope presentano
un fenomeno simile a quello osservato in luce trasmessa – alternanza, al ruotare del piatto, di
posizioni di minima luminosità e massima luminosità, con colori talora vivaci e spesso diagnostici;
inoltre, le sostanze non completamente opache potranno presentare un fenomeno del tutto
particolare, e spesso assai utile ai fini diagnostici, ossia una parziale emissione di luce dall’interno
del campione (riflessi interni). Un’ulteriore proprietà semiquantitativa è rappresentata dalla durezza
di politura, rilevabile con una tecnica simile alla linea di Becke in luce trasmessa, ancorchè basata
su un diverso principio fisico; come accennato, è possibile, mediante un’idonea strumentazione, una
misura quantitativa della durezza.
Bibliografia
Non esiste un testo dedicato specificamente ai minerali metalliferi nel senso qui adottato. Ogni buon
testo di mineralogia riporta peraltro le principali informazioni su tutti i minerali citati. Un’opera
recente ed autorevole è l’ultima versione del Dana’s Mineralogy – Gaines R.V., Skinner H.C.W.,
Foord E.E., Mason B., Rosenzweig A. (1997) - Dana’s new Mineralogy. Wiley & Sons, New York,
1819-xlv pp. Su Internet sono reperibili diversi database, abbastanza attendibili e aggiornati – es.
www.mindat.org, webmineral.com, ecc. Il sito www.uni- wuerzburg.de/mineralogie/links.html è un
po’ complesso, ma contiene molti collegamenti utili, non solo di mineralogia, ma per le scienze
della Terra in generale.
Esistono poi diversi testi di microscopia in luce riflessa, relativi sia ai principi e tecniche, che alle
caratteristiche dei vari minerali. Un ottimo manuale di base è Craig J.R. & Vaughan D.J. (1994) Ore microscopy and ore petrography, 2nd ed., Wiley, 448 pp. Un recente testo in italiano è
Venerandi I. (2001) - Corso di Minerografia, R. Cortina, 236 pp. Ottimi atlanti, corredati da
abbondante iconografia a colori , sono: Picot P. & Johan Z. (1977) - Atlas des Minéraux
Métalliques, Mémoires du Bureau de Géologiques et Miniéres, Elsevier, 90; Ixer R.A. (1990) Atlas of opaque and ore minerals in their associations, J. Wiley & Sons, 208 pp. Un eccellente
atlante virtuale è reperibile al sito Internet www.smenet.org/opaque-ore. Una base dati molto ricca,
ancorchè un po’ datata, delle proprietà ottiche in luce riflessa dei minerali è Criddle A. J. & Stanley
C. J. Eds. (1986) - The Quantitative Data File for Ore Minerals, London, British Museum (Natural
History). Un agile manualetto di riferimento diagnostico è Spry P.G. (1986) – Tables for the
determination of common opaque minerals (ottenibile tramite Economic Geology Back order
service, PO Box 68651, El Paso, TX, USA).