L`applicazione dell`approccio sistemico come strumento di supporto

Transcript

L`applicazione dell`approccio sistemico come strumento di supporto
COPYRIGHT © ANITA D’AGNOLO VALLAN 2013
ISBN 978-1-291-52417-8
Il contenuto di questo manuale è destinato esclusivamente per l'uso personale e non commerciale. Pertanto è
possibile acquisire una singola copia di questo manuale per uso personale, non commerciale, e non destinato ad
essere utilizzato per eventi pubblici aperti o ad accesso limitato, inclusi corsi di formazione e orientamento anche
a solo titolo gratuito, senza il consenso scritto dell'autrice. Non si può riprodurre in qualsiasi forma cartacea o
elettronica, vendere, pubblicare, distribuire, modificare, visualizzare, condividere, ripubblicare o altrimenti usare
qualsiasi parte del contenuto in qualsiasi modo o per qualsiasi altro scopo se non quello strettamente personale
e non commerciale, senza il consenso scritto dell'autrice. Le richieste riguardo all'uso del contenuto per fini
diversi da quelli personali e non commerciali devono essere indirizzate a [email protected].
fotografie di copertina di Andrea Rubini
fotografia della prima di copertina: Bakthapur, Kathmandu, Nepal
fotografia dell’ultima di copertina: Pashupatinah, Kathmandu, Nepal
MANUALE
DI
PROGETTAZIONE SISTEMICA
PER INTERVENTI DI SVILUPPO
E RAFFORZAMENTO DEI DIRITTI UMANI
Anita D’Agnolo Vallan
Sommario
BREVE INTRODUZIONE DELLA TEORIA DEI SISTEMI .............................................................................. 1
ISOMORFISMI FORMALI ........................................................................................................................ 4
1. IL CICLO DEL PROGETTO .................................................................................................................... 5
2. ANALISI.............................................................................................................................................. 6
2.1 Analisi degli attori ....................................................................................................................... 6
2.2 Analisi dei problemi................................................................................................................... 12
2.2.1 La lettura circolare dei problemi ........................................................................................ 12
2.2.2 I problemi connessi alla struttura relazionale dei sistemi .................................................. 16
2.2.3 I problemi connessi alla struttura organizzativa dei sistemi ............................................... 19
2.2.4 I problemi relativi alle violazioni di diritto .......................................................................... 21
2.3 Analisi degli obiettivi ................................................................................................................. 31
2.4 Analisi delle strategie ................................................................................................................ 31
2.5 Analisi dell’analisi ...................................................................................................................... 35
2.6 La fase dell’analisi per punti ...................................................................................................... 36
3. LOGICAL FRAMEWORK (Logframe) ................................................................................................. 38
3.1 Analisi dei bisogni e delle risorse dei sistemi in funzione degli obiettivi ................................... 45
3.1.1 Analisi di bisogni e risorse in termini di capacità dirette, tecnico scientifiche.................... 47
3.1.2 Analisi di bisogni e risorse in termini di capacità trasversali strutturali.............................. 48
3.1.3 Analisi dei bisogni e delle risorse per punti ........................................................................ 50
3.2.1 I tre concetti fondamentali in fase di elaborazione delle azioni: L’equilibrio dei sistemi,
l’identità e la relazione tra sistemi culturali differenti, la variabile costante del tempo. ............ 59
3.2.2 Elaborazione delle azioni di capacity building .................................................................... 77
3.2.3 Elaborazione delle azioni finalizzate a ridurre le violazioni di diritto .................................. 83
3.2.4 Il completamento del Logical framework ........................................................................... 85
4.IL CONCETTO DI PARTECIPAZIONE ................................................................................................... 87
5.L’APPLICAZIONE SINTETICA DELL’APPROCCIO SISTEMICO ............................................................... 99
GLOSSARIO DEI TERMINI ................................................................................................................... 101
BIBLIOGRAFIA.................................................................................................................................... 105
BREVE INTRODUZIONE DELLA TEORIA DEI
SISTEMI
La Teoria Generale dei Sistemi, fondata dal biologo austriaco Ludwig von Bertalanffy
(Teoria generale dei sistemi, 1968) e arricchita grazie alle applicazioni pratiche
condotte dall’equipe di ricercatori del Mental Research Institute di Palo Alto,
costituisce, per eccellenza, la scienza delle strutture e definisce con estrema
chiarezza le proprietà di un sistema. Essa ricorre al concetto matematico di funzione
(relazione di interdipendenza tra variabili diverse) sulla base del quale esamina i
rapporti che vengono a stabilirsi, di fatto, tra gli elementi diversi del sistema
considerato.
Con il termine “Sistema” si intende un insieme di oggetti e di regole relazionali ed
organizzative che ne determinano l’interazione, tale che un cambiamento in uno
degli oggetti stessi comporta, in qualche modo, un cambiamento su tutti. Un sistema,
dunque, è caratterizzato da due o più elementi che interagiscono reciprocamente,
secondo un modello di circolarità in base al quale ciascuno condiziona l'altro ed è da
esso, a sua volta, condizionato. Il significato di ogni singolo elemento non va
ricercato, pertanto, nell'elemento stesso, ma nel sistema di relazioni in cui è inserito.
La Teoria Generale dei Sistemi ha analizzato e messo in luce le proprietà trasversali
che sono comuni a tutti i sistemi esistenti (isomorfismi), svelando in maniera
estremamente chiara e concreta i meccanismi strutturali che determinano la nascita,
la sopravvivenza, la realtà, le caratteristiche, il comportamento, la reazione agli
stimoli esterni, l’equilibrio e il cambiamento di un sistema. Attraverso la Teoria dei
Sistemi è possibile comprendere cosa conduca un sistema a raggiungere
determinati obiettivi e cosa a fallire, cosa a parità di condizioni di partenza porti
sistemi simili a ottenere risultati estremamente diversi, quali dinamiche mantengano
un sistema in equilibrio, rendendolo stabile, e quali lo portino al collasso, come
rendere possibile un cambiamento all’interno di un sistema e quali rischi e limiti
questo processo implichi.
Proprio per la sua estrema concretezza, efficacia e trasversalità (sfruttabili
indistintamente in qualsiasi settore) l’approccio sistemico (ovvero una modalità
d’azione basata sulla considerazione di un sistema specifico e sulla conoscenza dei
suoi meccanismi di funzionamento) è divenuto comune a gran parte delle scienze e
delle discipline che trattano di interazioni.
Ragionare in un ottica sistemica significa spostare il pensiero dal singolo “elemento”
all’insieme di cui esso è parte, facendo riferimento costante alle regole strutturali che
ne determinano l’esistenza e i comportamenti. L’identificazione di questo insieme,
che corrisponde al sistema, avviene in relazione allo spazio in cui ci si muove e/o al
fenomeno al quale ci si sta riferendo. Un edificio costituisce un sistema, così come lo
sono una coppia, una famiglia, una scuola, un ufficio, un’associazione, una squadra,
uno specifico ambiente naturale, il contesto legislativo o economico di un paese, e
così via.
Ragionando in modo sistemico relativamente all’individuo, lo stesso comportamento
umano non è trattato come una costante dipendente unicamente dalla natura
intrinseca del singolo soggetto, ma come la modalità che quel singolo soggetto
1
utilizza per muoversi, in quel momento, all’interno di quel contesto relazionale.
Nessun essere umano, infatti, vive decontestualizzato da un sistema ed è pertanto
rischioso quanto fuorviante volerlo considerare come elemento singolo, a sé stante,
poiché tale attitudine implica un processo di astrazione e/o generalizzazione delle
sue caratteristiche, e azioni, che potrebbe portare alla perdita di informazioni
importanti, a volte determinanti per la comprensione di quanto accade.
Contestualizzare il fenomeno che si osserva all’interno del sistema in cui esso si sta
verificando costituisce un’attitudine piuttosto usuale per chi si muove nel campo delle
discipline scientifiche, mentre in ambito socio psico antropologico prevale ancora
spesso la tendenza a isolare le variabili. Propensione pressoché dominante anche
nella vita quotidiana, dove raramente i problemi e i fenomeni di vario genere trovano
una collocazione spazio temporale sufficientemente ampia per essere letti e gestiti in
modo realmente efficace.
Pensare sistemico significa interrompere il processo di isolamento degli elementi per
allargare il campo di osservazione, in modo tale da vedere cosa significhino quegli
stessi elementi, che sono oggetto del nostro interesse, all’interno del sistema al
quale essi appartengono, cosa un loro cambiamento potrebbe produrre sul sistema
e, viceversa, come un cambiamento sistemico potrebbe, a propria volta, modificarli.
Secondo Watzlawick, Beavin e Jealkson, “Un fenomeno resta inspiegabile finché il
campo di osservazione non è abbastanza ampio da includere il contesto in il
fenomeno si verifica. Se l’osservatore non si rende conto del viluppo di relazioni tra
un evento e la matrice in cui esso si verifica, tra un organismo ed il suo ambiente, o
è posto di fronte a qualcosa di misterioso, oppure è indotto ad attribuire al suo
oggetto di studio certe proprietà che l’oggetto non può avere. In biologia è un fatto
ormai accettato, mentre sembra che le scienze del comportamento umano
continuino in larga misura a basarsi sul metodo di isolare le variabili” 1.
Allargare il campo d’osservazione, dal singolo elemento al suo insieme, costituisce la
premessa di base dell’approccio sistemico. Una volta compiuto questo passo, la
teoria dei sistemi, attraverso l’utilizzo degli isomorfismi, offre un insieme di strumenti
estremamente utili per capire che cosa accada all’interno del sistema identificato, per
analizzare il fenomeno o il problema in oggetto, e per mettere in atto un processo di
cambiamento sostenibile ed efficace.
Se immaginiamo, ad esempio, di dover intervenire per contrastare un certo tipo di
violazione in un determinato paese, potremmo approcciare direttamente i gruppi
interessati (violatori o vittime), oppure ampliare lo sguardo per comprendere come la
violazione in oggetto possa verificarsi all’interno del sistema in cui intendiamo
intervenire, cosa permetta che essa si verifichi ripetutamente nel tempo e quali
dinamiche siano determinanti nel favorire questo genere di crimine. L’approccio
diretto alla violazione o ai gruppi violatori offre una serie abbastanza limitata di
possibilità di intervento e include l’elevato grado di rischio di mettere in atto azioni
non adatte a quell’ambiente, oppure non sostenibili. L’approccio al sistema moltiplica
gli spazi di intervento e la tipologia di possibili azioni per contrastare il fenomeno,
offre una panoramica di risorse disponibili nettamente maggiore, include tutti i
1
P. Watzlawick, J.H. Beavin, Don J. Jackson, Pragmatica della Comunicazione Umana, Astrolabio 1971, Roma,
pag.14.
2
soggetti come attori attivi e responsabilizza l’intero insieme rispetto a quanto accade,
rafforzando la fattibilità, l’efficacia e la sostenibilità dell’intervento.
“E’ come quando guardiamo qualcosa con un solo occhio oppure con due. Nel
secondo caso, combinando le visioni di tutti e due gli occhi, otteniamo quello che si
chiama profondità di campo”. (Gregory Bateson)
Agire in modo sistemico, dunque, amplia e rafforza il grado di consapevolezza
rispetto a come un determinato problema si sviluppi in un contesto specifico, a come
si possa eventualmente risolvere o gestire e a cosa le azioni messe in atto a questo
fine potrebbero produrre sull’insieme dei soggetti che ne sono parte. L’incremento
della consapevolezza, offre la possibilità di agire più responsabilmente, amplia le
opportunità di scelta e permette di valutare il possibile impatto positivo o negativo
delle potenziali azioni, e la relazione che intercorre tra l’interesse individuale (o il
pensiero soggettivo) e l’interesse collettivo sistemico, nel fare o non fare qualcosa.
L’applicazione della teoria dei sistemi all’analisi dei fenomeni umani e relativi
all’interazione tra uomo ed ambiente, si realizza attraverso tre fasi essenziali:
1) L’individuazione del sistema di interesse per l’oggetto di studio, e, se
necessario, del suo ambiente o dei suoi sottosistemi.
2) L’osservazione delle ridondanze dei sistema in oggetto, ovvero di tutti i
modelli di interazione e comportamento che regolano il sistema e lo
mantengono in equilibrio (quindi delle sue regole).
3) La considerazione degli isomorfismi formali nell’approccio al sistema (ovvero
alle modalità di funzionamento comuni a tutti i sistemi).
Nonostante nell’arco di un certo numero di anni la Sistemica abbia illuminato e
conquistato molteplici settori delle discipline umane, essa resta pressoché
sconosciuta al mondo della cooperazione internazionale per lo sviluppo e per la
realizzazione dei diritti umani.
Il manuale che segue propone l’applicazione della Teoria dei Sistemi a tutte le fasi
della progettazione di un intervento di sviluppo, per costruire azioni più efficienti,
funzionali, effettive e sostenibili, e per ridurre i costi e le risorse complessive
finalizzati al raggiungimento di obiettivi specifici.
Esso è destinato e dedicato a tutti coloro che affrontano quotidianamente le sfide
della progettazione cercando di definire al meglio i confini, i problemi, gli obbiettivi,
ed i percorsi e gli strumenti per raggiungerli. Di soppesare con cautela la relazione
tra l’impatto delle azioni ed il beneficio dei risultati prospettati. Di ridurre lo spreco di
investimenti sproporzionati agli obiettivi concretamente raggiunti. Di porsi domande
chiave e trovare risposte attente, di tutelare l’identità di ciascuno e limitare i danni
irreversibili di interventi che non tengono sufficientemente conto di due elementi
determinanti nei processi di cambiamento: la natura del contesto e dei soggetti
coinvolti.
3
ISOMORFISMI FORMALI
della Teoria dei Sistemi applicati alla progettazione2
1.Un sistema aperto è un insieme di oggetti e di relazioni tra gli oggetti ed i loro
attributi dove ogni parte è in rapporto tale con le parti che lo costituiscono che
qualunque cambiamento in una parte causa un cambiamento in tutte le parti del suo
sistema.
2.Quando si definisce un sistema è importante definire anche il suo ambiente.
L’ambiente di un dato sistema è costituito dall’insieme di tutti gli oggetti che sono tali
che un cambiamento nei loro attributi influenza il sistema e anche di quegli oggetti i
cui attributi sono cambiati dal comportamento del sistema.
3.Un sistema non può essere fatto coincidere con la somma delle sue parti, infatti,
l’analisi formale dei segmenti isolati artificialmente distruggerebbe l’oggetto stesso
dell’interesse. Questo perché un sistema non si comporta come un semplice
composto di elementi indipendenti, ma coerentemente come un tutto inscindibile.
(Princiopio di Non-Sommatività).
4.In un sistema aperto, l’aspetto che è importante non è il contenuto della relazione
in sé, ma l’aspetto di relazione della comunicazione.
5.In un sistema aperto, i risultati (da intendersi come modificazioni dello stato dopo
un certo periodo di tempo) non sono determinati tanto dalle condizioni iniziali quanto
dalla natura del processo o dai parametri del sistema. I risultati possono avere origini
diverse perché ciò che è determinante è la natura dell’organizzazione. Nei sistemi
aperti soltanto i parametri del sistema determinano lo stato che è indipendente dalle
condizioni iniziali. Non soltanto condizioni iniziali diverse possono produrre lo stesso
risultato finale, ma risultati diversi possono essere prodotti dalle stesse “cause".
(Princiopio di Equifinalità).
6.I sistemi variano con il variare del tempo ed al loro interno si modificano i bisogni.
7.Le qualità ed i comportamenti delle parti che compongono un sistema devono
essere letti come caratteristiche proprie del sistema stesso, sulla base delle quali si
regge il suo equilibrio complessivo.
8.Ciascun sistema tende a creare e mantenere al proprio interno una condizione di
stabilità ed equilibrio (omeostasi). Un sistema è stabile rispetto a certe sue variabili
se tali variabili tendono a restare entro certi limiti 3.
9.E’ fondamentale che ogni processo di cambiamento preveda una sorta di “stabilità
della variazione”).
10.L’approccio sistemico si basa su un movimento (sviluppo degli eventi, crescita,
ecc.) di tipo circolare.
2
Tratti dal testo: P. Watzlawick, J.H. Beavin, Don J. Jackson, Pragmatica della Comunicazione Umana,
Astrolabio 1971, Roma. La selezione, numerazione e consequenzialità degli isomorfismi è del tutto arbitraria ed è
stata effettuata in tale modo, in questo manuale, per questioni di efficacia e funzionalità per la progettazione.
3
Idem, pag. 124.
4
1. IL CICLO DEL PROGETTO
Per ciclo del progetto si intende comunemente un processo articolato in sei fasi.
PROGRAMMING
Si tratta della programmazione
delle politiche di sviluppo
mirate ad un determinato
paese (Country Strategy
Paper) oppure ad uno specifico
settore.
EVALUATION
IDENTIFICATION
Si tratta della produzione di
materiale relativo alla realizzazione
del progetto, fondamentale per
migliorare il progetto stesso, per
elaborare progetti futuri, per
potenziare le politiche degli enti
finanziatori e per integrare le nuove
linee guida dei Country Strategy
Paper.
Si tratta dell’insieme delle azioni
che includono gli studi di prefattibilità l’analisi e l’elaborazione
stessa del progetto (Logical
Framework).
IMPLEMENTATION
APPRAISAL
Si tratta della realizzazione concreta
del progetto. In questa fase è
fondamentale
il
monitoraggio,
necessario per permettere la messa
in atto di aggiustamenti, qualora
necessari, dovuti a cambiamenti o
altre circostanze che possono
influenzare il progetto o mettere a
rischio i sistemi coinvolti.
Si
tratta
dell’ultima
fase
progettuale, è una sorta di studio di
fattibilità
tecnica
(tecnologia
necessaria), istituzionale (istituzioni
di supporto o institution building),
economica (impatto economico
locale e sostenibilità) e finanziaria
(copertura totale dei costi) del
progetto.
FINANCIAL
Si
tratta
della
fase
di
finanziamento.
Perché
un
progetto possa accedere a
finanziamento è necessario che:
1.Soddisfi le politiche generali dei
degli enti finanziatori;
2.Soddisfi i reali bisogni dei
sistemi target senza rischi per gli
equilibri locali;
3.Sia fattibile;
4.Sia sostenibile;
5
2. ANALISI
La fase di analisi si divide in cinque passaggi fondamentali: Analisi degli attori,
analisi dei problemi, analisi degli obiettivi, analisi delle strategie, ed analisi
dell’analisi.
2.1 Analisi degli attori
L’approccio sistemico si rapporta a qualsiasi tipo di “fenomeno” considerandolo non
come elemento singolo, ma come parte di un “tutto”. Questo “tutto” è il suo sistema
di appartenenza.
La fase di analisi di un progetto si apre con l’individuazione di quelli che sono gli
attori (gruppi) coinvolti nel fenomeno/problema che l’intervento intende affrontare. A
questo stadio, il primo importante passaggio che l’utilizzo dell’approccio sistemico
comporta consiste nello spostamento dell’attenzione dai “gruppi” ai “sistemi”.
Perché tale passaggio sia possibile, è fondamentale, innanzitutto, capire
esattamente che cosa sia un sistema e cosa significhi includerlo all’interno di un
progetto di sviluppo.
Un sistema aperto è:
“Un insieme di oggetti e di relazioni tra gli oggetti ed i loro attributi”4 dove
“ogni parte è in rapporto tale con le parti che lo costituiscono che qualunque
cambiamento in una parte causa un cambiamento in tutte le parti del suo
sistema”5
Esempio pratico 1.: Il valore aggiunto di lavorare con i sistemi.
Spostiamoci in Nepal e prendiamo come esempio il diritto allo studio, Articolo 26 della Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani:
Ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le
classi elementari e fondamentali. L'istruzione elementare deve essere obbligatoria.
L’obbligatorietà scolastica del ciclo primario costituisce, dunque, una condizione necessaria per la
realizzazione del diritto allo studio.
Qui, come in moltissimi altri contesti poveri, i bambini sin da piccoli, soprattutto nelle zone rurali,
partecipano in modo determinante alla sopravvivenza dei nuclei famigliari. Spesso le bambine si
fanno carico dei lavori domestici. La ricerca dell’acqua, la raccolta di materiale combustibile, la
pulizia della casa e la cura dei fratelli minori, sono solo una parte dell’incombente impegno che
spetta loro nell’arco di una giornata. Inoltre, non capita di rado che bambine e bambini contribuiscano
anche alla realtà economica dell’intero nucleo, aiutando i genitori nella loro attività oppure attraverso
un impiego remunerativo al di fuori delle mura domestiche. In Nepal, infatti, similmente a ciò che
avviene in altri paesi in via di sviluppo, spesso i bambini trovano lavoro più facilmente dei genitori,
4
P. Watzlawick, J.H. Beavin, Don J. Jackson, Pragmatica della Comunicazione Umana, Astrolabio 1971, Roma,
pag.110.
5
P. Watzlawick, J.H. Beavin, Don J. Jackson, Pragmatica della Comunicazione Umana, Astrolabio 1971, Roma,
pag. 113.
6
diventando l’unica fonte di reddito nel sistema-famiglia. Se questa viene a mancare saltano gli
equilibri ed il nucleo famigliare può doversi confrontare con scelte obbligate che potrebbero portalo al
suo stesso collasso, come l’emigrazione forzata di alcuni componenti (generalmente uomini che
lasciano sulle donne tutto il carico famigliare) o il coinvolgimento in situazioni lavorative caratterizzate
da sfruttamento ed elevato grado di rischio (generalmente minori che cadono nelle reti del traffico di
esseri umani), con conseguenze nocive, a catena, sull’intera comunità d’appartenenza. La
realizzazione del diritto allo studio implica la frequenza scolastica obbligatoria da parte dei bambini,
ma la frequenza scolastica dei bambini può trasformarsi, in casi come quello appena descritto, in un
obiettivo irrealizzabile, oppure in una concausa di collasso degli equilibri famigliari e,
successivamente, collettivi.
Risulta abbastanza chiaro, dunque, come un cambiamento radicale nella vita quotidiana del bambino
produca un grosso cambiamento sulla realtà della sua famiglia d’appartenenza, e come quest’ultima,
a propria volta, possa viceversa favorire, limitare o contrastare la realizzazione e la sostenibilità del
cambiamento stesso nella vita del bambino. Se egli non verrà alleggerito, dal suo nucleo famigliare,
di almeno parte dei compiti infra ed extra domestici a lui assegnati durante la giornata, difficilmente
riuscirà a raggiungere e frequentare la scuola in modo regolare, studiare ed imparare. Se il nucleo
famigliare non sarà in grado di sopperire alla riduzione del contributo lavorativo infra ed extra
domestico del bambino, dovuto al suo impegno scolastico, difficilmente riuscirà a preservare la
propria stabilità, mantenendosi in equilibrio.
Pertanto, il coinvolgimento dell’intero sistema famigliare è fondamentale per la concreta
realizzazione di un cambiamento sostenibile nel lungo periodo.
Nonostante l’evidenza degli elementi sopra decritti, che concorrono a determinare questo tipo di
situazioni diffuse e ricorrenti, i processi/interventi per la realizzazione del diritto allo studio continuano
a focalizzare la propria attenzione prevalentemente su singoli gruppi (bambini, madri, ecc) estrapolati
dal proprio contesto sistemico (l’intera famiglia in questo caso). Questo atteggiamento di base
spesso contribuisce al verificarsi di una delle due situazioni che seguono:
1. L’abbandono scolastico da parte del bambino.
2. Il runaway (collasso) del suo sistema di riferimento (la famiglia).
Benché il tasso di iscrizione al ciclo primario, in Nepal, sia più che soddisfacente (oltre al 95%),
quello relativo all’abbandono scolastico permane su cifre estremamente elevate ed allarmanti. Il 50%
dei bambini, infatti, lascia la scuola durante i primi due anni di frequenza. Se si tiene conto che tale
dato corrisponde alla media nazionale e che nei centri urbani si tratta di un fenomeno poco
frequente, risulta evidente che nelle aree rurali (dove risiede l’80% della popolazione nazionale) i
bambini esclusi dall’istruzione raggiungono stime che superano l’85%.
Statistiche di questo tipo hanno stimolato, negli ultimi anni, la realizzazione di numerosi interventi
finalizzati ad abbattere il tasso di abbandono scolastico nelle aree più remote del paese.
La tipologia dei progetti realizzati si è succeduta ed alternata a diversi livelli, rimanendo però
fondamentalmente circoscritta al:
1) Solo coinvolgimento di alcuni membri dei nuclei famigliari, che quindi non sono stati
approcciati nella loro interezza in quanto sistemi;
2) Cambiamento delle condizioni esterne ai nuclei famigliari (ad esempio la costruzione di
scuole), oppure interne (ad esempio il miglioramento della realtà economica), ma che non
incidevano direttamente e/o necessariamente, sulle regole strutturali (relazionali ed
organizzative) dei nuclei stessi.
Questo tipo di approccio ha limitato fortemente il potenziale impatto finale delle azioni, lasciando, per
lo più, i tassi di abbandono scolastico su livelli sostanzialmente invariati, con il conseguente spreco di
buona parte delle risorse complessivamente investite.
Per produrre un cambiamento reale, e di lungo periodo, è fondamentale intervenire sui sistemi,
lavorando sulle strutture interne (organizzative e relazionali) che li regolano. Migliorare le condizioni
esterne ed interne di vita delle famiglie non significa, infatti, che automaticamente queste ultime
modificheranno le proprie regole strutturali implicite ed esplicite. Questo non vuol dire, ovviamente,
che aumentare il numero di scuole e/o ridurre il livello di povertà dei nuclei interessati sia poco
7
importante, ma semplicemente che può risultare solo parzialmente incisivo, come di fatto si è spesso
dimostrato essere, se parallelamente non si supportano i sistemi in un processo di modifica delle
regole strutturali interne tale da favorire il reale raggiungimento dell’obbiettivo finale, ovvero la
frequenza scolastica dei bambini.
L’allargamento del campo di osservazione a livello di sistema favorisce la possibilità di:
a.
b.
c.
d.
Valutare il possibile impatto complessivo che l’applicazione dell’obbligatorietà
scolastica per il ciclo primario potrebbe avere sul sistema target e sul suo ambiente.
Identificare, in modo più ampio ed integrato, i possibili ostacoli alla reale
applicazione della legge da parte del sistema target.
Identificare, in modo più ampio ed integrato, i possibili rischi in cui potrebbero
incorrere il sistema target ed il suo ambiente.
Valutare i bisogni dell’intero sistema target affinché esso possa favorire la
realizzazione della normativa sull’obbligatorietà scolastica limitando i possibili rischi.
L’esempio qui riportato è estremamente semplificato e ciò potrebbe, ad una prima lettura, far
apparire alcuni di questi primi passaggi, che l’approccio sistemico implica, come scontati ed evidenti.
Ma in contesti d’intervento maggiormente complessi (che poi di fatto corrispondono alla reale natura
di gran parte dei progetti) la possibilità di osservare e considerare un certo numero di elementi
chiave e le loro interconnessioni, non è così automatica, deduttiva né semplice, senza il supporto di
un metodo adeguatamente strutturato. L’approccio sistemico fornisce questo tipo di struttura, e,
paragrafo dopo paragrafo, vedremo in che modo.
Partendo, dunque, dalla definizione stessa di sistema:
“Un insieme di oggetti (individui) e di relazioni tra gli oggetti ed i loro attributi
(comportamenti)” dove “ogni parte (individuo) è in rapporto tale con le parti che
lo costituiscono (altri individui) che qualunque cambiamento in una parte causa
un cambiamento in tutte le parti del suo sistema”
L’applicazione dell’approccio sistemico in questa fase iniziale di analisi implica:
1.L’identificazione dei diversi attori/gruppi coinvolti nel fenomeno che si intende
affrontare:
2.Il collocamento degli stessi attori all’interno dei sistemi individuati come rispettivi
sistemi d’appartenenza.
3.La definizione della relazione tra sistemi disponendoli graficamente in ambiente,
sistemi e sottosistemi.
Esempio pratico 2.: Come individuare i sistemi.
Con riferimento all’esempio utilizzato nella Tabella B., relativa al fenomeno del traffico sessuale di
minori in Nepal, dall’analisi degli attori emergono alcuni gruppi chiave il cui ruolo risulta essere
particolarmente importante rispetto al problema in questione: il Governo, le autorità ed i servizi
pubblici, le organizzazioni nazionali e locali di società civile, i servizi privati chiave, la polizia, i
trafficanti, le famiglie a rischio o vittime, i parenti attivamente coinvolti nel reclutamento delle
ragazzine, la polizia locale implicata (attraverso il coinvolgimento di singoli agenti) nel supporto ai
trafficanti, la popolazione locale, le minori.
I gruppi identificati (in quanto attori coinvolti nel fenomeno del traffico) vengono organizzati
all’interno di tre sistemi individuati come i loro sistemi d’appartenenza: Il sistema Stato (Governo,
autorità e servizi pubblici, polizia, organizzazioni nazionali di società civile, trafficanti
nazionali/internazionali), il sistema comunità (Popolazione locale, polizia locale, organizzazioni locali
di società civile, trafficanti locali), il sistema famiglia (famiglie coinvolte e a rischio, i parenti
8
attivamente coinvolti nel reclutamento delle ragazzine, le minori).
Questi tre sistemi sono in stretta correlazione tra loro e tale relazione viene graficamente esplicitata
attraverso la realizzazione concentrica di sistemi e sottosistemi contenuti l’uno dentro l’altro.
Sistema Famiglia:
Famiglie coinvolte e/o rischio
Parenti coinvolti nel reclutamento vittime
Minori
Sistema Comunità:
Popolazione locale
Polizia locale
CSO locali
Trafficanti locali
Sistema Stato:
Governo
Autorità e servizi pubblici
Polizia
CSO nazionali
Trafficanti nazionali/internazionali
Se prendiamo, ad esempio, i parenti attivamente coinvolti nel reclutamento delle ragazzine, è
abbastanza evidente che essi appartengano anche ai sistemi Comunità e Stato, ma è altrettanto
palese che l’impatto delle loro azioni (sempre con riferimento ovviamente al fenomeno del traffico)
sia maggiormente diretto e determinante sulle famiglie i cui componenti cadono vittima dei loro
raggiri. Un cambiamento di comportamento da parte dei primi (quindi di famigliari che potrebbero
decidere di supportare i trafficanti nel reclutamento di ragazzine appartenenti al proprio nucleo,
traendone vantaggio economico, oppure di smettere di farlo) è destinato ad apportare un
cambiamento radicale sulla vita dei secondi (quindi delle famiglie le cui minori cadranno o non
cadranno più nelle reti del traffico sessuale). L’impatto comportamentale dei famigliari complici dei
trafficanti si riduce se ci si sposta al livello superiore di Sistema Comunità e, ancor più, di Sistema
Stato, dove il fenomeno diventa rilevante solo nel momento in cui i famigliari stessi cominciano a
costituire gruppi relativamente numerosi. Ne consegue, pertanto, che i parenti coinvolti nel
reclutamento delle vittime debbano essere collocati nel sistema famiglia.
Per la definizione stessa di sistema, infatti, ciascun attore è collocato all’interno di quel sistema in cui
i suoi comportamenti esercitano un impatto maggiormente diretto e determinante sulle altri parti che
compongono il sistema stesso. Ovviamente, il grado di “impatto” è misurato rispetto al
problema/fenomeno che si sta affrontando.
L’applicazione dell’approccio sistemico comporta, dunque, un primo cambiamento
importante nella struttura di un progetto, ovvero lo spostamento dell’osservazione dai
gruppi stakeholder/target/beneficiari ai sistemi stakeholder6/target7/beneficiari8.
6
I sistemi stakeholder sono tutti quelli che, in un qualche modo, avranno una qualche relazione con il progetto.
I sistemi target sono quei sistemi che beneficiano direttamente e nel breve periodo dell’implementazione delle
azioni.
8
I sistemi beneficiari sono tutti quelli che beneficiano dell’implementazione delle azioni (direttamente o meno,
nel breve e nel lungo periodo. Al loro interno sono dunque inclusi anche i sistemi target). Quando si parla, però,
di beneficiari, si intendono comunemente i beneficiari finali, ovvero quei sistemi che beneficeranno nel lungo
periodo del progetto, ai quali si rivolge, generalmente, l’obiettivo specifico.
7
9
Una volta individuati tutti i sistemi rilevanti rispetto al fenomeno in oggetto, si
potranno, infatti, definire con chiarezza i sistemi target (quelli a cui si rivolge
direttamente l’azione), i beneficiari finali (i sistemi che traggono vantaggio
dall’implementazione delle azioni) e gli stakeholder (i sistemi che, in qualche modo,
sono coinvolti nel progetto).
Durante tutto il corso di questa dissertazione vedremo e capiremo cosa questo
implichi concretamente, sia nella strutturazione di un intervento, sia in termini di
valore aggiunto complessivo.
Dopo aver identificato i sistemi, è fondamentale inquadrare l’ambiente a cui essi
appartengono, ovvero il loro contesto.
“Quando si definisce un sistema è importante definire anche il suo ambiente.
Sempre secondo Hall e Fagen: “L’ambiente di un dato sistema è costituito
dall’insieme di tutti gli oggetti che sono tali che un cambiamento nei loro attributi
influenza il sistema e anche di quegli oggetti i cui attributi sono cambiati dal
comportamento del sistema”9.
La definizione dell’ambiente è importante per contestualizzare maggiormente
l’intervento e quindi mantenere come riferimento costante il contesto nel quale le
azioni verranno implementate.
L’identificazione dell’ambiente è un’operazione estremamente flessibile, come del
resto lo è l’intero approccio sistemico, che varia in base alla natura dell’obiettivo
finale e dei sistemi target individuati.
Riprendendo come esempio il fenomeno del traffico di minori in Nepal, una volta
individuati i tre sistemi di riferimento, se si volesse intervenire all’interno del sistema
famiglia e/o del sistema comunità (che diventerebbero quindi sistemi target), il
sistema stato potrebbe essere considerato come “ambiente”, quindi come riferimento
costante del contesto in cui ha luogo l’implementazione un ipotetico intervento.
In un progetto finalizzato all’economic empowerment delle donne in un’area
circoscritta di un dato paese, i sistemi target potrebbero essere, ad esempio, quello
famigliare e/o comunitario, mentre l’ambiente potrebbe coincidere con la realtà
economica di quella stessa zona.
L’individuazione iniziale di tutti i sistemi coinvolti nel fenomeno/problema che si
intende affrontare, ed il loro collocamento relazionale in qualità di ambienti, sistemi e
sottosistemi, è fondamentale per diverse ragioni. Innanzitutto favorisce la possibilità
di definire in modo più chiaro i sistemi stakeholder, target e beneficiari finali (che
saranno così selezionati), chiarendo l’interrelazione che sussiste tra essi. In secondo
luogo offre una panoramica completa degli attori coinvolti, permettendo di valutare il
possibile impatto delle azioni progettuali anche su quei sistemi che potranno non
essere considerati stakeholder, ma che hanno, comunque, un ruolo più o meno
determinante sulla natura del fenomeno in oggetto e che quindi è fondamentale
considerare in fase di analisi. Infine, fornisce una base di partenza per l’analisi dei
9
P. Watzlawick, J.H. Beavin, Don J. Jackson, Pragmatica della Comunicazione Umana, Astrolabio 1971, Roma,
pag. 111.
10
problemi che, come vedremo nel paragrafo successivo, verranno distribuiti a diversi
livelli sistemici.
Come evidenziato, l’applicazione dell’approccio sistemico parte, quindi, dal
focalizzare l’attenzione sui sistemi (e non più su singoli gruppi), che in fase di analisi
significa individuare gli attori coinvolti nel fenomeno in oggetto ed i rispettivi sistemi
di appartenenza, ed organizzarli graficamente in un preciso rapporto relazionale
(ambienti-sistemi-sottosistemi), sulla base del quale verrà successivamente
elaborato lo studio dei problemi, degli obiettivi e delle strategie.
Questo primo procedimento favorisce sin da subito l’ampliamento del campo
d’osservazione perché permette di includere nell’analisi: attori che appartengono ai
sistemi dei gruppi target, ma che, non rientrando negli stessi gruppi specifici, non
sarebbero stati sufficientemente considerati; interi sistemi che non rientrano negli
stakeholder e che quindi, ugualmente, l’approccio tradizionale non prenderebbe in
considerazione.
11
2.2 Analisi dei problemi
2.2.1 La lettura circolare dei problemi
L’approccio sistemico si basa su un movimento (sviluppo degli eventi,
crescita, ecc.) di tipo “circolare”10.
In una catena, l’evento “a” produce l’evento “b”, che produce l’evento “c”, che a
propria volta produce l’evento “a”.
Il movimento non si sviluppa più, dunque, in senso lineare.
“a”
“b”
“c”…
L’abbandono del movimento lineare, a favore di quello circolare, comporta una serie
di conseguenze estremamente importanti in fase di analisi dei problemi.
10
Il concetto di circolarità si pone perfettamente in linea con il principio di interdipendenza dei diritti umani.
Ciascun diritto, per essere realizzato appieno, necessità della completa realizzazione dell’insieme di tutti i diritti.
Una grossa e persistente violazione di un diritto è altamente probabile che implichi l’impossibilità della piena
realizzazione di altri diritti, situazione che tornerà ad incidere negativamente sulla violazione iniziale.
In realtà, il movimento circolare non si adatta perfettamente solo alla natura dei diritti umani, bensì all’intero ciclo
di sviluppo in un qualsiasi contesto. Anzi, sarebbe forse più corretto dire che lo stesso sviluppo è circolare.
Proviamo a partire dall’istruzione, ad esempio. Se aumenta il livello di istruzione in un dato ambiente, è ormai
ufficialmente dimostrato che si riduce il numero delle nascite ed aumentano le prospettive lavorative. Maggiore
istruzione, quindi, minor tasso di fertilità e potenziali maggiori risorse economiche. Se decrescono le nascite i
nuclei famigliari necessitano di meno risorse per sopravvivere e si riduce in questo modo l’impatto delle comunità
sull’ambiente circostante in termini di sfruttamento, con il conseguente aumento delle risorse naturali a
disposizione ed il miglioramento delle condizioni di vita. Migliorando le condizioni di vita complessive cresce la
possibilità di accedere allo studio e quindi anche il livello generale d’istruzione. Ed il ciclo si innesca nuovamente.
Il premio Nobel indiano per l’economia, Amartya Sen, assimila il complesso concetto di sviluppo alla libertà di
scelta di ogni individuo e di controllo sulla propria vita. Maggiori sono le possibilità di scelta ed auto
determinazione, maggiore è il livello di sviluppo. Sempre secondo l’economista indiano, quelle che lui definisce
come “freedom of choice and control of one’s own life”, sono determinate da un’insieme di fattori articolati,
strettamente interdipendenti tra loro ed interconnessi attraverso movimenti circolari.
Lo stesso life cycle project si struttura su un modello di crescita circolare che parte, si conclude e ricomincia nella
fase di Programming.
12
Innanzitutto nell’analisi dei problemi che concorrono all’esistenza di un determinato
fenomeno in uno o più sistemi, non sussiste più un ragionamento logico di inizio e
fine da prendere in considerazione, ma una serie di eventi interconnessi e
determinanti gli uni sugli altri.
Questo approccio prende le distanze dalla concezione lineare deterministica,
secondo la quale gli eventi (fenomeni) si rapportano tra loro essenzialmente in una
relazione consequenziale di causa ed effetto. Nello studio sistemico degli eventi
(fenomeni), il concetto di origine e di causa scatenante perdono di interesse, mentre
l’attenzione si concentra sulla natura delle dinamiche che rendono possibile
l’esistenza del fenomeno d’interesse all’interno di un sistema (o di un ambiente) di
riferimento.
Quindi, le domande che orientano l’osservazione e l’analisi dei problemi dovrebbero
tendere il più possibile a focalizzarsi su “come” il fenomeno in oggetto nasca
all’interno di un dato sistema, piuttosto che sul “a causa di chi/cosa” o “perché” tale
fenomeno abbia origine. Il “come” va inteso nel senso di “quali meccanismi” di quel
sistema determinano, al proprio interno, lo sviluppo del fenomeno in oggetto. In
questo modo, l’analisi dei problemi permette di osservare ed includere le regole
sistemiche strutturali più rilevanti (dove la rilevanza è valutata in relazione al
fenomeno in oggetto) a fini progettuali, e conoscere tali regole rappresenta la
condizione necessaria per poter individuare lo spazio all’interno del quale realizzare
un reale cambiamento che abbia un impatto sostanziale, durevole e sostenibile sul
problema in questione. Se il cambiamento, infatti, include la modifica di un certo
numero di regole chiave (che incidono sulla natura del fenomeno), tale modifica si
ripercuoterà, direttamente, sulle strutture relazionali ed organizzative che reggono il
sistema. Se il cambiamento si limita, invece, a modificare le sole condizioni in cui il
sistema vive (ad esempio riducendo il livello di povertà, incrementando l’accesso ai
servizi o all’informazione, ecc), trascurando le regole interne e quindi le strutture
sistemiche, si riducono sia l’impatto sul fenomeno in oggetto che la sostenibilità dei
risultati nel lungo periodo. Infine, una modifica all’interno delle strutture organizzative
e relazionali permette al sistema target di sviluppare e gestire un proprio processo
autonomo di crescita che si potrà ripercuotere positivamente, nel tempo, anche in
settori diversi da quello strettamente interessato dall’intervento.
Nonostante la circolarità costituisca un concetto fondamentale nei settori dello
sviluppo e dei diritti umani, essa è rimasta fino ad oggi per lo più confinata alla sfera
di approccio teorico, mentre, gli strumenti di uso pratico, in ambito progettuale, si
rifanno essenzialmente a modelli di tipo causale lineare.
Basti pensare, ad esempio, all’albero dei problemi (Tavole A.,C. ed E.). Esso è uno
strumento unidirezionale, che si sviluppa dal basso verso l’alto, e che dovrebbe aver
la funzione di individuare le cause e le conseguenze, in un dato contesto, del
fenomeno che si intende affrontare. Sulla base dell’albero dei problemi, viene
successivamente sviluppato l’albero delle soluzioni. Il grafico rimane invariato, ma
questa volta le caselle rappresentano la situazione ottimale rispetto a quel contesto
di studio. L’albero delle soluzioni serve per individuare, con maggiore chiarezza,
quelli che vengono chiamati “clusters”, ovvero le strategie, le aree specifiche
all’interno delle quali si intende agire per produrre un cambiamento finalizzato a
migliorare le condizioni relative al fenomeno in oggetto. L’albero dei problemi e
quello delle soluzioni si dipanano attraverso un movimento lineare, unidirezionale,
13
deterministico - causale. Benché la loro funzione sia quella di chiarire e semplificare
al massimo una certa situazione, per far luce su dinamiche non sempre scontate, la
traduzione di una realtà in relazioni lineari di causa ed effetto può comportare il
grosso rischio di omettere interrelazioni importanti, precludendo la possibilità di
utilizzo dell’approccio sistemico.
Come si può facilmente evincere dal confronto tra le due metodologie di analisi del
traffico di minori in Nepal, la struttura dello studio muta radicalmente.
L’albero dei problemi individua una serie di situazioni problematiche che sono
considerate la base del fenomeno che si vuole spiegare e che generano, in un
rapporto causale e temporale lineare, un’insieme di conseguenze determinanti, a
propria volta, il traffico sessuale di minori, graficamente rappresentato in posizione
più o meno centrale. A partire da quest’ultimo si succedono gli effetti negativi
principali del fenomeno in questione. La struttura si suddivide così in due emisferi
distinti, quello delle cause e quello delle conseguenze, articolati su un unico piano
che vede rappresentati insieme attori e contesti estremamente differenti tra loro.
Il cerchio sistemico dei problemi (Tavole B., D. ed F.) si articola in modo molto
diverso:
-
Suddivide gli attori direttamente ed indirettamente coinvolti dal fenomeno
all’interno dei sistemi individuati (in fase di analisi degli attori) come sistemi
d’appartenenza;
-
Organizza l’analisi dei problemi connessi al traffico su piani diversi che
corrispondono ai vari sistemi individuati all’interno dei quali tali problemi si
verificano;
-
Lo sviluppo delle problematiche avviene in senso circolare secondo una
relazione di causa ed effetto. Ciascun elemento (o problema), dunque, agisce
determinando una serie di conseguenze dalle quali è, a sua volta, influenzato.
Questo tipo di approccio favorisce la possibilità di:
A. Capire quali siano le regole, le dinamiche (relazionali ed organizzative) ed i
fattori chiave che, all’interno di ciascun sistema individuato, scatenano il
fenomeno in oggetto e che possono variare in maniera importante da sistema
a sistema. Questo permette, nella fase successiva (individuazione dei clusters
all’interno dei quali si vuole intervenire) di definire in modo chiaro a quali livelli
ci si deve muovere per affrontare quel tipo di problemi;
B. Definire i ruoli di ciascun sistema nel determinare l’esistenza e la natura del
fenomeno in oggetto;
C. Individuare i problemi (caratterizzati dalla natura delle dinamiche relazionali
ed organizzative) che si ripetono a diversi livelli nei sistemi considerati, e che,
quindi, potrebbero risultare essere particolarmente importanti nella
determinazione del fenomeno in oggetto;
D. Definire in modo più chiaro come un ipotetico cambiamento, in relazione ad
uno o più problemi determinanti il fenomeno in oggetto, possa riflettersi sul
14
sistema e che tipo di impatto possa avere anche su quelle che nell’Albero dei
Problemi sono individuate come cause di base e che non forniscono quindi
indicatori di cambiamento;
E. Delineare in modo più chiaro alcune sfaccettature importanti del fenomeno in
oggetto. Nell’Albero dei Problemi, infatti, i limiti grafici e di contenuto portano
alla definizione delle problematiche connesse al fenomeno traffico di minori in
modo molto più generico.
Esempio pratico 3.: Confronto tra Albero dei Problemi (Tavola A.C.E.) e Cerchio Sistemico dei
Problemi (Tavola B.D.F.) come strumenti di analisi per lo studio del traffico di minori a scopi
sessuali in Nepal.
Una volta realizzati gli Alberi dei Problemi e delle Soluzioni, si decide di focalizzare l’attenzione, per
esempio, sulle problematiche relative all’informazione.
Dal grafico C. (Albero dei Problemi) emerge, effettivamente, che l’insufficiente informazione della
popolazione costituisce un problema di base, e che sussiste anche una difficoltà da parte della
polizia e delle autorità pubbliche nell’ottenere informazioni dalla popolazione stessa. Questa difficoltà
sembra trovare origine nella scarsa relazione tra le parti coinvolte e nella mancanza di strumenti
appropriati da parte delle autorità pubbliche.
Dal grafico D. (Cerchio sistemico dei Problemi) emerge una situazione più articolata: 1.La mancanza
di informazione si ripete su tutti e tre i livelli sistemici individuati, dimostrando, quindi, di essere un
fattore alquanto importante da considerare; 2.Nell’ambito del sistema famigliare essa sembra
connessa ad una condizione di vulnerabilità complessiva dei nuclei a rischio che limita il loro accesso
a strumenti e contenuti conoscitivi fondamentali per effettuare scelte di vita più sicure. Canali di
informazione adeguati, quindi, non raggiungono la popolazione e la stessa non accede a strumenti
informativi importanti. Le potenziali vittime rischiano così di cadere facilmente nelle reti del hard
trafficking che le catturano attraverso false promesse di lavoro o matrimonio. Su questo fenomeno,
però, incide anche l’interesse di un certo numero di genitori o famigliari (che traggono un vantaggio
economico aiutando i trafficanti a reclutare le ragazze) nel mantenere all’oscuro le potenziali vittime e
le persone ad esse vicine che potrebbero proteggerle. Questa situazione è fortemente determinata
(e contribuisce a determinare in modo altrettanto importante) dal fenomeno del soft trafficking che
avviene proprio attraverso la complicità di un genitore o di un parente stretto il quale autorizza la
vendita della giovane, o fa da intermediario, e ne incassa il ricavato; 3. Nell’ambito del sistema
comunità, sulla scarsa informazione incidono fattori diversi. I mercanti del sesso modificano spesso
le traiettorie e le modalità d’azione, per mantenersi nell’ombra il più a lungo possibile. Questo
complica la possibilità di definire e descrivere il fenomeno, e quindi di conoscerne e riconoscerne i
meccanismi, favorendo così l’agire dei criminali. Inoltre, la relazione non buona tra comunità e polizia
(dovuta essenzialmente al coinvolgimento di alcuni agenti nel mercato dei minori ed alla poca fiducia
da parte della popolazione) limita fortemente la comunicazione e quindi il passaggio di informazioni;
4. A livello di sistema stato compaiono ulteriori elementi importanti, soprattutto in merito alla
relazione tra popolazione ed autorità (polizia) e strutture pubbliche chiave. Queste ultime non
possiedono strumenti adeguati per costruire una relazione di tipo collaborativo con la popolazione, e
tale mancanza di scambio e comunicazione incide negativamente sulla quantità e sulla qualità di
informazioni di cui la polizia e le autorità possono disporre per la lotta al fenomeno e la persecuzione
dei violatori.
La quantità e la tipologia di dettagli importanti che risultano dai due approcci è palesemente molto
diversa. E, soprattutto, oltre a mettere in luce un problema importante, ovvero la “mancanza di
informazione”, il Cerchio Sistemico dei Problemi favorisce la possibilità di capire “come” la mancanza
di informazione si verifichi all’interno dei diversi sistemi e “come” esse contribuisca allo sviluppo del
traffico.
Grazie a questo tipo di analisi emergono, dunque, regole/dinamiche sistemiche organizzative e
relazionali importanti e differenti, ed è al loro interno che ci si deve muovere per innescare un
cambiamento strutturale reale e sostenibile: L’informazione, così come è organizzata, non raggiunge
15
le famiglie a rischio; Alcuni famigliari organizzano la propria attività di supporto al traffico anche
oscurando l’informazione delle famiglie; I trafficanti modificano spesso le loro modalità d’azione in
modo da poter agire nell’ombra, e quindi le informazioni di cui le comunità dispongono a questo
proposito rispecchiano solo relativamente la realtà del momento; La relazione tra polizia locale e
società civile è inadeguata a contrastare il fenomeno del traffico; La relazione tra polizia e strutture
pubbliche nazionali, e la popolazione non favorisce collaborazione e passaggio di informazioni
reciproche.
In fase di analisi dei problemi, dunque:
1) E’ necessario concentrarsi il più possibile su “come” il fenomeno in oggetto
venga ad esistere all’interno dei sistemi, attraverso quali regole e dinamiche
relazionali ed organizzative (che vedremo meglio nel dettaglio nei due
paragrafi successivi) esso abbia origine e si sviluppi.
2) I problemi individuati sono collocati all’interno dei sistemi (identificati in fase di
analisi degli attori) nei quali si sviluppano, secondo una relazione di causalità
circolare. Se emergono problemi specifici che non si riescono a collocare
all’interno dei sistemi individuati significa che durante l’analisi degli attori non
sono stati presi in considerazione tutti i sistemi realmente coinvolti dal
fenomeno, e che bisogna, quindi, procedere ad uno studio più accurato. Uno
stesso problema potrà emergere a più livelli sistemici, ovviamente connesso a
meccanismi relazionali e/o organizzativi diversi. Viceversa, se non si riescono
a collocare specifici problemi all’interno di tutti i sistemi individuati in fase di
analisi degli attori, questo può significare una delle due ipotesi che seguono: i
sistemi selezionati in fase di analisi degli attori (all’interno dei quali non
vengono individuate problematiche specifiche) non sono in realtà connessi in
modo rilevante al fenomeno in oggetto; l’analisi dei problemi non è completa o
sufficientemente dettagliata.
2.2.2 I problemi connessi alla struttura relazionale dei sistemi
Nel paragrafo precedente è stata fatta luce su un aspetto fondamentale dell’analisi
dei problemi: ovvero l’importanza di concentrare l’attenzione sulle regole/dinamiche
che definiscono le strutture complessive dei sistemi individuati e che incidono, in
modo rilevante, direttamente o meno, sul fenomeno in oggetto.
Secondo l’approccio sistemico, ciò che assume un’importanza centrale in questa
fase è, infatti, l’insieme delle regole/dinamiche sistemiche relazionali ed
organizzative che contribuiscono al fatto che quel fenomeno nasca e si sviluppi
all’interno di quel dato sistema.
Ciascun sistema, infatti, nasce e si mantiene in equilibrio sulla base di un certo
numero di regole chiave (che tendono a stabilizzarsi) che definiscono la natura delle
relazioni e dell’organizzazione delle parti che lo compongono. Tali regole
caratterizzano quel sistema ed originano, al suo interno, i comportamenti, le
abitudini, i modus vivendi, i punti di forza, i bisogni, i problemi, i fenomeni, ecc.
16
Il ruolo determinante dell’aspetto relazionale dei sistemi (quello organizzativo verrà
preso in esame nel paragrafo successivo) viene messo particolarmente in evidenza
dagli studiosi Hall e Fagen che definiscono il sistema come:
“Un insieme di oggetti e di relazioni tra gli oggetti e tra i loro attributi 11” (dove gli
oggetti sono gli individui, gli attributi i loro comportamenti, e le relazioni tengono
insieme il sistema)
Al cui interno,
“L’aspetto che è importante non è il contenuto della relazione in sé, ma
l’aspetto di relazione della comunicazione”12.
Partendo, dunque, dal presupposto che il comportamento di ciascun individuo (o di
ciascuna parte) all’interno di un sistema è in rapporto con il comportamento di tutti gli
altri membri (o parti), l’attenzione alle regole ed alle modalità relazionali che
definiscono tale rapporto diventa cruciale.
Per tale ragione, in fase di analisi dei problemi, è fondamentale individuare le
principali regole relazionali sistemiche che hanno interconnessioni, dirette o indirette,
con il fenomeno che si sta analizzando. La domanda di riferimento diventa, dunque:
Quali aspetti/regole/dinamiche relazionali dei sistemi individuati contribuiscono in
modo importante all’esistenza del fenomeno in oggetto al loro interno?
Esempio pratico 4.: L’importanza delle strutture/regole relazionali sullo sviluppo del traffico di
minori in Nepal.
Nell’esempio di studio sistemico riportato nella Tavola B., l’analisi delle relazioni ha permesso di far
emergere alcuni aspetti fortemente influenti sul traffico di minori in Nepal.
1) Sistema stato: La relazione tra autorità e strutture pubbliche ed organizzazioni nazionali di
società civile è inefficiente ed inefficacie, così come quella tra gli stessi attori pubblici
(soprattutto servizi e polizia) e la popolazione. Questa scarsità di scambio ed interazione
influisce in modo incisivo sull’isolamento della popolazione stessa e delle CSOs (che
sopravvivono generalmente prive di aiuti da parte del governo), sulla mancanza di un feed
back reale per le autorità pubbliche di quelli che sono i movimenti dei trafficanti, e
sull’assenza di un programma nazionale comune e condiviso di lotta al fenomeno. Tale
situazione indebolisce il paese, contribuisce allo spreco di risorse e favorisce il crearsi di un
vasto spazio per lo sviluppo del traffico di minori.
2) Sistema Comunità: La relazione della polizia locale con le organizzazioni locali di società
civile è di reciproca sfiducia e scarsa considerazione, mancanza di collaborazione e scambio
di informazioni. Lo stesso avviene tra polizia locale e popolazione. La prima tende ad
accusare le famiglie delle vittime di supportare lo sviluppo del soft trafficking (che avviene
attraverso la vendita delle minori, da parte dei famigliari, ai trafficanti). Viceversa, la
popolazione ritiene che un gran numero di agenti sia coinvolto nel mercato delle minori,
come favoreggiatore dei mercanti del sesso, oppure come cliente abituale. Inoltre, più in
generale, la popolazione teme possibili abusi di potere della polizia e tende a non rivolgersi
alle centrali locali in nessun caso di bisogno. Infine, le strutture culturali fortemente
discriminatorie in termini di genere, casta ed etnia, incidono a livello relazionale nei termini in
cui gli agenti tendono a considerare il traffico come un problema poco rilevante in quanto
concerne, di norma, giovani donne appartenenti a gruppi di intoccabili e considerati di
11
P. Watzlawick, J.H. Beavin, Don J. Jackson, Pragmatica della Comunicazione Umana, Astrolabio 1971, Roma,
pag.110.
12
Idem, pag. 111.
17
“scarso valore sociale”. Tutto ciò fa si che da un lato le denuncie di scomparsa di minori
siano estremamente esigue rispetto ai casi reali, limitando la possibilità, per la polizia, di
conoscere i caratteri e l’impatto del fenomeno sul territorio, e dall’altro che quest’ultima si
impegni efficacemente nella lotta ai trafficanti. In tale modo si crea, all’interno del sistema
comunità, uno spazio d’azione che favorisce il soft trafficking (che agisce con la complicità
dei parenti delle vittime). Ma al tempo stesso, questa situazione complessiva mantiene le
comunità in una condizione di vulnerabilità estrema, poiché da un lato esse sono
scarsamente protette dalle autorità pubbliche e, dall’altro, non ricevono le informazioni di cui
queste ultime sono in possesso. In tale modo cresce, all’interno del sistema comunità, lo
spazio d’azione per l’hard trafficking (che agisce attraverso il rapimento o l’inganno delle
vittime).
3) Sistema famiglia: Anche in ambito famigliare le rigide regole relazionali connesse al
patriarcato ed alla discriminazione di genere (in un contesto storico sociale in cui la
prostituzione è fortemente radicata) incidono sullo sviluppo del traffico. I padri esercitano una
relazione di potere decisionale assoluto sulle figlie femmine (considerate un peso soprattutto
a causa della dote). Tale ruolo, di norma incontestabile ed incontestato, favorisce, nel
sistema famiglia, lo sviluppo del soft trafficking. Ma non solo. La relazione di superiorità
maschile, unita al concetto di fratellanza etnico-castale, lascia ampio margine d’azione a
parenti lontani o conoscenti che, nell’intento di favorire i trafficanti per interesse personale,
riescono facilmente ad ingannare i genitori (che possiedono poche o nulle informazioni utili in
merito ai rischi) con false promesse di lavoro e/o matrimonio. In questo modo si crea ampio
spazio, all’interno dei sistemi famigliari, per lo sviluppo del hard trafficking.
Tornando per un attimo all’esempio riportato nel paragrafo 1.1.1 (esempio pratico
1.), in merito al sistema famiglia nel processo di realizzazione della legge relativa
all’obbligatorietà della frequenza scolastica, se ne evince, in modo abbastanza
deduttivo, come e quanto la relazione tra le parti all’interno del sistema in oggetto
possa essere determinante per favorire il cambiamento auspicato attraverso la
rielaborazione di nuove regole e nuovi equilibri.
Anche a livello di sistema – stato, nel processo di formulazione, approvazione e
messa in atto di una nuova normativa, ad esempio, la tipologia e qualità di relazione
tra le parti che lo compongono (qui esemplificate in autorità/strutture pubbliche e
società civile) si dimostra essere centrale. Relazioni “inadeguate” possono portare a
meccanismi e risultati distruttivi, come ad esempio: Lo scarso coinvolgimento della
società civile, con conseguente rischio di de-contestualizzazione della nuova legge,
quindi di forte discrasia tra normativa istituzionale e realtà, con probabile elevata
violazione della prima e prevalere, tra la popolazione, di codici informali; Un alto
livello di disinformazione reciproca, con conseguente limitata applicazione/rispetto
delle nuove normative; L’insufficiente persecuzione delle violazioni, legata, tra il
resto, anche all’inadeguatezza della collaborazione/interazione tra autorità pubbliche
e popolazione; La nascita o l’acuirsi di conflitti interni scaturiti dall’implementazione
pratica della nuova normativa; e così via.
Inoltre, la qualità della relazione tra le parti di un sistema risulta particolarmente
importante in contesti caratterizzati da condizioni generali di precarietà ed instabilità
ambientale, politica o economica che sia. Comunità all’interno delle quali sussiste un
buon meccanismo relazionale possiedono strumenti maggiori per sviluppare
comportamenti collettivi di auto supporto/aiuto e far fronte a difficoltà improvvise o
cambiamenti repentini (disastri naturali, mutamenti politici o di mercato, ecc) che
impongono la necessità di ripristinare nuovi equilibri, evitando il collasso. Al
contrario, laddove le dinamiche relazionali tra parti (a livello di comunicazione e
capacità d’interazione) sono deficienti, di norma l’instabilità porta alla nascita o
all’acuirsi di conflitti spesso rischiosi per la sopravvivenza del sistema stesso.
18
2.2.3 I problemi connessi alla struttura organizzativa dei sistemi
Uno dei principi basilari della Teoria dei Sistemi è rappresentato dal Principio di
Equi-Finalità, secondo cui in un sistema aperto la “natura della sua
organizzazione” costituisce l’elemento cruciale:
“I risultati (da intendersi come modificazioni dello stato dopo un certo periodo di
tempo) non sono determinati tanto dalle condizioni iniziali quanto dalla natura
del processo o dai parametri del sistema. (…) I risultati possono avere origini
diverse perché ciò che è determinante è la natura dell’organizzazione. (…) Nei
sistemi aperti soltanto i parametri del sistema determinano lo stato che è
indipendente dalle condizioni iniziali. (…) Non soltanto condizioni iniziali
diverse possono produrre lo stesso risultato finale, ma risultati diversi
possono essere prodotti dalle stesse “cause" 13.
Al di là dell’utilità chiave del principio di “equi finalità” nei suo aspetti di applicazione
concreta in ambito progettuale, che vedremo a breve, è importante tornare ad
evidenziare come questo approccio porti l’osservatore a spiegare un determinato
fenomeno non più in termini di causalità lineare temporale (Tavola A.), ma spostando
l’attenzione sull’insieme delle dinamiche organizzative che caratterizzano la natura
del sistema all’interno del quale il fenomeno avviene.
Esempio pratico 5.: L’importanza della natura organizzativa di un sistema.
Spesso, tra gli elementi che vengono individuati come cause scatenanti del traffico di esseri umani
c’è la povertà. La povertà incide sul soft trafficking perché l’indigenza estrema porta alcune famiglie a
vendere le proprie figlie per ricavare un po’ di denaro e ridurre, al tempo stesso, il numero di “donne”
a carico di nuclei numerosi. Sempre la povertà incide anche sul hard trafficking, poiché l’assenza di
prospettive e lo stato di miseria spingono le ragazze ad effettuare scelte lavorative rischiose (che di
norma comportano un allontanamento dai famigliari e quindi la perdita di protezione e di punti di
riferimento) o matrimoni forzati con sconosciuti. Molti progetti focalizzati sulla riduzione della povertà
hanno dimostrato come l’incremento del reddito delle madri aumenti il loro potere di contrattazione
all’interno dei sistemi famigliari ed un maggiore potere, quindi un ruolo diverso e più importante,
significa spesso l’elaborazione di nuove regole strutturali che apportano un aumento della protezione
e considerazione delle figlie femmine, abbattendo i rischi di coinvolgimento nel traffico.
Eppure, a parità di povertà, anche all’interno di uno stesso paese, vi sono zone dove il traffico di
minori non si è diffuso per nulla e zone dove, invece, esso si presenta come un fenomeno
allarmante. Questo perché, partendo da condizioni simili di indigenza complessiva, i sistemi hanno
sviluppato al proprio interno diverse strategie organizzative per affrontarle.
Lo stesso vale per l’abbandono scolastico. Sono ancora molti i bambini, nei paesi in via di sviluppo,
che dopo il primo o il secondo anno di frequenza lasciano la scuola per contribuire economicamente
alla sopravvivenza delle proprie famiglie, stremate dalla povertà. Ma, in uno stesso paese, addirittura
in aree contigue e caratterizzate da condizioni socio economiche simili, la percentuale di abbandono
scolastico durante il ciclo primario può passare dal 50 al 2%. Nel primo caso, l’organizzazione dei
sistemi si è strutturata su modalità che non identificano nell’istruzione un obiettivo primario. Quindi i
sistemi famigliari, ad esempio, continuano a gravare attorno al ruolo economico o lavorativo infra
domestico del bambino. Oppure i sistemi stato non investono omogeneamente in questo settore. Nel
secondo caso, invece, i sistemi hanno sviluppato una tipologia di organizzazione fondata, tra il resto,
sul principio dell’educazione scolastica. Quindi essi hanno creato al proprio interno uno spazio
13
P. Watzlawick, J.H. Beavin, Don J. Jackson, Pragmatica della Comunicazione Umana, Astrolabio 1971, Roma,
pag.117.
19
organizzativo adeguato affinché il bambino possa recarsi a scuola ed avere tempo per fare i compiti.
Oppure i sistemi stato hanno particolarmente favorito lo sviluppo del sistema scolastico.
Queste differenze sostanziali si vengono a verificare in quanto, a parità di condizioni di partenza, i
sistemi hanno sviluppato al proprio interno dinamiche e meccanismi organizzativi tali da ottenere
risultati molto diversi tra loro.
Un esempio, ormai divenuto un modello di riferimento mondiale, è quello dello stato del Kerala, nella
parte sudoccidentale dell’India. Nonostante il reddito pro capite nazionale resti complessivamente
basso, il Kerala ha saputo strutturare al proprio interno meccanismi e dinamiche organizzative tali da
raggiungere livelli di sviluppo sociale pari a quelli di un paese sviluppato. La mortalità infantile si è
estremamente ridotta, mentre l’aspettativa di vita alla nascita ed il tasso di alfabetizzazione sono in
continua crescita. Grazie ad efficaci programmi di redistribuzione delle risorse, l’intera popolazione
gode di un benessere materiale difficile da credere se paragonato all’introito della maggior parte dei
cittadini. Mentre l’attivismo di massa, l’elevata partecipazione politica a tutti i livelli ed il conseguente
cospicuo numero di leader concretamente impegnati, hanno rafforzato la struttura organizzativa
democratica e contribuiscono a mantenerla su piani decisamente elevati.
Inoltre, a parità di condizioni economiche, religiose, sociali e culturali di numerosi altri stati indiani, in
Kerala, dove l’istruzione delle donne e l’uguaglianza tra i sessi rappresentano da anni uno degli
obiettivi centrali del processo di crescita locale, si registra la stessa eccedenza di femmine (sui
maschi) degli Stati Uniti14.
All’interno di sistemi con dimensioni minori rispetto a quelle del sistema-stato
riportato nell’esempio del Kerala, la funzionalità e la centralità dell’aspetto
organizzativo non mutano e restano determinanti sia sulla natura degli stessi sistemi,
sia sui processi di cambiamento che da essi vengono intrapresi.
Ciò non significa, naturalmente, che i fattori ambientali (povertà, risorse naturali,
territorio, realtà politica ed economica, conflitti e guerre, ecc) non incidano sulla
realtà dei sistemi, ma semplicemente che non sono così determinanti sulla
costruzione delle loro strutture portanti, sulla possibilità di mettere in atto determinati
processi di crescita né, soprattutto, sulla tipologia dei risultati finali.
Spostando l’osservazione dalle condizioni complessive che caratterizzano gli
ambienti interessati alle regole/caratteristiche organizzative dei sistemi target che
vivono in questi stessi ambienti, l’approccio ai fenomeni che si intendono affrontare
cambia completamente, così come cambiano gli spazi, i tempi e le possibilità
d’azione.
Individuare nella povertà una delle cause principali del traffico di minori limita
pesantemente il campo d’azione, sia da un punto di vista concreto pratico, sia per
quanto riguarda il modo in cui i sistemi target riescono a recepire il problema ed
individuare delle possibilità di cambiamento funzionali.
Infatti, il potenziale di un qualsiasi intervento, finalizzato a ridurre il traffico di minori
all’interno di un dato sistema, ad esempio, si riduce enormemente se il fenomeno in
14
Amartya Sen ha individuato nella relazione numerica tra sessi un importante indicatore di discriminazione e
disuguaglianza. Sen notò che, in circostanze normali, le donne vivono più degli uomini, cosicché dovrebbero
esserci più femmine che maschi. Tuttavia, nei paesi in cui le donne hanno uno status radicalmente diseguale
dagli uomini, esse “spariscono” risultando così numericamente inferiori. La Cina ha 107 maschi ogni 100
femmine, l’India ne ha 108, mentre il Pakistan addirittura 111. A livello globale manca un numero di donne
complessivo compreso tra i 60 ed 101 milioni. Annualmente, a causa della discriminazione, scompaiono circa 2
milioni di bambine.
20
oggetto viene messo in una relazione di connessione causale diretta con un
problema come la povertà, quindi molto più vasto, estremamente complesso e
difficile da affrontare in tempi relativamente brevi. Buona parte delle azioni andrà a
focalizzarsi sull’obiettivo di migliorare le condizioni economiche dei nuclei a rischio.
Se l’obiettivo fallisce il traffico non verrà minimamente scalfito dall’intervento.
Qualora l’obiettivo venga parzialmente o interamente raggiunto, è difficile poter
affermare con certezza che, diminuito lo stato di indigenza, le famiglie target non
saranno coinvolte, comunque, nelle maglie dello sfruttamento sessuale in quanto le
loro regole relazionali ed organizzative potrebbero rimanere sostanzialmente
invariate. In ogni caso, se il problema centrale resta la povertà, la speranza di
eliminare il traffico si trasforma in un fine quasi utopico, dai tempi estremamente
lunghi, ed il margine d’azione delle comunità e delle famiglie target, rispetto a questo
fenomeno, si riduce fortemente, immobilizzando gli attori in una condizione di
causalità non direttamente dipendente da loro e quindi difficilmente modificabile se
non cambia tutto il contesto.
Nel momento in cui l’attenzione si sposta sulla natura organizzativa (e relazionale,
come sopra analizzato) del sistema, i tempi, i margini d’azione e soprattutto le
responsabilità, mutano radicalmente. Si possono strutturare meccanismi collettivi tali
da innescare dinamiche locali di lotta al traffico che mirano a risultati visibili in lassi
temporali limitatamente circoscritti.
Questo non significa non lavorare sul miglioramento delle condizioni economiche dei
sistemi target, qualora lo si ritenga necessario nella struttura di un intervento. Ma è
importante che ciò avvenga nell’ottica di un’azione integrata, dove la natura e la
capacità organizzativa dei sistemi di riferimento, in funzione degli obiettivi finali,
siano considerate centrali.
Applicare il principio di equi-finalità in fase di analisi dei problemi significa individuare
le regole sulle quali si basa la struttura organizzativa dei sistemi che dimostrano
avere un certo grado di connessione con il fenomeno in oggetto, per capire come
tale struttura favorisca la nascita e lo sviluppo di determinate problematiche. La
domanda di riferimento, dunque, deve essere:
Quali aspetti/regole/dinamiche organizzative dei sistemi individuati contribuiscono in
modo importante all’esistenza del fenomeno in oggetto all’interno degli stessi
sistemi?
2.2.4 I problemi relativi alle violazioni di diritto
Se l’analisi dei problemi si riferisce, in modo specifico, allo studio di violazioni di
diritto persistenti all’interno di dati sistemi, l’approccio sistemico suggerisce, in fase di
analisi, che la lettura di tali violazioni avvenga partendo dal Principio di Non
Sommatività:
Il principio di Non-Sommatività afferma che:
21
“Un sistema non può essere fatto coincidere con la somma delle sue parti,
infatti, l’analisi formale dei segmenti isolati artificialmente distruggerebbe
l’oggetto stesso dell’interesse” 15.
Questo perché “Un sistema non si comporta come un semplice composto di
elementi indipendenti, ma coerentemente come un tutto inscindibile”16.
(Secondo isoforisma)
Il principio di non sommatività definisce in quale chiave debbano essere considerati
ed approcciati i sistemi identificati (all’interno dei quali ha luogo la violazione in
oggetto), ovvero come un’unità costituita da parti che non possono in alcun
modo essere scisse né esaminate singolarmente.
Se l’approccio ai sistemi di riferimento avviene sempre considerandoli come un tutto
inscindibile, questo vale anche per l’analisi delle qualità e dei comportamenti delle
parti che li compongono, che non potranno essere estrapolati dal contesto sistemico
né attribuiti a singole parti.
Tali qualità e comportamenti devono, infatti, essere letti come caratteristiche
proprie del sistema stesso, sulla base delle quali si regge il suo equilibrio
complessivo (Sesto isoforisma).
Allo stesso modo, le violazioni sistematiche da parte di gruppi/parti (violatori) inflitte
su altri gruppi/parti (violati) di un medesimo sistema devono essere approcciate
come una caratteristica propria, come parte integrante della natura di quello stesso
sistema, come il risultato delle regole organizzative e relazionali, formali e/o
informali, sulla base delle quali esso si regge in equilibrio nel suo ambiente di
appartenenza.
Afferrare il concetto base di questo approccio è estremamente importante perché
implica, in fase di analisi dei problemi relativi ad una violazione metodica, lo
spostamento dello studio della violazione dal gruppo che viola all’intero sistema in
cui essa si verifica. Questo significa che i presupposti dello studio del fenomeno (e
quindi la conseguente formulazione di possibili interventi per arginarlo) non si
fonderanno più principalmente su “chi” commette la violazione e “perché”, bensì su
“come” la violazione avvenga e “quali dinamiche” ne favoriscano la realizzazione
all’interno di quel sistema.
Questo tipo di approccio favorisce la possibilità di:
a.
Superare i concetti di “colpa” e di “colpevole” che spesso connotano gli
interventi (soprattutto quelli che mirano a limitare le violazioni di diritto) di
giudizi morali sottointesi i quali, benché spesso legittimi da un certo punto di
vista, si dimostrano, al lato pratico, poco funzionali rispetto al
raggiungimento degli obiettivi finali.
Focalizzarsi su colpevoli e vittime, identificando i primi con i concetti di
colpa, crimine e violazione, infatti, implica il fatto di porsi, all’interno dei
15
P. Watzlawick, J.H. Beavin, Don J. Jackson, Pragmatica della Comunicazione Umana, Astrolabio 1971, Roma,
pag.115.
16
P. Watzlawick, J.H. Beavin, Don J. Jackson, Pragmatica della Comunicazione Umana, Astrolabio 1971, Roma,
pag. 113.
22
sistemi in cui si intende produrre un cambiamento, in modo antiomeostatico
(conflittuale) rispetto a certe parti (leggi informali, abitudini e/o tradizioni),
correndo il rischio di:
 Scatenare o acuire conflitti sociali;
 Aumentare il prezzo complessivo del processo di cambiamento;
 Pregiudicare il corretto raggiungimento degli obiettivi finali o limitarne la
portata e la sostenibilità ad aspetti parziali;
 Scatenare una retroazione negativa (rifiuto) da parte del sistema
rendendo impossibile il cambiamento stesso.
Focalizzarsi sui meccanismi sistemici che portano all’esistenza e alle
caratteristiche di tale fenomeno (violazione), senza presupposti conflittuali di
base, favorisce la possibilità di creare uno spazio funzionale al cambiamento
che si intende mettere in atto;
b. Considerare altri aspetti determinanti su questo tipo di fenomeno, i quali
potrebbero, apparentemente, non aver nessun legame diretto con le parti
che, secondo la concezione causale lineare, producono o subiscono la
violazione in oggetto;
c.
Individuare le regole/dinamiche strutturali (relazionali ed organizzative) che
favoriscono l’esistenza, all’interno del sistema, della violazione in oggetto. A
propria volta, l’individuazione di tali regole permette di identificare lo spazio
in cui il cambiamento deve essere realizzato, intervenendo così in modo più
determinante e riducendo, sul lungo periodo, le risorse e l’investimento
necessari per continuare a monitorare e limitare tali violazioni. Risultato
importante soprattutto in contesti caratterizzati da governi con scarsi
strumenti di controllo e persecuzione dei crimini, dove il rispetto delle leggi
dipende fondamentalmente dal loro grado di integrazione all’interno delle
strutture.
Esempio pratico 6.: Il significato della violazione all’interno del sistema.
Attraverso questo posto di confine vengono fatte passare migliaia di ragazze nepalesi nel loro
viaggio verso i bordelli di Kolkata, la città più nota col nome tradizionale di Calcutta. Esse sono
apprezzate per la pelle chiara, il bell’aspetto, la docilità e l’incapacità di parlare la lingua locale, cosa
che preclude loro ogni possibilità di fuga. Mentre Nick compilava qualche modulo al posto di confine,
molti nepalesi passavano in India senza compilare alcun documento. Seduto nella baracca, Nick
comincio a conversare con un funzionario indiano che parlava un inglese eccellente. L’uomo disse di
essere stato inviato dal servizio informazioni per sorvegliare il confine. “Che cosa sta controllando
esattamente?” domandò Nick. “Stiamo cercando terroristi, o rifornimenti per terroristi” disse l’uomo,
che in verità non stava controllando nulla molto attentamente, visto che c’era un passaggio
ininterrotto di auto-carri. “Dopo l’11 settembre qui abbiamo intensificato i controlli. Inoltre stiamo
cercando anche merci di contrabbando e prodotti contraffatti. Se li troveremo, li confischeremo”. “E il
traffico di ragazze?” domandò Nick “ state controllando anche questa attività? Ce ne dovrebbero
essere un bel po’”. “Oh, si, un bel po’. Ma non ce ne occupiamo. Non possiamo farci nulla”. “Come
no? Potreste arrestare i responsabili. Il traffico di ragazze non è altrettanto importante della
contraffazione dei DVD?”. Il funzionario del servizio informazioni rise cordialmente e alzò le mani al
cielo. “La prostituzione è inevitabile”, ridacchio. “La prostituzione c’è sempre stata, in tutti i paesi. E
che cosa dovrebbe fare un uomo giovane da quando compie diciotto anni fino a trenta, quando si
sposa?”. “Va bene, allora rapire ragazze nepalesi e rinchiuderle nei bordelli indiani è davvero la
soluzione migliore?”. Il funzionario si strinse nelle spalle imperturbato. “E’ una sfortuna” ammise.
“Queste ragazze vengono sacrificate per creare un equilibrio sociale cosicché le brave ragazze
possano essere salve”. “Ma anche molte ragazze nepalesi che vengono rapite dai bordelli indiani
sono brave ragazze”. “Si, ma sono contadine. Non sanno nemmeno leggere. Sono ragazze di
campagna. Così le brave ragazze della classe media indiana non corrono rischi”. Nick, che già da un
23
po’ stava digrignando i denti, offrì un suggerimento esplosivo. “Ho capito! Sa, negli Stati uniti noi
abbiamo una quantità di problemi di equilibrio sociale. Allora dovremmo cominciare a rapire ragazze
della classe media indiana e costringerle a lavorare nei bordelli degli Stati uniti! Così anche i giovani
americani potrebbero divertirsi, non le pare? In questo modo migliorerebbe sicuramente l’armonia
nella nostra società!”. Ci fu un silenzio gravido di minaccia, ma infine il funzionario di polizia esplose
in una fragorosa risata. “Lei sta scherzando” disse sorridendo, “molto divertente”. A questo punto
Nick rinuncio.
Questo passaggio tratto dal testo Metà del cielo 17, in cui la coppia di giornalisti americani Nicholas
Kristof e Sherley Wudunn racconta il proprio viaggio in Asia attraverso il mondo del traffico di minori
a fini di prostituzione, risulta particolarmente significativo.
È importante, infatti, focalizzarsi sulla “lettura” del fenomeno del traffico di esseri umani da parte
dell’agente di polizia che appartiene a quel sistema-stato dove lo stesso fenomeno si sviluppa. Egli
non solo non condanna tale pratica, ma la ritiene una sorta di strumento di equilibrio sociale,
funzionale a tutelare una parte specifica di attori (le brave ragazze indiane).
Se l’obiettivo di un intervento consiste nell’arginare un certo tipo di violazione, è fondamentale
studiare il sistema all’interno del quale essa si verifica, per:
1) Capire come e attraverso quali meccanismi relazionali ed organizzativi interni tale violazione
sia resa possibile;
2) Capire come la violazione venga percepita dal sistema nel suo insieme o dalle sue parti;
3) Capire quale siano i ruoli di tale violazione nell’equilibrio del sistema.
A prescindere dalle considerazioni morali, conoscere questi elementi è assolutamente determinante
nell’elaborazione di un processo di cambiamento volto a produrre risultati concreti, perché:
1) Favorisce la possibilità di modificare meccanismi determinanti in termini di violazioni,
producendo un reale cambiamento nel sistema attraverso la sostituzione di specifiche regole
strutturali (relazionali ed organizzative) disfunzionali;
2) Favorisce la possibilità di elaborare un intervento non antiomeostatico, cioè non in diretto
conflitto con la visione che il sistema target ha del fenomeno in oggetto;
3) Favorisce la possibilità di considerare eventuali conseguenze, a livello sistemico, relative alla
riduzione della violazione/fenomeno e mettere in atto meccanismi preventivi di salvaguardia
degli equilibri.
Per ricollegarsi a quanto evidenziato nel paragrafo 3.4 (relativamente alla relazione tra la cultura
locale ed i contenuti/principi fondanti dell’intervento che si intende realizzare) risulta evidente, inoltre,
come la posizione conflittuale di Nick rispetto alla visione che l’agente di polizia ha del traffico di
minori, porti a difficoltà di comprensione reciproca, all’impossibilità di mettere in atto un confronto
costruttivo e al fallimento di qualsiasi tentativo volto a modificare le rispettive vedute. Il cambiamento
è, in questo caso, impossibile senza l’intervento di un’azione di forza dall’alto verso il basso che
sarebbe, comunque, estremamente rischiosa (vedi paragrafo 3.3.1.1., la retroazione negativa).
17
Metà del Cielo, Nicholas Kristof e Sherley Wudunn, ed. Corbaccio, Milano 2010.
24
25
26
27
28
29
30
2.3 Analisi degli obiettivi
I risultati dell’analisi degli attori e dei problemi vengono graficamente raccolti ed
ordinati nel Cerchio Sistemico dei Problemi (Tavola B., pag. 24).
Sulla base del Cerchio Sistemico dei Problemi (che rappresenta la situazione reale)
si procede all’elaborazione del Cerchio Sistemico degli Obiettivi (Tavola G., pag. 30),
che consiste nella trasformazione di ciascuna situazione negativa in soluzione,
espressa come risultato positivo.
Quindi, per esempio, “Diminuisce l’informazione, da parte delle comunità, sul traffico
e le dinamiche dei trafficanti” si trasforma in “Aumenta l’informazione, da parte delle
comunità, sul traffico e le dinamiche dei trafficanti”.
Il Cerchio Sistemico degli Obiettivi rappresenta quindi una situazione ideale.
Questo tipo di procedimento permette di definire in modo più chiaro quali tipi di
intervento potrebbero avere un impatto determinante sul fenomeno di interesse,
come e con quali conseguenze, e a quale livello sistemico, e costituisce la base per
l’analisi delle strategie.
2.4 Analisi delle strategie
L’analisi delle strategie (che avviene sulla base dell’Cerchio Sistemico degli Obiettivi)
rappresenta l’ultimo passaggio della fase di analisi generale (escludendo l’analisi
dell’analisi), prima di procedere all’elaborazione del Logical Framework (Logframe).
Analizzare le strategie significa selezionare i cluster di intervento, ovvero quei gruppi
di obiettivi (selezionati sul Cerchio Sistemico degli Obiettivi) che il progetto decide di
voler raggiungere. L’insieme dei cluster selezionati costituisce la strategia.
La selezione delle strategie rappresenta il primo passo verso la definizione degli
obiettivi di progetto (Obiettivo generico, obiettivo specifico, risultati attesi o output) e
deve avvenire sulla base di priorità e criteri ben definiti quali: rilevanza, fattibilità,
priorità per gli stakeholder, probabilità di successo, budget, tempi richiesti, contributo
alla riduzione delle disuguaglianze, impatto ambientale, ecc.
La selezione dei cluster e dei sistemi che si intendono coinvolgere nel progetto deve,
ovviamente, corrispondere. Se si decide, per esempio, di lavorare con il sistema
famiglia, per arginare il traffico locale di minori in Nepal, e di includere nella propria
strategia i cluster legati all’informazione, è fondamentale che vengano considerati gli
aspetti problematici informativi (espressi prima in termini di problemi e poi di obiettivi)
all’interno di quel sistema preciso. Viceversa, se si esclude di lavorare con il sistema
famiglia, le questioni legate all’informazione a questo livello sistemico non verranno
prese in considerazione. Se, invece, si decide di intervenire per migliorare
l’informazione ad ogni livello, è necessario che siano inclusi tutti i sistemi coinvolti nel
fenomeno.
31
32
33
34
2.5 Analisi dell’analisi
La qualità dell’analisi, che precede l’elaborazione dell’intervento vero e proprio, è
assolutamente fondamentale perché costituisce la base sulla quale si sviluppa
l’intero progetto ed è quindi estremamente importante, alla fine di questa fase,
verificare che il processo di studio si sia svolto il più correttamente possibile.
L’analisi deve rappresentare un processo di ricerca equilibrato che non si fermi ad un
pericoloso stadio di esemplificazione dei problemi.
“(…) una spiegazione semplice ed immediatamente comprensibile di processi che in
realtà costituiscono problemi assai complessi. Il più delle volte tale spiegazione è
fondata sull’ipotesi che ci sia un unico fattore causale: i problemi ambientali sono
dovuti all’avidità di guadagno; (…) la guerra è dovuta all’imperialismo economico; e
così via. Poiché si tratta di questioni pressanti occorrono soluzioni immediate; le
soluzioni immediate non consentono analisi complesse”.18
Come precedente accennato, un primo controllo, relativo alla qualità dell’analisi
effettuata, può essere messo in atto attraverso il confronto incrociato dei risultati
ottenuti. Ad ogni sistema individuato devono, infatti, corrispondere specifiche
problematiche che contribuiscono a sviluppare il fenomeno di interesse al suo
interno. Se vi sono sistemi nei quali non rientrano problematiche specifiche, significa
che essi non sono rilevanti ai fini dello studio del fenomeno. Viceversa, tutte le
problematiche identificate, devono poter corrispondere ai sistemi selezionati. Se vi
sono problematiche che non rientrano in tali sistemi, significa che l’analisi degli attori
non ha incluso tutti i sistemi realmente coinvolti nel fenomeno.
In secondo luogo, occorre verificare la validità dell’analisi rispondendo ai quesiti che
seguono:
-Come è stata realizzata l’analisi? (Attraverso quali modalità partecipative, raccolta
delle informazioni, ecc.)
-Quando è stata realizzata o a quando risalgono le informazioni raccolte?
-Quali aspetti l’analisi ha incluso?
-Attraverso quale criterio tali aspetti sono stati selezionati rispetto ad altri ed inclusi?
-Quali altri aspetti avrebbero potuto essere inclusi e con quale valore aggiunto?
18
Elau Heinz, Reason and relevance-Reflection on a madness of our time, Student Lawyer, 1972.
35
2.6 La fase dell’analisi per punti
La fase di analisi costituisce la base sulla quale si struttura l’intero progetto. Essa
fornisce informazioni assolutamente fondamentali a livello di sistemi, problemi e
regole interne, obiettivi e strategie, ed è pertanto, come già evidenziato,
fondamentale.
Attraverso l’analisi deve essere prodotto un materiale conoscitivo sufficientemente
ampio per poter delineare un profilo chiaro del fenomeno che si intende affrontare e
delle dinamiche e delle regole sistemiche che lo determinano.
Al termine di questa fase devono risultare chiari sia i sistemi target, beneficiari e
stakeholder dell’intervento, sia le strategie che il progetto intende mettere in atto.
Analisi:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Individuare gli attori coinvolti nel fenomeno in oggetto;
Organizzare gli attori individuati distribuendoli nei rispettivi sistemi di appartenenza;
Organizzare graficamente la relazione tra sistemi in ambiente, sistemi, sottosistemi;
Sulla base dei sistemi individuati, definire i sistemi target, beneficiari e stakeholder;
Definire il loro ambiente;
Analizzare i problemi, per ciascun sistema individuato, attraverso un’ottica circolare
(Elaborazione del Cerchio Sistemico dei Problemi), focalizzando l’attenzione principalmente
sulle regole/dinamiche relazionali ed organizzative, dei sistemi coinvolti, che risultano essere
particolarmente importanti nel determinare il fenomeno in oggetto (quindi orientando la
ricerca sulla base dell’interrogativo “come ciò avviene”, piuttosto che “perché”). I sistemi
devono essere sempre considerati come un’unità e non come insiemi di parti i cui
comportamenti possano essere estrapolati ed analizzati singolarmente;
7. Analizzare gli obiettivi (Traduzione del Cerchio Sistemico dei Problemi in realtà ottimale,
quindi elaborazione del Cerchio Sistemico degli Obiettivi);
8. Identificare le strategie dell’intervento;
9. Verificare l’attendibilità dello studio attraverso l’analisi dell’analisi.
36
L’approccio sistemico alla progettazione rispetto all’approccio classico.
In fase di analisi, le differenze che comporta l’utilizzo dell’approccio sistemico nella progettazione,
rispetto a quello classico, sono le seguenti:
1. (Analisi degli attori) Lo spostamento dell’attenzione da “gruppi” (target, beneficiari,
ecc.) a “sistemi” (concetto che verrà messo in evidenza anche nel logframe).
2. (Analisi degli attori) La considerazione dei sistemi come “unità” e non come somme di
parti/gruppi.
3. (Analisi dei problemi) La lettura circolare dei problemi e l’adozione del Cerchio
Sistemico dei Problemi (in luogo dell’Albero dei Problemi).
4. (Analisi dei problemi) La focalizzazione dell’attenzione sulle dinamiche di tipo
relazionale, all’interno dei sistemi, che portano alla nascita del fenomeno d’interesse.
5. (Analisi dei problemi) La focalizzazione dell’attenzione sulle dinamiche di tipo
organizzativo, all’interno dei sistemi, che portano alla nascita del fenomeno
d’interesse.
6. (Analisi dei problemi) L’analisi delle violazioni come caratteristiche proprie della
natura dei sistemi all’interno dei quali esse si verificano, e non come comportamento
disfunzionale di singoli gruppi/individui.
7. (Analisi degli obiettivi e delle strategie) L’analisi degli Obiettivi e delle Strategie
attraverso l’adozione del Cerchio Sistemico degli Obiettivi (in luogo dell’Albero degli
Obiettivi).
8. (Analisi dell’analisi) La verifica della qualità dell’analisi effettuata attraverso l’Analisi
dell’Analisi.
37
3. LOGICAL FRAMEWORK (Logframe)
Dopo aver terminato la fase di analisi si può passare all’elaborazione del Logical
Framework che costituisce lo strumento per eccellenza (adottato dall’Unione
Europea, dalle Nazioni Unite e dai maggiori donatori internazionali) per sviluppare e
rappresentare il contenuto di un progetto nel modo più chiaro e comprensibile
possibile.
Il logframe è costituito da quattro colonne verticali, dove si definisce cosa l’intervento
intenda fare, e da quattro colonne orizzontali, dove si definiscono la misurazione
degli effetti concreti ed i possibili impedimenti sia alla realizzazione delle azioni che
al raggiungimento degli obiettivi preposti.
38
Logica dell’intervento
Indicatori Oggettivamente
Verificabili
Fonti
di Presupposti
(Sono i fattori esterni al
Verifica
(Sono i risultati raggiunti dal progetto,
espressi in modo concreto, tangibile
ed oggettivamente verificabile)
(Sono tutti i
documenti e
le fonti dirette
che servono
per verificare
in
modo
obiettivo
i
risultati
raggiunti)
progetto che devono
verificarsi
affinché
l’intervento si possa
realizzare nella maniera
prospettata.
L’analisi
dei
presupposti
risponde
ad
una
domanda precisa: Quali
condizioni esterne al
progetto
devono
realizzarsi
per
non
comprometterne
l’implementazione delle
azioni,
il
raggiungimento
degli
obiettivi e la loro
sostenibilità di lungo
periodo?
Obiettivo Generico
(Definisce i risultati ed i
benefici di lungo periodo,
ottenuti grazie al progetto,
per i sistemi target e
beneficiari)
Obiettivo Specifico
(E’ il prodotto dei risultati
attesi, e contribuisce al
raggiungimento dell’obiettivo
generico. Generalmente si
può riferire ai sistemi target
e/o beneficiari finali)
Risultati Attesi
(Sono il prodotto delle azioni
implementate, e gli output
necessari per raggiungere
l’obiettivo
specifico.
Generalmente si riferiscono
ai Sistemi Target)
Azioni
Mezzi (Sono tutte le risorse umane Costi
(Sono le attività che devono
essere
realizzate
per
raggiungere i risultati attesi)
e
materiali
necessarie
implementare le azioni previste)
per
(Sono i costi
relativi alle
risorse
umane e
materiali)
Precondizioni
iniziali
39
Questo tipo di struttura segue una tripla logica di realizzazione.
1. La domanda che connette in modo consequenziale la struttura (verticale) del
progetto dall’alto verso il basso (freccia rossa) è, essenzialmente, “come”?:
Come si contribuisce al raggiungimento dell’obbiettivo generico? Attraverso il
conseguimento di quello specifico; Come si raggiunge l’obiettivo specifico?
Attraverso la realizzazione dei risultati attesi; Come si realizzano i risultati
attesi? Attraverso l’implementazione delle azioni.
2. Viceversa (freccia azzurra), se si verificano le condizioni necessarie esterne al
progetto e se viene erogato il finanziamento, si dispone di un budget
prestabilito, grazie al quale si investe nei mezzi (risorse umane e materiali)
indispensabili per l’implementazione delle azioni, la cui realizzazione è
fondamentale per ottenere i risultati attesi. Il conseguimento dei risultati attesi,
a propria volta, è necessario per raggiungere l’obiettivo specifico attraverso il
quale si contribuisce alla realizzazione di quello generico.
3. La connessione logica (orizzontale) degli elementi progettuali da destra a
sinistra (freccia verde), e viceversa, presuppone la realizzazione di una serie
di condizioni indispensabili, dalle quali l’intervento non può prescindere. Se le
precondizioni iniziali sono soddisfatte, allora possono cominciare le attività
(per la cui realizzazione sono necessari sia mezzi specifici, in termini di
risorse umane e materiali, sia le risorse economiche indispensabili per poter
disporre degli stessi mezzi). Se le azioni vengono implementate e si verificano
i presupposti, esterni al progetto, necessari a questo livello, allora si
ottengono i risultati attesi. Se si raggiungono i risultati attesi e si verificano le
condizioni esterne al livello corrispondente, si raggiunge l’obiettivo specifico.
Infine, se si raggiunge l’obiettivo specifico e anche a questo livello sono
soddisfatti i presupposti, allora si ottiene l’obiettivo generico. Se le condizioni
esterne (presupposti), ad ogni livello, non dovessero essere confermate,
l’esito progettuale potrebbe venire compromesso. Per questo motivo è
indispensabile che tali presupposti siano debitamente presi in considerazione
in fase progettuale.
Sulla base delle strategie selezionate vengono definiti l’obiettivo generico, l’obiettivo
specifico ed i risultati attesi.
L’obiettivo generico: si riferisce, soprattutto, ai risultati progettuali di lungo periodo
ed evidenzia come l’intervento sia congruo con le politiche settoriali del governo
interessato o degli enti finanziatori, ed in linea con i programmi di sviluppo
internazionale. L’obiettivo generico non viene raggiungo unicamente grazie al
corretto conseguimento del progetto, ma quest’ultimo contribuisce alla sua
realizzazione. L’obiettivo generico non richiede necessariamente di essere espresso
in termini di risultati obiettivamente verificabili e, di conseguenza, non vi saranno
fonti di verifica. Anche i presupposti, di norma, non si esprimono in relazione a
questo obiettivo. Ne consegue che la prima riga potrà contenere, come sola
informazione disponibile, unicamente l’obiettivo generico.
L’obiettivo specifico: è il risultato principale che l’intervento intende ottenere, si
riferisce ad un problema chiave e deve essere espresso in termini di benefici
sostenibili per sistemi specifici (che possono essere i sistemi target o sistemi
40
beneficiari). Per ogni progetto esiste un solo obiettivo specifico. Nella seconda
colonna, l’obiettivo specifico deve essere espresso in termini tangibili e
concretamente misurabili, mentre nella terza colonna vengono indicate le fonti di
verifica all’interno delle quali si potrà trovare conferma di quanto prospettato nella
colonna precedente. All’obiettivo specifico corrispondono anche presupposti
specifici, ovvero condizioni esterne al progetto che si devono verificare affinché tale
obiettivo possa essere correttamente raggiunto.
I risultati attesi: sono gli obiettivi di breve periodo, necessari per conseguire
l’obiettivo specifico. Essi indicano una serie di benefici generalmente a favore dei
sistemi target. Come per l’obiettivo specifico, anche i risultati devono essere espressi
in termini concreti, oggettivi e tangibili e, per ognuno di questi termini deve essere
menzionata una o più corrispondenti fonti di verifica. Allo stesso modo, perché si
possano realizzare i risultati attesi, è necessario che siano soddisfatti determinati
presupposti esterni.
L’approccio sistemico alla progettazione rispetto all’approccio classico.
L’applicazione dell’approccio sistemico alla matrice logica sopra citata (Logical Framework)
non implica alcuna modifica di tipo strutturale rispetto a quello classico.
41
Esempio pratico 7.: La definizione degli obiettivi all’interno del logframe
Logica dell’intervento
Indicatori Oggettivamente Verificabili
Fonti di Verifica
Presupposti
-Ridotte le violazioni dei diritti di donne e
minori del 2% su scala nazionale.
.......
.......
.......
Human Rights Report della
National
Human
Rights
Commission (NHRC)
Central Child Welfare Board
Report, Ministry of Women,
Children and Social Welfare
Annual Report of Informal Sector
Service Center
-I sistemi target comprendono
l’importanza degli strumenti acquisiti.
-I sistemi target rispondono
positivamente al principio di
costruzione endogena, del processo di
sviluppo e rafforzamento dei diritti di
donne e minori, su cui si basa
l’intervento.
Un set di buone prassi per i media per
aumentare e migliorare l’informazione
nazionale e locale sui diritti di donne e
bambini viene elaborato dalla Federazione
Nazionale dei Giornalisti Nepalesi dal
Press Council Nepal
Registri delle Federation of Nepal
Journalists e Press Council Nepal
Documenti di progetto
200 impiegati presso i media nazionali e
locali vengono formati in merito alle buone
prassi elaborate
Registri dei media presso cui sono
impiegati i soggetti
Documenti di progetto
I media coinvolti rispettano gli accordi
pattuiti
Le condizioni di sicurezza rendono
possibili gli spostamenti sul territorio
per la realizzazione dei corsi di
formazione
Le Organizzazioni di Società Civile
reinvestono attivamente gli strumenti
acquisiti durante gli interventi di
formazione e di capacity building
La stampa nazionale svolge una
campagna
di
informazione
sensibilizzazione sui diritti umani di donne
e bambini
Registri delle testate nazionali
coinvolte
Materiale prodotto per la
campagna
Documenti di progetto
Il 20% della popolazione nazionale riceve
informazioni sui diritti di donne e bambini
Documenti di progetto
Share dei programmi TV e radio
realizzati
Tiratura delle testale nazionali
coinvolte nella campagna di
sensibilizzazione
Registri delle Organizzazioni
coinvolte
Obiettivo Generico
Rafforzato il consolidamento del processo di democratizzazione e
rispetto dei diritti umani in Nepal
Obiettivo Specifico
Fortificata la realizzazione ed il rispetto dei diritti di donne e
bambini in Nepal
Risultati Attesi
1.
Rafforzati gli strumenti della società civile per diffondere,
incrementare e rispettare i diritti umani di donne e
bambini, ed esercitare un ruolo attivo nella promozione
di rispettive riforme presso le autorità pubbliche e le
strutture maggiormente rilevanti in questo settore.
42
200 rappresentanti di Organizzazioni di
Società Civile vengono formati per
promuovere il rafforzamento dei diritti di
donne e minori presso le autorità
pubbliche, e per contribuire attivamente al
processo di sviluppo locale in questo
senso
…..
Le azioni di promozione dei diritti umani di
donne e bambini esercitate dalle
Organizzazioni di Società Civile presso le
autorità pubbliche locali sono aumentate
del 50% nelle aree selezionate
2.
Rafforzato il ruolo delle autorità locali e delle istituzioni
pubbliche locali nell’implementazione della legge,
realizzazione e protezione dei diritti di donne e bambini,
prevenzione e persecuzione delle violazioni, e supporto
dei soggetti a rischio.
3.
Fortificate le capacità dirette tecnico scientifiche e
trasversali strutturali, delle organizzazioni impregnate
nella difesa dei diritti umani, per promuovere e
proteggere i diritti di donne e minori, supportare le
vittime, e promuovere lo sviluppo di politiche mirate
presso le autorità pubbliche.
4.
Rafforzati gli strumenti specifici e le capacità dirette
tecnico scientifiche e trasversali strutturali della
polizia nazionale nell’identificare e combattere la
violazione dei diritti di donne e bambini.
Documenti di progetto (materiale
dei corsi, registri di frequenza)
Registri delle Organizzazioni
coinvolte
Registri delle autorità pubbliche
locali
…..
L’obiettivo generico è in linea sia con i piani programmatici di sviluppo del paese che con le priorità dei principali finanziatori mondiali.
L’obiettivo specifico descrive, in termini di risultato, qual è il beneficio di cui godranno i beneficiari finali grazie alla corretta realizzazione dell’intervento. I beneficiari finali corrispondono alle donne
ed ai bambini su scala nazionale (in questo caso senza nessun tipo di differenziazione per gruppo sociale, area o settore). Il sistema di riferimento (da considerare come sistema beneficiario) sarà,
pertanto, la popolazione nepalese, da intendersi come società civile in generale. L’ambiente potrebbe , pertanto, corrispondere all’insieme delle regole e normative formali ed informali che
determinano in modo sostanziale la vita di donne e bambini in Nepal.
I risultati attesi descrivono come l’intervento intenda raggiungere il proprio obiettivo e si riferiscono principalmente ai sistemi direttamente destinatari delle azioni (ovvero i sistemi target): Sistema
della Società civile (popolazione, Organizzazioni, media) e sistema delle strutture pubbliche (autorità centrali, autorità locali, polizia, servizi chiave).
43
L’approccio sistemico alla progettazione rispetto all’approccio classico.
Le differenze contenutistiche sostanziali, che si possono evidenziare all’interno del logframe,
tra l’approccio classico e l’approccio sistemico alla progettazione, consistono
essenzialmente nel:
1.Lo spostamento dell’attenzione dai “gruppi” ai “sistemi”.
2.La suddivisione della capacity building a due livelli: diretta tecnico- scientifica e strutturale
trasversale.
44
3.1 Analisi dei bisogni e delle risorse dei sistemi in
funzione degli obiettivi
Una volta definiti gli obiettivi, è fondamentale analizzare i bisogni specifici (dei
sistemi target e/o beneficiari finali) che devono essere soddisfatti affinché sia i
risultati attesi che gli stessi obiettivi di progetto possano essere concretamente e
correttamente raggiunti.
L’analisi dei bisogni funzionali al cambiamento che si intende mettere in atto è
indispensabile per definire buona parte delle azioni progettuali.
Benché nell’organizzazione di questo manuale l’analisi dei bisogni segua la
definizione dei risultati attesi, si possono verificare situazioni in cui è necessario
procedere a tale tipo di studio in due fasi: prima di elaborare gli stessi risultati attesi e
precedentemente all’identificazione delle azioni. Nell’esempio concreto 6., la
pianificazione dei risultati attesi presupponeva una conoscenza complessiva dei
bisogni dei sistemi target, in termini di capacità, che dovevano essere
imprescindibilmente soddisfatti per raggiungere l’obiettivo specifico dell’intervento.
Anche in questo caso, però, si tratta comunque di un’identificazione delle necessità
che rimane confinata ad uno stadio generico. Per la programmazione delle rispettive
attività, invece, è necessario poter disporre di una conoscenza molto più dettagliata
dei bisogni e delle lacune locali in relazione agli obiettivi che il progetto intende
raggiungere.
In questa fase, l’applicazione dell’approccio sistemico presuppone, parallelamente
all’analisi dei bisogni specifici, anche l’analisi delle risorse di cui i sistemi interessati
dispongono, in funzione degli obiettivi progettuali. Individuare le risorse costituisce
un passaggio fondamentale e spesso trascurato.
Ciascun sistema, infatti, possiede un certo numero di risorse la cui inclusione,
all’interno di un intervento mirato, è indispensabile per:
1. Lavorare in modo efficace e sostenibile a livello di empowerment degli stessi
sistemi interessati;
2. Ridurre l’investimento e le risorse progettuali necessarie;
3. Partire da strutture, elementi, strumenti, conoscenze, leggi formali ed informali,
regole, pratiche e principi culturali e/o religiosi, già contestualizzati e consolidati
nei sistemi coinvolti.
Lo studio delle risorse deve includere, tra il resto, anche l’individuazione delle
principali regole formali ed informali, sulle quali si basa l’equilibrio dei sistemi target,
che si dimostrano essere in linea con i contenuti fondanti e gli obiettivi del progetto.
Questo passaggio (come vedremo più dettagliatamente nel paragrafo 3.3.1.2
L’identità e la relazione tra sistemi culturali differenti) è fondamentale anche per
costruire una relazione funzionale ed efficace tra la natura dei sistemi (e del loro
ambiente) e quella dell’intervento.
Il secondo contributo importante che offre l’approccio sistemico, in questa fase
specifica, consiste nel considerare i sistemi sulla base delle indicazioni fornite dal
Principio di Non Sommatività (Un sistema non può essere fatto coincidere con la
somma delle sue parti, infatti, l’analisi formale dei segmenti isolati artificialmente
45
distruggerebbe l’oggetto stesso dell’interesse. Questo perché un sistema non si
comporta come un semplice composto di elementi indipendenti, ma coerentemente
come un tutto inscindibile).
Analizzare i bisogni, anche quando riferiti specificatamente a singole parti (donne,
bambini, ecc) considerando comunque e sempre l’intero sistema di riferimento,
costituisce un ulteriore punto di svolta importante rispetto all’approccio classico.
Quest’ultimo, infatti, di norma valuta come termini principali di riferimento, in fase di
studio dei bisogni, unicamente i gruppi target e gli obiettivi dell’intervento. Quindi
analizza i bisogni dei primi in funzione del conseguimento degli ultimi, senza
considerare in modo sufficientemente organizzato ciò che sta loro intorno, ovvero il
sistema, con le sue strutture e le sue regole cardine. Questo approccio, dove
l’osservazione e l’analisi del contesto sono per lo più rilegati, in maniera empirica,
all’intuizione ed all’esperienza di chi progetta, può facilmente portare all’elaborazione
di percorsi di sviluppo potenzialmente perfetti per la natura dei gruppi target e
assolutamente funzionali rispetto agli obiettivi, ma concretamente poco o
parzialmente efficaci, quando non addirittura controproducenti per gli equilibri locali
sistemici.
Spostare lo sguardo dai singoli “gruppi” ai “sistemi” rappresenta un primo passaggio
estremamente importante per rafforzare la fattibilità, la sostenibilità e l’efficacia di un
intervento, e ridurre il pericolo di destabilizzare i sistemi target attraverso
l’implementazione di azioni non appropriate alla loro natura ed all’ambiente di
appartenenza, ma ciò non è sufficiente.
Infatti, se si considerano i sistemi come “somme di parti/gruppi”, allora questo
significa che anche l’analisi dei bisogni avverrà in relazione a ciascuno di questi
stessi gruppi, escludendo così la dimensione relazionale ed organizzativa.
Approcciare separatamente i diversi gruppi/parti del sistema interessato non
permette la possibilità di vedere e conoscere le regole relazionali ed organizzative
attraverso le quali essi interagiscono nel loro ambiente, e quindi neppure i relativi
bisogni che è necessario soddisfare a tale livello per realizzare un cambiamento
sostenibile.
Considerare i sistemi di riferimento come “unità” significa, al contrario, far emergere,
attraverso l’analisi di bisogni e risorse, una serie di informazioni e dati fondamentali
per contestualizzare l’intervento e renderlo appropriato e concretamente efficace.
Vedremo più dettagliatamente in che modo nei paragrafi seguenti.
Un aspetto fondamentale dell’analisi dei bisogni e delle risorse, consiste nello studio
delle capacità che i sistemi target possiedono, o non possiedono, per raggiungere e
sostenere gli obiettivi di progetto. L’applicazione della Teoria dei Sistemi suggerisce
di suddividere tali capacità in due emisferi ben distinti, benché fortemente
interconnessi: le capacità specifiche dirette tecnico scientifiche e le capacità
strutturali trasversali.
Le capacità dirette tecnico scientifiche costituiscono l’insieme delle conoscenze
teoriche e pratiche di cui alcuni attori del sistema necessitano per raggiungere e
gestire l’obiettivo specifico dell’intervento. Le capacità strutturali trasversali
46
costituiscono l’insieme delle conoscenze teoriche e pratiche di cui il sistema
necessita per sviluppare e gestire un contesto interno favorevole alla realizzazione e
alla sostenibilità dell’obiettivo dell’intervento.
Le domande guida alla base di questo studio corrispondono in questo caso a:
Di quali capacità specifiche dirette, tecnico scientifiche, necessitano i sistemi target
(o parti di essi) per poter conseguire correttamente e rendere sostenibili gli obiettivi
dell’intervento?
Di quali risorse specifiche dirette, tecnico scientifiche, dispongono i sistemi target (o
parti di essi) per poter conseguire correttamente e rendere sostenibili gli obiettivi
dell’intervento?
Di quali capacità strutturali trasversali necessitano i sistemi target per poter
conseguire correttamente e rendere sostenibili gli obiettivi dell’intervento?
Di quali capacità strutturali trasversali dispongono i sistemi target per poter
conseguire correttamente e rendere sostenibili gli obiettivi dell’intervento?
3.1.1 Analisi di bisogni e risorse in termini di capacità dirette,
tecnico scientifiche
L’analisi dei bisogni e delle risorse dirette tecnico scientifiche dei sistemi, consiste
nell’individuazione di tutte quelle conoscenze tecniche e pratiche di cui i sistemi
target (o parti/gruppi di essi) hanno bisogno e dispongono per raggiungere
correttamente l’obiettivo finale del progetto. Sulla base dei risultati emersi da questo
tipo di indagine vengono definite le azioni di capacity building diretta, tecnico
scientifica, finalizzate proprio all’acquisizione, da parte degli stessi sistemi target, di
capacità strategiche e strumenti mirati per soddisfare i bisogni individuati come limiti
al conseguimento degli obiettivi. Le risorse emerse durante l’analisi, di cui il sistema
già dispone per raggiungere correttamente gli obiettivi di progetto, vengono utilizzate
come base di partenza e come riferimento costante durante l’elaborazione delle
azioni e dei moduli di capacity building.
L’analisi, in questo caso, viene realizzata in funzione di due elementi di riferimento:
l’obiettivo finale del progetto ed il diverso ruolo delle parti che compongono il sistema
target nel concorrere al raggiungimento di tale obiettivo.
All’interno di un sistema target non è detto che tutte le parti che lo compongono
necessitino di uno studio di questo tipo.
Nell’ambito di un progetto finalizzato, ad esempio, all’economic empowerment di un
certo gruppo di donne attraverso l’avvio di micro imprese, le capacità dirette tecnico
scientifiche necessarie alla sua corretta realizzazione riguardano una sfera specifica
di competenze mirate, come l’organizzazione e la gestione di un’attività economica,
la produzione, conservazione, trasporto e vendita dei prodotti, ecc. Se in tale
contesto si è stabilito che i sistemi target sono le famiglie (o le comunità) a cui le
donne appartengono, è chiaro che non tutte le parti di tali sistemi debbano essere
47
coinvolte in questo tipo di studio specifico, in quanto nessun altro, a parte le donne,
sarà direttamente responsabile delle imprese che si verranno a creare.
Tuttavia, anche in questo caso, benché lo studio di bisogni e risorse (relativi alle
capacità dirette tecnico scientifiche) si riferisca unicamente alle sole donne, esse
verranno sempre e comunque approcciate considerandole in relazione (come parte
di un’unità) al sistema a cui appartengono, riconosciuto come sistema target di
riferimento. Ciò favorirà la possibilità di contestualizzare i bisogni e le risorse
individuati, in modo da costruire capacità realmente efficaci e praticabili in quei
contesti specifici, e da identificare punti di forza concretamente sfruttabili.
3.1.2 Analisi di bisogni e risorse in termini di capacità trasversali
strutturali
L’analisi dei bisogni e delle risorse trasversali strutturali dei sistemi consiste nello
studio della natura organizzativa e relazionale dei sistemi stessi, e delle capacità che
da questo punto di vista devono essere costruite, o sono già presenti, per elaborare,
favorire, gestire e sostenere il cambiamento che si intende innescare, formulando
nuove regole/dinamiche sulla base delle quali riassestare gli equilibri sistemici, in
funzione dell’obiettivo finale. Attraverso l’acquisizione di tali capacità, il sistema sarà
in grado di costruire un ambiente complessivo interno favorevole ed indispensabile
alla realizzazione degli intenti progettuali.
Questo tipo di analisi si estende indistintamente a tutto il sistema proprio perché
l’interesse centrale consiste negli aspetti strutturali che mettono in relazione le parti
che lo compongono e che determinano la natura delle regole organizzative e
relazionali endogene. Se i sistemi target sono più di uno, a ciascuno di essi deve
poter essere riservata un’analisi specifica dei bisogni strutturali trasversali.
Tali bisogni emergono attraverso l’osservazione delle regole/dinamiche organizzative
e relazionali su cui gli stessi sistemi target si strutturano e mantengono in equilibrio,
e delle potenziali risorse che li caratterizzano, in funzione dell’obiettivo finale. Si
riferisce, quindi, a come le parti del sistema interagiscono tra loro e a cosa, in queste
modalità di interazione, debba essere modificato e/o potenziato per favorire il
cambiamento che si intende ottenere.
L’analisi dei bisogni trasversali strutturali è funzionale alla creazione di moduli di
capacity building che hanno come obiettivo quello di far si che il sistema sia in grado
di favorire e gestire il cambiamento, elaborando regole specifiche ad esso funzionali
e riassestandosi su un nuovo equilibrio, senza rischiare il collasso interno.
Nell’ambito del progetto finalizzato, come nell’esempio sopra riportato, all’economic
empowerment di un certo numero di donne attraverso l’avvio di micro imprese, le
capacità strutturali trasversali necessarie alla sua corretta realizzazione riguardano
tutte le parti del sistema target (sistema famiglia o comunità) e sono finalizzate a far
si che esso sia in grado di sviluppare nuove regole e di riorganizzarsi (in termini di
ruoli, compiti, responsabilità, tempi, ecc.) in modo tale da permettere alle donne di
avviare e gestire nel lungo periodo un’attività economica fuori dalle mura
domestiche, realizzando e rendendo sostenibili gli obiettivi dell’intervento.
48
Pertanto, l’analisi dei bisogni e delle risorse strutturali trasversali riguarda
specificatamente lo studio delle regole relazionali ed organizzative, in funzione degli
obiettivi, che definiscono la natura dell’interazione tra le parti che compongono i
sistemi target.
3.1.2.1 Le regole relazionali
Individuare i bisogni e le risorse di tipo strutturale relazionale è fondamentale al fine
di costruire capacità specifiche (capacity building strutturale trasversale)
indispensabili per
realizzare il cambiamento e raggiungere l’obiettivo finale del
progetto proteggendo l’equilibrio sistemico.
Come già osservato, i processi di cambiamento vengono spesso ostacolati/impediti
proprio dalla rigidità dei meccanismi relazionali all’interno dei sistemi e
dall’incapacità, da parte dei sistemi stessi, di elaborare nuove regole che
favoriscano la crescita complessiva.
Sviluppare un certo di tipo di capacità dirette tecnico scientifiche, infatti, non significa
automaticamente che i soggetti siano in grado di metterle in pratica all’interno dei
propri sistemi, rendendole effettive e funzionali rispetto ad un obiettivo. Formare
gruppi di donne ad avviare e gestire micro imprese non implica necessariamente che
le stesse possano realizzare, successivamente alla formazione, l’attività economica
per la quale hanno seguito il corso. Il passaggio alla fase pratica, di fatto, richiede
che si verifichi, all’interno del sistema a cui le donne appartengono, una serie di altre
condizioni determinanti. Si deve cioè creare uno spazio sistemico adeguato a tale
fine. Se l’impegno lavorativo e la tipologia della mansione da svolgere entrano in
conflitto con le regole relazionali sulle quali si strutturano i sistemi famigliari in
oggetto è indispensabile che gli stessi sistemi siano in grado di rielaborare o
riformulare nuove regole.
La capacità di rielaborare nuove regole non è solo funzionale al cambiamento in sé,
ma anche alla stabilità del sistema nel processo di realizzazione di tale
cambiamento. Come vedremo successivamente, i sistemi possono rispondere
affermativamente allo stimolo al cambiamento (attraverso una retroazione positiva),
ma non essere in grado di gestirlo al proprio interno in modo tale da ricostruire
equilibri relazionali funzionali attraverso la riformulazione di nuove regole
indispensabili alla sopravvivenza. In tale caso è probabile che il processo di
cambiamento venga effettivamente messo in atto, ma porti, come risultato, alla sua
non sostenibilità e/o al collasso dei sistemi target.
L’analisi delle regole relazionali che caratterizzano i sistemi target è importante non
solo per definire i bisogni specifici sotto questo aspetto, ma anche i punti di forza.
Tutte quelle proprietà, cioè, in termini di relazioni sistemiche, che possono
rappresentare una risorsa chiave in funzione dell’obiettivo finale e dalle quali partire,
come basi consolidate, sia per costruire i moduli di capacity building trasversale
strutturale, che per sviluppare le azioni progettuali.
49
La domanda specifica alla quale deve rispondere l’analisi dei bisogni e delle risorse
strutturali relazionali dei sistemi in funzione degli obiettivi, è:
Di quali capacità relazionali il sistema target necessita o dispone per poter elaborare
nuove regole e stabilire equilibri che il processo di cambiamento richiede al fine di
raggiungere l’obiettivo ed evitare ogni rischio di destabilizzazione interna o, peggio,
di collasso?
3.1.2.2 Le regole organizzative
Le strutture organizzative dei sistemi sono altrettanto importanti di quelle relazionali.
Il principio di Equi Finalità (In un sistema aperto, i risultati, da intendersi come
modificazioni dello stato dopo un certo periodo di tempo, non sono determinati tanto
dalle condizioni iniziali quanto dalla natura del processo o dai parametri del sistema.
I risultati possono avere origini diverse perché ciò che è determinante è la natura
dell’organizzazione. Nei sistemi aperti soltanto i parametri del sistema determinano
lo stato che è indipendente dalle condizioni iniziali. Non soltanto condizioni iniziali
diverse possono produrre lo stesso risultato finale, ma risultati diversi possono
essere prodotti dalle stesse “cause") evidenzia, infatti, quanto la natura organizzativa
dei sistemi sia determinante ad influenzare e caratterizzare ogni processo di
cambiamento al loro interno.
In fase di studio dei bisogni e delle risorse dei sistemi target, risulta fondamentale,
pertanto, individuare le lacune organizzative, i limiti e le necessità, così come i punti
forti del sistema, in funzione degli obiettivi dell’intervento. I primi verranno a costituire
la base per sviluppare i moduli di capacity building strutturale trasversale (integrando
l’aspetto relativo alle dinamiche/regole relazionali). I secondi rappresenteranno la
base da cui partire per sviluppare le azioni progettuali.
La domanda specifica alla quale deve rispondere l’analisi dei bisogni e delle risorse
strutturali organizzativi dei sistemi in funzione degli obiettivi, è:
Di quali capacità organizzative il sistema target necessita o dispone per poter
elaborare nuove regole e stabilire equilibri che il processo di cambiamento richiede
al fine di raggiungere l’obiettivo ed evitare rischi di destabilizzazione interna o,
peggio, di collasso?
3.1.3 Analisi dei bisogni e delle risorse per punti
Analisi dei bisogni e delle risorse.
Effettuare l’analisi dei bisogni e delle le risorse dei sistemi target rispetto agli obiettivi di progetto:
1) Approcciando i sistemi target sempre come “unità” e mai come somme di parti.
2) Focalizzando l’attenzione sui bisogni e le risorse sistemiche di tipo strutturale (quindi le
regole formali ed informali di tipo relazionale ed organizzativo).
50
3) Focalizzando l’attenzione sulle capacità di cui il sistema necessita o che possiede.
4) Suddividendo l’analisi delle capacità a due livelli:
a. Capacità dirette tecnico scientifiche
b. Capacità strutturali trasversali
L’approccio sistemico alla progettazione rispetto all’approccio classico.
In fase di analisi dei bisogni e delle risorse dei sistemi target in funzione degli obiettivi finali, le
differenze che comporta l’utilizzo dell’approccio sistemico nella progettazione, rispetto a quello
classico, sono le seguenti:
1. Introduzione del concetto di risorsa come aspetto fondamentale dell’analisi.
2. Introduzione del concetto di “relazione” tra la natura/identità dei sistemi target e
natura/identità dell’intervento;
3. Introduzione del principio di Non Sommatività delle Parti che compongono i sistemi
(ciascun sistema è un’unità e non una somma di parti i cui bisogni e risorse possano
essere analizzati singolarmente).
4. Inclusione dell’analisi di bisogni e risorse relativi alle capacità, di cui il sistema non
dispone o dispone, necessarie per la realizzazione del cambiamento prospettato.
5. Suddivisione dell’analisi di bisogni e risorse relativi alle capacità in: diretti tecnico
scientifici e strutturali trasversali.
6. Focalizzazione dell’attenzione sui bisogni e sulle risorse strutturali di tipo relazionale
ed organizzativo, come elementi indispensabili per il buon conseguimento e
sostenibilità degli obiettivi, e per la tutela degli equilibri sistemici.
51
3.2 Elaborazione delle azioni
Dopo aver definito gli obiettivi ed i relativi indicatori, fonti di verifica e presupposti, si
passa all’elaborazione delle azioni. A ciascuno dei risultati attesi, identificato con un
numero specifico, corrisponde una serie di azioni che devono essere realizzate per
ottenere il risultato stesso. Per ognuna di queste azioni, devono essere definite le
risorse materiali necessarie per metterla in atto, i rispettivi costi ed i presupposti
esterni al progetto indispensabili per la sua fattibilità concreta.
52
Esempio pratico 8.: L’elaborazione delle azioni nel Logframe
Logica dell’intervento
Obiettivo Generico
Rafforzato il consolidamento del processo di democratizzazione e rispetto
dei diritti umani in Nepal
Obiettivo Specifico
Fortificata la realizzazione ed il rispetto dei diritti di donne e bambini in
Nepal
Indicatori Oggettivamente Verificabili
Fonti di Verifica
Presupposti
-Ridotte le violazioni dei diritti di donne e
minori del 2% su scala nazionale.
.......
.......
.......
Human Rights Report della National
Human Rights Commission (NHRC)
Central Child Welfare Board Report,
Ministry of Women, Children and Social
Welfare
Annual Report of Informal Sector
Service Center
-I sistemi target comprendono
l’importanza degli strumenti acquisiti.
-I sistemi target rispondono
positivamente al principio di costruzione
endogena, del processo di sviluppo e
rafforzamento dei diritti di donne e minori,
su cui si basa l’intervento.
Un set di buone prassi per i media per
aumentare e migliorare l’informazione
nazionale e locale sui diritti di donne e
bambini
viene
elaborato
dalla
Federazione Nazionale dei Giornalisti
Nepalesi dal Press Council Nepal
Registri delle Federation of Nepal
Journalists e Press Council Nepal
Documenti di progetto
200 impiegati presso i media nazionali e
locali vengono formati in merito alle
buone prassi elaborate
Registri dei media presso cui sono
impiegati i soggetti
Documenti di progetto
I media coinvolti rispettano gli accordi
pattuiti
Le condizioni di sicurezza rendono
possibili gli spostamenti sul territorio per la
realizzazione dei corsi di formazione
Le Organizzazioni di Società Civile
reinvestono attivamente gli strumenti
acquisiti durante gli
interventi di
formazione e di capacity building
La stampa nazionale svolge una
campagna
di
informazione
sensibilizzazione sui diritti umani di
donne e bambini
Registri delle testate nazionali coinvolte
Materiale prodotto per la campagna
Documenti di progetto
Il 20% della popolazione nazionale
riceve informazioni sui diritti di donne e
bambini
Documenti di progetto
Share dei programmi TV e radio
realizzati
Risultati Attesi
5.
Rafforzati gli strumenti della società civile per diffondere,
incrementare e rispettare i diritti umani di donne e bambini, ed
esercitare un ruolo attivo nella promozione di rispettive riforme
presso le autorità pubbliche e le strutture maggiormente rilevanti
in questo settore.
53
6.
Rafforzato il ruolo delle autorità locali e delle istituzioni pubbliche
locali nell’implementazione della legge, realizzazione e
protezione dei diritti di donne e bambini, prevenzione e
persecuzione delle violazioni, e supporto dei soggetti a rischio.
7.
Fortificate le capacità dirette tecnico scientifiche e trasversali
strutturali, delle organizzazioni impregnate nella difesa dei diritti
umani, per promuovere e proteggere i diritti di donne e minori,
supportare le vittime, e promuovere lo sviluppo di politiche
mirate presso le autorità pubbliche.
8.
Rafforzati gli strumenti specifici e le capacità dirette tecnico
scientifiche e trasversali strutturali della polizia nazionale
nell’identificare e combattere la violazione dei diritti di donne e
bambini.
Attività
1.1
Elaborazione, con la Federation of Nepal Journalists e il Press
Council Nepal, di un set di best practice da introdurre nei media
con il fine di migliorare la qualità dell’informazione ed aumentare
la sensibilità pubblica rispetto ai diritti di donne e bambini.
1.2
200 rappresentanti di Organizzazioni di
Società
Civile
vengono
formati
per
promuovere il rafforzamento dei diritti di
donne e minori presso le autorità pubbliche,
e per contribuire attivamente al processo di
sviluppo locale in questo senso
…..
Tiratura delle testale nazionali
coinvolte nella campagna di
sensibilizzazione
Registri delle Organizzazioni
coinvolte
Documenti di progetto (materiale
dei corsi, registri di frequenza)
Le azioni di promozione dei diritti umani di
donne
e
bambini
esercitate
dalle
Organizzazioni di Società Civile presso le
autorità pubbliche locali sono aumentate del
50% nelle aree selezionate
…..
Registri delle Organizzazioni
coinvolte
Registri delle autorità pubbliche
locali
Risorse
1 consulente esperto in comunicazione
Costi
n. di giorni per persona
Presupposti
Gli affiliati alle federazioni giornalistiche,
coinvolti
nell’azione
progettuale,
recepiscono l’importanza e l’utilità pratica
dell’elaborazione e della diffusione delle
buone prassi.
La situazione politica ed economica del
paese permette di mantenere uno spazio
adeguato, presso i media, per i diritti di
donne e bambini.
Campagna informativa di massa sui diritti di donne e bambini ed
orientamento alle strutture ed ai servizi impegnati nel loro
supporto e protezione:
54
1.2.1
1.2.2
Realizzazione e pubblicazione di 100 articoli sui principali giornali
nazionali;
Realizzazione di 240 interventi radio;
1compositore di spot radiofonici
2 attori di spot radiofonici
Sala di registrazione
Spazio radio
1.2.3
1.2.4
1.2.5
…..
Realizzazione di 36 interventi televisivi;
Realizzazione e distribuzione di 75.000 brochure informative;
Realizzazione di 150 cartelloni informativi stradali.
2.1 Realizzazione, in collaborazione con il Ministry of Women, Children and
Social Welfare, ed il Ministry of Local Development, di un pirogramma di
formazione per le autorità/istituzioni pubbliche finalizzato a rafforzare ed
incrementare gli strumenti per aumentare la realizzazione dei diritti di donne e
bambini a livello locale.
…….
55
Compenso forfettario per
l’incarico
Compenso forfettario per
l’incarico
Costo orario
Costo per minuto
L’elaborazione delle azioni avviene sulla base di un certo numero di criteri ed
informazioni strettamente interdipendenti ed interconnessi.
Numerosi fattori concorrono, infatti, alla definizione della natura dell’intervento a
questo livello di progettazione.
Ci sono gli obiettivi ed i risultati da raggiungere, ci sono i diversi bisogni emersi da
soddisfare, ci sono risorse importanti da includere e da considerare come base di
partenza, c’è la natura complessiva dei sistemi coinvolti da valutare come punto di
riferimento costante, ci sono gli equilibri sistemici da proteggere, c’è un ambiente
(inteso in senso esteso) da rispettare, e ci sono dei parametri di politiche
internazionali ai quali attenersi.
La cornice è dunque complessa ed è fondamentale che questa complessità venga
costantemente tenuta in considerazione.
Uno strumento utile a questo fine sono i Key quality factors, ovvero quei fattori
chiave a cui fare riferimento durante la progettazione in quanto contribuiscono a
rendere le azioni efficaci, pertinenti, rilevanti e, soprattutto, sostenibili. I Key quality
factors devono costituire, dunque, un rimando cruciale in tutte le fasi di elaborazione
dell’intervento, a partire dall’analisi, ed è fondamentale che la definizione delle azioni
si riferisca, in modo costante, ai principi da essi identificati come indispensabili ed
imprescindibili.
56
Key quality factors
1. Ownership dei sistemi target e
beneficiari
Si riferisce al livello di coinvolgimento e partecipazione
dei sistemi target che deve essere, in tutte le fasi, tale
da far si che essi percepiscano come “proprio” il
progetto in modo da garantirne la sostenibilità nel lungo
periodo. I sistemi target/beneficiari devono pertanto
essere costantemente coinvolti attivamente.
2. Supporto delle “politiche
Si riferisce alla qualità ed alla natura delle politiche locali
dalle quali potrebbe dipendere il raggiungimento, e
soprattutto la sostenibilità, degli obiettivi progettuali. Le
politiche di progetto devono pertanto poter individuare
una corrispondenza locale a livello di ambiente.
3. Tecnologia appropriata
Si riferisce alla scelta dell’apparato tecnologico per
l’implementazione del progetto, in rapporto al contesto,
sollecitando la riflessione sulla pertinenza delle decisioni
in tal senso, soprattutto in termini di fattibilità e
sostenibilità. La tecnologia deve pertanto essere
appropriata all’ambiente target.
4. Aspetti socio culturali
Si riferisce alla relazione tra la natura del progetto e la
realtà socio culturale locale. Il progetto deve pertanto
essere appropriato alle strutture socio culturali locali dei
sistemi/ambiente interessati.
5. Uguaglianza dei generi
Gli interessi di uomini e donne devono essere presi in
eguale considerazione e l ‘intervento deve contribuire a
ridurre gli aspetti di discriminazione e disuguaglianza
6. Tutela dell’ambiente (territorio)
Si riferisce alla verifica di un potenziale impatto negativo
dell’intervento sul territorio. Il progetto deve tutelare le
risorse naturali dell’ambiente interessato.
7. Capacità istituzionali e di gestione
Si
riferisce
alle
effettive
capacità
delle
agenzie/organizzazioni incaricate ad implementare
correttamente il progetto in tutte le sue parti. Il progetto
deve essere rapportato in tutte le sue parti alle reali
capacità di chi è responsabile della sua gestione e
realizzazione.
8. Fattibilità economica
Si riferisce alla relazione tra l’investimento economico
ed i risultati. Il progetto deve essere proporzionato in
termini di costi e benefici.
57
L’approccio sistemico alla progettazione rispetto a quello classico.
In riferimento ai Key quality factors ed all’applicazione della Teoria dei Sistemi alla
progettazione è importante soffermarsi per un attimo su due aspetti.
Innanzitutto, l’approccio sistemico, come più volte evidenziato, si riferisce sempre a “sistemi”
target e beneficiari, e non a singoli gruppi.
In secondo luogo, il soddisfacimento di gran parte dei fattori chiave è già in buona parte
incluso, di prassi, nell’applicazione sistemica alla progettazione. Vediamo come:
1. Ownership dei sistemi target e beneficiari.
Come si vedrà più dettagliatamente nel capitolo riservato alla “partecipazione”, l’approccio
sistemico si fonda sulla visione di un intervento di sviluppo inteso soprattutto come azione di
“costruzione” di capacità e strumenti finalizzati alla realizzazione di un obiettivo specifico
concordato con i sistemi coinvolti. Il progetto, quindi, si pone il fine di mettere i sistemi target
nelle condizioni di poter sviluppare e gestire (dal punto di vista tecnico scientifico e
relazionale organizzativo) un proprio meccanismo di crescita interna, tale da ottenere e
sostenere nel lungo periodo i risultati prospettati. Si parla, pertanto, di un principio di sviluppo
endogeno dei sistemi target, dove i concetti di partecipazione e coinvolgimento sono superati
(perché i sistemi non partecipano, ma costruiscono, con il supporto del progetto, il proprio
meccanismo di crescita) e la “proprietà” (ownership) delle azioni è quindi assicurata.
2. Supporto delle “politiche”
Come evidenziato in fase di analisi degli attori e dei problemi, l’applicazione dell’approccio
sistemico implica non solo lo studio dei sistemi interessati nella loro totalità, ma anche
lindividuazione e la conoscenza dell’ambiente a cui essi appartengono, in termini di regole e
dinamiche rilevanti rispetto al fenomeno in oggetto. Pertanto, a seconda dell’ambiente di
riferimento identificato, le regole formali (quindi le politiche e la legislazione in vigore) ed
informali che lo caratterizzano rispetto al fenomeno d’interesse progettuale, saranno non
solo incluse nell’analisi, ma anche considerate come punto di riferimento centrale per tutto lo
sviluppo delle fasi progettuali successive. Inoltre, la Teoria dei Sistemi presuppone
l’elaborazione di azioni non antiomeostatiche rispetto ai sistemi/ambienti di destinazione,
evitando dunque di sviluppare approcci conflittuali verso la realtà target (quindi anche verso
le politiche che la caratterizzano). Infine, sia l’inclusione delle risorse chiave disponibili a
livello di sistemi ed ambiente (quindi anche delle risorse legislative), sia il principio di
sviluppo endogeno, garantiscono un elevato grado di corrispondenza tra il progetto e la
natura politica locale, nonché di sostenibilità delle azioni da parte di quest’ultima.
3. Tecnologia appropriata
Lo spostamento dell’attenzione dai “gruppi” ai “sistemi”, l’inclusione dell’ambiente in fase di
studio, l’analisi delle risorse in parallelo a quella dei bisogni e l’applicazione del principio di
sviluppo endogeno, favoriscono fortemente la possibilità di identificare ed includere
l’adozione di una tecnologia appropriata al contesto e quindi sostenibile anche oltre il termine
di erogazione dei finanziamenti. La corretta applicazione della Teoria dei Sistemi alla
progettazione elimina praticamente ogni rischio che ciò non avvenga.
4. Aspetti socio culturali
Le strutture socio culturali dei sistemi (quindi le regole che determinano le relazioni e
l’organizzazione interna) costituiscono un aspetto fondamentale per questo tipo di approccio.
Perché un processo di cambiamento sia efficace, concreto e sostenibile nel tempo, e perché
esso non comprometta l’equilibrio dei sistemi interessati, è necessario che siano modificate
e rielaborate un certo numero di regole sistemiche strutturali chiave. Affinché ciò sia
possibile, qualsiasi progetto che intenda adottare la Teoria dei Sistemi deve includere al
proprio interno dei moduli specifici di capacity building trasversale strutturale finalizzati a
fornire strumenti e capacità specifiche tali da elaborare ed innescare un processo di crescita
58
sistemica strutturale. Inoltre, come vedremo successivamente nel corso di questo capitolo
(paragrafo 3.3.1.2), la relazione positiva tra i contenuti di progetto ed il sistema culturale
target costituisce un elemento cruciale da cui un intervento sistemico non può prescindere.
5. Uguaglianza dei generi
Lo spostamento dell’attenzione verso i sistemi, dai gruppi target, potrebbe apparentemente
sembrare un controsenso rispetto all’evoluzione delle politiche di cooperazione allo sviluppo
che caldeggiano, oggi, l’investimento specifico degli interventi a favore delle parti sociali più
deboli e maggiormente discriminate. Ma uno dei principi centrali dell’approccio sistemico
sostiene che per apportare un reale cambiamento, all’interno di un sistema, debbano essere
modificate alcune delle regole chiave che caratterizzano la natura delle sue strutture
relazionali ed organizzative, e questo può avvenire solo tramite il coinvolgimento dell’intero
sistema interessato. Nessuna parte, da sola, è in grado, infatti, di modificare e controllare
l’intero sistema, rendendo sostenibile il cambiamento. Quindi, se si vuole limitare il grado di
discriminazione di un dato sistema e rafforzare il ruolo delle donne al suo interno, è
necessario che lo stesso sistema, nella sua totalità, sia messo nelle condizioni di voler e
poter modificare quelle regole chiave che fino a quel momento hanno impedito che ciò
avvenisse. Pertanto, l’applicazione della Teoria dei Sistemi ai processi di sviluppo e crescita,
in termini di eguaglianza e pari opportunità, favorisce la possibilità di apportare reali
cambiamenti velocizzando il raggiungimento di risultati tangibili. Inoltre, il principio di
Interesse Collettivo (capitolo 4., paragrafo 4.1) impone che qualsiasi tipo di intervento
focalizzi particolare attenzione sulla costruzione di meccanismi di collaborazione, interazione
e solidarietà tra le parti che compongono i sistemi interessati, favorendo il rafforzarsi del
ruolo dei gruppi più svantaggiati.
6. Tutela dell’ambiente (territorio)
Lavorare su scala sistemica, contestualizzando i sistemi di riferimento in una cornice ben
definita che corrisponde al loro ambiente, favorisce la possibilità di analizzare e considerare
il possibile impatto che ciascuna azione potrebbe avere, nel breve e nel lungo periodo, a
livello locale. La Teoria dei Sistemi, inoltre, evidenzia l’importanza del concetto di equilibrio
dei sistemi coinvolti nei processi di cambiamento, sollecitando la sua tutela come condizione
indispensabile affinché tali processi possano costituire una reale crescita senza rischi di
destabilizzazione né, ancor peggio, di collasso. Valutare, di prassi, l’ipotetico effetto di
ciascun intervento sull’ambiente target e preservare gli equilibri complessivi locali
considerandoli assolutamente funzionali e centrali per il corretto raggiungimento delle azioni
(a qualunque ambito esse appartengano), rappresenta un approccio decisamente importante
in termini di salvaguardia delle risorse ambientali e del territorio.
3.2.1 I tre concetti fondamentali in fase di elaborazione delle azioni:
L’equilibrio dei sistemi, l’identità e la relazione tra sistemi
culturali differenti, la variabile costante del tempo.
Nel procedere alla definizione delle azioni funzionali al conseguimento dei risultati
attesi e, quindi, dell’obiettivo finale, è fondamentale considerare attentamente tre
concetti “perno” attorno ai quali dovrebbe potersi strutturare un intervento:
1. Qualsiasi processo di cambiamento all’interno di un sistema richiede
l’elaborazione e la messa in atto di nuove regole. L’elaborazione e la messa in
atto di nuove regole possono compromettere l’equilibrio del sistema in
oggetto, nel breve e/o nel lungo periodo, portandolo al collasso. E’ pertanto
necessario che ciascun processo di cambiamento venga strutturato sulla base
59
di alcuni criteri chiave determinanti per tutelare l’equilibrio e la sopravvivenza
dei sistemi coinvolti.
2. Qualsiasi processo di cambiamento all’interno di un sistema richiede
l’elaborazione e la messa in atto di nuove regole, sostituendo quelle
disfunzionali con alternative efficaci. Ciò significa che il sistema in oggetto
deve essere messo nelle condizioni di poter e saper elaborare e “modificare”
uno o più aspetti della propria natura/identità, quindi parte dei comportamenti
relazionali ed organizzativi che lo caratterizzano. Rispetto a questo
presupposto, quando il cambiamento viene stimolato dall’esterno, soprattutto
se da parte di sistemi culturalmente, socialmente, tradizionalmente e
storicamente diversi, è necessario che il concetto di identità locale costituisca
un punto di riferimento costante e centrale durante tutta l’elaborazione e
l’implementazione delle azioni, al fine di tutelare gli equilibri sistemici e
garantire la sostenibilità dell’intervento.
3. Qualsiasi processo di cambiamento all’interno di un sistema richiede
l’elaborazione e la messa in atto di nuove regole. Nella fase di strutturazione
ed elaborazione di tale processo, è fondamentale considerare la variabile del
tempo. Il trascorrere del tempo introduce, all’interno dei sistemi, variabili
indefinibili e non sempre prevedibili, sottoponendo i sistemi stessi a stimoli
esterni continui di cambiamento. E’ pertanto fondamentale, nel contesto di un
intervento di sviluppo, non solo raggiungere gli obiettivi preposti attraverso la
messa in atto di un processo di cambiamento ad essi finalizzato, ma anche
fornire gli strumenti chiave affinché il sistema target sia in grado di continuare
a rielaborare regole e ripristinare nuovi equilibri, in modo autonomo ed
indipendente, in base al mutare della realtà attraverso lo scorrere del tempo.
3.2.1.1 L’equilibrio dei sistemi, lo stato di “omeostasi” e la
“funzione gradino”.
Ciascun sistema tende a creare e mantenere al proprio interno una condizione di
stabilità ed equilibrio (omeostasi):
“Un sistema è stabile rispetto a certe sue variabili se tali variabili tendono a
restare entro certi limiti”19.
Questa stabilità, generalmente, rimane tale anche nei casi in cui le regole relazionali
ed organizzative generano situazioni patologiche, angosciose e controproducenti per
la serenità delle parti. I concetti di stabilità ed equilibrio, infatti, non sono
assolutamente assimilabili a quello di benessere, ma fanno riferimento a relazioni
sistemiche caratterizzate da una serie di regole relazionali ed organizzative, esplicite
o meno, che si ripetono con una certa regolarità indipendentemente dai loro
contenuti. Il ripetersi di tali regole costituisce la base indispensabile affinché un
sistema raggiunga uno stato di omeostasi senza il quale non potrebbe sopravvivere
nel lungo periodo.
19
. Watzlawick, J.H. Beavin, Don J. Jackson, Pragmatica della Comunicazione Umana, Astrolabio 1971, Roma,
pag. 124.
60
Nessun sistema, infatti, può riformulare continuamente la totalità delle proprie regole
e quindi anche le proprie strutture. Proprio perché l’equilibrio costituisce una
condizione imprescindibile per l’esistenza di un sistema, esso viene generalmente
considerato dalle sue parti come assolutamente prioritario su tutto, anche sullo stato
di benessere dei singoli soggetti (o dei gruppi) che lo compongono. Nel disequilibrio
(senza regole), qualsiasi sistema collassa. Questo spiega, in parte, perché spesso e
ovunque nel mondo gli attori concorrano a preservare sistemi violenti e pericolosi
anche quando si tratta di soggetti particolarmente vulnerabili ed esposti a tali aspetti.
Qualsiasi cambiamento sistemico comporta la modifica di specifiche regole che
definiscono parte delle sue strutture relazionali ed organizzative. Se tale modifica
non avviene rispettando determinati criteri, come il riconoscimento e la condivisione
delle nuove regole ad esempio, il sistema rischia di entrare in situazioni di instabilità
e/o conflittualità tali da portarlo al collasso. Il collasso del proprio sistema spesso
spaventa i soggetti che lo costituiscono più del fatto di condurre al suo interno
un’esistenza particolarmente difficile e dolorosa.
Di norma, gli interventi di sviluppo e supporto dei diritti umani mirano a produrre un
cambiamento all’interno di uno o più sistemi, ed è fondamentale che considerino,
con attenzione, sia cosa questo processo comporti a livello sistemico, sia le possibili
reazioni dei sistemi stimolati in tal senso.
Un sistema stimolato al cambiamento può reagire essenzialmente in due modi.
Attraverso:
1.Una retroazione positiva. Ovvero risponde ai dati in ingresso (stimoli al
cambiamento) e li trasforma rendendoli parte di sé. La retroazione positiva favorisce
il cambiamento il quale, a propria volta, da un lato permette al sistema di “crescere”
ed adattarsi alla variare delle condizioni interne ed esterne, ma dall’altro ne minaccia
la stabilità poiché implica la necessità di riformulare nuove regole interne e
ripristinare un nuovo equilibrio. Nel momento in cui un sistema viene quindi stimolato
al cambiamento e risponde con una retrazione positiva, è importante considerare
che:
a. Perché la retroazione positiva possa ridurre al massimo i rischi di collasso per
il sistema, il processo di cambiamento deve stabilizzarsi entro certi limiti.
Come più volte accennato, ciascun cambiamento all’interno di un sistema
richiede la rielaborazione e la messa in atto di un certo numero di regole
condivise ed affinché questa fase di rielaborazione non comprometta
l’omeostasi del sistema stesso è fondamentale che essa avvenga all’interno di
limiti definiti, relativi a: 1.La durata del processo di cambiamento che si
intende mettere in atto (ovvero il lasso di tempo necessario dall’inizio del
cambiamento per raggiungere gli obbiettivi finali). Un processo di
cambiamento troppo dilatato nel tempo potrebbe richiedere al sistema periodi
molto lunghi prima di poter ripristinare nuove regole ed equilibri interni. Un
processo di cambiamento troppo veloce potrebbe non lasciare al sistema il
tempo necessario per elaborare le nuove regole funzionali al suo equilibrio;
2.La portata/ampiezza del processo di cambiamento che si intende mettere in
atto (ovvero la quantità di settori coinvolti e di regole che il sistema dovrà
riformulare). Intervenire in ambiti complessi e multi-settoriali potrebbe
61
implicare, per il sistema, la necessità di riformulare troppe regole
contemporaneamente, rischiando la perdita simultanea di una quantità
eccessiva di punti di riferimento chiave; 3.Il contesto in cui il processo di
cambiamento viene messo in atto. Intervenire in sistemi già coinvolti in
importanti processi di cambiamento, ancora in atto, potrebbe richiedere, da
parte del sistema stesso, risorse non disponibili in quel momento. Lo stesso
potrebbe avvenire in situazioni di sistemi troppo deboli e vulnerabili per
affrontare un certo tipo di cambiamento. Capita che interventi di sviluppo
diversificati sotto ogni aspetto vengano realizzati contemporaneamente
all’interno di uno stesso sistema. Di norma, la complementarietà di tali
iniziative viene considerata in termini positivi, ma di fatto non è sempre così.
b. Spesso il sistema reagisce allo stimolo al cambiamento con una retroazione
positiva se interpreta tale cambiamento come naturale per il proprio processo
di crescita, oppure vantaggioso, positivo e/o fattibile. Altre volte lo vive come
inevitabile, ma sente di poter, comunque, individuare o costruire al proprio
interno le risorse necessarie per affrontarlo. Affinché tali valutazioni possano
essere messe in atto, è necessario che il sistema stesso abbia pienamente
condiviso e compreso il cambiamento che si intende innescare e che senta di
poterlo gestire. Se il sistema si trova coinvolto in un processo di cambiamento
che non corrisponde a quanto prospettato e/o dalla cui elaborazione è stato
escluso, oppure che non è in grado di capire e/o gestire, si rischia la rottura
del suo stato di omeostasi e, nuovamente, il runway del sistema stesso. Il suo
coinvolgimento, pertanto, risulta particolarmente indispensabile in tutte le fasi
progettuali.
2.Una retroazione negativa. Ovvero risponde allo stimolo esterno di cambiamento
con una reazione ed esso opposta, finalizzata a ristabilire o a mantenere invariata la
situazione di partenza. La retroazione negativa favorisce la persistenza, impedisce il
cambiamento e mantiene la stabilità degli equilibri interni. Le ragioni che possono
trovarsi alla base di una retroazione negativa, da parte del sistema in oggetto,
rispetto allo stimolo esterno al cambiamento possono essere innumerevoli. Il
mancato o non sufficiente coinvolgimento del sistema stesso durante l’elaborazione
del processo di cambiamento, l’inadeguatezza degli strumenti di cui esso dispone
per gestirlo, il timore del collasso dei propri equilibri e la priorità di proteggerli, la
relazione conflittuale tra i contenuti del cambiamento e la realtà/identità del sistema
stesso (o la mancanza di uno spazio relazionale tra i due), oppure la natura e le
caratteristiche del sistema medesimo, sono alcuni degli aspetti che possono
contribuire al verificarsi di una risposta di chiusura totale al cambiamento. Se il
sistema risponde negativamente agli stimoli, il cambiamento non può avvenire
attraverso le modalità e/o i contenuti proposti in quel momento. Perseverare,
imponendo dall’esterno o dall’alto la stessa forma di cambiamento può implicare
grossi rischi, come lo scatenarsi di conflitti difficilmente gestibili o il collasso degli
equilibri sistemici complessivi.
Come precedentemente messo in luce, nel caso di retroazione positiva è necessario
che il processo di cambiamento avvenga entro determinati limiti.
Secondo la Teoria dei Sistemi, infatti:
62
E’ fondamentale che ogni processo di cambiamento preveda una sorta di
“stabilità della variazione”.
Pertanto, esso dove essere strutturato in modo da avvenire garantendo al sistema la
possibilità di riassestarsi su un nuovo equilibrio (attraverso la formulazione di regole
funzionali) in tempi sostenibili e con il minor dispendio possibile di energie,
mantenendo un certo grado di stabilità anche durante la fase di trasformazione.
Per la natura stessa del tipo cambiamento auspicato e/o del sistema, oppure a
causa del variare repentino delle condizioni interne o esterne al sistema target, può
succedere che il “costo” complessivo per il corretto raggiungimento degli obbiettivi di
progetto diventi troppo elevato per le parti coinvolte. Un “costo” complessivo troppo
elevato può facilmente pregiudicare la stabilità del sistema se non vengono
immediatamente attuate misure efficaci per evitarne il collasso.
Per mettere in atto tali misure cautelative, però, è indispensabile analizzare e
comprendere in modo sufficientemente veloce e chiaro ciò che succede.
Durante l’implementazione di un intervento, può capitare che parte delle azioni si
dimostri, al lato pratico, inadeguata rispetto alla realtà/natura/bisogni del sistema
coinvolto. Oppure può succedere che le condizioni ambientali subiscano un
cambiamento repentino importante. In questi casi, appare generalmente evidente
che il corretto raggiungimento degli obiettivi finali sia a rischio e che per non
comprometterlo debbano essere attuate delle modifiche (azioni di adeguamento)
nella struttura del progetto.
Non sempre, però, le situazioni sono così chiare ed accade che, pur restando gli
obiettivi finali progettuali perfettamente raggiungibili, cresca esageratamente il costo
complessivo (in termini di tempo, risorse, energie, compromessi, gestione dei conflitti
e dei rischi, ecc.) che il sistema deve affrontare per realizzarli. Questo tipo di rischio
è decisamente meno visibile del primo (e cioè il non raggiungimento degli obiettivi),
ma può comportare, comunque, una gamma ampia di conseguenze distruttive, come
l’impossibilità di sostenere nel lungo periodo gli stessi obiettivi raggiunti, la nascita di
conflitti o di nuove problematiche all’interno del sistema, o addirittura il crollo degli
equilibri.
Perché questo tipo di rischio possa essere riscontrato in tempi utili e con maggiore
facilità, è necessario integrare, negli strumenti progettuali di monitoraggio e
valutazione in itinere, una serie di indicatori (oltre a quelli tarati in relazione al
raggiungimento degli obiettivi finali) che possano mettere in luce il variare del grado
dell’investimento che il sistema target deve fare, e/o sta facendo, per raggiungere gli
obiettivi finali, stabilendo dei margini limite rapportati alla natura stessa del sistema,
alle risorse disponibili ed alle condizioni del suo ambiente.
La domanda alla quale, in fase di implementazione delle azioni, i nuovi indicatori di
monitoraggio devono poter permettere di rispondere, con un certa regolarità rispetto
al variare delle condizioni interne ed esterne al sistema, è essenzialmente la
seguente:
A quale costo e grado di investimento restano raggiungibili e sostenibili, per il
sistema target, gli obiettivi dell’azione?
63
Se i parametri individuati si avvicinano ai margini limite prestabiliti durante
l’elaborazione delle azioni (oltre ai quali l’investimento necessario da parte del
sistema può diventare rischioso) sarà indispensabile intervenire attraverso la
“funzione gradino”.
La “funzione gradino” favorisce la possibilità di ricalibrare il processo di cambiamento
e di regolarlo con un effetto stabilizzatore. Essa permette al sistema, attraverso un
“aggiustamento” delle azioni progettuali, di ridurre la retroazione negativa (Ovvero la
reazione del sistema a ciò che in quel momento può compromettere il
raggiungimento degli obiettivi preposti), quindi di alleggerire il lavoro ed il costo
necessari per conseguire l’obiettivo, consentendo di ottenere effetti maggiormente
adattativi.
Interventi finalizzati all’incremento della frequenza scolastica, ad esempio,
richiedono, come precedentemente visto, un certo di tipo di investimento a livello
famigliare. I nuclei dove di norma i bambini partecipano alla vita domestica o
economica devono potersi riorganizzare e stabilire nuove regole affinché venga
garantita una certa stabilità interna. Se questo non avviene, l’investimento che le
famiglie si trovano a dover fare per permettere ai figli di frequentare la scuola può
diventare così grande da compromettere la sopravvivenza stessa degli equilibri
complessivi. In ambienti in cui la realtà lavorativa si struttura prevalentemente sullo
sfruttamento del lavoro minorile (fabbriche di tappeti, certi tipi di miniere, ecc), non
capita di rado che il contributo economico dei figli sia determinante per l’intera
famiglia. Nel momento in cui essi smettono di lavorare per dedicarsi allo studio, gli
altri membri si possono dover trovare in condizioni di vulnerabilità eccessiva (non
adeguatamente considerata in fase di analisi o aggravatasi in fase di
implementazione a causa del variare di fattori esterni) e di fronte a scelte forzate,
come l’emigrazione di certi componenti, il coinvolgimento delle ragazze in attività a
rischio o la necessità di dover organizzare matrimoni precoci per ridurre il numero
delle persone a carico, ecc. In questo caso, si interviene per la realizzazione di un
diritto, pregiudicandone altri. Ci si muove a favore di un certo target, mettendo a
rischio altri soggetti o la stabilità stessa degli interi sistemi a cui i gruppi target
appartengono. Eppure l’obiettivo finale può rimanere comunque raggiungibile.
Effettivamente, non è da escludersi che questo tipo di intervento riesca, entro i
termini previsti, ad incrementare il tasso di frequenza scolastica nella zona
interessata. Ma a che prezzo per i sistemi coinvolti? E se l’equilibrio dei sistemi salta,
come potranno essere sostenuti nel lungo periodo gli stessi obiettivi raggiunti?
In un contesto come questo, adeguati indicatori inclusi negli strumenti di
monitoraggio e valutazione in itinere, potrebbero segnalare che l’implementazione
delle azioni finalizzate all’incremento della frequenza scolastica dei minori sta
mettendo a rischio gli equilibri famigliari perché lo sforzo che il sistema target deve
fare è diventato insostenibile. A questo punto, devono subentrare delle “azioni
adattative” che permettano al sistema stesso di procedere nel percorso di
cambiamento iniziato mantenendosi entro limiti di sicurezza.
Gli esempi a questo riguardo potrebbero essere numerosi.
Alcuni interventi hanno focalizzato, in India, il proprio obiettivo finale sul recupero
socio sanitario di un certo numero di ragazze vittime del traffico di esseri umani a
scopi sessuali. Di norma, le vittime erano soggetti colpiti da un insieme di patologie
64
psico-fisiche permanenti e transitorie di notevole importanza. Dopo un periodo
limitato di permanenza presso strutture specializzate, il problema principale che si
presentava era quello di riuscire a prefigurare un’ipotesi di vita per queste giovani
spesso malate, spaventate, vulnerabili, a rischio, prive di qualsiasi genere di
formazione e, non di rado, analfabete. Si è dunque deciso di rintracciare le famiglie
d’origine delle stesse ragazze e, dove fattibile, tentare un reinserimento. A fine
progetto tutti i nuclei famigliari selezionati avevano riaccolto le giovani. L’obiettivo era
stato conseguito, ma il costo pagato dai sistemi per ottenere questo risultato non è
stato sufficientemente indagato.
I sistemi famigliari target vivevano, per lo più, in condizioni di indigenza estrema ed
erano totalmente sprovvisti di strumenti adeguati per farsi carico di ragazze con
problemi così importanti. I pregiudizi sul passato delle giovani donne hanno
contribuito ad isolare i nuclei coinvolti, rendendo difficili le loro relazioni con il resto
della comunità e l’organizzazione dei matrimoni per gli altri figli, soprattutto nel caso
di femmine. Infine, il propagarsi delle malattie di cui le giovani erano portatrici ha
influito sui livelli di salute complessivi di quelle aree. L’investimento fatto ed il costo
pagato dai sistemi target per raggiungere gli obiettivi progettuali ha probabilmente
superato limiti che andavano definiti e prefissati a tutela degli equilibri sistemici, ed i
segnali di questo rischio sarebbero probabilmente stati riscontrabili, se indagati con
strumenti adeguati, in fase iniziale di studio dei problemi e durante il corso di
implementazione progettuale.
Monitorare in itinere il livello e la tipologia di investimento che i sistemi target
mettono in atto per raggiungere gli obiettivi preposti è fondamentale per tutelare gli
stessi sistemi attraverso la messa in atto di “funzioni gradino” che possono implicare
la necessità di interventi di supporto (capacity building, networking, ecc.), di
frammentare il percorso di cambiamento in fasi minori, o semplicemente differenti, di
ricalibrare i tempi e gli obiettivi, di programmare un ulteriore successivo intervento
specifico ecc.
Le azioni di riassestamento nella struttura di progetti in corso di implementazione
non costituiscono certo una pratica sconosciuta agli interventi per lo sviluppo. Come
già accennato, però, si tratta, di norma, di aggiustamenti finalizzati a ricalibrare la
relazione tra il contesto locale (ambiente, realtà politica ed economica, gruppi target,
ecc.) e gli obiettivi finali, nei casi in cui la realtà dei primi si dimostrati tale da
pregiudicare il corretto raggiungimento di questi ultimi.
L’applicazione dell’approccio sistemico, attraverso la funzione gradino, suggerisce di
monitorare non solo la relazione tra contesto ed obiettivi, ma anche, e soprattutto,
l’equilibrio tra i sistemi target e l’investimento in atto, o prospettato,
indipendentemente dal fatto che gli obiettivi stessi continuano a risultare
perfettamente raggiungibili o meno.
Tutelare l’equilibrio dei sistemi.
1. In fase di analisi dei bisogni e delle risorse dei sistemi target è fondamentale:
a. Assicurare la partecipazione attiva dei sistemi target;
b. Valutare che essi siano in grado, al di là della retroazione positiva, di gestire nel breve e nel
lungo periodo il cambiamento complessivo al quale mira l’intervento;
c. Identificare i bisogni specifici essenziali e le risorse disponibili perché il processo di
65
cambiamento auspicato avvenga senza rischi di collasso per gli equilibri dei sistemi;
d. Verificare e valutare l’esistenza e la portata di altri processi di cambiamento in atto che
coinvolgono i sistemi target;
2. In fase di elaborazione delle azioni è fondamentale:
a. Assicurare la partecipazione attiva dei sistemi target;
b. Elaborare un processo di cambiamento che abbia una durata e delle caratteristiche
proporzionali e congrue rispetto alle valutazioni emerse in fase di studio dei bisogni e delle
risorse, quindi rapportati alla reale natura e condizione dei sistemi target e del loro ambiente,
in modo da innescare un cambiamento gestibile e sostenibile;
c. Elaborare azioni non anti omeostatiche (conflittuali rispetto alla natura dei sistemi);
d. Elaborare azioni di capacity building strutturale indiretta affinché i sistemi siano in grado di
mettere in atto processi condivisi di riformulazione delle regole necessarie al cambiamento e
strutturazione di nuovi equilibri;
e. Definire degli indicatori funzionali a monitorare, in fase di implementazione, il grado di
investimento che i sistemi target devono fare per conseguire gli obiettivi preposti e stabilire
dei limiti di sicurezza.
3. In fase di monitoraggio:
a. Monitorare con regolarità il grado di stabilità interna del sistema durante il processo di
rielaborazione delle nuove regole necessarie per il cambiamento;
b. Monitorare con regolarità il grado di investimento che i sistemi target stanno mettendo in atto
per conseguire gli obiettivi di progetto. Se l’investimento supera i limiti prestabiliti o si
dimostra essere, comunque, rischioso, è necessario elaborare un processo di “adattamento”
e calibrazione dell’intervento.
4. In fase di valutazione:
a. Valutare il livello finale di stabilità interna del sistema e l’efficacia delle nuove regole
elaborate funzionali sia alla sostenibilità del cambiamento che all’equilibrio del sistema
stesso;
b. Valutare, in itinere ed in fase finale, che il livello di investimento dei sistemi target per
raggiungere gli obiettivi non abbia oltrepassato determinati limiti diventando rischioso. Se
l’investimento supera i limiti prestabiliti o si dimostra essere, comunque, rischioso in itinere, è
necessario elaborare un processo di “adattamento” e calibrazione dell’intervento. Se questo
avviene a fine progetto, è necessario definire con attenzione lo stato di rischio attuale e
delineare i bisogni che devono essere soddisfatti affinché il sistema non collassi,
proponendo, qualora possibile, la realizzazione di interventi consecutivi di supporto specifico
per assicurare uno stato di equilibrio sistemico.
L’approccio sistemico rispetto a quello classico.
L’applicazione della Teoria dei Sistemi alla progettazione per lo sviluppo focalizza l’attenzione
sull’importanza dell’equilibrio dei sistemi target, sia in funzione del corretto conseguimento e della
sostenibilità degli obiettivi di un intervento, sia rispetto all’impatto dello stesso intervento sulla natura
dei sistemi locali.
Tutelare l’equilibrio dei sistemi target costituisce un principio importante non solo per la buona
riuscita di un progetto, ma anche per limitare i danni che spesso, inconsapevolmente, le azioni
esterne producono, direttamente o meno, nei contesti di implementazione.
Nella progettazione e realizzazione di un intervento di sviluppo, è pertanto fondamentale considerare
che:
1. I sistemi target esistono perché al proprio interno viene mantenuta una condizione di
equilibrio e, molto spesso, preservare questo equilibrio rappresenta per il sistema una
66
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
priorità assoluta perché coincide con la sua stessa sopravvivenza;
Ciascun cambiamento mette in gioco l’equilibrio del sistema all’interno del quale esso
si verifica;
Ciascun cambiamento, perché avvenga senza compromettere lo stato di omeostasi
del sistema, presuppone la rielaborazione condivisa di nuove regole funzionali e il
riassestamento del sistema stesso su un nuovo equilibrio;
I sistemi target possono rispondere positivamente (accettandolo) o negativamente
(rifiutandolo) ad uno stimolo esterno al cambiamento;
Perché il cambiamento auspicato avvenga e gli obiettivi di progetto siano
effettivamente raggiungibili, il sistema target deve rispondere allo stimolo esterno con
una retroazione positiva. Per favorire la possibilità di una retroazione positiva è
importante che il cambiamento sia partecipato e quindi compreso nella sua totalità e
complessità da parte del sistema target e non si ponga in modo antiomeostatico
(conflittuale) rispetto alla natura dei gruppi che lo compongono;
Perché il cambiamento auspicato avvenga senza compromettere gli equilibri del
sistema e perché sia sostenibile nel lungo periodo, è necessario considerare i tre
aspetti cruciali relativi alla durata, alla natura ed al contesto del processo di
cambiamento, qui sopra illustrati (punto 1.a “Una retroazione positiva”) e monitorare
con regolarità l’impatto delle azioni sullo stato di omeostasi del sistema stesso.
Per tutelare gli equilibri di un sistema coinvolto in un processo di cambiamento
interno, occorre valutare con regolarità il grado di investimento che il sistema stesso
sta mettendo in atto per raggiungere gli obiettivi. Tale investimento non deve superare
dei limiti di sicurezza oltre i quali gli obiettivi raggiunti potrebbero non essere
sostenibili oppure il loro conseguimento potrebbe implicare il collasso del sistema;
Se il sistema risponde con una retroazione negativa allo stimolo di cambiamento, è
fondamentale riesaminare tutti i contenuti ed i processi messi atto per la sua
elaborazione e considerare che un’impostazione esterna potrebbe compromettere la
sostenibilità dell’intervento o, addirittura, gli equilibri del sistema stesso.
3.2.1.2 L’identità e la relazione tra sistemi culturali differenti
“Forse state pensando di pensare i vostri pensieri, ma non è così, state pensando i
pensieri della vostra cultura” (Gregory Bateson).
La realizzazione di interventi di sviluppo presuppone spesso l’incontro ed il confronto
tra identità culturali differenti: quella degli attori complessivamente responsabili
dell’elaborazione, finanziamento e/o implementazione dell’intervento, e quella dei
sistemi locali, che siano partner, target e/o beneficiari finali.
L’aspetto di relazione tra i diversi sistemi culturali coinvolti, che vengono ad
incontrarsi per realizzare il processo di cambiamento prospettato dall’intervento, è
assolutamente fondamentale per raggiungere correttamente gli obiettivi di progetto e
garantirne la sostenibilità, nonché per tutelare l’identità e l’equilibrio dei sistemi
coinvolti.
Al fine di definire e comprendere meglio questo aspetto, così importante e così
troppo spesso sottovalutato, è utile rifarsi, per un attimo, all’esempio degli interventi
che mirano in modo specifico alla realizzazione dei diritti umani ed al relativo dibattito
sulla questione dell’identità.
Uno dei principi fondanti dei Diritti umani consiste nella loro “Universalità”. Essi
devono essere applicati e realizzati, affinché ciascun cittadino del mondo ne possa
67
pienamente godere, ovunque ed indistintamente, a prescindere dalla natura del
contesto in cui egli vive.
Per quanto l’obiettivo planetario della loro piena realizzazione sia ufficialmente
condiviso, alcuni studiosi e pensatori stimolano a riflettere sul legame tra
“universalità” ed “occidentalità” degli stessi diritti umani e su cosa la loro piena
realizzazione possa implicare, nel concreto, in sistemi culturali non occidentali. Essi
sostengono, infatti, che, benché universali ed universalmente riconosciuti, i diritti
umani abbiano inconfutabilmente origine all’interno di un sistema culturale definibile
nei limiti di ciò che chiamiamo “Occidente” e che tale origine non possa non essere
consapevolmente presa in considerazione.
Questo significa riconoscere che, a prescindere dalla legittimità della loro
applicazione, il processo di rafforzamento e realizzazione dei diritti umani in contesti
non occidentali implichi, per forza di cose, l’incontro tra sistemi storico culturali
differenti e che, quindi, la qualità della relazione tra questi sistemi sia assolutamente
determinante sui risultati.
Gli interventi di sviluppo per la realizzazione dei diritti umani tendono molto spesso a
trascurare questo aspetto relazionale, interpretando il concetto di “universalità” come
un legittimo e naturale prevalere dei principi di base degli stessi diritti sulla natura di
qualsiasi contesto di implementazione possa da essi differire. Per semplificare
grossolanamente, il concetto di base è che ciascun cittadino del pianeta debba poter
godere della piena realizzazione dei propri diritti, a prescindere dalla cultura, dalla
religione e dalla natura politica del luogo in cui vive e che questo sia prioritario su
qualsiasi altra considerazione di tipo contestuale.
Tale approccio, fondato sul concetto di “universalità”, porta generalmente
all’elaborazione di interventi che non considerano sufficientemente una serie di
aspetti cruciali, dando per scontato che il processo di realizzazione degli stessi diritti
in un contesto non occidentale rappresenti un percorso di crescita più o meno
naturale e che gli elementi (regole formali ed informali) culturali locali ad esso ostativi
e/o distanti debbano essere contrastati e, possibilmente, ridotti nel tempo ai minimi
termini.
Le critiche rispetto a questo approccio si soffermano proprio su quest’ultimo aspetto.
Ovvero sulle regole formali ed informali che caratterizzano le strutture dei paesi non
occidentali, in via di sviluppo, destinatari degli interventi finalizzati alla realizzazione
dei diritti umani. L’insieme di tali regole definisce l’identità storica, culturale e
religiosa dei contesti in oggetto ed intervenire senza un’adeguata considerazione del
loro significato, benché per un fine indiscutibilmente legittimo, suscita una serie di
problemi sia di ordine morale che pratico.
L’aspetto morale si riferisce essenzialmente al concetto di identità e comporta il porsi
di domande relative alle conseguenze del processo di omogeneizzazione culturale
(che tende a modelli di origine occidentale) indubbiamente in atto a livello mondiale.
L’aspetto pratico si riferisce soprattutto alla considerazione di come e quanto
l’insieme delle regole formali ed informali che definiscono l’identità dei sistemi target
(indipendentemente dal loro grado di affinità con i diritti umani) siano fondamentali
68
per favorire e sostenere l’equilibrio di questi stessi sistemi, soprattutto in ambienti
estremamente precari, vulnerabili ed a continuo rischio di collasso.
Il fine (la realizzazione dei diritti umani), dunque, non giustifica i mezzi, soprattutto
perché proprio tali mezzi (insufficiente considerazione del valore, ruolo e funzionalità
dei codici formali ed informali locali) costituiscono un potenziale rischio sia per il
corretto conseguimento e la sostenibilità del fine stesso, sia per la sopravvivenza dei
sistemi coinvolti.
Al di là di qualsiasi considerazione di ordine ideologico, infatti, la Teoria dei Sistemi
mette chiaramente in evidenza come l’esistenza di ciascun sistema sia resa
possibile perché esso si trova in una condizione di equilibrio senza il quale
collasserebbe, ragion per cui l’omeostasi sistemica viene ritenuta una priorità
assoluta dalle parti. Questo equilibrio è mantenuto attraverso la messa in atto di una
serie di regole sistemiche interne precise che sono, quindi, indispensabili alla sua
sopravvivenza in quel momento.
Inoltre, la Sistemica illustra in modo estremamente chiaro come un qualsiasi
processo di cambiamento, perché possa avvenire all’interno di un sistema senza far
saltare il suo stato di omeostasi, debba prevedere la rielaborazione di un certo
numero di regole sulla base delle quali assestare un nuovo equilibrio. Tali regole
possono essere rielaborate solo se il sistema lo vuole e se è in grado di farlo. Per
essere in grado di farlo esso devo possedere specifiche capacità interne di tipo
relazionale ed organizzativo. Se queste capacità non ci sono e la qualità delle
relazioni tra le parti e dell’organizzazione interna non è sufficientemente efficace e
funzionale, è altamente improbabile che un reale cambiamento possa avvenire
senza comportare il runway del sistema.
Se identifichiamo come sistema di riferimento la cultura di un paese non occidentale
coinvolto nel processo di realizzazione dei diritti umani, si può facilmente immaginare
(applicando l’approccio sistemico) come tutte le regole formali ed informali che
definiscono la natura delle sue strutture famigliari, sociali e statali siano elementi
fondamentali per gli equilibri locali. Esse hanno, pertanto, non solo un valore
centrale rispetto al concetto di “identità”, ma anche un ruolo concreto determinante
per l’esistenza e la sopravvivenza del sistema in oggetto, in quanto costituiscono la
base sulla quale lo stesso si mantiene in equilibrio.
Non considerare tali regole, o parte di esse, e la loro relazione con i contenuti
fondanti dei diritti dell’uomo, presupponendo che il processo di realizzazione di
questi ultimi implichi e/o necessiti una delegittimazione delle prime se ritenute
ostative, si dimostra altamente rischioso sotto molteplici aspetti.
Ma allora come supportare processi di cambiamento finalizzati alla realizzazione dei
diritti umani in paesi non occidentali senza compromettere gli equilibri sistemici e nel
rispetto dell’identità locale?
Proviamo ad applicare le regole fornite dalla Teoria dei Sistemi.
Individuiamo, quindi, nella “cultura nazionale” di un paese non occidentale il macro
sistema di riferimento (le cui parti sono costituite da tutte quelle normative, formali ed
informali, che regolano lo stato, le strutture religiose, famigliari e sociali, ed i
69
comportamenti individuali, sui quali la stessa cultura si fonda e mantiene in
equilibrio).
I processi istituzionali per la realizzazione dei diritti umani prevedono l’emanazione,
da parte dei governi, di leggi in linea con gli standard internazionali. Mentre i
processi strutturali mirano all’introduzione ed all’assimilazione dei principi fondanti
dei diritti dell’uomo all’interno delle strutture portanti (famigliari e sociali) dei paesi
stessi.
Definiamo dunque l’insieme delle nuove regole formali (emanate dal Governo del
paese di riferimento per adeguarsi agli standard internazionali dei diritti umani) e dei
principi informali introdotti (attraverso azioni diversificate, tra cui sono inclusi gli
interventi esterni di sviluppo) dai processi strutturali finalizzati alla piena
realizzazione dei diritti dell’uomo nello stato in oggetto, come “nuove parti”.
Abbiamo, a questo punto, un sistema target rappresentato dalla “cultura nazionale”
di un dato paese non occidentale, all’interno del quale vengono identificate due parti:
le “parti fondanti” (ovvero tutte le leggi formali ed informali chiave che determinano la
cultura millenaria del paese e quindi anche la sua identità storico tradizionale) e le
“nuove parti” (ovvero tutte le leggi formali ed informali relative ai recenti processi
istituzionali e strutturali di realizzazione dei diritti umani).
Le nuove parti sono state introdotte all’interno del sistema in oggetto con l’obiettivo
di realizzare un cambiamento finalizzato al rafforzamento dei diritti umani. Perché il
cambiamento avvenga è necessaria, come più volte evidenziato, l’elaborazione di
nuove regole sulla base delle quali riassestare l’equilibrio del sistema “cultura
nazionale”. Perché tali regole possano essere elaborate e l’equilibrio raggiunto,
l’aspetto relazionale ed organizzativo delle due parti è fondamentale.
Vediamo in che modo:
1) Se le “parti fondanti” sono in linea con i contenuti delle “nuove parti” sussiste
tra loro una relazione ad elevato grado di compatibilità e scambio, questo
significa che l’introduzione e l’integrazione di queste ultime all’interno del
sistema è altamente probabile che avvengano in modo naturale, senza
destabilizzare gli equilibri sistemici esistenti, né scatenare particolari reazioni
di rifiuto o conflitto da parte del sistema stesso. Si tratta, però, di un’ipotesi
che si verifica abbastanza raramente. Se, infatti, le “parti fondanti” del sistema
cultura di un dato paese sono già in linea con le “nuove parti”, questo vuol dire
che il processo di realizzazione dei diritti umani è pressoché inutile, e non
presuppone alcun cambiamento fondamentale, poiché gli stessi diritti sono già
contenuti ed implementati all’interno del sistema.
2) Se le “parti fondanti” sono molto distanti, per contenuto e natura, dalle “nuove
parti”, e non esiste uno spazio di dialogo e riconoscimento reciproco, la
relazione tra le due potrebbe comportare una mutua “disconferma”, ovvero la
negazione dell’una da parte dell’altra. Se l’esistenza (e quindi l’applicazione)
delle prime implica l’annullamento delle seconde, e/o viceversa, si creano
all’interno del sistema target due sottosistemi di riferimento: quello delle “parti
fondanti” (che, con il tempo e con il procedere dei processi di realizzazione
dei diritti umani, tende a coincidere con l’insieme delle leggi e dei codici
70
informali tradizionali) e quello delle “nuove parti” (che invece tende a
coincidere con l’insieme dei principi e delle leggi formali in linea con gli
standard internazionali dei diritti umani). La presenza, all’interno di un unico
“sistema cultura”, di due sottosistemi paralleli di riferimento che si escludono
reciprocamente pone continuamente le strutture ed i cittadini di fronte alla
necessità di effettuare una scelta: aderire ai cardini fondanti della propria
cultura, oppure rispettare i codici più recenti. Per quanto possa sembrarlo, tale
scelta non è così semplice, scontata e neppure assimilabile all’esperienza
occidentale dei processi di realizzazione dei diritti umani. Aderire ai cardini
della propria cultura significa proteggere codici e punti di riferimento
estremamente importanti e cruciali per gli equilibri locali, ma può portare,
come di fatto molto spesso accade, alla cristallizzazione di realtà
tendenzialmente discriminatorie che limitano profondamente lo sviluppo e
l’implementazione dei diritti dell’uomo. Rispettare le nuove normative significa
costruire lo spazio necessario per favorire lo sviluppo e la piena realizzazione
dei diritti umani, ma comporta la perdita di codici e punti di riferimento che
sono estremamente importanti in paesi caratterizzati da un elevato grado di
vulnerabilità ed instabilità, e da una debole rule of law. Tale perdita, infatti,
può portare all’allentarsi di pratiche e sistemi autoctoni di auto protezione e/o
di protezione collettiva ed al conseguente aumento delle situazioni di rischio e
delle violazioni.
Una distanza incolmabile tra le parti del sistema cultura, inoltre, può
comportare grosse difficoltà di comprensione dei contenuti rispetto a tutto ciò
che non appartiene alla tradizione (quindi le “nuove parti”), per la lettura del
quale buona parte del paese non dispone di strumenti adeguati. Questa
difficoltà di comprensione, a propria volta, limita pesantemente il processo di
identificazione dell’identità nazionale con i principi fondanti che le “nuove
parti” supportano e promuovono.
Molto spesso i paesi in via di sviluppo sono caratterizzati proprio dal
coesistere di queste due realtà parallele di riferimento, dove la prima (“parti
fondanti”) tende prevalere, di norma, nelle zone rurali, nelle aree urbane più
deprivate e tra gli ambienti maggiormente conservatori, mentre la seconda
(“nuove parti”) caratterizza soprattutto i ceti cittadini maggiormente colti ed
aperti al cambiamento.
3) Se le “parti fondanti” sono in contraddizione con le “nuove parti”, la relazione
tra le due potrebbe risultare conflittuale. Se all’interno del sistema cultura si
instaura un tipo di relazione conflittuale tra le parti, è altamente probabile che
due sole alternative si prospettino: il rifiuto delle “nuove parti” o il runaway del
sistema stesso. Il rifiuto delle nuove parti implica, come già visto,
l’impossibilità o la difficoltà di sviluppare una cultura del diritto all’interno del
paese, che rimane cristallizzato in strutture rigide e limitanti per il
cambiamento. Il runaway del sistema (come conseguenza del
prevalere/imposizione delle “nuove parti”) implica, invece, una serie di effetti
dai riscontri tendenzialmente distruttivi sul lungo periodo, come la progressiva
perdita di modelli culturali essenziali di riferimento collettivo.
La relazione tra “parti fondanti” e “nuove parti” è chiaramente determinante per il
processo di realizzazione dei diritti umani in un sistema-cultura di un dato paese non
71
occidentale. Tale relazione, pertanto, deve poter essere sufficientemente buona da
favorire la realizzazione dei diritti umani senza sacrificare i cardini culturali portanti
delle identità locali.
Il primo passo fondamentale, affinché questa condizione necessaria possa
verificarsi, consiste nell’identificazione di uno spazio relazionale all’interno del quale
sia possibile uno scambio tra le parti che costituiscono il sistema e che tale scambio
possa avvenire senza conflittualità. Questo spazio relazionale è costituito dal terreno
comune, quello dove le parti in gioco (“parti fondanti” e “nuove parti”) hanno la
possibilità di condividere alcuni aspetti della propria natura, e quindi di comprendersi,
avvicinarsi, riconoscersi l’una nell’altra e comunicare, anche solo per un attimo,
anche solo in un’area limitata e molto circoscritta.
L’individuazione di uno spazio tra le parti è indispensabile per costruire una relazione
funzionale ed efficace, grazie alla quale all’interno del sistema cultura le differenze
possano coesistere in modo non conflittuale. In tale spazio, infatti, si potenzia la
possibilità di comprensione ed identificazione reciproca. La costruzione della
relazione, quindi, deve partire imperativamente dal luogo in cui la comunicazione è
possibile ed il conflitto tra le parti del sistema cultura è ridotto ai minimi termini.
Esempio pratico 9.: L’individuazione di uno spazio per il cambiamento tra identità culturali
diverse.
Per passare ad un terreno più concreto, prendiamo l’esempio della legge relativa alla schiavitù in
Nepal.
L’articolo 4. della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani stabilisce che:
Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli
schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.
Il Governo nepalese ha emanato una normativa nazionale che si pone in linea con questo articolo,
vietando perentoriamente ogni forma di schiavitù. Il diritto contro la schiavitù è stato dunque
istituzionalizzato dallo stato nepalese ed introdotto nell’insieme delle normative che regolano, o che
dovrebbero regolare, il paese. Tuttavia, questa legge non viene applicata in modo sistematico e, al
suo posto, tendono invece a prevalere, soprattutto in determinati contesti, regole informali legate alla
tradizione che legittimano il possesso di un essere umano da parte di un altro. Il risultato è che, in
nome di una cultura secolare, centinaia di bambine ogni anno vengono ancora oggi ridotte in stato di
schiavitù.
All’interno dell’attuale sistema-cultura del paese, la relazione tra la legge formale introdotta
abbastanza recentemente (a supporto del diritto alla libertà di ciascun individuo) ed una parte delle
leggi informali che da secoli regolano alcune pratiche ed abitudini culturali religiose, è di tipo
conflittuale. Questo conflitto si risolve il più delle volte con l’esautorazione della normativa
istituzionale da parte dei codici informali più tradizionali.
Il caso delle Deuki potrebbe risultare abbastanza esplicativo a questo proposito.
In Nepal accade ancora che alcune famiglie piuttosto benestanti comperino bambine provenienti
dalle classi più povere per regalarle ai templi al fine di accattivarsi le divinità. Qui le ragazzine
diverranno custodi (Deuki) della struttura e saranno costrette a sopravvivere attraverso la
prostituzione, poiché la legge informale vieta loro di poter esercitare qualsiasi tipo di lavoro
ufficialmente remunerato che distoglierebbe attenzione, tempo ed energie dalla cura del luogo sacro.
Si tratta di una pratica che arreca un certo beneficio a tutte le parti coinvolte, tranne, ovviamente, alle
dirette interessate, che però non possiedono alcuno strumento di contestazione. Gli “acquirenti”
ritengono che, in questo modo, riceveranno grazie particolari dagli Dei, avendo fatto loro un dono
speciale. I genitori delle bambine ottengono del denaro e vengono contemporaneamente sgravati sia
72
dal peso di una bocca in più da sfamare che dal problema, non indifferente, della dote.
La nuova legge formale che, in linea con gli standard internazionali, vieta la schiavitù si pone in
modo completamente anti-omeostatico (conflittuale) con questo tipo pratica religiosa consolidata. La
prima, infatti, dal momento della sua entrata in vigore, vieta la messa in atto della seconda,
asserendo che si tratti di una prassi criminale e quindi perseguibile dalle autorità, ed attribuendo,
come conseguenza implicita, connotati negativi di colpa ed accusa alle divinità induiste che hanno
ricevuto per secoli tale “dono”, alle famiglie ricche che da secoli lo elargiscono, ed a quelle povere
che, sempre da secoli, cedono le proprie figlie al servizio dei templi e quindi della religione.
La relazione tra la nuova legge formale e la legge informale millenaria si dimostra essere di tipo
conflittuale ed antitetico, non favorendo così la possibilità di innescare un reale cambiamento, o
comunque non in tempi brevi.
Aderire alla nuova normativa significa per la popolazione, in qualche modo, prendere posizione,
improvvisamente dal giorno della sua entrata in vigore, contro la propria cultura, giudicando come
“violazione” ciò che fino a poco prima era comunemente intesa come una prassi di culto.
Benché sia incontestabile la necessità di contrastare tutte quelle pratiche che portano alla riduzione
di esseri umani in stato di schiavitù, è altrettanto fondamentale che il processo di realizzazione
dell’articolo 4. avvenga in modo concretamente efficace poiché l’unico obiettivo finale che conti
consiste proprio nella sua reale messa in atto. Non è così scontato che partire da un conflitto diretto
con quelle pratiche secolari informali che legittimano la schiavitù risulti essere una tattica vincente,
anche se, forse, è quella istintivamente più logica ed apparentemente più rapida. Ma l’esperienza
nepalese contribuisce a dimostrare che la relazione conflittuale tra la normativa formale che
contrasta la schiavitù e quella informale che la legittima ha portato a risultarti fallimentari. Soprattutto
perché gli strumenti legislativi che lo stato possiede per l’applicazione della legge sono
estremamente flebili.
Inoltre, non è neppure così scontato che la popolazione nepalese sia in grado di comprendere la
reale natura della nuova normativa, o il concetto stesso di “schiavitù” così come lo possiamo
comunemente intendere in questa zona del mondo, ed effettuare quindi la scelta consapevole di
porsi in contrasto con la propria tradizione in nome di un concetto probabilmente vago.
Per mettere in atto un processo di cambiamento che favorisca la piena realizzazione del diritto alla
libertà di ciascun individuo, è fondamentale evitare la conflittualità ed individuare uno spazio in cui le
due parti del sistema (leggi formali contro la schiavitù e abitudini informali che al contrario la
legittimano) possano relazionarsi e porsi a confronto in maniera non antitetica. L’identificazione di
uno spazio di raffronto non conflittuale è in linea di massima sempre possibile, anche in situazioni in
cui i presupposti di partenza si dimostrino essere profondamente antitetici come in questo frangente.
La tradizione induista, sulla cui base si conformano buona parte dei comportamenti e delle abitudini
della popolazione locale, infatti, non contiene solo pratiche che presuppongono “l’utilizzo” di un
individuo da parte di terzi contro la sua volontà, ma è caratterizzata anche da numerosi precetti che,
al contrario, avvalorano il diritto stesso alla libertà di ogni essere umano, ponendosi in linea sia con i
diritti umani che con le leggi nazionali a loro sostegno.
Un riferimento valido a questo proposito potrebbe essere il concetto chiave di Mukti (liberazione)
definito dai Veda (raccolta in sanscrito vedico di testi sacri) come obiettivo universale ed ultimo a cui
tende tutto il genere umano.
Un famoso Sutra (elaborazioni, aforismi filosofici su cui si fonda l’induismo) recita, infatti, in questo
modo:
"O Devi of the Kulas! The human body is the receptacle of piety, wealth, desires, and final liberation.
It should therefore never be the subject of purchase; and such a purchase is by reason of My
commands invalid"20 (140, Maha Nirvana Tantra).
Tali aspetti della cultura induista offrono la possibilità di individuare i “concetti specchio”,
20
O dio dei Kulas! Il corpo umano è ricettacolo di pietà, prosperità, desideri, e liberazione finale. Non deve mai
quindi essere l’oggetto di un acquisto; e questo tipo di acquisto è per tale ragione reso nullo dai miei dettami”.
73
indispensabili per fondare le basi di un dialogo interculturale non conflittuale, grazie ai quali la cultura
più antica può in questo caso riflettersi nei principi fondanti del diritto dell’uomo. Qui si inizia a
costruire la relazione. Qui l’assenza di conflitto favorisce la dialettica, la possibilità di confrontarsi,
evolvere e cambiare. La popolazione non è così posta di fronte ad una scelta tra la propria cultura ed
un’altra ed il cambiamento proposto delle regole comportamentali si mantiene comunque all’interno
di “confini identitari” locali. Se il processo di cambiamento parte da elementi noti e comuni,
caratterizzanti la natura dei sistemi interessati, si riducono notevolmente i rischi di rifiuto, non
sostenibilità, conflitto e perdita di equilibri chiave. Ma non solo. La ricerca e costruzione di uno spazio
relazionale, all’interno del “sistema cultura” del paese/contesto dove si auspica la realizzazione di un
cambiamento, sono determinanti affinché lo stesso paese/contesto possa sviluppare e realizzare
appieno un processo di costruzione endogena dei diritti dell’uomo all’interno delle proprie strutture
portanti. Questo processo strutturale di costruzione endogena è assolutamente importante che si
verifichi, parallelamente al percorso di istituzionalizzazione dei diritti. Esso, infatti:
a) Favorisce direttamente, e quindi non più solo come riflesso del processo istituzionale, lo
sviluppo del concetto/principio di diritto all’interno delle strutture famigliari e socio culturali,
limitando in modo sostanziale i costi, a carico dello stato, necessari per garantire la reale
applicazione della normativa e perseguire le violazioni.
b) Riduce il rischio di non sostenibilità, sul breve e lungo periodo, del processo di cambiamento.
c) Riduce il rischio che il sistema cultura di tale pese/contesto rifiuti il cambiamento
desiderato/in atto (perché in conflitto con la propria tradizione, o troppo difficile da capire),
con la conseguente non applicazione delle leggi formali ed il prevalere di codici informali che
legittimano la violazione dello stesso diritto.
d) Limita il rischio di sacrificare i cardini di identità secolari (di tale paese/contesto),
connotandoli negativamente, o anche solo trascurandoli, a prescindere dalle loro
caratteristiche, ed inghiottendoli in un percorso (imposto dall’esterno o dall’alto) di
omogeneizzazione culturale universale fondato su modelli di base non locali.
Se si volesse intervenire con l’obiettivo di apportare un cambiamento nella lotta alla
discriminazione di genere in un determinato contesto, allora si potrebbe partire dalla
ricerca degli elementi religiosi e culturali chiave della tradizione locale che
contengono principi in linea con l’eguaglianza tra i sessi.
Lo stesso per quanto riguarda il settore della salute. Azioni finalizzate a migliorare il
livello di salute riproduttiva di un certo target femminile, ad esempio, dovranno
selezionare i caratteri funzionali della tradizione locale in questo settore e partire
quindi dalle conoscenze, dai principi e dalle attribuzioni di ruolo in linea con i
contenuti e gli obiettivi del progetto, che la popolazione possiede e che sono quindi
ben radicati all’interno dei sistemi target.
In egual modo, gli interventi che mirano ad una maggior sicurezza alimentare in aree
rurali (o ad una più equa distribuzione del cibo) fonderanno le proprie basi sul
bagaglio di esperienze, nozioni, strumenti e codici locali in linea con i contenuti del
progetto e funzionali al raggiungimento dei suoi obiettivi. A partire da questo spazio
comune, tra “nuove parti” e “parti fondanti della cultura agricola locale”, si potrà
lavorare per elaborare percorsi di cambiamento finalizzati alla realizzazione dei diritti,
e/o all’integrazione di nuove conoscenze e/o tecnologie, senza compromettere
tradizione, equilibri ed identità dei sistemi target.
Questa tipologia di approccio non solo facilita il corretto raggiungimento degli
obiettivi, ma ne incrementa la sostenibilità ed abbatte notevolmente i tempi, i costi e
le risorse complessive necessarie per la realizzazione e durabilità del cambiamento
prospettato.
74
Costruire una relazione funzionale ed efficacie tra sistemi target ed intervento.
Per costruire una relazione tra progetto e sistemi target funzionale alla retroazione positiva del di
questi ultimi verso lo stimolo al cambiamento ed alla realizzazione di un processo di sviluppo
sostenibile, è necessario:
1. In fase di analisi dei bisogni e delle risorse dei sistemi target:
a. Individuare le regole formali ed informali chiave che si dimostrano in linea con i contenuti
del progetto.
2. In fase di elaborazione delle azioni:
a. Favorire la realizzazione di azioni che permettano di costruire e rafforzare la relazione
tra le regole formali ed informali che caratterizzano la natura dei sistemi e sono in linea
con il progetto (1.a) ed i principi fondanti dell’intervento. Questi spazi relazionali di
confronto strategico possono essere forniti da azioni di: training, capacity building,
sensibilizzazione, comunicazione e diffusione dell’informazione, tavole rotonde,
elaborazioni di piani locali di sviluppo, elaborazione di accordi locali, advocacy.
b. Elaborare le suddette azioni (2.a) modo che partano da e contengano sempre le regole
formali ed informali individuate, sulla base delle quali costruire percorsi di crescita e
sviluppo assonanti rispetto alla natura dei sistemi target. L’approccio sistemico implica
l’evidenziazione e l’inclusione delle differenze come elementi di dialogo ed interazione,
non come conflitto. Perché il dialogo sia possibile è necessaria la costruzione di uno
spazio apposito. Per questa ragione è fondamentale che il progetto non si ponga mai in
posizione conflittuale e/o dissonante con quegli aspetti dell’identità locale che si
dimostrano particolarmente distanti dai principi e dagli obiettivi dell’azione.
L’approccio sistemico rispetto a quello classico.
L’applicazione della Teoria dei Sistemi alla progettazione per lo sviluppo focalizza l’attenzione
sull’importanza dell’aspetto relazionale tra la natura dei sistemi target (e del loro ambiente) e la
natura dell’intervento.
Se questo tipo di relazione non è funzionale ed efficace:
1. Crescono o si mantengono elevati i costi complessivi per la realizzazione del
cambiamento.
2. Si mette a rischio il corretto raggiungimento degli obiettivi e la loro sostenibilità,
pregiudicando o rendendo impossibile il processo di cambiamento;
3. Non si tutela adeguatamente “l’identità” dei sistemi target e del loro ambiente, con
tutte le conseguenze di lungo periodo che questo comporta;
4. Si mette a rischio l’equilibrio dei sistemi target.
75
3.2.1.3 Il tempo come variabile fondamentale del sistema
I sistemi variano con il variare del tempo e al loro interno si modificano i
bisogni.
Con il variare dei bisogni variano anche i diritti (per la stretta interrelazione che
sussiste tra diritti materiali e non materiali e bisogni materiali e non materiali). Questo
significa che, per garantire una corretta e costante realizzazione dei diritti all’interno
di un dato sistema (stato, comunità o famiglia che sia), è essenziale costruire ed
innescare meccanismi di crescita e sviluppo flessibili, capaci di includere il concetto
di variabile come prassi nel proprio funzionamento.
A questo proposito è interessante ricordare l’osservazione di J. Galtung:
“ Human needs are subtle. They are flexible, they vary in space and time, for
instance in tune with the life-cycle of individuals. They are not easily understood and
not easily met. And as they are met, new needs tend to develop. In short: a very
volatile concept”21.
Se i sistemi target entrano in possesso di strumenti e modelli di crescita e sviluppo
rigidi, pre-impostati su schemi di riferimento precisi e poco flessibili, è altamente
probabile che con il trascorrere del tempo crescano le loro difficoltà sia a soddisfare
i nuovi bisogni, sia a far fronte ai cambiamenti interni ed esterni, aumentando i rischi
di conflittualità e di retroazione negativa.
Includere il concetto di tempo come variabile fondamentale del sistema significa:
1.In fase di elaborazione delle azioni:
a. Elaborare una struttura progettuale flessibile che sia in grado di adattarsi, durante la sua
implementazione, al variare delle condizioni interne al sistema e/o al suo ambiente;
b. Considerare sempre che le azioni di capacity building trasversale devono mettere i sistemi
target nelle condizioni di saper sviluppare, al proprio interno, meccanismi relazionali ed
organizzativi dinamici e flessibili, in grado di rispondere al variare dei bisogni complessivi e
riorganizzarsi su nuove regole condivise, funzionali all’equilibrio sistemico ed alla
realizzazione dei processi di cambiamento.
21
“I bisogni umani sono insidiosi. Sono flessibili e variano nello spazio e nel tempo, ad esempio in armonia con il
ciclo di vita degli individui. Essi non sono facilmente compresi e non facilmente soddisfatti. E nel momento in cui
vengono soddisfatti, nuovi bisogni si sviluppano. In breve: un concetto molto volatile”. Johan Galtung, Human
Rights in another Key, Polity Press, UK, 1994.
76
L’approccio sistemico rispetto a quello classico.
L’applicazione della Teoria dei Sistemi alla progettazione per lo sviluppo mette in evidenza la
necessità di elaborare meccanismi di crescita flessibili, in grado di adattarsi ai cambiamenti apportati
dallo scorrere del tempo, a due livelli:
1. A livello di struttura del progetto stesso (elaborare interventi in grado di rispondere ed
adattarsi ai cambiamenti sistemici e/o ambientali, limitando il rischio di compromettere il
corretto raggiungimento degli obiettivi);
2. A livello di costruzione di capacità locali dei sistemi target per la gestione del proprio
processo di sviluppo (rafforzare quindi la capacità dei sistemi di rispondere ai cambiamenti
interni ed esterni, limitando il rischio di compromettere la propria stabilità).
3.2.2 Elaborazione delle azioni di capacity building
La costruzione delle capacità dei sistemi target rappresenta un aspetto
importantissimo nel contesto di un progetto di sviluppo. Costruire capacità significa
rafforzare le basi per un processo di crescita finalizzato, il più possibile (in termini di
elaborazione,
gestione e sostenibilità dei
meccanismi) all’autonomia,
autodeterminazione e responsabilità dei sistemi locali.
L’elaborazione delle azioni di capacity building avviene sulla base delle informazioni
ottenute grazie all’analisi dei bisogni e delle risorse a livello di capacità dirette
tecnico scientifiche (paragrafo 3.2.1) e di capacità trasversali strutturali (paragrafo
3.2.2), in funzione degli obiettivi da raggiungere.
Come precedentemente accennato, infatti, l’approccio sistemico prevede una
distinzione ben precisa delle capacità a due livelli: dirette tecnico scientifiche e
trasversali strutturali.
3.2.2.1 Capacity building diretta, tecnico scientifica
Benché l’approccio sistemico caldeggi la presenza, all’interno di un progetto, di
entrambi i livelli di capacity building, la costruzione delle capacità dirette tecnico
scientifiche resta, comunque, vincolata alla natura dell’intervento e può non essere
inclusa nella sua struttura, oppure essere destinata unicamente ad alcune parti del
sistema, o mirare a tutte le parti, ma in modo differenziato a seconda dei ruoli che
esse svolgono nel percorso per il raggiungimento degli obiettivi finali.
Nel caso di un progetto finalizzato a migliorare l’informazione dei sistemi target sul
traffico sessuale di minori in Nepal, all’interno del sistema comunità-locale, ad
esempio, vi possono essere azioni destinate al rafforzamento delle organizzazioni di
società civile (stampa, ONG), oppure interventi di diverso tipo destinati alla polizia,
con l’obiettivo di costruire capacità chiave specifiche affinché, svolgendo la propria
funzione nel sistema a cui esse appartengono, le diverse parti siano in grado di
raccogliere, produrre e diffondere un’informazione più efficace e di maggiore qualità,
innescando un cambiamento importante. Ciascuna parte del sistema può, pertanto,
77
necessitare di un intervento diverso di capacity building, rapportato al proprio ruolo,
così come non è detto che tutte le parti ne debbano necessariamente essere
destinatarie. A seconda della natura del progetto, al suo interno potrebbero non
essere necessari interventi di capacity building diretta.
Come già accennato in precedenza, il principio di Non Sommatività costituisce,
anche in questo caso, un rimando costante a non relazionarsi mai alle singole parti
del sistema (anche quando uniche destinatarie di azioni specifiche di capacity
building diretta) considerandole come entità a sé stanti, bensì sempre e comunque
come elemento di un insieme ben definito. Quindi, nel caso dell’esempio sopra
riportato, le azioni di formazione specifica per le organizzazioni locali di società civile
o per la polizia devono mirare a fornire conoscenze e strumenti concreti totalmente
contestualizzati al sistema all’interno del quale saranno riutilizzati.
Questo atteggiamento favorisce l’elaborazione di contenuti formativi realmente
efficaci e funzionali, e riduce sia i rischi di infattibilità e non sostenibilità
dell’intervento, sia di destabilizzazione dei sistemi target attraverso l’introduzione di
concetti e modalità operative non appropriati all’ambiente.
3.2.2.2 Capacity building trasversale strutturale (relazionale ed
organizzativa)
Le azioni di capacity building strutturale trasversale sono destinate a tutte le parti del
sistema in egual maniera e si pongono l’obiettivo di costruire le capacità necessarie,
a livello relazionale ed organizzativo, affinché lo stesso sistema sia in grado di
sviluppare un ambiente interno confacente alla messa in atto tanto delle capacità
dirette tecnico scientifiche sviluppate nel contesto dell’intervento, quanto del
cambiamento complessivo che il progetto mira a realizzare, modificando le regole
disfunzionali e potenzialmente ostative.
Se i sistemi coinvolti sono più di uno, ciascuno di essi potrà necessitare di un
intervento differenziato di capacity building, sviluppato sulla base delle diverse
caratteristiche strutturali che ne definiscono la natura.
Nel caso del progetto (sopra riportato come esempio) finalizzato a migliorare la
qualità e la diffusione dell’informazione dei sistemi target relativamente al traffico
sessuale di minori in Nepal, gli interventi di capacity building trasversale strutturale,
integrati a quelli di capacity building diretta tecnico scientifica, hanno lo scopo di
fornire al sistema conoscenze e strumenti per:
1. Facilitare la reale e concreta messa in atto, all’interno del sistema target, delle
capacità tecnico scientifiche fornite a determinati attori chiave;
2. Facilitare l’elaborazione e la messa in atto di nuove regole organizzative e
relazionali efficaci, modificando quelle che in fase di analisi sono state
individuate come disfunzionali e limitanti la qualità e la diffusione
dell’informazione;
3. Facilitare la messa in atto, la gestione e la sostenibilità di un processo di
cambiamento che non destabilizzi gli equilibri interni e tuteli i cardini l’identità
sistemica.
78
Sviluppare e/o rafforzare specifiche capacità dirette tecnico scientifiche non significa
che, automaticamente, il sistema interessato sia in grado di farne uso, raggiungendo
gli obiettivi preposti ed evitando lo scatenarsi di derivanti conflitti interni o la
destabilizzazione degli equilibri oltre la soglia di rischio. E’ necessario, infatti, che le
strutture relazionali ed organizzative che regolano la vita dei sistemi siano adeguate
sia alla messa in atto degli strumenti e delle conoscenze acquisite, sia alla gestione
delle conseguenze che la loro introduzione comporta.
Anche in fase di elaborazione delle azioni di capacity building trasversale strutturale,
occorre fare comunque e sempre riferimento al Principio di Non Sommatività, la cui
applicazione implica l’approccio al sistema in quanto un’unità. Secondo la Teoria dei
Sistemi, infatti, un processo di riorganizzazione efficace e sostenibile non può
avvenire con il solo coinvolgimento di una parte dei componenti, poiché nessun
soggetto (o gruppo) è in grado di controllare l’intero insieme a cui appartiene,
determinando e gestendo i risultati. Se gli attori vengono approcciati come entità
separate e indipendenti, oppure solo parzialmente inclusi, il numero di variabili
potenzialmente ostative alla corretta realizzazione dell’obiettivo finale rimane
decisamente troppo elevato.
Investire sulla costruzione di meccanismi relazionali ed organizzativi sistemici
adeguati, significa:
-
-
-
Favorire il corretto raggiungimento e la sostenibilità degli obbiettivi progettuali;
Ridurre le risorse complessive necessarie al raggiungimento degli obiettivi
progettuali e quindi alla realizzazione del cambiamento;
Ridurre il grado di conflittualità interna che spesso, a diversi livelli, caratterizza i
sistemi maggiormente vulnerabili nei processi di cambiamento, rendendoli
instabili e precari;
Incrementare la capacità complessiva dei sistemi di far fronte al cambiamento, di
analizzare e risolvere le problematiche;
Incrementare il ritorno degli investimenti progettuali. Lo sviluppo ed il
rafforzamento di specifiche capacità relazionali ed organizzative non è, infatti,
funzionale unicamente a raggiungere gli obiettivi di progetto, ma anche a
rafforzare complessivamente sul lungo periodo il grado di autonomia,
responsabilità e autodeterminazione dei sistemi interessati, rendendoli meno
vulnerabili e più stabili;
Favorire, all’interno dei sistemi target, lo sviluppo di meccanismi di dialogo,
scambio, riconoscimento reciproco e confronto, che sono alla base dei diritti
dell’uomo, e che posti agli stessi sistemi, da parte di interventi esterni, in qualità
di concetti teorici estrapolati da una funzionalità pratica ad impatto riscontrabile
nel breve periodo, potrebbero risultare troppo distanti dalla realtà e dalla
tradizione locale, quindi parzialmente o per nulla compresi, recepiti come
antiomeostatici e minacciosi per l’equilibrio e l’identità dei sistemi stessi, e
pertanto rifiutati.
79
Esempio pratico 10.: L’importanza delle regole strutturali sistemiche relazionali ed
organizzative
Come già accennato negli esempi iniziali, uno degli elementi che in Nepal indebolisce la lotta al
traffico di minori a fini sessuali, è costituito dalla relazione conflittuale (e quindi dalla mancanza di
collaborazione) tra la polizia e la popolazione. Prendiamo come sistema di riferimento la comunità,
una qualsiasi, costituita dalla società civile e dalle autorità pubbliche, in un ambiente che potrebbe
corrispondere a uno dei 75 distretti del paese. Identifichiamo come obiettivo finale di un possibile
intervento quello di voler diminuire sensibilmente, in una certa area del distretto, il numero di
bambine che vengono ogni anno rapite e trasportate all’estero per diventare prostitute.
Attraverso l’utilizzo dell’approccio sistemico, in fase di analisi (Tavola B.), emergono bisogni e
problematiche particolari, parte dei quali si dimostra essere di natura relazionale.
Dall’analisi delle relazioni tra le parti che compongono il sistema comunità22, emerge, ad esempio,
che le dinamiche relazionali tra gli agenti di polizia e la popolazione sono inadeguate rispetto ai
bisogni locali di attivare meccanismi collettivi per contrastare la crescita del traffico di minori.
Una parte di popolazione teme gli agenti di polizia, non nutre fiducia nelle loro modalità di esercizio
del potere, li percepisce come corrotti e non collaborativi poiché complici proprio di attività legate allo
sfruttamento minorile, nonché assidui frequentatori di bordelli. La polizia, a propria volta, ritiene che
la popolazione locale supporti il traffico di bambine, vendendole direttamente ad intermediari o
coprendo i trafficanti, al fine di trarne un vantaggio economico. Per quanto è probabile che sussista
una certa verità in entrambe le affermazioni, la generalizzazione di fenomeni reali, ma certamente
non estesi alla totalità dei due gruppi, limita pesantemente la comunicazione tra gli stessi e
pregiudica qualsiasi forma di collaborazione reciproca efficace.
In questo modo, il soft trafficking (che agisce con la complicità dei genitori o di famigliari delle vittime,
le quali vengono cedute ai commercianti del sesso in cambio di denaro) rimane un fenomeno per lo
più sommerso, difficilmente percepibile nella sua reale natura e portata da parte delle autorità
pubbliche. Chi è direttamente coinvolto lo nasconde, il resto della popolazione tende a non segnalare
i casi di scomparsa per timore di ripercussioni e sfiducia nelle istituzioni. Per la polizia, ad oggi, è
estremamente complicato riuscire ad identificare questo fenomeno ed intervenire in maniera
adeguata per arginarlo. Anche l’hard trafficking (che agisce attraverso l’inganno delle vittime e dei
rispettivi famigliari con false promesse di lavoro o matrimonio, oppure direttamente attraverso il
rapimento delle ragazze) beneficia non poco di questa situazione. Mentre la polizia indaga sui
movimenti e sui percorsi dei trafficanti, le comunità restano in gran parte all’oscuro delle dinamiche
chiave di tale fenomeno, così come della sorte delle giovani che vengono portate all’estero,
continuando ad affidare le proprie figlie ad estranei nella speranza di un futuro famigliare o
professionale migliore. Le denuncie ufficialmente esposte restano poche rispetto ai casi di
scomparsa segnalati dalle organizzazioni non governative locali. Il silenzio delle vittime, spesso, non
viene collegato da parte delle relative famiglie all’ipotesi di coinvolgimento in attività connesse alla
prostituzione e, quando ciò accade, è estremamente difficile ammetterlo per i genitori, limitando così,
nuovamente, la quantità di informazioni di cui la polizia dovrebbe poter disporre per intervenire
efficacemente.
Se non sono messe in atto azioni adeguate, a livello strutturale, per rafforzare la relazione all’interno
di questo sistema, difficilmente potrà avvenire ed essere sostenuto un reale cambiamento in tempi
relativamente brevi. Eppure, nonostante l’evidenza del problema e la sua rilevanza sulla situazione
complessiva, molti degli interventi che sono stati realizzati contro il traffico di minori, hanno
focalizzato le proprie risorse essenzialmente sulla capacity building della società civile, su azioni di
advocacy, empowerment delle donne a rischio (ragazzine e madri), formazione e costruzione di
capacità specifiche della polizia locale e di frontiera, e di miglioramento dei livelli di informazione
generale, ecc, trattando le diverse parti del sistema colpito da tale fenomeno come realtà
tendenzialmente indipendenti tra loro.
Questo tipo di approccio ha portato al vanificarsi di parte dell’investimento fatto dai progetti,
soprattutto per quanto riguarda le azioni di capacity building, con conseguente spreco delle risorse
investite. Senza la costruzione di uno spazio sistemico relazionale adeguato, il potenziale acquisito
22
Che qui nell’esempio vengono semplificate per questioni di comprensione.
80
in termini di capacità dagli attori formati si è dimostrato estremamente penalizzato e ridotto al
momento della messa in atto di tali capacità all’interno dei loro sistemi di appartenenza. Rafforzare
strumenti specifici della polizia funzionali alla lotta al traffico e migliorare alcune competenze psicopedagogiche degli agenti, determinanti nelle fasi di soccorso e primo approccio alle vittime o alle
famiglie a rischio, può portare a risultati estremamente diversi se, parallelamente, si lavora o meno a
livello sistemico per costruire uno spazio relazionale tale da permettere la piena realizzazione di tali
capacità. Se la relazione con la popolazione rimane confinata all’interno di regole consolidate di
quasi totale non collaborazione e mancanza di scambio, buona parte del potenziale delle capacità
acquisite da parte della polizia andrà perduto. Al contrario, la costruzione/rafforzamento di
meccanismi relazionali funzionali ed efficienti (rispetto agli obiettivi) possono invece accrescere
enormemente l’impatto, sul territorio, delle azioni di capacity building destinate alla polizia. Se la
popolazione si rivolge alla polizia per denunciare, fornire informazioni, segnalare e/o chiedere aiuto,
le capacità acquisite dagli agenti nella gestione di questi momenti acquisteranno un valore
estremamente importante. Ma se, al contrario, i contatti tra le due parti restano sporadici e quasi
inesistenti, le capacità sviluppate rimarranno per lo più relegate al livello di concetti teorici e solo
occasionalmente funzionali.
Molto spesso l’attenzione dei progetti tende a non focalizzarsi sugli aspetti sistemici relazionali (che
qui nell’esempio sono stati semplificati per ovvie ragione), limitando così non solo i risultati
dell’investimento degli interventi stessi, ma anche le risorse già esistenti all’interno delle comunità
che potrebbero essere ottimizzate e produrre risultati decisamente più importanti in contesti più
caratterizzati da strutture più efficaci.
Sebbene le iniziative internazionali si susseguano da anni, oggi il traffico di bambine in Nepal
continua ad aumentare ed a coinvolgere zone e strati di popolazione che fino a poco tempo fa nulla
avevano a che fare con esso. Le strutture relazionali ed organizzative sulle quali si reggono i sistemi
caratterizzati da questo fenomeno restano, tutt’ora, complessivamente trascurate ed immutate.
Come più volte messo evidenza, il cambiamento comporta la modifica e sostituzione
delle regole disfunzionali rispetto agli obiettivi preposti, e affinché le regole in oggetto
possano essere modificate e sostituite in modo efficace e sostenibile, evitando
conflittualità e collasso degli equilibri, è necessario che le parti del sistema
partecipino e collaborino al processo, condividendone i risultati finali. Partecipazione,
inclusione, collaborazione e condivisione sono aspetti integranti di un contesto
relazionale funzionale ed efficace.
Ugualmente, anche la natura delle dinamiche organizzative dei sistemi costituisce,
un elemento di centrale importanza per qualsiasi processo di cambiamento.
Sottovalutare l’aspetto organizzativo dei sistemi rappresenta un errore tanto
frequente nel contesto dei progetti a supporto dei diritti umani, quanto rischioso in
termini di efficacia e sostenibilità degli obiettivi finali. Molto spesso, i sistemi target (a
causa dello stato di vulnerabilità complessiva che li caratterizza e del limitato
accesso a risorse di qualsiasi genere, ma anche per la tipologia delle azioni
progettuali e la velocità dei cambiamenti che mettono in atto in tempi relativamente
brevi) sono sprovvisti di conoscenze e strumenti chiave per sviluppare e gestire una
propria struttura organizzativa interna funzionale al cambiamento. Se gli interventi
non valutano questo genere di bisogno, crescono in modo decisivo le probabilità
che:
1. Non si raggiunga correttamente l’obiettivo finale o che esso non sia
sostenibile nel lungo periodo;
2. Aumentino o si mantengano elevati nel tempo i costi complessivi per la
realizzazione del cambiamento;
81
3. I sistemi non sviluppino un grado di autonomia, responsabilità ed
autodeterminazione tale da poter gestire il proprio processo di crescita, nel
settore di interesse progettuale, senza il supporto diretto dell’intervento e
successivamente alla sua conclusione.
I progetti a sostegno della realizzazione del diritto allo studio (dei quali si fa cenno
nell’esempio pratico n.11) finalizzati, nello specifico, alla riduzione dell’abbandono
scolastico dei bambini attraverso l’economic empowerment delle rispettive madri, in
determinate comunità rurali indiane, ad esempio, richiedono necessariamente la
riorganizzazione dei sistemi famigliari. Le famiglie target corrispondono di norma a
nuclei abbastanza numerosi (da 6 a 10 componenti), organizzati sulla base di regole
più o meno implicite che prevedono che le donne svolgano le mansioni domestiche e
si occupino della gestione di oltre l’85% dei compiti legati all’agricoltura, mentre i figli
contribuiscono sia in casa che con lavori esterni. La frequenza scolastica dei bambini
e il nuovo impegno lavorativo delle madri non possono prescindere, quindi, da una
riprogrammazione di parte degli aspetti della vita giornaliera dei sistemi coinvolti,
senza la quale gli obiettivi del progetto risulterebbero irraggiungibili.
La relazione tra le parti e la natura dell’organizzazione dei sistemi sono strettamente
interdipendenti. Una relazione funzionale ed efficace è importante per sviluppare,
strutturare, gestire e quando necessario modificare, un sistema organizzativo
sistemico flessibile ed efficiente. Viceversa, una buona organizzazione interna
include adeguati meccanismi di comunicazione, riconoscimento reciproco,
interazione e scambio di informazioni tra le parti.
Proprio per la stretta correlazione che sussiste all’interno dei sistemi tra
organizzazione e relazione, le azioni connesse agli aspetti relazionali ed a quelli
organizzativi (analisi dei bisogni e delle risorse e capacity building) vengono messe
in atto attraverso una modalità integrata in tutte le fasi progettuali.
La qualità della natura relazionale ed organizzativa dei sistemi è assolutamente
determinante affinché essi possano elaborare, gestire e sostenere i propri processi
endogeni di crescita e sviluppo, rafforzando il grado interno di autonomia, auto
responsabilità e autodeterminazione.
Elaborare azioni di capacity building.
1. Sulla base dell’analisi dei bisogni e delle risorse, elaborare azioni di capacity building diretta
tecnico scientifica con l’obiettivo di costruire le capacità concrete specifiche necessarie per il
raggiungimento degli obiettivi di progetto, ricordando che:
a) Non tutte le parti del sistema target hanno bisogno di sviluppare capacità dirette tecnico
scientifiche. Tale necessità, infatti, dipende dal ruolo che le diverse parti ricoprono nel
conseguimento degli obiettivi finali. In ogni caso, è sempre fondamentale mantenere
come riferimento il Principio di Non Sommatività, al fine di sviluppare capacità non solo
appropriate alle parti target e funzionali all’intervento, ma anche realmente
implementabili all’interno del sistema in oggetto;
b) A seconda della natura dell’intervento, le azioni di capacity building diretta tecnico
scientifica potrebbero essere o non essere necessarie.
2. Sulla base dell’analisi dei bisogni e delle risorse, elaborare azioni di capacity building
strutturale trasversale con l’obiettivo di costruire capacità concrete affinché i sistemi target
siano in grado di elaborare al proprio interno regole relazionali ed organizzative funzionali al
progetto ed al cambiamento da esso prospettato, ricordando che:
82
a) Tutte le parti del sistema target devono essere coinvolte in questo tipo di azioni, sviluppate
sulla base del Principio di Non Sommatività;
b) Le azioni di capacity building trasversale strutturale sono fondamentali all’interno di qualsiasi
progetto, indipendentemente dalla sua natura.
c) La reale efficacia delle azioni di capacity building deve essere costantemente monitorata
attraverso la “qualità” della gestione del processo di cambiamento da parte dei sistemi
target.
L’approccio sistemico rispetto a quello classico.
L’applicazione della teoria dei sistemi introduce il concetto di capacità strutturali trasversali
come strumento fondamentale nel contesto di un intervento di sviluppo.
Ciascun intervento di sviluppo mira alla realizzazione di un cambiamento. Perché un cambiamento
possa avvenire in modo concreto e sostenibile, esso devo comportare la modifica di un certo numero
di regole relazionali ed organizzative all’interno del sistema target. Deve trasformare, quindi, parte
delle sue strutture. Affinché tale trasformazione possa avvenire senza compromettere l’omeostasi del
sistema, e nel rispetto della sua identità, è indispensabile che le parti che lo compongono siano
capaci di rielaborare e di gestire le regole necessarie, sulla base delle quali ripristinare un nuovo
equilibrio.
3.2.3 Elaborazione delle azioni finalizzate a ridurre le violazioni di
diritto
Nei capitoli precedenti (ed particolar modo nel paragrafo 2.2.4 I problemi relativi alle
violazioni di diritto) sono stati presi in esame alcuni concetti fondamentali della
Teoria dei Sistemi che è utile riprendere nuovamente in questo contesto specifico:
a.
b.
Un sistema non può essere fatto coincidere con la somma delle sue parti,
infatti, l’analisi formale dei segmenti isolati artificialmente distruggerebbe
l’oggetto stesso dell’interesse (Principio di Non Sommatività).
Ciascun sistema tende a creare e mantenere al proprio interno una condizione
di stabilità ed equilibrio (omeostasi), generalmente considerata prioritaria per
le parti.
Tutte le qualità ed i comportamenti delle parti che compongono un sistema, dunque,
devono essere approcciati e letti come “caratteristiche” e “regole/dinamiche” di
interazione (relazionali e organizzative) proprie del sistema stesso, sulla base delle
quali si regge il suo equilibrio complessivo.
Le stesse violazioni persistenti, pertanto, non dovranno essere “trattate” in quanto
forme di degenerazione di singole parti, ma come caratteristica integrante del
sistema all’interno del quale esse si vengono a verificare. Anche le violazioni
costituiscono, infatti, una parte dell’insieme delle regole/dinamiche organizzative e
relazionali che definiscono le modalità interne di interagire (e/o di rispondere a certi
83
stimoli e situazioni) del sistema in oggetto, sulla base delle quali lo stesso mantiene il
proprio equilibrio.
In fase di progettazione, questo tipo di approccio alla violazione è estremamente
importante perche sposta l’attenzione su alcuni aspetti assolutamente essenziali da
considerare se si vogliono innescare azioni realmente efficaci:
1. Gli attori che costituiscono il sistema in cui si verifica la violazione in
oggetto potrebbero non percepirla in quanto quale, connotandola
non come lesione di un diritto, bensì come il risultato di un modo di
agire consolidato e legittimato, incluso nell’insieme delle regole
relazionali ed organizzative che caratterizzano le strutture interne e
l’identità locale;
2. I soggetti che all’interno del sistema subiscono la violazione in
oggetto potrebbero rifiutare di collaborare a qualsiasi azione volta a
combatterla, non percependosi come vittime, oppure ritenendo che
la stabilità e l’equilibrio del sistema siano prioritari e temendo che
un cambiamento in questo senso possa metterli a rischio;
3. La violazione stessa, in quanto comportamento e regola sistemica,
svolge un ruolo equilibratore. Occorre, pertanto, considerare questa
sua funzione onde evitare che il suo contrasto e la sua riduzione
generino, a propria volta, altre violazioni o scatenino conflitti,
innescando un processo di peggioramento delle condizioni di
partenza.
Tali considerazioni, ovviamente, non hanno la finalità di proporre la violazione come
più o parzialmente accettabile, e neppure di ridurne la percezione esterna del livello
di “gravità”, bensì di intervenire, per arginarla, con una maggiore consapevolezza ed
efficacia, mettendo in atto azioni partecipate, contestualizzate, adatte e sostenibili.
Applicare la Teoria dei Sistemi in fase di elaborazione delle azioni specificatamente finalizzate
a contrastare una violazione di diritto significa:
1. Considerare la violazione come caratteristica del sistema in oggetto;
2. Considerare il ruolo della violazione in quanto regola di interazione sistemica consolidata e
quindi funzionale allo stato attuale di omeostasi;
3. Non approcciare mai la violazione in modo anti omeostatico né conflittuale, ma sempre
attraverso la creazione di un ponte e di uno spazio di dialogo tra l’obiettivo del progetto e le
percezioni/regole/dinamiche/principi/contenuti chiave del sistema target;
4. Considerare che ridurre/eliminare la messa in atto di un violazione consolidata, significa, per il
sistema, affrontare un cambiamento che comporta la sostituzione della violazione stessa con
nuove regole relazionali ed organizzative garanti della realizzazione di un diritto. Perché tale
cambiamento possa avvenire ed essere sostenibile, e perché su di esso possa ripristinarsi un
nuovo equilibrio, le parti del sistema devono comprendere e condividere l’obiettivo, ed essere
in grado di elaborare regole relazionali ed organizzative sostitutive. A questo fine sono
indispensabili le azioni di capacity building trasversale strutturale. Perché l’azione sia
realmente incisiva e sostenibile, è dunque indispensabile agire all’interno delle strutture
relazionali ed organizzative che determinano la natura dei sistemi.
84
L’approccio sistemico rispetto a quello classico.
L’applicazione della Teoria dei Sistemi introduce tre concetti estremamente importanti per
l’elaborazione di azioni finalizzate alla riduzione delle violazioni e realizzazione dei diritti umani, che
siano realmente incisive, sostenibili e garanti della tutela degli equilibri locali e dell’identità sistemica:
1. Le violazioni di diritto non sono comportamenti anomali (o deviazioni) di singole parti o
gruppi, ma caratteristiche dei sistemi all’interno dei quali esse si verificano;
2. Contrastare una violazione può suscitare una risposta di rifiuto da parte del sistema
interessato;
3. Contrastare una violazione può portare all’acuirsi di conflitti interni al sistema
interessato ed al collasso dei suoi equilibri;
4. Contrastare una violazione significa agire all’interno delle regole relazionali ed
organizzative che caratterizzano la natura dei sistemi in oggetto.
3.2.4 Il completamento del Logical framework
Una volta terminato il Logical Framework, si procede al controllo qualitativo finale,
rispondendo agli indicatori di verifica che seguono:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
La logica verticale è completa ed accurata;
Gli indicatori e le fonti di verifica sono accessibili ed affidabili;
La pre-condizioni iniziali sono realistiche;
I presupposti sono realistici e completi;
I rischi sono accettabili;
La probabilità di successo è ragionevolmente forte;
Le questioni legate alla qualità sono state prese in considerazione e, dove
appropriato, tradotte in attività, risultati e presupposti;
8. I benefici giustificano i costi;
9. Servono studi ulteriori;
A questo punto si passa all’elaborazione del Gantt Chart23 (Timetable o
cronogramma), attraverso il quale viene definita la programmazione temporale delle
azioni, generalmente suddivisa per anni ed espressa in mesi.
23
Il diagramma di Gantt è uno strumento di supporto alla gestione dei progetti, così chiamato in
ricordo dell'ingegnere statunitense che si occupava di scienze sociali che lo ideò nel 1917, Henry
Laurence Gantt (1861 - 1919). Wikipedia.
85
Anno 1
Attività
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Attori/Esperti
2.1 Elaborazione di
un set di best
practice.
2.2 Campagna
informativa di
massa sui diritti
di donne e
bambini ed
orientamento
alle strutture ed
ai servizi
impegnati nel
loro supporto e
protezione:
….
L’approccio sistemico alla progettazione rispetto all’approccio classico.
L’applicazione dell’approccio sistemico a questo schema convenzionale progettuale non
implica alcuna modifica di tipo strutturale rispetto a quello classico.
86
4.IL CONCETTO DI PARTECIPAZIONE
Come ripetutamente evidenziato, ciascun intervento di sviluppo mira alla
realizzazione di un cambiamento all’interno di uno o più sistemi. Perché tale
cambiamento possa verificarsi concretamente ed in modo sostenibile, è necessario
che il sistema risponda positivamente allo stimolo (attraverso una retroazione
positiva) e rielabori un certo numero di regole strutturali (relazionali e/o
organizzative) sulla base delle quali fondare un nuovo equilibrio.
Risulta evidente, pertanto, come il coinvolgimento diretto e la partecipazione attiva
del sistema interessato siano determinanti, sia durante la fase di elaborazione del
processo di cambiamento che durante tutta la sua messa in atto. Solo se il sistema
interessato è l’attore principale di questo percorso, il processo di cambiamento sarà
realmente tarato sulla natura dei suoi bisogni e delle sue risorse, quindi
comprensibile, efficace e sostenibile, riducendo al massimo il rischio di
destabilizzazione interna.
L’applicazione della Teoria dei Sistemi al processo di coinvolgimento permette di
superare il principio stesso di partecipazione e di traslare l’oggetto del lavoro sulla
costruzione endogena, da parte dei sistemi target e/o beneficiari, del proprio
percorso di crescita (finalizzato ad un obiettivo specifico). Di conseguenza, il ruolo
del progetto si limita, il più possibile, alla costruzione di capacità mirate, al supporto
tecnico e coordinativo complessivo, nonché a rafforzare il grado di autonomia,
responsabilità ed autodeterminazione locale.
L’utilizzo dell’approccio sistemico rispetto al concetto di partecipazione risulta
particolarmente interessante soprattutto per quanto riguarda il più volte citato
Principio di Non Sommatività (Un sistema non può essere fatto coincidere con la
somma delle sue parti, infatti, l’analisi formale dei segmenti isolati artificialmente
distruggerebbe l’oggetto stesso dell’interesse. Questo perché un sistema non si
comporta come un semplice composto di elementi indipendenti, ma coerentemente
come un tutto inscindibile).
Dunque, tornando all’esempio del progetto finalizzato all’economic empowerment
femminile in una certa area di un dato paese (attraverso l’avvio di micro imprese), la
partecipazione finalizzata alla strutturazione ed all’elaborazione dei contenuti
progettuali dovrà prevedere non solo il coinvolgimento delle donne target, o di gruppi
che le rappresentino, bensì degli interi sistemi di riferimento che potrebbero essere,
verosimilmente, le rispettive famiglie.
Generalmente, tra gruppi target, beneficiari, e stakeholder in generale, il numero
complessivo di soggetti e coinvolti in un progetto può risultare particolarmente
elevato. In questo casi, ovviamente, il processo di partecipazione nel rispetto del
principio di non sommatività non può prevedere l’inclusione di tutti gli attori realmente
implicati, ma avviene attraverso la selezione di rappresentanti che riuniti insieme
ricostituiscono l’identità del sistema.
In questo processo di selezione e partecipazione, è importante ricordare sempre
che:
87
1. I soggetti selezionati non devono essere considerati come rappresentativi di
gruppi specifici (ad esempio donne, uomini, giovani, caste particolari, etnie,
religioni minori, disabili, ecc.) in un dato contesto, bensì come rappresentanti
del sistema interessato, al quale essi appartengono, la cui natura è
caratterizzata sia dalla loro presenza che dalla loro interazione;
2. Per rappresentare il sistema interessato è necessario il coinvolgimento di
“rappresentanti” di tutte le parti che lo costituiscono (donne, uomini, giovani,
anziani, etnie e classi sociali, religioni, ecc). Un sottogruppo manchevole di
determinate tipologie di soggetti non potrà considerarsi adeguatamente
rappresentativo del sistema;
3. L’oggetto di interesse non è costituito dalla natura dei diversi gruppi che
compongono il sistema, ma dalla loro interazione all’interno del sistema
stesso. Per questo motivo, è fondamentale osservare, conoscere ed
approcciare il sistema nella sua totalità, quindi coinvolgendo i suoi
rappresentanti in luoghi e momenti comuni.
L’applicazione del “Principio di Non Sommatività” è estremamente importante.
Spesso i programmi di sviluppo, e tra essi in modo particolare quelli finalizzati alla
realizzazione dei diritti umani, non raggiungono in modo soddisfacente gli obiettivi
preposti e la loro sostenibilità tende vacillare nel tempo.
Gli esempi a questo proposito sono numerosi. Ci sono zone dove si investe da anni
per rafforzare i diritti legati alla salute riproduttiva delle donne, eppure, dopo un
determinato lasso di tempo dal termine delle azioni progettuali, sembra che le
condizioni complessive tendano a riproporsi in modo molto simile a quelle di
partenza, o si dimostrano migliorate di poco rispetto alla portata complessiva degli
interventi.
Una determinante chiave di parte di questi insuccessi è costituita ancora oggi dal
grado di de-contestualizzazione delle azioni. Ovvero, la progettazione e la messa in
atto di meccanismi perfetti su carta, ma solo parzialmente attuabili, o sostenibili, dal
punto di vista pratico, oppure realizzabili ma portatori di risultati diversi rispetto a
quelli preventivati.
Addentrandosi più nello specifico delle realtà progettuali, il problema della decontestualizzazione risulta particolarmente evidente e critico soprattutto in relazione
ai processi di:
- Inclusione e partecipazione;
- Empowerment e capacity building.
I concetti di inclusione e partecipazione vengono generalmente estesi ai gruppi
target e, talvolta, ma non sempre, ai beneficiari finali, trascurando i rispettivi sistemi
di appartenenza. L’esclusione dalle dinamiche progettuali dei sistemi a cui
appartengono i gruppi target comporta una serie di conseguenze che possono
pregiudicare negativamente sia il corretto raggiungimento dei risultati preposti, sia la
loro sostenibilità nel tempo. Non considerare i sistemi d’appartenenza, infatti,
preclude la possibilità di conoscere regole e dinamiche interne chiave su cui quegli
stessi sistemi si basano ed organizzano, nei cui meccanismi sono quindi
inscindibilmente coinvolti anche gli gruppi target. Se le regole sistemiche non
88
emergono in modo sufficientemente definito in fase di analisi e di progettazione,
risulta impossibile valutare a priori sia i possibili rischi ed elementi ostativi (che
affiorano spesso inaspettatamente durante e dopo l’implementazione delle azioni
compromettendo la realizzazione degli obiettivi), sia i punti di forza potenzialmente
funzionali al raggiungimento degli stessi obiettivi finali. Ma trascurare i sistemi
d’appartenenza, e quindi le regole basilari su cui questi si reggono, può portare a
conseguenze ben più gravi del mancato raggiungimento degli obiettivi progettuali, o
della loro non sostenibilità nel tempo. Apportare dei cambiamenti sulla vita di gruppi
che sono parti di sistemi specifici, senza considerare l’insieme del contesto a cui essi
appartengono (sistema, ambiente), rischia, infatti, di compromettere sottili equilibri
vitali e/o scatenare conflitti interni devastanti. Infine, l’elaborazione e messa in atto di
processi endogeni di crescita e sviluppo può verosimilmente avvenire solo attraverso
il coinvolgimento di tutte le parti che compongono i sistemi implicati nel
cambiamento. Percorsi di cambiamento che interessano unicamente singoli gruppi,
infatti, richiedono grossi investimenti per ottenere risultati effettivi a livello locale e
periodi di realizzazione tendenzialmente molto lunghi, hanno di solito un impatto
parziale o limitato sul territorio o all’interno delle strutture, e provocano tensione ed
instabilità, soprattutto in contesti particolarmente vulnerabili e precari.
“La divisione in parti è una questione di convenienza, ma questo crea grossi limiti nel
vedere e capire l’interazione che sussiste tra le parti stesse” (Gregory Bateson).
Infine, la Teoria dei Sistemi mette in evidenza come nessuna parte sia in grado di
controllare l’intero sistema. Perché un cambiamento possa avvenire realmente ed
essere sostenuto nel tempo è quindi necessario il coinvolgimento di tutte le parti nel
processo di rielaborazione di nuove regole e ripristino degli equilibri.
Esempio pratico 11.: L’importanza di coinvolgere l’intero sistema (l’applicazione del Principio
di Non Sommatività al processo di partecipazione)
Alcuni interventi di sviluppo realizzati in India, già presi ad esempio nel corso della trattazione, si
sono posti come obiettivo finale quello di diminuire il tasso di abbandono scolastico dei bambini
iscritti al ciclo primario.
Il meccanismo strutturale scelto per raggiungere tale obiettivo è stato l’empowerment economico
delle madri (che quindi rappresentavano il target group), in modo da ridurre il livello di povertà delle
famiglie e, di conseguenza, l’importanza del contributo lavorativo dei bambini sul reddito famigliare
complessivo.
Sono dunque state realizzate accurate indagini di mercato, istituite forme di micro credito, coinvolti i
mariti delle donne target per raccogliere la loro opinione e creare un ambiente famigliare favorevole
alla buona riuscita delle azioni, attivati corsi di formazione e distribuito il materiale iniziale per lo start
up delle micro imprese.
Ma, a distanza di periodi di tempo relativamente brevi dal termine delle azioni, i limiti di gran parte di
questo tipo di interventi sono venuti alla luce in modo abbastanza evidente e tangibile.
Il coinvolgimento dei gruppi target è avvenuto senza considerare il sistema famigliare a cui essi
appartenevano, nella sua interezza ed unità. Le famiglie sono state interessate solo parzialmente
(unicamente i mariti e non i figli più grandi, ad esempio, o altri componenti come i nonni) e
considerando le parti in qualità di categorie distinte (mariti/uomini, mogli/donne), benché,
ovviamente, in relazione tra loro.
Tale tipo di approccio ha fatto sì che in fase di elaborazione e progettazione dell’intervento, e
programmazione delle azioni:
89
-Non affiorassero, in maniera sufficientemente chiara, le dinamiche relazionali ed organizzative sulle
quali si fondava la struttura dei sistemi di riferimento (quindi le modalità di interazione tra le parti).
Questo ha limitato la possibilità di conoscere alcune regole sistemiche chiave, impedendo che
emergessero, già in fase di analisi, elementi potenzialmente limitanti rispetto all’obiettivo finale (che
durante l’implementazione delle azioni sono apparsi in modo irremovibilmente ostativo).
-Non emergessero i bisogni chiave del sistema che dovevano essere soddisfatti per realizzare e
rendere sostenibile il cambiamento prospettato. Ciascun bisogno chiave (dove il grado di importanza
è valutato in relazione all’obiettivo) non soddisfatto costituisce un potenziale limite al corretto
conseguimento ed alla sostenibilità degli obiettivi progettuali;
-Non emergessero le risorse sistemiche disponibili per realizzare e rendere sostenibile il
cambiamento prospettato;
-Non venissero elaborate azioni di capacity building strutturale trasversale per mettere il sistema
nelle condizioni di poter realizzare e gestire il cambiamento;
-Il modello di sviluppo proposto si strutturasse prevalentemente dall’esterno in modo abbastanza
standardizzato, a prescindere dalla natura del contesto d’implementazione.
Gli uomini coinvolti (sempre come categoria distinta) non hanno messo in luce elementi antitetici ai
contenuti dell’intervento. Eppure molti di essi, al lato pratico, si sono successivamente posti in
disaccordo con il fatto che le proprie mogli trascorressero così tanto tempo fuori casa,
guadagnassero più di loro (quindi aumentassero il potere di contrattazione all’interno della famiglia),
e, soprattutto, guidassero una bicicletta oppure un risciò. Data la necessità di spostarsi nel raggio di
alcuni chilometri per la messa in atto di parte delle attività commerciali previste, i progetti
prevedevano, infatti, anche la distribuzione di mezzi di trasporto facilmente conducibili. In fase di
coinvolgimento, però, gli uomini non si sono espressi chiaramente a tale proposito.
Di fatto, buona parte delle donne ha dovuto rinunciare alla nuova attività lavorativa. Le famiglie non
sono state in grado di riorganizzarsi al proprio interno affinché questo tipo di cambiamento potesse
realmente avvenire. Alcuni uomini hanno imposto il divieto categorico alle proprie mogli di continuare
ad impegnarsi nel percorso intrapreso (con riportati casi di minacce e percosse in caso di
disubbidienza), mentre l’uso di biciclette e risciò, culturalmente considerati oggetti di uso maschile, si
è dimostrato per lo più impraticabile.
Le micro imprese sono state avviate e poco dopo svanite, oppure si sono rivelate essere
scarsamente redditizie a causa dei limiti di movimento, mentre bici e risciò sono passati, nel giro di
breve tempo dal termine dei progetti, alla proprietà dei mariti. Inoltre, i conflitti scatenatisi all’interno
dei sistemi famigliari, tra uomini e donne, hanno contribuito ad aggravare ulteriormente il livello di
vulnerabilità e precarietà dei nuclei.
Se il sistema fosse stato coinvolto nella sua interezza (quindi includendo anche le parti non
direttamente toccate dall’azione) e nella sua unità (quindi non dividendo le parti in categorie e
momenti distinti), le regole e le dinamiche relazionali chiave (in vista dell’obiettivo progettuale finale)
sarebbero emerse in modo decisamente più chiaro, favorendo così la possibilità di valutare
preventivamente i possibili rischi e limiti, i bisogni e le risorse, ed elaborando di conseguenza azioni
maggiormente pertinenti, efficaci e sostenibili.
Questo non significa che gli interventi realizzati senza l’utilizzo dell’approccio sistemico portino
necessariamente a risultati fallimentari. Ma, certamente, la non applicazione del Principio di Non
Sommatività al processo di coinvolgimento comporta percentuali di rischio (di parziale
raggiungimento o non sostenibilità degli obiettivi, o di collasso degli equilibri sistemici) decisamente
più elevate.
90
4.1
L’interesse collettivo funzionale.
Prima di concludere questo paragrafo, è utile soffermarsi ancora su un concetto
basilare nei processi di cambiamento, ovvero il senso di “collettività”, che il Principio
di non Sommatività della Teoria dei Sistemi permette di evidenziare e rafforzare.
Per essere più chiari, torniamo, con un esempio generico, ai diritti umani.
L’obbiettivo assoluto dell’insieme dei diritti umani è il benessere di tutti gli abitanti del
pianeta. Quindi la loro completa realizzazione è nell’interesse di ogni individuo.
Nonostante ciò, i percorsi di democratizzazione e rafforzamento dei diritti umani nei
singoli sistemi-stato (e/o sottosistemi comunità e famiglie) implicano spesso la
nascita di ostilità, veri e propri scombussolamenti che portano alla rottura di svariati e
secolari meccanismi di gestione del potere. All’interno di questi meccanismi, le parti
coinvolte non si trovano tutte sullo stesso piano ed i loro interessi, in settori ed ambiti
specifici, sembrano risultare in contrasto. Il processo di realizzazione dei diritti
dell’uomo può, dunque, acuire conflitti latenti o già aperti, oppure innescarne di
nuovi, poiché implica la necessità di mettere in questione tutta una serie di equilibri
storicamente e culturalmente consolidati.
Basti pensare, ad esempio, all’applicazione dei principi di uguaglianza e non
discriminazione tra classi all’interno di strutture sociali rigidamente suddivise come
quelle indiane. Risulta abbastanza evidente, che le caste più elevate possano porsi
in contrasto con il concetto di “eguale diritto”, temendo di perdere il proprio ruolo di
supremazia locale ed i vantaggi ad esso collegati, non riuscendo neppure a
concepire l’eventualità di poter essere considerate a pari livello di gruppi
tradizionalmente giudicati indegni anche solo di essere avvicinati. L’interesse (e
quindi l’obiettivo pratico) di introdurre e rispettare, all’interno della propria comunità,
concetti e leggi anti discriminatorie non solo in questi casi spesso non viene
percepito, ma può essere vissuto come una vera e propria minaccia per l’equilibrio
locale. Tali premesse comportano, di norma, la violazione dell’insieme, o di una
parte, delle leggi che in qualche modo favoriscono la realizzazione del principio di
uguaglianza, ed il prevalere di codici informali fortemente discriminatori, oppure lo
scaturire di lotte interne nel momento in cui, a sostegno di tale principio, vengono
imposte con la forza azioni dall’esterno o da gruppi interni che, al contrario, nutrono
forte interesse nella sua implementazione. In un caso o nell’altro, il grado di conflitto
delle parti componenti il sistema è comunque elevato poiché entrano in gioco
interessi apparentemente in contrasto che ne pregiudicano la stabilità.
Perché questo accade se la realizzazione dei diritti umani è, indiscutibilmente,
nell’interesse di ogni individuo?
Accade perché le parti del sistema si auto considerano e/o vengono considerate
dall’esterno come “segmenti isolati” ed indipendenti, con interessi inconciliabili.
Questo tipo di percezione sociale si fonda sulla base del concetto di “gruppo”, ed è
caratterizzata da regole, diritti e doveri chiari e ben diversificati a seconda
dell’appartenenza, all’interno di comunità anche molto piccole.
91
L’applicazione del Principio di Non Sommatività permette di spostare lo sguardo dai
singoli gruppi, con interessi specifici e di differenziati, al sistema a cui essi
appartengono che, inteso come un’unità, detiene interessi comuni.
Se il sistema è un’unità, la crescita ed il rafforzamento di una delle sue parti
rappresentano crescita e rafforzamento per tutti. Al contrario, laddove un gruppo di
soggetti diventa sofferente, l’intero sistema viene ad indebolirsi. Basta pensare al
corpo umano, quando uno dei suoi organi si ammala, oppure ad un edificio nella
situazione in cui un pilastro portante dovesse rischiare di cedere.
Nel caso specifico dell’esempio sopra proposto, la possibilità per le caste
svantaggiate di godere di pari diritti rispetto alle altre, e quindi rafforzarsi dal punto di
vista dell’accesso alla salute, all’istruzione ed alle risorse economiche, rappresenta
palesemente un grosso potenziale di crescita per l’intero sistema comunità,
soprattutto nel caso di aree povere dove comunque, a prescindere dalla casta, la
popolazione nel suo complesso vive in uno stato di forte indigenza. Viceversa, il
degenerare, ad esempio, delle condizioni di salute di alcuni gruppi specifici può
portare al proliferare di malattie infettive e pericolose per l’intero sistema, o
comunque alla perdita di forza lavoro indispensabile.
Utilizzare tale approccio significa, dunque, mantenere ferma l’attenzione sul concetto
di “unità” sistemica e quindi di benessere complessivo come vantaggio collettivo,
individuando obiettivi comuni a tutte le parti, il cui raggiungimento e la cui
sostenibilità rappresentano un beneficio per tutti.
Facciamo nuovamente riferimento alla società indiana ed alle comunità rurali site
sulle sponde di grandi fiumi, continuamente esposte ad importanti rischi. Si tratta
spesso di comunità povere che sfruttano i terreni lungo gli argini perché di norma
appartengono allo stato e non corrono il rischio di essere allontanate con la forza
come invece avviene nel caso di suolo privato. Durante il periodo monsonico, di
norma, i fiumi esondano, allagando e spazzando via case e coltivazioni. Questo
avviene con una certa regolarità, ma per mancanza di strumenti, capacità e
conoscenze, le comunità non riescono ad impedire il verificarsi cadenzato di tale
disastro, o, quanto meno, a limitarne i danni o sviluppare azioni efficaci post disastro.
Gli strumenti, le capacità e le conoscenze dirette scientifiche, però, non costituiscono
gli unici bisogni che dovrebbero essere soddisfatti per garantire livelli di sicurezza e
stabilità maggiori. Esistono, infatti, all’interno di tali sistemi, limiti relazionali ed
organizzativi tali da pregiudicare ogni forma di collaborazione collettiva,
indispensabile per la protezione e la sopravvivenza di tutte le parti. Eppure, la
possibilità di riuscire a prevenire, ridurre, e/o gestire la violenza delle acque
rappresenta un interesse vitale per l’intero sistema che, però, continua a percepirsi
come una somma di gruppi molto ben distinti e con interessi inconciliabili.
Proporre ai bramini di collaborare o interagire con le classi meno elevate, porterà,
molto probabilmente, a risultati insoddisfacenti (rifiuto, conflitto, collasso del sistemacomunità), poiché tale richiesta si pone in contrasto con regole strutturali millenarie
che tendono ad essere preservate. Ma se, senza pressioni né atteggiamenti
antiomeostatici, si trasla la percezione dell’interesse dei singoli gruppi verso il
concetto e la visualizzazione del vantaggio collettivo concreto, finalizzato ad un
obiettivo specifico chiaro, come può essere in questo caso la prevenzione o la
gestione di disastri naturali, la risposta è altamente probabile che cambi.
92
Benché quella appena enunciata possa apparire come un’affermazione tanto banale
quanto di utopica applicazione, occorre considerare due fattori chiave che fanno
luce, al contrario, su come in realtà entrambe le cose possano non dimostrarsi
affatto vere.
A questo proposito è necessaria una breve digressione.
Il primo fattore ha a che fare con gli schemi di lettura dei fenomeni. Ciascuna
nazione, cultura, gruppo religioso o sociale, e singolo individuo, si rapporta a ciò che
lo circonda attraverso schemi di lettura più o meno rigidi e mutabili nel tempo, che
dipendono da una complessità di elementi combinati tra loro. Tali schemi
costituiscono il modo di osservare, descrivere ed interpretare i fenomeni, e
potrebbero essere paragonati ad una sorta di filtro/strumento attraverso il quale si
guarda e si spiega il mondo. Generalmente, essi sono inconsci ed inconsapevoli, e,
nonostante si parli comunemente di “punti di vista”, la loro funzione, assolutamente
fondamentale in tutti i campi che riguardano direttamente il genere umano, viene
molto spesso sottovalutata o addirittura del tutto trascurata.
Tali schemi di lettura, o premesse, costituiscono una sorta di cornice all’interno della
quale gli individui e le culture leggono ed interpretano ciò che li circonda. Essa è
funzionale a semplificare la realtà, a proteggere i tratti dell’identità singola e
collettiva, alla persistenza al cambiamento, all’equilibrio sistemico. Ma limita, proprio
perché funzionale alla persistenza, la possibilità di vedere “oltre” e quindi di trovare
soluzioni ai problemi innescando reali processi di cambiamento.
Le soluzioni che generalmente vengono individuate dai sistemi all’interno delle
proprie cornici di lettura, infatti, rendono possibile la realizzazione di un cambiamento
di livello “1” che lascia sostanzialmente invariata la realtà dei sistemi stessi, non
modificando il reale stato delle cose. Il cambiamento di livello “2”, al contrario,
comporta una concreta modifica dei sistemi in quanto interviene sulle regole
strutturali che determinano la loro natura.
“Ora sappiamo che i gruppi restano immutati solo al livello di cambiamento1(…), ma
sono soggetti al cambiamento a livello del cambiamento2 (cioè al cambiamento nel
corpo di leggi compositive che regolano la loro struttura o ordine interno)”24
“Un sistema che può passare attraverso a tutti i suoi possibili cambiamenti interni (a
prescindere da quanti siano) senza provocare un cambiamento del sistema, cioè un
cambiamento2, si dice che è preso in un gioco senza fine. Non può generare al suo
interno le condizioni del proprio cambiamento; non può produrre le regole per
cambiare le proprie regole”.25
Perché un sistema possa mettere in atto un cambiamento di livello “2” è
fondamentale che:
24
Fish Richard, Watzlawick Paul, Weakland John H., Change, Casa Editrice Astrolabio, Roma 1974,
pag.28.
25
Fish Richard, Watzlawick Paul, Weakland John H., Change, Casa Editrice Astrolabio, Roma 1974,
pag.37.
93
1. Esso generi, al proprio interno, le condizioni per il cambiamento, e
questo può avvenire unicamente attraverso:
a. Lo sviluppo della consapevolezza dei propri schemi di
lettura;
b. Lo sviluppo della consapevolezza dell’esistenza di altri
schemi di lettura possibili, di altri scenari;
c. Lo sviluppo della consapevolezza che il cambiamento di
livello “2” può essere individuato unicamente all’interno di
altri scenari, diversi rispetto ai propri schemi di lettura.
Sono le premesse, infatti, che impediscono la possibilità
di riconoscere la soluzione (per quanto essa possa
apparire banale dall’esterno del sistema) ed innescare il
cambiamento.
d. La scelta e la messa in atto di comportamenti alternativi
condivisi.
2. Esso possieda gli strumenti per modificare le regole strutturali
interne necessarie alla realizzazione del cambiamento di livello
“2” (e quindi alla scelta e messa in atto di comportamenti
alternativi).
Affinché si vengano a verificare le due condizioni appena descritte, sono
indispensabili la costruzione e lo sviluppo di capacità specifiche strutturali trasversali
all’interno dei sistemi. I moduli di capacity building devono partire dalla
considerazione che:
-Le soluzioni ai problemi in oggetto focalizzate sul principio di interesse collettivo (in
questo caso specifico, mettere in atto un modello organizzativo efficacie e funzionale
a proteggere i villaggi dalle esondazioni dei fiumi e dalle conseguenze che ne
derivano), forse apparentemente banali e scontate per chi osserva la situazione
dall’esterno del sistema, potrebbero non essere sempre visibili dal sistema stesso (e
quindi impossibili da considerare da parte dei suoi componenti) poiché,
semplicemente, non appartengono alle premesse (schemi di lettura) interne;
Infatti, generalmente:
“Il cambiamento 2 è introdotto nel sistema dall’esterno e quindi non appare
famigliare né è comprensibile nei termini delle vicissitudini del cambiamento 1. Ma
visto dall’esterno del sistema non è altro che un cambiamento delle premesse che
regolano il sistema come un tutto”. 26
-Se il sistema riesce a superare i propri schemi di lettura e valutare alternative
possibili e maggiormente efficaci, si crea al loro interno lo spazio per considerare
l’interesse collettivo come prioritario rispetto a quello castale, stimolando il sistema in
26
Fish Richard, Watzlawick Paul, Weakland John H., Change, Casa Editrice Astrolabio, Roma 1974,
pag.38.
94
oggetto a elaborare e mettere in atto un processo di cambiamento e modifica delle
regole interne focalizzato su un obiettivo comune: la maggiore sicurezza e minore
precarietà della comunità site lungo i fiumi.
Sviluppare conoscenze e strumenti interni di analisi e risoluzione dei problemi di tipo
sistemico, quindi incentrati sul concetto di unità e improntati sull’obiettivo del
benessere collettivo, non significa che, automaticamente, i sistemi target optino per
ed accettino questo tipo di approccio allo sviluppo.
In ogni caso, anche qualora, successivamente agli interventi di formazione, la
risposta dovesse essere quella di una retroazione negativa (rifiuto), essa
rappresenterebbe, comunque, il risultato importante di una scelta. Laddove un
sistema può scegliere, infatti, significa che possiede le capacità di analisi ed
autodeterminazione necessarie per farlo. Di conseguenza, sebbene il prodotto finale
rimanga il medesimo (ovvero l’anteposizione delle strutture relazionali ed
organizzative tradizionali all’interesse collettivo), le condizioni che lo hanno generato
sono profondamente diverse e denotano un livello di sviluppo e quindi di libertà
decisamente maggiori rispetto alla situazione di partenza.
Esempio pratico 12.: Costruire capacità funzionali, per il sistema, a vedere i propri schemi di
lettura ed ipotizzare altri scenari possibili.
A partire dalla fine degli anni ’70 iniziò una campagna internazionale contro la mutilazione dei genitali
femminili che, dopo lunghe battaglie, portò quindici paesi africani ad adottare leggi per contrastarla
attraverso punizioni severissime nei confronti di chi mettesse in atto tale pratica. La Guinea stabilì una
condanna a vita ai lavori forzati e, in caso di decesso della vittima, la pena di morte. Nonostante ciò,
ad oggi, si stima che il 99% delle donne guineane abbia subito la mutilazione dei genitali. Anche in
Sudan la legge si oppose alla tradizione in modo ferreo, eppure il 90% delle donne sudanesi ha
vissuto direttamente questo tipo di esperienza.
Né l’entrata in vigore di leggi nazionali chiare a questo proposito, né i molteplici interventi realizzati da
associazioni locali e straniere, soprattutto americane, si sono dimostrati validi a limitare realmente tale
tipo di violazione. L’approccio conflittuale nei confronti della tradizione, adottato in questa battaglia sia
dei governi africani implicati, sia delle varie organizzazioni internazionali e non governative, ha infatti
suscitato nelle popolazioni reazioni di persistenza e prefigurato il cambiamento come una “minaccia”
per gli equilibri locali, in quanto portatore di contenuti troppo distanti e incomprensibili. Il presupposto
di base si dimostrava essenzialmente quello di dimostrare alla gente i rischi che la mutilazione
comportava, facendo riferimento ad un concetto di “giustizia” e di “diritto” per lo più estraneo, senza
fornire strumenti concreti alle comunità per intravedere e scegliere autonomamente e
responsabilmente comportamenti alternativi.
“Le denuncie internazionali delle mutilazioni genitali femminili provocarono violente reazioni difensive,
conducendo i gruppi tribali a raccogliersi in difesa delle mutilazioni sessuali femminili come tradizione
locale attaccata da stranieri”.27
“Questa è la nostra cultura! Dichiarò irosamente una levatrice sudanese quando le ponemmo
domande sulle mutilazioni genitali femminili. Noi tutte le abbiamo volute, cosa c’entra l’America? ”.28
Tra le varie associazioni impegnate su questo fronte, l’organizzazione senegalese Tostan si distinse
con vigore, adottando una metodologia di intervento radicalmente diversa dalle altre. Nei villaggi
inclusi nel suo programma triennale, la Tostan inviava un insegnante che aveva il compito di fornire
alla popolazione locale informazioni e conoscenze pratiche estremamente importanti in merito ai diritti
27
28
Kristof Nicholas e Wudunn Sherley, Metà del Cielo, ed. Corbaccio, Milano 2010, pag.308.
Kristof Nicholas e Wudunn Sherley, Metà del Cielo, ed. Corbaccio, Milano 2010, pag.307.
95
umani, alla democrazia, al problem solving, all’igiene ed alla salute, ed alla capacità di gestione ed
amministrazione. L’azione, dunque, non consisteva nell’esercitare pressione diretta sulla scelta di non
praticare la mutilazione genitale, bensì su un lavoro di medio periodo finalizzato ad ampliare gli
strumenti operativi affinché le comunità avessero la possibilità di considerare altri scenari ed opzioni
possibili.
“Si sforza di rimanere positivo, di preparare la gente a prendere le proprie decisioni (…), ma non
consiglia mai ai genitori di smettere di far praticare le mutilazioni sulle loro figlie”.29
Nel 2008 il governo senegalese constatò che la Tostan fosse l’unico programma che stava
conseguendo risultati significativi ed adottò il suo approccio come modello nazionale.
Se il primo fattore ha a che fare con gli schemi di lettura, oltre i quali molto spesso i
sistemi non riescono ad andare per mancanza di strumenti e non per volontà, il
secondo riguarda proprio la considerazione di quanto sia indispensabile costruire
conoscenze specifiche e concrete affinché gli stessi sistemi possano rafforzare la
propria capacità di analisi delle situazioni e risoluzione dei problemi, autonomia,
responsabilità ed autodeterminazione, ampliando così le possibilità di scegliere
comportamenti alternativi e maggiormente efficaci.
Ampliare la libertà di scelta significa “sviluppo”.
L’economista indiano, premio Nobel, Amartya Sen, evidenzia per primo la stretta
interconnessione circolare che sussiste tra il livello di benessere complessivo di un
dato contesto ed il grado di libertà di scelta individuale dei cittadini che ne sono
parte.
“Freedom of choice, or control of one’s own life, is itself a central aspect of most
understandings of well-being”30
Come visto nel caso della Tostan, contro le mutilazioni genitali femminili in Senegal,
aumentare il livello complessivo di informazione all’interno dei sistemi ha ampliato la
possibilità, per le popolazioni locali, di intravedere altri scenari e, di conseguenza, di
poter prediligere opzioni diverse, più in linea con i criteri di salute e sicurezza,
rispetto dell’individuo e dei diritti umani.
Nonostante questa digressione in merito agli schemi di lettura abbia allontanato la
dissertazione dal concetto di interesse collettivo, essa era necessaria affinché non si
incedesse nell’errore di considerare il senso di unità sistemica ed interesse collettivo
banale e scontato, o tantomeno di utopica realizzazione (quando contestualizzato e
finalizzato ad un obiettivo concreto specifico).
Nel momento in cui i sistemi, attraverso interventi di capacity building ad hoc,
entrano in possesso di strumenti che permettono loro di considerare nuove
alternative possibili rispetto ai propri comportamenti e schemi di lettura, intravedendo
l’interesse collettivo ed i vantaggi complessivi che questo comporta, si pongono le
basi per un reale processo di sviluppo endogeno. In questo modo, in numerosi paesi
africani una parte della popolazione ha deciso di interrompere la pratica delle
mutilazioni genitali femminili, rinunciando al controllo ed al potere maschile che ne
29
30
Kristof Nicholas e Wudunn Sherley, Metà del Cielo, ed. Corbaccio, Milano 2010, pag.311.
Michal P. Todaro, Stephen C. Smith, Economic Development, ninth edition, Pearson, Harlow 2006.
96
derivavano, in considerazione del fatto che ridurre i rischi di mortalità delle ragazze,
migliorarne le condizioni igienico sanitarie e rispettarne corpo, costituissero dei
benefici per l’intera comunità.
L’identificazione di un obiettivo comune a tutto il sistema e la comprensione di come
la natura della sua struttura relazionale ed organizzativa sia determinante sulla
possibilità di raggiungerlo, modificando le regole ostative, costituiscono un
passaggio cruciale per sviluppare e costruire quel senso di “unità sistemica”
fondamentale nei processi di cambiamento.
E’ abbastanza ovvio che, al lato pratico, non si tratti di passaggi così diretti e veloci
da mettere in atto. Rimane tuttavia indiscutibile la necessità di poter usufruire di
strumenti adeguati per rafforzare, e dove necessario costruire, i cardini di una cultura
della coesione collettiva, senza i quali qualsivoglia intervento di crescita e sviluppo
risulterebbe fortemente pregiudicato.
L’applicazione concreta della teoria dei sistemi impone, dunque, che il sistema target
venga approcciato e trattato come unità, in tutte le fasi di analisi dei bisogni
trasversali, coinvolgimento, partecipazione, definizione degli obiettivi e delle azioni
per raggiungerli, e costruzione di capacità specifiche. E’ altrettanto fondamentale,
inoltre, che lo stesso sistema target impari a percepire se stesso come “elemento
unitario”. Questo non significa, ovviamente, la pretesa che scompaiano regole
informali, codici, pregiudizi, rancori, ostilità e conflitti interni, ma, come già ribadito,
che possano passare in secondo piano nelle fasi determinanti di scelta e
cambiamento.
Tale spostamento di prospettiva è funzionale, nel breve periodo, al raggiungimento
degli obiettivi progettuali, mentre contribuisce, in spazi temporali più ampli, al
radicarsi di concetti e principi essenziali per sviluppare ambienti sistemici favorevoli
alla realizzazione dei diritti umani.
Partecipazione e costruzione endogena.
1. In tutte le fasi progettuali i sistemi target e/o beneficiari devono poter ricoprire il ruolo
di attori principali;
2) Il coinvolgimento dei sistemi significa l’inclusione di tutte le parti che li costituiscono;
3) Se per ragioni di fattibilità il coinvolgimento dei sistemi avviene attraverso la
selezione di rappresentanti, per ciascun sistema interessato dovranno essere inclusi
rappresentati di tutte le parti che lo compongono al fine di ricrearne la reale identità
interrelazionale;
4) I sistemi coinvolti, o i loro rappresentanti, dovranno essere approcciati e considerati
sempre un’unità. Ciò che conta, in tutte le fasi di progetto, non è la loro natura
decontestualizzata, bensì la loro realtà ed interazione all’interno del sistema
d’appartenenza;
5) I sistemi coinvolti, o i loro rappresentanti, dovranno potersi percepire, a propria volta,
come un’unità;
6) Ad ogni stadio progettuale è fondamentale mantenere ferma l’attenzione sul principio
di interesse collettivo;
7) Il principio di interesse collettivo può non essere scontato né visibile per i sistemi
target, ed è dunque necessario che essi entrino in possesso di strumenti adeguati
(attraverso azioni di capacity building strutturale trasversale) per poterlo prendere in
considerazione e, se ritenuto valido, metterlo in atto come strumento funzionale al
raggiungimento dell’obiettivo finale.
97
L’approccio sistemico alla progettazione rispetto all’approccio classico.
L’approccio sistemico introduce alcuni concetti fondamentali a questo proposito:
1. L’inclusione di tutte le parti del sistema interessato, indipendentemente dal loro
ruolo rispetto all’intervento;
2. La considerazione dei gruppi come parti di un tutto e mai come “categorie” di un
dato sistema;
3. Il coinvolgimento delle parti ricreando sempre quel tutto, anche attraverso dei
rappresentanti;
4. Il superamento del concetto di partecipazione a favore del principio di costruzione
endogena, da parte dei sistemi target e/o beneficiari, del proprio processo di
crescita;
5. La definizione del ruolo degli interventi all’interno di spazi prevalentemente limitati
alla costruzione di capacità, al supporto tecnico e al coordinamento;
6. L’introduzione del principio di interesse collettivo come strumento chiave;
7. La considerazione degli schemi di lettura dei sistemi;
8. La considerazione della capacity building strutturale trasversale dei sistemi come
azione indispensabile ad accrescerne le possibilità di scelta, fondamentali per la
gestione autonoma dei processi di sviluppo.
98
5.L’APPLICAZIONE SINTETICA DELL’APPROCCIO SISTEMICO
LE FASI DEL PROGETTO
ANALISI
Analisi degli attori:
1.Individuazione
degli
attori
coinvolti
nel
fenomeno
di
interesse.
2.Collocazione
degli
attori
individuati all’interno dei sistemi
identificati come sistemi di
appartenenza.
3.Organizzazione grafica dei
sistemi
in
sottosistemi
ed
ambiente.
4.Selezione dei sistemi target,
beneficiari e stakeholder.
Analisi dei problemi:
APPLICAZIONE
della TEORIA
dei SISTEMI
1.Studio dei problemi attraverso
un’ottica circolare e non causale
lineare.
2.Ricerca
dei
meccanismi
sistemici che producono la
nascita
e
l’esistenza
del
fenomeno in oggetto.
3.Focalizzazione della ricerca
sugli aspetti problematici (in
funzione
del
fenomeno
in
ELABORAZIONE del LOGICAL
FRAMEWORK
Definizione
dell’intervento:
degli
obiettivi
1.Definizione dell’obiettivo generico.
2.Definizione dell’obiettivo specifico,
dei rispettivi indicatori Obiettivamente
Verificabili, delle Fonti di Verifica e dei
Presupposti.
3.Definizione dei risultati attesi, dei
rispettivi indicatori Obiettivamente
Verificabili, delle Fonti di Verifica e dei
Presupposti.
Analisi dei bisogni e delle risorse in
funzione degli obiettivi:
1.Analisi dei bisogni e delle risorse
complessivi/e.
2.Analisi dei bisogni e delle risorse in
termini di capacità dirette, tecnico
scientifiche.
3.Analisi dei bisogni e delle risorse in
termini di capacità trasversali strutturali
(relazionali ed organizzative).
99
PARTECIPAZIONE
Selezione dei gruppi rappresentanti
dei sistemi interessati (se il
coinvolgimento di tutti i sistemi e di
tutte le parti che li compongono non è
fattibile):
1.Identificazione di tutte le parti (o
categorie) che compongono i sistemi
interessati.
2.Selezione di rappresentanze per
tutte le parti identificate.
Approccio ai gruppi rappresentanti
dei sistemi interessati (se il
coinvolgimento di tutti i sistemi e di
tutte le parti che li compongono non è
fattibile):
1.Coinvolgimento
delle
parti
approcciate sempre come unità, quindi
insieme, e mai come categorie distinte,
quindi in luoghi e momenti diversi.
2.Coinvolgimento delle parti in quanto
attori principali.
3.Costruzione del senso di unità del
sistema e focalizzazione sul principio
di interesse comune.
oggetto) delle strutture relazionali
ed organizzative dei sistemi
coinvolti.
4.Collocazione
dei
problemi
emersi all’interno di ciascun
sistema in cui gli stessi si
verificano, quindi elaborazione
del
Cerchio
Sistemico
dei
Problemi
Analisi degli obiettivi:
1.Elaborazione
del
Cerchio
Sistemico degli Obiettivi.
Analisi delle strategie:
1.Selezione
delle
strategie
attraverso il Cerchio Sistemico
degli Obiettivi.
Definizione
dell’intervento:
delle
azioni
1.Elaborazione
delle
azioni
complessive
(con
particolare
attenzione all’equilibrio dei sistemi
interessati, all’identità dei sistemi
interessati
ed
all’inclusione
del
concetto di flessibilità dei meccanismi
e delle regole) delle risorse e dei costi
per la loro implementazione e dei
presupposti esterni.
2.Elaborazione, nello specifico, delle
azioni di capacity building diretta,
tecnico scientifica.
3.Elaborazione , nello specifico, delle
azioni di capacity building strutturale
trasversale
(relazionale
ed
organizzativa).
Analisi dell’analisi:
1.Controllo incrociato tra sistemi
e problemi individuati.
2.Verifica della validità
dell’analisi.
Completamento
Framework:
del
Logical
1.Identificazione delle Precondizioni
Iniziali.
2.Applicazione degli indicatori di
verifica.
3.Elaborazione del Gantt Chart.
100
GLOSSARIO DEI TERMINI
Albero Sistemico degli Obiettivi
Rappresentazione circolare grafica della situazione futura
ottimale una volta che i problemi, definiti nel Cerchio
Sistemico dei Problemi, sono stati risolti.
Albero Sistemico dei Problemi
Rappresentazione circolare grafica dei problemi che
concorrono all’esistenza del fenomeno in oggetto e delle
loro interrelazioni.
Analisi degli attori
Identificazione degli attori coinvolti nel fenomeno in oggetto
e collocamento nei sistemi individuati come rispettivi
sistemi di appartenenza. Selezione dei sistemi target,
beneficiari e stakeholder dell’intervento.
Analisi dei problemi
Identificazione dei problemi (intesi come dinamiche) che
contribuiscono in modo determinante alla nascita del
fenomeno in oggetto all’interno di ciascun sistema
individuato. Collocamento dei problemi all’interno dei
sistemi. Elaborazione del Cerchio sistemico dei Problemi.
Analisi degli obiettivi
Trasformazione del Cerchio Sistemico dei Problemi in
situazione ottimale. Elaborazione del Cerchio Sistemico
degli Obiettivi.
Analisi delle strategie
Selezione degli obiettivi che si vogliono raggiungere
attraverso la realizzazione dell’intervento.
Analisi dell’analisi
Verifica delle qualità e completezza del processo di analisi.
Appraisal
Ultimo step che precede la richiesta di finanziamento di un
progetto. Controlla la fattibilità e l’appropriatezza
dell’intervento rispetto ai sistemi target e beneficiari ed al
loro ambiente.
Approccio sistemico
Con il termine approccio sistemico ci si riferisce alla
dimensione metodologica generale della Sistemica, per cui
considerando un problema esso si analizza ed affronta
all’interno della cornice definita dalla Teoria dei Sistemi.
Attività
Sono le azioni che devono essere realizzate per ottenere i
risultati attesi.
Beneficiari
Sono i sistemi che beneficiano, in qualsiasi modo,
dell’implementazione del progetto. Essi possono essere: i
partner dell’intervento, i sistemi target, o i beneficiari finali.
Beneficiari finali
Sono i sistemi che beneficiano nel lungo periodo
dell’implementazione del progetto.
Capacity building
Costruzione di capacità specifiche necessarie per la
realizzazione del progetto ed il corretto raggiungimento
degli obiettivi. Si dividono in capacità dirette tecnico
101
scientifiche e capacità strutturali trasversali (relazionali ed
organizzative).
Ciclo del Progetto
E’ la vita di un progetto, dall’idea iniziale al completamento
della sua realizzazione.
Country Strategy Papers
Sono lo strumento per guidare, gestire e correggere i
programmi di assistenza e sviluppo.
Criteri di sostenibilità
Corrispondono ai Key Quality Factors.
Efficacia
Caratteristica dalla quale un progetto non può prescindere.
Definisce la relazione tra i risultati attesi e l’obiettivo
specifico. Quanto i primi possano realmente contribuire alla
realizzazione di quest’ultimo, e quanto i presupposti
possano effettivamente limitarne il raggiungimento.
Efficienza
Caratteristica dalla quale un progetto non può prescindere.
Definisce il grado di relazione tra la qualità dei risultati ed il
loro costo. Quanto bene, quindi, gli strumenti impiegati e le
attività implementate si traducono in risultati.
Evaluation
Periodica valutazione dell’efficienza, efficacia, impatto,
rilevanza e sostenibilità del progetto, in relazione ai sistemi
target/beneficiari, al sistema ambiente ed agli obiettivi da
raggiungere.
Fattibilità
Caratteristica dalla quale un progetto non può prescindere.
Definisce se e quanto gli obiettivi di progetto possano
realmente essere raggiunti.
Fonti di verifica
Costituiscono la terza colonna del logframe ed indicano
dove, sotto quale forma e con quali scadenze, è reperibile
specifico materiale che dimostri e misuri il corretto
raggiungimento dell’obiettivo generico e di quello specifico
e dei risultati attesi.
Gantt Chart (Timetable)
Organizzazione temporale delle attività previste.
Impatto
E’ l’effetto del progetto sui sistemi
target/beneficiari/stakeholder e sul sistema ambiente.
Implementazione
Quinta fase del ciclo del progetto, durante la quale le azioni
vengono realizzate e monitorate e l’intervento procede
verso il raggiungimento degli obiettivi.
Indicatori obiettivamente
verificabili
Indicatori misurabili che dimostrano se gli obiettivi definiti
nei primi tre livelli del logframe siano stati raggiunti o meno.
Isomorfismi formali
Modelli concettuali applicabili a fenomeni diversi. I ambito
sistemico con isoforismi formali si indicano le
caratteristiche comuni a tutti i sistemi aperti.
Logical Framework (Logframe)
La matrice attraverso la quale vengono presentate la logica
102
dell’intervento, i presupposti, gli indicatori obiettivamente
verificabili e le fonti di verifica.
Logical Framework Approach
E’ un metodo di pianificazione, gestione e valutazione di un
progetto.
Mezzi
Sono le risorse materiali e fisiche necessarie per la
realizzazione delle azioni.
Monitoraggio
Sistematico controllo, raccolta ed uso di informazioni,
durante l’implementazione, relative alla realizzazione del
progetto e finalizzate alla sua corretta gestione ed alla
messa in atto di eventuali, necessari, aggiustamenti.
Obiettivo generico
Chiarisce l’importanza del progetto nel contesto di
implementazione, in termini di benefici di lungo periodo per
i beneficiari finali diretti ed indiretti. Inoltre l’obiettivo
generico è importante per contestualizzare il progetto sia
nelle politiche locali e nazionali dei governi interessati, sia
nei programmi di sviluppo dei donatori. Come, cioè,
l’intervento contribuisce alla realizzazione di tali politiche e
programmi.
Obiettivo specifico
E’ l’obiettivo centrale del progetto. Esso è indirizzato ad un
problema centrale ed è definito in termini di benefici
sostenibili per i sistemi target. Per ogni progetto sussiste
un unico obiettivo specifico.
Precondizioni
Sono le condizioni necessarie che devono essere
soddisfatte affinché il progetto possa avere inizio.
Presupposti
Sono le condizioni esterne al progetto che devono essere
soddisfatte affinché le attività possano essere
implementate, ed i risultati attesi e gli obiettivi raggiunti.
Progetto
Una serie di attività finalizzate al raggiungimento di obiettivi
in un tempo limitato e prestabilito.
Quality factor
Criteri che devono essere presi in considerazione durante
la progettazione di un intervento perché hanno un forte
impatto sulla sua sostenibilità. Essi sono principalmente:
l’ownership da parte dei beneficiari, le politiche di supporto,
fattori economici e finanziari, caratteristiche socio culturali,
questioni di genere, tecnologia appropriata, aspetti
ambientali, capacità istituzionale e di gestione.
Rilevanza
Caratteristica dalla quale un progetto non può prescindere.
Definisce l’appropriatezza degli obiettivi del progetto
rispetto ai problemi reali che lo stesso intende affrontare,
rispetto ai bisogni ed alle priorità dei gruppi target e dei
beneficiari, e rispetto al contesto ambientale e politico di
implementazione.
Rischi
Sono i fattori esterni che devono essere presi in
103
considerazione per la formulazione dei presupposti, in
quanto potrebbero influenzare la realizzazione del progetto.
Risultati attesi
Sono il prodotto della realizzazione delle attività.
Definiscono i risultati (ed i benefici per i gruppi target) che è
necessario ottenere, nel breve periodo, per raggiungere
l’obiettivo specifico.
Sistema
Un sistema aperto è un insieme di oggetti e di relazioni tra
gli oggetti ed i loro attributi dove ogni parte è in rapporto
tale con le parti che lo costituiscono che qualunque
cambiamento in una parte causa un cambiamento in tutte le
parti del suo sistema.
Sistemica
Con il termine Sistemica si fa riferimento ad un'estensione
concettuale, metodologica e culturale, della Teoria Generale
dei Sistemi. Si riferisce in sostanza ai concetti, principi,
applicazioni e metodi basati sul concetto di sistema,
proprietà sistemiche, interazione, auto-organizzazione ed
emergenza con riferimento alla scienza della complessità.
Stakeholders
Sono tutti quei sistemi che possono avere una relazione
con il progetto (che possono quindi influenzarlo o essere da
esso influenzati).
Sostenibilità
Caratteristica dalla quale un progetto non può prescindere.
Definisce le probabilità che i benefici ed i risultati ottenuti
possano essere mantenuti nel lungo periodo anche dopo il
termine del progetto.
Swot analisi
Analisi dei punti di forza, debolezza, delle opportunità e dei
rischi di un’organizzazione. Può essere utile in qualsiasi
fase del ciclo del progetto.
Target
Sono i sistemi che beneficiano del progetto nel breve
periodo ed ai quali sono indirizzati i risultati attesi.
Teoria generale dei sistemi
La teoria dei sistemi, più propriamente teoria del sistema
generale (definizione originale di Bertalanffy) detta anche
teoria generale dei sistemi e ancora generalizzata in
sistemica (systemics), è un'area di studi interdisciplinari
che si occupa della costituzione e delle proprietà di un
sistema in quanto tale. Essa fu fondata da Ludwig von
Bertalanffy (Von Bertalanffy, 1968).
Workplan
Catalogazione delle attività e delle risorse necessarie per
raggiungere i risultati attesi e gli obiettivi.
104
BIBLIOGRAFIA
Bateson Gregory, Verso un’ecologia della mente, Adelphi Milano 2011.
Bertalanffy Ludwig von, General System theory: Foundations, Development,
Applications, New York1968 (paperback, revised edition).
Fish Richard, Watzlawick Paul, Weakland John H., Change, Casa Editrice
Astrolabio, Roma 1974.
Helmick Beavin Janet, Jackson Don D., Watzlawick Paul, Pragmatica della
comunicazione umana, Casa Editrice Astrolabio, Roma 1971.
Kristof Nicholas e Wudunn Sherley, Metà del Cielo, ed. Corbaccio, Milano 2010.
Manual Project Cycle Management, European Commission, EuropeAid Cooperation Office, March 2001.
Project Cycle Management Guidelines, EuropeAid Co-operation Office, March 2004.
Project Cycle Management Handbook, EuropeAid Co-operation Office, February
2001.
Todaro Michal P., Smith Stephen C., Economic Development, ninth edition, Pearson,
Harlow 2006.
105
106