La quantificazione del danno da malpractice medica

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RISARCIMENTO DANNI
La quantificazione del danno da malpractice
medica
di Paolo Russo, Avvocato in Firenze - Network legale “Cendon & Partners” (Lex24)
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Nesso di causalità, premessa di ogni quantum
In materia di responsabilità sanitaria, ed in ambito civilistico, ampio è lo spettro dei danni risarcibili. Da un
lato, infatti, i diritti alla salute, all’integrità psicofisica ed alla autodeterminazione sono infatti garantiti dalla
Costituzione; dall’altro la fallibilità è insita nella natura umana e, conseguentemente, gli eventi
potenzialmente dannosi in medicina sono innumerevoli: si va dall’errore diagnostico, a quello di tipo
terapico, a quello chirurgico, a quello, ancora, connesso alla violazione del dovere di informazione. Il
singolo medico, la sua eventuale equipe, la stessa struttura ospedaliera presso cui il professionista
esercita, in qualità di dipendente o meno, la propria attività lavorativa, possono evidentemente essere
accusati di malpractice, ossia di condotta negligente, imprudente o imperita, e divenire oggetto di richieste
risarcitorie da parte delle presunte vittime, primarie e non, della malasanità. Sempre più frequenti, invero,
sono i procedimenti giudiziali intentati per responsabilità professionale del medico, ed anzi nell’ultimo
decennio il numero dei sinistri denunciati in tale ambito è più che triplicato. L’accertamento della effettiva
responsabilità del personale medico e sanitario precede peraltro, ovviamente, la effettiva risarcibilità
dell’illecito e, dunque, la quantificazione degli importi da assegnare alle vittime a ristoro del pregiudizio
patito. Dunque, preliminare a tutto è la verifica della sussistenza di un nesso di causalità tra fatto illecito e
danno subito rilevante sul piano giuridico. A tal proposito, da pochi anni la Suprema Corte di Cassazione
(con la nota sentenza n.21619/07, depositata in data 16 ottobre) ha negato una coincidenza tra causalità
penale e civile ed ha individuato un
metodo di accertamento causale, in ambito di responsabilità civile, del tutto particolare, noto come “regola
del più probabile che non”. Secondo la giurisprudenza di legittimità, in pratica, il giudice, chiamato a
verificare il nesso causale tra condotta medica ed evento dannoso, è tenuto ad operare una selezione di
scelte giuridicamente opportune in un dato momento storico, e pertanto non può essere vincolato ad una
mera formula peritale, né può trasformare la verifica processuale in ordine all’esistenza del nesso di causa
in una questione di accertamento (solo) scientifico demandabile tout court al consulente medico. Allora,
seguendo tale ragionamento, non può essere ritenuta censurabile la decisione di un giudice che, “con
motivazione sorretta da ampia e congrua motivazione, abbia ritenuto “più probabile che non” l’esistenza
del
nesso di causa tra il comportamento del sanitario e le lesioni subite dal danneggiato, nonostante i
consulenti tecnici si siano espressi in termini meramente possibilistici senza percentualizzare la eventuale
migliore riuscita” di un diverso trattamento. Allora, in sintesi, l’indagine sul nesso causale, la cui
sussistenza è ineludibile ai fini della dichiarazione di una responsabilità (di natura contrattuale, è bene
rammentarlo) del
medico e/o del personale sanitario, poggia su tre distinte categorie concettuali: a) la “quasi certezza”,
ovvero un elevato grado di credibilità razionale; b) la “probabilità relativa”; c) la “possibilità”. Saranno
insomma risarcibili tutti i danni (diretti ed immediati, ma anche indiretti ed immediati) inseriti in una logica
sequenzialità rispetto ad un dato accadimento (l’inadempimento obbligatorio del medico, fonte dell’illecito)
in
cui trovano, dunque, origine.
La vittima primaria, rimasta in vita. Danno patrimoniale
Accertata la sussistenza di un effettivo danno da malpractice medico-sanitaria, il pregiudizio
patito...CONTINUA IN LEX24 (consultazione riservata agli abbonati a Lex24) - Dossier d'Autore: il danno
da malpratice medica
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