Nota esplicativa sul concetto di RESILIENZA e la sua applicabilitàai

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Nota esplicativa sul concetto di RESILIENZA e la sua applicabilitàai
Tema DESS 2016 Obiettivo 11 - Agenda 2030
Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili
Nota esplicativa sul concetto di RESILIENZA e la sua applicabilità ai contesti urbani
(CITTA’ RESILIENTI)
Per resilienza si intende riferirsi a quella caratteristica fisica dei materiali che determina la loro
diversa capacità di resistere a sollecitazioni impulsive, di reagire a urti improvvisi senza
spezzarsi. Preso in prestito dall’informatica e dalla psicologia per indicare comportamenti che
integrano bene la capacità di adattamento e la disponibilità alla trasformazione in risposta a eventi
dirompenti o traumatici, da una decina di anni il termine è entrato nel lessico comune anche degli
urbanisti, che individuano proprio nella capacità di continuare a esistere, accettando ed adattandosi
al cambiamento, uno dei principali indicatori per segnare la ripresa di una comunità, toccata da
stravolgimenti significativi (di natura antropica e/o naturale), come avvenuto nel passato in diverse
località italiane interessate da conflitti, terremoti, eventi climatici estremi, alluvioni e frane, senza
trascurare un sensibile effetto di progressiva e significativa espansione urbanistica (urban sprawl)
ed industriale, a partire dal secondo dopoguerra.
La resilienza non implica quindi il ripristino ad uno stato iniziale, ma il ripristino della
funzionalità attraverso il mutamento e l’adattamento.
In questo senso la città resiliente o resilient city è un sistema urbano che non si limita ad adeguarsi,
adattandosi, ai cambiamenti climatici (in particolare il global warming), che negli ultimi decenni
rendono sempre più vulnerabili le città con conseguenze sempre più drammatiche e costi
ingentissimi, bensì essa si modifica costruendo risposte sociali, economiche e ambientali nuove che
le permettano di resistere nel lungo periodo alle sollecitazioni dell’ambiente e della storia.
Una città resiliente è quella che ha sviluppato le capacità per assorbire gli shocks futuri e gli stress
alle componenti sociali, economiche, dei sistemi tecnologici e infrastrutturali attraverso processi di
“evoluzione/adattamento” mantenendo riconoscibili le sue funzioni, strutture e identità.
La resilienza è quindi oggi una componente necessaria per lo sviluppo sostenibile, agendo prima di
tutto sui modelli organizzativi e gestionali dei sistemi urbani. Una città sostenibile è quindi una città
resiliente, che produce opportunità economiche significative come dimostrano gli esempi di altri
Paesi europei, che hanno investito sullo sviluppo di una strategia nazionale per l’adattamento ai
cambiamenti climatici e alla resilienza.
Il termine resilienza, infatti, allude ed evoca in modo efficace il mutamento di approccio ritenuto
necessario per continuare a garantire prospettive di sostenibilità, a fronte dei cambiamenti
ambientali, economici e sociali che hanno rapidamente investito (e continuano a investire) gli
ambienti di vita delle comunità locali.
Il modello interpretativo proposto da Galderisi (2013) pone al centro la resilienza, intesa quale
obiettivo finale di un processo ciclico che si sviluppa seguendo le tre macro-fasi in cui è possibile
articolare la risposta del sistema ad un fattore perturbativo esterno (v. figura):
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una fase pre-evento, di prevenzione e mitigazione degli impatti che tale fattore può
determinare;
una fase, immediatamente successiva all’impatto, di risposta e prima emergenza;
una fase di ricostruzione/transizione.
Tali fasi presentano una rilevanza diversa in ragione della tipologia di fattore perturbativo ed anche
del contesto geografico e socio-economico in cui il processo si sviluppa: in caso di eventi
caratterizzati da impatti istantanei, risposta e prima emergenza rappresentano una fase cruciale,
generalmente seguita da una lenta fase di ricostruzione; in caso di eventi che inducono alterazioni di
medio-lungo periodo, assume centralità la fase di prevenzione e mitigazione, seguita da una lenta
fase di transizione del sistema, caratterizzata da un suo adattamento o trasformazione, per far fronte
alle mutate condizioni.
Il modello si articola quindi in tre livelli: ciascuno costituisce una specificazione, in chiave di
crescente operatività, del precedente, richiamando la struttura gerarchica propria dei processi
decisionali di governo delle trasformazioni urbane, articolata in finalità-obiettivi-azioni.
Il
modello interpretativo della Resilienza
Gli impatti negativi del cambiamento climatico sulle città italiane
In relazione al concetto di cambiamento climatico, risulta fondamentale definire la scala di
riferimento a cui lo stesso è riferito. A scala urbana esso può amplificare un trend globale. Ad
esempio nell’area Mediterranea il riscaldamento globale colpisce in vari modi, in particolare con
eventi estremi: siccità, tempeste, forti precipitazioni accentuano la fragilità idrogeologica del nostro
territorio, moltiplicandone le conseguenze. Inoltre la diffusione e lo sviluppo urbanistico di molti
insediamenti storici in aree instabili (per frane ed esondazioni soprattutto) crea ulteriori pericoli. Le
ridotte precipitazioni creano inoltre problemi di approvvigionamento idrico, non solo nel periodo
estivo.
Tra gli effetti specifici del global warming nelle aree urbane ci sono le cosiddette isole di calore. Si
tratta di un fenomeno che si crea durante l’estate nelle città urbanisticamente dense, con edifici
stretti e alti, costruiti con materiali a elevata conduttività termica e attraversate da strade asfaltate. In
questa città si accumula energia termica che non viene smaltita nemmeno nelle ore notturne.
Spesso l’elevata temperatura comporta anche maggiore inquinamento dell’aria.
In tal senso vanno intese le soluzioni di mitigazione degli effetti legate al surriscaldamento urbano e
quindi alla resilienza del sistema a questo effetto.
Resilienza urbana e politiche ambientali
Nel marzo del 2008, con la Conference of Parties 13 (COP 13), sotto l’egida della Conferenza
strutturale delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, ha definito con il Bali Action Plan una
prima serie di impegni e di obiettivi di carattere molto generale che possono essere ricollegati alla
resilienza. In seguito, sulla base di adesioni volontarie degli stati più esposti, ha preso avvio il
“Dialogue on land and water management for adaptation to climate change” che nell’aprile del
2009 ha prodotto a Nairobi un primo Statement che ha fissato alcuni principi guida e
raccomandazioni tra i quali la costruzione della resilienza, in particolare nel governo del suolo e
dell’acqua.
Nelle linee di indirizzo per i Piani d’Azione locale per l’energia sostenibile e il clima il
Coordinamento ha individuato gli ambiti di intervento prioritari per definire azioni, progetti e
misure per preparare i territori a realizzare città resilienti ai cambiamenti climatici. In sintesi gli
ambiti sono:
1. pianificazione territoriale: uso del suolo e governo del territorio su area vasta
2. prevenzione, riduzione e gestione della vulnerabilità del territorio: assetto idrogeologico
3. pianificazione urbanistica, sistemi insediativi, edifici: comfort climatico della città
pubblica
4. ciclo idrico in ambito urbano, conservazione della risorsa e sua qualità
5. verde urbano multifunzionale
6. servizi socio-sanitari e protezione civile
In occasione del Congresso Mondiale "Resilient Cities 2011 - 2nd World Congress on Cities and
Adaptation to Climate Change” tenutosi nel 2011 a Bonn in Germania si è discusso del futuro delle
città alla presenza di circa 550 delegati, tra cui sindaci, governatori regionali e locali ed alti
funzionari delle Nazioni Unite. Il Congresso, incentrato sulla pianificazione, la valutazione dei
rischi, i costi ed i finanziamenti necessari per l'adattamento dell'ambiente urbano ai cambiamenti
climatici, ha permesso di individuare le azioni necessarie per favorire l'adattamento delle città ai
cambiamenti del clima con cui sempre più urgentemente dobbiamo fare i conti. I risultati di
maggior rilevo riguardano due punti: uno relativo alle modalità di progettare città resilienti, l'altro,
relativo alle modalità di finanziamento.
Per la progettazione urbanistica di città resilienti è necessario innanzitutto che sindaci, e
amministratori locali siano consapevoli dei problemi che i cambiamenti del clima pongono e delle
sfide che sono chiamati ad affrontare, ponendo alla base della progettazione urbanistica criteri di
prevenzione non solo dei rischi presenti, ma anche e soprattutto di quelli futuri in relazione alla
vulnerabilità sia naturale sia indotta dalle attività umane sul loro territorio.
Per trasformare le città e renderle meno vulnerabili ai continui cambiamenti climatici la
resilienza sembra essere l’unica risposta possibile in termini urbanistici e socio-economici.
10 PUNTI PER GARANTIRE LA RESILIENZA DI UNA CITTÀ (fonte ANCI)
1. Fare in modo che nell’ambito dell’amministrazione locale sia istituita una struttura di
coordinamento per individuare e ridurre il rischio di disastri, basata sulla partecipazione dei
gruppi di cittadini e su alleanze con la società civile. Assicurare che tutti i settori
dell’amministrazione siano consapevoli del loro ruolo nella riduzione del rischio di disastri e
preparati ad agire.
2. Stanziare risorse specifiche per ridurre il rischio di disastri e incentivi ai proprietari di
abitazioni, famiglie a basso reddito, imprese e alla comunità in generale perché investano
nella riduzione del rischio.
3. Mantenere un sistema aggiornato di dati sui rischi e le vulnerabilità locali, realizzare
valutazioni di rischio e tenerne conto come base nei piani e nelle decisioni sullo sviluppo
urbanistico delle città. Assicurare che queste informazioni e i piani per la resilienza della
città siano facilmente accessibili al pubblico e siano stati discussi pubblicamente.
4. Investire nelle infrastrutture che riducono i rischi, quali opere per la regimentazione idrica,
garantendone la manutenzione e i necessari adeguamenti al cambiamento climatico.
5. Verificare la sicurezza di tutte le scuole e delle strutture sanitarie e adeguarle se necessario.
6. Introdurre e applicare criteri adeguati ai rischi nei regolamenti edilizi e nella pianificazione
dell’uso dei suoli. Identificare ove possibile terreni sicuri da destinare ai cittadini a basso
reddito e sviluppare programmi di riqualificazione degli insediamenti non regolamentati.
7. Garantire che siano messi in atto programmi di formazione e educazione sulla riduzione dei
rischi di disastri nelle scuole e nelle comunità locali.
8. Proteggere gli ecosistemi e le zone che naturalmente fungono da prevenzione, per mitigare
gli effetti delle esondazioni, degli eventi meteoclimatici intensi e altri eventi verso cui la
città è vulnerabile. Adattarsi al cambiamento climatico tramite azioni efficaci di riduzione
dei rischi.
9. Implementare sistemi locali di monitoraggio per il sistema di allerta preventivo e piani di
gestione delle emergenze e realizzare regolarmente esercitazioni che coinvolgano la
cittadinanza.
10. Dopo ogni disastro, garantire che i bisogni delle vittime siano posti al centro della
ricostruzione e che essi e le organizzazioni civili siano coinvolti direttamente nella
definizione delle soluzioni, tra cui la ricostruzione delle abitazioni
Alla luce di quanto brevemente sopra esposto, la prima settimana del nuovo quindicennio DESS,
dedicata all’obiettivo 11 dell’Agenda 2030 “Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi,
sicuri, duraturi e sostenibili” e più in sintesi alle Città resilienti, vuole stimolare la partecipazione
attiva dei Club Unesco afferenti alla FICLU attraverso iniziative culturali che possano convergere
su una delle seguenti tematiche applicate ad un contesto urbano:
1. RESILIENZA E CAMBIAMENTI CLIMATICI (EVENTI ESTREMI, SURRISCALDAMENTO,
DESERTIFICAZIONE, VARIAZIONE DEL LIVELLO DEL MARE ED EROSIONE COSTIERA)
2. RESILIENZA E CALAMITA’ NATURALI
3. RESILIENZA ED ESPANSIONE URBANISTICA (PIANIFICAZIONE URBANA)
4.
RESILIENZA DELLE CITTA’ D’ARTE E CALAMITA’ NATURALI (TERREMOTI ED
ALLUVIONI)
5. RESILIENZA STORICA DEGLI INSEDIMENTI URBANI
6. RESILIENZA E POLITICHE DELLA SOSTENIBILITA’
7. RESILIENZA E CONTESTO DEMO-SOCIO ECONOMICO