Tecniche e Strumenti Tecniche di stampa

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Tecniche e Strumenti
Tecniche di stampa
Note storiche
Il più antico metodo di stampa è la xilografia, che si awaleva <ii una matrice di legno duro incisa a rilievo, ottenuta
con I'asportazione mediante bulino o sgorbie (scalpelli particolari), delle parti non stampanti. Le parti in rilievo non
asportate, venivano inchiostrate in modo che, pressate su un supporto (carta o tessuto), riportassero I'immagine o la
scritta al rovescio.
Con I'intaglio di diverse matrice della mederiima dimensione (una per ogni colore) e con la stampa delle stesse a
registro su un unico foglio, si otteneva la stampa a colori.
Sembra che i Cinesi praticassero questo sistema già nel VIII secolo a.C., e che i Romani usassero rudimentali
punzoni in legno per contrassegnare le stoffe.
- 1o4o c. a. il cinese Pi-Cheng realizza un primo esempio di libro
a
stampa xilografica.
-
14So - Gutenberg a Magonza inventa la stampa a caratteri mobili che darà inizio allo sviluppo della stampa
"industriale".
- r41z - Maso Finiguerra,
orafo fiorentino, inizia a stampare usando la tecnica dell'incisione manuale su lastre di
rame.
Prima della fine del XVIII secolo i metodi di stampa si fondavano su principi meccanici; la matrice poteva essere a
rilievo (tipografia) o a incavo (calcografia), ma il principio era sempre quello del trasferimento di un segno o di una
lettera su di un supporto, mediante un'operazione meccanica.
All'inizio del XVI secolo la Xilografia diventa una forma d'arte estremamente raffinata. L'incisione xilografica viene
eseguita su una tavola di legno, incisa con bulini e sgorbiette, lasciando solamente quelle parti che verranno poi
inchiostrate. La xilografia utilizza quindi il segno in rilievo, cioè in superficie, che risulta dallo scavo dei bianchi.
- 1796 - Nel rZ96 il tedesco Aloys Senefelder a Monaco sperimenta un metodo che permette di stampare con una
matrice piana (planografico), senza cioè parti in incavo o a rilievo basato sulla repulsione tra sostanze grasse e I'acqua.
Il sistema, prima chiamato "stampa chimica su pietra" e poi Litografia (dal greco lùthos=pietra e grafeìn=scrivere)
sfrutta uno speciale tipo di pietra ricavata dalle cave di Solenhofen, vicino a Monaco di Baviera e usa superfici lipofile
(grafismi) e superfici idrofile (contrografismi). Tale pietra, opportunamente levigata e disegnata con una matita grassa,
ha la proprietà di trattenere nelle parti non disegnate un sottile velo di acqua. Passato I'inchiostro, esso viene respinto
dalle parti inumidite e trattenuto nelle parti disegnate, grasse. (AI torchio si faceva asciugare I'acqua e il foglio di carta
riceveva solo I'inchiostro che si era depositato sulle parti disegnate. Naturalmente bisognava scrivere al rovescio).
La semplicità del procedimento e la facile reperibilità della materia prima, favorisce la rapida sostituzione della
Xilografia e dell'incisione nelle illustrazioni dei giornali e dei libri. La Litografia riscosse immediatamente grande
strccesso. Sin dai primi anni del r8oo, tutti i grandi artisti si cimentarono con questa nuova tecnica. La xilografia
comunque continuerà ad essere adoperata come mezzo espressivo. Fu una tecnica amata tra gli espressionisti.
Kirchner, del gruppo Die Bruche, ad es. realizzò opere con tecnica xilografica intorno al r9ro.
Agli inizi del r8oo, Goffredo Eghelman realizza la cromolitografia, la tecnica di stampa litografica a più colori per
selezione e per sowapposizione (praticamente la litografia a colori); poi il tipografo francese Lemercier tenta la
stampa con I'inchiostro grasso di una immagine ottenuta sul bitume con I'ausilio delìa luce. Si può considerare il primo
esperimento di fotoincisione.
- 18Bg - Brisset perfeziona il torchio a carrello scorrevole di Senefelder che diventerà il classico torchio a stella.
In campo industriale, si ,Jiffonde la litografia quando la pietra venne sostituita dalla lastra di zinco, che rese possibile la
costruzione, verso il r84o, delle prime macchine piano-cilindriche.
- r85z - Fox Talbot, utilizzando gli studi del francese Niceforo Niepce e dello scozzese Ponton sui colloidi animali e
vegetali che uniti ai bicromati di potassio d'ammonio o di sodio diventano sensibili alla luce, incomincia a riprodurre
immagini incise chimicamente sul metallo retinandole prima con una garza e successivamente con una polvere di
resina.
- 1864 - Wilson Swan perfezionò il trasporto dell'immagine dalla carta al colloide bicromatato, sulla lastra di metallo.
- 1884 - Ottrnar Mergenthaler presenta larealizzazione di una macchina, chiamata poi Linotype, che consentiva di
comporre caratteri tipografici fusi su un'unica riga di piombo. Nel r8oo, le tipografie si erano trovate infatti nella
necessità di accelerare notevolmente la composizione, così avevano avuto inizio studi di prototipi di macchinari, La
macchina era costituita da tre sezioni:- La prima, il "magazzino", conteneva le matrici, chiamate da una tastiera e
allineate su un compositoio; La seconda era costituita da una caldaia, contenente piombo fuso, che veniva pressato
sulle matrici assumendone così I'impronta; La terza era composta da meccanismi che riprendevano le matrici per
restituirle al magazzino. La correzione di eventuali errori, si effettuava sostituendo la riga intera di piombo. Le
prestazioni della macchina di Mergenthaler erano notevoli: 6.ooo/8.ooo lettere chiare, resistenti, nuove, contro le
r.ooo che un buon compositore riusciva a comporre a mano.
crea il prototipo della Monotype che, sempre meccanicamente, fondeva, a
differenza della Linotype, le lettere singole, facilitando così le correzioni.
Le Linotype furono usate soprattutto nei giornali e nell'editoria commerciale, mentre le Monotype furono adottate per
composizioni più complesse. Entrambe le macchine si possono considerare le antenate delÌa moderna
fotocomposizione. Il monotipo (dal greco "unica impronta") è un unico esemplare a stampa; la matrice non presenta
né tagli né morsure, il disegno viene tracciato dall'artista direttamente sulla superficie con pennelli e altri strumenti.
Come in ogni stampa, la composizione risulta rovesciata rispetto al foglio. Senza altre aggiunte di inchiostro, se ne
traggono, qualche volta, una seconda e una terza prova che diventano sempre più sbiadite e quindi vengono ritoccate a
mano. Il supporto su cui viene eseguita I'opera può essere di metallo, di vetro, di legno, di plexiglas o di altro materiale
duro e liscio, oppure anche leggermente poroso.
- 1887 - L'awocato Tolbert Lanston
- 1895 - Klietsch, Meiesnbach e Ives perfezionano ulteriormente la tecnica del trasporto dell'immagine dalla carta al
supporto.
Agli inizi del )O( secolo venne sperimentato un nuovo tipo di stampa derivato dalla litografia, ma, I'immagine da
stampa, invece di trasferirla dalla lastra alla carta, veniva trasferita dalla lastra ad un cilindro di gomma in pressione e
da questo alla carta. Nacque la stampa indiretta chiamata offset (da to offset che vuol dire contrapporre,
fronteggiare). E'un metodo di stampa piana, la cui invenzione è posteriore a quella dell'incisione. La pietra utilizzata è
un calcare molto compatto e di grana grassa, chiamata appunto "litografica", che protegge la pietra quando la si tratta
con una soluzione di gomma arabica e acido nitrico molto diluito: le zone rimaste libere e quindi raggiunte dall'acido
sono rese repellenti ai grassi e ricettive all'acqua. La pietra viene quindi bagnata ed inchiostrata a rullo: I'inchiostro si
fissa sulla superficie esatta del disegno, trattenuto dalla matita grassa, mentre le zone bagnate rifiutano
I'inchiostrazione. Ci vuole una pietra diversa per ogni colore. Pl'ima di una nuova utilizzazione, la superficie della
pietra viene sabbiata (granitura).
- ago4 - Iva Rubel nello
stato di New Jersey, avendo avuto I'occasione di constatare che I'inchiostro riportato sulla
carta attraverso un cilindro rivestito di materiale gommoso produceva una stampa di qualità migliore. costruisce con
I'apporto tecnico di Gaspare Hermann la prima macchina offset a tre cilindri.
- 1910 - A Francoforte la nuova tecnica rotocalcografrca inizia ad essere produttiva.
- 1938 - Chester F. Carlson, negli Stati Uniti d'America, inventa la riproduzione Xerografica che sarà successivamente
messa a punto dalla compagnia Haloid.
Ls tecnìcq della Calcogrqjftc
(dal greco calcos: rame - grafo: scrivo, incido) è la tecnica di incisione che prende il
nome dalle lastre di rame usate dai primi incisori, (oggi sono diftrse anche lastre in zinco, benché il materiale migliore,
proprio per la sua maggiore dtJrezza, sia ancora il rame). L'incisione calcografica si divide, a seconda della tecnica
usata per incidere la lastra, in: - Procedirnento Diretto in cui la matrice viene incisa direttamente dall'artista con
strumenti idonei a scalfire il metallo, senza mediazioni chimiche. Sono tecniche dirette il bulino, la puntasecca, la
il punzone e il procedimento indiretto in cui la matrice viene incisa, dopo opportune
preparazioni, dall'azione "mordente" dell'acido in cui viene immersa, quindi non direttamente dalla mano dell'artista.
Sono tecniche indirette principalmente I'acquaforte, I'acquatinta, la vernice molle.
maniera nera,
PROCEDIMENTO DIRETTO
BULINO - L'incisione a bulino sviluppatasi soprattutto in Italia e in Germania è attuata tramite uno strumento
costituito da una sottile asta di metallo a sezione quadrangolare o triangolare, tagliata a formare una punta
affilatissima. Il bulino viene spinto sulla lastra così da sollevare dei "trucioli" di metallo, detti barbe, che vengono poi
asportati con un raschietto. Il segno del bulino è facilmente riconosc,ibile per la particolare nitidezza in resa di stampa
e perché, una diversa pressione esercitata dallo strumento'in sede dì incisione, permette di ottenere solchi di
profondità diversa.
PTINTASECCA - Il nome della tecnica si confonde con quello dell'utensile. L'utensile è una punta di metallo affilato
che viene usata dall'incisore come se fosse una matita. I solchi che si ottengono non sono troppo profondi e mostrano
ai lati un leggero rialzo del metallo, dovuto al suo spostamento determinato dalla punta. La particolarità è che la punta
non taglia il metallo asportandolo ma si limita a spostarlo con la forza della pressione esercitata, le cosiddette "barbe"
che si sollevano durante la fase di incisione, al contrario di quanto awiene nella tecnica classica a bulino, vanno
conservate: esse infatti al momento dell'inchiostrazione tratterranno I'inchiostro e conferiranno al tratto quel suo
aspetto vellutato particolarmente riconoscibiìe e caratteristico dell'incisione a puntasecca, un alone nerastro e soffuso
che, in fase di stampa, appare accanto ai tratti incisi.
MANIERA NERA Questa tecnica, chiamata anche mezzatinta o incisione a fumo, consiste nell'annerire prima tutta
la superficie, liberando poi le mezzetinte e i bianchi. Con la maniera nera si possono ottenere tonalità ricche di
profonde sfumature. E' una tecnica che si è sviluppata in un'epoca in cui era in auge I'incisione di riproduzione, in
ragione delle possibilità pittoriche che il suo segno consentiva di ottenere. Per prima cosa si effettua la granìtura (uria
fitta trama di punti distribuiti casualmente) per mezzo di un apposito strumento chiamato bercesu in francese
o
rocker in inglese, una speciale mezzaluna d'acciaio con il taglio munito di minutissimi denti, inserita in un manico di
legno a forma di pera. Movendolo e ripetendo sempre lo stesso movimento sulla lastra, si ottiene una serie di piccoli
punti che devono coprire la superficie in modo talmente fitto di segni che, se venisse stampata, darebbe il nero
completo. La granitura della lastra si effettua generalmente incrociando regolarmente le linee secondo assi
perpendicolari e obliqui. Terminata la granitura, dopo avere, in genere, preventivamente unto d'olio la lastra si creano
le mezzetinte con I'ausilio di raschiatoi e brunitoi; cioè si agisce sulla lastra così lavorata con il "brunitoio" per chiudere
eventuali segni, schiacciando e rendendo liscia la lastra; ove si vuole diminuire I'inchiostrazione si raschia via la
granitura talune parti del metallo per impedire che I'inchiostro vi si trattenga al momento dell'inchiostrazione. Al
contrario dell'acquatinta, osservando con una lente una stampa incisa alla maniera nera, si possono vedere punti neri
circondati di bianco.
IL
PTINZONE E' una punta d'acciaio conica che viene battuta sulla lastra con cui si incidono segni di diverse
grandezze e profondità che, nell'insieme,
nitidezza, si usa asportare le "barbe".
in stampa, daranno varie tonalità. Anche per questa tecnica, ai fini della
rczzefri di opere d'arte e raramente usata come tecnica
ACQUAFORTE L'acquaforle, spesso utilizzata solo per c
espressiva fu privilegiata da alcuni grandi maestri quali Goya, Dùrer o Rembrandt, unici nel trarre dall'acquaforte
vere e proprie opere d'arte, ha preso il nome dal nome antico dell'acido nitrico. Su di una lastra generalmente di rame
o di zinco viene spalmata, una vernice grassa. Una volta asciugata, si esegue il disegno con punte più o meno sottili,
con le quali si intacca la vernice. A disegno ultimato, si immerge la lastra in un bagno di acido nitrico che "morde",
ossia, corrode, il metallo soltanto nelle zone in cui la vernice è stata tolta dalla punta, mentre il resto della lastra
rimane intatto. Si prowede quindi a rimuovere la vernice rimasta sulla lastra e ad inchiostrare quest'ultima. Pulendo la
Iastra, si sarà rimosso I'inchiostro superficiale, ma non quello depositato negli incavi ottenuti dalla morsura dell'acido,
che sarà trasferito sotto la pressione di un torchio sulla carta.
ACQUATINTA Verso la fine del XVIII secolo Goya ha fatto largo uso dell'acquatinta, mostrandosi superbo interprete
delle potenzialità espressive di questa tecnica e originando stampe dove le superfici sono trattate esclusivamente con
questa tecnica. Una lastra incisa all'acquatinta mostra sul foglio una retinatura particolare e inconfondibile, costituita
da un alternarsi omogeneo, ma casuale, di punti irregolari. L'acquatinta si distingue infatti per i suoi effetti di "grana".
Per ottenere la grana, la matrice viene ricoperta con sostanze cristalline (per lo più polveri grasse e cerose come la
colofonia - di origine vegetale - o il bitume di Giudea - di origine minerale I distribuite in modo omogeneo sulla parte
interessata della lastra. In seguito la matrice viene scaldata per favorirne I'adesione, la polvere infatti fonde e aderisce
alla superficie proteggendola in modo puntiforme. Con un pennello e della vernice coprente si lavorano le parti che si
vogliono lasciare bianche alla stampa e si immerge poi la lastra irell'acido. Questo penetrerà solo tra una particella e
I'altra della copertura puntiforme provocando una la granitura, che per essere omogenea deve avere una distribuzione
uniforme della polvere.
CERA MOLLE La ceramolle si è diffusa molto nel Settecento in ragione degli effetti pittorici che era in grado di dare.
Si usa quando si desiderano ottenere segni particolarmente sfumati morbidi e sgranati, simili a quelli lasciati da una
matita o da un carboncino su di una carta ruvida. Per ottenere questi effetti si usa coprire la lastra con un impasto
speciale, (una particolare cera che viene fatta sciogliere a bagnomaria con aggiunta di sego e la polvere di bitume).
Terminata I'inceratura e lasciata raffreddare la lastra si appìica un foglio di carta velina, facendo in modo che la parte
ruvida di questa carta sia a contatto con la cera. A questo punto, utilizzando una matita di media durezza, si disegna
sulìa parte lucida della carta velina., su cui I'artista lavora disegnando liberamente con una matita. Terminata I'opera,
il foglio viene sollevato, con molta delicatezza e il suo distacco dalla lastra comporta I'asportazione anche del suddetto
impasto in corrispondenza dei segni tracciati, dove la vernice rimane attaccata al foglio. Seguono quindi i soliti
procedimenti delle altre tecniche calcografiche, con I'accortezza di usare acidi deboli nella morsura, data la delicatezza
dello strato protettivo.. I tipi di segno di questa tecnica sono: uno granuloso, che imita quello ordinariamente lrlsciato
da una matita; - uno più morbido e pastoso, che richiama lo sfumato che si può ottenere con un pastello.
La
stampa di una matrice calcografica si divide in tre fasi: inchiostratura, pulitura, stampa
al torchio e tutte e tre
vengono ripetute ad ogni copia.
L'inchiostraturc consiste nel far penetrare bene I'inchiostro nei segni incisi, a questo scopo si usa un inchiostro molto
fluido distribuito abbondantemente, con una piccola spatola, su tutta la lastra, cercando di farlo penetrare in tutti i
segni incisi.
La pulitura consiste nel pulire tutta la superficie della lastra, senza però togliere I'inchiostro dai segni incisi. Lo
stampatore usa garze, fogli di carta velina ed anche il palmo della niano. A seconda del risultato che si vuole ottenere si
possono lasciare zone leggermente velate o pulire la superficie della lastra finché non risulta lucida.
Infine la stampa viene effettuata con un apposito torchio detto appunto "calcografico". La lastra viene collocata sul
piano del torchio e le viene sowapposto il foglio di carta umido e quindi un feltro di ammorbidimento. Il tutto viene
fatto passare fra due cilindri in pressione tra loro che spingono la carta a raccogliere l'inchiostro dentro i segni incisi.
Le carte usate in calcografia, per riuscire, a raccogliere sotto pressione I'inchiostro dentro a segni (anche se
sottilissimi), sono spesso ancora costituite da stracci di cotone e fatte a mano ed inumidite prima della stampa in modo
da farne gonfiare le fibre che così raccoglieranno meglio I'inchiostro dall'incavo dei segni. Devono essere piuttosto
spesse, contenere pochissima colla, e al tempo stesso resistenti per reggere senza strappi alìa pressione del torchio.