Giustizia e Libertà

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Giustizia e Libertà
Anno 7 - n° 239
W W W. G I U S T I Z I A - e - L I B E RTA . C O M
18 febbraio 2008
G iustizia e L ibertà
Distribuzione telematica
Memento
di Gaio Gracco
(a pagina 2 - 3)
Un sogno ...
di Tarcisio Teofilatto
(a pagina 3 - 4)
Walter il Cavaliere..
di Eugenio Scalfari
(a pagina 5 - 7)
… a G. Ferrara
di Maurizio Lichter
(a pagina 7)
… i dirigenti ...
di Tito Boeri e Vincenzo Galasso
(a pagina 8 - 9)
Elezioni e ...
di Ferdinand
(a pagina 10 - 11)
Rilanciamo l’etica
(a pagina 12 - 13)
Un programma...
di AntonioDi Pietro
(a pagina 13)
I due leader
da La Repubblica
(a pagina 14 - 16)
Un “motto …
di Beppe Severgnini
(a pagina 16)
Clemente ...
Masaniello
(a pagina 17)
Cambiamento ...
di Sergio Romano
(a pagina 17)
Il nuovo Inno
di Elisa Muschella, a.o.
(a pagina 18 - 19)
Almeno 1000 €
di A. Sa..
(a pagina 19 - 21)
D’Alema attacca
da L’Unità
(a pagina 26 - 28)
RAI e censura
di Aldo Antonelli
(a pagina 22 - 24)
Silvio vince …
di Michele Serra
(a pagina 25)
Carta Canta
di Marco Travaglio
(a pagina 26 - 27)
Stampa Estera
di CaLmBig
(a pagina 28 - 30)
ULTIM’ORA
di AA. VV.
(a pagina 31 - 40)
Periodico Politico Indipendente
Copia gratuita
La nuova proposta
di Walter Veltroni
di Alessandro Menchinelli
Attenzione !
La nuova proposta di
Walter Veltroni non tende ad annullare per niente il percorso che è stato
battuto dal governoProdi
nei venti mesi del suo cammino.
Lo precisa bene lo stesso Veltroni,
e non per una formalità di buoni
rapporti, quando avanza alcune linee programmatiche che potrebbero
apparire
Un rovesciamento di linea. “Giù le
tasse e sù i salari” sono cose che
oggi si possono fare, ma solo perché si è conclusa con pieno successo la prima fase programmatica del
Governo Prodi.
Senza la sistemazione dei disastrosi
conti pubblici lasciati dal governo
Berluscono, come del resto ci era
richiesto dall’Unione Europea, senza i successi della lotta all’evasione
fiscale e di conseguenza senza la
potenzialità di bilancio oggi riscontrabili, non sarebbe possibile prospettare quel “giù le tasse e sù i
salari”.
Quel “si può fare” di Walter Veltroni è concepito perciò come la pro
secuzione di un “già fatto” di Romano Prodi e non come un rovesciamento di percorso.
Certamente la prosecuzione di un
percorso si svolge sempre su strade
e scenari nuovi e non è mai sulla
ripetizione di strade e scenari precedentemente conosciuti.
Ed è proprio qui, di fronte a questo
snodo verso la novità, che qualcuno
perde il senso dell’orientamento e
si lascia andare a recriminazioni e
smarrimenti.
Che senso ha, di fronte alle novità necessarie, la richiesta di non
cambiare niente ?
Che senso ha bloccarsi su un passato superato e rifiutarsi di progettare
il futuro ?
Che senso ha proporre con intransigenza di far ripetere il cammino a
combinazioni che hanno dimostrato
di non essere più in grado di camminare ?
Non è meglio pensare a combinazioni nuove ?
Sappiamo quali siano, a questo pun
to, le riserve che vengono utilizzate
contro le proposte di nuove combinazioni: non si vedono le incrostazioni dei propri comportamenti e si
denunciano inesistenti ricorsi a protagonisti nuovi individuati in campi
opposti. E si parla di perciò di
“inciuci” e persino di tradimenti.
Tutto ciò è palesemente il contrario
della verità, ma basta per bloccare
tutto sullo scenario del passato.
Ed a questa insostenibile situazione
che intende por rimedio l’iniziativa
di Walter Veltroni per conto del Partito Democratico.
1) Il voler affrontare da soli le elezioni che si impongono per la crisi delle combinazioni della vecchia coalizione del centro sinistra, non vuole rappresentare una
scelta di isolamento, o peggio an(Continua a pagina 2)
da l’Unità, 2008.02.09
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Memento
di Gaio Gracco
Alcuni, forse molte, * La legge Gasparri, che permette
Ferrovie, Musei, ecc.).
tante persone sostena Publitalia di agire senza limiti
gono che il Governo
nel campo della raccolta pubbli- * L'anti-europeismo, in parte per
sottrarsi a multe e leggi scomoProdi "non ha fatto
citaria.
de, in parte per soddisfare le esiniente" in questi due * Gli attacchi alla Magistratura:
genze autonomiste dei leghisti
anni. Opinione forse
ingiurie, calunnie, leggi fatte ap(quelli che, pur essendo ministri
comune ma, ad essere
posta per ostacolare il lavoro dei
o parlamentari italiani, si pulirealistici, discutibile.
giudici; legge Castelli di riforma
rebbero il “c…” col Tricolore,
E se intanto provassimo a ricordadell'ordinamento giudiziario. Il
parole
di Bossi; quelli che vorre cosa ha fatto il Governo Berprogetto di togliere ai giudici il
rebbero
tornare alla Lira, e la
lusconi ? Meglio non dimenticare.
potere di ordinare intercettazioni
vorrebbero
agganciare al $, proSecondo i malevoli le uniche cose
telefoniche.
posta
di
Maroni).
buone che ha fatto sono il divieto
* Leggi a sostegno di soggetti sot- * I tagli di fondi destinati agli Enti
di fumo e la patente a punti.
to processo (fra cui se stesso):
Ma non è così. Ecco un breve rieLocali, all'Università, alla ricerca
depenalizzazione del
pilogo di tante altre leggi e provreato di falso in bilanvedimenti messi a punto da Silvio:
cio, depenalizzazione "Malgrado l'incubo aritmetico al senato,
del reato di bancarotta il governo Prodi si è comportato in manie* L'abolizione dell'imposta sulle
fraudolenta, inefficacia ra sorprendentemente buona durante i su
successioni dei grandi patrimoni,
delle rogatorie interna- oi 20 mesi.
fra cui il suo.
zionali, sanatoria per il
* La progressiva massificazione di
rientro dei capitali L'evasione fiscale è stata drasticamente
tutta l'informazione televisiva,
sporchi
dall'estero, ridotta, e un deficit di bilancio pari al 4,per metà di sua proprietà per memaggiori possibilità di 4% del PIL lasciatogli dal precedente gotà pubblica, di fatto asservita ai
patteggiamento, accor- verno Berlusconi è stato tagliato a circa il
suoi orientamenti.
In sostanza
ciamento dei tem pi di 2%.
il controllo dell'informazione
prescrizione di vari
(politico sulla RAI, proprietario
reati, possibilità di Il trend ascendente del debito pubblico è
su Mediaset e Mondadori).
spostamento dei pro- stato invertito.
cessi per legittimo so- Benché la crescita sia stata fiacca, la dispetto, inappellabilità soccupazione è al livello più basso degli
La nuova proposta ...
(da parte dell'accusa) ultimi 15 anni, sotto l'8%.
delle sentenze assolu(Continua da pagina 1)
torie in 1° grado (leg- Benché Berlusconi abbia portato un bencora un favore agli avversage Pecorella).
venuto grado di stabilità restando in cariri, ma la esigenza di selezioca per l'intera legislatura, quello è stato
*
La
retroattività
come
nare combinazioni diverse e
condizione normale l'unico risultato conseguito.
funzionanti fra chi vuole
nell'applicazione di Il suo governo non riuscì a realizzare alcontrapporre al centro detali leggi.
cuna rilevante riforma economica e perstra, per esempio quello
mise al le finanze pubbliche di deteriorar*
La
precarizzazione
berlusconiano, con realistidel
mercato
del
lavoro
si gravemente.
che soluzioni di progresso
(legge 30, legge 848). La sua agenda fu dominata dai suoi inteper i problemi del paese e di
tutti i cittadini.
* Il tentativo di aboli- ressi personali e sfruttò il controllo del
zione dell'art. 18 dello suo impero mediatico.
2) E’ chiaro che tutto ciò deStatuto dei Lavoratori Il suo comportamento erratico gli alienò
ve presupporre che nessuno
(che protegge i dipen- la maggior parte dei partner europei"
possa pretendere la in condenti dal licenziamentaminazione delle proprie
to senza giusta causa). "Financial Times", 23 gennaio 2008
convinzioni ideologiche o
peggio ancora degli spazi * La legge di riforma delle pen- scientifica, alla Scuola Pubblica,
sioni (06-10-2004): trasferimenritenuti di riservato domima non alle scuole private, into del TFR (ex liquidazione) ai
nio. Ed è chiaro che la percentivate anzi in vari modi
Fondi pensione, con il meccani(buoni scuola, esenzione pagasistenza di tali pretese costismo del silenzio/assenso.
mento ICI al clero).
tuirebbero un ostacolo a
qualunque combinazione * I condoni sull'abusivismo edili- * L'aumento del debito pubblico,
funzionante e non farebbe
zio e sull'evasione fiscale.
passato dai 1.340 miliardi di eualtro che favorire, quello sì, * La vendita di parte del patrimo- ro dell'ottobre 2001 ai 1.545 miliardi del gennaio 2006. L'Italia,
il disegno della conservanio statale (spiaggie, caserme,
con il suo debito pubblico pari al
zione.
palazzi, strade) e le previsioni di
Alessandro Menchinelli
privatizzazione di vari apparati
pubblici (ENEL, Poste, RAI,
106,4 % del PIL (prodotto inter-
(Continua a pagina 3)
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Un sogno o … un incubo ?
di Tarcisio Teofilatto
Si è constatato che ormai la maggioranza di “centro sinistra” era
posseduta da un dinamismo incontrollato: per cui è esplosa.
Come capita in fisica, in un sistema complesso in quasi equilibrio
può bastare una piccola immissione o sottrazione di energia, per
farlo andare nel caos, dissolversi:
come insegna il caso dei piccoli
“negozi” avvenuti nella area di
Benevento e le loro imprevedibili
e gravi conseguenze per tutti gli
italiani, alle prese con incombenti
problemi planetari (che si cerca di
dimenticare).
C’è da tenere presente che di tali
“negozi” è piena tutta la regione
Campania: questi “negozi” pro-
Memento
(Continua da pagina 2)
no lordo) e il deficit 2005 pari al 4,1 % del PIL, è costantemente sotto osservazione da parte delle istituzioni comunitarie.
* una legge, confezionatagli su misura per non stargli troppo stretta,
dal solerte Frattini formalmente volta a risolvere il conflitto d’interessi. In sostanza una trovata giuridica pubblicitaria da utilizzare
per poter respingere le accuse, dall’Italia e dall’estero, sul plateale e
incredibile conflitto tra la miriade d’interessi personali del Cavaliere
d’Arcore e quelli del paese che governava. E di fatto, grazie a detta
legge, il summenzionato non ha dovuto rinunciare a nulla.
* L'indifferenza verso il fenomeno mafioso, che ha spinto un ministro
(Pietro Lunardi, agosto 2001) ad affermare che "con la mafia dovremo conviverci".
* Il progetto di depotenziamento della legge Rognoni-La Torre (che
permette la confisca dei beni mafiosi).
* La proposta di abolizione del reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
* Il progetto di costruzione di un grandioso e inutile ponte sullo Stretto di Messina, opera che assorbirebbe i fondi destinati ad un utile
modernizzazione della rete ferroviaria del meridione.
* La rivalutazione morale dei repubblichini di Salò e del fascismo in
generale.
* Il tentativo di Berlusconi di porsi al di fuori e al di sopra della legge,
totalmente e per tutta la durata del mandato governativo (Lodo Schifani, giugno 2003).
* L'equiparazione giuridica fra spacciatore di droga e consumatore; la
droga più tollerata è naturalmente la cocaina.
* L'accanimento repressivo contro tutti i migranti in quanto tali, onesti
o delinquenti che siano (spesso controproducente visto che nelle fabbriche la loro presenza è importante).
* La diminuzione delle limitazioni all'esportazione di armi da guerra
(il che toglie la possibilità di sapere dove le armi vadano poi a finire).
* Il mancato controllo degli aumenti dei prezzi all'entrata in vigore dell'euro, per favorire le categorie a lui più vicine (commercianti, speculatori, ecc.).
* Il tentativo di stravolgimento della Costituzione repubblicana del
1947 per arrivare all'unificazione delle cariche di Capo del Governo
e Presidente della Repubblica. (Il potere e il dominio sono ciò a cui
Berlusk. nel suo delirio di onnipotenza, ha sempre mirato.)
* Una riforma del sistema elettorale studiata a proprio vantaggio
(dicembre 2005), per minimizzare gli effetti di una prevedibile sconfitta alle politiche del 2006.
Chiedo venia se mi è sfuggito qualcosa...
Gaio Gracco
ducono “spazzatura” economica,
di disagi, etica, che si materializza
infine in termini fisici: diviene
vera spazzatura destinata ineluttabilmente a sommergere le campagne e le città campane in una orgia
di strilli, proclami, incongruenze,
improvvisazioni, grandi ruberie,
viltà: una totale montante asocialità.
E nel sogno, o incubo, si è approssimato il ritorno della “destra
trionfante”.
Ho sognato che il Cavaliere si
appresti già ad assumere il ruolo
di “timoniere” e già definisca
cosa fare nei prossimi 100 giorni
del suo rinato “governo”…
Tra poco si avrà la possibilità di
stupirsi per le innovazioni e le soluzioni che verranno proposte e
delle quali nessuno ha premonizione ……...
Tutto si affronterà con spirito innovativo, immaginazione creativa.
Si potrà partire con l’affrontare il
problema della Giustizia.
Giustizia troppo lenta, troppo intenta a perseguire “strategie di
antipolitica”, troppo costosa: occorre metterci mano veramente:
dare un indirizzo generale (ideando una opportuna “politica della Giustizia”), definire priorità del
cosa fare in modo globale, tenendo conto che le “richieste” (le
cause, i delitti, le irregolarità presenti e/o pendenti) sono in numero troppo superiore alle possibilità
che l’apparato giudiziario è in grado di affrontare e dare rapide e
giuste soluzioni.
Forse la soluzione di suddividere
le carriere fra Accusa e Giustizia
vera e propria sarà il primo passo,
ed i successivi potranno essere:
• un diverso confine fra lecito ed
illecito, in modo di ridurre i
“delitti”;
• la liberalizzazione dell’ufficio di
accusa, demandandolo al privato
(avvocati che assumano temporaneamente l’accusa e siano pagati a
causa completata dalla parte soccombente);
• budget dei costi e tempi invalicabili (come si fa in qualunque Azienda
privata) in modo di velocizzare
l’iter giudiziario e ridurne le spese:
prove evidenti, altrimenti si usi il
(Continua a pagina 4)
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Un sogno o … un incubo ?
criterio del diritto romano “in dubbio pro reo”;
• aumenti di merito del personale
giudiziario, concorsi per essere pro
mossi alle posizioni superiori (per
fare “carriera”), “relocation” dei
giudici che non soddisfino agli indirizzi generali, non risultino promossi nei concorsi interni, abbiano produttività minori, gestiscano processi
costosi, …
• ricostruzione delle prigioni insufficienti e in stato deplorevole. Si formuli e si realizzi un piano infrastrutturale per il “sistema delle detenzioni”, costruendo fabbricati di
qualità da realizzare in tempi brevi.
Occorre rendere possibile, nel
“sistema delle detenzioni”, un livello di vita civile (albergo di tre
stelle), all’interno scuole, biblioteche, sale riunioni, botteghe artigianali, piccole fabbriche. Fare in modo che il “sistema di detenzione”
divenga una opportunità sociale e in
grado di offrire prodotti concorrenziali sul mercato complementando
le attività della Industria (delle iniziative industriali esterne al circuito
penitenziario).
La costruzione di un innovativo
“sistema di detenzione” è chiaramente fuori delle possibilità e delle risorse disponibili dell’attuale
conduzione governativa, spendacciona e ostile a chi vuole innovare.
Ma la iniziativa privata può surrogare l’attività pubblica, curando
progettazione, costruzione, collaudo e messa in servizio del sistema
di detenzione in tempi brevi, autofinanziandosi ed avendo a disposizione personale a basso costo utilizzando una parte degli attuali detenuti che immessi in cantieri
scuola (retribuiti con le paghe previste per i tirocini operai) potranno
coprire una parte importante delle
attività, riducendo i costi e/o preparandosi a svolgere attività industriali previste all’interno del
sistema detentivo per ripianare le
spese sostenute dalla iniziativa privata .
Tutto ciò infatti richiede grandi
risorse finanziarie, capacità di ideazione e di sviluppo industriale
che dovranno essere sostenuto da
un piano di durata non inferiore a
12-15 anni.
Chi pensi che questa proposta innovativa sia un modo per reintrodurre il lavoro forzoso è certamente in malafede. D’altronde anche la
Repubblica Veneta utilizzava i galeotti per muovere la sua invincibi-
le flotta; qui si tratta di rendere
civile, produttivo
un ambiente
terribilmente declassato,
Altre grandi innovazioni si potranno intravedere con il nuovo “vento
della libertà” per esempio risolvendo il problema della burocrazia.
Tutti sanno quanto sia complesso,
gravido di funzioni, fittamente occupato da personale senza alcuna
vera responsabilità l’apparato statale e le sue articolazioni regionali,
provinciali, comunali: una soffocante rete di regole, pareri, competenze, autorità in conflitto,… che
in effetti strangola il Paese e mortifica la libera Imprenditoria. Basta
sono ricche, possono autofinanziarsi (“project financing”) e
quindi vanno date loro in concessione le opere eseguite per il
periodo sufficiente per far pagare
i canoni agli Utenti ed essere
rimborsate (con il necessario utile aziendale) in un tempo ragionevole (12-15 anni).
Si avrà così meno burocrazia, più
attività produttive, minori esigenze di soldi pubblici: meno tasse.
Infine il problema delle Tasse:
alcuni servizi (pochi e di buon
livello) debbono certamente rimanere a livello pubblico, consentendo però alla Imprenditoria
privata di surrogare le strutture
pubbliche a prezzi concorrenziali
(a titolo di esempio AielliCuffaro e le decisioni sul Prontuario Sanitario Regionale).
Ma attività pubblica significa
Tasse.
Ora vessare chi produce deve
essere proibito, perché il risultato
è sia l’attività in nero sia la delocazione delle attività, con riduzione dei posti di lavoro in Italia.
che in questa rete infinita ci sia
(per le ragioni più diverse e talvolta innominabili) un solo “NO” e
non si fa più nulla.
Occorre una “grande semplificazione”, si dovrà pensare ad una
riduzione drastica (meglio: una
decimazione ?) delle Leggi vigenti, trasformandole in “indirizzi di
attività” a cui si associno premi.
Una grande novità potrà venire da
trasformare il “sistema stato” in
una “azienda produttiva” o meglio una “holding di aziende produttive”.
D’altronde il vero indirizzo normativo è ormai dato solo a livello
europeo, basta recepire le norme
(semplificandole nel modo sopra
indicato).
Meglio potrà essere una
“politica premiale”: chi guadagna di più paga di meno (in %).
Questo spingerà ogni cittadino
italiano a divenire “imprenditore” (le famose Partite IVA) e
cercare di guadagnare di più: più
entrate per il Fisco e meno peso
% delle tasse.
E’ così semplice eppure non ci
aveva ancora pensato alcun statista”; ma il Cavaliere ci penserà
creando una “politica premiale
delle tasse” che annulli quelle
oltre un certo livello (per esempio sopra i 500,000/€ anno), dia
sovvenzioni a chi guadagni più
di 1 mili one/€ anno e faccia crescere -di poco- i tassi percentuali
per i redditi inferiori.
Si otterranno due grandi vantaggi: le persone che hanno redditi
bassi (che sono tantissime) paLa “burocrazia” va oltrepassata gheranno un po’ di più, mentre si
inoltre a livello operativo, conce- creerà una tendenza a “meno
dendo alle Grandi Aziende (o ad tasse se guadagni di più” che
associazioni di Imprese) di realiz- potrà sia aumentare i posti di lazare quelle infrastrutture di cui il voro che la velocità di circolaziopaese ha bisogno, a cominciare dal ne monetaria: la “ricchezza”.
Ponte sullo Stretto, facendo in modo che non siano più possibili Mi sono svegliato: era un so“cavilli retroattivi” che impedi- gno o un incubo ?
scano alle opere di realizzarsi spe- … noi speriamo che ce la
ditamente.
Le Grandi Aziende sono in grado “caviamo” ….
di progettare, eseguire, gestire; Tarcisio Teofilatto
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Walter, il Cavaliere e l’Italia al bivio
di Eugenio Scalfari (La Repubblica, 17.02.2008)
Mancano 56 giorni da oggi al 13 aprile, quando gli
elettori andranno a deporre il loro voto nelle urne. Nei paesi democratici
quello è un momento importante: il popolo esprime la propria sovranità,
sceglie chi dovrà guidarlo, gli delega la sua rappresentanza, gli affida per
qualche tempo il suo destino.
In tempi di ideologie
dominanti
e
totalizzanti le elezioni non
producevano
grandi
cambiamenti, i con
fini tra le parti politiche e rano netti, i
flussi elettorali tra un
partito e l'altro impercettibili, ma nonostante questa stabilità
di superficie la società
era in perenne cambiamento. Così nei
primi vent'anni della
Repubblica scompar
ve la società contadina
e prese corpo quella
industriale;
nei
secondi
vent'anni
emerse
la
consapevolezza dei diritti
civili; nella terza fase
avvennero fenomeni
regressivi: prevalsero
gli
inte ressi
di
corporazione e di
clientela, le forze politiche si chiusero in se
stes se perdendo la
capacità
di
rappresentanza, la corruttela pubblica diventò
sistema, le istituzioni
furono occupate dai
partiti, l'esercizio della
democrazia
fu
deturpato e svuo tato
dei suoi contenuti,
sentimenti antipolitici
latenti emersero impetuosamente, specie tra le
generazioni più giovani.
Ora siamo arrivati al capolinea e forse sta per cominciare un'altra storia.
Dico forse perché pesano
ancora i gravami del
recente passato di declino
e di regressione. Ma qual-
che cosa di nuovo si intra
vede ed è questo che sta
dando il tono alla campagna elettorale appena iniziata. Cinquantasei giorni
per capire da che parte sti
amo andando e per decidere come ci comporteremo in quel breve ma deci
sivo momento della nostra sovranità popolare.
Ci sono due slogan o meglio due immagini lanciate dai due candidati
principali ai nastri di partenza della gara.
Quello di Berlusconi è:
"Alzati Italia", e quello
di Veltroni: "L'Italia è
in piedi ma la politica si
deve alzare".
Sembrano abbastanza
simili, invece sono pro-
fondamente diversi.
Berlusconi chiede che gli
italiani si alzino fino a
lui, lo raggiungano e seguano il suo sogno e il
suo carisma nel mondo
dei miracoli, come avven
ne nel '94, nel 2001, nel
2006 quando mancò per
un soffio l'obiettivo.
Veltroni pensa invece
immagini ci sono due
diversissimi approcci.
Berlusconi propone il
ritorno al già visto,
Veltroni vuole che tutto
cambi nei programmi e
nelle persone. Cambia il
candidato
"premier",
cambiano i suoi più
diretti
collaboratori,
cambiano i candidati al
P a r l a m e n t o .
Berlusconi ripresenta
tutti i parlamentari
uscenti, Veltroni ne
lascia a terra la metà
ed apre la porta alle
donne, ai giovani,
agli
imprenditori,
agli operai, a volti
nuovi e sconosciuti.
Il partito di Berlusconi è quello di sempre,
il partito di Fini
allinea i soliti Gasparri,
La Russa, Alemanno,
Matteoli.
Il partito di Veltroni
è nato dalle primarie
di pochi mesi fa, dal
voto di tre milioni e
mezzo di persone e
gli iscritti hanno già
superato il milione in
appena un mese dall'apertura
dei
"circoli",
un
fenomeno mai visto
prima.
Berlusconi ha dalla
sua i sondaggi con
uno scarto del 10 per
cento, ma il recupero
del Pd procede con
una velocità notevole. Da quando ha
deciso di presentarsi
da
solo
ha
guadagnato
due
punti.
Gli ultimi sondaggi lo
danno entro una forchetta
tra il 33 e il 35 per cento
dei consensi; l'alleanza
con Di Pietro potrebbe
portare quella forchetta al
37-39.
che gli italiani siano più
avanti dei politici e che
spetti a questi di rinnovarsi, rompere il muro
dietro il quale si sono
rinserrati, abbandonare i
privilegi che difendono la
loro separatezza e raggiungano il Paese che a- Silvio Berlusconi
nela soltanto a rimettersi Il bacino potenziale dei
in movimento.
due maggiori contendenti
Dietro queste due diverse
(Continua a pagina 6)
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INTERNI
Giustizia e Libertà
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Il patto democratico tra operai e borghesia
(Continua da pagina 5)
copre il 90 per cento dei
consensi.
Il restante 10 per cento
dovrebbe andare alla sinistra radicale ed altri
raggruppamenti minori.
Ma in quel 90 per cento
di potenziali elettori dei
due partiti principali, qua
si il 12 sta ancora sulla
linea di confine, è disponibile a votare sia l'uno
che l'altro e non ha ancora deciso tra i due.
L'esito finale sta tutto lì,
in quel 12 per cento anco
ra combattuto tra l'astensione o il voto per l'uno o
l'altro dei contendenti.
Quattro milioni, in gran
parte giovani e donne, il
cui voto determinerà l'esito della gara.
Questo è lo stato della
situazione ai blocchi di
partenza.
***
Fuori dal recinto di gioco
infuria nel mondo una
tempesta economica di
notevole gravità. Calano
le Borse, rallenta la produzione e la domanda, la
liquidità ristagna nei
depositi e in impieghi a
breve durata e si restringono i prestiti e i mutui. I prezzi aumentano
falcidiando i redditi reali,
specie quelli dei pensionati e dei lavoratori
dipendenti, per conseguenza sale il livello
dell'inflazione, soprattutto per quanto riguarda
le materie prime e le derrate della catena alimentare.
Il 2008 sarà un anno difficile per l'economia mon
diale, per l'Europa e per
noi. Bisognerà preservare
il discreto andamento dei
conti
pubblici
ma
contemporaneamente
adottare
coraggiose
misure di rifinanziamento
della domanda e degli
investimenti trovando il
giusto equilibrio tra i due
pedali del freno e dell'acceleratore.
Giulio Tremonti è diventato strenuo sostenitore d'un governo di lar-
ghe intese, chiunque sia
il vincitore della competizione elettorale.
Secondo lui una politica
economica così difficile
non può esser intrapresa
se non con la condivisione delle responsabilità da
parte dei due partiti maggiori. Il personaggio non
è tra i più gradevoli e por
ta sulle spalle un pesante
carico di errori precedentemente compiuti, ma
la sua visione del futuro
è purtroppo realistica.
Non altrettanto la terapia
da lui proposta.
***
C'è un altro tema che
sovrasta la competizione
elettorale ed è quello della laicità.
È cosa saggia evitarne le
asprezze e respingere le
provocazioni miranti a
farne uno strumento incendiario con l'intento di
in ferocire il confronto.
Se fosse soltanto questo,
sarebbe facile disinnesca
re le bombe-carta della
moratoria anti-aborto e
procedere oltre misurandosi con argomenti e pro
blemi di ben maggior
Egli è sicuro che la vit- peso.
toria arriderà alla sua Purtroppo c'è dell'altro.
parte; il suo appello alla
condivisione del potere
sconta un futuro di Le iniziative provocadifficoltà
che
una torie fungono da avanalleanza di gover no guardia ad una "recondiluirebbe.
quista" condotta dalla ge
L'ordine delle priorità e rarchia ecclesiastica "vela distribuzione dei cari- rsus" le istituzioni per
chi trova tuttavia discordi condizionarne il funziona
i due partiti contrapposti, mento e la legislazione
sicché la gestione co- che ne ispira i compormune potrebbe risultare tamenti.
paralizzante
anziché
incisiva.
La gerarchia alterna
momenti di moderazione
Il tema è comunque pre- a momenti di intervento
maturo, specie se pro- diretto sul delicatissimo
posto da chi, volendo pro terreno della politica, det
fittare d'un vantaggio e- tando alleanze tra partiti,
lettorale, ha imposto il ri- c o m p o r t a m e n t i
dei
corso immediato alle ele- parlamentari cattolici,
zioni facendo perdere sentenze inappellabili
almeno quattro mesi pro- sulle questioni definite
prio nel momento più "indisponibili", lusindelicato della crisi eco- ghe e minacce spesso imnomica internazionale.
plicite ma in misura crescente pubblicamente eOrmai non c'è che da splicitate.
aspettare i risultati del
voto ma è giusto tenere Questo alternarsi di fasi
sott'occhio il tema della dipende spesso dal fatto
recessione. Una cosa si che a guidare sia il Sepuò dire fin d'ora: quel gretario di Stato, cardinal
tema ha sempre accresciu Bertone, o il Vicario di
to il ruolo che incombe al Roma, cardinal Ruini, il
la politica e alla mano primo in veste di diplopubblica; così è sempre matico, il secondo di
avvenuto in tutto il mon- guerriero delle armate
do in fasi analoghe del ci (spirituali naturalmente)
clo economico.
pontificie. Benedetto
Lo tengano ben presente XVI dal canto suo semi dirigenti del Partito de- bra lasciar mano libera al
mocratico che non a caso l'uno e all'altro anche se
hanno Franklin Delano nei documenti e nelle
Roosevelt nel pantheon dichiarazioni da lui diretdegli spiriti fondatori. tamente emanati appare
assai più vicino al dio de
gli eserciti che a quello
della misericordia.
Aldo Schiavone ha
efficacemente descritto
su
questo
giornale
quanto sta avvenendo
sotto i nostri occhi come
una sorta di "ondata
guelfa" che starebbe
rinascendo nel nostro
Paese.
Stefano Rodotà ha segnalato un'offensiva clericale in atto contro i diritti
civili, Francesco Merlo,
Edmondo Berselli e Natalia Aspesi sono intervenuti prendendo lo spun
to dal vergognoso episodio avvenuto giorni fa a
Napoli, con la polizia nel
le corsie ospedaliere e
una donna che aveva praticato un aborto terapeutico pienamente legale,
sotto interrogatorio mentre si era appena risvegliata dalla narcosi.
Le ragioni per preoccuparsi di questa deriva
clericale purtroppo ci
sono tutte.
Bisogna
certamente
guardarsi dal cadere nelle
trappole della provocazione ma al tempo stesso
non è sopportabile che la
Chiesa occupi un terreno
che non le è proprio e anzi le è esplicitamente vietato, nella politica, nelle
istituzioni e addirittura al
l'interno dei partiti.
Se il cardinal Ruini ha vo
glia di cimentarsi politicamente la strada è molto semplice e nessuno
gliela vieterà: lasci le sue
cariche ecclesiali e
concorra alle elezioni
con un proprio partito o
dentro un partito che lo
accolga.
Una soluzione del genere
avrebbe il pregio della
chiarezza, pregio che
dovrebbe essere prezioso
per un cattolico e per un
sacerdote.
***
Attendevamo da molti
giorni che finisse la
telenovela Berlusconi(Continua a pagina 7)
INTERNI
18 febbraio 2008
Giustizia e Libertà
7
Il patto democratico tra operai e borghesia
(Continua da pagina 6)
Casini, canticchiata dai
due protagonisti sui versetti di "Vengo anch'io?
No tu no. Ma perché?
Perché no".
Adesso si è conclusa:
andranno alle elezioni
separati.
Il Cavaliere ostenta calma
e disprezzo, si sente più
sicuro senza l'Udc in
casa. Fini se l'è mangiato
in un boccone, operazione facile perché i colonnelli di An erano già
tutti al suo servizio.
Con Casini era più difficile per via di Ruini.
L'Udc ha davanti a sé
una strada in salita.
Forse ha aspettato troppo, forse il buon momento sarebbe stato
quello scelto da Follini
quando si dimise da se-
gretario e se ne andò dal
partito.
Un anno fa tutto era diverso e molte cose sarebbero andate in altro modo, ma con i se e i forse
non si fa storia.
D'ora in avanti Casini
navigherà in mare aperto
e sarà la prima volta
nella sua vita.
Può darsi che gli piaccia.
Magari senza Mastella,
che sarà pure credente e
ruiniano come
non sembra un
appropriato al
mento della
italiana.
lui, ma
"asset"
rinnovapolitica
Eugenio Scalfari
La Repubblica
17 febbraio 2008
Lettera a Giuliano Ferrara
di Maurizio Lichtner (da [email protected])
Caro Giuliano Ferrara, mercoledì scorso ti ho visto, da Floris, e ho sentito quello che hai detto degli
anni '70.
Ti è stato chiesto: ma c'era solo il terrorismo, in quegli anni ?
E tu hai risposto, in sostanza, che sì, c'era solo il terrorismo, nel senso che c'era contrapposizione
ideologica, odio ideologico, e il terrorismo ne era la risultante.
Non c'è male, come ricostruzione storica.
Le stragi, per esempio, erano frutto di odio ideologico ?
La straordinaria esperienza dei Consigli di fabbrica, della democrazia sindacale, le conquiste dei
lavoratori in tema di diritti, salute, ambiente, dignità sociale, l'incontro tra esperienza operaia e
«sapere alto» (come l'esperienza delle 150 ore), tutto ciò aveva a che fare con l'odio ideologico ?
E quelle che si chiamavano lotte per la casa, per i servizi sociali, contro i doppi turni nelle scuole,
per il tempo pieno, che cos'erano ?
«Lotta» significava mobilitazione, impegno, presenza nel territorio.
E poi l'impegno negli organi collegiali della scuola, per una gestione più democratica, per l'apertura
della scuola al territorio, anche per il rinnovamento dei contenuti, ha costituito, nella sua prima fase, un'esperienza straordinaria di presa di coscienza, di partecipazione diretta, per moltissime persone.
Di che si trattava ? Certo, c'erano forti contrapposizioni, ma la prospettiva non era né la rivoluzione
né altro; c'era una prospettiva di democrazia più aperta, più partecipativa, e di una società un po'
più giusta, più egualitaria, prospettiva che poi non si è realizzata. Insomma, volevi dire che tutto
questo faceva parte della contrapposizione ideologica e dell'odio ideologico, cioè di quello stesso
clima che ha prodotto il terrorismo ?
Forse no, ma il tuo metodo è sempre quello: buttare lì quello che può funzionare sul piano della comunicazione, e giocare sulla confusione.
Del resto, cosa facevi a scuola ? Eravamo al liceo «Lucrezio Caro» a Roma, nell'anno scolastico
1969/70.
Tu facevi la terza liceo, io ero ai primi anni di insegnamento.
Quando entrai in classe il primo giorno mi trovai di fronte 10 studenti con il distintivo di Mao. Erano del gruppo «Servire il popolo». Pensavo che da loro avrei potuto avere contestazioni, perciò
concordai un programma di storia che li potesse interessare. Ma mi sbagliavo, durante l'anno questi
«maoisti» si rivelarono studenti modello, mentre le difficoltà vennero da te, che eri della Fgci, se
non sbaglio.
Tutto per te era occasione di disturbo, ti piaceva creare confusione, paralizzare l'attività didattica.
Avevi un amico del Fronte della Gioventù e vi divertivate a lanciare richiami da un capo all'altro
della classe: tu gridavi qualche slogan, e lui rispondeva «eia eia alalà». Ogni occasione era buona,
per te, per dichiarare «corteo interno» e far uscire gli studenti dalla aule.
Non hai mai studiato, per tutto l'anno, fidando su quel «capitale culturale» trasmessoti dalla famiglia.
Caro Giuliano, eri così, e anche se hai cambiato campo, idee, collocazione politica, in realtà non sei
cambiato.
La differenza è che allora tutto era ancora possibile.
Maurizio Lichtner
8
INTERNI
Giustizia e Libertà
18 febbraio 2008
Chi vuole cambiare
la classe dirigente ?
di Tito Boeri e Vincenzo Galasso (www. La Voce.info, 12.02.2008
Secondo i
sondaggi
ben il 58
per cento
degli italiani è insoddisfatto dei
rappresentanti politici.
E tutti a parole in questi
primi scampoli di campagna elettorale dicono
di voler cambiare.
Tre criteri per capire se
lo faranno sul serio: sono favorevoli a un sistema maggioritario a due
turni, a tenere primarie a
livello locale nella selezione dei candidati e a
estendere il diritto di voto ai sedicenni sia alla
Camera che al Senato?
Non c’è rigetto della politica in Italia.
C’è rigetto di questa
classe politica.
I sondaggi lo dicono
chiaramente: gli italiani
credono che la democrazia, che comporta mediazioni e ricerca di consenso, -e dunque richiede politica- sia il migliore sistema possibile.
Ma ben il 58 per cento
è insoddisfatto dei propri rappresentanti politici, il 15 per cento in più
di tre anni fa, secondo
un recente sondaggio di
Eurobarometro.
Gli italiani sono, aggiungeremo giustamente, stufi di essere rappresentati da persone che
non hanno potuto scegliere, e che non potranno cambiare. Probabilmente anche i cittadini
statunitensi sono stufi di
una classe politica che
ha lasciato loro in eredità la guerra in Iraq,
Guantanamo e Abu
Ghraib.
Non a caso, nelle pri-
marie statunitensi i
candidati fanno a gara
nel promettere di cambiare, come nelle canzoni di David Bowie.
Ma la differenza fondamentale fra gli Stati Uniti e il nostro paese è
che gli elettori americani, se non sono soddisfatti, possono scegliere
di punire i loro rappresentanti, di non rieleggerli. Nel nostro caso,
fra due mesi andremo a
votare sulla base di liste
bloccate.
Le scelte le avranno fatte altri: i segretari dei
partiti.
E così mentre i giornali
americani fanno il totocandidati interrogando
le persone, provando a
interpretare gli umori
dell’elettorato, i giornali
italiani cercano di decifrare i silenzi e le dichiarazioni dei segretari
di partito per carpirne i
segreti: a chi verrà dato
un posto in lista in un
collegio sicuro? Chi rimarrà fuori ?
In questi giorni continuiamo a ricevere lettere di cittadini che, disgustati, vogliono astenersi dal voto.
È comprensibile.
Ma non votare non serve a nulla. Bene semmai
premiare chi si impegna
a cambiare le regole in
base alle quali si scelgono i nostri rappresentanti.
Non è solo una questione di legge elettorale.
Vediamo tre regole che
possono davvero favorire il ricambio. Bene che
ora, prima del voto, i
vari schieramenti si pronuncino su queste regole.
Sapremo così se inten- M o l t o
dono davvero rinnovar- più attivi
si.
gli eletti
con
il
maggio1.
COLLEGI
UNINO- r i t a r i o
MINALI PER MAN- che col
DARE A CASA CHI proporzionale. È stato
così anche da noi.
HA FATTO MALE
Iniziamo dalla fine.
Alla scadenza del man- 2.
dato elettorale, agli elet- PRIMARIE A LItori deve essere data la VELLO LOCALE
possibilità di giudicare Ma da solo il maggiori-attraverso il voto- i lo- tario non risolve il proro rappresentati politici. blema di selezionare i
Deve essere possibile candidati prima di manmandare a casa chi non darli in Parlamento. Riha convinto. Oggi non è schia anzi di porre delle
così. In primo luogo forti barriere all’entrata
manca un legame diret- in politica, demandando
to tra elettore ed eletto. la selezione dei candiSi vota una lista di par- dati nei vari collegi unitito, non un candidato. nominali alle segreterie
E poi manca anche un di partito.
legame geografico tra L’uso delle primarie
eletto e circoscrizione. anche a livello locale
Con il proporzionale a per la determinazione
liste bloccate, il singolo dei candidati nei diversi
politico non ha degli collegi è dunque fondaelettori in una determi- mentale per aumentare
nata circoscrizione poli- il grado di competizione politica nella seletica a cui rispondere.
È il partito nel suo in- zione ex-ante dei candisieme a essere giudica- dati. Consentirebbe di
aprire la strada alla canto.
Non esiste una selezio- didatura di politici o
ne a posteriori, alla lu- amministratori che abce del loro operato, dei biano un buon record a
singoli politici, ma solo livello locale.
un giudizio sul partito
nel suo insieme. Il siste- 3.
ma maggioritario a col- DIRITTO DI VOTO
legi uninominali lega, AI SEDICENNI SIA
invece, il politico a una A L L A
CAMERA
circoscrizione geografi- CHE AL SENATO
camente limitata e con- Ma anche con buone
sente agli elettori di giu- regole elettorali e pridicarlo ex-post per la marie avremo cattivi
sua performance politi- rappresentanti fin quanca in Parlamento.
do gli italiani voteranno
E di penalizzarlo in ca- i partiti prima delle perso sia stata giudicata sone.
insoddisfacente.
C’è una parte dell’eletPer questo la qualità torato che oggi è meno
dell’operato dei politici ideologizzata, anche
migliora con un sistema perché ha avuto meno
(Continua a pagina 9)
maggioritario.
INTERNI
18 febbraio 2008
Giustizia e Libertà
9
Chi vuole cambiare la classe dirigente ?
(Continua da pagina 8)
tempo per schierarsi.
Si tratta dei giovani.
I sondaggi mostrano che
sono proprio i più giovani a essere indecisi su
chi votare.
Nel 2006, fino a poche
settimane prima del voto
un giovane di età inferiore ai 24 anni su tre
non sapeva per chi votare, contro, ad esempio,
uno su sei nel caso degli
elettori tra i 55 e i 64
anni.
Non è un’incertezza dovuta al disinteressamento per la politica.
Al contrario, i giovani
sono il gruppo di età in
cui ci sono meno “non
so” in risposta a quesiti
sull’operato del governo.
E la partecipazione al
voto tra i giovani è particolarmente alta in Italia rispetto ad altri paesi.
Dando più peso politico
ai giovani ci sarà dunque più attenzione nella
scelta dei candidati con
l’effetto non secondario
di rimettere le problematiche giovanili al
centro del dibattito politico italiano.
tramite il maggioritario e il 25 per cento
con il proporzionale),
fossero stati chiamati a
votare per il Senato anche i diciottenni, il loro
voto avrebbe potuto
cambiare l’orientamento
politico in ben 17 regioni su 20: tutte, ad eccezione di Emilia Romagna, Toscana e Val d’Aosta.
Da allora il numero di
giovani tra il 18 ed i 24
anni è diminuito di oltre il 10% !
sedicenni.
Ma come dare più peso
politico ai giovani ?
Se nel 2001, con il sistema misto Mattarellum (con il 75 per cento dei seggi assegnati
Come mostra la tabella
qui sotto, oggi per attribuire un ruolo decisivo
al voto dei giovani bisogna estendere il voto ai
Tito Boeri e
Vincenzo Galasso
www. La Voce.info,
12.02.2008
Scarto voti
Senato 2001
Trentino A.A.
Veneto
Friuli
Emilia Romagna
5.596
310.869
68.732
445.051
votanti di
di 18-24 anni
nel 2008
71144
305308
68717
236529
Piemonte
Valle d'Aosta
Liguria
Lombardia
Marche
Toscana
Umbria
Lazio
Campania
Abruzzo
Molise
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
100.845
17.612
24.944
635.618
77.462
378.483
43.014
153.574
138.119
29.760
5.252
132.471
26.798
45.265
480.318
44.103
258339
7531
85772
598784
101987
215432
57021
376563
539535
97726
25356
352150
50612
183669
444547
129787
Ecco allora un test per
capire se i partiti vogliono davvero rinnovarsi.
Ci dicano se
i) sono favorevoli a un
sistema maggioritario,
ii) a tenere elezioni primarie a livello locale
nella selezione dei candidati
iii) a estendere il diritto
di voto ai sedicenni sia
alla Camera che al Senato.
Votanti
di 16-24 anni
nel 2008
92001
391735
88055
303780
331196
9653
110417
766356
130386
275519
72032
483314
692869
124324
32126
449864
64364
232759
571227
164196
INTERNI
10 Giustizia e Libertà
18 febbraio 2008
Elezioni e problemi annessi
di Ferdinand
Sciolto il parlamento sono
state
,come
noto, indette
le
elezioni
per il prossimo mese d’aprile. Ciò ha aperto tutta
una serie di problemi di
non semplice soluzione di
cui è opportuno richiamare i più importanti.
.
AAA - Il mio regno
per una casa
Riccardo III buon’anima
avrebbe dato il suo cavallo per un regno.
Ma cosa sono disposti a
dare Mastella e Dini per
un alloggio magari anche
modesto ?
Questi due signori, grazie
ad una legge elettorale
che definire “porcata”
appare un eufemismo,
sono riusciti come noto a
condizionare e poi far
cadere il governo Prodi,
a loro avviso non sufficientemente generoso nei
loro riguardi. Nella ferma
convinzione evidentemente di essere poi accolti a braccia aperte
nella vasta e confortevole dimora sita in Arcore.
Sono invece bastate poche ore per rendersi conto che -come ormai tutti
gli italiani hanno capito
da tempo- che delle dichiarazioni del “Cavaliere mascarato” (come
lo chiama Stri scia ) è
meglio non fidarsi.
Avendo infatti ormai
svolto il loro compito
principale per cui avevano avuto un contratto
part-time, (la parte di
Bruto e Cassio) i due
personaggi politici in
questione, si accorgono
ora che non se li fila nessuno o, come si dice a
Roma, di loro…“nessuno se ne pò fregà de
meno”.
Il problema ora si fa serio per i due poveretti.
Perché, se è chiaro che a
sinistra nessuno li vuole,
è altrettanto vero che neanche
a
destra
(soprattutto Bossi & c.)
hanno interesse a far loro
spazio. E quindi rischiano di rimanere senza ombrello mentre piove e/o
col fiammifero acceso in
mano.
Naturalmente Mastella
nega l’evidenza e va dicendo che lo stanno invitando caldamente a entrale nella CdL.
Ma chi ci crede?
Dovranno dunque darsi
molto da fare in questi 40
gg. prima delle elezioni
per promettere mare e
monti e farsi promettere
un alloggio dignitoso..
Intanto potrebbero mettersi fuori Montecitorio
con un banchetto e il
cartello: «AAA - Cercasi casa in locazione, canone di legge».
* * *
I soliti inglesi
Mi
scrive
un
amico:
(Continua a pagina 11)
L’ex-Presidente Sivio Berlusconi unitamente a Maria Vittoria Brambilla,
neo-presidentessa dei “Circoli della Liberta” sul palco a Milano
alla manifestazione del 9 febbraio scorso.
INTERNI
18 febbraio 2008
Giustizia e Libertà
11
Elezioni e problemi connessi
(Continua da pagina 10)
«Ma insomma che gli
ha fatto Mister B. a
quei comunisti del TIMES ?»
ANSA)
LONDRA, 8 FEB
Il quotidiano conservatore
britannico Times è' contrario
alla possibilità di un ritorno
di Silvio Berlusconi al governo.
governanti dell’intero pia
neta in serio imbarazzo.
Oltretutto le facce cambiano (solo quella del
Silvio è immutabile nel
corso dei secoli) e si potrebbe assistere a qualche
scenetta poco divertente.
Negli USA per esempio
presto alla Casa Bianca
non ci sarà più l’amico, il
“il caro George” (W.
moscovita, Putin, dovrà
farsi da parte per fine
mandato,
costringendo
Silvio (se fosse lui a rappresentare l’Italia) a invitare il nuovo zar appena
eletto nella sua villa in
Sardegna.
Insomma mentre in Francia, USA, Russia, Inghilterra, ecc. le facce dei
governanti
cambiano, da noi si
prospetta il ritorno
del Berlusconi sotto le spoglie di una
Mentre tutti si rifiutano di raccogliere rifiuti tossici, c'è mummia
dell’ouno che si distingue per la sua generosità: “Silvio dal monimo Faraone
della IV dinastia.
cuore grande”!
C’è da immaginarAlla notizia di Mastella Beppe Grillo ha commentato: si il commento dei
«Sta avvenendo una raccolta di rifiuti tossici e governanti europei
lo vedrannocivi da parte di Berlusconi. Saranno riciclati per quando
no
arrivare:
tornare poi seminuovi in quella discarica, anzi in “rieccolo
!”
quella grande oasi tossica e nociva che è diventa- (come Montanelli
aveva soprannota il Parlamento».
minato Fanfani, a
No Comment!
cui mr. B. può forse somigliare per
Aldo Antonelli
quanto riguarda la
statura fisica, non
certo quella cultu«“Non merita un'altra chan- Bush) al quale il Silvio rale e politica.)
ce', è il titolo di un commen- aveva dimostrato devoto di Brown Maddox, la prin- zione totale assecondancipale columnist di politica dolo in ogni iniziativa,
internazionale del giornale.
ma una Hilary Clinton o A caccia
“Due frammenti di riforma un Obama, entrambi po- Quando il signore rinadelle pensioni e del lavoro”, co teneri con chi, come scimentale andava a cac“non ci sono altri casi in cui
cia, con centinaia di cani
Berlusconi ha agito per il ha detto quest’ultimo, fa al seguito, ce n’era semguerre
stupide
…
.
beneficio dell'Italia, invece
C’è da immaginarsi che pre uno più veloce degli
che per il suo”.
“Ha anche tagliato alcune Silvio, ottimo funambo- altri, capace di battere
tasse peggiorando le finan- lo, dovrà in quattro e tutti quanto a velocità e
quattro otto riconfigurar- resistenza e che a lungo
ze”». ecc.ecc.
si e presentarsi come filo andare diveniva il preferito perché tanto efficiendemocratico !
Idem per l’Eliseo dove te quanto fedele.
Mr.B. ed i rapporti non c’è un presidente Se c’è qualcuno tra i nopaziente e controllato
internazionali
come Chirac ma un effi- stri politici che ricorda
Ora questo riapre un di- cientista un po’ nevrotico molto da vicino un anibattito già divenuto anno- come Sarkozy, uso a trat- male così straordinario è
so anni addietro quando il tare il genere umano con l’on Fini i cui veloci
“Cavaliere mascarato” impazienza
e
poche cambiamenti di rotta apimperversava in Europa chiacchiere.
paiono ineguagliabili.
dando buffetti e pacche Vedremo se Silvio vorrà Quando dice una cosa ci
sulle spalle a tutti i gover- fare ancora lo spiritoso si può giurare che di lì a
nanti nella convinzione di dandogli manate sulle poco -se il Berlusca “fipiacere a tutti.
spalle o facendogli le schia”- ne dirà un’altra
corna durante le foto di lasciando tutti senza paIn realtà il solo timore di gruppo.
role.
vedersi di nuovo accanto
Così quando a novembre
un personaggio di tal fat- Ma la perdita maggiore dichiarò che con il Berluta nelle riunioni periodi- il Berlusconi l’avrà quan- sca era tutto finito e che
che a tutti i livelli, mette i do il suo carissimo amico la CdL non esisteva più,
Il gran cuore di Silvio
* * *
* * *
se qualcuno ci ha creduto, è stato ingenuo.
Non sono passati neanche 100 giorni ed ecco
che non solo, appena il
padrone del vapore ha
schioccato le dita, lui è
tornato subito ad accucciarsi ai suoi piedi ma,
senza colpo ferire, ha
acconsentito a sciogliere
del tutto il suo partito
(AN) facendolo confluire
nel nuovo PdL inventato
tout court da Silvio.
Ma quando la caccia è im
pegnativa, i fedeli amici
dell’uomo non bastano
mai. E allora il signore
rinascimentale non bada
a spese.
Ogni buon cane da riporto in più è sempre utile.
Quindi via con la campagna acquisti. E in questo
il Cavaliere non bada a
spese.
Cosicché alla congrega
dei fedeli storici (i Cicchitto,Schifani, Boniauti,
Fede, Ferrara, Ghedini,
Brambilla, Dell’Utri, Bru
netta ed il capo branco
Tremonti) si aggiungono
i fedeli a pagamento (es.
De Gregorio, Dini, Lombardo, Mussolini,ecc.) in
sostanza dei ‘precari’
nel senso che la loro fedeltà al padrone è strettamente connessa a quanto
viene loro versato tout
court o almeno promesso: a Lombardo un seggio alla Regione e 15 deputati (o a scelta, 10 senatori), a Dini 300.000
euro, a SergioDeGregorio -forse perché di maggior ‘peso’- 700.000 euro; alla Mussolini 400.000 euro, a F. Nucara
(PRI) 90.000 euro, a B.
Della Vedova (Riformatori Liberali) 100.000
euro, ecc.
Insomma con una bella
muta così variegata, tra
amici dell’uomo fedelissimi e precari, andare a
caccia è un vero piacere…
Ferdinand
INTERNI
12 Giustizia e Libertà
18 febbraio 2008
Rilanciamo l’etica della politica
di Antonio Di Pietro (09.02.2008)
Vi devo
parlare
della
situazione
politica,
altrimenti
continuiamo a parlarci
addosso. Anche la storia
della spazzatura, con tutto il rispetto per chi ha
fatto, si risolve in un solo
modo: cambiando le facce, il resto sono tutte
chiacchiere. Se cambi le
facce e metti delle persone per bene, che non si
fanno gli interessi propri,
facciamo funzionare il
sistema. Se invece cominci a fare la politica
degli affari, la politica
dello scambio di voto per
incarichi e incarichetti,
dove tutto passa attraverso le solite persone che si
scambiano poltrone, non
si va da nessuna parte.
Piaccia o non piaccia bisogna dobbiamo far capire al Paese che bisogna
cambiare le facce di chi
ha amministrato fino ad
ora. Il centrosinistra ha
fallito la propria legislatura non perché il Governo è andato male, come
dicono in televisione.
Questo Governo ha fatto
quello che ha potuto, ha
fatto bene, ma aveva un
Parlamento dove c’erano
persone che hanno preso i
voti da una parte e ogni
giorno minacciavano di
andare dall’altra solo per
ricevere qualche cosa, ed
infine si sono venduti
l’anima al diavolo. Questa è la verità.
L’Italia e gli italiani non
possono vivere con cinquanta partiti, lo diciamo
noi che siamo nati come
piccolo partito e stiamo
correndo come dannati
per arrivare a diventare
un grande partito che superi lo scoglio. Non ci fa
paura, perché se dobbiamo vivere soltanto per
avere la logica di ricatto
può servire a qualcuno
per trovarsi lo strapuntino, ma non andiamo da
nessuna parte, non è questa la politica che serve
al Paese. Ma voi credete
che, in questa situazione,
se andassi a chiedere un
posto per me e qualcuno
per due amici miei non
me lo danno? Me lo danno domani mattina, ma è
chiaro che non accetto
perché abbiamo costruito
una creatura con cui vogliamo diventare maggiorenni, grandi, vogliamo essere un partito di
Governo.
Avrete visto che intorno
a Berlusconi adesso, e a
Veltroni prima, sono
sempre gli stessi, Mastella, Dini, De Gregorio,
sono organismi geneticamente modificabili che
si spostano da una parte e
dall’altra a seconda dove
serve.
Cosi è finita.
Cosa voglio dire con
questo ?
Voglio dire che c’è una
schematizzazione della
politica che fa bene alla
politica. Noi che facciamo a questo punto ?
Questo è il problema.
Noi dell’Italia dei Valori
rappresentiamo nel Paese
quella volontà di mettere
da parte gli schematismi
e le contrapposizioni ideologiche. Mettiamo da
parte i massimalismi di
destra e di sinistra, quelli
che devono dire no semplicemente perché non
stanno
con
loro.
Mi hanno chiesto perché
me la sono presa con
Bassolino se era nel mio
schieramento: cosa vuol
dire ?
Se la spazzatura a Napoli
è di sinistra è buona e se
è di destra no ?
E’ sempre spazzatura.
Ci siamo messi come obiettivo il ricambio della
classe politica e abbiamo
rilanciato l’etica della
politica: il partito del
fare.
Abbiamo indicato una
serie di punti e abbiamo
detto di vedere di volta
in volta, ognuno nelle
sue funzioni.
Che cosa serve al Paese
in relazione di quello che
si fa ?
Un sindaco sapeva che
nel suo paese si doveva
smaltire la spazzatura
con la raccolta differenziata e lo ha fatto.
Io come Ministro sapevo
che dovevo fare una serie
d’infrastrutture e ho fatto
il più possibile, e se qualcosa non sono riuscito a
farlo mi sono reso conto
che le coltellate non mi
arrivavano gli avversari
politici, ma i miei amici.
Noi dell’Italia dei Valori
in questi anni abbiamo
detto che uno dei fattori
fondamentali per cui il
meccanismo non funziona è che ci sono persone
che vanno nelle istituzioni per farsi gli affari propri.
La questione della legalità è una questione importante, perché quando si
vede che da una parte c’è
la Casta che ci mangia
sopra, e dall’altra ci sono
i casti e le caste che non
riescono neanche a sposarsi, capite che noi avevamo e abbiamo la necessità di presentarci al
nostro elettorato con il
nostro simbolo.
Noi ci saremo alle prossime elezioni, e il nostro
obiettivo è di assicurarci
il quorum che la legge
elettorale c’impone.
Ci può piacere o non ci
può piacere questa legge
elettorale, ma queste sono le regole del gioco,
corri ragazzo corri, non
c’è tempo di discutere.
Ci dobbiamo porre un’altra domanda: cosa conviene al Paese che facciamo ?
Non cosa ci conviene
fare, se vogliamo servire
il nostro Paese, perché
ripeto che se ci vogliamo
sistemare io sono già a
posto.
Al paese serve una squadra di Governo che sul
programma la pensa allo
stesso modo, che è disponibile a mettere in
discussione la propria
classe dirigente e che
vuole governare, che fa
sinergia con la propria
squadra e non si fanno le
scarpe tra di loro.
Noi dell’Italia dei Valori
vogliamo stare nelle istituzioni per essere una
nicchia d’opposizione di
veti e di controveti per
poter sopravvivere ?
No.
Vogliamo stare nelle istituzioni per governare e
per fare il bene del Paese.
Dobbiamo avere un progetto, e non solo immaginarci di superare l’astic
e
l
l
a
.
Dobbiamo fare le liste, e
le faremo in modo molto
chiaro.
Le liste dovrò farle io, ho
la responsabilità di farle,
e non possiamo più fare
le liste di nicchia per andare a cercare due, tre o
cinque mila voti.
Non servono più queste,
servono le liste come
squadra e non come
compravendita per un
posto al sole.
Abbiamo bisogno di professionalità all’interno
del Parlamento, che sappiano cosa fare e che rappresentino un’idea.
Metteremo in campo una
squadra innovativa che
terrà conto del territorio
e terrà conto delle professionalità, locali e nazionali.
Il mio impegno non è
solo superare l’asticella,
ma grazie all’asticella
che supero metto in con(Continua a pagina 13)
INTERNI
18 febbraio 2008
Giustizia e Libertà
13
Rilanciamo l’etica della politica
(Continua da pagina 12)
dizione chi la pensa come
me sul programma di governare il Paese, perché
se non lo governo io lo
governa l’altro, magari
Berlusconi.
Non mi posso limitare a
dire che non voglio Berlusconi, io devo offrire
qualcosa di più e meglio
rispetto a Berlusconi, e so
che non posso farlo da
solo, quindi devo creare
una sinergia.
Per questo, oggi come
oggi, abbiamo messo a
disposizione la nostra responsabilità per condividerla con il Partito Democratico.
Il problema non è nostro,
il problema è loro, che
devono sapere se vogliono governare o vogliono
soltanto contarsi, perché
non è vero che si è persa
la battaglia, in una situazione in cui avremo da
una parte il Popolo delle
Libertà e la Lega come
espressione territoriale, e
dall’altra il Partito Democratico e l’Italia dei Valori come espressione valoriale, la partita è aperta.
Quando abbiamo fatto
questa proposta al Partito
Democratico cosa abbiamo voluto dire ?
Che in realtà sul piano
formale, e sul piano sostanziale, differenze di
programma non ci possono essere, quelle sono le
cose.
Se andate a vedere, tolte
le destre e le sinistre massimaliste, sono le stesse
cose: sentirete che il centrosinistra dirà che vi toglieranno la spazzatura,
cosi come anche il centrodestra.
Il problema è di fiducia.
Stabilito che il programma lo possiamo condividere, e abbiamo messo un
programma d’alto livello
etico delle istituzioni con
la non candidatura delle
persone condannate, la
lotta alla Casta e una
grande sburocratizzazione, crediamo che sia nostro dovere, prima ancora
di pensare a noi stessi, di
mettere a disposizione
questo elemento valoriale all’interno della coalizione del Partito Democratico per permettere di
vincere bene ma soprat-
tutto di governare bene.
Ci diranno se vogliono
semplicemente contarsi
tra di loro per sistemare
una partita interna, o se
vogliono insieme a noi
proporre un Governo di
Paese per il Paese.
Antonio Di Pietro
9 Febbraio 2008
Un programma elettorale
credibile
di Antonio Di Pietro
(http://www.antoniodipietro.com/2008/02/
un_programma_elettorale_credib.html)
Noi dell'Italia dei Valori
condividiamo e abbiamo
già condiviso con il Partito Democratico punti
importanti di programma
come la riduzione del
debito pubblico, come la
lotta alla Casta, e quindi
l’eliminazione di privilegi per avere un’indicazione ben precisa di qualità ed etica nella politica.
Chiederemo al Partito
Democratico di condividere con noi questo percorso di ritorno dell’etica nella politica e di
condividere con noi quest’impostazione del fare,
vale a dire di individuare
alcuni punti fondamentali che noi abbiamo indicato in 10 punti che andremo a discutere con
loro, in particolare un
biglietto da visita di credibilità, quella della non
candidatura di persone
condannate con sentenza
penale passata in giudicato, e quella della riduzione dei costi della politica.
In questo senso, noi dell’Italia dei Valori parteciperemo ad un evento
che si verificherà a partire dal 25 aprile, e che
verrà portato avanti soprattutto dalla società
civile e dalla rete, quello
di un referendum per l’eliminazione dei finanziamenti pubblici ai giornali
di partito e per una rivisitazione di quel che sono le leggi sull’informazione, anche per ciò che
riguarda la problematica
della Casta dell’informazione.
Chiederemo al Partito
Democratico di impegnarsi per una riduzione
del sistema della tassazione che parta e prosegua attraverso quello che
è già stato un impegno
concreto, sia nostro che
del Partito Democratico,
che è quello di far pagare
le tasse a tutti in modo
che si possa effettivamente e obiettivamente
ridurle.
Crediamo che la flessibilità del lavoro possa essere un valore aggiunto, ma
che non deve essere una
scusa per precarietà cronica.
Impegneremo molto la
nostra azione politica in
difesa della sicurezza,
perché riteniamo che in
tutto il paese ci sia un
problema di sicurezza
anche derivante dall’immigrazione clandestina.
Vogliamo che nel programma sia ampliata la
tutela dei risparmiatori e
dei consumatori, proprio
perché siamo convinti di
proseguire su un percorso
già iniziato con la Class
Action, che è stato un
procedimento già varato
in questa legislatura.
Crediamo in un’indipendenza del la magistratura, e sappiamo che ci sono già depositati in Parlamento dei disegni di legge importanti per ridurre i
tempi della giustizia e
ridare la credibilità al ser-
vizio giustizia, depositati sia da noi dell’Italia
dei Valori sia da esponenti qualificati come
D’Ambrosio del Partito
Democratico.
Riteniamo che ci sia necessità di una frammentazione dei partiti, per
cui la prossima legge
elettorale dovrà prevedere sia la possibilità di
un’indicazione da parte
dell’elettore di quelle
che sono le persone da
candidare, sia di quello
che è il quorum necessario per evitare che ci siano sigle e siglette di veti
e contrasti.
Riteniamo che debbano
essere riformulati immediatamente i regolamenti
parlamentari per evitare
che quei partiti che non
sono presenti alle elezioni poi si ripresentino
all’interno della camera
in modo mononucleare
pensando di poter attuare la politica del ricatto, che è una delle cause
principali della caduta
del governo.
Noi dell’Italia dei Valori
ribadiremo la necessità
che il conflitto d’interessi, specie con il paventato ritorno, che noi
vogliamo scongiurare, di
Berlusconi, sia risolto
una volta per tutte e sia
quindi in condizione di
mettere il nostro Paese
d’essere più credibile
agli occhi del mondo
intero.
♦
14 Giustizia e Libertà
INTERNI
18 febbraio 2008
Sondaggio Politico
L’immagine dei 2 leaders
da Repubblica, 15.02.2008
LE VALUTAZIONI SULL'IMMAGINE DEI DUE LEADERS
QUESTA SERA IN TV, QUANTO LE E' SEMBRATO:
BERLUSCONI
TOT. CAMPIONE
12/02/2008
VELTRONI
TOT. CAMPIONE
13/02/2008
SICURO DI SE'
79
65
SICURO DI VINCERE
91
59
CREDIBILE
55
68
CONVINCENTE
67
73
SINCERO
57
64
COMPETENTE E PREPARATO
64
67
AUTOREVOLE
65
60
IN GRADO DI GARANTIRE SVILUPPO ALL'ITALIA
64
64
CAPACE DI COMUNICARE
89
80
AFFIDABILE
55
60
VICINO ALLA GENTE
56
66
CAPACE DI GENERARE OTTIMISMO E FELICITA'
NEI CITTADINI
60
57
CAPACE DI MIGLIORARE IL PRESTIGIO DELL'ITALIA ALL'ESTERO
53
56
IL GIUDIZIO COMPLESSIVO SULLA PARTECIPAZIONE
SE DOVESSE ESPRIMERE CON UN VOTO DA 1 A 10 IL SUO GIUDIZIO GENERALE SULLA
PARTECIPAZIONE DAREBBE COME VOTO:
BERLUSCONI
TOT. CAMPIONE
12/02/2008
VELTRONI
TOT. CAMPIONE
13/02/2008
VOTO 1-3
16
6
VOTO 4-5
19
11
VOTO 6
11
15
VOTO 7-8
35
53
VOTO 9-10
18
14
SENZA OPINIONE
1
1
100
100
6
7
TOTALE
VOTO MEDIO
(Continua a pagina 15)
18 febbraio 2008
INTERNI
Giustizia e Libertà
15
Il patto democratico tra operai e borghesia
(Continua da pagina 14)
LA RICADUTA SULLA FIDUCIA VERSO I DUE LEADERS
IN OGNI CASO, DOPO LA TRASMISSIONE DI QUESTA SERA
PORTA A PORTA, LA SUA FIDUCIA E':
BERLUSCONI
TOT. CAMPIONE
12/02/2008
VELTRONI
TOT, CAMPIONE
13/02/2008
AUMENTATA
15
42
DIMINUITA
13
6
RIMASTA INVARIATA
71
51
SENZA OPINIONE
1
1
100
100
TOTALE
LA RICADUTA POTENZIALE SUI PARTITI DI RIFERIMENTO
IN PARTICOLARE, DOPO AVER SEGUITO PORTA A PORTA, POTREBBE DIRMI SE LEI:
BERLUSCONI
TOT. CAMPIONE
12/02/2008
VELTRONI
TOT. CAMPIONE
13/02/2008
PRENDE PIU' IN CONSIDERAZIONE DI PRIMA IL
VOTO AL SUO PARTITO (PD/PDL)
16
34
PRENDE MENO IN CONSIDERAZIONE DI PRIMA IL
VOTO AL SUO PARTITO (PD/PDL)
22
17
PRENDE IN CONSIDERAZIONE COME PRIMA IL VOTO AL SUO PARTITO (PD/PDL)
54
46
SENZA OPINIONE
8
3
100
100
TOTALE
SE LEI DOVESSE ACQUISTARE UN AUTO USATA,
LA ACQUISTEREBBE OPPURE NON LA ACQUISTEREBBE DA:
BERLUSCONI
TOT. CAMPIONE
12/02/2008
VELTRONI
TOT.CAMPIONE
13/02/2008
SI
46
55
NO
45
33
SENZA OPINIONE
9
12
100
100
TOTALE
(Continua a pagina 16)
INTERNI
16 Giustizia e Libertà
18 febbraio 2008
L’immagine dei 2 leaders
(Continua da pagina 15)
SE INVECE DOVESSE PARTIRE PER UNA VACANZA, LEI SCEGLIEREBBE O NON
SCEGLIEREBBE:
BERLUSCONI
TOT. CAMPIONE
12/02/2008
VELTRONI
TOT. CAMPIONE
13/02/2008
SI
50
46
NO
45
45
SENZA OPINIONE
5
9
100
100
TOTALE
Periodo di effettuazione delle interviste: 12-13 Febbraio 2008
Modalità di somministrazione questionari: Panel Telematico Tempo Reale
Campione: 1.000 cittadini residenti in Italia, disaggregati per sesso, età ed area di residenza
Istituto Fornitore IPR Marketing - Dipartimento Opinione (www.iprmarketing.it)
Committente: Repubblica.it
Percentuale di rispondenti: 88%
Direttore dell'Istituto: Antonio Noto
La Repubblica
15.02.2008
Interessante e “spiritoso” sondaggio lanciato da Severgnini
sulle colonne del “Corriere della Sera”
Grande (troppo grande!) successo di "Un motto per l'Italia".
Sono arrivati circa quattromila suggerimenti: tutti interessanti, molti esilaranti, alcuni geniali. Scelta difficilissima, a cura della redazione e di Beppe Severgnini. Ecco, in ordine alfabetico i dieci primi classificati (con l'indicazione degli autori e della voti ottenuti).
I votanti sono stati oltre 66.000.
Motto
Autore
Voti %
La bella addormentata nel losco
Donato Lo Scalzo
13,3%
L’Italia è fatta...ma chi è il pusher ?
Paolo Morganti
11,6%
Poi vediamo
Giovanni Chieffalo
9.1%
Abbiamo un problema
Peter
8.5%
Potrei ma non voglio
Marco Alciator
7.4%
Chista Casta Costa
Francesco Berardino
6.7%
Usi a disobberir tacendo
Gian Maria Raimondi
6,6%
Mad in Italy
Lupo
6,5%
Aspetta e spera
Emanuela Magni
5.4%
Dipende
Narno Pinotti
4,4%
ULTIM’ORA
18 febbraio 2008
Giustizia e Libertà
17
Clemente da Ceppaloni
di Masaniello
Diciamo la verità,
uno che si chiama
Clemente e fa per
mestiere il ministro
della giustizia cosa
poteva mai perorare
se non un indulto.
Lo hanno subito rimproverato neanche avesse, con questa legge
favorito i potenti e non i poveracci
che affollano le carceri italiane in
numero spropositato, di fare un
piacere a Previti, ancora lui, non
se ne può più, il quale risparmierà
tre anni della sua condanna a cin-
que, però dovrà essere affidato ai errori e certi favoritismi non li aservizi sociali e sa Dio cosa gli vrebbe mai fatti, infatti, ha mantecapiterà, pover uomo.
nuto la promessa che era stata fatta al Papa e ha favorito solo VanAncora, lo hanno accusato di si- na Marchi che non conta niente.
stemare le faccende giudiziarie dei
furbetti del quartierino, via, sono E i furbetti? Calmi, ci saranno i
amici, cosa poteva fare un anima processi, vedrete che fra una diesensibile come Clemente da Cep- cina d’anni nessuno si ricorderà
più di questo indulto firmato Clepaloni!
mente da Ceppaloni, un nuovo
Vogliamo mettere poi la pressione governo provvederà a varare l’amsu quest’uomo giunto al ministero nistia e alla guida del ministero
più contestato della passata legi- della giustizia ci sarà Berlusconi
slatura quello del leghista Castelli, ad interim!
doveva dimostrare che lui certi
♦
NUOVO SCENARIO POLITICO
Il cambiamento in tempi rapidi
di Sergio Romano (Corriere della Sera, 10.02.2008)
L’Economist scrive che i tempi della politica italiana
possono
essere
sorprendentemente rapidi o atrocemente lenti.
La prima definizione, in questi
giorni, ha l’aria di essere più calzante della seconda.
La «costrizione provvidenziale» (come Paolo Mieli ha definito
la decisione del Partito democratico di «correre » da solo) sembra
avere già prodotto un effetto altrettanto provvidenziale.
Ha indotto Silvio Berlusconi a creare con Gianfranco Fini un partito
unico del centrodestra. Il «Popolo
delle libertà» stringerebbe un patto federale con la Lega (un partito
territoriale di cui occorre riconoscere l’identità), ma assorbirebbe
nelle sue liste, senza diritto di simbolo, buona parte di quell’ameba
politica che si è divisa e suddivisa
sino a creare un fastidioso e paralizzante pulviscolo parlamentare.
Se l’espressione non fosse stata
usata in un altro contesto (Charles
Maurras se ne servì per definire la
morte della Terza Repubblica
francese nel 1940) direi che questa è una «divina sorpresa ».
La classe politica è riuscita a rinviare di un anno il referendum sulla legge elettorale, ma sembra
comportarsi come se il popolo ita-
liano ne avesse approvato lo spirito.
Persino il no dell’Udc di Casini
potrebbe contribuire alla semplificazione del quadro politico.
Walter Veltroni farebbe bene a
non schernire con espressioni irridenti («maquillage») un evento
di cui è lui stesso in parte responsabile.
precludano questa prospettiva?
Attenzione, tuttavia.
La semplificazione del quadro
politico è importante e renderebbe
l’Italia più simile alle maggiori
democrazie europee, dove i due
primi partiti, come ha ricordato
Marcello Pera sulla Stampa qualche settimana fa, rappresentano
insieme una percentuale che oscilla fra il 60 e il 70% dell’elettorato.
Ma è soltanto metà dell’opera.
Non basta eliminare l’ameba.
Occorre anche riscrivere le regole
invecchiate di una Costituzione
che rende il Paese ingovernabile.
Se le due Camere hanno le stesse
funzioni e il presidente del Consiglio non ha neppure il diritto di
sbarazzarsi di un ministro indisciplinato e inefficiente, le elezioni
non avranno mai un vincitore e
l’Italia non avrà mai un governo.
Abbiamo già constatato che le
riforme fatte da una sola parte sono mediocri o non riescono a superare il passaggio del referendum confermativo.
Veltroni e Berlusconi hanno ambedue interesse a far giocare il
Paese con regole nuove e dovrebbero scriverle insieme.
Quando andremo alle urne potremmo dunque trovarci di fronte
a un ventaglio di scelte composto
da cinque partiti: il Partito democratico, il Popolo delle libertà, la
Lega, una «Cosa rossa» e una
«Cosa bianca».
Assomiglieremmo alla Germania
dove la partita si gioca fra cristiano - democratici, social-democratici, la sinistra di Oskar Lafontaine, i verdi e i liberali.
Ho usato il condizionale perché
l’esecuzione di un progetto può
svuotarlo delle sue virtù iniziali.
Molto dipende dai patti che Veltroni e Berlusconi potrebbero
stringere con qualche partito minore.
Molto dipende soprattutto dalla
fermezza con cui Berlusconi riuscirà a impedire che le reclute arruolate nel nuovo partito ne escano dopo le elezioni per costituire i
loro gruppi parlamentari. Perché Sergio Romano
Berlusconi e Veltroni non si im- Corriere della Sera
pegnano sin d’ora a scrivere insie- 10.02.2008
me regolamenti parlamentari che
18
INTERNI
Giustizia e Libertà
18 febbraio 2008
L'inno azzurro: «Menomale che Silvio c’è»
Scritto da Andrea Vantina, è piaciuto al Cavaliere. Ma non si tratta (per
ora) delle note ufficiali della campagna elettorale
di Elsa Muschella (corriere della Sera, 14.02.2008)
Tutta colpa di Michele Santoro.
Andrea Vantini, il nuovo menestrello del Cavaliere, era seduto sul
divano di casa sua a Pescantina
(Verona) e guardava una puntata
di Sciuscià in cui (parole sue) come al solito si sparava a zero su
Berlusconi. «Ma è possibile che
tutti se la prendano con lui?», ha
pensato. E così, d’impulso, è arrivata l’ispirazione per scrivere A
Silvio. Era il 2002 e quel promo
autofinanziato non riusciva proprio
a varcare il confine dello studio di
registrazione. Sei anni più tardi, e
siamo a sabato scorso, «Menomale
che Silvio c’èèèè» è il ritornello
che riecheggia al Teatro Nuovo di
piazza San Babila dopo il discorso
del líder máximo per l’inaugurazione della campagna del Pdl
(ascolta l'audio). Martedì sera,
poi, appena spente le luci del
salotto di "Porta a Porta", il
Cavaliere ha voluto far ascoltare la canzone ai giovani azzurri
in trepida attesa davanti a Palazzo Grazioli.
Parlare di un’investitura è del
tutto prematuro, il partito del
Popolo delle libertà non ha ancora un inno ufficiale. Però
Andrea -38 anni, «cantautore
da quando ne avevo 12», nessuna tessera politica in tasca- è
già contento così perché sa
perfettamente che «queste sono decisioni che spettano al
nostro amato presidente».
Intanto si è organizzato, e infatti tutti gli estimatori possono
acquistare online il pacchetto
A Silvio
Testo e musica di Andrea Vantini
Si è detto troppo
E anche di più
Si è usata pure la musica
contro
Oggi canto anch’io
E dico che
Menomale che Silvio c’è
Non ho interessi politici
E non ho neanche immobili
Ho solo la musica
E penso che
Menomale che Silvio c’è
Ci hanno provato
scrittori e comici
Un gioco perverso
Di chi ha già perso
Presidente questo è per te
Menomale che Silvio c’è
Canto così
Con quella forza
Che ha solamente
Chi non conta niente
Presidente questo è per te
Menomale che Silvio c’è
Presidente questo è per te
Menomale che Silvio c’è
Viva l’Italia
L’Italia che ha scelto
Di crederci un po’ in questo
sogno
Presidente questo è per te
Menomale che Silvio c’è
Viva l’Italia
L’Italia che ha scelto
Di crederci un po’ in questo
sogno
La musica suona senza colori Presidente questo è per te
Menomale che Silvio c’è
Ma i riferimenti sono reali
Viva l’Italia
Viva l’Italia
L’Italia che ha scelto
Di crederci un po’ in questo L’Italia che ha scelto
Di crederci un po’ in questo
sogno
sogno
Per questo dico che
Presidente questo è per te
Menomale che Silvio c’è
Menomale che Silvio c’è
Per questo dico che
Presidente questo è per te
Menomale che Silvio c’è
Menomale che Silvio c’è
T-shirt e cd a
15 euro più
spese di spedizione.
APPREZZAMENTI E
CRITICHE
E poi, a dire il
vero, Vantini
sta ancora ringraziando
l'azzurro Aldo
Brancher, talent scout per caso: «Ha
l’ufficio vicino a casa mia, dopo
che è caduto il governo Prodi gli
ho portato la canzone, l’ha fatta
ascoltare al grande capo e poi mi
ha detto che lui aveva gradito. Gli
ha persino dato il mio numero di
telefono».
«Oddio, allora chissà quante volte
ci toccherà sentirla...»: Edoardo
Sanguineti ascolta il potenziale inno
del Pdl e non riesce a trattenere una
risata.
Nel file audio sul sito www.menomalechesilvioce.it la voce di Andrea
insegue l'accordo di chitarra «Canto così/ con quella forza/ Che
ha solamente/ Chi non conta niente/ Presidente questo è per te/ Menomale che Silvio c’èèèè»- e il poeta genovese è implacabile:
«Orribile. Già l’inno di Forza Italia, quello scritto da Berlusconi in
persona, era tremendo. Ma questo
qui non lo augurerei alle orecchie
del mio peggior nemico».
Sanguineti pensa con sconforto ai
canti partigiani e di lavoro, all'Internazionale socialista capace di
«incarnare la voce di un'Idea che
ha attraversato il mondo», alle filastrocche popolari che «al confronto diventano monumenti geniali
all’estro del compositore», e proprio non si dà pace: «Il problema,
ahimè, è che questi jingle possiedono la seduzione infantile della
pubblicità e con la loro persuasione occulta agiscono nell’inconscio
delle anime semplici restando inchiodati alla memoria».
Forse però non tutto è perduto: «Io
mi auguro che Berlusconi lo adotti
come inno ufficiale, sarebbe proprio un ottimo deterrente al voto».
♦
INTERNI
18 febbraio 2008
Giustizia e Libertà
19
“Menomale che Silvio c'è",
ma l'inno del Pdl è del 2002
http://politica.excite.it/news/7485/
Menomale_che_Silvio_ce_ma_linno_del_Pdl_e_del_2002
"12:50 gio 14 febbraio 2008
Nuovo partito, inno riciclato?
Sembra che la Pdl di Berlusconi
voglia adottare la canzone "A Silvio" del cantante veronese Andrea
Vantini come inno ufficiale della
campagna elettorale.
La canzone, una vera e propria celebrazione di Berlusconi, recita:
"Menomale che Silvio c’è", che è
anche lo slogan su cui è stato costruito un sito commerciale per
vendere magliette e suonerie abbinate alla canzone. Una strategia
di marketing che avrebbe il suo
coronamento nel caso il brano fosse scelto in modo ufficiale dallo
staff del Pdl.
Andrea Vantini, 38enne cantautore
di Verona, spera che la sua canzone venga adottata da Berlusconi,
che - secondo voci - pare abbia
apprezzato il pezzo, che è risuonato a Milano, Piazza San Babila,
il giorno del
discorso di
Berlusconi
per l'inaugurazione della
campagna
elettorale del
Pdl.
E' da notare però che la canzoneinno è stata scritta nel 2002. Curioso che il l'inno del neonato Popolo delle libertà sia un pezzo
scritto ben 6 anni fa.
Già sul Corriere della Sera del 6
agosto 2002 Vantini raccontava il
perché della sua canzone: "Una
risposta culturale-artistica agli
attacchi infamanti al Cavaliere".
E Apicella già diceva la sua:
"Bella cosa. Ma siamo sicuri che
Berlusconi abbia ricevuto il cd?
Magari glielo dico stasera..."
http://politica.excite.it/news/ 7485/Menoma le_che_Silvio_ce_ma_linno_del_Pdl_e_del_2002
«Almeno mille euro a ogni precario»
Veltroni: «Nell'ultima settimana aumentato di due punti il consenso per
il Partito democratico»
di A. Sa. (Corriere della Sera, 13.02.2008)
«Nell'ultima settimana
il Partito democratico è
salito di due punti».
Lo ha annunciato il leader
del Pd, Walter Veltroni,
nel corso della registrazione della puntata di
Porta a Porta che andrà
in onda questa sera.
«I sondaggi veri -ha
spiegato- dicono che nella settimana tra il 30
gennaio e il 6 febbraio
abbiamo re cuperato
due punti e non sono
pochi. Il distacco tra le
due coalizioni è molto
piccolo. È una gara aperta anche se difficile».
Nel corso della trasmissione l'ormai ex sindaco
di Roma (ha dato le dimissioni proprio oggi in
Campidoglio) ha anche
anticipato due temi forti
del proprio programma:
l'istituzione
di
un
«compenso mi nimo legale» di almeno 1.000-
1.100 euro per ogni precario; e sgravi fiscali permanenti di 2.500 euro a
figlio. (Le proposte di
Veltroni).
E ha spiegato che almeno
una parte dei dodici ministri di cui sarà composto il suo governo, in caso di vittoria, saranno
annunciati già durante la
campagna elettorale.
le consultazioni fatte, ha
trovato tutti d'accordo,
«nessuno ha detto di no.
Ora andiamo a vedere»,
la si approvi subito.
L'obiettivo è fare in modo che tutti coloro che
sono stati eletti in una
lista non possano poi
staccarsi e costituire nuovi gruppi in
Parlamento.
BASTA CAMBI
DI CASACCA
Il capo del centrosinistra
aveva esordito chiamando in causa direttamente
al suo antagonista sul tema delle norme che regolano l'attività di Camera e
Senato: «Rivolgo un invito a Berlusconi -ha
detto-: approvare ora in
Parlamento, in questo
Parlamento, la riforma
dei regolamenti».
Veltroni parte dal presupposto che questa era una
riforma che, nel giro del-
CAMBIO DI TONI
Veltroni ha parlato anche
della campagna elettorale
che, almeno fino a questo
punto, non ha visto i toni
di scontro degli anni passati: «Il cambio dei toni» in questo inizio di
campagna elettorale «lo
considero il miracolo di
questi mesi» ha detto,
riferendosi anche alla
puntata della stessa trasmissione di ieri sera,
nella quale era ospite Silvio Berlusconi.
«Ho apprezzato il fatto
che abbia detto cose sui
contenuti, sul programma -ha spiegato Veltroni- e che sia stato chiaro
sul tenere fuori dalla
bagarre della campagna elettorale i temi etici».
Del resto, ha rivendicato,
«difficilmente in questi
mesi si può trovare un
mio discorso in cui abbia mai nominato gli
avversari. L'ho fatto
scientemente,
perchè
sono convinto che l'italia deve uscire da questi
15 anni ed entrare in
una fase nuova».
LE ALLEANZE
Il segretario del pd ha
anche spiegato il perché
di certe scelte in tema di
alleanze. In particolare
sulla questione dei Radicali: «La loro identità
politica è assolutamente
rispettabile, però noi
(Continua a pagina 20)
20
INTERNI
Giustizia e Libertà
18 febbraio 2008
«Almeno mille euro a ogni precario»
(Continua da pagina 19)
vogliamo lavorare per
un unico partito. Per
ora la risposta dei Radicali è negativa, secondo
me è un grande errore».
«Premesso che non vogliamo aggiungere simboli -ha aggiunto-, se i
Radicali sono disponibili a stare nelle nostre
liste è una scelta ottimale».
Un modo, forse, per lasciare aperta la possibilità
di un'intesa con i pannelliani. E sul perché il Pd
abbia dato il via libera
all'apparentamento con
l'Italia dei valori ha spiegato: «Antonio Di Pietro
ha preso l'impegno a
confluire nel Partito democratico. I Radicali
non possono farlo perchè sono un partito
transnazionale».
In ogni caso non ci saranno altri apparentamenti:
«Se i socialisti e i radicali entreranno nel Pd,
per poi fare con l'Idv un
gruppo unico in Parlamento, bene», altrimenti,
ha scandito Veltroni
«non avremo altri apparentamenti, non ci saranno altri simboli».
«NOI PARTITO,
LORO SOLO
ALLEANZA»
E proprio la questione
della fusione vera tra forze politiche che danno
vita ad un nuovo soggetto
è, per Veltroni, la discriminante tra il Pd e quanto
sta avvenendo nel centrodestra: «Noi abbiamo
fatto un partito dopo
una lunga discussione,
abbiamo fatto delle primarie con 3,5 milioni di
persone a votare, questo
si configura più come
una alleanza elettorale.
Io non ho capito se An
si scioglie o no. C’è una
differenza tra un’alleanza elettorale un partito nuovo. Noi siamo un
partito del centrosinistra la Pdl si colloca,
dopo la rottura con Casini, in un progressivo
spostamento a destra".
«NO AI
CONDANNATI»
«La nostra scelta unilaterale di correre da soli
-ha poi precisato- ha di
fatto realizzato parte di
quella legge elettorale
che non simo riusciti a
riformare».
Veltroni ha anche sottolineato di avere ottenuto
come risultato che anche
il centrodestra sta riducendo il numero di partiti
della coalizione.
Il segretario ha poi spiegato che nel Pd «le persone condannate in primo grado di giudizio è
giusto non siano candidate. È giusto considerarli innocenti fino al
terzo grado di giudizio,
ma non candidarli è
questione di opportunitá».
Nelle liste veltroniane, è
la sintesi, «ci saranno
solo candidature di
qualità».
IL PROGRAMMA
Per quanto riguarda i temi su cui sarà incentrata
l'azione di un eventuale
governo del Pd, e di conseguenza la campagna
elettorale, Veltroni ha
annunciato che «ci sarà
un programma più
compiuto e poi 10-15
punti, che io delineerò
sabato
all'assemblea
costituente per imprimere un cambiamento
al Paese».
Non più dunque il libro
da oltre 270 pagine che
fu alla base dell'alleanza
dell'Unione: «Sabato -ha
puntualizzato Veltroniillustrerò le linee del
programma che sarà
analogo a quelli delle
grandi stagioni del riformismo occidentale».
Ma per quanto riguarda
l'immediato, Veltroni ha
suggerito che l'eventuale
e x t r a g e t t i t o
(«Aspettiamo i dati della trimestrale di cassa,
ma è ragionevole pensare che ci sarà») venga
destinato a «salari, che
sono fermi dal 2000, e
produttività».
SGRAVI FISCALI
Qualcosa, del programma, però lo ha anticipato:
«In Italia le tasse si pagano troppo e per questo io ribadisco l'impegno a pagare meno e
pagare tutti con interventi di due tipi. In primo luogo un intervento
a sostegno dei figli attraverso o detrazioni
fiscali consistenti, del
tipo di 2.500 euro per i
nuovi nati, non una
tantum ma fino ad una
certa età da stabilire.
Oppure assegni agli incapienti».
In secondo luogo, Veltroni pensa a interventi
«di sostegno fiscale alle
imprese» per incentivare
le donne che lavorano.
MILLE EURO
AI PRECARI
E a proposito di lavoro, il
segretario del Pd ha voluto inserire il precariato
tra le priorità, proponendo una sorta di stipendio
minimo obbligatorio:
«Diremo alle imprese spiega Veltroni- che nessuno che abbia un contratto atipico o di precariato può avere uno
stipendio di 1.000-1.100
euro e poi noi sosterremo quelle aziende che
potranno fare un contratto di più lungo periodo attraverso incentivi fiscali».
«PRODI ?
OTTIMO
PREMIER»
Rispondendo a una domanda del direttore del
Giornale, Mario Giordano, Veltroni ha poi annunciato: «Farò il mio
comizio elettorale con
le mie idee e le mie proposte, se c’è Prodi sarà
utile perché è stato un
ottimo presidente del
Consiglio».
In serata, al tg1, Berlusconi aveva invece detto
che il compito del segretario del Pd sarà improbo
in campagna elettorale
proprio perché «dovrà
fare dimenticare Prodi».
«Non mi piace fare il
furbo e voglio ricordare
che Prodi, come uomo
di governo ha portato
l’Italia in Europa, con
l’euro, quello è stato il
governo più amato dagli italiani e ora ci fa
togliere la procedura di
infrazione aperta dall’Unione europea. Il
governo Prodi -ha aggiunto- ha fatto cose
fantastiche e lo distinguo dalla coalizione»,
che invece lo ha danneggiato. Veltroni ha però
riconosciuto che fu un
errore da parte del leader
dell'Unione quello di non
riconoscere la presidenza
di almeno una delle due
camere all'opposizione
dopo le elezioni del 2006: «Bisognava riconoscere il fatto che il Paese era spaccato, non
(Continua a pagina 21)
INTERNI
18 febbraio 2008
Giustizia e Libertà
21
«Almeno mille euro a ogni precario»
(Continua da pagina 20)
trollo».
amplificare questa spaccatura, ma invece ricucirla».
Un errore che questa volta non sarà commesso:
«Io prendo l'impegno
che, in caso di vittoria,
una presidenza delle
Camere andrà all'opposizione e a loro toccherà
anche la presidenza delle Commissioni di con-
NESSUN
«INCIUCIO»
L'apertura di un dialogo
non significa però che vi
siano già accordi per un
governo condiviso dopo
il voto. E a Maroni e Pecoraro Scanio che si definiscono garanti contro le
grandi intese ha mandato
a dire: «Non c'è bisogno.
Siamo tutti garanti del
fatto che non ci faranno
le larghe intese» Veltroni ha voluto distinguere
tra «un patto di consultazione» tra i leader dei
due poli e gli inciuci.
«Serve un patto di consultazione sui grandi
temi -ha affermato il
leader del Pd- Prodi e
Berlusconi non si parlavano ma io penso che i
capi delle due coalizioni
si devono consultare. Il
problema è che in Italia
subito si grida all'inciucio ma io sto allo schema anglosassone: insieme per definire le regole e poi la sfida politica».
A. Sa.
Corriere della Sera,
13.02.2008
Le proposte di Veltroni in campo economico
Questo, schematicamente, il programma economico del leader del Pd:
1) Dare un «compenso minimo legale ai precari, che non possono avere meno di 1.000-1.100 euro, a2)
3)
4)
5)
traverso incentivi fiscali dello Stato alle imprese».
Per attuare un incremento demografico serve un sostegno alle famiglie, per questo Veltroni pensa a
«detrazioni fiscali da 2.500 euro per ogni nuovo nato» non da dare una tantum «ma da portare fino
ad una certa età, ad esempio 12 anni».
Interventi sul fronte degli asili nido che «in Italia sono un servizio a domanda individuale invece deve
diventare un diritto. Si devono aumentare».
«Noi proporremo un intervento per le donne che lavorano, ma non perchè mogli o madri, ma perchè lavorano e sono preoccupate della loro collocazione. Proporremo un sostegno con incentivi all'occupazione femminile»
Tasse: «Pagare meno, pagare tutti».
♦
D'Alema attacca il Pdl: «È una destra senza centro»
da www.unità.it (14.02.08)
Non sa ancora se si candiderà alla Camera o al Senato, «deciderà la commissione elettorale», ma
su tutto il resto Massimo
D’Alema ha le idee chiare. Il vicepremier e ministro degli Esteri passa a
Porta a Porta e dice la
sua sulla campagna elettorale che stiamo vivendo.
Anche se definisce
«impensabile» l’ipotesi
di «un governo di grande coalizione», apprezza
la svolta di assistere a un
confronto tra «due grandi partiti e non più due
coalizioni rissose», ribadisce che l’accordo elettorale con Di Pietro
«prevede che l'Italia dei
valori convergerà nel
Partito Democratico» e
fa sapere al socialista
Borselli che il suo «bisogno insopprimibile del
simbolo» è sintomo di
«un
atteggiamento
chiuso e settario».
Ma soprattutto fa un’analisi dura del centrodestra:
«Colpisce -spiega D’Alema- che, nel momento
in cui nel centrosinistra
si costruisce una proposta di governo autonoma dalla sinistra, nel
centrodestra ci si separi
invece dal centro e si
costruisca un partito di
governo con la Mussolini e non con l'Udc».
Insomma, «si tende più
a radicalizzare che non
a convergere...».
che destina l'extragettito alla riduzione della
pressione fiscale e, secondo me, questo deve
essere prioritariamente
indirizzato al sostegno
dei salari bassi».
Poi D’Alema torna a parlare delle emergenze del
momento. E, così come
aveva annunciato nel
corso della videochat con
i lettori de l’Unità On
Line, ribadisce l’urgenza
di aumentare i salari:
«Quando faremo i conti
della trimestrale -ha
sottolineato- se risulterà
che c'è un extragettito
bisognerà applicare la
norma della finanziaria
E se dovesse realizzarsi
un governo Veltroni ripartirà proprio da dove si
è fermato Prodi, dalla
politica sui «redditi da
lavoro, in particolare i
salari degli operai, delle
donne e dei lavoratori
precari che percepiscono retribuzioni indegne
di un paese civile».
Se i conti non dovessero
tornare, comunque, la
priorità resta.
♦
INTERNI
22 Giustizia e Libertà
18 febbraio 2008
La RAI e la censura “legale”
di Aldo Antonelli
Riceviamo e Pubblichiamo
From: Aldo Antonelli
Sent: Monday, February 11, 2008 12:06 PM
Subject: La Rai e la censura "legale"
Ho appena ricevuto questa lettera che Paolo Bernard ha messo in rete e nella quale denuncia le gravi forme di censura di cui è stato vittima.
Barnard (ve lo ricordate ?) anni fa ha realizzato degli straordinari, eccezionali servizi per
la trasmissione Report.
Leggete e vi renderete conto di quale gioco sporco, noi tutti, siamo fatti strame.
Impiastrati da programmi volgari, galvanizzati da pubblicità ossessive, clonati da operazioni-lifting che ci incollano alla politica da avanspettacolo.
Ecco cosa è diventata la RAISET o, se preferite, RAIMEDIA.
E dire che quest'anno, dopo tre anni di astinenza, avevo rimesso in funzione il televisore. Ritenendo
la proposta di riforma Gentiloni non malvagia, ho pagato di nuovo il canone che avevo smesso di
pagare...!
Povero ingenuo...
Per ora inoltro a voi tutti la lettera, ripromettendomi di metter su un movimento di boicottaggio su
scala nazionale.
In questo senso accetto consigli e suggerimenti. In bocca al lupo.
Se volete potete consultare anche www.criticamente.it
Aldo Antonelli
La lettera di Paolo Barnard
da http://www.criticamente.it/News-article-sid-3587-topic-4.html
Cari amici e amiche impegnati a dare
una pennellata di decenza al nostro
Paese, ecco vi una forma di censura
nell'informazione di cui non si parla
mai.
E' la peggiore, poiché non proviene
frontalmente dal Sistema, ma prende il giornalista
alle spalle. Il risultato è che, avvolti dal silenzio e
privi dell'appoggio dell'indignazione pubblica,
non ci si può difendere Questa censura sta di
fatto paralizzando l'opera di denuncia dei misfatti sia italiani che internazionali da parte di
tanti giornalisti 'fuori dal coro'.
Si tratta, in sintesi, dell'abbandono in cui i
nostri editori spesso ci gettano al primo insorgere di contenziosi legali derivanti delle nostre inchieste 'scomode'.
Come funziona e quanto sia pericoloso questo
fenomeno per la libertà d'informazione ve lo
illustro citando il mio caso.
Si tratta di un fenomeno dalle ampie e gravissime implicazioni per la società civile italiana,
per cui vi prego di leggere fino in fondo il bre-
ve racconto.
Per la trasmissione Report di Milena Gabanelli, cui ho lavorato dando tutto me stesso
fin dal primo minuto della sua messa in onda
nel 1994, feci fra le altre un'inchiesta contro
la criminosa pratica del comparaggio farmaceutico, trasmessa l'11/10/2001 ("Little Pharma & Big Pharma").
Col comparaggio (reato da art.170 leggi pubblica sicurezza) alcune case farmaceutiche
tentano di corrompere i medici con regali e
congressi di lusso in posti esotici per ottenere
maggiori prescrizioni dei loro farmaci, e questo avviene ovviamente con gravissime ripercussioni sulla comunità (il prof. Silvio Garattini ha dichiarato: "Dal 30 al 50% di medicine prescritte non necessarie") e spesso anche
sulla nostra salute (uno dei tanti esempi è il
farmaco Vioxx, prescritto a man bassa e a
cui sono stati attribuiti da 35 a 55.000 morti
nei soli USA).
L'inchiesta fu giudicata talmente essenziale
(Continua a pagina 23)
18 febbraio 2008
INTERNI
Giustizia e Libertà
23
La lettera di Paolo Barnard
RAI in questi casi).
Sono sconcertato.
Ma come?
Lavoro per RAI e Report per 10 anni, sono
anima e corpo con l'impresa della Gabanelli,
faccio in questo caso un'inchiesta che la RAI
stessa esibisce come esemplare, e ora nel momento del bisogno mi voltano le spalle con
assoluta indifferenza. E non solo: lavorano
compatti contro di me.
La prospettiva di dover sostenere spese legali
per anni, e se condannato di dover pagare cifre a quattro o cinque zeri in risarcimenti, mi
è angosciante, poiché non sono facoltoso e rischio perdite che non mi posso permettere.
Ma al peggio non c'è limite.
Il 18 ottobre 2005 ricevo una raccomandata.
La apro.
E' un atto di costituzione in mora della RAI
contro di me. Significa che la RAI si rifarà su
di me nel caso perdessimo la causa. Recita il
testo: "La presente pertanto vale come formale costituzione in mora
del dott. Paolo Barnard
per tutto quanto la RAI
s.p.a. dovesse pagare in
conseguenza dell'eventuale accoglimento della domada posta dal
dott. Xxxx (colui che ci
citò in giudizio, nda)
nei confronti della RAI
medesima".(6)
Nel leggere quella raccomandata provai un
dolore denso, nell'incredulità.
Interpello Milena Gabanelli, che si dichiara
estranea alla cosa. La sollecito a intervenire
presso la RAI, e magari anche pubblicamente, contro questa vicenda. Dopo poche settimane e messa di fronte all'evidenza, la Gabanelli tenta di rassicurarmi dicendo che "la
rivalsa che ti era stata fatta (dalla RAI contro
di me, nda) è stata lasciata morire in giudizio...
una lettera extragiudiziale dovuta, ma che
**(la RAI può tecnicamente fare questo in èsarà
lasciata morire nel giudizio in corso... Fivirtù di una clausola contenuta nei contratti nirà tutto
in nulla." (7)
che noi collaboratori siamo costretti a firmare per poter lavorare, la clausola cosiddetta Non sarà così, e non è così oggi: giuridicadi manleva (5), dove è sancita la sollevazione mente parlando, quell'atto di costituzione in
dell'editore da qualsiasi responsabilità legale mora è ancora valido, eccome.
che gli possa venir contestata a causa di un Non solo,
nostro lavoro.
Milena Gabanelli non ha mai preso posizione
Noi giornalisti non abbiamo scelta, dobbiamo pubblicamente contro quell'atto, né si è mai
firmarla pena la perdita del lavoro commis- dissociata dalla linea di difesa della RAI che è
sionatoci, ma come ho già detto l'accordo con interamente contro di me, come sopra deMilena Gabanelli era moralmente ben altro, scritto, e come dimostrano gli ultimi atti del
né è moralmente giusificabile l'operato della
(Continua a pagina 24)
(Continua da pagina 22)
per il pubblico interesse che la RAI la replicò
il 15/2/2003.
Per quella inchiesta io, la RAI e Milena Gabanelli fummo citati in giudizio il 16/11/2004
(1) da un informatore farmaceutico che si ritenne danneggiato dalle rivelazioni da noi fatte.
Il lavoro era stato accuratamente visionato
da uno dei più alti avvocati della RAI prima
della messa in onda, il quale aveva dato il suo
pieno benestare.
Ok, siamo nei guai e trascinati in tribunale.
Per 10 anni Milena Gabanelli mi aveva assicurato che in questi casi io (come gli altri redattori) sarei stato difeso dalla RAI, e dunque
di non preoccuparmi(2). La natura dirompente delle nostre inchieste giustificava la mia
preoccupazione. Mi fidai, e per anni non mi
risparmiai nei rischi.
All'atto di citazione in
giudizio, la RAI e Milena Gabanelli mi abbandonano al mio destino.
Non sarò affatto difeso, mi dovrò arrangiare. La Gabanelli sarà
invece ampiamente difesa da uno degli studi
legali più prestigiosi di
Roma, lo stesso che difende la RAI in questa
controversia legale.(3)
Ma non solo.
La linea difensiva dell'azienda di viale Mazzini e di Milena Gabanelli sarà di chiedere ai
giudici di imputare a me, e solo a me (sic), ogni eventuale misfatto, e perciò ogni eventuale risarcimento in caso di sentenza avversa.
(4)
E questo per un'inchiesta di pubblico interesse da loro (RAI-Gabanelli) voluta, approvata,
trasmessa e replicata.
24 Giustizia e Libertà
INTERNI
18 febbraio 2008
La lettera di Paolo Barnard
(Continua da pagina 23)
processo in corso.(8)
Non mi dilungo.
All'epoca di questi fatti avevo appena lasciato Report, da allora ho lasciato anche la RAI.
Non ci sarà mai più un'inchiesta da me firmata sull'emittente di Stato, e non mi fido
più di alcun editore.
Non mi posso permette di perdere l'unica casa che posseggo o di vedere il mio incerto
reddito di freelance decimato dalle spese legali, poiché abbandonato a me stesso da coloro che si fregiavano delle mie inchieste
'coraggiose'.
Questa non è una mia mancanza di coraggio,
è realismo e senso di responsabilità nei confronti soprattutto dei miei cari.
Così la mia voce d'inchiesta è stata messa a
tacere.
E qui vengo al punto cruciale: siamo già in
tanti colleghi abbandonati e zittiti in questo
modo.
Ecco come funziona la vera "scomparsa dei
fatti", quella che voi non conoscete, oggi diffusissima, quella dove per mettere a tacere si
usano, invece degli 'editti bulgari', i tribunali
in una collusione di fatto con i comportamenti di coloro di cui ti fidavi; comportamenti
tecnicamente ineccepibili, ma moralmente
assai meno.
Questa è censura contro la tenacia e il coraggio dei pochi giornalisti ancora disposti a dire
il vero, operata da parte di chiunque venga
colto nel malaffare, attuata da costoro per
mezzo delle minacce legali e di fatto permessa dal comportamento degli editori.
Gli editori devono difendere i loro giornalisti
che rischiano per il pubblico interesse, e devono impegnarsi a togliere le clausole di
manleva dai contratti che, lo ribadisco, siamo
obbligati a firmare per poter lavorare.
Infatti oggi in Italia sono gli avvocati dei gaglioffi, e gli uffici affari legali dei media, che
di fatto decidono quello che voi verrete a sapere, giocando sulla giusta paura di tanti
giornalisti che rischiano di rovinare le proprie famiglie se raccontano la verità.
Questo bavaglio ha e avrà sempre più un potere paralizzante sulla denuncia dei misfatti
italiani a mezzo stampa o tv, di molto superiore a quello di qualsiasi politico o servo del
Sistema.
Posso solo chiedervi di diffondere con tutta
l'energia possibile questa realtà, via mailing
lists, siti, blogs, parlandone.
Ma ancor più accorato è il mio appello affinché voi non la sottovalutiate.
In ultimo.
E' assai probabile che verrò querelato dalla
RAI e dalla signora Gabanelli per questo mio
grido d'allarme, e ciò non sarà piacevole per
me.
Hanno imbavagliato la mia libertà professionale, ma non imbavaglieranno mai la mia coscienza, perché quello che sto facendo in queste righe è dire la verità per il bene di tutti.
Spero solo che serva.
Grazie di avermi letto.
Paolo Barnard
[email protected]
Note:
1) Tribunale civile di Roma, Atto di citazione, 31095, Roma 10/11/2004.
2) Fatto su cui ho più di un testimone pronto
a confermarlo.
3) Nel volume "Le inchieste di Report"
(Rizzoli BUR, 2006) Milena Gabanelli eroicamente afferma: "...alle nostre spalle non c'è
un'azienda che ci tuteli dalle cause civili".
Prendo atto che il prestigioso studio legale
del Prof. Avv. Andrea Di Porto, Ordinario
nell'Università di Roma La Sapienza, difende
in questo dibattimento sia la RAI che Milena
Gabanelli.
Ma non me.
4) Tribunale Ordinario di Roma, Sezione I
Civile-G.U. dott. Rizzo- R.G.N. 83757/2004,
Roma 30/6/2005: "Per tutto quanto argomentato la RAi-Radiotelevisione Italiana S.p.a. e la
dott.ssa Milena Gabanelli chiedono che l'Illustrissimo Tribunale adìto voglia:...porre a carico del dott. Paolo Barnard ogni conseguenza
risarcitoria...".
5) Un esempio di questa clausola tratto da un
mio contratto con la RAI: "Lei in qualità di
avente diritto... esonera la RAI da ogni responsabilità al riguardo obbligandosi altresì a tenerci indenni da tutti gli oneri di qualsivoglia
natura a noi eventualmente derivanti in ragione del presente accordo, con particolare riferimento a quelli di natura legale o giudiziaria".
6) Raccomandata AR n. 12737143222-9, atto
di costituzione in mora dallo Studio Legale
Di Porto per conto della RAI contro Paolo
Barnard, Roma, 3/10/2005.
7) Email da Milena Gabanelli a Paolo Barnard, 15/11/2005, 09:39:18
8) Tribunale Civile di Roma, Sezione Prima,
Sentenza 10784 n. 5876 Cronologico, 18/5/2007: "la parte convenuta RAI-Gabanelli insisteva anche nelle richieste di cui alle note del
30/6/2005...". (si veda nota 4)
http://www.criticamente.it/News-article-sid-3587-topic-4.html
18 febbraio 2008
INTERNI
Giustizia e Libertà
25
Silvio vince con il lodo menefrego
di Michele Serra (L'ESPRESSO, 08.02.2008)
Grasse risate a Mediaset dopo la
sentenza
delle autorità europee
sull'occupazione abusiva
delle frequenze da parte
di Rete quattro.
Gli avvocati di Silvio
Berlusconi, in formazione tipo (sei accosciati e
cinque in piedi) hanno
fatto sapere che non vale
neanche la pena di fare
ricorso perché la sentenza è già resa nulla dal
Lodo Menefrego, di imminente approvazione
alle Camere dopo la
prossima vittoria elettorale del centrodestra.
Emilio Fede ne ha dato
la notizia nel corso di
una lunga diretta, storpiando in segno di sfregio il nome di tutti e
quattrocento i parlamentari europei, lanciando
freccette contro una cartina di Strasburgo e spiegando che comunque il
suo continente di riferimento è sempre stato
l'Asia.
Il futuro di Retequattro e
di Mediaset, a questo
punto, non può che essere radioso.
Aprile 2008
Per festeggiare la vittoria
elettorale, Berlusconi
compera l'Unesco e fa
proclamare
Cologno
Monzese
patrimonio
mondiale dell'umanità,
come i Sassi di Matera e
il Matchu Pitchu: d'ora in
poi non si potrà toccare
nemmeno una vite.
Il suggestivo dedalo di
rotonde, svincoli, guardie giurate e antenne dove ha sede Mediaset diventa la meta preferita
del turismo per depressi:
dopo avere visto Cologno, anche l'aspirante
suicida è così felice di
tornare a casa che diventa euforico cronico.
Giugno 2008
Per regolarizzare definitivamente la situazione di
Retequattro, si decide
che l'emittente non solo
può occupare le frequenze di un'altra rete, ma ne
occuperà anche gli uffici.
Fede, prendendo possesso della sua nuova scrivania, si siede sopra il
presidente della rete espropriata, invitandolo a
non lamentarsi ad alta
voce perché disturba le
riunioni di redazione.
I giornalisti di Retequattro vengono autorizzati a
parcheggiare la loro macchina sopra le macchine
dei giornalisti di altre
aziende, e all'occorrenza
a rincasare, la sera, nelle
abitazioni dei dipendenti
Rai, pretendendo di trovare la cena pronta e la
moglie truccata.
A Cologno viene eretta
una nuova antenna alta
800 metri: è la più potente del pianeta, in grado di
trasmettere fino ai limiti
del sistema solare le
televendite di materassi,
di prestigiosi bilocali a
soli 20 minuti da Milano e di prodotti per la
pulizia delle auto.
Fa sensazione una telefonata da Urano durante
un'asta di litografie di
de Chirico: il telespettatore, esasperato, fa presente che anche il mercato di Urano è saturo,
da anni, di litografie di
de Chirico.
Settembre 2008
Retequattro occupa anche le frequenze della
Bbc, che è costretta a
trasmettere via cavo
nella sola Londra.
Fede cura personalmente i telegiornali per tutti
i paesi della Ue, storpiando apposta in segno
di dileggio i nomi dei
principali leader politici
europei, fingendo di
dimenticare i nomi delle
capitali e imponendo
previsioni meteo sempre
uguali: pioggia torrenziale su tutta Europa, sole
splendente sull'Italia.
Le previsioni per l'Italia
vengono illustrate da piacenti pin-up seminude,
quelle per il resto d'Europa da anziane pensionate
con grossi porri sul naso.
saggiatore e una replica
serale (tutte le sere) di
Milan-Liverpool con il
finale ritoccato da Carlo
Rossella: il gol del pareggio del Liverpool è
annullato dall'arbitro.
Altro grosso colpo della
Rai: torna la grande satira.
Ogni sera le barzellette
sui cornuti, le spassose
Ottobre 2010
Il presidente della Rai imitazioni del Bagaglino
Agostino Saccà sigla uno e la vignetta di Giorgio
storico accordo con Me- Forattini.
diaset: la Rai potrà replicare tutti i programmi Febbraio 2011
Mediaset il giorno dopo, Mediaset dichiara illegitrinunciando a trasmettere timo il Parlamento euroi propri inutili palinsesti, peo: occupa abusivamencon notevole risparmio di te alcuni edifici a Stradenaro pubblico.
sburgo acquistati da BerUn trattamento di favore lusconi.
viene riservato a Raitre: Lo sfratto viene trasmestrasmetterà ventiquattro so in diretta da Fede che
ore al giorno Milan dileggia i parlamentari an
Channel, compresi tutti ziani mentre cadono dalgli allenamenti, il docu- le scale.
mentario 'Carlo Ancelotti raccontato dalla moglie', le sedute dal mas-
♦
26
INTERNI
Giustizia e Libertà
18 febbraio 2008
Carta Canta
di Marco Travaglio (La Repubblica)
(Stefano Passigli, editore delle
opere di Neruda in Italia, 25 gennaio
2008)
deur. Sono 23 gli arresti
eccellenti (4 in carcere, 19 ai
domiciliari) ordinati dalla
Procura di Santa Maria Capua
Vetere (Caserta) tra gli esponenti campani del partito del ministro della Giustizia Clemente
Mastella, a cominciare da quello
della moglie, Sandra Lonardo
Mastella, presidente del consiglio regionale della Campania,
che si trova da oggi pomeriggio
ai domiciliari nella sua casa di
Ceppaloni (Benevento). E'
accusata di tentata concussione
nei confronti del direttore
generale dell'ospedale di Caserta. I carabinieri hanno eseguito
ordinanze di custodia in carcere
nei confronti di Carlo Camilleri,
consuocero dei Mastella, che si
trova però in ospedale a Benevento da ieri sera. Anche Mastella è indagato per sette capi di
imputazione, compresa la
concussione"
31 gennaio 2008
(Agi, Roma, 16 gennaio 2008).
Lo diceva Neruda
"Io ero un capo naturale. Ero
considerato un intellettuale dalle
mie parti, ai congressi Dc citavo
Gramsci, alle riunioni diocesane
arrivavo con l'Espresso sotto
braccio"
(Clemente Mastella intervistato da
Claudio Sabelli Fioretti, "Sette", 20
dicembre 2001).
"La poesia citata al Senato da
Clemente Mastella e da lui
attribuita a Pablo Neruda non è
mai stata scritta da Neruda"
Come passa
il tempo
"L'11 febbraio del 1994
avevamo il primo appuntamento
ad Arcore per decidere le
candidature. (...) Berlusconi
aveva interesse ad avere alcuni
che fossero parte della Dc ma
non quelli che erano stati in
prima linea. E in più avanzò una
singolare discriminante: non
voleva quelli che erano stati
raggiunti da un avviso di
garanzia. E' paradossale: Berlusconi oggi è incriminato -anche
se io credo che sia una persona
perbene- mentre allora per lui
ba stava un semplice avviso per
farti fuori dalle liste"
"Oggi sentiremo le dichiarazioni
dei rappresentanti dell'Udeur
ma credo che questo partito possa entrare nel centrodestra"
(Silvio Berlusconi, Agi, 23 gennaio
2008).
(1 febbraio 2008)
Come passa il tempo
"Cambiare significa mandare a
casa tutta una classe dirigente
corrotta, che ha distrutto e
massacrato la città di Napoli e
l'area metropolitana, e significa
portare al governo una classe
dirigente nuova e credibile, che
faccia gli interessi dei lavoratori
e dei cittadini, che sappia costruire un futuro nuovo, assi(Clemente Mastella, La Stampa, 23 curare una prospettiva diversa a
tanti giovani, creare città a migennaio 2004).
sura di donne e di uomini:
"Terremoto giudiziario nell'U- questa é la svolta che bisogna
riuscire a mettere in campo. E io
penso che, per la prima volta, le
condizioni vi siano, anche grazie
ai colpi che i giudici giustamente
hanno dato a Tangentopoli,
togliendo via da mezzo al campo
vecchi capi disponenti, troppo
compromessi con il vecchio
sistema di potere (...) E però non
bastano soltanto i giudici. I
giudici stanno..., e lo fanno
molto bene, portano avanti la
loro parte..."
(Antonio Bassolino nel 1993, prima
di diventare sindaco di Napoli, a
Televomero, http://www. youtube.
com/watch?v=b3wNieM4vKg)
"Dunque il primo compito è
quello di portare avanti una
battaglia contro la corruzione,
per ripulire Napoli, per
riconsegnare alla città una
classe dirigente nuova in grado
di riscattare l'onore e la dignità
di tutti quanti noi napoletani.
Poi c'è un lavoro interno, perché come io dico ai giudici: 'Andate avanti senza guardare in
faccia nessuno', anche noi, al
nostro interno, dobbiamo andare avanti senza guardare in
faccia nessuno..."
(Antonio Bassolino nel 1993,
appena nominato commissario
della federazione del Pds e non
ancora candidato a sindaco di
Napoli, http://www. youtube. com/
watch?v=XO6yIqpYmTw).
(4 febbraio 2008)
Non alla Camera,
ma al Senato
"Non cercherò scappatoie facen
domi eleggere all'Europarlamen
to o alla Camera per ottenere il
privilegio dell'immunità"
(Salvatore Cuffaro, "Libero", 20
gennaio 2008).
"E chi l'ha detto che candidere(Continua a pagina 27)
18 febbraio 2008
INTERNI
Giustizia e Libertà
27
Carta Canta
mo Cuffaro al Senato?"
(Michele Vietti, vicesegretario
nazionale dell'Udc, "Annozero", 31
gennaio 2008).
"Il presidente della Regione
Sicilia Salvatore Cuffaro, dopo
le dimissioni irrevocabili annunciate ieri, è stato 'ufficialmente'
invitato da Pier Ferdinando Casi
ni e da tutta l'Udc a presentarsi
in Senato'. A darne notizia è il
segretario regionale dell'Udc in
Sicilia, Saverio Romano, che ha
sentito poco fa al telefono Casini.
'Il giudizio degli elettori -ha
detto Romano- sarà l'occasione
per avere la fiducia che Cuffaro
merita e che non è mai venuta
meno"
(Adnkronos, 27 gennaio 2008).
(5 febbraio 2008)
Impegni inderogabili
"Ho chiesto al tribunale di 'Annozerò presieduto dall'ex
onorevole Santoro, oggi nelle
vesti di novello inquisitore, che
se ha deciso di riprocessermi lo
faccia in mia presenza e per
questo ribadisco la mia richiesta
di spostare al prossimo giovedì
la puntata che mi riguarda.
L'unica cosa che mi dispiace è il
fatto che nonostante la mia
disponibilità egli abbia deciso di
farlo, in contumacia, e non certo
per colpa mia, ma perché
quando sono stato invitato,
avevo già assunto altri impegni.
Torno a ribadire la richiesta di
spostare di una settimana la
puntata. Io gradirei essere
pres ente e affronta re il
contradditorio"
(Salvatore Cuffaro, Il Giornale, 30
gennaio 2008).
"Palermo. Il 31 gennaio per chi
ha studiato dai salesiani é un
giorno particolarissimo: si
festeggia il fondatore San
Giovanni Bosco... Totò Cuffaro
dai padri salesiani ha trascorso
gli anni dell'adolescenza, avendo
frequentato il collegio 'Don
Boscò di Palermo. E ha voluto
essere presente anche quest'anno, benché nello stesso giorno il
conduttore di 'Annozerò Michele
Santoro avesse deciso di parlare
di lui nel corso della sua
trasmissione, mandando in onda
il film 'La mafia é bianca'.
Santoro non ha voluto spostare
la puntata della sua trasmissione
e neanche Cuffaro ha voluto
rinunciare al suo appuntamento
annuale con Don Bosco e con
tutti gli ex allievi che in questa
circostanza si riuniscono per
trascorrere insieme una serata,
rievocando i tempi che furono.
(...). 'Non sono andato da
Santoro - confida l'ex presidente
della Regione al cronista perché oggi é una giornata
particolare per me e per tutti
quelli che siamo stati educati dai
salesiani'. Il telefono cellulare
squilla in continuazione.
'Santoro?, no non ci sono andato
Non ho neanche l'intenzione di
vedere la trasmissione'. Poi tutti
in macchina verso Sferracavallo,
in un noto ristorante della
borgata marinara di Palermo,
per trascorrere una serata in
tranquillità, per cercare di
dimenticare le pene quotidiane.
Nella sala del ristorante non c'è
la televisione. Una cinquantina
di persone prendono posto
allegramente. Sono quasi le 21,
Cuffaro dissimula la sua ansia.
Poi, fa qualche telefonata: 'E'
cominciato, cosa dicono?'. Ma
siamo ancora alle battute
iniziali. Però, la presenza del
senatore Vietti nello studio di
Santoro, lo rassicura. Intanto
cominciano ad arrivare a tavola
le prime portate: sarde a
beccafico, alici marinate,
ostriche, cozze..."
("Cuffaro spegne la tv: 'Preferisco
don Bosco'. Una serata con l'ex
governatore. Rimpatriata con gli
amici alla festa dei salesiani.
'Stasera non voglio sentir parlare di
Santoro'", "La Sicilia", 1° febbraio
2008).
"Totò Cuffaro è
stato linciato nella
trasmissione
Annozero
di
Michele
Santoro
senza aver nessuna possibilità
di replicare ad un filmato
colmo
di
affermazioni
unilaterali e faziose. Bene ha
fatto il Garante ad ammonire
sia la Rai sia Santoro per
essersi messo sotto i piedi le
regole di una informazione
corretta, con l'aggravante di
non averlo fatto utilizzando il
servizio pubblico. Anche il
presidente della Commissione
di Vigilanza Rai farebbe bene a
chiedere spiegazioni e a richiamare all'osservanza alle regole
comuni della civiltà oltre che di
quelle del servizio pubblico"
(Rocco Buttiglione, presidente
dell'Udc, tgcom. mediaset, 1
febbraio 2008).
(6 febbraio 2008)
Patto fra
gentiluomini
"Sono d'accordo con la filosofia
di Veltroni, non sacrificherò le
mie idee per tenere in piedi una
coalizione, non scenderò a patti
con nessuno. Il Popolo della
Libertà nasce per correre da
solo"
(Silvio Berlusconi, La Stampa, 19
dicembre 2007).
"Noi siamo già pronti a stipulare un patto per andare da soli
alle elezioni. Bisogna vedere se
Veltroni è pronto ad accettarne
le conseguenze"
(Fabrizio Cicchitto, vicecoordinatore FI, La Stampa, 19 dicembre
2007).
(7 febbraio 2008)
Marco Travaglio
Carta Canta
La Repubblica
28
INTERNI
Giustizia e Libertà
18 febbraio 2008
. . . dalla Stampa Estera
(al 27.01.2008)
di CaLmBiG
Il laicismo credente,
un modo di gestire
il rapporto fra
religione e stato
Il laicismo credente distingue fra la
“religione” e i “dotti religiosi”. Questo è l’aspetto
più importante che lo differenzia dalle altre due correnti di pensiero antagoniste. Infatti, la corrente laica
(non credente) non fa distinzione fra la religione e gli
“uomini di religione”, e chiede di allontanare entrambi dalla politica e dalla gestione dello stato,
chiamando questa richiesta “separazione tra religione
e stato”. Sul fronte opposto, la corrente della
“Hakimiya” anch’essa evita di scindere la religione
da coloro che pretendono di rappresentarla, chiedendo che lo stato e la politica si assoggettino ai
“religiosi” (il termine “hakimiya” letteralmente
vuol dire “sovranità”, con riferimento all’assoluta
sovranità di Dio; in questa accezione, esso può essere fatto coincidere con la Legge Divina; questo
termine, utilizzato fra gli altri da pensatori come
Mawdudi e Sayyid Qutb, occupa una posizione molto controversa all’interno del pensiero islamico moderno; a seconda dell’interpretazione che se ne dà,
esso può tradursi in uno strumento di emancipazione dell’umanità, che impedisce a coloro che gestiscono l’autorità di monopolizzare il potere e l’interpretazione della legge [essendo la legge divina attingibile soltanto attraverso uno sforzo di interpretazione (ijtihad), che come tale sarà sempre soggetto ad una evoluzione e ad un miglioramento, e che
pertanto contiene in sé il concetto di tolleranza e di
pluralismo], oppure nel suo esatto contrario, nel
momento in cui una classe ristretta si erge a depositaria ed interprete esclusiva della legge divina; è a
quest’ultima tendenza, diffusa in molte correnti
fondamentaliste, che si riferisce l’autore dell’articolo (N.d.T.)).
Secondo tale corrente, è solo in questo modo che si
può garantire che la legge islamica governi i diversi
aspetti della vita, ovvero è solo così che si può ristabilire la vera religione. Ma questa è una concezione
“sacerdotale” che contrasta con la filosofia dell’Islam, la quale vieta l’esistenza di un clero che pretenda di gestire un potere spirituale sulle persone, e
che si erga a rappresentante esclusivo della religione
e ad unica autorità che abbia il potere di interpretarla. L’Islam proibisce l’esistenza di un “clero” di
questo genere, anche laddove i suoi rappresentati
tentino di nascondersi dietro la definizione di
“ulema” (gli “ulema”, o più correttamente ‘ulamā’,
sono i dotti musulmani in scienze religiose, una
definizione che può contenere numerose sfumature; la caratteristica fondamentale di queste figure
religiose è però rappresentata dal fatto che essi non
possono essere assimilati ad un corpo sacerdotale o
ad un clero organizzato, essendo privi di qualsiasi
investitura sacramentale (N.d.T.)).
Il laicismo credente nasce dal cuore della cultura e
della civiltà arabo-islamica. Questo è il motivo per
cui esso distingue fra la religione e coloro che si ergono a suoi rappresentanti. Era naturale che il laicismo europeo portasse alla separazione della religione dallo stato, dalla politica, e dai vari aspetti della
vita sociale, poiché in Europa la religione ed i religiosi sono obiettivamente una cosa sola. Il potere
spirituale sacerdotale dei religiosi venne riconosciuto nel Medio Evo. Ma all’interno della nostra cultura
arabo-islamica, e nell’ambito degli attuali bisogni
della nostra civiltà, non è richiesto – e non è nel nostro interesse – allontanare l’Islam dalla nostra vita
sociale e politica, visto che esso rappresenta una
fonte di civiltà e di progresso valida in ogni tempo.
Tuttavia, è nostro interesse ristabilire la vera filosofia progressista del messaggio dell’Islam, purificandolo dalle menzogne che gli sono state attribuite.
Per questa ragione, il laicismo credente invita a promuovere l’Islam nella politica e nella società, escludendo però i religiosi dagli affari politici, ed impedendo che assumano un ruolo di controllo sulla vita
quotidiana della gente. L’Islam reale, infatti, non ha
un corpo sacerdotale.
Questa è una risposta ai bisogni della nostra civiltà.
Quando infatti un leader politico proviene dalla classe di coloro che pretendono di esercitare un potere
spirituale sulle persone, egli agisce di testa propria e
non permette di essere contraddetto. Ciò sancisce la
tirannia, che rappresenta oggi all’interno del mondo
arabo una delle principali cause della nostra arretratezza. Separare i religiosi – e non la religione – dallo
stato impedisce che esso si trasformi in uno stato
totalitario che consacra un leader ed obbliga le persone a seguirne le opinioni ed i pensieri, in base alla
pretesa secondo cui tali pensieri proverrebbero dalla
religione. La salvaguardia della religione è invece
una questione che non ha niente a che fare con la
(Continua a pagina 29)
18 febbraio 2008
STAMPA ESTERA
Giustizia e Libertà
29
… dalla stampa estera (al 28.11.2007)
(Continua da pagina 28)
coercizione, e che dipende dalle scelte della gente.
Se le persone scelgono un programma di ispirazione
islamica per governare lo stato, la gestione del governo avverrà su basi di umanità, e secondo uno sforzo interpretativo (ijtihad) che non pretende di parlare
a nome di Dio, che non proibisce il dissenso e l’opposizione, e che non aspira ad omologare le persone
al proprio volere. Un programma politico di questo
genere è anche in grado di lasciare spazio ad un programma differente qualora la maggioranza lo volesse.
Dunque, l’efficacia dell’Islam nello stato e nella società è basata sulla comprensione degli interessi delle
persone e della nazione, e su un approccio analitico
ed oggettivo alle diverse questioni, che sappia legare
le cause agli effetti. Non è basato invece sull’inerzia
fondata su concetti religiosi errati, sostenuti da coloro che pretendono di possedere un’autorità spirituale
in quanto rappresentanti della religione di Dio.
La corrente della Hakimiya, che appoggia l’autorità
dei religiosi, si prefigge di imporre la legge di Dio
allo scopo di ottenerne i favori. L’efficacia di una
simile strategia non fa, dunque, affidamento sul fattore umano e sul principio di causa-effetto, ma su
eventi soprannaturali che dovrebbero condurci alla
vittoria. Ciò significa che la rinascita scientifica e
culturale non sono un obiettivo dal punto di vista di
questa corrente, poiché possiamo vincere anche con
tutta la nostra arretratezza, se riusciamo ad attirare su
di noi l’appoggio di Dio! Naturalmente, questa idea
errata è in contraddizione con la filosofia dell’Islam,
così come l’idea che identifica la religione con i
“dotti” religiosi.
Il laicismo credente, invece, punta a creare le condizioni oggettive necessarie alla rinascita, perseguendo
due priorità: smascherare i concetti errati che dominano la realtà, e spingere le persone ad impegnarsi
nel processo di sviluppo e di rinascita, dando ascolto
alle loro scelte, e rispondendo in maniera oggettiva
alle loro necessità ed ai loro bisogni.
Ovviamente, i “religiosi” considereranno questo approccio una deviazione dall’Islam – naturalmente
secondo la comprensione che essi ne hanno. Ma si
tratta di un comportamento ben strano, visto che essi,
se da un lato impediscono alla gente di “discutere di
religione” – arrogando questo diritto esclusivamente
a se stessi, sulla base della loro supposta specializzazione in questo campo – dall’altro non esitano ad intervenire in tutte le questioni, compresa la politica,
anche se essi non hanno alcuna specializzazione in
questo campo.
Il laicismo credente vieta la politica ai “religiosi”,
anch’esso sulla base di un principio di specializzazione. Non è infatti ammissibile riunire il potere politico ed il potere spirituale nelle mani delle stesse
persone.
http://www.alghad.jo/?news=223221
Guantanamo
come simbolo
L’11 gennaio ha segnato il 6° anniversario della creazione del campo di detenzione di Guantanamo. Soltanto pochi mesi dopo l’inizio dell’invasione statunitense dell’Afghanistan nel 2001, un grosso aereo
cargo atterrò in una base militare americana nella
Baia di Guantanamo a Cuba, sbarcando un gruppo
di sospetti “terroristi” rattrappiti, bendati, e rivestiti
di una tuta arancione, i quali apparentemente rappresentavano la feccia dell’umanità. Questo gruppo
comprendeva bambini, anziani, operatori umanitari,
giornalisti, e persone che erano state vendute all’esercito americano in cambio di una generosa ricompensa.
Fin da allora, il dibattito intorno a questa famigerata
prigione è stato guastato da un facile “riduzionismo”.
Il fatto è che Guantanamo non è né un campo autorizzato per la detenzione di “brutta gente” -come
spiegò il sempre schietto presidente Bush- né una
semplice macchia nell’altrimenti luminoso primato
americano di rispetto dei diritti umani, del diritto di
guerra e dei trattati internazionali.
Semmai, Guantanamo è soltanto un’appendice di
una lunga lista di violazioni non dichiarate praticate
dall’amministrazione Bush, che fanno sì che questo
campo possa essere considerato come il simbolo di
una politica diffusa, basata su un noncurante sovvertimento della legalità internazionale.
La prigione è probabilmente una delle più gravi beffe ai danni della legalità internazionale, che tra l’altro fu in parte redatta da legali americani. Forse neanche le passate amministrazioni USA saranno state
devote sostenitrici delle Convenzioni di Ginevra,
tuttavia non hanno mai agito in spregio ai trattati
internazionali in maniera così esplicita ed arrogante
come l’attuale amministrazione.
L’ex ministro della giustizia Alberto Gonzales, un
amico personale del presidente Bush, era talmente
abile da permettere ai suoi collaboratori di adornare
le loro azioni gratuite di un’aura di legalità. Guantanamo fu il suo massimo capolavoro.
Centinaia di prigionieri di Guantanamo sono stati
successivamente rilasciati, alcuni sono stati dati in
custodia ai loro rispettivi governi. Circa 275 detenuti
rimangono tuttora nel campo. Su un totale di circa
1.000 internati, solo 10 hanno un’accusa a loro cari(Continua a pagina 30)
30 Giustizia e Libertà
STAMPA ESTERA
18 febbraio 2008
… dalla stampa estera (al 28.11.2007)
(Continua da pagina 29)
co.
I prigionieri di Guantanamo erano “fra i più pericolosi, feroci, e meglio addestrati assassini sulla faccia della terra”, secondo l’ex segretario alla difesa
Donald Rumsfeld. Se fosse stato davvero così, perché Rumsfeld non è stato pronto a farli processare in
un tribunale? Dopotutto, il suo giudizio così netto
dovrebbe dimostrare che egli era in possesso di prove schiaccianti, sufficienti a qualsiasi tribunale per
condannarli e gettarli in prigione. Ma, naturalmente,
la questione della presenza o dell’assenza di prove
era irrilevante.
Nessun habeas corpus, giusto processo, o insieme di
leggi nazionali od internazionali, importavano molto
ad un’amministrazione che si gloriava della sua capacità di trascendere tutto questo. Naturalmente, un
simile disprezzo della legalità venne giustificato con
la scusa degli interessi nazionali, e con un insieme di
altri logori pretesti.
Il tempo, tuttavia, ha dimostrato che Guantanamo, e
la sprezzante aggressività che simboleggiava, hanno
probabilmente arrecato maggior danno agli interessi
nazionali americani di qualsiasi altro evento della
storia degli Stati Uniti.
Nei primi anni, i prigionieri a Guantanamo vennero
tenuti all’interno di gabbie all’aperto, con nient’altro
che una stuoia ed un secchio come gabinetto.
Anthony D. Romero, direttore esecutivo dell’Unione
Americana per le Libertà Civili, ha scritto: “Ora
sappiamo che solo una piccola percentuale delle
molte centinaia di uomini e di ragazzi che sono
stati detenuti a Guantanamo furono catturati su
un campo di battaglia mentre combattevano contro gli americani; molti di più vennero venduti
dai signori della guerra in cambio di sostanziose
ricompense”.
Romero cita le osservazioni fatte da un ex comandante di Guantanamo, il brigadier generale Jay Hood. Il comandante rivelò al Wall Street Journal: “A
volte, semplicemente non ci consegnavano le persone giuste”.
Per di più, sia l’ex segretario di stato Colin Powell
che l’attuale segretario Condoleezza Rice hanno
chiesto la chiusura di Guantanamo -oltre a diversi
organismi internazionali e numerose associazioni di
difesa dei diritti umani negli Stati Uniti ed all’estero.
Ma l’amministrazione Bush tuttora insiste a mantenere in funzione Guantanamo. E’ probabile che – se
del tutto i prigionieri di Guantanamo furono di qualche utilità nell’operazione Enduring Freedom e nella
cosiddetta guerra globale al terrore – ogni informazione eventualmente in possesso di qualcuno di essi
gli sia stata già estorta, con la violenza o con altri
metodi. Inoltre, se delle prove schiaccianti contro di
essi fossero davvero esistite, l’amministrazione
Bush li avrebbe processati già da lungo tempo. Nessuno dei due scenari è convincente.
Dalle pagine del Sydney Morning Herald, Leigh Sales fece la dubbia affermazione secondo cui “il problema è cosa fare con i prigionieri se il campo viene
chiuso. Se essi vengono trasferiti nelle carceri americane, dovranno essere accusati e processati secondo le leggi americane. Le prove raccolte attraverso
interrogatori coercitivi non sarebbero ammissibili
nei tribunali ordinari, e così Bush rischierebbe di
vedere gente come Mohamed e Hambali tornare in
libertà”. Un commento di questo genere, ripreso anche da altri, suggerisce che dietro la volontà di mantenere in attività la prigione di Guantanamo vi sarebbero ragioni dettate dall’interesse nazionale.
Tuttavia, Guantanamo continua ad esistere, esattamente per la stessa ragione per cui ancora infuria la
guerra in Iraq, e per la stessa ragione per cui la fallimentare politica globale dell’amministrazione Bush
tuttora va avanti. Chiudere Guantanamo vorrebbe
dire ammettere la sconfitta, dichiarare il fallimento,
qualcosa che i sostenitori dell’impero non possono
permettersi – almeno non adesso.
L’11 settembre fu il momento opportuno per tradurre in realtà una nuova dottrina, delineata dal “Progetto per il Nuovo Secolo Americano” (Il PNAC
[Project for the New American Century], è un
think-thank americano fondato nel 1997, con sede
a Washington; esso fa capo al movimento neocon
americano; fra i suoi fondatori figurano Dick Cheney, Donald Rumsfeld, Paul Wolfowitz, ed altre
figure di spicco dello schieramento neoconservatore (N.d.T.) ), un disperato tentativo di sostenere un
impero che deve far fronte a difficili sfide. La tattica, utilizzata subito dopo gli attacchi terroristici,
puntava su uno stile di politica estera e di politica
militare formulato in modo da non dover rendere
conto a nessuno, né al popolo americano, né alle Nazioni Unite, né alla legalità internazionale. Guantanamo è la grottesca rappresentazione di questa tattica - oltre che il suo fallimento.
In effetti, Guantanamo è una macchia nella storia
americana, e resterà nella storia mondiale come un
simbolo di ingiustizia e di oppressione, mantenendo
vivo il ricordo della disumanità, delle torture, e dell’estrema violenza associate alla cosiddetta “guerra
al terrore” dell’amministrazione Bush.
http://weekly.ahram.org.eg/2008/880/in5.htm
CaLmBiG
ULTIM’ORA
18 febbraio 2008
Giustizia e Libertà
31
Retroscena, lo strappo finale nell’ex CDL
Così non lascerò a Pier
potere di vita e di morte
Silvio: o vinco alla mia maniera o niente, sono stufo di farmi logorare
di Augusto Minzolini (La Stampa, 16.02.2008)
ROMA
Per comprendere l’intransigenza
con cui Silvio Berlusconi si sta
muovendo nel rapporto con
l’Udc e, più in generale, nel capitolo delle alleanze bisogna
scrutare nel suo stato d’animo.
«Vedete -spiegava ieri nel cortile di palazzo Grazioli- non ho
l’imperativo categorico di vincere queste elezioni. O vinco
alla mia maniera, con un largo
margine, e riesco a governare
come voglio, facendo le cose
che servono al Paese e ai cittadini. O altrimenti niente, alla
mia età non voglio logorarmi
in trattative estenuanti. Io non
dovrei fare neppure la campagna elettorale perché gli italiani mi conoscono. Sono loro che
debbono decidere se mi vogliono oppure no».
Se il Cavaliere si è accostato alla
trattativa con gli ex-Dc con queste idee in testa è evidente che i
margini di un’intesa sono sempre
stati davvero ridotti. Perché il
problema del «simbolo» dell’Udc ha sempre nascosto una
questione ben più complessa:
nella mente del Cavaliere, infatti,
magari per un eccesso di diffidenza, l’obiettivo perseguito da
Pierferdinando Casini e dai suoi
è sempre stato quello di avere i
numeri nel prossimo Parlamento
per poter esercitare una sorta di
diritto di vita o di morte sul governo, semmai il centro-destra
dovesse vincere le prossime elezioni.
«Casini è il solito -ha spiegato
Berlusconi ancora ieri sera ai
suoi- Vuole avere abbastanza
seggi per esercitare una sorta
di golden-share sul centrodestra. I suoi piani sono prevedibili: se vinciamo le elezioni
con un largo margine, lui può
ricominciare il gioco delle trattative estenuanti del 2001 verso
il quale io ho maturato un’avversione antropologica; se, invece, i margini sono ridotti,
può tentare fughe in avanti
verso il Pd per mettere in piedi
altri governi con maggioranze
diverse. Per quale motivo noi
dovremmo dargli i voti per mettere in cantiere operazioni del
genere?».
Ecco perché la trattativa è sempre
(Continua a pagina 32)
"Il nuovo partito fondato da Berlusconi in piazza San Babila ?
Comportarsi nel modo in cui sta facendo Berlusconi non ha
niente a che fare con il teatrino della politica: significa essere
alle comiche finali. (….) Se vuole fare il premier, deve fare i
conti con me, che ho pure vent'anni di meno. Mica crederà di
essere eterno (…) Lui a Palazzo Chigi non ci tornerà mai. Per
farlo ha bisogno del mio voto, ma non lo avrà mai più. Mai. Si
faccia appoggiare da Veltroni"
(Gianfranco Fini, 18 novembre 2007)
"Abbiamo vissuto l'epoca berlusconiana con un certo qual disagio (...). Le vignette che lo rappresentavano come uno
scodinzolante cagnolino intorno a Bush hanno fatto il giro del
mondo (...). Non si sottovaluti la portata di queste sue celebri
gaffes internazionali"
(Il Secolo d'Italia, organo ufficiale di An, 23 novembre 2007)
"Il Cavaliere ha distrutto la Cdl, e ora dovremmo bussare alla
sua porta con il cappello in mano e la cenere in testa ? Non
siamo postulanti. Io tornare all'ovile ? Sono il presidente di
An, non una pecora"
(Gianfranco Fini, 16 dicembre 2007)
32 Giustizia e Libertà
ULTIM’ORA
18 febbraio 2008
Così non lascerò a Pier potere di vita e di morte
stata in salita e ha sempre avuto
poche «chance» di riuscita. Chi
si è dato più da fare per trovare
un’intesa è stato il mediatore per
eccellenza, Gianni Letta. Ma si è
mosso sempre tra grandi difficoltà. Certo non è che il Cavaliere
non abbia colto i rischi insiti nella rottura con l’Udc: Veltroni ha
già cominciato a legittimare
l’Udc come polo di «centro»
dello scenario politico con il tentativo di assegnare al Pdl il ruolo
di polo di destra («chi lancia
queste accuse -è sta la risposta
del leader del Pdl - si dimentica
che noi in Italia rappresentiamo il Ppe»); ed ancora, con il
divorzio tra Berlusconi e Casini
il leader del Pd può dire che i
giochi non sono ancora fatti e
risucchiare parte del consenso
della sinistra massimalista usando l’argomento del «voto utile»
per battere Berlusconi. Ma, a
quanto pare, tutti questi elementi
sono apparsi al Cavaliere sicuramente meno pericolosi dell’incognita di ritrovarsi nel prossimo
Parlamento con Casini in un «ruo lo decisivo».
Per questo il leader del centrodestra non ha offerto al suo interlocutore nessuna «subordinata»
se non l’adesione al Pdl. Nella
trattativa di questi giorni Casini,
invece, qualcosa l’aveva concesso: il simbolo del’Udc senza il
suo nome, l’adesione ai gruppi
parlamentari della Pdl dopo le
elezioni; ed ancora, la promessa
che l’Udc sarebbe andata sotto le
insegne del Popolo della Libertà
nelle prossime elezioni europee.
Ieri, a quanto pare, Letta aveva
immaginato anche un’ultima ipotesi di mediazione: l’Udc nel Pdl
alla Camera e con il suo simbolo
al Senato. Ma Berlusconi non si
è convinto e neppure Casini.
Nella telefonata di ieri pomeriggio tra i due il leader dell’Udc ha
chiesto di nuovo di correre con il
proprio simbolo.
«E’ una questione di dignità»,
ha detto al suo interlocutore. Ma
Berlusconi è rimasto fermo:
«Guarda il sacrificio che ho
chiesto a te l’hanno già fatto
Forza Italia e An. Non posso
cambiare posizione anche perché Fini e Bossi sono anche più
rigidi di me. Se concedessi
qualcosa di più a te dovremmo
ridiscutere tutto».
Casini che ormai non c’era più
niente da fare: «Silvio -ha confidato ad un collaboratore- ha dimostrato la mia stessa fermezza».
raggiungimento del quorum alla
Camera. Inoltre c’è da tenere conto
della disparità dei mezzi economici che come insegnano le elezioni
americane hanno il loro peso: alla
vigilia di questa campagna elettorale l’azionista Berlusconi, a differenza degli anni precedenti, ha ritirato 144 milioni di euro di dividendi dalle holding della Fininvest. Ora bisogna vedere se tutti
questi elementi spingeranno Casini
a cambiare idea all’ultimo momento.
A preferire il vecchio motto
«primum vivere», magari sotto
altre insegne. Anche perché la situazione per gli ex-Dc può farsi
davvero difficile. Ieri sera nel cortile di Palazzo Grazioli a chi gli
chiedeva cosa succederà all’Udc se
deciderà di correre da sola, Berlusconi non ha dato valutazioni politiche.
Si è fatto il segno della croce accompagnato solo da una frase laconica: «Porteremo i fiori...».
A questo punto l’epilogo della vicenda non è più affidato alla trattativa ma alla prova di forza. L’Udc,
infatti, sta subendo un’emorragia
di parlamentari e di quadri verso il
Pdl (dagli ex-Dc di Catania a quelli del Piemonte). C’è ancora in ballo l’ipotesi di un’alleanza alle politiche di Berlusconi con il leader
del Mpa Raffaele Lombardo: quest’ultimo capeggerebbe una sorta
di Lega Sud e in cambio il centrodestra appoggerebbe la sua candidatura alla presidenza della Regione.
«Se Lombardo si allea con noi ammette Gianfranco Miccichè- io
ritiro la mia candidatura a governatore».
Inoltre la scelta di correre da soli
al di fuori del Pdl -secondo un mini-sondaggio arrivato ieri sulla
scrivania del Cavaliere- potrebbe
costare all’Udc (ma siamo solo Augusto Minzolini
agli inizi di questa campagna elet- La Stampa
torale) il 2% mettendo a rischio il 16.02.2008)
Fini: «An sciolta in autunno»
Intervista a “Libero” «con un congresso stabiliremo le tappee le regole che porterannoad un
soggetto unico
da www.corriere .it (16.02.2008)
Alleanza
nazionale
non c'è più.
Ma la sua fine verrà
certificata tra qualche
mese.
«In autunno si terrà
il congresso di Alleanza nazionale e lì
stabiliremo le tappe e
le regole che porteranno a un soggetto
unico. Lo scioglimento di An passerà da
quel congresso. Ovviamente la stessa cosa dovrà farla Forza Italia».
Lo ha dichiarato il presidente di
Alleanza nazionale Gianfranco
Fini in un’intervista concessa al
quotidiano «Libero».
da solo alle elezioni la
cosa non potrà che
dispiacermi. Però il
mio amico Pier non
può pretendere di fare
parte di una coalizione senza partecipare
al progetto da cui è
nata. L’alleanza con
la Lega è un fatto a sé
per la sua tipicità del
suo essere movimento
territoriale.
L’Udc
non è nella stessa condizione».
Fini esclude di fare una semplice
alleanza elettorale con Casini così
come il Pd l’ha fatta con L’Italia
dei Valori di Di Pietro.
"Francamente non vedo la ragione dell’operazione. Veltroni ha
fatto l’accordo con l’Italia dei
RAPPORTO CON L'UDC
Sul rapporto con l’Udc di Casini, Valori perché spera di aggancia(Continua a pagina 33)
Parole che hanno fatto capire a Fini ha dichiarato che «Se andrà
ULTIM’ORA
18 febbraio 2008
Giustizia e Libertà
33
LE ALLEANZE VERSO IL VOTO
Casini: «senza intesa sarà scontro»
Il leader dell’Udc: «Ho telefonato a Berlusconi, ma era occupato.
Sono ore decisive. Cuffaro ? Sarà candidato»
da www.Corriere .it (15.02.2008)
La questione non è ancora chiusa.
A lasciare aperto uno spiraglio è
lo stesso Pier Ferdinando Casini.
«Poco fa ho telefonato a Berlusconi -dichiara il leader dell'Udc a
"Radio Anch'io"- un gesto che
mi sembrava importante, ma
non l'ho trovato, era occupato e
mi richiamerà più tardi. È giusto che lo chiami io, definiremo
nelle prossime ore il da farsi ma
prima di fare una scelta definitiva è opportuno che ognuno si
assuma la propria responsabilità».
ORE DECISIVE
Lo strappo definitivo con il Popolo delle Libertà, in vista delle pros
sime elezioni, non è dunque ancora consumato.
«Queste sono ore decisive spiega Casini a "Panorama del
giorno"- entro sabato devo sciogliere la riserva sulla richiesta
del mio partito di candidarmi
alla presidenza del Consiglio».
«Se non ci saranno le condizioni
per un'intesa, non avremo altra
scelta -aggiunge l'ex presidente
della Camera-, faremo una battaglia politica vera, non di testimonianza, ci sarà uno scontro
come quello tra Bertinotti e Veltroni».
«Il problema è nelle mani di
Fini: An sciolta in ...
(Continua da pagina 32)
re il dipietrismo, cioè quel miscuglio di antipolitica e di giustizialismo che l’ex pm rappresenta insieme a Grillo. E comunque non vedo neanche il
perché dovremmo ripetere l’errore di Veltroni. Lui aveva detto che sarebbe andato da solo e
invece ha stretto un accordo con
Di Pietro. Lasciamo che sia il
solo a contraddirsi».
Fini ha anche sottolineato che il
nuovo partito «Il Popolo della
Libertà non nasce a San Babila,
sul predellino o ai gazebo: nascerà nell’urna il 13 e il 14 aprile e che non è un partito deciso
unilateralmente da Berlusconi».
www.corriere .it
(16.02.2008)
Berlusconi -sottolinea ancora Casini-. L'intesa c'era già, non capisco cosa abbia determinato il
fatto che non ci sia. La pretesa
di escluderci dall'accorpamento
elettorale ha determinato questa
situazione».
«NON RINUNCIO
A ME STESSO»
Il leader dell'Udc ribadisce di non
essere disposto a fare passi indietro: quello che chiede è di poter
correre alle elezioni con il proprio
simbolo, in un'alleanza con il Pdl,
al pari della Lega, e non di entrare
all'interno della nuova formazione
politica nella quale sono confluite
Forza Italia e An. Nessuna offerta,
spiega, può fargli cambiare idea:
«Diventare ministro degli Esteri
è una cosa piacevolissima, ma
non a prezzo del silenzio politico: oggi mi si chiede di rinunciare a me stesso, tutto mi si può
chiedere ma non questo».
ANCHE ALL'OPPOSIZIONE
E dopo il voto ?
«Se l'Udc dovesse andare alle
prossime elezioni da sola e il
centrodestra non raggiungerà la
maggioranza - risponde il leader
Udc - i centristi staranno all'opposizione: pensare oggi di fare
alleanze dopo il voto è una cosa
che sta tra il grottesco e il ridicolo. Se il centrodestra non avrà
la maggioranza si potranno creare situazioni diverse»
SI' A CUFFARO
Casini conferma poi l'intenzione
dei centristi di candidare Salvatore
Cuffaro (condannato in primo grado a cinque anni di reclusione per
favoreggiamento semplice nel
processo sulle talpe alla Procura
di Palermo): «Penso proprio di
sì, penso che sarà ricandidato.
Dobbiamo tenere presente che
la Costituzione prevede la presunzione d'innocenza fino a una
condanna definitiva -sottolinea
Casini- I partiti devono assumersi la responsabilità delle
scelte, noi ce le assumiamo».
E Cuffaro è stato infatti nominato
commissario del partito per la provincia di Catania. Cuffaro subentra al dimissionario Filippo Drago.
Un annuncio che sollecita la replica di Antonio Di Pietro: «Tra le
cose importanti che abbiamo
seminato insieme a Veltroni dice il leader dell'IdV- c'è già un
anticipo di programma su questo tema dell'etica in politica: la
non candidabilità delle persone
condannate con sentenza penale
passata in giudicato e, abbiamo
aggiunto, anche di quelle in primo grado».
NO A MASTELLA
Successivamente Casini ha ribadito il no dell'Udc, se dovesse andare da solo, a un accordo con l'Udeur di Mastella: «Non mi sento
pronto a sottoscrivere un patto
con Clemente Mastella, visto
che in questi anni abbiamo avuto sempre idee diverse. La gente
non capirebbe, tre quarti del
mio partito non capirebbe».
A Mastella, Casini augura «le migliori fortune, so che è in trattative con Berlusconi. Spero lui le
auguri a me. Io rispetto il suo
partito ma le nostre scelte sono
diverse».
CESA
Ma se Casini dice no a Mastella, il
partito apre comunque ad un'alleanza, probabilmente con la «Rosa
bianca» anche in caso non si trovi
l'accordo con il Pdl. Lo ha detto il
segretario nazionale dell'Udc, Lorenzo Cesa, intervenendo a Bari
ad un incontro elettorale.
«Nell'eventualità che Casini corra da leader -ha aggiunto- non
saremo soli in questa avventura».
www.Corriere .it
15.02.2008
ULTIM’ORA
34 Giustizia e Libertà
18 febbraio 2008
L'Udc corre da sola, Casini candidato
Berlusconi: «Avrà un risultato modesto»
Il Cavaliere tenta un ultimo appello ai centristi.
Ma loro replicano: «Mai senza il nostro simbolo»
di a. sa. (Corriere della Sera, 14.02.2008)
ROMA
Silvio Berlusconi e Pier
Ferdinando Casini sono
ufficialmente ex alleati. Di
più: alle prossime elezioni
politiche saranno entrambi
in corsa per la stessa poltrona, quella di presidente
del Consiglio. La direzione dell'Udc ha approvato
all'unanimità un documento in cui si conferma la
scelta di una corsa in solitaria e si chiede all'ex presidente della Camera di
assumere l'onere della
candidatura a premier per
lo scudo crociato. Il leader
di Forza Italia, che in mattinata aveva lanciato l'ennesimo
appello-ultimatum all'unità, incassa dunque il gran rifiuto.
«RISULTATO MODESTO»
La decisione deve ancora essere
ufficializzata, in particolare Casini dovrà sciogliere ogni riserva.
Ma il consenso unanime espresso
dallo stato maggiore del partito
lascia pochi dubbi sul fatto che
l'Udc e il Pdl affronteranno la sfida elettorale da due posizioni diverse. Uno scenario, questo, che
si era fatto via via più chiaro con
il passare delle ore. Al punto che
in mattinata lo stesso Berlusconi,
partecipando a Uno Mattina, era
arrivato a pronosticare un risultato «molto modesto» per i centristi in caso di una loro corsa in
solitaria. Pier Ferdinando Casini, però, lascia ancora aperto uno
spiraglio: «Parlerò con Berlusconi - ha detto il leader carismatico del partito-. Prendiamoci
qualche ora di riflessione in più
per rendere ancor più chiara la
responsabilitá di questa lacerazione. Scioglierò presto la mia
riserva»
Il parlare apertamente di «lacerazione» potrebbe essere già un'indicazione per capire quale sarà
l'epilogo della vicenda.
«DESTINATI A PERDERE»
Silvio Berlusconi, in ogni caso,
anche oggi è apparso determinato
nel chiedere all'Udc un ingresso
senza condizioni nel Pdl. Nel corso della trasmissione non ha ad
la.
Si tratterebbe, ha evidenziato,
di
una
«rinuncia temporanea», di un «piccolo sacrificio», «un qualcosa
che l'Udc potrebbe faanche
perchè
re»
«questo simbolo non
ha storia».
Una sottolineatura, quest'ultima, che certo non
ha contribuito a rasserenare gli animi e a favorire il riavvicinamento. Al
punto che l'Udc sembra
avere preso definitivamente le distanze dagli
ex alleati.
esempio rinunciato a ricordare
che «Casini è stato eletto in Forza Italia nel '94».
E a proposito della presa di posizione sul simbolo, aveva parlato
di una questione «facilmente superabile», con la partecipazione
dei centristi prima alla lista unica
e poi alla creazione di un gruppo
unitario in Parlamento. Ma se non
c'è la volontà di seguire questo
percorso, è stato di fatto il commento di Berlusconi, allora tanto
peggio per Casini: «L'Udc sta
decidendo in queste ore con dei
rischi enormi. I cittadini si chiederanno se il voto andrà sprecato», anche perché, secondo i sondaggi, anche senza Udc, il Pdl ha
«ampi margini», circa «il 1012%» di vantaggio.
«Al momento -ha aggiunto Berlusconi- la situazione è questa
ma bisogna vedere se l'elettore
dell'Udc deciderà di dare un
voto ad un partito che non ha
minimamente la possibilità di
vittoria».
Il Cavaliere è stato quindi categorico: «L'Udc in questo modo se
andrà da sola avrà un risultato
più che modesto».
«SIMBOLO SENZA STORIA»
La decisione dei centristi di imputarsi sul simbolo (ancora in mattinata il segretario Lorenzo Cesa
ha parlato della necessità di «non
dividere i moderati e farli vincere ma salvaguardando la dignità di ciascuno») il leader forzista proprio non riesce a digerir-
PICCOLI PARTITI
E ALLEANZA PD-IDV
Berlusconi non se l'è presa però
solo con l'Udc, ma con i piccoli
partiti in genere, che servono solo
a disperdere il consenso e a frammentare le decisioni in Parlamento. Ma questa uscita non è piaciuta al front runner della sinistra arcobaleno, Fausto Bertinotti: «E'
un discorso che fa male al Paese».
L'esponente di Rifondazione ha
anche criticato Veltroni per l'intesa stipulata con l'Italia dei valori
di Antonio Di Pietro: «Devono
giustificare all'esterno una scelta incomprensibile dopo aver
parlato di omogeneità di programma. Il Pd ha ad esempio
votato l'indulto mentre l'Idv
era contro. Mi sembra una contraddizione. Mi pare che sia un'alleanza che rende meno limpida la scelta ambiziosa del Pd
di correre da solo».
Su questo il presidente della Camera trova punti di contatto addirittura con Berlusconi:
«Mi ha stupito molto la decisione di imbarcare «la cultura giustizialista di Di Pietro», allora
questo significa che «la cultura
giustizialista di Di Pietro è la
stessa del Pd? Questo mi preoccupa molto».
a.sa
Il Corriere della Sera
14.02.2008
ULTIM’ORA
18 febbraio 2008
Giustizia e Libertà
35
Veltroni: «Il Pdl spostato a destra»
Il segretario del Pd: «Chi ci vota, sa che attueremo un preciso programma». «Mi candido come numero due»
da www.corriere .it (15.02.2008)
ROMA
«Ho deciso di candidarmi al
nord, al centro e la sud non come capolista ma con il numero
due».
Lo ha annunciato Walter Veltroni
in diretta al Tg1.
Il leader del Pd ha spiegato che
davanti a lui ci saranno, al centro
e al sud, «due ragazzi di 30 anni» e al nord una «personalità di
meno di 40 anni».
L'annuncio del leader del Pd è
giunto in serata, ma la sua giornata televisiva era cominciata presto. Veltroni, infatti, dopo essere
stato mercoledì a "Porta a Porta"è stato anche ospite di
«Unomattina» dai cui studi ha
invitato gli elettori al voto utile.
«In base a questa legge elettorale -afferma- il primo partito o
coalizione che prende più voti
arriva al 55% di seggi alla Camera. Quindi se si vota il Pd, si
ha la garanzia e la sicurezza che
il Pd attuerà il programma annunciato».
L'ex sindaco di Roma guarda avanti: «Finora si è sempre fatta
in Italia una politica di rigore spiega-. Ora è venuto il tempo
dello sviluppo e della crescita».
Con quali risorse ? «Con la lotta
all'evasione fiscale e con la riduzione della spesa pubblica» risponde.
ROTTO UNO SCHEMA
Veltroni -nel giorno in cui viene
presentato il pullman che toccherà
le 110 province italiane per la
campagna elettorale al via domenica da Pescara- rivendica il coraggio della scelta del Pd di rompere l'alleanza con la sinistra radicale: «Quindici giorni fa ci si
preparava a fare le elezioni di
sempre, noi invece abbiamo rotto uno schema. Dire che andremo da soli corrisponde al grado
di coerenza e di unità programmatica con cui andremo alle elezioni».
Grazie a questa scelta, ribadisce il
leader del Pd, «noi abbiamo introdotto la fine di 15 anni di
torture per gli italiani che votavano per alleanze che si formavano e poi dopo le elezioni iniziavano a litigare».
PDL SPOSTATO A DESTRA
Il segretario del Pd guarda anche
al campo avversario.
«Con l'uscita di Casini e l'alleanza di Berlusconi con Fini c'è
uno spostamento a destra, ci
sarà un centro e una destra».
Secondo Veltroni la frattura tra
Silvio Berlusconi e Pier Ferdinando Casini non è recuperabile perché «se dici che ti impedisco di
governare, come ha detto Berlusconi di Casini, quello rappresenta un muro».
Il leader del Pd parla anche di
Gianfranco Fini e torna a chiedersi quali siano le intenzioni di An:
«Non ho capito se An si è sciolta
o no, è nato un nuovo partito o
un cartello elettorale? Ci sono
delle differenze evidenti di programma tra Fi e An, ma ho letto che An rimarrebbe con la sua
struttura, le sue bandiere, la sua
identità. Noi abbiamo fatto un
partito nuovo».
NO A GRANDE
COALIZIONE
Qualcuno ipotizza una "Grande
Coalizione" tra Pd e Pdl dopo il
voto. Ma Veltroni sembra escludere questa possibilità: «Scrivere
insieme le regole del gioco e poi
partita tra squadre diverse:
questa è la mia idea della democrazia» dice.
«MONTEZEMOLO
È’ SAGGIO»
Veltroni poi ribadisce il concetto
che «per crescere bisogna unirsi, solo in Italia si pensa che imprenditori e operai siano nemici».
Il leader del Pd elogia il presidente di Confindustria («Montezemolo è persona molto saggio») e
ripete la sua ricetta per risolvere
alcuni problemi, come la precarietà.
«Nel nostro programma pensiamo ad un compenso minimo legale perché nessuno può lavorare per meno di 1000-1100 euro
al mese e poi le imprese vanno
incentivate a fare un apprendistato che apra poi la via all'assunzione».
CONTRO LA PEDOFILIA
E il resto del programma? Dopo
le anticipazioni dei giorni scorsi,
e in attesa di conoscere i 10-15
punti preannunciati che saranno
svelati sabato, Veltroni annuncia
«più forza e fermezza contro la
pedofilia».
«Vi sono temi su cui uno Stato
deve mostrare più forza e fermezza» e uno di questi è «il tema
della pedofilia» che «merita una
risposta molto dura. Penso che
le misure di repressione debbano essere le più dure possibile».
D'ALEMA
Sulla campagna elettorale interviene anche il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema: «Ce la
possiamo fare, secondo me la
rimonta è già cominciata: Berlusconi è in difesa nel senso che
deve difendersi dalla vera grande novità del Pd e della candidatura di Veltroni».
«Si può fare -continua D'Alema
citando lo slogan del segretarionon sarà facile, certo, perché
dall'altra parte c'è il peso di una struttura potente nei mezzi e
nelle risorse. Berlusconi parte
da una posizione di vantaggio conclude il ministro - ma faranno una campagna elettorale
sempre in difesa».
E l'eventuale accordo tra il Pd e i
radicali ? «La proposta di Veltroni di convergere nella costituente di una grande forza riformista -risponde D'Alema- è chiara ma aperta».
www.corriere .it
15.02.2008
ULTIM’ORA
36 Giustizia e Libertà
18 febbraio 2008
Veltroni, ecco i 12 punti
del suo programma elettorale
da www.repubblica .it (16.02.2008)
ROMA
Ecco in sintesi, le "dodici
proposte innovative per
cambiare l'Italia" che il
candidato premier del Pd ha
esposto alla platea dell'assemblea
costituente del Pd.
Quarto.
Nono.
"Fare quello che non è mai
stato fatto": ridurre le tasse ai
contribuenti leali ai lavoratori
dipendenti e autonomi. A partire
dal 2009 un punto in meno di
Irpef ogni anno per tre anni
Lotta alla precarietà, qualità del
lavoro e sua sicurezza. I giovani
precari dovranno raggiungere il
minimo di 1.000 euro mensili.
Primo.
Quinto.
Scegliere come priorità infrastrut
ture e qualità ambientale. No alla protesta Nimby e sì al coinvolgimento e alla consultazione
dei cittadini. Sì agli impianti per
produrre energia pulita, ai
rigassificatori, ai termovalorizzatori e all'Alta Velocità e al completamento della Tav.
Sesto.
Secondo.
Innovazione del Mezzogiorno.
No ad una politica per il Mezzogiorno che disperda fondi in una
miriade di programmi, mentre diciamo sì ad una drastica e veloce
revisione dei programmi europei.
Terzo.
Controllo della spesa pubblica. Il
governo Prodi ha risanato e migliorato i conti pubblici. Per questo il nostro slogan è spendere
meglio, spendere meno.
Investire sul lavoro delle donne.
Noi vogliamo trasformare il
capitale umano femminile in un
asso per la partita dello sviluppo.
Il problema della casa. Aumentare le case in affitto e "costruzione di circa 700 mila nuove
case da mettere sul mercato a
canoni compresi tra i 300 e i 500
euro".
Settimo.
Invertire il trend demografico
mediante l'istituzione di una dote
fiscale per il figlio. 2500 euro al
primo figlio e aiuti per gli asili
nido.
Ottavo.
L'università. Cento nuovi campus
universitari e scolastici entro il
2010.
Decimo.
La sicurezza. Maggiori fondi per
le forze dell'ordine e certezza
della pena come uno dei cardini
dell'azione di governo del centrosinistra.
Undicesimo.
Giustizia e legalità. Da troppi
anni c'è uno scontro nel Paese.
Nell'ordinamento verrà inserito il
principio della non candidabilità
in Parlamento dei cittadini condannati per reati gravissimi connessi alla mafia, camorra e criminalità organizzata o per corruzione o concussione.
Dodicesimo.
L'innovazione.
Portare la banda larga in tutta
l'Italia, garantire a tutti una tv di
qualità, superare il duopolio tv e
correggere gli eccessi di
concentrazione delle risorse
economiche.
La Repubblica
16 febbraio 2008
Terremoto nel centrodestra,
l'Udc va da solo
da L’Unità (16 febbraio 2008)
Il leader dell'Udc Pier Ferdinando
Casini ha sciolto la riserva sulle
prossime elezioni politiche: si
candida alla presidenza del Consiglio dei ministri e l'Udc correrà da
sola con il simbolo del suo partito.
L'annuncio è stato fatto nella sala
gremita dell'hotel Russot di Mestre, alla presenza di militanti del
partito tra bandiere e applausi.
«Come stabilito dalla direzione
del partito correrò con il nostro
simbolo e le nostre bandiere -ha
spiegato Casini- ho deciso di
candidarmi alla presidenza del
Consiglio dei ministri e sciolgo,
positivamente la riserva. Vi sono debitore di una risposta -ha
proseguito il leader dell'Udc- e
sono lieto di fare questo annuncio nel cuore del Veneto bianco
che grande parte ha avuto nella
storia e nella tradizione del nostro partito».
Tra gli applausi della sala affollata di giornalisti, telecamere e simpatizzanti, Casini ha proseguito:
«Indirizzo a tutte le italiane e gli
italiani che mi hanno conosciuto
come presidente della Camera
un saluto e un ringraziamento
sincero. Dialogherò con il linguaggio della responsabilità e
chiedo la partecipazione per una difficile impresa».
Il leader dell'Udc, Pier Ferdinando
Casini, risponde a Silvio Berlusconi, leader del neonato Pdl,
mettendo la parola fine alla
"telenovela" che ha visto nei
giorni scorsi il tira e molla tra Udc
e la nuova formazione di centrodestra per la corsa elettorale del
13 aprile.
Casini dal palco dell'hotel Russot
di Mestre (Venezia) lancia un affondo all'ex compagno di coalizione: «Dopo 14 anni di collaborazione -ha scandito Casini- a
Berlusconi voglio dire una cosa
molto semplice: in Italia non
tutti sono in vendita».
(Continua a pagina 37)
ULTIM’ORA
18 febbraio 2008
Giustizia e Libertà
37
Terremoto nel centrodestra, l'Udc va da solo
Pier Ferdinando Casini, che correrà da
solo con l'Udc per
la presidenza del
Consiglio, ha poi
sottolineato che la
campagna elettorale
sarà un dialogo costante con la gente.
«Parleremo al cuore della nostra
gente -ha proseguito Casini nel suo
appassionato intervento- quella del
Family day, di dar
voce alle famiglie
delle vittime del
terrorismo piuttosto che ai carnefici
di ieri, questa gente merita una politica migliore che
affermi i valori del
merito e della concorrenza, di restaurare il processo dell'autorità e
del dovere. Con le bandiere si
sciolgono per chi ha qualcosa da
far dimenticare o di cui vergognarsi o per chi ha convinzioni
fondate solo sull'opportunismo.
Le nostre le possiamo dispiegare
al vento per costruire un'Italia
migliore».
Il leader dell'Udc, Pier Ferdinando
Casini, inizia da Mestre la sua
corsa in solitaria.
Dall'hotel Russot, l'ex presidente
della Camera rilancia la posizione
di autonomia del suo partito, criticando anche la nuova formazione
di centrodestra che nasce dalla
fusione tra Forza Italia e An.
«Una nuova formazione populista e demagoga -ha scandito dal
palco Casini, in una sala affollatissima di giornalisti e simpatizzanti- un'arca di Noè che può
comprare i marchi ma non gli
uomini e le idee».
L’Unità
16.02.2008
Casini da solo, irrompe il Centro
di Mario Bracconi (La Repubblica, 16.02.2008)
Il dado è tratto.
Si è fatto precedere, come scuola
Dc insegna, da annunci tattici e
infinite attese dorotee. Ma alla
fine la decisione è arrivata.
Casini e Berlusconi si separano.
Il centrodestra come lo conosceva
mo è finito. I Poli della politica
italiana diventano quattro.
L'Udc si piazza al centro.
E scatena un piccolo terremoto
che cambia l'intero scenario. Le
previsioni sul 13 aprile.
Le parole della campagna elettorale.
Le strategie per il dopo voto.
La vittoria di Berlusconi, che
quasi tutti fino a pochi giorni fa
davano ora per scontata, ora è in
forte dubbio.
Innanzitutto per una questione di
numeri.
L'Udc non varrà il potenziale 40
per cento del Pdl, ma valeva quei
punti che davano al Cavaliere la
quasi certezza di prevalere anche
al Senato. Ora, quella certezza è
svanita.
Anzi, grazie alla legge "porcata"
di Calderoli, con l'uscita centrista
diventa realistica l'ipotesi di diver-
se maggioranze tra Montecitorio e
Palazzo Madama.
Ma non è solo questione di numeri.
Il capo del Pdl, già costretto a inseguire il dinamismo comunicativo di Veltroni e il suo sparigliamento sulle alleanze, deve fare i
conti con un mutamento oggettivo
del quadro.
Con Casini che si posiziona da solo al centro, il Pdl si sposta inevitabilmente un pezzettino più a destra.
Una destra i cui confini estremi
sono piantonati dall'agguerrito (e
arrabbiato) duo Storace-Santanché.
Al Cavaliere, insomma, si restringono più che i numeri lo spazio
politico, e di certo, a questo
punto, assisteremo ad un
escalation della campagna per il
"voto utile".
Campagna che, volontariamente o
no, aiuterà anche il capo del Pd.
quadro generale, dovrà faticare di
più per proseguire quella "marcia
alla conquista del centro" iniziata al Lingotto di Torino.
Destra, sinistra, centro.
La scelta degli scudocrociati riposizionerà nel circuito mediatico le
tradizionali parole della politica.
E sarà più complicato, per i contendenti, forgiarle a propri uso e
consumo.
C'è poi il dopo voto.
Più perdono quota le ipotesi di
una maggioranza né schiacciante
né chiara, più salgono le quotazioni della Grande coalizione per
le riforme.
Presto per parlarne, si vedrà la sera del 14 aprile.
Ma di certo un Casini autonomo
dai due poli avrà il suo bravo spazio da coprire. Indipendentemente
da quanti parlamentari riuscirà a
portare a casa con queste elezioni.
Mario Bracconi
Ma il problema riguarda anche La Repubblica
Veltroni. Che grazie alla solitudine centrista vede la partita elettora 16.02.2008)
le riaprirsi anche sul piano numerico; ma che adesso, valutando il
38 Giustizia e Libertà
ULTIM’ORA
18 febbraio 2008
Costituente del PD: il discorso di Romano Prodi
L’Italia che vogliamo si può fare
da [email protected]
Care democratiche e cari democratici
“la pazienza, ecco un rimprovero che sovente ci
rivolgono nel nostro lavoro politico, come se la
pazienza significasse mancanza di volontà... come
se la pazienza non fosse la virtù più necessaria al
metodo democratico”.
Questa frase non è mia. È di Alcide De Gasperi, del
20 novembre 1948.
Sessant'anni fa. Essa mi sembra ancora adatta per
oggi, anche se la frenesia della campagna elettorale
non si concilia facilmente con il concetto di pazienza.
Credo invece che questo sia l'approccio giusto con il
quale aprire questa nostra importante assemblea.
Un approccio che dovremo conservare quando, dopo
le elezioni, potremo tornare alla guida del Paese.
Una pazienza che abbiamo esercitato nel perseguire
il nostro obiettivo fin dal 1995. Una pazienza messa
alla prova in due esperienze di governo.
Essa fa parte, intrinsecamente, del progetto e dell'idea che ci hanno unito, che ci hanno portato fin qui.
Il progetto di una grande forza di centrosinistra.
Una forza che fa appello alla maggioranza del
nostro Paese.
Una forza che affronta con serietà, con uno spirito nuovo e con idee nuove i problemi dell'Italia: il Partito Democratico.
Il contributo di innovazione del Partito democratico
nella politica italiana è enorme: dalle primarie fino
alla costruzione dal basso di un vero partito, abbiamo introdotto una ventata di freschezza e di novità
che in Italia non si era mai vista.
Oggi sono qui di fianco a Walter e a tutti voi per rispondere alle domande che la difficile realtà internazionale e la crisi del nostro sistema politico ci pongono.
Abbiamo lavorato in questi anni per mettere insieme
culture politiche che affondano le loro radici in una
storia diversa ma che fanno riferimento ad un terreno
comune: quello del riformismo.
Il nostro è un riformismo che affonda le proprie radici nella pace e nell'Europa. Un'Europa unita che non
si esaurisce certo nel rispetto dei parametri di Maastricht.
Essere europei significa infatti lavorare per una democrazia matura, una democrazia dell'alternanza.
Una democrazia in cui autorità non significa autoritarismo, ma capacità e potere di prendere le necessarie decisioni.
Una democrazia in cui le nuove generazioni si possano riconoscere nelle maestà della legge come nell'esempio dei genitori, degli insegnanti e dei politici
che ci rappresentano.
Una democrazia che trova la propria forza soprattuttonell'interpretare il nuovo e nel costruire il futuro.
Questa democrazia e questo riformismo ci orientano
e ci guidano anche nelle scelte economiche, che oggi debbono fare fronte alle sfide della globalizzazione e di una nuova concorrenza.
Queste sono sfide che si vincono solo col cambiamento che, nella società italiana significa rompere le
incrostazioni e i privilegi che da tempo ne hanno
impedito progresso, sviluppo ed equità.
Il nostro riformismo si fonda perciò sulla ricerca del
nuovo e sulla promozione del cambiamento, per riprendere con vigore la via della crescita economica
e sociale del Paese.
Noi tutti abbiamo il dovere di non voltarci indietro
di fronte alle nuove sfide nazionali e internazionali.
Un dovere che chiama in gioco la politica, le istituzioni, le comunità locali e i singoli cittadini.
Il nostro riformismo deve essere quindi proiettato
verso il futuro, ma non può non fondarsi sulle grandi
virtù della libertà, della tolleranza, del dialogo e del
confronto, virtù che rappresentano i punti più alti
della nostra storia e della nostra memoria.
E queste virtù debbono guidare tutti i comportamenti individuali e collettivi della nostra società a partire
dal delicato rapporto fra cattolici e laici.
Chi, come me, si è formato nel clima del Concilio
Vaticano II, dava per superata, per quasi risolta la
questione della laicità.
Vedo invece riemergere il conflitto sulla laicità con
forza, quasi con violenza.
È importante interrogarsi sul perché, senza schematismi o strumentalizzazioni.
E soprattutto è necessario rivisitare in profondità il
rapporto tra una costruzione statale ormai secolarizzata e l'emergere di nuovi fenomeni religiosi.
Non ci sono solo gli integralismi, vi sono anche
nuove autentiche domande e inedite sfide etiche che
meritano nuove risposte.
In Italia troppo spesso crediamo di essere di fronte a
un problema non componibile. Ad uno scontro inevitabile.
Noi non siamo all'inizio della storia: ancora di recente il tema è stato affrontato positivamente, anche
a livello europeo.
Il Trattato di Lisbona ha riconfermato integralmente
il precedente articolo 52 del Trattato Costituzionale
europeo: uno dei testi più avanzati in tema di dialogo aperto, trasparente e regolare tra le comunità religiose, gli Stati e l'Unione.
In esso l'Europa riconosce per la prima volta l'identità e il contributo specifico delle chiese e delle comunità religiose.
Ho lavorato molto, insieme a Giuliano Amato, per(Continua a pagina 39)
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(Continua da pagina 38)
ché quell'articolo fosse scritto e approvato. L'ho voluto perché eo e sono convinto della necessità di riconoscere uno spazio pubblico alla dimensione religiosa.
Perché ero e sono convinto che la laicità sia un luogo
di comunicazione positivo tra diverse tradizioni spirituali e la Nazione.
Perché ero e sono convinto che il rapporto tra lo Stato e le comunità religiose debba essere improntato al
dialogo e non a una neutralità negativa o alla reciproca indifferenza.
Questa è la mia laicità.
Allora mi chiedo perché, da più parti, in questi anni
si è generato e si continua ad alimentare un clima di
scontro tra laici e cattolici, evocando fantasmi del
passato, quando la nostra strada, il nostro futuro è
quello di essere necessariamente e positivamente assieme. Non ho risposta. So solo che ormai da alcuni
anni si procede nella direzione sbagliata. Assisto infatti, con tanta preoccupazione, al moltiplicarsi di
atteggiamenti negativi, che occupano entrambi gli
schieramenti politici. Da una parte si fa strada la strategia dell'elogio e dell'ossequio acritico e formale
alle autorità religiose. Dall'altra vedo la volontà di
non affrontare i problemi che dividono la nostra società, solo per non pagarne il costo politico. Né l'una
né l'altra scelta consentono una convivenza matura
tra laici e cattolici. Anzi, sia l'una che l'altra contengono di fatto la volontà di rendere irrilevante il contributo di una ispirazione religiosa, del quale contributo anche lo sviluppo della laicità ha bisogno.
Unità, laicità, modernità. Da questi concetti siamo
partiti per disegnare l'Italia che vogliamo.
Oggi, questo disegno è ancora abbozzato, troppo lontano dal quadro originale che avevamo in mente.
Ci troviamo ancora a combattere con uno scarso dinamismo della nostra società. Una società dove, colpevolmente, manca ancora una seria cultura che premi le capacità, dove il corporativismo è sempre presente, dove pochi vogliono rischiare.
Non dimentichiamo però che le nostre potenzialità
sono enormi: noi rappresentiamo una delle principali
forze dell'occidente. Non ci aspetta un ineluttabile
destino di declino, come molti hanno sciaguratamente scritto.
I nostri prodotti sono presenti su tutti i mercati del
mondo , anzi, in questo ultimo anno, questa presenza
è aumentata in maniera significativa.
Noi dobbiamo saper mettere a punto le nostre potenzialità. E lo possiamo fare grazie alle straordinarie
risorse che l'Italia ci offre: eccellenze in campo produttivo, tecnologico, artistico, ambientale, culturale.
E soprattutto risorse umane, donne, uomini, giovani
a cui dobbiamo solo fornire gli strumenti per costruire un'Italia migliore e più moderna.
Già due volte gli italiani hanno scelto di affidarsi a
noi per affrontare e vincere queste sfide.
Abbiamo vinto le elezioni nel 1996 e, di nuovo, dieci anni dopo, abbiamo vinto nel 2006.
In entrambe le occasioni non abbiamo sconfitto solo
lo schieramento e il candidato che si opponeva a noi.
Abbiamo sconfitto un modo inaccettabile di intendere la politica, di intendere il rapporto tra governanti
e cittadini, tra democrazia e informazione.
Abbiamo combattuto e sconfitto una politica di isolamento in Europa, una linea di politica estera che
era ed è lontana dal nostro concetto di pace. Per questo motivo siamo tornati a casa dall'IRAQ.
Per due volte abbiamo vinto.
Ma questo non è bastato a risolvere i nostri problemi.
Oggi, però, sono più sereno di qualche anno fa. Lo
sono perché, oltre alla forza del progetto, abbiamo
l'energia checi viene dall'aver costruito un soggetto
politico.
Il Partito Democratico. E se oggi siamo qui tutti uniti molto dobbiamo al contributo e alla generosità di
Piero Fassino e Francesco Rutelli.
Noi, del Partito Democratico, siamo una forza che
ha l'ambizione e le carte in regola per governare bene questo Paese. La responsabilità di governare noi
democratici (ed io in particolare) l'abbiamo assunta
tutta, fino in fondo, fino alla fine.
Credo però che l'importanza della funzione di governo e la grandezza della responsabilità che esso comporta sia oggi presente più nella società, tra i cittadini, che nel comportamento di una parte della classe
politica. Noi abbiamo perciò il dovere di raccogliere
questa domanda di governo e questa consapevolezza
della nostra società.
Bisogna tornare al significato vero della parola
"politica"; che significa "agire per cambiare le cose".
È un'idea che Walter ed io abbiamo portato avanti
fin dai tempi del pullman e che è proseguita fino alle
primarie: quelle del 2005 e quelle del 2007. E voi
tutti, qui, ne siete testimoni. Proprio per questa convinzione credo che il Partito Democratico sia l'evoluzione dello spirito originario dell'Ulivo.
Se traccio un bilancio di questi ultimi due anni di
governo, vedo benissimo le difficoltà e le contraddizioni di fronte alle quali ci siamo trovati, gli interessi costituiti che si sono opposti alla nostra azione.
Gli interessi di quelle imprese e di quelle categorie
che vogliono operare al riparo della concorrenza, di
quella finanza che pretende di farsi guida e sostituirsi all'economia reale.
Gli interessi di chi pensa che il cambiamento e i sacrifici siano utili, solo se ad affrontarli sono gli altri.
E abbiamo anche dovuto affrontare la difficoltà di
rompere la barriera tra chi è dentro i sistemi di tutela
e chi ne è fuori. Abbiamo combattuto contro una
cultura che legittima e incoraggia l'evasione fiscale.
(Continua a pagina 40)
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Abbiamo infine combattuto quegli interessi clientelari e mafiosi che imprigionano e negano il futuro
del nostro Mezzogiorno.
Tutti questi interessi traggono forza dalla debolezza
del sistema politico. E' la nostra debolezza che li fa
diventare "poteri forti".
In questi anni, attaccando il governo di centrosinistra
è stata attaccata soprattutto l'idea di cambiamento.
Un cambiamento che, dobbiamo ammetterlo, non
siamo tati in grado di esprimere compiutamente, per
le difficoltà e gli ostacoli che tutti conosciamo.
A causa, in primo luogo, dell'orribile legge elettorale
imposta dal centrodestra alla vigilia delle elezioni
del 2006 per colpire l'Unione e impedirci di vincere
con ampia maggioranza.
Mi sento quindi di rivendicare con forza l'azione del
nostro governo.
Ci siamo sempre mossi in coerenza con il nostro
progetto.
Abbiamo portato avanti una precisa linea politica.
Insieme al necessario e indispensabile risanamento
abbiamo fatto crescere il Paese.
Sul piano internazionale, dal Libano al Kossovo,
all'Afghanistan, abbiamo assunto tutte le responsabilità che competono a un grande paese come l'Italia.
Ai nostri soldati che per questo hanno dato la vita
rivolgo un omaggio commosso.
Con la crescita, abbiamo iniziato a ridurre le disuguaglianze e le disparità che nei precedenti cinque
anni si erano accentuate in modo intollerabile.
E' motivo di profondo orgoglio essere riusciti, nel
momento stesso in cui risanavamo i conti dello Stato, a redistribuire un punto percentuale di Pil (15 miliardi di Euro) alle fasce più deboli della società.
Una redistribuzione resa possibile da quei successi
nella lotta all'evasione fiscale e nella diminuzione
della spesa pubblica, che ci vengono oggi finalmente
riconosciuti da tutti, a partire dall'Unione Europea.
Quando parlo di redistribuzione, mi riferisco all'aumento delle pensioni basse, all'assegno per i più poveri e, ancora, agli interventi sulla casa, con gli
sgravi per l'Ici e per gli affitti.
E certo si inseriscono nel solco di questa missione di
sostegno alla crescita, gli sgravi alle imprese per ridurne i costi e aumentarne la capacità di innovare e
di creare occupazione.E l'aumento della nostra dotazione di infrastrutture, alimentate da risorse reali e
non inventate.
E, ancora, l'intervento serio sui costi della politica
con il taglio di spese e privilegi. E la vera lotta alla
precarietà, portata avanti favorendo una flessibilità
positiva, con vantaggi per chi assume lavoratori con
contratti a tempo indeterminato. E, infine, i provvedimenti per la sicurezza sul lavoro e per l'emersione
del lavoro nero (190.000 lavoratori edili emersi dalla
schiavitù del lavoro nero).
Non spetta certo a me dare dei voti su quanto abbiamo fatto.
Tuttavia in serena coscienza posso dire che nelle
condizione date,siamo stati bravi. Forse, molto bravi.
Certo siamo rimasti sotto il livello delle aspettative
che il Paese aveva verso di noi. Questo perché il
nostro progetto era un progetto di legislatura e il
nostro percorso è stato interrotto ad un terzo del
cammino.
Con queste nuove elezioni siamo chiamati a riprenderlo con vigore e a rilanciarlo in forme nuove.
Da parte mia ho già annunciato che non mi ricandiderò al Parlamento. Lo faccio perché ritengo di avere compiutamente svolto il compito che mi ero proposto. Lo faccio perché anche voi in piena libertà
possiate svolgere il vostro compito. Lo faccio perché la buona politica esige il rinnovamento. Il rinnovamento delle persone e delle generazioni.
Ma nel nostro Partito Democratico io ci sarò ancora.
Sarò ancora con voi, sarò ancora insieme a voi.
Care democratiche, Cari democratici,
Abbiamo pagato in questi anni la frammentazione e
l'immaturità diquella che Arturo Parisi chiama
"democrazia governante".
Ma la lezione di questi ultimi anni è che, per riformare il sistema politico, non ci si può affidare alla
sola ingegneria istituzionale.
La soluzione può venire soltanto dalla politica.
E' per questo che, vissuta l'esperienza di questa legislatura, abbiamoscelto di costruire un soggetto forte
e unito: il Partito Democratico.
Un Partito Democratico per superare le divisioni
che hanno lacerato l'Italia.
Un Partito Democratico per unire e guidare i riformisti italiani.
Un Partito Democratico che è il compimento del
progetto che Walter ed io lanciammo con l'Ulivo.
Per tutto questo, insieme a tutti voi, anch'io oggi vi
dico che L'Italia che vogliamo (caro Walter) si può
fare.
Romano Prodi
Costituente PD
Roma, 16.02.2008
Giustizia e Libertà
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