Il mare, un limite e un confine

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Il mare, un limite e un confine
sabato 5 settembre 2009
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CULTURA
IL CONVEGNO
PER DUE GIORNI IL MITO È PROTAGONISTA ALL’INCONTRO INTERNAZIONALE IN CORSO AL POSITANO MYTH FESTIVAL
Il mare, un limite e un confine
Oggi e domani nella suggestiva cornice dell’arcipelago Li Galli,
si terrà il convegno internazionale “Il mare e il mito”, organizzato nel quadro del Positano Myth Festival e patrocinato dall’Università di Salerno e dal Dipartimento di Scienze dell'Antichità diretto da Paola Volpe, ideatrice e coordinatrice del convegno. L’incontro ha come filo conduttore il mare, i suoi miti e
le sue storie. Tra le onde di questo mare fantastico, popolato da
creature da sogno come le Sirene e solcato da eroi come Ulisse,
s’intrecciano temi solo apparentemente distanti come la guerra e l’amore, tra le onde si aprono le vie della pace e della musica, dando vita ad un continuo ed ininterrotto dialogo tra antico e moderno. Al convegno prenderanno parte i professori Giuseppe Cacciatore, Riccardo Di Donato, Tiziana Drago, Angelo
Meriani, Elisabetta Moro, Nikos Xanthoulis. Pubblichiamo uno
stralcio della relazione di Giuseppe Cacciatore su “Il mare come confine e come limite”.
di Giuseppe Cacciatore
I
nizio dal confine. Dunque, il mare come confine? Forse, dal punto di vista grammaticale diventa
più agevole ipotizzare una tale similitudine. Ma se dalla possibilità
puramente logico-grammaticale
già passiamo alla avventurosa storia delle parole (o almeno a qualche sua tappa significativa), ci rendiamo subito conto di quanto siano scarsamente compatibili i termini della similitudine. In un dot-
LA MOSTRA
to e suggestivo testo (datomi amabilmente in lettura dal suo autore),
Riccardo Di Donato ripercorre il
complesso e articolato itinerario di
un elemento fondamentale nella vita dell’uomo, il mare, che, proprio
perché tale, si mostra irriducibile
– a differenza di quanto avviene
nella maggior parte delle lingue occidentali moderne – a un unico vocabolo (salvo la distinzione tra mare e oceano). Così, per i Greci, il
mare è thalassa (peraltro di genere femminile come in francese), ma
è anche okeanos, questa volta maschile, il grande fiume invalicabile
che circonda il mondo. Forse è
l’unico momento in cui diventa palese il nesso tra mare e confine.
Ma, attenzione! In questo caso, il
limite, il confine, separa il mondo
dal nulla, il regno della vita dal regno di Ade. Qui, più che il confine, ciò che vale metaforicamente
– grazie alla grande poesia di Omero e di Dante – è il limite sempre
irraggiungibile e, a un tempo, eternamente cercato, dell’umano. Gli
altri due termini “raccontati” da Di
Donato sono pelagos (il mare vasto e sconfinato) e pontos (il mare
interno o anche il mare come via
di passaggio, che è forse il termine che maggiormente riassume in
sé la possibilità della relazione).
Nel recente primo volume de “Il
Mito Greco”, edito nei “Meridiani”
di Mondadori e curato da Giulio
Guidorizzi, troviamo un intero capitolo dedicato agli Déi delle acque
il titano Oceano, la grande acqua
primigenia da cui derivano tutti i
fiumi, e la sua sposa Teti (da non
confondere con l’altra Teti, la nereide madre di Achille), la quale è
una icastica rappresentazione della fecondità femminile delle acque.
Si è parlato di lei come dell’equivalente di Gea, come una feconda
madre continuamente fecondata
dall’inizio dei tempi dal grande
Oceano. L’oceano come l’acqua
cosmica e fecondante che circonda l’universo, che è principio di vita, ma anche luogo da cui si genera il flusso inestinguibile del tempo. C’è un bellissimo quadro di
Marc Chagall esposto al Moma di
New York, intitolato “Il tempo è un
fiume senza rive” (nella foto a destra), nel quale si intrecciano motivi mitologici e simboli cristiani:
un pesce alato (Cristo che fugge
dalla terrestrità) e un pendolo (simbolo del destino che sovrasta ogni
essere umano) sovrastano un fiume che rappresenta il flusso del
tempo e, insieme, la fonte di ogni
vita. Su una riva si intravede la città, lo spazio della convivenza e, sull’altra, una coppia di amanti, l’immagine della forza fecondatrice
“LA NOTA PREZIOSA” DELLA CREMONESE VAVA AL CASTELLO ARAGONESE DI ISCHIA
Ecco dei quadri che sono un gioiello
L
e è bastato poco ad innamorarsi di Ischia. Una vacanza 8 anni
fa con la famiglia, poi l’invito, l’anno
scorso, al primo Salone Internazionale del Benessere, per premiare con
un suo quadro il direttore del Cnr. E
così Stefania Galli, nome d’arte VaVa (è così che autografa le sue tavole), non poteva che accettare l’invito del patròn della manifestazione,
Antonio Mattera, a partecipare anche quest’anno, stavolta con una
personale al Castello Aragonese. La
mostra “La nota preziosa” dell’artista cremonese, già portata a Cannes
e a Parigi nei mesi scorsi, si inaugura stasera, con un vernissage alla
presenza dell’artista e del critico
d’arte Mauro Corradini, e sarà aperta al pubblico fino al 30 settembre,
tutti i giorni dalle 9,30 alle 19.
Stefania, anzi VaVa, come nasce il legame con Ischia?
«Sull’isola ero già stata in vacanza 8
anni fa, una delle ultime con tutta la
famiglia prima di una grave perdita,
quindi un ricordo importante che mi
ha fatto provare una grande emozione quando l’anno scorso ci sono
tornata. Ischia è bellissima, gioiosa,
solare, trasmette una grande calma
interiore, uno stato d’animo che ti rimanda agli spazi infiniti. L’anno scorso, durante la prima edizione del Salone Internazionale del Benessere, gli
organizzatori mi hanno invitata a
consegnare un premio, una mia opera, ed ho esposto alcune opere
all’hotel Manzi, dove alloggiavano gli
ospiti. La cosa è piaciuta e così si è
pensato, con Antonio Mattera, di allestire quest’anno una mostra al Castello Aragonese. Sono contenta di
questa collaborazione e dell’accoglienza e l’affetto che mi hanno dimostrato Antonio Mattera e il Sindaco».
Parlaci della tua arte...
«L’arte è per me un modo di cercare,
uno strumento di ricerca del perché
APPUNTAMENTI
OGGI. Parco del Poggio ai Colli Aminei, ore 21,15. Per la
rassegna Accordi@disaccordi, proiezione del film: “Ti amerò
per sempre” di Philippe Claudel (Francia/Germania - 2008 –
117 min.) con Kristin Scott Thomas (European Film Award
2008 e Nom. Golden Globe 2009), Elsa Zylberstein (César
Award 2009), Serge Hazanavicius, Frédéric Pierrot, Laurent
Grévill, Lise Ségur. Premio della Giuria Ecumenica al 58° Film
Festival Internazionale di Berlino (2008), 2 César Award 2009
(Miglior Opera Prima), 2 Nomination Golden Globe 2009
(Film).
OGGI. Benevento, Numen Art Gallery, ore 18. Vernissage della
mostra “Acqua, aria, terra, fuoco, Amore, odio, vita, morte” a
cura di stefano Taccone. Espongono quattro artisti selezionati:
Domenico Di Martino (acqua), Giuditta Nelli (terra),
Alessandro Ratti (aria), Ur5o (fuoco), che pur nel rispetto delle
loro singole poetiche, abbinano una sempre rigorosa, ma
estremamente flessibile ricerca sul piano del linguaggio, che
li conduce ad adoperare una pluralità di media (fotografia,
video, installazione, performance…), ad una costante
attenzione per la dimensione sociale dell’esistenza.
DOMANI. Positano, Hotel Royal Domina Positano, ore 21. Yari
Selvetella parla del suo libro “Uccidere ancora” (Newton
Compton), liberamente ispirato alla storia del massacro del
Circeo. Con l’autore, sarà presente Francesco Saverio Torrese,
scrittore e critico letterario. Al termine della presentazione
verrà estratto a sorte un week end a Venezia offerto dalla
Domina in una delle sue strutture alberghiere.
delle acque. Ma Oceano è anche
la prima simbolizzazione del confine estremo del mondo, la sua raffigurazione è l’ultimo tocco che
Efesto appone sul maestoso scudo
costruito per Achille.
E poi, come non parlare qui delle
Sirene e come non riandare alla
memoria ai versi di Omero: “Qua
vieni, Odisseo illustre gloria grande degli Achei; ferma la tua nave
per udire la nostra voce. Nessuno
mai passò oltre di qui con la nave
scura prima di ascoltare dalla nostra bocca il suono di miele, ma
ognuno va dopo averlo gustato e
più cose sapendo. Noi tutto conosciamo quanto accade sulla terra
nutrice” [Odissea, XII, 184-188].
Tra le divinità marine, la sirena è
quella che, forse più di altre, esibisce una molteplice e articolata seri di significati: è “l’emblema del
pericolo della navigazione”, è il
simbolo della trasgressione e dello
“sviamento dai ruoli e dai doveri
sociali a essi connessi”, accompagna il viaggio di chi sperimenta
l’uscita da sé attraverso la mania,
è l’emblema della profezia e del vedere altrimenti.
ARCHELOGIA
Visite guidate
a Pausilypon
e Gaiola
I
e di indagine introspettiva. Dipingo
rappresentazioni simboliche, oniriche. Spesso i miei soggetti sono donne, che simbolicamente rappresentano la vita, la dea madre. Portatrice
della buona come della cattiva sorte. Rappresento spesso anche note
musicali, che simbolicamente rappresentano “passaggi” che, come
salti d’ottava, ti portano in altre dimensioni, mondi paralleli. Le mie note musicali sono protagoniste di situazioni o diventano note allusive e
simboliche di avvenimenti reali, onirici, o di passioni umane».
Perché hai intitolato la mostra
“La nota Preziosa”?
«In questa serie di dipinti inserisco
dei “preziosi” veri e propri, gioielli di
una serie numerata disegnati da
Acropepe Jewellery esclusivamente
per le mie opere, che possono essere tolti, indossati e poi riposti nell’opera. Simbolicamente il gioiello
vuole rappresentare il regalo che
l’opera d’arte ci vuol fare, perché
l’opera deve essere fruibile da parte
di chi trae un’emozione da essa. In
più utilizzo materiali come oro, argento e lapislazzuli».
Per molti anni hai lavorato come restauratrice. Cosa c’è di
quell’esperienza nel tuo lavoro?
«Ho sempre fatto la restauratrice ed
è solo da un anno che mi dedico
esclusivamente alla pittura. Restaurando è necessario studiare le tecniche e i materiali dell’epoca. Questo
sapere lo porto con me nelle mie tavole, come repertorio. Utilizzo infatti tecniche medievali, che cerco di
unire a materiali moderni. Compro i
pigmenti a Venezia o a Parigi e fabbrico da sola la tempera grassa, co-
Vava, Lo spirito divino. A sinistra, lʼartista al lavoro
me nel medioevo, con una ricetta
tutta particolare in cui si mischia alla polvere colorata il tuorlo d’uovo e
la grappa. Poi utilizzo tavole fatte con
gesso di Bologna e colla di coniglio,
oppure tavole in legno massello stagionato».
Claudia de Simini
l viaggio lungo la costa campana
con Campania» Artecard Plus “La
baia di Napoli” si arricchisce di un
nuovo percorso con le visite guidate
a Pausilypon. Oggi e domani, sabato e domenica prossimi percorsi straordinari che condurranno il visitatore alla scoperta del Parco archeologico del Pausilypon e del Parco Sommerso di Gaiola, dall’antico passaggio della Grotta di Seiano, posto all’estremità della discesa Coroglio, al
Parco archeologico del Pausilypon,
con i pregevoli resti della Villa di Vedio Pollione, del teatro e dell’Odeion,
e poi con il battello a visione subacquea al Parco Sommerso di Gaiola,
che si estende dal pittoresco Borgo
di Marechiaro alla suggestiva Baia
di Trentaremi (Prenotazione obbligatoria al numero verde Campania»
Artecard 800 600 601 e da cellulari e
dall’estero +39 06 39967650).
PASSEGGIATE CAPRESI
I giardini d’Augusto, dono di Krupp
di Antonello Perillo
A
pochi passi dalla Certosa di San Giacomo sorgono i
Giardini di Augusto, un incantevole
parco
pubblico ricco di curatissime
aiuole, splendide piante secolari e
bellissimi fiori, dal quale si gode
un panorama straordinario che
comprende i Faraglioni e Marina
Piccola. In un angolo c’è anche
un monumento dello scultore
Giacomo Manzù, dedicato a Lenin, per ricordare il soggiorno a
Capri del rivoluzionario russo,
ospite dello scrittore Maxim Gorkij.
I Giardini di Augusto non c’entrano nulla con l’imperatore romano. Furono invece donati al
Comune di Capri, a fine Ottocento, da un ricchissimo industriale
tedesco: Friedrich Alfred Krupp,
uno degli uomini più facoltosi del
mondo, soprannominato “re dei
cannoni”, in quanto proprietario
delle più grandi acciaierie europee, fornitrici delle maggiori fabbriche di armi. Giunto a Capri nel
1898, Krupp s’innamorò perdutamente dell’isola azzurra, alla quale regalò anche una strada che
porta il suo nome e che molti definiscono “la più bella del mondo”.
Via Krupp, progettata dallo svizzero Emilio Mayer, collega i Giardini alla piccola baia di Pennaulo,
nella quale il magnate tedesco
ancorava il proprio panfilo, il Puritan, che spesso utilizzava per
dar vita ad alcune spedizioni
scientifiche affidate al professor
Anton Dohrn, celebre fondatore
della Stazione Zoologica di Napoli. Lunga 1346 metri, la stradina si snoda seguendo un sentiero tortuoso, a zig-zag, con una serie di tornanti strettissimi. Per costruirla, nel 1902, Krupp pagò di
tasca propria circa …quarantamila lire: qualcosa come venti milioni di euro dei nostri giorni!
Chiusa per diversi anni, recentemente è stata riaperta al pubblico, compresa la Grotta di Fra Felice, un antro che secondo una
leggenda caprese sarebbe stato
ampliato e reso abitabile da un
monaco eremita.
da “L’isola che c’è”,
edizioni La Conchiglia