gli obiettivi - Isole nella Rete

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gli obiettivi - Isole nella Rete
GLI OBIETTIVI
C'è qualcosa di magico nell'immagine formata da un obiettivo. Qualunque serio fotografo ha
soggezione di questo evento miracoloso, che si avvicina alla perfezione. Un buon obiettivo è
la testimonianza della più avanzata tecnologia e arte costruttiva. Non sorprende che finiamo
per affezionarci all'attrezzatura che ci serve così bene, ma a dispetto di tutta la scienza e la
tecnologia che costituisce la base del nostro mezzo, il fotografo creativo sente le sue immagini
in senso plastico.
Dobbiamo iniziare a conoscere intuitivamente che cosa faranno per noi i nostri obiettivi e gli
altri accessori, per poterli usare meglio. In questo capitolo presenterò i fatti essenziali che riguardano gli obiettivi. Non c'è bisogno di fare delle ricerche approfondite sulla loro
progettazione e fabbricazione, come del resto a un pianista, per suonare, non occorre conoscere
le tecniche di fabbricazione del pianoforte. Tuttavia il fotografo che comprende i concetti del
funzionamento di un obiettivo trarrà certamente beneficio da questa conoscenza.
Molti anni fa alcuni obiettivi erano decisamente superiori ad altri; le immagini ottenute
dimostravano le loro differenze. Possiedo un obiettivo da riproduzione Voigtiander da 12
pollici (300 mm di focale) che è superbo, nonostante abbia oltre 70 anni, e ho realizzato alcuni
dei miei migliori lavori con uno Zeiss Protar, vecchio di quasi 40 anni. Da alcuni anni a
questa parte, il computer è stato applicato all'industria e praticamente tutti gli obiettivi
fabbricati in questa ultima decade o due sono eccellenti; spesso molto più precisi di quanto in
pratica richieda il fotografo più esigente. Questi obiettivi, di solito, hanno una migliore
capacità di mantenere ogni minimo dettaglio, rispetto alla possibilità delle attuali pellicole e
carte sensibili di poterli registrare
FORMAZIONE DELL'IMMAGINE E LUNGHEZZA FOCALE
Un obiettivo ha due importanti proprietà che non ha il foro stenopeico. Per prima cosa un
obiettivo raccoglie la luce su un'ampia area (la superficie frontale dell'obiettivo stesso), producendo così un'immagine abbastanza luminosa per una fotografia pratica. Seconda cosa,
mette a fuoco la luce producendo un'immagine nitida di un soggetto piano. Un foro
stenopeico invece non è in grado di farlo, e non ha una ben definita lunghezza focale <.
La messa a fuoco dei raggi luminosi è determinata dal passaggio della luce da un mezzo
(come l'aria) in un altro (vetro), o da un tipo di vetro a un altro: la velocità della luce cambia
in corrispondenza dell'interfaccia in cui i due mezzi si incontrano. Se la superficie della lente
forma un angolo rispetto al raggio di luce quest'ultimo cambierà direzione. Il cambiamento di
direzione, conosciuto come rifrazione, può essere controllato variando la forma e la
composizione degli elementi di vetro (o plastica) che costituiscono un obiettivo <\.
Una delle caratteristiche più importanti di un obiettivo è la sua lunghezza focale.
Tecnicamente, questa indica la distanza dal punto nodale posteriore di un obiettivo (di solito
situato in prossimità del diaframma) al piano in cui i soggetti all'infinito sono messi a fuoco
<l. Conoscere la lunghezza focale di un obiettivo è importante non soltanto perché indica la
distanza dalla pellicola (per soggetti lontani), ma anche perché questa fornisce una misura
delle dimensioni dell'immagine e dell'area del soggetto, in relazione al suo formato.
Formazione dell ‘immagine per mezzo di
un obiettivo semplice.
La luce proveniente da un punto del
soggetto, colpendo ogni parte della
superficie dell'obiettivo, viene messa a
fuoco su un solo punto dietro l'obiettivo, e l'immagine finale risulta data dalla
somma di tutti questi punti.
Paragonando questa illustrazione con la
figura 1-2, si può vedere qual è l'effetto
della sostituzione di un foro stenopei-co
con un obiettivo. L'obiettivo
«raccoglie» la luce sull'intera superficie
realizzando un'immagine molto più
luminosa, e mettendo a fuoco la luce
fino a produrre un'immagine più nitida
rispetto a quella che si ottiene con il
foro stenopeico.
Se utilizzate un obiettivo di corta lunghezza focale per fotografare un soggetto, otterrete
un'immagine di un'ampia area, e ciascuna sua parte apparirà più piccola nella fotografia
rispetto a ciò che ottenete quando utilizzate un obiettivo di maggior focale. Quanto prima si
conoscono le caratteristiche di un obiettivo e dell'immagine che forma, in relazione al
soggetto, tanto meglio si saprà come «comprendere» il mondo esterno.
È importante capire che tutti gli obiettivi della stessa lunghezza focale danno immagini delle
stesse dimensioni per un dato soggetto e una determinata distanza. Se un obiettivo di 100 mm
di focale forma un'immagine di un dato soggetto alta 2,5 cm, la misura dell'immagine rimarrà
la stessa (2,5 cm), indipendentemente dal fatto che l'obiettivo sia montato su una fotocamera
35 mm o su un banco ottico 4 x 5".
Comunque, su una fotocamera 35 mm l'immagine di 2,5 cm riempirà quasi tutto il
fotogramma, (circa 2,5 cm x 3,8 cm), mentre occuperà solo un quarto dell'altezza di una
pellicola 4 x 5" . Così su una pellicola 35 mm il soggetto risulterà isolato, mentre apparirà al
centro del suo ambiente circostante sul formato
4 x 5".Inoltre dovremmo considerare che la misura dell'immagine è proporzionale alla
lunghezza focale. Se, mentre state realizzando una fotografia, adottate un obiettivo di focale
doppia rispetto al precedente, ciascun soggetto apparirà di dimensioni doppie rispetto alle
misure dell'immagine. Allo stesso tempo la larghezza totale dell'area del soggetto, coperta
tramite l'obiettivo di maggiore focale, dimezzata se paragonata a quella compresa
dall'obiettivo di minor focale. Così quando si passa da un obiettivo di 150 mm a un 300 mm
con una fotocamera 4 x 5", o da un 50 mm a un 100 mm con una fotocamera 35 mm, si sa in
anticipo che nell'immagine ciascuna parte del soggetto avrà dimensioni doppie.
Va sottolineato anche che un obiettivo da 150 mm usato su una fotocamera 4 x 5" «vedrà» la
stessa area del soggetto di un 300 mm usato con una fotocamera 20 x 25 cm; la misura
dell'immagine risulta raddoppiata con l'obiettivo di maggiore focale, ma è doppia anche ogni
dimensione del formato. (Non confondete le dimensioni lineari con l'area. Passando da un
negativo 4 x 5" a un negativo 8 x 10" (20 x 25 cm) raddoppiano le dimensioni lineari di
ciascun lato del formato, ma l'area totale è quadruplicata. In fotografia si usano le dimensioni
lineari in relazione all'ingrandimento e alla misura dell'immagine).
LUMINOSITA CONTROLLAR
La luminosità (il diametro o diaframma massimo) di un obiettivo è semplicemente il diametro
di apertura dell'obiettivo stesso, espresso come frazione della sua lunghezza focale. Così un
obiettivo di 100 mm di lunghezza focale con un diametro di 2,5 cm ha un'apertura relativa di
4/1 o 4. L'indicazione dell'apertura viene espressa con f/4, cioè l'apertura è data dalla
lunghezza focale /4. Un altro obiettivo di 100 mm che ha un diametro di 12,5 mm è un
obiettivo di luminosità /V8.
L'apertura indica la quantità di luce che l'obiettivo trasmette alla pellicola. Poiché l'apertura
viene espressa come una frazione della lunghezza focale, tutti gli obiettivi regolati su f/8 (o su
qualunque altra apertura) trasmettono la stessa intensità di luce sulla pellicola. Questa quantità
di luce è proporzionale all'area dell'apertura dell'obiettivo (e pertanto al quadrato del
diametro); l'obiettivo fi A descritto ha un diametro doppio rispetto all'obiettivo f/8, ma
trasmette il quadruplo della luce.
Il valore inciso sulla parte anteriore della montatura dell'obiettivo è il valore massimo di
apertura. Per la fotografia pratica abbiamo bisogno di un dispositivo per ridurre l'apertura
massima,in modo da poter controllare l'intensità di luce che raggiunge la pellicola.
Le prime fotocamere molto spesso erano provviste di una lamina metallica o di singole
linguette con fori di diverso diametro, conosciuti come diaframmi Waterhouse. Facendo
scorrere la lamina, o sostituendo le linguette, si potevano selezionare differenti aperture per un
obiettivo.
I sistemi attuali di apertura, regolabili, hanno la forma di un diaframma a iride, e sono
costituiti da una serie di lamine metal-liche che formano diversi diametri di apertura
dell'obiettivo a seconda della posizione della ghiera di controllo. La serie dei valori di
diaframma di un obiettivo, quasi universalmente usati oggigiorno, forniscono una sequenza di
esposizione standard come la seguente:
1.4, 2, 2.8, 4, 5.6, 8, 11, 16, 22, 32, 45, ecc
Questi valori standard di apertura sono conosciuti come diaframmi principali, o completi, e
sono in sequenza geometrica. Ciascun diaframma trasmette il doppio o la metà della quantità
di luce rispetto al valore adiacente. I numeri maggiori di diaframma (f-stop) rappresentano le
apeture più piccole; /711 è un numero inferiore a /716, ma trasmette il doppio della quantità di
luce. La scala delle aperture su un obiettivo di solito ha anche delle posizioni intermedie tra le
divisioni dei diaframmi interi, con incrementi sia di mezzo sia di un terzo di diaframma. (Intervalli di un terzo di stop corrispondono a un cambiamento di sensibilità della pellicola da un
indice numerico Iso al successivo o al precedente <).
Quando regolate l'apertura di un obiettivo dovreste sempre raggiungere dalla stessa
direzione il valore del diaframma da impostare, spostando l'indice della scala in senso
decrescente verso la posizione desiderata. Ci può essere-infatti un certo gioco nel meccanismo
del diaframma che può causare una leggera differenza di apertura dell'obiettivo in
corrispondenza della stessa posizione; ciò è in funzione della direzione dalla quale è stato
raggiunto il valore del diaframma impostato, cioè se ci si è arrivati a partire dalla massima o
dalla minima apertura dell'obiettivo.
Il valore del diaframma (f/stop) d'esposizione si riferisce all'effettivo diametro dell'obiettivo,
ma trascura altri fattori, prima di tutto l'efficienza dell'obiettivo per quanto riguarda la sua
effettiva trasmissione della luce. Poiché gli obiettivi costituiti da molti elementi sono meno
efficienti di quelli con pochi elementi, a causa della riflessione della luce su ogni superficie e
della densità ottica dei vetri, sono stati fatti dei tentativi per realizzare una scala che indichi la
reale trasmissione di luce da parte di un obiettivo. A volte una scala dei diaframmi è stata
sostituita con una di tempi «f-stop» per indicare la trasmissione della luce. Questi valori oggi
si incontrano di rado, eccetto in alcuni obiettivi utilizzati in cinematografia, soprattutto per il
fatto che l'efficienza degli obiettivi è stata migliorata in modo notevole tramite le tecniche di
rivestimento superficiale antiriflessi delle lenti. I valori dei diaframmi, assai precisi per la
determinazione dell'esposizione, alterano tuttavia altri valori matematici correlati direttamente
all'effettivo diaframma, come la profondità di campo e la distanza iperfocale.
MESSA A FUOCO E PROFONDITÀ DI CAMPO _________
Al variare della distanza della fotocamera dal soggetto, cambia anche la distanza dietro
l'obiettivo in corrispondenza della quale l'immagine è a fuoco nitidamente. L'immagine di un
soggetto vicino è messa a fuoco a una distanza maggiore dietro l'obiettivo, rispetto a quella di
un soggetto più lontano <. Mettere a fuoco un soggetto significa variare la distanza tra
l'obiettivo e la pellicola fin quando l'immagine non è nitida. La messa a fuoco con una
fotocamera di piccolo formato di solito si effettua tramite la rotazione della ghiera sul barilotto
dell'obiettivo; con una fotocamera a corpi mobili la lunghezza del soffietto è regolata
spostando il corpo anteriore o posteriore della fotocamera stessa.
Possiamo effettuare un'accurata messa a fuoco solo per un piano situato davanti alla
fotocamera, dove tutti gli oggetti saranno nitidi. Inoltre, ci sarà un'area davanti e dietro questo
piano che apparirà ragionevolmente leggibile (in funzione degli standard di nitidezza richiesti
per quella particolare fotografia e il grado di Ingrandimento del negativo). Questo settore di
accettabile nitidezza rappresenta la profondità di campo . Una proprietà degli obiettivi
prevede che riducendo l'apertura utilizzata per l'esposizione aumenti la profondità di campo.
Per cui, se in una fotografia è importante avere delle aree vicine alla fotocamera che siano
approssimativamente a fuoco rispetto ad aree più distanti, utilizzeremo un diaframma
piuttosto chiuso.
5-5 Messa a fuoco.
L'immagine di un soggetto
lontano viene messa a fuoco
su un piano più vicino
all'obiettivo, ed è in proporzione più piccola rispetto a
quella di un oggetto più vicino.
Il meccanismo di messa a fuoco
di una fotocamera consente di
variare la distanza obiettivo-pellicola in modo da ottenere la
messa a fuoco dell'immagine su
un'ampia gamma di distanze.
Ci sono altri due fattori che influenzano la profondità di campo: la lunghezza focale
dell'obiettivo (se avete bisogno di una maggior profondità di campo passate a un obiettivo di
minor lunghezza focale) e la distanza dal soggetto (allontanatevi dal soggetto per incrementare
la profondità di campo). Questi tre fattori, apertura del diaframma, lunghezza focale e distanza
dal soggetto, consentono una maggior flessibilità nel gestire la profondità di campo. Inoltre, le
regolazioni del piano dell'obiettivo e della pellicola, possibili con una fotocamera a corpi
mobili , anche se di fatto non cambiano l'originaria profondità di campo, consentono di
spostare il piano di messa a fuoco fino a farlo coincidere con il piano più importante del
soggetto.
I fattori che influenzano la profondità di campo sono regolati dai seguenti princìpi:
1) La profondità di campo raddoppia se raddoppia il valore del diaframma (ad esempio da
f/8 a /V16).
2) Se raddoppiate la distanza dal soggetto la profondità di campo aumenta di quattro volte;
triplicando la distanza, la profondità di campo aumenta di nove volte (la profondità di campo è
proporzionale al quadrato della distanza).
3) Se dimezzate la lunghezza focale dell'obiettivo la profondità di campo aumenta di quattro
volte (la profondità di campo è inversamente proporzionale al quadrato della lunghezza
focale).
Dobbiamo ricordare che la profondità di campo si riferisce a un accettabile grado di
leggibilità; in realtà, solo il piano di messa a fuoco è veramente nitido. Un'accettabile
nitidezza è inoltre determinata dal grado d'ingrandimento del negativo e dalla distanza dalla
quale si osserva la stampa finale. Un ingrandimento che ci sembra buono a una distanza di 1,5
m potrebbe risultare decisamente fuori fuoco a una distanza di 40-50 cm. Le tabelle e le scale
di profondità di campo standard sono tutte basate su alcuni presupposti che riguardano questi
fattori.
L'immagine di un «punto» del soggetto dovrebbe apparire sulla pellicola come un «punto».
Comunque, se il soggetto non è esattamente sul piano di messa a fuoco, questa immagine
diventa un piccolo disco confuso, chiamato cerchio di confusione2. La dimensione di ogni
cerchio di confusione diventa minore riducendo l'apertura dell'obiettivo, e rende così
l'immagine più nitida. Noi determiniamo i limiti delle dimensioni di questi cerchi di
confusione, che consideriamo come accettabile nitidezza, persino quando questi non sono
perfettamente a fuoco come sul piano focale. Se diaframmiamo l'obiettivo rendiamo il cerchio
di confusione di un punto più piccolo rispetto a questa definita dimensione che è considerata
di «accettabile nitidezza», quindi ora il punto cade nell'ambito della profondità di campo per
quel dato diaframma. Utilizzando un obiettivo di minor lunghezza focale, o aumentando la
distanza dal soggetto, si ha un effetto simile sulle dimensioni dei cerchi di confusione,
riducendoli nella fotografia e portando un'area più ampia dell'immagine a un accettabile
livello di nitidezza. La dimensione standard per il cerchio di confusione va da circa 0,25 mm a
0,13 mm nella stampa finale; ovviamente, se è previsto un ingrandimento, la dimensione sul
negativo dovrà essere minore. Per il formato 35 mm, il cerchio di confusione sul negativo
deve essere di circa 0,025 mm.
Scale di profondità di campo
Le scale di profondità di campo sono incise sulla montatura della maggior parte degli obiettivi
fotografici, ma esistono anche delle tabelle che servono per stabilire la profondità di campo
con qualunque obiettivo. La scala riportata sul barilotto di un obiettivo è costituita da coppie di
indici di riferimento, due per ciascun valore di diaframma <. Se avete scelto f/22 come valore
di diaframma, cercate la coppia di linee che corrisponde a f/22. Le distanze sulla scala di
messa a fuoco che sono comprese tra questa coppia di linee saranno «accettabilmente nitide»
(in funzione della definizione di nitidezza usata per creare la scala).
Potete usare inoltre questi indici di riferimento lavorando al contrario, cioè per trovare
quale diaframma vi occorre per ottenere una certa gamma di profondità di campo. Per
esempio, se delle aree importanti del vostro soggetto sono comprese tra 2 e 4,5 m dalla
fotocamera, trovate i due indici, su entrambi i lati del riferimento centrale, che abbracciano
questa gamma di distanze sulla scala di messa a fuoco, e impostate il valore di diaframma che
corrisponde a questi indici.
Scala della profondità di campo. La serie superiore di numeri costituisce la scala delle distanze, e subito sotto c'è la
scala della profondità di campo. I valori di diaframma
appaiono a coppie su entrambi i lati dell'indice della corretta
messa a fuoco. I numeri sulla scala delle distanze che si
trovano tra le coppie corrispondenti al diaframma scelto,
sono comprese entro l'estensione della profondità di campo;
l'immagine è accettabilmente nitida entro tali limiti. In questo
caso, a diaframma f/22, la messa a fuoco ottimale è
regolata a circa un metro (3,4 feet), e la profondità di campo
si estende da 90 cm (3 feet) a 120 cm
Esaminando questa scala potrete notare che il limite prossimo della profondità di campo è
rappresentato da una distanza minore davanti al piano di messa a fuoco principale, rispetto al
limite più lontano (remoto) situato dietro. Ciò conduce a una comune regola per la profondità
di campo potreste mettere a fuoco a circa un terzo della distanza tra l'oggetto più vicino che
deve apparire nitido e quello più lontano. Poiché l'esatta messa a fuoco in alcuni casi può
variare, dovreste esaminare attentamente il vetro smerigliato con una lente di ingrandimento.
In genere ho constatato che, se in qualche parte si deve sacrificare un'accurata messa a
fuoco, bisognerebbe dare la precedenza agli oggetti più vicini a discapito di quelli più lontani.
Una leggera sfocatura del primo piano spesso disturba più di quella delle parti distanti di una
scena (naturalmente ci sono sempre delle eccezioni a proposito, come in ogni regola
generale).
Ci sono situazioni in cui si desidera enfatizzare un soggetto isolandolo dall'ambiente
circostante; in questo caso si può usare la profondità di campo minima. Impostando un
diaframma abbastanza aperto, la profondità di campo diminuirà, gli oggetti in primo piano e
quelli sul fondo saranno decisamente fuori fuoco e distrarranno di meno. Questo effetto, detto
anche «messa a fuoco differenziata» o «selettiva», può essere incrementato con ogni mezzo
che riduce la profondità di campo: utilizzando un obiettivo di maggior lunghezza focale,
diminuendo la distanza del soggetto, o impostando un diaframma più aperto.
Ecco un buon esempio di
come si può utilizzare
creativamente una limitata
profondità di campo (messa
a fuoco selettiva). La decisa
messa a fuoco sul soggetto
principale accentua sia il
messaggio sociale sia
l'impatto estetico.
Le macchine fotografìche fino a qui trattate sono state considerate munite di obiettivi di
lunghezza focale standard: 50 mm per 24x36 mm, 105 mm per i formati 6x7 e 6x6 cm e 180 mm
per il 4x5".
Ognuna di queste combinazioni da un angolo di ripresa di circa 45°. Per capire perché un angolo
di 45° è considerato normale, proviamo ad osservare attraverso il mirino di una 35 mm SLR con
obiettivo standard, tenendo la macchina in posizione perfettamente perpendicolare e con entrambi
gli occhi aperti. Facciamo poi una comparazione tra l'immagine vista sullo schermo di messa a
fuoco e quella vista direttamente. L'occhio ha una visione molto più ampia dell'obiettivo. Ma, all'interno dell'area inquadrata dall'obiettivo e racchiusa nel perimetro dello schermo, le dimensioni
relative di oggetti a distanze differenti sono uguali a quelle della osservazione ad occhio nudo. Con
la stessa macchina, ma cambiando obiettivo con uno di maggiore o minore lunghezza focale, è possibile:
1 ) modificare l'angolo di ripresa (aumentando o riducendo lo spazio inquadrato, quindi
riproducendo più o meno elementi della scena, e conse-guentemente rimpicciolendo od
ingrandendo i dettagli dell'immagine); 2) alterare la reale distanza che ci separa dal soggetto, e così
modificare la prospettiva della foto. Ciascuna di queste possibilità richiede una spiegazione più
approfondita.
Inquadrare una parte più o meno ampia della scena
Cambiando l'obiettivo con uno di focale più lunga, il soggetto appare ingrandito e l'angolo di
Ingrandimento della parte centrale di un fotogramma
ripreso con un 28 mm
con il 28 mm.
135 mm
90 mm
50 mm
28 mm
135 mm
18°
26°
46°
74°
50 mm
28 mm
Sopra: angolo di ripresa di
alcuni obiettivi per il formato
35 mm di diversa lunghezza
focale. A destra: la
differenza di inquadratura di
tre di questi obiettivi alla
stessa distanza dal
soggetto. In alto a sinistra:
l'ingrandimento parziale di
un fotogramma ottenuto con
l'obiettivo di 28 mm
dimostra che la focale
influisce sulle dimensioni
del soggetto riprodotto ma
non sui rapporti prospettici.
Tutte le riprese sono state
effettuate con la stessa
apertura di diaframma. Si
noti come il 28 mm abbia
una maggiore profondità di
campo del 135 mm (in alto)
ma come il forte
ingrandimento ingrossi la
grana e danneggi la
nitidezza.
ripresa risulta ridotto per cui si inquadra una parte minore della scena.
Come prima impressione il soggetto sembrerà più vicino, ma è
soltanto un'illusione ottica dovuta all'ingrandimento. Se allontaniamo
il punto di ripresa per non ingrandire il soggetto, avremo un
appiattimento della prospettiva, con effetto di schiacciamento dei vari
piani. Ottenere il soggetto ingrandito sul fotogramma è senz'altro
d'aiuto se non ci si può avvicinare quanto necessario, per esempio
nelle foto di sport, di natura, nelle foto a sorpresa e per dettagli
architettonici.Ogni piccola vibrazione della macchina risulta anch'essa
ingrandita, pertanto, tenendo la macchina in mano, si usi un tempo di
posa il più veloce possibile per evitare il "mosso" su tutta la foto. La
stessa considerazione vale per i movimenti dei soggetti. Altre
differenze pratiche rispetto all'obiettivo normale sono: una minor
profondità di campo a parità di diaframma e una maggiore escursione
dell'obiettivo per la messa a fuoco; un minor potere di copertura e una
minor luminosità. L'angolo di ripresa è inversamente proporzionale
alla lunghezza focale. Per esempio, un obiettivo di 100 mm dimezza
l'angolo di ripresa e raddoppia l'ingrandimento dell'immagine degli
oggetti rispetto a un 50 mm, a uguale distanza di ripresa.
Cambiando l'ottica normale con un grandangolo (lunghezza focale più corta) si hanno effetti
opposti. Si inquadra una scena più ampia, ogni elemento risulta rimpicciolito, le distanze appaiono
accentuate, si usufruisce di una maggiore profondità di campo ed è minore l'escursione
dell'obiettivo per la messa a fuoco. Un grandangolo aiuta a risolvere casi critici di spazio,
specialmente negli interni, dove un obiettivo normale non inquadra tutta la scena.
Un grandangolare è utile per fotografare panorami, gruppi, monumenti, e ogni altro tipo di
soggetto ampio quando è impossibile arretrare sufficientemente per includerlo intero. Sono anche
adatti per scene d'azione, sfruttando la notevole profondità di campo.
Si ricordi che l'obiettivo deve essere stato progettato come un grandangolo. Non è una buona
norma usare un obiettivo normale da 50 mm per il 24x36 come grandangolo in una 6x7 cm, perché
non avrà sufficiente potere di copertura per il formato più grande e la foto risulterà vignettata agli
angoli (fig. 3.6).
Con il grandangolare, inclinando la macchina verso l'alto o il basso, si ottengono immagini con
linee distorte e linee di fuga accentuate; perciò come norma la macchina va sempre tenuta
perfettamente perpendicolare al suolo. Inoltre, avvicinando il punto di ripresa al soggetto in primo
piano, si accentua la prospettiva (fino ad avere vere e proprie deformazioni) e i vari piani appaiono
molto distanziati tra loro. Ciò tanto più è corta la focale.
Alterazioni della prospettiva
Abbiamo visto che cambiando focale e distanza di ripresa si esercita una notevole influenza sulla
prospettiva dell'immagine. La prospettiva è determinata dal rapporto tra le dimensioni degli oggetti
di una scena rispetto alle loro distanze (gli oggetti appaiono tanto più piccoli quanto più sono
lontani) e dalle linee, parallele nella realtà, che nell'immagine appaiono convergenti in un punto
lontano (punto di fuga). Questi effetti danno un senso di profondità e rilievo nelle foto, che sono
bidimensionali, rendendo l'idea della tridimensionalità.
Come mostra la fig. 5.3, se si osserva di scorcio un muretto di altezza uniforme, l'estremità più
vicina appare più alta di quella lontana. La differenza tra queste due altezze è direttamente
proporzionale alla loro distanza dal punto di ripresa; così se l'estremità vicina si trova a 3 metri e la
lontana a 12 metri il rapporto sarà di 4:1. Ma indietreggiando fino a 10 metri dall'estremità vicina,
quella distante sarà a 19 metri (10 + 9); il rapporto diventerà allora di 1,9:1 per cui la prospettiva
del muretto apparirà meno accentuata.
La prospettiva cambia dunque in relazione alla distanza tra punto di ripresa e soggetto. Ma con
obiettivi di diversa focale è possibile modificare la distanza del punto di ripresa e quindi alterare
questo effetto: basta usare obiettivi la cui focale inquadri la stessa "quantità" di soggetto. Si
immagini di fotografare il muretto di scorcio con l'obiettivo di 50 mm, a 3 metri di distanza
dall'estremità più vicina. Se ora si indietreggia a 6 m e si effettua un'altra ripresa con un obiettivo di
100 mm, l'estremità del muretto più vicina avrà la stessa altezza, ma la differenza con quella
lontana sarà inferiore (cioè risulterà relativamente più alta).
Questo rende la prospettiva più piatta e la profondità della scena, data
dalla lunghezza del muretto che qui apparirà più corto, meno
evidente. Al contrario, se dimezziamo la distanza avanzando il punto
di ripresa a 1,5 m e usiamo una focale di 25 mm, avremo la parte
vicina del muretto sempre di uguale altezza, ma più bassa la parte
finale, con una prospettiva accentuata.
Si può sfruttare una prospettiva accentuata (punto di vista vicino e
gran-dangolo) qualora si vogliano esaltare le distanze, fare una
caricatura di un viso con un grosso naso e minuscole orecchie, oppure
enfatizzare drammaticamente alcuni primi piani, come un pugno
aggressivo dalla grandezza esagerata. Allo stesso modo la si può
sfruttare per creare un punto di vista "dinamico", esasperando l'altezza
di un edifìcio. Gli effetti espressivi di queste immagini sono notevoli
e vengono molto sfruttati da fotografi di forte personalità (vedi W.
Klein e molti altri).
Si può invece sfruttare una prospettiva schiacciata (punto di ripresa
lontano, obiettivo di lunga focale) per comprimere lo spazio,
avvicinando tanti soggetti tra loro, come le persone in una folla, una
fila di automobili, caseggiati ecc, ad esempio per evidenziare alcuni
problemi sociali, ecologici, ecc. Nei panorami aiuta ad evidenziare
alcuni aspetti importanti dei pianimedi rispetto allo sfondo, oppure li
appiattisce entrambi in un'unica composizione. I lineamenti nei ritratti
risultano più simili a quelli reali (non usate però una focale più lunga
di 90-100 mm con il 24x36).
Fig. 5.3 Rapporto tra prospettiva e punto di ripresa.
La convergenza apparente delle linee orizzontali di
questo muro ripreso lateralmente è meno
accentuata se si aumenta la distanza di ripresa.
5.3
Walzer evans ha scelto
una lunga focale e un
punto di ripresa lontano
per far sì che queste
ciminiere di Bethlehem
(Pennsylvania)
dominassero sul
cimitero degli operai. La
tecnica rafforza lo stato
emotivo collegando
strettamente tra loro il
significato dei due
elementi scenici.
Fig. 5.6 Una veduta di New
York dalla cima dell'Empire
State Building con un'ottica
di 135 mm sul formato 35
mm. La prospettiva
appiattita da un effetto di
schiacciamento.
Questi controlli sulla prospettiva sono lasciati alla
valutazione del fotografo per ogni singola situazione data la
loro importanza sul piano espressivo pari a quella della
profondità di campo. Ma le esagerazioni (i due estremi — tele
molto lungo o grandangolo spinto — danno effetti telescopici
o a "occhio di pesce") rivelano "il trucco" e il risultato allora è
accettabile, ripetiamo, solo con finalità precise e in casi
particolari.
Questi effetti dipendono anche dal formato delle fotografie
in relazione alla distanza dalla quale sono osservate. Infatti
l'immagine appare in scala naturale e con una giusta
prospettiva se il rapporto tra la grandezza dell'immagine e la
distanza dell'osservatore è il medesimo che c'era tra la grandezza del soggetto e la distanza del punto di ripresa. Se, per
esempio, un oggetto alto 4 m è stato fotografato da 8 m
(rapporto 1:2), la prospettiva risulterà naturale se la foto viene
osservata da una distanza doppia della sua grandezza. Questo
significa che una foto di 12,5 cm di base deve essere osservata
da 25 cm, una di 50 deve essere osservata da 1 metro, e così
via. In pratica si tende a osservare tutte le foto della grandezza
di una cartolina
Fig. 5.7 L'uso di un
grandangolo (24 mm)
ha permesso di
comprendere
nell'inquadratura tutte e
sei le panchine e ha
allungato il primo piano
in ombra
Fig. 5.8 Una prospettiva
esagerata drammatizza
l'immagine. Ripresa effettuata
da breve distanza con una
reflex 35 mm e obiettivo 28 mm
a tutta apertura per sfuocare il
secondo piano e accentuare il
risultato.
da una distanza di circa 25-30 cm, che solitamente permette di
vedere nell'immagine una prospettiva naturale riprodotta con un
obiettivo di focale media.
Ma osservando, sempre dalla stessa posizione, una fotografia
ripresa da vicino con un grandangolo o da lontano con un tele (per
non modificare la grandezza del soggetto in primo piano), si avrà
l'impressione di una prospettiva accentuata o appiattita.
Anche i pittori, del resto, dipingono i loro quadri con una
prospettiva piuttosto appiattita per ottenere effetti naturali, quando
prevedono che l'opera sarà osservata a notevole distanza, per
esempio in alto in una pinacoteca o in una chiesa. Tenetelo a
mente se organizzate una mostra: se volete esagerare nelle foto
l'illusione di uno spazio compresso e di una prospettiva appiattita,
realizzate stampe di grande formato scattate con lunghe focali
(angolo di campo stretto), e appendetele in posizione tale da
costringere l'osservatore a guardarle da vicino.
Uno zoom o più obiettivi?
Soprattutto per il formato 35 mm, si può scegliere tra una serie di obiettivi a focale fissa o uno (o
più) obiettivi zoom. Lo zoom è un obiettivo a focale variabile, ottenuta con una traslazione del
gruppo ottico interno. D controllo di questo movimento avviene per mezzo di un manicotto
sull'obiettivo, che si spinge avanti e indietro. Ruotando lo stesso manicotto si regola la messa a
fuoco.
Lo schema ottico degli obiettivi zoom è molto complesso: la regolazione della messa a fuoco non
deve cambiare variando la focale e il diaframma deve aprirsi e chiudersi per mantenere invariato il
valore del numero f. Anche la correzione delle aberrazioni deve rimanere costante e garantire una
buona qualità delle immagini in tutto l'arco di variazioni delle focali e delle distanze di ripresa. Per
quanto si ritenga, a ragione, che gli obiettivi a focale fissa garantiscano risultati migliori degli
zoom, alcuni obiettivi zoom di elevate prestazioni non hanno niente da invidiare ad obiettivi di
focale fissa. I limiti alla correzione delle aberrazioni alle focali massima e minima si manifestano
con distorsioni a barilotto e a cuscinetto ai bordi dell'immagine. Come si vede nella fig. 5.19, le
variazioni di focale più ampie si hanno tra gli zoom normale/tele (50-300 mm). Ma, in base all'uso
che se ne fa, si può scegliere anche lo zoom grandangolo/normale (24-50 mm) o il telezoom (200600 mm). Probabilmente quelli più usati sono gli zoom che vanno dal moderato grandangolo al
moderato tele (28-135 mm).
/ vantaggi pratici di un obiettivo zoom sono:
1) Variazione continua delle dimensioni dell'immagine, nei limiti della fo
cale massima e minima, equivalente a ben di più che due o tre obiettivi
di focale fissa.
2) Possibilità di inquadrare rapidamente in fotografie sportive, di azione,
istantanee, ecc, dove il soggetto si presenta inaspettatamente troppo lon
tano o troppo vicino e non si ha il tempo di cambiare l'obiettivo.
3) Nessun rischio di perdere lo scatto perché state cambiando l'obiettivo.
4) Meno attrezzatura da portare con sé.
5) Possibilità di variare la focale durante l'esposizione per ottenere effetti
speciali.
6) Molti zoom hanno la posizione "macro" per riprese ravvicinate.
Gli svantaggi degli zoom sono:
1) L'apertura massima è generalmente inferiore (meno luminosa) a quella
di un'ottica normale.
2) È più ingombrante e pesante e più costoso di un obiettivo a focale fissa.
3) Non consente la messa a fuoco di soggetti molto vicini.
4) Minore contrasto e (con gli zoom più economici) minore definizione.
5) L'uso dello zoom rende pigri nella ricerca di effetti prospettici perché
si è portati a riempire il fotogramma dal punto di ripresa in cui ci si trova.
Invece bisogna prima cercare di scegliere la distanza di ripresa per rendere
il voluto rapporto tra gli elementi scenici in modo da esaltare o appiattire
la prospettiva, e poi variare la lunghezza focale fino a includere nel fo
togramma la parte di scena desiderata.
Alcuni obiettivi zoom modificano l'apertura massima agli estremi della scala delle focali, e
perdono da mezzo a 1 diaframma nella posizione tele (in effetti sulla montatura viene segnato per
esempio f/3,5-4,5). Questo è insignificante se la macchina ha un esposimetro TTL, ma bisogna
tenerne conto se si usa un flash non dedicato (pag. 218).
La profondità di campo varia con la lunghezza focale, ma si può compensarla con l'apertura del
diaframma. È più grande alle corte focali, per cui, se appena è possibile, regolate la messa a fuoco
nella posizione tele, in modo da avere la certezza di avere il soggetto nitido in una situazione critica,
e poi variate la focale fino al punto desiderato.
Le esigenze di ogni fotografo sono diverse e determinano la scelta delle ottiche. Normalmente le
focali più usate (vedi fig. 5.11) sono tra i 24 e i 250 mm per il formato 35 mm, tra 45 e 270 per il
formato 6x7, tra 90 e 370 per il 4x5". Potete coprire questa gamma con due o tre focali fisse, oppure
(per il 35 mm) con un paio di zoom, più eventualmente un 50 mm molto luminoso se siete disposti
a sopportarne l'ingombro e il peso
28mm
50mm
135mm
Cambio della distanza e della lunghezza focale. Le tre immagini sono
state riprese con lunghezze focali diverse (sul formato 35 mm) ma la
distanza del punto di ripresa è stato spostato in modo che il
monumento in primo piano rimanesse più o meno della stessa misura.
Operando così si interviene sulla prospettiva