Le antiche vie di pellegrinaggio medievale
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Le antiche vie di pellegrinaggio medievale
Le antiche vie di pellegrinaggio medievale: il culto micaelico in Campania . La via dell’Angelo Nei giorni 15 e 16 settembre 2007 si è tenuto sul Faito, nel Rifugio e nel Santuario di San Michele un convegno culturale sul tema” Le antiche vie di pellegrinaggio medievale: il culto micaelico in Campania . La via dell’Angelo”. Promotori ed organizzatori della manifestazione sono stati il Club Alpino Italiano Sezione di Napoli e Sottosezione di Castellammare di Stabia, Il Santuario di San Michele Arcangelo del Faito, L’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Mons. Raffaele Pellecchia”, l’Associazione “Amici del Chianiello” di Angri e l’Università di Bari, Dipartimento Studi Classici e Cristiani. Nella prima giornata si sono tenute una serie di conferenze di alto contenuto storico ed archeologico incentrate sul tema del culto micaelico in Campania e nell’Italia meridionale. In particolare, nel corso della seduta mattutina, il Prof. Giorgio Otranto dell’Università di Bari ha trattato il tema del culto micaelico in quello che è stato uno dei luoghi più importanti del pellegrinaggio medioevale, Monte Sant’Angelo sul Gargano. A seguire Don Antonio Cioffi, dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Mons. Raffaele Pellecchia” ha parlato del culto micaelico sui Monti Lattari. Lo stesso tema è stato svolto, con particolare riferimento ai ritrovamenti archeologici rinvenuti a Sant’Angelo ai Tre Pizzi, dal Prof. Mario Pagano, Sovrintendente dei Beni Archeologici ed Ambientali di Campobasso, mentre il Prof. Rosario Paone dell’Università di Napoli ha illustrato il tema del “ culto micaelico in grotta”. Molto interessante è stata anche la relazione della Prof.ssa Gioia Bertelli del Dipartimento Studi Classici dell’Università di Bari , sul tema “ La Grotta di San Biagio a Castellammare ed il culto di San Michele”. A tal proposito è opportuno segnalare che la Bertelli in passato ha svolto approfondite ricerche su questo sito nel quale i pellegrini medioevali sostavano per venerare l’Arcangelo, prima di iniziare l’ascesa alla vetta del Monte Sant’Angelo ai Tre Pizzi , dove era ubicato l’antico tempio edificato nel VI secolo ai tempi di San Catello. Dopo questi interessanti interventi mattutini, il convegno è stato sospeso per consentire ai relatori ed ai numerosi partecipanti di gustare i prodotti tipici del Faito. A tale scopo, l’intera comitiva si è trasferita nella zona del Villaggio Sportivo dove è ubicata un’area attrezzata per colazioni all’aperto. Nel corso dello spensierato ed allegro momento conviviale, abbiamo parlato, fra amici, delle enormi potenzialità di sviluppo turistico – ambientale che offre il Faito, la nostra bellissima montagna sul mare, anche in relazione alla riscoperta di questa antica via di pellegrinaggio. Qualcuno di noi ha ricordato che, nel corso del millenario pellegrinaggio al San Michele, vi furono periodi in cui, nei giorni della festa della dedicazione del Tempio, dal 29 luglio al 1°agosto, quasi tutta la popolazione di Castellammare si trasferiva sulla Conocchia dove venivano approntati accampamenti formati da innumerevoli capanne e tende. Nel pomeriggio il convegno è proseguito presso l’Hotel La Lontra di Faito dove è stato trattato da varie angolazioni il tema generale “ Le vie di pellegrinaggio: occasione di riscoperta del territorio, valorizzazione e tutela”. In particolare Miranda Bocchiani, Presidente della Commissione Centrale Tutela Ambiente Montano del Club Alpino Italiano, ha trattato il tema “ dalle Alpi all’Appennino, un’unica via per la tutela ambientale”. Il Prof. Vincenzo Di Gironimo, Presidente della Sezione di Napoli del Club Alpino Italiano ha parlato della “riscoperta della via micaelica nell’Italia meridionale: stato dei lavori”. A proposito di questo intervento, mi preme sottolineare che al monento il Prof. Di Gironimo è in contatto con l’università francese di Caen, in Normandia , per uno studio congiunto del culto micaelico di Mont Saint Michel e di quello praticato nell’Italia meridionale, in particolare a Stabia. Vilma Trombino, coordinatore del Gruppo Terre Alte del CAI di Benevento ha parlato della “Via Sacra Longobardorum in Campania”, mentre Michele Del Giudice, coordinatore del Gruppo Studio e Ricerca del Gruppo Ambiente Montano di Foggia ha parlato sul tema “La Via Sacra longobardorum in Puglia: da Stignano a Monte Sant’Angelo”. Infine, Diego Magliochetti del CAI di Frosinone e Giuseppe Spina del CAI di Caserta hanno parlato sul tema” Comunicazione sui tratti laziali e casertani”. Il giorno successivo, 16 settembre, cambia lo scenario della manifestazione in quanto da incontro culturale si passa ad una impegnativa prova di escursionismo. Il programma della giornata prevede, infatti, una visita alla Grotta di San Catello e Sant’Antonino e la salita al Molare. Incaricati di guidare l’escursione sono i soci della Sottosezione di Castellammare. Il compito loro affidato è alquanto impegnativo poiché fra i partecipanti vi sono molte persone che non praticano abitualmente questa attività di “andar per monti”. Dopo la Santa Messa celebrata nel Santuario dal Rettore Don Catello Malafronte, si ritrovano all’imbocco del sentiero una cinquantina di persone , comprese quelle che avevano già percorso la via di cresta con partenza dalla stazione della Funivia. Il gruppo dovrà ripercorrere l’antico sentiero battuto dai pellegrini che si recavano sulla cima del monte Aurus dove era ubicato il tempio costruito nel VI secolo dopo l’apparizione separata dell’Arcangelo al Vescovo di Stabia Catello ed al monaco benedettino Antonino. Da qui il gruppo si muove verso le ore 11. Il programma, come detto, prevede la visita alla grotta dei Santi. Per giungere in questo luogo occorre fare una piccola deviazione dal sentiero principale. Viene fatto presente ai partecipanti che la visita alla grotta può essere effettuata solo da persone che non soffrono di vertigini e che abbiano una qualche esperienza di escursionismo, poiché quest’ultima si trova alla fine di un sentiero impervio e strapiombante su pareti di roccia alte trenta metri. Circa una ventina di persone decidono di partecipare alla visita, mentre il resto del gruppo prosegue verso la vetta guidato dal Vice Presidente della Sottosezione Raffaele Luise. La visita alla grotta si è svolta con la massima regolarità grazie all’aiuto prestato ai visitatori dallo scrivente e dai soci Antonio Matrone ed Antonio Rocco e grazie anche al supporto di una provvidenziale catena di ferro posta lì in passato da qualcuno che voleva consentire a tutti l’accesso alla stessa. Da tale posto si gode una bella veduta sulla sottostante vallata di Pimonte e Castello. La cavità è abbastanza ampia ed ha come caratteristica particolare una colonna di roccia posta al centro della parte anteriore che sembra quasi suddividerla in due ambienti. Infatti la tradizione vuole che in essa abbiano convissuto San Catello e Sant’Antonino. Dopo la visita della grotta si riprende la via del sentiero principale; trascorso poco tempo facciamo sosta, come facevano gli antichi pellegrini, alla sorgente dell’Acqua Santa. Qui raccontiamo ai nostri escursionisti che una credenza popolare ritiene che l’acqua di questa sorgente abbia capacità miracolose per favorite la fertilità femminile. Da un punto di vista naturalistico, facciamo notare che sulle pareti muschiose intorno alla sorgente alloggia una rara pianta carnivora denominata Pinguicola Hirtiflora. Ripreso il cammino, dopo circa un’ora, ci ritroviamo alla base di quella grande formazione rocciosa che oramai viene comunemente chiamato “Molare”. Quasi tutto il gruppo degli escursionisti affronta di buna lena l’ultimo tratto che conduce al punto più alto della catena dei Lattari . In questo luogo fu eretto il Tempio dedicato a San Michele che, per oltre un millennio, dal Vi secolo D.C. al 1860, fu meta di continui pellegrinaggi. Dal Molare si gode una vista amplissima. Partendo da nord e ruotando lo sguardo in senso orario si notano in lontananza il Taburno ed i monti del Matese, a seguire i monti di Avella, preceduti dalle cime che sovrastano Sarno e dalla parte opposta il Vallo di Lauro. In direzione est si intravedono le prime cime dei Picentini quali il Pizzo San Michele e le due cime dei Maj, mentre il lontananza si staglia la grande mole del Terminio, l’antico Montagnone di Serino. A distanza più ravvicinata, sempre nella medesima direzione, sembra quasi di toccare la cima del Cerreto, dietro il quale si intravedono le vette iniziali dei Monti Lattari costituite dalle Creste del Demanio di Cava e dal Monte Finestra. Girando ancora lo sguardo in direzione sud est dapprima si vede la forma tondeggiante del Monte Avvocata ed in lontananza la piana del Sele con i Monti del Cilento sullo sfondo e la massa biancheggiante degli Alburni. A poca distanza da noi ci sembra di toccare la piramide acuminata del Canino ed, un poco oltre, la cima sottoposta del Monte Catello, tagliato da una enorme frana staccatasi qualche anno fa. Sotto di noi, sempre in direzione sud , si trova l’abitato di Positano. Continuando a ruotare lo sguardo, verso ovest si distende la lunga ed ondulata lingua della Penisola Sorrentina ed, in fondo, la bellissima Capri. Infine, verso nord ovest, si può ammirare il Golfo di Napoli ed il Vesuvio. Discesi dal Molare, ci fermiamo nella selletta posta alla sua base dove consumiamo la colazione a sacco. Il nostro gruppo, quindi, intraprende la strade del ritorno seguendo il percorso della Conocchia. Questo sentiero in parte segue il percorso dell’Alta Via dei Monti Lattari che attraversa tutta la dorsale della catena da Cava dei Tirreni a Punta Campanella. Ci muoviamo quindi in direzione est e dopo circa una mezz’ora guadagniamo la tondeggiante cima della Croce della Conocchia. Di qui ci soffermiamo a guardare la bella Praiano che si offre tutta alla nostra vista: l’abitato di Vettica Maggiore con la maiolicata cupola della chiesa di San Gennaro ed, incombente sul mare Torre Grado, antica postazione a difesa dalle incursioni saracene. Proseguiamo la discesa, lasciando il sentiero dell’Alta Via e dirigendoci verso Punta Medico che è un grande bastione roccioso che sovrasta l’abitato di Santa Maria a Castello. Un po’ prima di raggiungere questa punta, nascosto fra le pietre e, fortunatamente ben segnato con i colori bianco – rosso del CAI , il sentiero svolta a desta e, ruotando di ca. 180° riprende la direzione opposta a quella che avevamo seguito fino a quel momento. Tale sentiero, forse poco conosciuto, è molto bello perché costeggia a semicerchio il vallone del Falangario molto profondo e selvaggio. Davanti a noi, sulle pareti opposte, si vedono altissime rocce calcaree stratificate dal colore chiaro. E’ uno spettacolo veramente affascinante perché fa assomigliare il Faito quasi ad una vallata alpina. Percorso interamente questo sentiero, lasciamo le ripe scoscese e, svoltando sulla nostra destra, attraversiamo un bellissimo bosco di faggi secolari. Da questi alberi, dalla forma slanciata e possente, è derivato etimologicamente il toponimo Faito. Dopo poco giungiamo nell’ombreggiato Pian del Pero dove termina la nostra escursione.