Vi prego, indignatevi! - Comune di Pecetto di Valenza
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Vi prego, indignatevi! - Comune di Pecetto di Valenza
er babàn d’Apsaei 2 Un duplice successo nel segno dell’arte di Maria Patrizia Peola Primo Premio - Angeleri “Il giallo vince il blu” Secondo Premio - Iuricich “Albero in piazza” Terzo Premio - Oddone “Dalle redini” La Pro Loco “Giuseppe Borsalino” ha organizzato nello scorso mese di settembre due importanti manifestazioni apprezzate dai Pecettesi: una mostra fotografica ed un concorso di pittura estemporanea. In particolare, il 2 settembre è stata inaugurata, alla presenza delle autorità comunali, una mostra di fotografie che ha raccolto 23 riproduzioni di aspetti caratteristici del nostro paese nella bella saletta appositamente allestita presso il centro comunale di cultura. Alcune istantanee sono state ricavate da cartoline d’epoca, altre sono state scattate recentemente dal socio e membro del direttivo Claudio Bonadio e, particolarmente apprezzate, quattro opere offerte dal sindaco Flavio De Stefani raffiguranti persone di Pecetto riprese nelle loro attività quotidiane. Per molti di noi è stata l’occasione per tornare con la memoria al passato: il lavoro degli artigiani, i carri trainati dai buoi, la fatica dei contadini, le vigne, il profumo del mosto, ecc. Il ricordo del passato ha anche sollecitato il direttivo Pro Loco a riprendere una consuetudine dimenticata alcuni decenni fa: il concorso di pittura estemporanea. In concomitanza con la festa patronale, nei giorni 7 e 8 settembre si è svolta la gara che ha visto la partecipazione di 20 pittori provenienti da varie località della Regione e non solo. Le opere, tutte molte pregevoli, hanno ripreso alcuni angoli di Pecetto; sono state utilizzate tecniche diverse – olio, acquerelli, tempere, pastelli – in ogni caso con intelligenza e fantasia. Il primo premio è stato assegnato alla pittrice Liliana Angeleri per l’originalità dell’opera “Il giallo vince sul blu”. Si è aggiudicato il secondo premio il sig. Juricich, pittore molto noto a Pecetto per aver partecipato a molte edizioni del concorso ottenendo sempre risultati di rilievo, con l’opera “Albero in piazza”. Terzo classificato il sig. Oddone, pittore pecettese di adozione che ha presentato una particolare “Veduta dalle redini” apprezzata dalla giuria e dal pubblico presente alla premiazione. Da segnalare la simpatica e qualificata partecipazione della famiglia Evaso, davvero famiglia di artisti: il padre ingegnere è stato premiato con il quarto premio per la bella “Veduta di Pecetto”; il figlio ha ricevuto una menzione per la perfetta prospettiva e l’originalità della tecnica con la quale ha rappresentato Via Borsalino e la Parrocchiale; la figlia ha partecipato con un’ope- ra pop dai colori contrastanti di sicuro effetto. Il quinto premio è stato assegnato a Maddalena Anna la quale, timida al momento dell’iscrizione, dichiarava di partecipare per gioco non pensando di avere alcuna possibilità di aggiudicarsi un premio, mentre il suo quadro, di piccole dimensioni ma ben eseguito, è stato valutato positivamente dalla giuria. Questi i vincitori, tuttavia tutte le opere esposte sono state giudicate ad alto livello e, se qualche inevitabile polemica è stata suscitata dalla scelta dei giudici, molti hanno apprezzato l’organizzazione e la cordialità della manifestazione. A ricordo della giornata a tutti i partecipanti sono stati donati vino ed uva (offerti dalla famiglia Marchelli), amaretti forniti dalla pasticceria Torti di Valenza e l’amaro dei Frati della Confraternita del SS Rosario di Pecetto. Vorrei esprimere un sentito ringraziamento ai componenti della giuria per la loro disponibilità e competenza: dott.ssa Stefania Novello – vice sindaco; prof. Luciano Orsini – esperto d’arte; sig. Fortunato Andreosi – pittore; dott. Fabio Bosco – artista. E ora si riprende con le attività dell’autunno: il coinvolgimento dei bambini delle scuole in un importante progetto sul riciclaggio dei rifiuti e la raccolta differenziata che si concluderà in prossimità del Natale con l’esposizione dei lavori ed un simpatico scambio di auguri; le conferenze del prof. Luciano Orsini e del gruppo astrofili; lo spettacolo teatrale della compagnia “Teatro della nebbia” (19 gennaio) che porterà in scena la commedia “I ladri” di Dario Fo; e le mostre personali di pittori che si avvicenderanno con cadenza mensile. Segnalo, inoltre, un’iniziativa che potrà essere realizzata nel mese di maggio con il contributo di tutte le signore che vorranno esprimere la propria creatività sul tema “Le rose” attraverso ricami, decoupages, ceramiche, ecc. In ultimo un consiglio: curate i vostri balconi ed i giardini in modo che a maggio possano essere un trionfo di colori e profumi. Vi prego, indignatevi! di Pierpaolo Pavese L’indignazione, secondo il vocabolario della lingua italiana, è lo stato d’animo di chi prova sdegno, risentimento. L’indignazione è un sentimento importante; essa induce un essere umano a reagire di fronte a fatti o situazioni che offendono l’orgoglio, la dignità, il comune senso civico o, peggio, che calpestano i diritti e la libertà del nostro prossimo e, quindi, anche la nostra. L’indignazione è il campanello d’allarme che ci avvisa quando si supera il limite del non rispetto dei valori cardine della nostra società. Non sono soltanto la negazione dei diritti umani da parte di dittature, o i delitti efferati, o gli scempi alla natura e all’arte che devono farci indignare e reagire, ma più semplicemente devono esserlo i comportamenti e gli atteggiamenti che ci coinvolgono tutti i giorni ma che passano sempre più inosservati alla nostra coscienza perché ritenuti (o divenuti?) “normali”. Un caso per tutti accaduto la scorsa estate su un’affollata spiaggia palermitana: un settantacinquenne, colto da un malore, muore e viene lasciato coperto da un asciugamano per ben cinque ore prima di essere portato via. Intorno al cadavere bambini che giocano e adulti intenti a spalmarsi creme abbronzanti o a godersi i benefici di un bel bagno. Potremmo elencare chissà quanti altri episodi di cui veniamo a conoscenza che non inducono più in noi sdegno, pur rappresentando inciviltà, prepotenza ed egoismo. Così stupore, incredulità e rassegnazione hanno sostituito poco a poco l’indignazione. Il degrado della nostra società, non più molto lento, celebra la sua vittoria. Per questo motivo credo che sia necessario riflettere su quali comportamenti e informazioni non si debbano più accettare senza reagire con sdegno. Non dobbiamo celare questi sentimenti; esterniamoli e contagiamo il nostro prossimo, facendo sentire in imbarazzo o “isolato” chi si rende autore di azioni incivili o prepotenti. Basta uno sguardo, una parola, per non accettare lo sgarbo ad un anziano, le immondizie disperse per strada o smaltite impropriamente, le parolacce che diventano un’intercalare, le furberie anche solo raccontate, e nemmeno le notizie di cronaca nera dispensate come fossero favole o fumetti. Tuteliamo la nostra società dal degrado dell’inciviltà, anche quella è una forma d’inquinamento. Vi prego, indignatevi! er babàn d’Apsaei 3 Centro Culturale Borsalino: un primo bilancio di Flavio De Stefani A un anno di distanza dall’inaugurazione del Centro Culturale Comunale e dalla sua straordinaria ristrutturazione conservativa, mi preme sottolineare l’aiuto ed il sostegno ricevuto da parte della Regione Piemonte nei confronti di un progetto originale ed interessante che da subito ha cercato di coniugare al suo interno diverse anime e molteplici obiettivi. Alla prima tranche di finanziamenti di € 400.000,00 per il salone e € 120.000,00 per la biblioteca, si è aggiunta una seconda tranche di € 25.000,00 per il completamento degli impianti e l’integrazione degli arredi dell’auditorium e € 50.000,00 per l’abbattimento delle barriere architettoniche e l’integrazione degli arredi della biblioteca, della ludoteca e dell’emeroteca (ricordo che la differenza è stata compensata dall’amministrazione comunale con gli introiti della discarica). I funzionari regionali hanno valutato positivamente l’intenzione di mischiare tutte quelle iniziative aggreganti che una piccola società come la nostra è in grado di produrre e promuovere (cultura, tradizioni eno-gastronomiche, intrattenimento, musica, ballo, gioco, volontariato, …), attività che potrebbero determinare qualche difficoltà nella gestione organizzativa degli spazi per la convivenza di pubblico, privato ed associazionismo, ma che rappresentano proprio la nostra forza nonché motivo di vanto. I contributi ricevuti non sono stati, tuttavia, sufficienti per completare l’acquisto degli arredi: per questo motivo, in qualità di Sindaco, ho deciso di rivolgermi personalmente ad alcuni pecettesi con i quali condivido rapporti di stima ed amicizia chiedendo la disponibilità a donazioni mirate (a seguire l’elenco dei “benefattori”). In questo modo, dal mese di giugno ad oggi abbiamo raccolto € 15.900,00 un importo notevole che chiunque potrà ulteriormente incrementare rivolgendosi al sottoscritto oppure agli assessori comunali. Sarà, inoltre, possibile contribuire alla completa realizzazione del Centro Culturale anche donando materiale relativo alla storia del nostro Paese – per lasciare alle generazioni future le memorie del passato – e materiale bibliografico che potrà incrementare i volumi a disposizione della biblioteca. Roberto Dezani ha 38 anni, di origini astigiane, è nato ad Alessandria e risiede a Pecetto di Valenza dal 1996; sposato con Alessandra e papà di Luca, 4 anni. Eentrato nell’Arma come militare di leva, ha poi scelto di rimanere ed ha frequentato il Corso per Sottufficiali a Velletri (RM) per seguire la propria vocazione e la tradizione di famiglia. Attualmente è Maresciallo Capo dei Carabinieri, Comandante del nucleo radiomobile della Compagnia Carabinieri di Voghera ed ha partecipato alla Missione IPU come volontario. L’impegno, la partecipazione e la pazienza dei singoli saranno elementi imprescindibili per far crescere e decollare un progetto degno di nota senza condannarlo ad un possibile fallimento. Elenco donazioni: Associazione Violenza Po Onlus € 500,00 Callegher Flaviano e famiglia € 3.000,00 De Stefani Flavio e famiglia € 1.000,00 Fratelli Amodio € 4.000,00 Lucotti Ercole e famiglia € 1.100,00 Orsini Mauro e famiglia € 500,00 Pastelli Riccardo e famiglia € 4.000,00 N.N. € 300,00 N.N. € 500,00 N.N. € 1.000,00 Missione “I.P.U.” in Bosnia Erzegovina di Roberto Dezani Nei Paesi Europei ed Extraeuropei sono attive più di dieci missioni che vedono la presenza dei Carabinieri Italiani come forza militare e di polizia. Attualmente sono più di 1000 i nostri Carabinieri impegnati in “missioni attive fuori area” sia sotto il patrocinio di ONU, NATO, UE, e OSCE, sia in seguito ad accordi internazionali. Sin dal 1855 l’Arma dei Carabinieri può vantare una forte consuetudine di interventi volti al conseguimento della pace, a supporto di operazioni umanitarie e per l’addestramento delle Forze di Polizia e Gendarmeria di Paesi stranieri. Ciò che la contraddistingue come forza militare e, nel contempo, come forza di polizia le ha facilmente permesso di essere parte attiva e sinergica nei molteplici interventi a cui ha partecipato. Il fiore all’occhiello dell’Arma dei Carabinieri in tema di missioni operative fuori area è rappresentato dai Reggimenti MSU (Multinational Specialised Unit) creati nel 1998 per sopperire all’esigenza di sicurezza che si era venuta a creare nei territori balcanici della Ex-Jugoslavia, dove le varie missioni sotto l’egida della NATO necessitavano di un supporto militare e, al tempo stesso, di polizia. I Reggimenti MSU dei Carabinieri hanno eliminato efficacemente la cosiddetta “area grigia” contraddistinta dal mancato addestramento specifico e settoriale delle truppe militari che si sono formate dopo il tragico conflitto nella gestione delle problematiche inerenti a compiti propri di polizia. I complessi scenari operativi, cui le MSU sono stata chiamate a intervenire in ambito NATO, hanno portato l’Unione Europea ad istituire delle analoghe unità da impiegare rapidamente nei medesimi teatri operativi, in ottemperanza ai compiti scaturiti dal Trattato di Petersberg. Attualmente, in Bosnia Erzegovina è operativo il Reggimento IPU (Integrated Police Unit), alle dirette dipendenze dell’EUFOR. Il Reggimento IPU composto da 300 Carabinieri specificatamente individuati dal Comando Generale, da unità rumene, ungheresi, olandesi e turche, fornisce un importante supporto alle polizie locali. Da quando le aree balcaniche si sono stabilizzate, gli sforzi della MSU e della IPU sono orientati principalmente verso la lotta alla criminalità organizzata, assicurando supporto e collaborazione fattiva alle Autorità Bosniache: sono stati arrestati, infatti, pericolosi latitanti ricercati in tutto il mondo per crimini di guerra e contro le popolazioni civili, oltre che per reati comuni. In questo contesto, e precisamente presso la Base Militare Butmir di Sarajevo, si colloca la mia permanenza alle dipendenze del Reggimento IPU in Bosnia Erzegovina dal 30 giugno 2006 al 10 aprile 2007, esperienza che mi ha arricchito enormemente, non solo da un punto di vista professionale (confrontandomi quotidianamente con appartenenti alle più svariate forze di polizia di diversi Paesi Europei ed Extraeuropei), ma soprattutto dal punto di vista umano. Infatti, non potrò mai scordare la gioia sincera espressa dai bambini bosniaci di una piccola comunità sulle alture di Sarajevo quando mi sono recato con altri militari appartenenti alle forze di coalizione a portar loro generi alimentari e giocattoli provenienti dall’Italia in occasione delle festività del Santo Natale 2006. er babàn d’Apsaei 4 Formazione professionale: aperte le iscrizioni di Maria Antonietta Tucciarone La Scuola di Formazione Professionale del Consorzio Intercomunale dei Servizi Sociali del Valenzano e Basso Monferrato opera da oltre 20 anni nel settore della formazione degli adulti occupati e disoccupati attraverso iniziative didattiche rivolte al personale dei servizi socioeducativi, socio-assistenziali e socio-sanitari. I corsi erogati di Prima Formazione, Riqualificazione e Aggiornamento, sono finanziati dalla Provincia di Alessandria mediante contributi nazionali e comunitari. In particolare la Prima Formazione ha l’obiettivo di valorizzare segmenti di popolazione non attivi nel mondo del lavoro o che necessitano di una ricollocazione lavorativa: in tal senso il C.I.S.S. si configura come agenzia del territorio ope- rativa nella politica sociale. Il 95% degli allievi qualificati trova un lavoro nel settore di pertinenza, in particolare è consuetudine che gli allievi frequentanti i corsi di Operatore Socio Sanitario siano ricercati come futuri tecnici ancora prima della chiusura dei corsi stessi, tanto forte è l’esigenza di tale figura professionale. Le metodologie utilizzate nelle attività formative cercano di valorizzare il potenziale dei soggetti coinvolti, garantendo la centralità degli allievi ed il loro coinvolgimento attivo. La Scuola di Formazione Professionale oltre ad essere certificata per il Sistema Qualità secondo la norma UNI EN ISO 9001:2000 è anche accreditata dalla Regione Piemonte come Sede Operativa di Formazione Professionale. OPERATORE SOCIO-SANITARIO (1.000 ore) Sede di svolgimento: Valenza/Alessandria Destinatari: giovani (>18 anni) e adulti (>25 anni) disoccupati in possesso di licenza di scuola secondaria di 1° grado ELEMENTI DI ASSISTENZA FAMILIARE (200 ore) Sede di svolgimento: Valenza Destinatari: giovani (>18 anni) e adulti (>25 anni) occupati in possesso di licenza di scuola secondaria di 1° grado TECNICHE DI SOSTEGNO ALLA PERSONA (400 ore) Sede di svolgimento: Valenza Destinatari: giovani (>18 anni) e adulti (>25 anni) occupati in possesso di licenza di scuola secondaria di 1° grado OPERATORE SOCIO-SANITARIO MODULO FINALE (400 ore) Sede di svolgimento: Valenza Destinatari: giovani (>18 anni) e adulti (>25 anni) occupati in possesso di licenza di scuola secondaria di 1° grado ELEMENTI DI ASSISTENZA FAMILIARE (240 ore) Sede di svolgimento: Valenza Destinatari: immigrati stranieri disoccupati in possesso di licenza di scuola secondaria di 1° grado TECNICHE DI SOSTEGNO ALLA PERSONA (400 ore) Sede di svolgimento: Valenza Destinatari: immigrati stranieri disoccupati in possesso di licenza di scuola secondaria di 1° grado EDUCATORE PRIMA INFANZIA (1.000 ore) Sede di svolgimento: Valenza Destinatari: giovani (>18 anni) e adulti (>25 anni) disoccupati in possesso di licenza di scuola secondaria di 2° grado TECNICO DI LABORATORIO EDUCATIVO (600 ore) Sede di svolgimento: Valenza Destinatari: giovani (>18 anni) e adulti (>25 anni) disoccupati in possesso di licenza di scuola secondaria di 2° grado OPERATORE ADDETTO PULIZIA (130 ore) Sede di svolgimento: Alessandria Destinatari: immigrati stranieri disoccupati privi di licenza di scuola secondaria di 1° grado SVILUPPO COMPETENZE AZIENDALI IN AMBITO SOCIO-SANITARIO (200 ore) Sede di svolgimento: Valenza Destinatari: giovani (>18 anni) e adulti (>25 anni) occupati in possesso di qualifica relativa al personale socio-sanitario TECNICHE DI PREVENZIONE DEL BURN OUT (90 ore) Sede di svolgimento: Valenza Destinatari: giovani (>18 anni) e adulti (>25 anni) occupati in possesso di qualifica relativa al personale socio-sanitario TECNICHE DI ASSISTENZA DEMENZE E ALZHEIMER (90 ore) Sede di svolgimento: Valenza Destinatari: giovani (>18 anni) e adulti (>25 anni) occupati in possesso di qualifica relativa al personale socio-sanitario TECNICHE DI ANIMAZIONE GERIATRICA (200 ore) Sede di svolgimento: Valenza foto al Peracchio Destinatari: giovani (>18 anni) e adulti (>25 anni) occupati in possesso di qualifica relativa personale socio-sanitario AIUTANTE CUCINA (280 ore) Sede di svolgimento: San Salvatore Monferrato Destinatari: immigrati stranieri disoccupati in possesso di licenza di scuola secondaria di 1° grado OPERATORE DI GIARDINAGGIO (800 ore) Sede di svolgimento: Valenza Destinatari: giovani (>18 anni) e adulti (>25 anni) disoccupati in possesso di licenza di scuola secondaria di 1° grado AGGIORNAMENTO INFORMATICO – ECDL (120 ore) Sede di svolgimento: Valenza Destinatari: giovani (>18 anni) e adulti (>25 anni) occupati in possesso di licenza di scuola secondaria di 1° grado L’ammissione ai corsi è subordinata al superamento di prova selettiva Per maggiori informazioni rivolgersi alla Segreteria della Scuola di Formazione Professionale del CISS Strada per Solero, 10 – Regione Gropella – 15048 Valenza (AL) dal lunedì al venerdì con orario 09.00-13.00 / 14.00-17.00 Tel. 0131-921418/19 Fax 0131- 941168 e-mail: [email protected] sito web: www.cisscomuniassociati.it/formazione AZIONI FINANZIATE DALLA PROVINCIA DI ALESSANDRIA MEDIANTE CONTRIBUTI NAZIONALI E COMUNITARI LA FREQUENZA AI CORSI E’ COMPLETAMENTE GRATUITA I CORSI VERRANNO ATTIVATI SOLO DOPO AUTORIZZAZIONE E FINANZIAMENTO DA PARTE DELLA PROVINCIA DI ALESSANDRIA er babàn d’Apsaei 5 Progetto “Filiera Corta”: per educare al consumo responsabile di Viviana Forsinetti Il progetto “filiera corta” è un’iniziativa promossa dagli Assessorati alle Politiche Ambientali, Coldiretti, AIAB (Associazione Italiana Agricoltura Biologica), Istituzioni e Associazioni a Tutela dei Consumatori, che si sta diffondendo con esiti positivi ed ha lo scopo di ridurre ai minimi termini il sistema distributivo e la distanza fra il luogo di produzione e il consumatore finale. L’idea è semplice: limitare al minimo gli intermediari e accorciare lo spazio fra il campo e la bocca. Questa opportunità sarebbe vantaggiosa sia da un punto di vista sociale che ecologico, soprattutto riuscendo a creare un rapporto diretto tra piccoli coltivatori di alimenti di qualità e acquirenti, offrendo prezzi più convenienti e garantendo un’equa remunerazione attraverso nuovi canali di vendita. Parliamo quindi di prodotti locali “a chilometro zero”, sostenibili dal punto di vista ambientale poiché minimizzano il consumo di carburante necessario al trasporto, contribuendo così a ridurre l’inquinamento atmosferico e, nello stesso tempo, garantiscono migliori condizioni di genuinità e freschezza, conseguenza diretta della loro stagionalità. Si delinea, quindi, un modello di sviluppo locale più corretto e consapevole, più equilibrato che lentamente si promuove attraverso i mercatini nelle piazze (ad esempio il mercatino terre alessandrine, tutti i secondi sabati del mese in Alessandria o l’analoga iniziativa mensile a Valenza), ma anche con spazi sugli scaffali dei centri commerciali dove i prodotti locali del territorio possono trovare posto. Secondo la Coldiretti, consumando prodotti locali e di stagione e con un po’ di attenzione agli imballaggi, una famiglia può risparmiare fino a 1000 chili di anidride carbonica l’anno, un dato significativo che ci invita a riflettere sul nostro stile di vita e di consumo, sulle nostre abitudini alimentari. Agire di conseguenza significa impegnarci a consumare alimenti prodotti vicino a noi, ad organizzare la nostra dieta, per quanto possibile, con ingredienti che si trovano stagionalmente nella nostra zona, invece che farli spedire da luoghi esotici. Un impegno richiesto anche alle amministrazioni comunali che, al fine di migliorare l’accesso ai mercati degli alimenti locali, dovrebbero destinare spazi adeguati agli imprenditori agricoli che desiderano vendere direttamente i loro prodotti. In Italia le iniziative “a chilometro zero” si moltiplicano, segno che la coscienza ambientale sta progressivamente maturando e che una parte dei consumatori ha riconosciuto ed identificato quei locali (ristoranti, trattorie, gelaterie) che utilizzano prodotti del territorio (olio, vino, verdura, frutta, carne, salumi, formaggi) acquistati direttamente in zona, spesso utilizzati anche nelle mense scolastiche ed ospedaliere. Questa nuova tendenza all’acquisto diretto sembra ancora (in apparenza) sporadica ma, nel 2005 ad esempio, il 35% delle famiglie italiane ha fatto almeno una volta la spesa direttamente in azienda. Indicazioni confortanti che trovano riscontro nei numerosi gruppi di acquisto collettivi che vanno diffondendosi e che sono diventati naturali valvole di sfogo per le produzioni locali poiché visti come interessanti bacini di mercato. Parliamo di gruppi spontanei di persone che si aggregano e comprano ciò che serve direttamente da chi produce, una forma efficace di resistenza al rincaro dei prezzi e un ammirevole tentativo di ridurre inquinamento e spreco di energia derivanti dai ripetuti spostamenti che le merci subiscono. Scegliendo cosa, quando e quanto consumare, da chi comprare, insomma valutando criticamente le nostre scelte economiche, è possibile contribuire a ridurre problemi ed emergenze ormai mondiali ma soprattutto sostenere ed incentivare economie e produzioni locali. C’era una volta... Scene di vita quotidiana di Claudia Lombardi Siamo negli anni Trenta, è inverno ed è una qualsiasi giornata di una famiglia contadina. La prima ad alzarsi, verso le sei e mezza, è la mamma che scende in cucina e subito si lava il viso con l’acqua del secchio (non tutte le abitazioni sono servite dall’acqua potabile e normalmente si utilizza quella del pozzo per gli usi domestici), accende il fuoco nel camino con scarò (canne) e tutè (tutoli delle pannocchie) per riscaldare la pentola d’acqua che le servirà a “bagnare” il cibo delle galline. Sale poi sulla cascina e butta giù dal grupiò (un apposito foro nel soffitto) il fieno per il bue che è nella stalla sottostante. Rientra in cucina e aggiunge all’acqua calda crusca e farina gialla: una sorta di polentone che versa su un’asse nel cortile; le galline libere nell’aia subito accorrono a beccare il loro pasto. Approfittando del fatto che le ignare galline stanno mangiando, la signora le “tocca” per accertarsi se deporranno le uova. Svolte queste prime incombenze, la mamma sveglia le figlie e il marito e prepara la colazione: latte con il pane casereccio per le bambine e caffé a volte corretto con grappa per il marito. È ora di andare a scuola, fa freddo, bisogna coprirsi bene: una bartula in testa, uno sciarpone al collo e calzettoni confezionati dalla mamma – tutti di lana che magari pungono un po’ ma sono tanto caldi – e gli zoccoli di legno ai piedi. La mamma riscalda nuovamente l’acqua per preparare “il bere” del bue, aggiunge foglie di verze, pezzi di zucca e crusca. Una volta intiepidito, il marito lo porta nella stalla per il bue. In mattinata la mamma accende la stufa per riscaldare la casa, rifà i letti e sbriga le faccende domestiche, quindi prepara il pranzo. Abitualmente cucina una minestra con fagioli o verze, con il riso o con la pasta fatta in casa, oppure la polenta e il merluzzo o altri intingoli, tranne la domenica quando è consuetudine preparare gli gnocchi al sugo. Il papà dopo aver accudito il bue, se il tempo, seppure freddo, è bello e asciutto, va nella vigna a bracià (operazione che serve a preparare il terreno per impiantare nuovi vitigni o coltivare l’orto in primavera). A mezzogiorno tutti a tavola, al caldo della stufa; a volte però, se si brucia legna ancora verde si produce un fumo nero e denso ed è necessario spalancare la porta per respirare, e addio caldo! Dopo pranzo, il papà si reca nella stalla per il riposino, raggiunto poi dal resto della famiglia. Le bambine fanno i compiti, la mamma sferruzza o rammenda, ci sono le balle di paglia e alcuni sgabelli per sedersi. Nel pomeriggio la stalla diventa il luogo di ritrovo anche per il vicinato, c’è il giusto tepore, si sta bene e si risparmia la legna della stufa. Gli uomini parlano dei lavori in campagna, raccontano storie di guerra e a volte ne intonano i canti. Le donne si dedicano a lavori di cucito tutte raccolte intorno alla fievole luce di una lampadina che scende dal soffitto; anche i pettegolezzi sul resto del paese sono un ottimo argomento di conversazione a patto di non rivelarli a nessuno! Terminati i compiti, le bambine sono intrattenute dalle donne più anziane con favole e vecchi racconti mentre, in periodo di novene, si va in chiesa a pregare e cantare. Verso le cinque, ognuno torna a casa propria per preparare la cena: una minestrina, un’insalata di cavoli, un pezzetto di salamino con le verze, formaggio, patate bollite o castagne e per finire in pumè rustaiò (mele piccole, rosse e molto dolci). A volte si mangia la marmellata di pesche, di fichi o la mostarda con la zucca, ovviamente preparate dalla mamma e conservate nelle ulle di terracotta. La mamma, dopo aver rigovernato la cucina, porta in casa il secchio d’acqua del pozzo e la legna per il mattino dopo, mette nei letti i prev e gli scaldini con la brace prodotta dalla stufa, e si torna al calduccio nella stalla con tutti i vicini. Si chiacchiera, si ride, si scherza e si gioca molto animatamente a carte a briscola in otto (nessuno vuole perdere); se c’è un avvenimento particolare, ad es. un onomastico oppure un compleanno, il padrone di casa offre una bottiglia di vino chiaretto dolce, si brinda tutti insieme e verso le dieci tutti a dormire. La camera è gelata, i cristalli di ghiaccio disegnano i vetri delle finestre, ma il letto è caldo e accogliente… Buona notte, domani si ricomincia. La Sagra dell’Agnolotto: un nuovo successo! di Fulvio Vercellese Anche quest’anno, in occasione della tradizionale Sagra dell’Agnolotto, l’Associazione Socio Culturale “La Fenice”, con il patrocinio del Comune di Pecetto per la concessione d’uso del Centro Sportivo “Claudio Orsini”, ha riscosso un enorme successo. Quattro sere di festa, momenti per stare insieme all’insegna della buona cucina e della musica. Vincente, anche se azzardata, la scelta di abbandonare, per la serata del sabato, i canoni classici della musica tradizionale (ballo liscio) a favore di rock band e canzoni degli anni ‘60-‘70 magistralmente interpretate dal gruppo Disco Inferno che ha attirato un numerosissimo pubblico di giovani, ma non solo. Doverosi ringraziamenti sono rivolti a tutta l’Amministrazione Comunale, ai soci della Fenice ed ai ragazzi che con il loro aiuto hanno permesso l’ottimo svolgimento della Sagra. Grazie a tutti e arrivederci … ad Agosto 2008!! 6 er babàn d’Apsaei Arte e storia: i monumenti a Pecetto La “Grangia certosina” - quinta parte di Federico Orsini Mentre s’affievoliva l’eco del banditore che aveva appena gridato a perdifiato ai pecettesi che erano le dieci di sera e tutto andava bene, nella profonda oscurità della notte segnata solo dal gran numero di stelle che allora si potevano contare in cielo per l’assenza di inquinamento luminoso, nella buia cella cubicolaria (la camera da letto) del priore si accendeva una lanterna dalla fiammella tremolante che mandava sulle pareti l’ombra del monaco intento a sciacquarsi le mani ed il viso con la poca acqua versata nel catino di terracotta, sistemato con la brocca accanto al letto di legno. Erano le 22:45 ed iniziava una nuova giornata di preghiera e lavoro uguale a quella che si era conclusa al tramonto ed assolutamente identica a quella che sarebbe seguita fino all’estinguersi del calendario. Il certosino che aveva, nell’ambito delle sue pertinenze, anche un luogo apposito riservato alla preghiera con un inginocchiatoio, un Crocefisso ed una immagine della Vergine Maria, si accingeva a leggere il Mattutino dell’Ufficio della Madonna occupando il resto del tempo in esercizi di pietà devozionale. Gettato poi sulle spalle il mantello (il resto dell’abbigliamento conventuale non era stato tolto neppure per dormire, come da antichissima tradizione certosina) il priore chiudeva dietro di sé la pesante porta di noce del suo appartamento per percorrere quel tratto di corridoio che lo portava alla cappella interna della grangia mentre i bagliori della lampada facevano strada davanti a lui. Entrando in chiesa egli tirava, con un gesto ormai meccanico per l’abitudine, la corda dell’unica campana posta sul castelletto esterno al chiostro dando così il segnale a tutti gli ospiti della certosa che era giunto il momento della prima preghiera, vale a dire la recita comune del mattutino e delle lodi, come previsto dalla liturgia delle ore riservata all’Ordine fondato da san Bruno. Di lì a poco, fuori dalle spesse ed ovattate mura del convento, la stessa voce di sempre avrebbe gridato ai pecettesi ben chiusi nelle loro case e coricati sulle ruvide foglie secche del loro povero giaciglio: “... è mezzanotte e tutto va bene…”. Nella chiesa in penombra i monaci ed i conversi facevano, ad uno ad uno, genuflessione e si sdraiavano in breve adorazione davanti al tabernacolo, poi raggiungevano il coro e si apprestavano a prender posto nel loro apposito stallo di legno scolpito. Sul badalone centrale, anch’esso di legno massiccio appoggiato ad un armadio di media altezza a pianta quadrata uso alla conservazione dei testi, un grosso libro dalla robusta copertina di cuoio ornata di lucide borchie d’ottone veniva aperto alla pagina del giorno ed iniziavano le preci dell’Ufficio canonico con il susseguirsi di antifone, salmi ed inni che in parte erano recitati in canto con la tradizionale salmodia certosina. Le luci accese sulle candele di pura cera d’api erano davvero poche e, vuoi per l’ora, vuoi per l’età, qualche monaco cadeva in un transitorio sonno o momentaneo torpore dal quale era svegliato dall’ebdomadario che aveva il compito per una settimana intera, a turno, di tener desti ed attenti tutti i coristi. Terminata la recita di queste preci il monaco tornava nel suo appartamento per recitare privatamente le Lodi dell’Ufficio della Madonna e poi, verso le due di notte, al suo giaciglio per riprendere il sonno. Alle sei del mattino i ripetuti rintocchi della campana lo risvegliavano ed egli, alzatosi dal cubicolo e nuovamente rinfrescatosi nell’acqua del solito catino, apriva le imposte cieche interne delle finestre lasciando inondare la camera della luce del sole e subito, con rinnovato slancio, riprendeva le orazioni con la recita dell’Angelus al quale seguiva un’ulteriore compunta meditazione spirituale che copriva lo spazio di quasi un’ora. Alle sette in chiesa veniva celebrata la messa conventuale cantata tutti i giorni dell’anno, alla quale assistevano anche i conversi e tutti coloro che in quel momento si trovavano all’interno della certosa. Terminato il rito, ancora in cella per assumere una frugalissima colazione fatta di poco latte caldo servito dal converso addetto attraverso la ruota e qualche tozzo di pane raffermo e poi ancora preghiera e meditazioni, unitamente al disbrigo delle attività inerenti alla propria persona, fra le quali il bucato ed il rammendo degli abiti conventuali. Non mancavano in quei momenti anche attività manuali relative alla rilegatura di libri, alla trascrizione di documenti o al semplice spaccare della legna per il camino. Non ultimo, specialmente per il priore e per il suo vicario, il contatto con i contadini che lavoravano le terre di proprietà della grangia e dei quali il monaco procuratore era diretto responsabile nonché immediato superiore. C’erano visite alla cantina in tempo di vinificazione, ai granai in periodo di raccolta del frumento, alle dispense quando venivano trasferiti cereali e formaggi e non mancava un gran da fare quando si dovevano inviare merci e vini ad altre certose consorelle. Poiché la nostra grangia, in ragione della sua dislocazione geografica, era famosa per la produzione di vino bianco destinato alla mensa eucaristica delle chiese collocate nei singoli monasteri dell’Ordine, il monaco procuratore doveva provvedere all’allestimento dei carichi là destinati, facendo attenzione che il frutto dell’uva venisse ben alloggiato sui carri e ben protetto da danni esterni o da indesiderati ed inopportuni assaggi durante il percorso che poteva durare giorni, se non intere settimane. Qualcuno bussava frequentemente al portone della grangia per chiedere elemosine o soccorso, rifugio da soprusi o violenze, per avere il conforto religioso o l’assoluzione dei peccati; c’era poi chi domandava ai frati di essere informato sulle Sacre Scritture ed essere erudito nella crescita della fede, oppure indicazioni sulla coltivazione della vite o la semina del frumento, sulla conservazione dei cereali o sulla cura degli animali dell’aia, ed allora bisognava soddisfare anche queste esigenze spirituali o umane. Tornando allo scadenzario della tradizionale giornata certosina, alle 10:30 un tocco di campana indicava che era il momento per tornare in cella, apprestarsi alla recita di ulteriori preghiere e prepararsi opportunamente al pranzo. Il cibo era ben preparato, gradevole al palato, persino abbondante, comprensivo di frutta fresca o secca, ma sempre di magro come prescriveva la regola di San Bruno, accompagnato solo dall’acqua del grande pozzo che veniva attinta con l’uso di una monumentale ruota di legno. Il certosino abitualmente pranzava in solitudine tutti i giorni dell’anno eccetto le domeniche e le feste di precetto o quelle segnate in rosso sul calendario che prevedevano le ricorrenze dell’Ordine. In questi casi tutti si ritrovavano nel refettorio in una camera molto accogliente e ben illuminata, con ampie finestre che davano sia sul retro che sul cortile, oltre che debitamente riscaldata in inverno. I frati che si lavavano le mani alla grande vasca collocata all’ingresso della sala recitavano in coro la preghiera dell’Angelus o del Regina coeli in tempo di Pasqua e poi assumevano il cibo in silenzio ascoltando letture sacre o testi tratti dagli statuti certosini. Terminato il pranzo era prevista una breve ricreazione comune ed una volta al mese una passeggiata all’esterno delle mura della certosa sui terreni ad essa pertinenti. Questa uscita, detta “spaziamento”, aveva la durata di alcune ore ed includeva esercizi di pietà comune che venivano recitati mentre i monaci si muovevano in campagna. Nei giorni normali alle 12:30 tutti erano nuovamente in cella dopo l’intervallo programmato del dopopranzo per le letture spirituali e, dopo un’ora circa di raccoglimento, per la recita delle due None dell’Ufficio canonico e di quello della Madonna. Alle 15:30 molto puntuali, sempre nella solitudine della loro camera di meditazione, inginocchiati davanti alla Croce ed alla statua della Vergine leggevano il Vespro della Madonna e poi, in chiesa, il canto corale del Vespro canonico al quale seguiva di norma, una volta la settimana (di solito il martedì o il venerdì), il Vespro dei defunti. Il tempo correva veloce scandito da orazioni e raccoglimento e, dopo le preci comuni in cappella, il monaco poteva nuovamente dedicarsi ai lavori manuali e di distrazione a lui più graditi. Nei tempi ordinari, mai in Avvento ed in Quaresima, durante le Quattro Tempora ogni mercoledì della settimana e nelle vigilie delle solennità il monaco assumeva la cena che non era condivisa, neppure nelle feste, con i confratelli. Solo i conversi potevano partecipare in comune a tutti i pasti serviti nella certosa e lo facevano in una saletta a loro riservata dove comunque un monaco leggeva pagine di Vangelo o degli Atti degli Apostoli durante i convivi. Una minestra calda di verdure, un piatto misto di legumi, oppure una scodella di latte appena munto, un poco di pane, formaggio, forse un uovo, un frutto e la solita brocca di acqua cristallina. Negli appartamenti dei singoli frati non poteva essere conservato cibo di qualsivoglia natura; anche quello eventualmente avanzato dai pasti doveva essere restituito sempre per il tramite della ruota, nella quale si deponevano anche le stoviglie usate, opportunamente ripulite e lavate. Alle 18 in punto, con il suono della campana dell’Ave Maria, avveniva la personale recita dell’Angelus e delle due Compieta dell’Ufficio canonico e di quello della Madonna. Ultimate queste orazioni il certosino chiudeva la sua giornata insieme alle imposte delle finestre, accendeva il suo debole lume e prendeva posto nel suo giaciglio per addormentarsi dopo una giornata che era iniziata, come abbiamo visto, alle 22:30 del giorno prima. Così vivevano i monaci che abitarono la nostra grangia a partire dagli ultimi anni del XIV secolo e fino alla seconda metà del XVIII e così vivono ancor oggi i frati di quest’Ordine che abitano le certose operative ancora sparse nei quattro Continenti della terra! Dal momento della loro fondazione sono passati nove secoli ma la loro vita claustrale non è mai stata riformata. Terminata la visita alla grangia ed alle sue pertinenze nonché preso atto della vita quotidiana dei monaci che l’abitavano, non rimane che darci l’appuntamento per il prossimo numero dove inizieremo a trattare della confraternita della SS. Trinità che noi meglio conosciamo come chiesa dei “battuti”. Corre tuttavia l’obbligo di fare gli auguri di Natale ed allora mi sia permesso usare una frase che i certosini si scambiavano in occasione della ricorrenza della nascita di Gesù: “... il Figlio di Dio che viene nel mondo possa essere tuo fratello e tu che ami come Lui lo stesso Padre, possa accoglierlo nel tuo cuore come una grande luce che porta la pace e l’amore ...”. A tutti Buon Natale ed un sereno Anno Nuovo. er babàn d’Apsaei 7 Osservare il cielo con un binocolo di Luigi Poli “Mi piace l’osservazione del cielo, mi piacerebbe poterla effettuare anche con l’ausilio di uno strumento, ma non so quale può essere quello che fa al mio caso”. Molte persone hanno avuto o hanno questo desiderio. Tra i vari modi di fare osservazioni astronomiche, quello con l’uso di un binocolo è tra i più affascinanti e molte volte risulta più spettacolare di quello condotto con l’uso di uno strumento superiore, come un telescopio amatoriale. Un binocolo, infatti, ha il grande vantaggio di offrire una visione appunto “binoculare”, quindi stereoscopica. Guardare con entrambi gli occhi è, infatti, più riposante e più naturale che con uno solo. Inoltre la visione binoculare evidenzia maggiormente il senso di profondità ed i binocoli prismatici più comuni sono realizzati con caratteristiche tali da accentuarla. Il binocolo rappresenta lo strumento ideale per l’osservazione delle Comete. Non a caso, infatti, i binocoli giganti, tipo i 20x80, 20x100, 20x125, potenti ma dal costo proibitivo di alcune migliaia di Euro, sono tra gli strumenti più usati dai “Cacciatori di comete”; ma per chi non ha la pretesa di scoprirne di nuove, bensì di osservare quelle già note, va benissimo il classico 7x50 o 10x50 dal costo decisamente più abbordabile (tra i 70 e i 150-200 Euro). Puntare un binocolo al cielo in una bella serata può dare un’emozione nuova per la quantità di stelle che si riesce a vedere rispetto alla visione ad occhio nudo. Ecco, quindi, che può essere affascinante individuare un Ammasso Globulare come M13 nella Costellazione dell’Ercole in primavera. Oppure “esplorare” il grande fiume della Via Lattea in estate, tra le costellazioni del Sagittario, dello Scorpione, dell’Ofiuco, dell’Aquila, del Cigno e della Lira, alla scoperta delle gemme in esse contenute. Ma grande soddisfazione può dare anche l’osservazione delle Costellazioni o delle Stelle doppie come, ad esempio, “Mizar e Alcor” nel timone del Grande Carro, per citarne una. La Luna è un buon soggetto da osservare e cominciare ad apprezzare i Crateri ed i Mari sulla sua superficie. Durante un’eclisse di Luna il basso contrasto fa si che binocoli dotati di grandi pupille d’uscita siano più vantaggiosi per questo genere di osservazione. Un 7x50 permette, infatti, di osservare uno spettacolo unico come la Luna eclissata in un campo pieno di stelle o di osservare la debole “luce cinerea”, visibile a cavallo del novilunio. Caratteristiche tecniche La maggior parte dei binocoli porta incisa vicino ad un oculare una sigla del tipo: 7x50, 10x50, ecc. Il primo numero indica di quante volte viene ingrandito il soggetto osservato, il secondo il diametro degli obiettivi in millimetri. Più l’ingrandimento è forte più il soggetto viene “avvicinato”, più gli obiettivi sono grandi maggiore è la luminosità dell’immagine. Poiché la pupilla di uscita in un binocolo è determinata dal rapporto tra il diametro degli obiettivi ed il valore degli ingrandimenti, ecco che la pupilla d’uscita di un 7x50 ha un diametro di 7 mm, di un 10x50 di 5 mm e cosi via. Per una più confortevole visione si consiglia di utilizzare un appoggio stabile per le braccia o i gomiti oppure di fissare il binocolo ad uno stativo come un cavalletto fotografico tramite una staffa facilmente reperibile in commercio o facilmente costruibile, come si può osservare nella foto. Binocolo su staffa autocostruita Le osservazioni astronomiche Esaurite le informazioni tecniche sui binocoli, passiamo decisamente al loro uso nella visione degli oggetti visibili in autunno/inverno, cominciando dal “Doppio Ammasso” nella costellazione di Perseo, estremamente spettacolare per la visione distinta dei due ammassi luminosissimi. Si può facilmente rintracciarlo tra il vertice della Y rovesciata di Perseo e la costellazione di Cassiopea, che in questa stagione vediamo proprio sopra le nostre teste con la sua caratteristica forma di W. Possiamo approfittarne per cercare gli ammassi aperti di cui la costellazione è ricca, da M103 nella parte orientale della costellazione formato da circa 25 stelle, ad M52 nella parte occidentale tra Cassiopea e Cefeo formato da un centinaio di stelle. Se da Perseo ci spostiamo un poco verso Ovest incontriamo Andromeda dove possiamo vedere già ad occhio nudo M31 o la “Grande galassia di Andromeda” che è l’oggetto più lontano visibile ad occhio nudo, a 2.280.000 anni luce. In un binocolo 10x50 si può ammirarla in tutta la sua bellezza insieme alle sue due galassie sa- telliti M32 ed M110. Nelle sere invernali, nella Costellazione del Toro, un po’ più sotto al Perseo, possiamo distinguere già ad occhio nudo i due ammassi aperti delle “Pleiadi” e delle “Iadi”. Le Pleiadi ad occhio nudo si presentano come una piccola macchia nella quale i più dotati di acutezza visiva distinguono fino a sette stelle, con un binocolo si rivelano invece dozzine di stelle luminosissime. L’ammasso delle Iadi (che costituisce il muso del Toro) si proietta sulla rossa stella Aldebaran ed è così vasto che necessita di un binocolo a grande campo come un 7x30 o 8x30 per una vantaggiosa osservazione. Sempre nel Toro si può provare a rintracciare M1 o “nebulosa Granchio” che è ciò che rimane dell’esplosione di una supernova nel 1054. Si può già vedere con un 10x50 ma si apprezza meglio con strumenti più potenti. Si trova vicino alla stella Zeta Tauri che determina la punta del corno meridionale del Toro. Spostandoci nella costellazione dell’Auriga, rintracciabile subito sopra al Toro, è facile individuare gli ammassi aperti M36, M37 ed M38 praticamente allineati ad intersecare il lato sud-orientale del pentagono che forma la figura della costellazione. Gli ammassi aperti abbastanza densi di stelle richiedono per una buona osservazione l’uso di binocoli potenti che offrono le migliori prestazioni grazie al maggior ingrandimento che si traduce in una migliore risoluzione delle stelle. Invece negli ammassi più vasti e meno densi come quello che circonda Alfa Persei, la stella più brillante della costellazione di Perseo, è utile impiegare strumenti a grande campo e bassi ingrandimenti. Se ci spostiamo ora poco sotto al Toro troviamo forse la più bella costellazione del cielo e cioè Orione, inconfondibile per la sua forma maestosa, nella quale possiamo intuire il cacciatore che brandisce la clava con la quale fronteggia la carica del toro. Dalle tre stelle che formano la “Cintura di Orione” scendendo verso la “Spada” del gigante si può ammirare il sistema di nebulose formato da M42 ed M43 che insieme formano la “Grande Nebulosa di Orione”, uno degli oggetti più famosi del cielo che, con un buon binocolo, può regalare uno splendido spettacolo. Sempre in Orione possiamo provare l’identificazione di M78, un poco più in alto a sinistra delle stelle della cintura. Si tratta di una nebulosa che nei binocoli assume l’aspetto di una macchia nebbiosa non molto distinta. Passiamo ai Gemelli, a Nord-Est di Orione, identificabile dalle due stelle principali “Castore e Polluce” nei cui confini quest’anno possiamo vedere Marte, il “pianeta rosso” che sarà il 25 dicembre in opposizione, vale a dire in posizione diametralmente opposta al Sole, quindi nelle migliori condizioni di osservabilità. Ai confini della costellazione, vicino alla clava di Orione, possiamo trovare M35 un notevole ammasso aperto. Nella costellazione del Cancro, infine, ad Est dei Gemelli si può cercare nella parte centrale della stessa il bellissimo ammasso aperto M44, denominato anche “Presepe” tra le stelle Delta e Gamma Cancri, note come “Gli Asinelli”. Si tratta di un ammasso piuttosto grande già visibile ad occhio nudo. Ovviamente per la visione di tutti questi oggetti, ad eccezione di un paio di essi, vale sempre la regola di cercare un cielo buio o lontano da luci che ne renderebbero difficile la ricerca e la successiva osservazione. Per informazioni, sito web: www.astrogalileo.altervista.org E-mail: [email protected] 8 er babàn d’Apsaei In confidenza... Festività natalizie: trascorriamole serene del Dott. Mario Rosario Masini - Questore della Provincia di Alessandria . L’approssimarsi della stagione invernale e delle festività natalizie ripropone, come ogni anno, i pericoli legati alla circolazione stradale e ai festeggiamenti che implicano l’utilizzo dei cosiddetti “botti” di Capodanno. Sembra, pertanto, utile richiamare alcuni accorgimenti da seguire per evitare incidenti. Riguardo al primo punto è noto a tutti che il maltempo, e soprattutto la nebbia, può essere causa di incidenti stradali che però si possono evitare seguendo poche ma fondamentali regole: - viaggiate ad una velocità inferiore ai 50 km/h e mantenete un’andatura moderata e costante; - fate un corretto uso delle luci, dei fendinebbia, del retronebbia Il vero significato del Natale e della segnalazione luminosa di pericolo (“quattro frecce”) in caso di improvvisi rallentamenti; - mantenete la distanza di sicurezza; - fate particolare attenzione alla segnaletica sulla strada per avere un sicuro riferimento nella guida. Relativamente al secondo punto si ricorda che purtroppo tutti gli anni si verificano incidenti più o meno gravi, legati all’acquisto e all’utilizzo dei “botti natalizi”, che provocano feriti e talvolta vittime soprattutto tra i giovanissimi. Nonostante i controlli effettuati costantemente dalle forze dell’ordine, infatti, quello che dovrebbe essere per tutti un momento di festa, per qualcuno si trasforma in tragedia. Ci rivolgiamo soprattutto ai più giovani: i “botti” sono pericolosi. Evitate di acquistare quelli proibiti. Se proprio non potete farne a meno, comprate solo quelli legali presso esercizi commerciali autorizzati e, dopo aver seguito le istruzioni per l’utilizzo, adoperateli con cautela. Un appunto anche per gli esercenti commerciali autorizzati: rispettate i divieti di vendita ai minori. Infine un consiglio ai genitori che acquistano i “botti”: prestate la massima attenzione affinché non vengano maneggiati impropriamente dai vostri figli. Buone Feste a tutti dai poliziotti della Questura di Alessandria. Inaugurazione del canile consortile di Stefania Novello Sabato 24 novembre alle ore 11,00, presso il Centro Culturale Comunale “Giuseppe Borsalino”, è stato inaugurato il canile sanitario e rifugio “Casa di Licia” realizzato dall’Amministrazione Comunale di Pecetto di Valenza in convenzione con i Comuni di Montecastello, Pietra Marazzi e Rivarone e dall’Associazione Tutela Animali in qualità di ente gestore. La struttura nasce, con il contributo economico della Regione Piemonte e dell’A.T.A. ed il supporto teorico del Presidio Multizonale di Profilassi, tra le colline pecettesi in un ambiente immerso nel verde, tranquillo e sicuro anche dal punto di vista idrogeologico. Tutti i soggetti coinvolti nel progetto si sono trovati sintonici nel tentativo di realizzare un canile moderno ed innovativo all’interno del quale non solo garantire e promuovere il benessere degli animali da affezione ed il soddisfacimento dei loro bisogni fisiologici ed etologici con continuità e senso di responsabilità, ma anche riflettere e sensibilizzare circa il fenomeno del randagismo, foto Peracchio occuparsi di soggetti portatori di disagio e/o disabilità e creare occasioni di contatto rispettoso con la natura e gli animali. Il canile inizierà ufficialmente le sue attività dal 1 gennaio 2008 con i servizi di canile sanitario, canile rifugio, pet therapy e percorso odoroso; successivamente saranno approntati il giardino delle farfalle, gli spazi per l’orticoltura ed il giardinaggio, l’area per l’addestramento di cani con problemi comportamentali e le voliere per l’inserimento di animali selvatici feriti recuperati dagli operatori del Parco del Po e non reinseribili in natura a causa di danni permanenti. Vi terremo informati sugli orari di apertura della struttura ma, sin da ora, ci preme sottolineare come ogni canile, per quanto innovativo, rappresenti una situazione di costrizione e chiediamo anche il vostro impegno nella ricerca continua e collaborativa di famiglie affidatarie per ridurre al minimo il tempo di permanenza dei cani nel rifugio. di don Luciano Ancora pochi giorni e sarà nuovamente Natale; un anno è già passato velocemente e forse tutti quei buoni propositi che ci eravamo augurati non hanno potuto o voluto compiersi. Forse è stata complice la nostra distrazione, o forse la mancanza di tempo in un mondo che ci rincorre quotidianamente in mille proposte alternative, tutte belle, tutte simpatiche, tutte allettanti. Spero che, se qualcosa è rimasto in fondo al cassetto delle promesse, non sia stato dimenticato per mancanza d’amore. Perché è proprio questa virtù che ci viene donata con il Santo Natale che non si limita ad essere la bella favola di un bambinello che nasce in una grotta fra un bue ed uno stupito asinello, ma è la rilucente realtà di un messaggio che da duemila anni si ripete sulla terra in attesa di essere condiviso ed accettato da tutti gli uomini; un messaggio portato da un Bambino che ha saputo praticare l’Amore abbracciando tutti coloro che da allora ha incontrato sulla Sua strada. Dimentichiamo per un attimo il nostro volere a tutti i costi stare tranquilli, per pensare a coloro che nel Natale non trovano la stessa serenità che a noi è donata dalla gioia della famiglia, dal caldo della casa, dalla fraternità degli amici. Spegniamo per un momento le luminarie delle nostre contrade per accendere una luce nel cuore e pensiamo per un momento a quelli che forse dispongono dei nostri stessi mezzi ma sono privi di quell’amore che carezza la vita, perché non hanno più fiducia negli altri e non trovano più il senso della condivisione dalla quale si sentono inesorabilmente esclusi. Pensiamo a quelli che hanno fame, non di cibo materiale ma di affetto; a quelli che non hanno una casa, non perché senza un tetto sulla testa ma nudi della solidarietà degli altri; a quelli che sono soli non perché non abbiano nessuno intorno ad essi ma perché più nessuno parla con loro. Se in questo Natale sapremo cancellare anche uno solo di questi motivi di sofferenza nei nostri fratelli avremo capito il vero senso di questa Festa e potremo farci vicendevolmente gli auguri con un valore che supera l’umano, le barriere, le difficoltà e potrà abbracciare tutto insieme il mondo! A Tutti gli auguri per un sereno, lieto, condiviso Santo Natale in Cristo! er babàn d’Apsaei 9 Un albero a portata di mano di Andrea Bortoloni Curiosando tra gli hobby e le passioni a cui si dedicano i nostri concittadini, ci imbattiamo nella piacevole attività del giardinaggio: nel nostro paese, dove si trovano più campi che strade asfaltate, è naturale che il verde interagisca con la popolazione ed è normale, quindi, dedicarsi ad abbellire le proprie residenze con fiori e piante mettendo alla prova il cosiddetto “pollice verde”. Ma, se cimentarsi in quest’impresa è un piacere alla portata di tutti, ottenere dei buoni risultati è un’altra cosa. Provate poi ad immaginare se alle piante tradizionali sostituissimo esemplari in miniatura: certamente le difficoltà aumenterebbero in modo inversamente proporzionale alla dimensione da realizzare. Mi riferisco naturalmente all’arte del “bonsai”, termine costituito da due parole: bon (vassoio o contenitore) e sai (albero o pianta) ovvero l’espressione dell’antica arte cinese e giapponese di riprodurre in miniatura alberi che conservano le proporzioni e l’aspetto di quelli cresciuti naturalmente. Una tecnica all’apparenza difficile ma dispensatrice di intense emozioni. E non manca certo di grande calma e tanta passione il sig. Barbero Dalmazio, classe 1936, abitante in frazione Pellizzari che da anni è appassionato di quest’arte, i cui esiti (meravigliosi bonsai) custodisce gelosamente a casa insieme a numerosi dipinti da lui stesso eseguiti che ne rivelano una grande sensibilità d’animo. Sig. Barbero quando ha cominciato ad interessarsi di bonsai? Tutto è iniziato circa vent’anni fa quando ricevetti in regalo un bonsai che, però, nel volgere di poco tempo perse vitalità fino a morire, ma fu proprio la sua morte a spalancarmi le porte di questo mondo fantastico. Cominciai a consultare pubblicazioni e riviste, allora in verità ancora piuttosto rare, per informarmi in modo più specifico sugli errori commessi nella sua cura ed in breve ne rimasi affascinato. Quali sono le attenzioni e le difficoltà maggiori nella realizzazione dei bonsai? Nella mia esperienza le difficoltà maggiori le ho avute nel dosare le giuste quantità d’acqua da erogare giornalmente stagione dopo stagione ma, al di là di questo, credo che il vero segreto per ottenere dei buoni risultati stia tutto nel non scordare mai che un bonsai è un essere vivente e come tale deve essere amato e curato quotidianamente assecon- dando tutte le sue esigenze; non deve mai essere trascurato perché una semplice disattenzione può cagionarne la salute, a volte in modo irrimediabile. Quanti bonsai possiede? Tra quelli ormai completati ed altri ai quali sto ancora lavorando, ne possiedo circa 20; a questi si aggiungono 20 pre-bonsai. Si tratta di esemplari di: Melograno, Lagestroemia, Ginkgo Biloba, Conifere Melo, Acero, ecc. Quali sono le emozioni trasmesse da quest’arte? Curare e mantenere un bonsai non è solo una tecnica, ma è anche un’espressione artistica che infonde serenità con la natura e con se stessi riportandoci ai ritmi naturali ed allontanando i problemi di tutti i giorni. Io stesso devo a questa pratica il merito di avermi più volte rigenerato dopo giornate difficili trascorse al lavoro. Per chi volesse intraprendere questo hobby, cosa suggerirebbe? In commercio si trovano alcune pubblicazioni in più rispetto al passato che introducono sufficientemente i profani a questo mondo in miniatura, ma un prezioso aiuto è possibile trovarlo rivolgendosi ed iscrivendosi a qualche associazione come, ad esempio, l’Alessandria Bonsai Club alla quale anch’io sono iscritto, che organizza corsi pratici ai quali presenzia spesso il maestro giapponese H. Suzuki e diverse esposizioni in collaborazione con il Giardino Botanico di Alessandria. Auguri a... Invitiamo chi vive un’occasione di festa (matrimonio, nascita, laurea, anniversario, …) a renderne partecipe tutta la cittadinanza informando la redazione. Sarà nostra cura pubblicare le vostre segnalazioni nel primo numero utile del periodico. foto E. Olivero I nostri auguri a Florio Gennaro e Anashkina Hanna che si sono uniti in matrimonio il 20 agosto 2007; ed a Pacchiotti Gian Luca e Gai Patrizia, sposi il 2 settembre 2007. Un lieto benvenuto ad Alessia nata il 21 agosto da mamma Luisella Villanova e papà Davide Piantino. er babàn d’Apsaei 10 Le nostre tradizioni Piva Piva ‘R’oli d’oliva di Gianni Pasino Un bambino si cimenta per la prima volta nell’allestimento del presepe ma, per poterlo completare, si improvvisa investigatore… Era il giorno dell’Immacolata. Sebbene dicembre fosse iniziato ormai da più d’una settimana la mattina non era gelida, ma una nuvolaglia grigia e immobile sovrastava le colline e qualcuno, che si vantava di saperla più lunga degli altri, scrutando il cielo, aveva pronosticato un’imminente nevicata. I bar e i negozi del paese avevano già addobbato le vetrine con decorazioni natalizie: nell’aria si percepiva tutta la frenesia per le prossime festività. Angelo si era alzato presto, anche se quello non era giorno di scuola: non stava più nella pelle di andare in solaio a prendere lo scatolone con le statuine per preparare il presepe. In casa sua il dilemma tra albero e presepe non si era mai posto; il padre contadino, sempre indaffarato, aveva demandato alla moglie il compito di rispettare le tradizioni: “Pensij tei, che me a n’ho zà pù che pento”. E lei, donna religiosa e di idee chiare, si era fatta carico di quella piacevole incombenza fino all’anno precedente, mentre al figlio era toccato il ruolo di assistente. Avendo compiuto, da oltre due mesi, i dieci anni, Angelo stabilì che fosse arrivato il suo momento! Si preparò e fece colazione in fretta, con una mezza scodella di latte appena munto e un velo di marmellata di mele cotogne spalmato su una fetta di pane e burro. Informò sua madre di quanto stava per mettere in pratica e, senza aspettare risposta, si diresse alla volta della scala, dai gradini sbrecciati, che conduceva al sottotetto. Una punta di paura gli trafisse i pensieri quando, aperta una vecchia porta cigolante e varcata la soglia, si avventurò tra il buio e la polvere, augurandosi di trovare presto ciò che stesse cercando. Non c’era illuminazione e lui non aveva avuto l’accortezza di portarsi una torcia elettrica, per farsi strada. “Fantasmi?” si disse, “Nònca a parlèni, non esistono! Sono solo un’invenzione dei grandi per farci stare buoni”. Ma intanto rimaneva fermo, i muscoli irrigiditi anche dalla bassa temperatura e le orecchie tese a catturare il minimo rumore. Quando gli occhi, adattatisi all’oscurità, gli permisero di imboccare una direzione precisa, dovette fare lo slalom tra una vecchia culla arrugginita, un cassettone tarlato e il reparto coltivazione bachi da seta, risorsa economica delle famiglie rurali, prima di raggiungere l’obiettivo della missione. Via dal tavolino libri e quaderni che usava per studiare. Poi Angelo ricoprì la superficie in formica con un bel foglio di carta verde erba, attaccò al muro il fondale sul quale erano disegnate le case di Betlemme, i monti di Giuda, e il cielo stellato e cominciò a dare forma alla sua composizione. Da un sacchetto di carta estrasse i personaggi in miniatura, passandosi fra le mani il pescatore, il cacciatore, la lavandaia, la donna che cuoce la polenta, i pastori e, rammentando ciò che aveva imparato alle lezioni di Catechismo, si soffermò a riflettere sul fatto che, a quei tempi, nonostante miseria e carestie, la gente riuscisse a trovare la felicità nelle piccole cose quotidiane. Poi tirò fuori anche la vecchina che fila la lana, il panettiere, Maria, Giuseppe e gli angeli. Da una scatola di plastica colorata cavò gli animali: bue e asinello prima di tutti gli altri, poi pecore, agnelli, cani, cammelli, galline ed ancora oche e pesci. Fu lì che il bambino ebbe l’idea di creare un piccolo lago, ricavandolo da uno specchietto rotondo che bordò con minuscoli sassi di ghiaia bianca. In seguito formò prati e stradine e, quando si avvide che il muschio non gli sarebbe bastato, andò da sua madre che lo sorvegliava da lontano a chiedere i soldi necessari per l’acquisto. Nel pomeriggio del giorno seguente, all’uscita di scuola, Angelo sarebbe passato nella tabaccheria di Piazza Italia, dalla Pierina d’i Flà: una donnina materna e gentile, che accoglieva i clienti col sorriso a fior di labbra e metteva in vendita i più disparati generi di merce, fra cui il materiale occorrente per allestire il presepe. Il ragazzino ne avrebbe approfittato per sbirciare le novità. Durante il periodo antecedente il Santo Natale, l’atmosfera era rallegrata dal dolce suono delle zampogne: “Piva, piva ‘r’oli d’ oliva, piva, piva ‘r’oli d’oliva”. Vestiti con pelli di montone, cappello a forma conica, stivali legati con la corda e una borsa nera a tracolla, due zampognari percorrevano, in lungo e in largo, le vie del paese d’Apsaei, per portare il loro messaggio di pace, rallentando a ogni cancello, a ogni portone. Il pomeriggio della Vigilia An- gelo si sentiva esaltato. Certo, la festa incombente e l’attesa dei regali lo rendevano trepidante, ma ciò che veramente lo faceva fremere d’impazienza e vibrare d’orgoglio era poter dimostrare la propria abilità ai genitori. Mancava il tocco finale: collocare il Bambino nella capanna, in mezzo alla Madonna e San Giuseppe e il suo capolavoro sarebbe stato pronto. Cercò la statuina ma non la trovò: il sacchetto era vuoto. In preda a un moto di stizza frugò nello scatolone, senza venire a capo di nulla. Gesù si era eclissato. Nella sua mente, ottenebrata da cupe fantasie, iniziarono a sovrapporsi svariate congetture: poteva averlo nascosto Sandro, il compagno di scuola e di giochi, che si era intrattenuto con lui durante la preparazione del presepe. Andò in cortile, per vedere se lo avesse lasciato nell’incavo dell’albero di pere, il loro nascondiglio segreto, però non c’era. Rabbiosamente ritenne che glielo avesse rubato. Poi considerò che si trattava del suo migliore amico. Erano cresciuti assieme! No, non poteva avergli fatto questa cattiveria. E allora? Dove poteva essere finito il Bambinello Santo? Scartò, senza il minimo dubbio, l’ipotesi di tornare in soffitta per un’infruttuosa ricerca, in quanto si ricordò che lo scatolone prelevato fosse chiuso perfettamente. Cenò in silenzio e si coricò presto, ma non si addormentò subito e continuò a rimuginare sull’accaduto. Dopo essersi voltato e rivoltato per lungo tempo fra lenzuola e coperte, Angelo diede corpo a una supposizione, dapprima appena accennata e via via sempre più consistente: in casa sua erano venuti gli zampognari a rifocillarsi e, forse, approfittando di un attimo di distrazione generale, avevano compiuto il furto. Magari per portare quella statuina ai figli, per i quali non potevano permettersi lussi superflui. Sarebbe stato il loro dono di Natale… Vinto dalla stanchezza, col pòver fiolén, cadde in un sonno disturbato da sogni inquietanti. Il Venticinque si svegliò con poca voglia. Neanche la neve, abbondantemente caduta nella notte, gli metteva allegria. Angelo si sentiva confuso e maldisposto a celebrare la ricorrenza più importate dell’anno. Ragionare sul significato della festa della bontà gli provocava un’intima vergogna, al ricordo delle strampalate ipotesi che aveva formulato la sera precedente per spiegarsi la sparizione della preziosa statuina. D’impeto prese la decisione: avrebbe confessato tutto quanto alla madre, donna buona e saggia, la quale avrebbe compreso, perdonato e trovato rimedio. Lo aspettava una lieta sorpresa. Dirigendosi in cucina per fare colazione, Angelo rivolse uno sguardo intristito al frutto del suo lavoro. Gli piaceva proprio il suo presepe, era venuto davvero bene, peccato che non fosse riuscito a terminarlo egli stesso, senza nessun aiuto. Ma quando indirizzò lo sguardo verso la capanna, strabuzzò gli occhi, spalancò la bocca e trattenne il fiato…: Gesù Bambino era lì, deposto sul giaciglio di paglia, così bello, con i capelli biondi, gli occhi grandi e azzurri e un sorriso così dolce, così tenero, così buono, che lo fece commuovere. Frastornato dalla profonda emozione che gli pervadeva il cuore, Angelo non si accorse dell’arrivo della madre che lo attirò a sé, stringendolo forte. Quando riemersero dall’abbraccio, il figlio le raccontò tutto quanto, di getto, per liberarsi in fretta di ciò che lo angustiava. La mamma gli svelò il mistero: il Redentore nasce a Natale e soltanto in questo preciso giorno può mostrarsi ai fedeli. Perciò era stata lei stessa, come aveva sempre fatto, a tenere da parte la statuina per metterla nel presepe al momento opportuno. E gli zampognari, gente povera e onesta, hanno sempre suonato al meglio i loro artigianali strumenti per offrire a Gesù, con devozione, la ninna nanna più bella. Illustrazione di Federico Orsini er babàn d’Apsaei 11 UN ANNO IN ELEGANZA... gennaio 2008 lu ma me gi ve sa do 7 1 8 2 3 4 5 6 9 10 11 12 13 febbraio 2008 lu ma me gi ve sa do 4 5 6 7 1 8 2 3 9 10 marzo 2008 lu ma me gi ve sa do 3 4 5 6 7 1 8 2 9 14 15 16 17 18 19 20 11 12 13 14 15 16 17 10 11 12 13 14 15 16 28 29 30 31 25 26 27 28 29 24 25 26 27 28 29 30 21 22 23 24 25 26 27 aprile 2008 lu ma me gi ve sa do 7 1 8 2 3 4 5 6 9 10 11 12 13 18 19 20 21 22 23 24 31 maggio 2008 lu ma me gi ve sa do 5 6 7 1 8 2 3 4 9 10 11 14 15 16 17 18 19 20 12 13 14 15 16 17 18 28 29 30 26 27 28 29 30 31 21 22 23 24 25 26 27 luglio 2008 lu ma me gi ve sa do 7 1 8 2 3 4 5 6 9 10 11 12 13 19 20 21 22 23 24 25 agosto 2008 4 5 6 7 8 2 giugno 2008 lu ma me gi ve sa do 2 3 4 5 6 7 1 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 lu ma me gi ve sa do 1 17 18 19 20 21 22 23 3 9 10 settembre 2008 lu ma me gi ve sa do 1 8 2 3 4 5 6 7 9 10 11 12 13 14 14 15 16 17 18 19 20 11 12 13 14 15 16 17 15 16 17 18 19 20 21 28 29 30 31 25 26 27 28 29 30 31 29 30 21 22 23 24 25 26 27 ottobre 2008 lu ma me gi ve sa do 6 7 1 8 2 3 4 5 9 10 11 12 18 19 20 21 22 23 24 novembre 2008 lu ma me gi ve sa do 3 4 5 6 7 1 8 2 9 22 23 24 25 26 27 28 dicembre 2008 lu ma me gi ve sa do 1 8 2 3 4 5 6 7 9 10 11 12 13 14 13 14 15 16 17 18 19 10 11 12 13 14 15 16 15 16 17 18 19 20 21 27 28 29 30 31 24 25 26 27 28 29 30 29 30 31 20 21 22 23 24 25 26 17 18 19 20 21 22 23 22 23 24 25 26 27 28