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CONSUMO
Hanno avvelenato anche la Barbie
A ben tre riprese, negli ultimi mesi, la multinazionale produttrice di giocattoli Mattel, ha ritirato dal mercato mondiale milioni
di bambole, bambolotti e quant’altro prodotti in Cina. L’alto contenuto di piombo e altre sostanze tossiche ne facevano oggetti
di pericolo più che di divertimento per i bambini occidentali. La
ricerca esasperata del basso costo e lo sfruttamento senza scrupoli della manodopera in Oriente ci si sta rivoltando contro.
di Silvano Toppi, economista *
Hanno avvelenato anche la Barbie. Quella delocalizzata per farla costar meno e trarne più profitto.
Hanno ritirato un esercito di Barbie. Certamente più
per salvare l'immagine e prevenire qualche risarcimento miliardario (una "class action" all'americana)
che per la vernice avvelenata cinese, di poco costo e
nessun controllo, che dava il colore roseo alle guance. Ci sarà quindi una cremazione gigantesca di
Barbie, come per le mucche pazze costrette a diventar carnivore per la migliore produttività o i polli
colti dall'aviaria. Il reponsabile e fornitore cinese si è
impiccato, per un rimasuglio di confucianesimo,
sopraffatto dal senso di colpa, oppure sicuro di aver
la stessa fine decretata poco tempo prima al capo
dell'agenzia di controllo su cibi e medicinali per inadempienze e corruzione. L'immagine si salva con
questi atti eclatanti. Un tempo, anche dalle nostre
parti, affari mal condotti o imbrogli finanziari ritrovavano il riscatto nel suicidio. Più che una fuga sembrava un risveglio di dirittura morale o di alto senso
di responsabilità. Forse anche persuasi che Dio, tutto
sommato, è sempre più misericordioso dei banchieri o dei creditori. Ora si può invece essere certi che
il fragoroso ritiro e la abbarbagliata cremazione delle
Barbie gioverà all'immagine etica della grande multinazionale dei giocattoli. Si dirà: però, quanto sono
seri e quanto sono disposti a perderci per non correre il rischio di avvelenare le nostre bambine!
"Ethic pays", l'etica paga, addottrinano nelle scuole
economiche di "business ethic" o di "markethic"
(marketing+etica) o di "communication corporate"
(dove si insegna a far passare l'immagine dell'impresa). Ma ancora una volta l'esperienza dovrebbe insegnarci che le parole "che hanno più valore che
senso" (come diceva Paul Valéry della libertà), sono
l'oggetto di sviamenti sottili e perniciosi, soprattutto quando il loro valore viene identificato a un bisogno fittizio, forzato, mascherato. Appunto, senza
senso.
Per dare il senso si fa un passo in più, pacchianamente o astutamente. Due esempi di questi giorni
possono essere illuminanti. Hanno un comun denominatore: vestire di religione (o di ciò che si ritiene la
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sua etica) il prodotto o l'affare.
Mentre si ritirano le Barbie avvelenate dagli scaffali,
un'altra grande multinazionale della distribuzione, il
più grande rivenditore di giocattoli nel mondo, lancia il 18 agosto sul mercato la prima linea di bambole e bambolotti parlanti ispirata ai personaggi della
bibbia: Gesù, Noè, Davide e Sansone, Mosé e compagnia varia. Sentiremo quindi Mosé ripetere "non
desiderare la roba d'altri", Noè chiamare gli animali
nella sua barca, Gesù che promette salvezza in chi
crede in lui, Davide che non si impressiona di fronte a Sansone che mostra i muscoli. Manca Giobbe
troppo difficile da rendere o forse perché la pazienza è economicamente senza senso. Il tutto condito
con la pretesa di vendere due valori"etici": il bene
opposto alle manifestazioni del male con una battaglia per "la pulitura delle menti dei bambini" (sic);
un'operazione
contro i giochi violenti.
Probabilmente c'è anche una dose di fondamentalismo, contro la banalità sviante delle Barbie holliwoodiane, avvelenate al momento giusto. Ironia
della sorte, anche i prodotti biblici e cristiani della
multinazionale di Bentonville, Arkansas, sono prodotti in quel che resta della Cina comunista perché la
legge del profitto conta infinitamente più della legge
di Mosé o del Discorso sulla montagna e perché l'economia ha il diritto di fare della fede un mercato
immenso.
Mentre si sgretolano le Borse per ingordigia ed
eccesso di rischio o mancanza di regole, eccoti invece emergere come salvatori con qualche incanto
divinizzante i fondi etici, "valori" tinteggiati di cristianesimo e di cattolicesimo. Più seri, più solidi, più
responsabili. Di uno, ideato da una grande banca
svizzera, che porta nel titolo la specificazione "christian", addirittura si assicura: "È il primo fondo di
investimento al mondo che ha ricevuto un certificato ufficiale da un'entità vicina al papa". C'è da sperare che non sia lo Spirito santo. Comunque, andate
sicuri, non ci sarà l'inferno. Una delle università vaticane, l'Ateneo pontificio Regina Apostolorum, controlla il carattere etico del fondo. Con un po' di ecumenismo vecchia maniera: ne fanno parte anche un
protestante e un ebreo. C'è da scommettere che il
punto di scontro sarà se acquistare o non acquistare
azioni di società che producono anticoncezionali o
che lavorano su cellule staminali o solo di società che
forniscono armi utili per la irrinunciabile difesa di un
paese minacciato come Israele. L'etica, alla lunga, è
comunque sempre il miglior investimento.
Che differenza corre tra la Barbie avvelenata, i bamcontinua sulla pagina a lato