L`uccello del malaugurio
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L`uccello del malaugurio
Camilla Läckberg farfalle Marsilio L’uccello del malaugurio «Da brivido, insidioso, proprio come l’ambiente ricoperto di ghiacci che descrive» LITERARY REVIEW Fjällbacka sta per lasciarsi alle spalle un altro dei suoi lunghi inverni silenziosi, e nella Giunta cittadina c’è chi è ansioso di attirare l’attenzione sul piccolo centro della costa. Quale occasione migliore di un reality show, con telecamere piazzate dovunque a riprendere luoghi e persone che entreranno nelle case di decine di migliaia di telespettatori? La proposta è approvata, i riflettori puntati, ma l’arrivo del cast crea non poco scompiglio, tanto più che il produttore, consapevole che gli scandali aumentano l’audience, si diverte ad alimentare le tensioni tra i concorrenti. Ma il trambusto mediatico rischia di assorbire anche le risorse della polizia, e il vicecommissario Patrik Hedström, già distratto dai preparativi per il suo matrimonio con Erica, è in affanno: le indagini su una donna morta in circostanze sospette vanno a rilento. Cercando faticosamente di mettere insieme i pezzi di un caso dai mille colpi di scena, tra minacce, segreti e sterili menzogne, Patrik trova un diario e vecchi ritagli di giornale che potrebbero contenere indizi preziosi. E anche un collegamento con un caso molto simile avvenuto solo qualche anno prima. Non gli resta che insistere, per arrivare ad aprire una breccia nel muro di silenzio che la piccola comunità di Fjällbacka, vera protagonista di una serie che si è imposta su milioni di lettori nel mondo, erge a difesa della propria immagine, che vuole conservare irreprensibile. camilla läckberg (1974) vive a Stoccolma con il marito e i tre figli. I suoi libri, ai vertici delle classifiche internazionali, hanno venduto nel mondo oltre 10 milioni di copie e sono in corso di pubblicazione in 55 paesi. Dopo La principessa di ghiaccio, Il predicatore e Lo scalpellino, L’uccello del malaugurio è il quarto episodio della serie di Erica Falck e Patrik Hedström, più volte premiata dall’Accademia svedese del poliziesco. s Edwall © Mattia FARFALLE Titolo originale: Olycksfågeln © Camilla Läckberg 2006 First published by Bokförlaget Forum, Sweden Published by arrangement with Nordin Agency, Sweden © 2012 by Marsilio Editori® s.p.a. in Venezia Prima edizione digitale: 2012 ISBN 978-88-317-3403-5 www.marsilioeditori.it [email protected] Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore. È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata Camilla Läckberg L’uccello del malaugurio traduzione di Laura Cangemi Marsilio Della stessa autrice nel catalogo Marsilio La principessa di ghiaccio Il predicatore Lo scalpellino a Wille e Meja L’UCCELLO DEL MALAUGURIO Il ricordo più nitido era il suo profumo, quello che teneva in bagno: il flacone di un lilla cangiante, l’aroma dolce e greve. Da adulto l’aveva cercato in una profumeria finché non l’aveva trovato, identico. Leggendo il nome, gli era venuto da ridere: Poison. Lei se lo spruzzava sui polsi, per poi passarseli sul collo e, se aveva la gonna, anche sulle caviglie. Lui l’aveva sempre trovato un gesto bellissimo. I suoi polsi sottili e delicati che si strofinavano con grazia l’uno contro l’altro. Il profumo che si diffondeva nella stanza e lui che aspettava con ansia l’istante in cui l’avrebbe sentito vicinissimo, quando lei si chinava a baciarlo. Sempre sulla bocca. Sempre così leggera che a volte si chiedeva se il bacio fosse stato reale o se l’avesse solo sognato. «Prenditi cura di tua sorella» gli diceva sempre un attimo prima di infilare la porta, più volando che camminando. Dopo non ricordava mai se le aveva risposto a voce alta, o solo con un cenno del capo. 9 Il sole primaverile inondava la stazione di polizia di Tanumshede, rivelando impietoso la sporcizia sulle finestre. Quel grigiore copriva i vetri come una pellicola e Patrik aveva l’impressione di sentirsela addosso anche lui. L’inverno era stato duro. La vita con un figlio era infinitamente più divertente ma anche più faticosa di quanto avesse mai potuto immaginare. E anche se con Maja le cose filavano molto più lisce che all’inizio, Erica non si trovava ancora bene nella sua nuova vita di mamma casalinga. Era una consapevolezza che lo angustiava ogni minuto e ogni secondo che trascorreva al lavoro. E quello che era successo ad Anna aveva oltretutto aumentato il carico sulle spalle di entrambi. Sentendo bussare sullo stipite si riscosse dai suoi cupi pensieri. «Patrik? È arrivata una chiamata. C’è stato un incidente. Un solo veicolo coinvolto, lungo la strada per Sannäs.» «Okay» rispose alzandosi. «Senti, non era oggi che doveva arrivare la sostituta di Ernst?» «Sì» confermò Annika. «Ma non sono ancora le otto.» «Allora prendo con me Martin. Avrei chiesto a lei di venire, per darle modo di acclimatarsi.» 11 «Poveretta, mi fa un po’ pena» disse Annika. «Perché dovrà girare con me?» domandò Patrik lanciandole un’occhiata scherzosamente offesa. «Be’, certo» rispose la segretaria. «Considerando come guidi... No, seriamente: non credo che avrà vita facile, con Mellberg.» «Dopo aver letto il suo curriculum penso che se c’è una in grado di tenerlo a bada, quella è proprio Hanna Kruse. A giudicare dai suoi titoli e dalle ottime referenze, sembra una tipa tosta.» «L’unica cosa un po’ sospetta è che abbia fatto richiesta per un posto come Tanumshede...» «Sì, in effetti non hai tutti i torti» ammise Patrik infilandosi la giacca. «Vuol dire che le chiederò perché si sia abbassata a venire a seppellire la sua carriera in questo buco, insieme a noi poliziotti amatoriali...» Ammiccò ad Annika, che lo colpì con un finto pugno sulla spalla. «Sai bene che non era questo che intendevo.» «Lo so, lo so, ti sto solo prendendo in giro... A proposito, hai qualche informazione in più sull’incidente? Feriti? Morti?» «Stando alla chiamata che abbiamo ricevuto, sembra che nell’auto ci sia solo una persona. E che la persona in questione sia morta.» «Merda. Vado a chiamare Martin e andiamo a vedere. Torniamo presto. Nel frattempo tu fai fare un giro a Hanna.» Nello stesso istante si sentì una voce femminile: «C’è nessuno?» «Mi sa che è arrivata» disse Annika, andando verso la voce. Patrik la seguì, curioso di vedere la nuova recluta. La donna che li aspettava davanti al bancone lo sorprese. Non aveva le idee chiare in proposito, ma di cer- 12 to si era aspettato una persona più... grande. E magari non proprio così carina... e bionda. La donna tese la mano prima a lui e poi ad Annika e si presentò. «Ciao, sono Hanna Kruse. Dovrei prendere servizio oggi.» La voce rispondeva di più alle sue aspettative. Era piuttosto profonda, e con un timbro deciso. La stretta di mano, inoltre, indicava un’assidua frequentazione della palestra e Patrik decise di rivedere la sua prima impressione. «Patrik Hedström. E questa è Annika Jansson, la colonna portante della stazione...» Hanna sorrise. «Un avamposto femminile nell’assoluto predominio maschile. Fino a questo momento.» Annika rise. «Sì, devo ammettere che è un bel sollievo sapere che ci sarà un altro contrappeso all’eccesso di testosterone tra queste pareti.» Patrik interruppe la conversazione. «Voi ragazze avrete modo di fare conoscenza più tardi. Hanna, abbiamo appena ricevuto una chiamata. Un incidente stradale, mortale. Potresti venire con me, se per te va bene. Insomma, una partenza in quarta già il primo giorno di lavoro.» «Nessun problema» rispose Hanna. «Posso lasciare la borsa da qualche parte?» «Ci penso io» disse Annika. «Il giretto turistico lo facciamo al vostro rientro.» «Grazie» disse Hanna, seguendo Patrik che aveva già infilato la porta. «Be’, come ti senti?» chiese lui dopo che furono saliti in macchina e partiti in direzione di Sannäs. «Ma sì, abbastanza bene, grazie, anche se prendendo servizio in un posto nuovo un po’ di agitazione c’è sempre.» 13 «A giudicare dal tuo curriculum, di posti ne hai già cambiati parecchi» osservò Patrik. «Sì, ho voluto accumulare tutta l’esperienza possibile» rispose Hanna guardando curiosa fuori dal finestrino. «Zone diverse del paese, dimensioni diverse del distretto e così via. Tutto quello che può servire ad ampliare le competenze di un poliziotto.» «Ma perché?» continuò Patrik. «Qual è lo scopo ultimo?» Hanna sorrise, un sorriso amichevole ma insieme incredibilmente determinato. «Un posto da dirigente, no? In uno dei distretti più grandi. Per questo frequento ogni genere di corso, amplio il più possibile la mia esperienza e lavoro a mille.» «Sembra proprio la ricetta giusta per riuscire nell’intento» disse Patrik sorridendo a sua volta, ma l’ambizione sfrenata che aveva percepito lo aveva allo stesso tempo messo un po’ a disagio. Non ci era abituato. «Lo spero» rispose Hanna, continuando a osservare il paesaggio che le sfrecciava accanto. «E tu? Da quanto tempo lavori a Tanumshede?» «Eh... da quando ho finito l’accademia, a dire il vero.» Patrik si accorse di aver assunto, rispondendole, un tono leggermente imbarazzato, il che lo fece arrabbiare con se stesso. «Io non ci sarei mai riuscita. Ma forse è perché ti ci trovi bene, no? Cosa che mi fa ben sperare per il periodo che passerò qui...» Rise e spostò lo sguardo su di lui. «Sì, lo si può interpretare anche così, ma ha molto a che fare anche con l’abitudine e la comodità. Io sono cresciuto qui e conosco questo posto come le mie tasche. Anche se, veramente, adesso non abito più a Tanumshede ma a Fjällbacka.» 14 «Ah sì, ho sentito dire che sei sposato con Erica Falck! Adoro i suoi libri! Quelli che parlano di omicidi... le biografie non le ho lette, devo ammettere...» «Non c’è da vergognarsene. A giudicare dai dati sulle vendite, i primi li ha letti mezza Svezia, ma la maggior parte della gente neanche sa che Erica ha pubblicato cinque biografie su altrettante scrittrici. Quella su Karin Boye, la più venduta, credo abbia toccato l’astronomica tiratura di duemila copie... E comunque non siamo ancora sposati, ma ci manca poco: il matrimonio è la vigilia di Pentecoste.» «Oh, congratulazioni! Che bella idea, delle nozze pentecostali!» «Lo spero... A dirla tutta in questo momento vorrei fuggire a Las Vegas ed evitare i preparativi. Non avevo idea che sposarsi fosse così faticoso.» Hanna rise di gusto. «Me lo immagino...» «Ma mi sembra che sia sposata anche tu, no? Avete avuto anche voi il vostro pomposo matrimonio in chiesa?» Sul viso di Hanna calò un velo grigio. Distolse rapidamente lo sguardo e mormorò, a voce tanto bassa da risultare quasi impercettibile: «Noi ci siamo sposati in comune. Ma ne parliamo un’altra volta. Mi sa che siamo arrivati.» Davanti a loro c’era un’auto accartocciata, e due vigili del fuoco si stavano preparando a tagliare la lamiera del tettuccio, senza fretta. Dando un’occhiata dal finestrino laterale, Patrik capì perché. Non era un caso che la riunione si tenesse da lui e non in municipio. Dopo i lavori di ristrutturazione durati mesi la casa, o meglio la perla, come la chiamava 15 spesso, poteva finalmente essere ammirata in tutto il suo splendore. Era una delle costruzioni più antiche e più grandi di Grebbestad e ci era voluta una lunga opera di convincimento perché i proprietari precedenti la mettessero in vendita. All’inizio gridavano in difesa del “patrimonio di famiglia” e dell’“eredità di figli e nipoti” ma via via che lui aveva alzato l’offerta le grida si erano stemperate in borbottii e infine in mormorii compiaciuti. E quei cretini patentati neanche si erano resi conto che il prezzo finale era decisamente più basso di quello che sarebbe stato disposto a pagare. Evidentemente non avevano mai messo piede fuori da Grebbestad e non avevano la stessa consapevolezza del valore delle cose di chi, avendo vissuto a Stoccolma, aveva familiarizzato con le condizioni del mercato immobiliare. Firmato il rogito, aveva investito senza batter ciglio altri due milioni di corone nella ristrutturazione, e ora poteva mostrare orgoglioso al resto della giunta il risultato finale. «E abbiamo fatto arrivare dall’Inghilterra una scala che si adattasse perfettamente al contesto tipico dell’epoca. Certo non ci è costata poco, se ne producono solo cinque all’anno, ma se si vuole la qualità si deve aprire il portafoglio. Abbiamo collaborato strettamente con il museo del Bohuslän per non distruggere l’anima della casa. Sia io che Viveca ci teniamo moltissimo: quando si ristruttura un edificio bisogna stare attenti a non intaccarne l’anima. Tra l’altro abbiamo qualche copia in più dell’ultimo numero di Residence, nel quale è documentato il risultato della ristrutturazione, e il fotografo ha detto di non aver mai visto un rifacimento così di buon gusto. Quindi prendetene pure una quando uscite, così potrete sfogliarla a casa tranquilli. Ma forse dovrei spiegare che Residence è una pubblicazione dedicata solo alle dimore 16 di prestigio, non come Splendide ville che pubblica foto della prima casa che capita.» Fece una risatina, come per sottolineare l’assurdità dell’idea che il loro gioiello potesse comparire su un giornalaccio come quello. «Bene, allora accomodiamoci e cominciamo a parlare di affari!» Erling W. Larson indicò la grande tavola della sala da pranzo, apparecchiata per il caffè. La moglie aveva preparato tutto mentre lui mostrava il resto della casa, e adesso era accanto al tavolo, in silenzio, e aspettava che tutti prendessero posto. Erling le lanciò un’occhiata di approvazione. Valeva tanto oro quanto pesava, la sua piccola Viveca, sapeva stare al suo posto ed era una padrona di casa impeccabile. Un po’ taciturna, forse, e non proprio padrona dell’arte della conversazione ma, come diceva sempre, meglio una donna che sapeva stare zitta di una che blaterava a proposito e a sproposito. «Allora, che riflessioni avete maturato sull’evento epocale di fronte al quale ci troviamo?» Si erano seduti e Viveca stava facendo il giro per versare il caffè nelle delicate tazzine bianche. «La mia posizione la conosci» rispose Uno Brorsson mettendo quattro zollette di zucchero nella propria. Erling lo guardò disgustato. Non riusciva a capire gli uomini che si trascuravano nel fisico e nella salute. Quanto a lui, faceva dieci chilometri di corsa al giorno e si era anche concesso qualche lifting, ma nella discrezione più assoluta, e infatti lo sapeva solo Viveca. «Sì, su questo non c’è dubbio» disse, in tono leggermente più duro di quanto fosse sua intenzione. «Ma hai avuto occasione di esporre la tua idea e adesso che siamo arrivati tutti insieme a questa decisione ritengo comunque che sarebbe più ragionevole serrare i ranghi e trarre 17 il massimo vantaggio dalla situazione. Non serve a niente continuare a discutere. La troupe televisiva arriva oggi e... be’, lo sapete, per me è la cosa migliore che potesse capitare a questo posto. Pensate soltanto al ritorno che hanno avuto quelli nei quali sono state girate le stagioni precedenti. Åmål in effetti si era ritrovato al centro dell’attenzione già dopo il film di Moodysson, ma non è stato niente in confronto alla pubblicità arrivata con le riprese del reality. E Fucking Töreboda ha veramente dato un nome sulla carta geografica a quella località. Pensate, nel giro di poco tempo gran parte della Svezia si piazzerà davanti alla tele a vedere Fucking Tanum! Che occasione unica per mostrare a tutta la nazione il lato migliore del nostro paesino perso nel nulla!» «Il lato migliore...» Uno sbuffò. «Sbornie e sesso e stupide veline... è così che vogliamo mettere in mostra Tanumshede?» «Be’, secondo me sarà molto emozionante!» esclamò estasiata Gunilla Kjellin con la sua voce leggermente stridula, rivolgendo uno sguardo scintillante a Erling. Ne era affascinata, per non dire innamorata, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Lui, invece, ne era pienamente consapevole e sfruttava la circostanza per ottenere il suo appoggio in ogni occasione. «Sì, date retta a Gunilla! È proprio con questo spirito che noi tutti dovremmo accogliere il progetto! Quella in cui ci stiamo imbarcando è un’avventura emozionante e un’occasione da cogliere con gratitudine.» Erling aveva fatto ricorso alla voce da trascinatore, quella che gli era tornata utile tante volte quando era un dirigente di una grande società assicuratrice, la stessa voce che aveva sempre indotto sia il personale che il consiglio d’amministrazione ad ascoltare con estremo interesse tutto ciò che 18 aveva da dire. Quando ripensava a quel periodo trascorso al centro degli avvenimenti diventava sempre malinconico. Per fortuna, però, se n’era tirato fuori in tempo, mettendo al sicuro i suoi sudati guadagni e dicendo arrivederci e grazie prima che un branco di giornalisti assatanati fiutasse sangue e si mettesse a dare la caccia ai suoi ex colleghi come a delle prede da braccare e fare a brandelli. La decisione di andare in prepensionamento dopo l’infarto era stata molto travagliata, ma in seguito si era dimostrata la più saggia che avesse mai preso. «Avanti, servitevi. I dolci sono della pasticceria Elg.» Indicò con la mano i vassoi carichi di tranci di sfoglia danese e ciambelline alla cannella. Tutti si servirono ubbidienti. Lui invece si astenne: aver avuto un infarto pur essendo stato tanto attento sia alla dieta che al movimento l’aveva ulteriormente motivato. «E gli eventuali danni? Ho sentito dire che Töreboda ne ha avuti parecchi, nel corso del programma. Se ne farà carico l’emittente televisiva?» Erling sbuffò impaziente nella direzione dalla quale era venuta la domanda. Il giovane dirigente del settore finanze del comune doveva sempre stare lì a cercare il pelo nell’uovo invece di guardare alla visione d’insieme, “the big picture”, come lui amava dire. E poi che ne sapeva di economia quel pivellino? Aveva appena compiuto trent’anni e in tutta la sua vita non aveva maneggiato i soldi che Erling aveva amministrato in un solo giorno negli anni d’oro della società assicuratrice. No, dei contabili da strapazzo poteva anche fare a meno. Si rivolse a quello in questione, Erik Bohlin, e disse sottolineando ogni parola: «Non sono aspetti da affrontare adesso. Considerato l’aumento del flusso turistico che si 19 registrerà, qualche vetrina rotta non sarà un problema. E mi aspetto anche che la polizia s’impegni a guadagnarsi lo stipendio e a tenere sotto controllo la situazione.» Fermò lo sguardo per qualche secondo su ciascuno dei presenti, tecnica che era risultata efficace in passato e che si rivelò tale anche questa volta. Tutti abbassarono gli occhi relegando ogni forma di protesta in un angolo nascosto del loro intimo, dove doveva stare. Avevano avuto la loro occasione, ma ormai la decisione era stata votata con spirito democratico e tra poco il pullman con a bordo i concorrenti sarebbe arrivato a Tanumshede. «Andrà bene» disse Jörn Schuster. Non si era ancora ripreso dalla batosta in seguito alla quale Erling era diventato sindaco, incarico che lui aveva conservato per quasi quindici anni. Da parte sua, Erling non riusciva a capire perché Jörn avesse scelto di restare nella giunta. Se fosse stato lui a subire una sconfitta elettorale tanto umiliante, si sarebbe ritirato con la coda tra le gambe. Ma se, nonostante lo smacco, Jörn voleva restare, che si accomodasse. C’erano dei vantaggi nell’avere ancora accanto quella vecchia volpe, per quanto ormai stanca e sdentata: finché Jörn fosse rimasto attivo nella maggioranza, i suoi fedeli sostenitori sarebbero rimasti tranquilli. «Bene, allora diamoci dentro al massimo, oggi. Io darò personalmente il benvenuto alla troupe all’una, e naturalmente sarete i benvenuti. E poi ci vediamo alla solita riunione del giovedì.» Si alzò per segnalare che era il momento di congedarsi. Mentre usciva, Uno stava ancora borbottando. Ma per il resto Erling aveva l’impressione di essere riuscito a radunare le truppe anche oltre le aspettative. Quello che fiutava nell’aria era il successo, lo sentiva chiaramente. 20