CONTROLLO DELLA CRESCITA MICROBICA

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CONTROLLO DELLA CRESCITA MICROBICA
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l controllo della crescita microbica rappresenta il principale obiettivo sia
dei microbiologi clinici sia di quelli che si occupano di ricerca di laboratorio; esso costituisce inoltre una battaglia quotidiana in tutti quei luoghi in cui sono richieste misure igieniche, in casa, negli ospedali, nei ristoranti
e così via. Esistono diversi metodi fisici e chimici per attuare tale controllo,
come disinfettanti chimici e antisettici, mentre per un utilizzo in vivo sono disponibili molti farmaci con una potente attività antimicrobica. Tuttavia, lo strumento fondamentale è rappresentato dalla sterilizzazione, raggiunta generalmente con metodi fisici, come il vapore pressurizzato e il calore all’interno di
un’autoclave di cui mostriamo qui un esemplare.
14
CONTROLLO DELLA CRESCITA MICROBICA
I
14.1
14.2
14.3
II
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III
14.6
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14.8
14.9
METODI FISICI PER IL CONTROLLO
DELLA CRESCITA MICROBICA
Sterilizzazione mediante calore
Sterilizzazione mediante radiazioni
Sterilizzazione per filtrazione
METODI CHIMICI PER IL CONTROLLO
DELLA CRESCITA MICROBICA
Controllo della crescita mediante l’uso
di agenti chimici
Antisettici, disinfettanti e sterilizzanti
AGENTI ANTIMICROBICI UTILIZZATI IN VIVO
Farmaci antimicrobici sintetici
Farmaci antimicrobici naturali:
gli antibiotici
Antibiotici b-lattamici: penicilline
e cefalosporine
Antibiotici prodotti dai procarioti
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IV
CONTROLLO DEI VIRUS E DEI PATOGENI
EUCARIOTICI
14.10 Farmaci antivirali
14.11 Farmaci antimicotici
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414
415
V
RESISTENZA AI FARMACI ANTIMICROBICI
E RICERCA DI NUOVI FARMACI
14.12 Resistenza ai farmaci antimicrobici
14.13 La ricerca di nuovi farmaci antimicrobici
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Glossario
agente antimicrobico Composto chimico
che uccide i microrganismi o ne inibisce la
crescita.
agente antivirale Composto che blocca la
replicazione del virus e la sua azione o che
ne blocca soltanto la replicazione.
agente battericida Agente che uccide i batteri.
agente batteriostatico Agente che inibisce
la crescita dei batteri.
agente chemioterapico Agente antimicrobico che può essere utilizzato per via sistemica.
agente fungicida Agente che uccide i funghi.
agente fungistatico Agente che inibisce la
crescita dei funghi.
aminoglicosidi Gruppo di antibiotici, tra cui
la streptomicina, che contiene aminozuccheri associati mediante legami glicosidici.
analogo di fattore di crescita Agente chimico che è strettamente correlato a un fattore di crescita e ne blocca l’assorbimento.
antibiotico Sostanza chimica prodotta da un
microrganismo che uccide altri microrganismi o ne inibisce la crescita.
antibiotico a largo spettro Antibiotico che
agisce sia sui batteri Gram-positivi sia su
quelli Gram-negativi.
antibiotici b-lattamici Gruppo di antibiotici, tra cui la penicillina, che contiene l’anello b-lattamico eterociclico a quattro termini.
C
antisettico Agente antimicrobico sufficientemente poco tossico da poter essere applicato a tessuti viventi.
autoclave Apparecchio per la sterilizzazione
che distrugge i microrganismi con la temperatura e il vapore acqueo sotto pressione.
chinoloni Composti sintetici antibatterici che
interagiscono con la DNA girasi impedendo
così il superavvolgimento del DNA batterico.
decontaminazione Trattamento che rende
un oggetto o una superficie tale da poter essere maneggiata o toccata senza rischio di
contaminazioni.
disinfettante Agente antimicrobico utilizzabile solo su oggetti inanimati.
disinfezione Processo attraverso il quale si
eliminano quasi tutti i patogeni, ma non
tutti i microrganismi, da oggetti e superfici
inanimate.
inibizione Riduzione della crescita microbica causata dalla diminuzione del numero di
organismi presenti o dalle alterazioni nell’ambiente microbico.
interferoni Proteine antivirali specie-specifiche, prodotte dalle cellule infettate, che prevengono l’infezione virale delle cellule adiacenti.
lisi Perdita dell’integrità cellulare con rilascio
dei componenti citoplasmatici.
on questo capitolo cominciamo a spostare la nostra attenzione dallo studio dei microrganismi in
quanto tali allo studio dei microrganismi in relazione al
resto del mondo vivente e all’ambiente, in particolare in relazione all’uomo, concentrandoci sugli agenti e i metodi
utilizzati per tenere sotto controllo la crescita microbica.
In generale, questo tipo di sorveglianza può essere effettuato limitando la crescita microbica attraverso il processo di inibizione, o distruggendo gli organismi con la
sterilizzazione attraverso l’uccisione o la rimozione di
tutti gli organismi vivi da un terreno di crescita. Gli agenti che distruggono o uccidono i batteri sono detti battericidi. Nella pratica, la sterilità spesso non è conseguibile,
ma in molti casi si può inibire la crescita rapida degli organismi con metodi di decontaminazione e disinfezione.
Gli agenti che inibiscono la crescita dei batteri sono detti
batteriostatici.
Le misure di controllo microbico comprendono la decontaminazione, la disinfezione e la sterilizzazione.
Continuamente applichiamo metodi di decontaminazione, per esempio quando puliamo il tavolo dopo un pasto,
rimuoviamo potenziali nutrienti per i microrganismi e mi-
MIC (Minimum Inhibitory Concentration)
Minima concentrazione inibente: la concentrazione minima di una sostanza, necessaria per inibire la crescita microbica.
NNRTI (Non-Nucleoside Reverse Transcriptase Inhibitor) Inibitore non nucleosidico della trascrittasi inversa.
NRTI (Nucleoside Reverse Transcriptase
Inhibitor) Inibitore nucleosidico della trascrittasi inversa.
pastorizzazione Distruzione di tutti i microrganismi che causano malattie o riduzione del numero dei microrganismi responsabili del deterioramento degli alimenti.
penicillina semisintetica Penicillina naturale modificata chimicamente.
PI Inibitore delle proteasi.
resistenza ai farmaci antimicrobici
Acquisizione da parte di un microrganismo
della capacità di crescere in presenza di un
farmaco antimicrobico al quale è generalmente sensibile.
sterilizzazione Uccisione o rimozione di tutti
gli organismi viventi e dei loro virus da un
terreno di coltura.
tetraciclina Antibiotico caratterizzato da un
anello naftacenico a quattro termini.
crobi contaminanti, prevenendo così la crescita microbica.
Le misure antimicrobiche più dirette prevedono la disinfezione con specifici agenti chimici o fisici, allo scopo di
inibire la crescita microbica o distruggere i microrganismi;
per esempio, di norma usiamo l’alcol per pulire e disinfettare le ferite. Infine, quando necessario, per distruggere
tutti i microrganismi utilizziamo metodi di sterilizzazione
controllata. Quest’ultima, sebbene difficile da ottenere, previene completamente la contaminazione e la crescita dei
microrganismi. Queste misure sono particolarmente necessarie quando si preparano terreni di coltura o strumenti chirurgici. Lo scopo finale di tutte queste procedure è la
riduzione della carica microbica, o numero di microrganismi vitali presenti.
Il controllo microbico in vivo è cosa molto diversa. Dal
punto di vista clinico, gli agenti battericidi e batteriostatici
utilizzabili sono quelli che riducono o ostacolano la crescita microbica senza causare danni alla cellula ospite. Una
grande varietà di agenti chemioterapici naturali e sintetici
possiedono queste caratteristiche.
In questo capitolo esamineremo dapprima i metodi di
controllo microbico utilizzati in vitro, per poi passare alla
trattazione dei farmaci antimicrobici utilizzati in vivo sull’uomo.
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IV C O N T R O L L O D E I V I R U S
E D E I PAT O G E N I E U C A R I O T I C I
I farmaci che controllano la replicazione dei virus e dei patogeni eucariotici, come i funghi, spesso colpiscono anche
le cellule eucariotiche ospiti; quindi, per il trattamento di
queste infezioni saranno utili soltanto quei composti che
interferiscono in modo preferenziale con vie metaboliche e
componenti strutturali specifici del patogeno. Esiste un
numero limitato di questi farmaci e qui parleremo dell’attività di alcuni di essi.
14.10 Farmaci antivirali
I virus utilizzano le cellule eucariotiche che li ospitano per
riprodursi e per svolgere le loro funzioni metaboliche. Dal
momento che per molti aspetti della loro replicazione i virus
dipendono dalle strutture e dalle vie metaboliche della cellula ospite (➞ cap. 9), è spesso difficile inibire la moltipli-
TABELLA 14.5
cazione virale senza ledere la cellula stessa. Tuttavia, esistono diversi agenti che sono più tossici per i virus che non
per l’ospite; inoltre, la cellula ospite produce alcune sostanze che colpiscono in maniera specifica i virus.
Agenti chemioterapici antivirali
A causa della stretta interconnessione delle strutture e delle
funzioni virali con le funzioni della cellula ospite, lo spettacolare successo clinico ottenuto con le sostanze antibatteriche
non è stato seguito da analoghe scoperte nell’ambito dei composti antivirali. Tuttavia, grazie agli sforzi fatti per trovare
misure di controllo efficaci per l’AIDS (➞ vol. 2, cap. 27.14),
nel controllo delle infezioni virali sono state fatte alcune importanti conquiste utilizzando agenti chimici (tab. 14.5).
Gli agenti per la chemioterapia antivirale, che hanno
avuto più successo e che sono anche i più utilizzati, sono gli
analoghi dei nucleosidi. Il primo composto a conquistare
l’approvazione universale in questa categoria è stato la zidovudina, o azidotimidina (AZT). L’AZT inibisce i retrovirus, il gruppo al quale appartiene il virus dell’immunodefi-
Composti chemioterapici antivirali
Categoria/farmaco
Analoghi nucleosidici
Acyclovir
Ganciclovir
Trifluoridina
Valacyclovir
Vidarabina
Didanosina (dideossinosina o ddI)
Lamivudina (3TC)
Stavudina (d4T)
Zalcitabina (ddC)
Zidovudina (AZT) (➞ vol. 2, fig. 27.28)
Ribavirina
Amine sintetiche
Amantadina
Rimantadina
Analoghi nucleotidici
Cidofovir
Analogo del pirofosfato
Acido fosfonoformico (Foscarnet)
Inibitore non nucleosidico
della trascrittasi inversa (NNRTI)
Nevirapina
Inibitore dell’RNA polimerasi
Rifamicina
Inibitori della proteasi
Indinavir (fig. 14.27)
Ritonavir
Saquinavir (fig. 14.27)
Nelfinavir
Abacivir
Lopinavir
Interferoni
Interferone a
Interferone b
Interferone g
a
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Virus dell’immunodeficienza acquisita.
Meccanismo d’azione
Virus bersaglio
Inibitori della polimerasi virale
Herpes virus, Varicella zoster
Citomegalovirus
Herpes virus
Herpes virus
Herpes virus, vaccinia, virus dell’epatite B
HIVa
HIV, virus dell’epatite B
HIV
HIV
HIV
Virus respiratorio sinciziale, influenza A e B,
febbre di Lassa
Inibitori della trascrittasi inversa
Blocca il “capping” dell’RNA virale
Bloccano la rimozione del capside
Influenza A
Influenza A
Inibitore della polimerasi virale
Citomegalovirus, herpes virus
Inibitore della polimerasi virale
Herpes virus, HIV, virus dell’epatite B
Inibitore della trascrittasi inversa
HIV
Inibitore dell’RNA polimerasi
Vaccinia, pox virus
Inibitori delle proteasi
HIV
HIV
HIV
HIV
HIV
HIV
Interferiscono con la replicazione
virale mediante l’induzione
di proteine specifiche
Ampio spettro, la loro attività è specie-specifica
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cienza umana (HIV), l’agente responsabile dell’AIDS (➞ vol.
2, fig. 27.38). L’azidotimidina è chimicamente correlata alla
timidina, di cui è un dideossi derivato privo del gruppo ossidrile al 3’; essa inibisce la moltiplicazione dei retrovirus
bloccando la sintesi dell’intermedio di DNA (retrotrascrizione) ed è largamente utilizzata nella lotta contro HIV. Nella
tabella 14.5 sono elencati altri analoghi di nucleosidi sviluppati per il trattamento di HIV. Quasi tutti gli analoghi di nucleosidi, o inibitori nucleosidi della trascrittasi inversa (Nucleoside
Reverse Transcriptase Inhibitos, NRTI), funzionano con lo stesso meccanismo, inibendo l’allungamento dell’acido nucleico virale a livello della polimerasi della cellula ospite. Poiché
queste sostanze interferiscono parzialmente anche con la replicazione degli acidi nucleici della cellula ospite, questi farmaci mostrano quasi sempre una certa tossicità per l’ospite.
Inoltre, molti di essi perdono, nel tempo, il loro potenziale antivirale a causa della comparsa di virus resistenti al farmaco
somministrato (➞ vol. 2, cap. 27.14). L’analogo nucleotidico cidofovir funziona nello stesso modo (tab. 20.5). Esistono diversi altri composti chimici che funzionano inibendo la polimerasi virale: la nevirapina, un inibitore non nucleosidico
della trascrittasi inversa che si lega direttamente all’enzima
e ne inibisce l’attività; l’acido fosfonoformico, che agisce
come un analogo del pirofosfato inorganico, inibendo il normale legame internucleotidico; la rifamicina, un antibiotico
che lega e inibisce la RNA polimerasi.
Una classe relativamente nuova di farmaci antivirali è
rappresentata dagli inibitori delle proteasi (Protease
Inhibitors, PI); essi sono particolarmente efficaci per il trattamento delle infezioni da HIV: prevengono l’infezione legandosi al sito attivo della proteasi di HIV, inibendo così il
processamento dei polipeptidi virali e la maturazione del
virus (➞ vol. 2, cap. 27.14 e par. 14.13).
Interferone
Gli interferoni sono sostanze antivirali prodotte da molte
cellule animali in risposta all’infezione di alcuni virus. Sono
proteine a basso peso molecolare (17 000 MW) che inibiscono la moltiplicazione virale nelle cellule normali inducendo la produzione di proteine antivirali. Gli interferoni
prodotti dalle cellule infettate si legano a specifici recettori sulle cellule adiacenti non infettate, promuovendo in
questo modo la sintesi di proteine antivirali la cui funzione è quella di prevenire la propagazione dell’infezione.
Esistono tre tipi di interferoni: l’IFN-a, prodotto dai leucociti; l’IFN-b, prodotto dai fibroblasti e l’IFN-g, prodotto
dalle cellule del sistema immunitario note come linfociti
(➞ vol. 2, cap. 24.10); tutti e tre sono degli efficaci inibitori virali. Essi sono stati scoperti nel corso di studi sull’interferenza virale, un fenomeno in cui l’infezione con un
dato virus interferisce con la successiva infezione da parte
di un altro virus, da qui il nome interferone. Si è osservato
che gli interferoni si formano non solo in risposta a particelle virali vitali, ma anche in presenza di particelle virali
inattivate con radiazioni o del solo acido nucleico virale.
L’interferone viene prodotto in quantità maggiore da cellule infettate con virus poco virulenti, mentre le cellule infettate con virus molto virulenti ne producono in quantità
14.11
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limitate. I virus virulenti, probabilmente, inibiscono la sintesi proteica cellulare prima che esso possa venir prodotto. L’interferone è anche indotto da una varietà di molecole di RNA a doppio filamento, sia naturali sia sintetiche.
Poiché le molecole di RNA a doppio filamento sono assenti
nelle cellule non infettate, ma si ritrovano, come forme replicative, in cellule infettate da virus a RNA, si ritiene che
esse possano essere utilizzate dalla cellula come segnale
dell’avvenuta infezione e, quindi, come stimolo per la produzione di interferone.
Gli interferoni non sono virus-specifici, ma sono ospite-specifici: l’interferone prodotto da un membro di una
specie riconosce recettori specifici soltanto sulle cellule della
stessa specie; quindi, l’interferone prodotto da un animale
in risposta, per esempio, al virus dell’influenza, inibisce la
replicazione di altri virus nella stessa specie, ma non ha
alcun effetto sulla moltiplicazione di qualsiasi virus in animali di specie diverse.
Gli interferoni rivestono grande interesse come sostanze
antivirali e anche come possibili agenti antitumorali. Sono
oggi disponibili e approvate diverse preparazioni di interferone ricombinante. Tuttavia, l’uso dell’interferone come agente chemioterapico non è molto diffuso, in quanto, per stimolare la produzione di proteine antivirali nelle cellule non
infettate, deve essere somministrato localmente ad alte concentrazioni. Quindi, l’utilità clinica di questi agenti antivirali dipende dalla nostra abilità di somministrare l’interferone
nell’ospite in aree limitate attraverso iniezioni o aerosol. In alternativa, lo stesso risultato può essere raggiunto con appropriati segnali che stimolano la produzione di interferone
(per esempio stimolazione con frammenti di acido nucleico
virale, virus non virulenti o perfino con acidi nucleici sintetici) dati alle cellule ospiti prima dell’infezione virale.
✓ 14.10 Verifica
I virus utilizzano il macchinario metabolico della cellula ospite
per moltiplicarsi. Tuttavia, è possibile interferire con molti enzimi
e processi virus-specifici, mediante l’uso di agenti chemioterapici, per inibire la replicazione virale. Tra gli agenti antivirali efficaci
nelle applicazioni cliniche sono annoverati gli analoghi di nucleosidi che funzionano inibendo le polimerasi virali. Alcuni altri
agenti, come gli inibitori delle proteasi, interferiscono con le fasi
della maturazione virale. Le cellule ospiti producono esse stesse
sostanze proteiche antivirali, dette interferoni, che bloccano la replicazione virale.
✓
Perché esistono così pochi agenti chemioterapici antivirali efficaci?
✓
Quali fasi del processo di maturazione virale sono inibite dagli
analoghi nucleosidici? Quali dagli inibitori delle proteasi?
Quali dagli interferoni?
14.11 Farmaci antimicotici
Come i virus, anche i funghi pongono dei problemi per
l’allestimento di un’efficace chemioterapia. Dal momento
chefanno parte degli Eucarioti, il loro macchinario metabolico è per lo più simile a quello delle cellule animali,
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uomo compreso; quindi, gli agenti chemioterapici attivi
sulle vie metaboliche dei funghi, spesso interferiscono con
le stesse vie nelle cellule ospiti, presentando una notevole
tossicità. Per questo motivo, molti farmaci antimicotici possono essere usati soltanto per applicazioni topiche (superficiali). Esistono, tuttavia, alcuni farmaci con una tossicità
selettiva per i funghi. I farmaci per il trattamento di infezioni da funghi stanno diventando sempre più importanti se consideriamo che questo tipo di infezioni è quello prevalente negli individui immunosoppressi (➞ vol. 2, capp.
27.14 e 28.7). Tratteremo qui in dettaglio la tossicità selettiva di diverse classi di composti chimici efficaci contro i
funghi.
Inibitori dell’ergosterolo
Due importanti gruppi di composti antimicotici agiscono
interagendo con l’ergosterolo o inibendo la sua sintesi (tab.
14.6). Nella maggior parte dei funghi, il colesterolo presente
nella membrana cellulare degli eucarioti superiori è sostituito dall’ergosterolo (➞ cap. 4.5). Il primo gruppo di sostanze antimicotiche comprende i polieni, una classe di antibiotici prodotta dalla specie Streptomyces. I polieni si legano all’ergosterolo, e tale legame interferisce con la funzionalità della membrana, causando, alla fine, alterazioni
della permeabilità di membrana e la morte cellulare (fig.
14.23). Un secondo gruppo di composti antimicotici comprende gli azoli e le allilamine, agenti che inibiscono selettivamente la biosintesi dell’ergosterolo e possiedono, quindi,
un’ampia attività antimicotica. Il trattamento con gli azoli
porta all’incapacità di produrre una membrana normale,
con danneggiamenti della membrana stessa e alterazione
di attività fondamentali ad essa associate, come il trasporto dei nutrienti. Anche le allilamine inibiscono la biosintesi dell’ergosterolo, ma sono utilizzate soltanto per via topica, poiché non sono facilmente assorbite dalle cellule e dai
tessuti animali.
Altri agenti antimicotici
Esiste un certo numero di altri farmaci antimicotici che interferiscono con specifiche funzioni e strutture dei funghi
(tab. 14.6). Per esempio, la maggior parte delle pareti cel-
TABELLA 14.6
Funzioni associate
alla membrana: i polieni
si legano all’ergosterolo
e distruggono l’integrità
della membrana
Sintesi della parete cellulare:
le polioxine inibiscono la sintesi
della chitina
Sintesi
dell’ergosterolo:
gli azoli e
le allilamine
ne inibiscono
la sintesi
Sintesi degli acidi nucleici:
la 5-fluorocitosina è
un analogo di nucleotide
che inibisce la sintesi
degli acidi nucleici
Formazione dei microtubuli:
la griseofulvina distrugge
l’aggregazione dei microtubuli
durante la mitosi
Figura 14.23 Bersagli di alcuni agenti chemioterapici antimicotici.
Dal momento che i funghi sono cellule eucariotiche, gli agenti antibatterici sono generalmente inefficaci.
lulari dei funghi contengono la chitina, un polimero della Nacetilglucosamina peculiare dei funghi e degli insetti (➞
vol. 2 , cap. 20.25). Numerose poliexine inibiscono la sintesi della parete cellulare interferendo con la biosintesi della
chitina. Tuttavia, nessuno di questi inibitori è utilizzato
nelle applicazioni cliniche, mentre trova un largo impiego
in agricoltura come fungicida. Altri farmaci inibiscono la
biosintesi del folato, interferiscono con la topologia del
DNA durante la replicazione, o, come la griseofulvina, distruggono i microtubuli durante la mitosi (➞ cap. 7.6).
L’analogo di base 5-fluorocitosina è un inibitore efficace della
sintesi degli acidi nucleici nei funghi. Alcuni farmaci antimicotici molto efficaci hanno anche altre applicazioni bio-
Farmaci antimicotici (fungicidi)
Categoria
Bersaglio
Esempi
Uso
Polieni
Analoghi degli acidi nucleici
Polioxine
Sintesi dell’ergosterolo
Sintesi del DNA
Sintesi della chitina
Azoli
Sintesi dell’ergosterolo
Allilamine
Sintesi dell’ergosterolo
Anfotericina B
5-Fluorocitosina
Polioxina A
Polioxina B
Fluconazolo
Itraconazolo
Ketoconazolo
Clotrimazolo
Miconazolo
Voriconazolo
Terbenafina
Orale
Orale
Agricolo
Agricolo
Orale
Orale
Orale
Topico
Topico
Orale
Orale
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logiche; per esempio, la vincristina, la vinblastina e il taxolo
hanno attività antitumorali.
Sfortunatamente, il prevedibile risultato dell’uso di farmaci antimicotici è la comparsa di popolazioni di funghi
resistenti e di “nuovi” funghi patogeni. Per esempio, specie di Candida, normalmente non patogene, possono causare malattie in individui che sono stati trattati con farmaci antifungini. Queste specie patogene di Candida resistenti
non sono trattabili con nessuno degli agenti antimicotici
normalmente usati.
Con l’aumentare dell’impiego di agenti chemioterapici, sia antibatterici sia antimicotici, aumenta la possibilità
di infezioni opportunistiche da funghi e la corrispondente
necessità di specifici agenti antimicotici.
14.12
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dovuta a diverse cause. (1) Nell’organismo è assente il bersaglio su cui agisce l’antibiotico; per esempio, alcuni batteri, come i micoplasmi, non sono dotati di parete e sono,
quindi, resistenti alle penicilline. (2) L’organismo potrebbe
essere impermeabile all’antibiotico; per esempio, la maggior parte dei batteri Gram-negativi sono resistenti alla penicillina G. (3) L’organismo potrebbe essere in grado di alterare la molecola dell’antibiotico rendendolo inattivo;
molti stafilococchi producono la b-lattamasi che taglia l’anello b-lattamico della maggior parte delle penicilline (fig.
14.24). (4) L’organismo potrebbe modificare il bersaglio dell’antibiotico. (5) Delle mutazioni genetiche potrebbero alterare la via metabolica che viene bloccata da un antibiotico; in questo modo l’organismo sviluppa una via biochi-
✓ 14.11 Verifica
Gli agenti antimicotici ricadono all’interno di un’ampia varietà di
categorie chimiche. Come nel caso dei virus, è difficile ottenere
una tossicità specifica; tuttavia, esiste un certo numero di agenti
chemioterapici efficaci. Il trattamento delle infezioni da funghi è
un problema emergente di sanità pubblica.
✓
Perché esistono così pochi antibiotici antimicotici efficaci nelle
applicazioni cliniche?
✓
Quali fattori contribuiscono all’insorgenza di nuove infezioni da funghi?
NH
H
N
H2NC
NH
HO
H
N
CNH2
OH
OH
O
O
H3C CHO
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ANTIMICROBICI E RICERCA
D I N U O V I FA R M A C I
La resistenza ai farmaci antimicrobici è uno dei problemi
più gravi che si presentano con molti dei comuni microrganismi patogeni. Qui analizzeremo alcuni dei motivi per
cui si osserva resistenza ai farmaci e presenteremo alcune
possibili strategie per superarla.
Streptomicina
HO
O
O
HO
H3C
HN
OH
RNH
Fosforilazione
Adenilazione
O
S
N
14.12 Resistenza ai farmaci antimicrobici
CH3
CH3
COOH
Penicillina
β-lattamasi
La resistenza ai farmaci antimicrobici è definita come la
capacità acquisita di un organismo di resistere agli effetti
di un agente chemioterapico al quale è normalmente suscettibile. La maggior parte delle resistenze coinvolgono
geni di resistenza che sono trasferiti attraverso scambi genetici. Per proteggere se stessi, i microrganismi che producono antibiotici sviluppano dei meccanismi di resistenza per
neutralizzare e distruggere i propri antibiotici; i geni che
codificano prodotti coinvolti in questi meccanismi di resistenza possono, occasionalmente, essere trasferiti a un altro
organismo.
Meccanismi di resistenza
Non tutti gli antibiotici sono attivi contro tutti i microrganismi. Alcuni microrganismi sono naturalmente resistenti
ad alcuni antibiotici. La resistenza intrinseca può essere
O
C CHCl2
H
H N H
O2N
C C
C
OH
HO H H
Cloramfenicolo
Acetilazione
Figura 14.24 Siti di attacco sugli antibiotici degli enzimi codificati da
geni portati dai plasmidi R. Tra gli antibiotici aminoglicosidici correlati alla
streptomicina, quelli con un gruppo aminico libero possono essere inattivati mediante N-acetilazione (si veda anche fig. 14.20).
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Tabella 14.7
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Meccanismi di resistenza dei batteri agli antibiotici
Meccanismo
di resistenza
Esempio
di antibiotico
Basi genetiche
della resistenza
Meccanismo
presente in:
Permeabilità ridotta
Penicilline
Cromosomale
Inattivazione dell’antibiotico
(p.e. penicillasi; enzimi
di modificazione come metilasi,
acetilasi, chinasi e altri)
Penicilline
Plasmidica e cromosomale
Cloramfenicolo
Plasmidica e cromosomale
Aminoglicosidi
Eritromicina
Rifamicina
Streptomicina
Norfloxacina
Plasmidica
Cromosomale
Sulfonamidi
Cromosomale
Tetracicline
Cloramfenicolo
Plasmidica
Cromosomale
Pseudomonas aeruginosa
Enterobatteri
Staphylococcus aureus
Enterobatteri
Neisseria gonorrhoeae
Staphylococcus aureus
Enterobatteri
Staphylococcus aureus
Staphylococcus aureus
Enterobatteri
Enterobatteri
Enterobatteri
Staphylococcus aureus
Enterobatteri
Staphylococcus aureus
Staphylococcus aureus
Bacillus subtilis
Alterazione del bersaglio
(p.e. RNA polimerasi, rifamicina;
ribosoma, eritromicina
e streptomicina; DNA girasi,
chinoloni)
Sviluppo di vie biochimiche
alternative
Efflusso
mica di resistenza. Per esempio, molti patogeni sviluppano resistenza ai farmaci sulfonamidici (si vedano par. 14.6
e fig. 14.16); le sulfonamidi inibiscono la produzione di
acido folico nei batteri, ma i batteri resistenti hanno modificato il proprio metabolismo in modo da poter assorbire
dall’ambiente l’acido folico preformato, annullando la necessità della via metabolica bloccata dal farmaco. (6)
L’organismo potrebbe essere in grado di trasportare all’esterno qualunque antibiotico entri nella cellula (efflusso).
Nella tabella 14.7 sono riportati alcuni esempi specifici di
resistenza batterica agli antibiotici.
Com’è già stato discusso nel capitolo 10.8, la resistenza agli antibiotici può essere codificata geneticamente dal
microrganismo a livello cromosomale, o a livello plasmidico dai cosiddetti plasmidi di resistenza (fattori R); specifici tipi di resistenza hanno normalmente una base genetica localizzata su uno dei due elementi (tab. 14.7). Proprio
a causa dell’ampia diffusione della resistenza agli antibiotici, è necessario che ogni batterio isolato da materiale
clinico venga analizzato per la sensibilità agli antibiotici
utilizzando il metodo della concentrazione minima inibente (Minimum Inhibitory Concentration, MIC) o il metodo della diffusione in agar (si vedano par. 14.4 e figg. 14.10
e 14.11). Alcuni dettagli per stabilire la sensibilità agli antibiotici di isolati clinici sono riportati nel capitolo 24.3
(vol. 2).
Meccanismo della resistenza mediata
dai plasmidi R
In laboratorio, è spesso possibile isolare, da colture sensibili a un antibiotico, delle cellule resistenti. La resistenza di
queste cellule è generalmente associata a mutazioni in geni
cromosomali. Al contrario, la maggior parte dei batteri resistenti isolati da pazienti contiene i geni di resistenza agli antibiotici sui plasmidi R. Il meccanismo biochimico della resistenza conferita dai plasmidi R è differente da quella con-
ferita da geni cromosomali. Nella maggior parte dei casi,
la resistenza mediata da geni cromosomali insorge a causa
di una modificazione del bersaglio dell’antibiotico (per esempio un ribosoma).
Al contrario, la resistenza determinata dai plasmidi R
è, in molti casi, associata a geni che codificano nuovi enzimi che inattivano l’antibiotico (fig. 14.24), oppure enzimi
che ne prevengono l’assunzione o che lo espellono attivamente. Per esempio, sono noti ceppi portatori di plasmidi
R che conferiscono resistenza a diversi antibiotici con una
struttura contenente unità aminoglicosidiche, quali la
streptomicina, la neomicina, la kanamicina e la spectinomicina; tale resistenza è dovuta alla produzione di enzimi
che modificano chimicamente questi composti aminoglicosidici, mediante fosforilazioni, acetilazioni o adenilazioni, con alterazione della molecola e perdita della sua attività. Nel caso della penicillina, la resistenza mediata dal
plasmide R è dovuta alla produzione di una penicillasi (blattamasi) che rompe l’anello b-lattamico. La resistenza al
cloramfenicolo mediata da un plasmide R è dovuta, invece, alla presenza di un enzima che determina l’acetilazione dell’antibiotico. La presenza, in un singolo plasmide R,
di geni che codificano diversi enzimi in grado di inattivare antibiotici differenti, fa sì che molti di essi possano conferire resistenze multiple agli antibiotici.
Origine dei plasmidi di resistenza
Sebbene non siano disponibili prove dirette sull’origine
dei plasmidi R che conferiscono una resistenza multipla
agli antibiotici, tuttavia, una serie di linee di evidenze indirette suggerisce che i plasmidi R esistessero ancor prima
dell’avvento degli antibiotici. L’ampio uso di antibiotici
non ha fatto altro che creare della condizioni selettive per
la diffusione dei plasmidi R portatori di uno o più geni di
resistenza (si veda il riquadro Il punto su... L’uso non medico
degli antibiotici). Per esempio, un ceppo di Escherichia coli,
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Il punto su...
N
14.12
■
R E S I S T E N Z A A I FA R M A C I A N T I M I C R O B I C I
■
419
L’uso non medico degli antibiotici
egli Stati Uniti e nei paesi sviluppati gli antibiotici sono molto usati, a
piccole dosi, al di fuori della pratica clinica,
come integratori nell’alimentazione degli animali, per stimolarne la crescita e accorciare
il tempo necessario per immetterli sul mercato. Per esempio, l’aggiunta di 25 milligrammi (mg) di penicillina ogni 500 grammi
(g) di mangime per polli fa risparmiare 900
milioni di kg di alimenti ogni anno, perché
porta a un incremento di peso molto più rapido. Si ritiene che gli antibiotici agiscano inibendo i microrganismi responsabili delle infezioni di bassa entità e riducendo le conseguenti infiammazioni intestinali dell’epitelio,
permettendo un assorbimento dei nutrienti
più efficace. Questa ipotesi è confermata
dagli studi sugli animali germ-free (privi di
germi), nei quali l’arricchimento degli alimenti
con antibiotici non accelera la crescita.
La presenza di bassi livelli di antibiotico
nei mangimi animali fa sì che, a causa della
costante esposizione agli antibiotici, si selezionino microrganismi resistenti. Studi biologico-molecolari su ceppi di Salmonella isolati da polli hanno dimostrato che la resistenza
a un dato antibiotico è rapidamente trasmessa, nell’intestino, a specie batteriche diverse
e perfino a batteri appartenenti a generi diversi. In un altro studio, oltre l’80% dei ceppi
di Salmonella isolati da carni in vendita nei
supermercati erano resistenti almeno a un
antibiotico, e i ceppi più resistenti avevano
acquisito almeno tre geni di resistenza. Studi
su microrganismi isolati da lavoratori nelle
aziende zootecniche, hanno dimostrato che
molti di questi individui avevano acquisito resistenza agli agenti antimicrobici utilizzati nei
mangimi. Da quanto riportato, appare chiaro
che l’uso degli antibiotici nell’alimentazione
degli animali amplia l’insieme di microrganismi resistenti agli antibiotici che possono infettare l’uomo.
Da un altro studio è emerso che alcuni
ceppi di Enterococcus faecacium, già resistenti alla maggior parte degli antibiotici,
hanno acquisito la resistenza al Synercid, un
farmaco relativamente nuovo usato nell’uomo per il trattamento selettivo delle infezioni
resistenti, a distanza di appena due anni dall’approvazione del farmaco da parte della
Federal Drug Administration. I ricercatori sospettano che i ceppi resistenti siano deriva-
congelato nel 1946, conteneva un plasmide con geni che
conferiscono la resistenza alla tetraciclina e alla streptomicina, sebbene questi antibiotici siano stati introdotti in
clinica soltanto molti anni dopo. È stata anche dimostrata l’esistenza di ceppi contenenti plasmidi R con geni per
la resistenza alle penicilline semisintetiche prima che queste fossero prodotte. Forse di significato ecologico perfino maggiore, è la presenza di plasmidi R che conferiscono resistenza agli antibiotici in alcuni batteri del suolo
Gram-negativi non patogeni; in questo caso, i plasmidi di
resistenza potrebbero dare vantaggi selettivi a quegli organismi che sono i maggiori produttori di antibiotici
(Streptomyces, Penicillium) e che sono comuni organismi
del suolo. Quindi, sembra che i plasmidi R non siano un
fenomeno recente, bensì esistessero nella popolazione microbica naturale prima ancora che venissero scoperti e
usati gli antibiotici in medicina e in agricoltura. Più tardi,
il vasto impiego degli antibiotici in campo medico e agricolo ha fornito le condizioni ideali per la loro diffusione.
Quindi, i plasmidi R sono la prevedibile conseguenza
della selezione naturale. Essi pongono dei limiti importanti al trattamento prolungato con un qualsiasi antibiotico usato come efficace agente chemioterapico.
ti da bestiame al quale è stato somministrato, negli ultimi venticinque anni, un analogo
del Synercid.
Studi a lungo termine su animali alimentati dapprima con mangimi addizionati di
antibiotici e poi sottoposti a una dieta priva di
antibiotici hanno dimostrato che i batteri resistenti agli antibiotici non scompaiono dall’intestino molto rapidamente. I geni di resistenza sono integrati in plasmidi stabili o nei
cromosomi della flora intestinale, e, in assenza di controselezione, sono mantenuti per
un certo tempo, anche in assenza di antibiotici nei mangimi. L’uso non medico degli antibiotici ha, quindi, rafforzato una semplice lezione di ecologia microbica: l’ambiente seleziona la specie che meglio si adatta ad esso.
Comunque, nella speranza di ridurre la diffusione della resistenza agli antibiotici in
Europa, alcuni paesi europei hanno proibito
l’aggiunta di antibiotici, utilizzati in clinica, nei
mangimi animali. L’Organizzazione Mondiale
della Sanità ha redatto un documento che
scoraggia l’uso di antibiotici nei mangimi; tuttavia, negli Stati Uniti si continua ancora a
fare uso di grandi quantità di antibiotici negli
allevamenti di bovini, polli e suini.
Diffusione della resistenza ai farmaci
antimicrobici
L’uso inappropriato ed esagerato di farmaci antimicrobici
sta portando a un rapido sviluppo, nei microrganismi patogeni, di resistenze specifiche a tali sostanze. La scoperta
e l’impiego in clinica di molti antibiotici è andata di pari
passo con la comparsa di batteri resistenti alla loro azione.
Ci sono numerosi esempi di uso esagerato di antibiotici e
concomitante sviluppo di resistenza. Nella figura 14.25a è
illustrata la correlazione fra le tonnellate di antibiotici usati
e la percentuale di batteri resistenti a ogni antibiotico.
I farmaci prescritti per il trattamento di una particolare infezione vengono cambiati sempre più frequentemente
a causa dell’aumentata resistenza sviluppata dai microrganismi patogeni. Un esempio classico è lo sviluppo di resistenza alla penicillina da parte di Neisseria gonorrhoeae, il
batterio responsabile della gonnorrea (fig. 14.25b). Oggi la
penicillina non è più usata per il trattamento della gonorrea, poiché una larga percentuale di isolati clinici produce
la b-lattamasi ed è resistente all’antibiotico. Tutti i ceppi resistenti si sono sviluppati a partire dal 1980. L’attuale farmaco d’elezione è il ceftriaxone, ma, per limitare gli effetti
dei geni di resistenza che rapidamente compaiono (➞ vol.
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Ampicillina
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Tetraciclina
■
Sulfonamidi
Kanamicina
Streptomicina
Capitolo 14
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Acido nalidixico
■
Percentuale di ceppi fecali resistenti
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Gentamicina
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150
Uso dell’antibiotico (tonnellate)
(a)
Percentuale di ceppi fecali resistenti di N. gonorrhoeae
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9%
8%
7%
6%
5%
4%
3%
2%
1%
trattamento non sono corretti. Tutto questo è aggravato
dalla mancata collaborazione dei pazienti: infatti, molti di
essi non portano a termine la terapia, ma smettono di assumere i farmaci, soprattutto gli antibiotici, appena si sentono meglio. Per esempio, la comparsa di tubercolosi resistente alla isoniazide è collegata al fatto che spesso i pazienti non continuano la cura orale per il tempo stabilito
dalla prescrizione, che va dai sei fino ai nove mesi (➞ vol.
2, cap. 27.5). In questo modo, i patogeni virulenti sono soggetti a dosi subletali di antibiotico per un breve periodo di
tempo, favorendo la comparsa di organismi resistenti.
Proprio a causa dell’uso inappropriato e dell’assenza di monitoraggio della terapia antibiotica, quasi tutti i microrganismi patogeni hanno sviluppato resistenza ad alcuni agenti antimicrobici da quando è iniziata, negli anni cinquanta
del secolo XX, un’applicazione su vasta scala della chemioterapia antibatterica (fig. 14.26). La penicillina e i sulfamidici, i primi agenti chemioterapici di larga applicazione, oggi non sono più molto utilizzati poiché molti patogeni hanno acquisito resistenza verso di essi. Perfino gli organismi che sono ancora sensibili alla penicillina, come
Streptococcus pyogenes (il batterio responsabile delle placche
alla gola, della scarlattina e della febbre reumatica; ➞ vol.
2, cap. 27.2), necessitano oggi di dosi molto più elevate di
antibiotico per ottenere un trattamento efficace, rispetto a
una decina di anni fa.
Ci sono poi altri impieghi indiscriminati e non essenziali che contribuiscono alla comparsa di ceppi resistenti
agli antimicrobici. Per esempio, gli antibiotici sono usati in
zootecnia sia come additivi nell’alimentazione degli animali per favorirne la crescita, sia come misura profilattica
0%
1981
1983
1985
1987
1989
1980
1982
1984
1986
1988
1990
Anno
Acinetobacter sp.
Legenda:
(b)
Gram-negativi
Gram-positivi
Gram-positivi/
acido resistenti
Figura 14.25
Comparsa dei batteri resistenti agli antibiotici. (a)
Relazione tra uso di antibiotici e percentuale di batteri isolati da pazienti
affetti da diarrea resistenti all’antibiotico. Si noti come gli antibiotici maggiormente utilizzati, come indicato dalla quantità prodotta commercialmente, siano quelli per i quali i ceppi resistenti sono più frequenti. (b)
Percentuale di casi dichiarati di gonorrea provocata da ceppi resistenti
agli antibiotici. Il numero effettivo di casi resistenti riportato nel 1985 era
9000. Questo numero è salito a 59 000 nel 1990. Più del 95% dei casi resistenti riportati sono dovuti a ceppi di Neisseria gonorrhoeae che producono penicillasi. Dal 1990, a causa della comparsa di ceppi resistenti, la
penicillina è stata sconsigliata per il trattamento della gonorrea. (Fonte:
Centers for Disease Control, Atlanta, GA).
Enterococcus faecalis*
Streptococcus pneumoniae
Mycobacterium tuberculosis*
Haemophilus ducreyi
Salmonella typhi
Haemophilus influenzae
Neisseria gonorrhoeae
Pseudomonas aeruginosa*
Salmonella sp.
Shigella dysenteriae
Shigella sp.
2, cap. 27.12), è consigliabile modificare i protocolli terapeutici quasi tutti gli anni.
Numerose indagini fatte in tutto il mondo suggeriscono che gli antibiotici sono usati nella pratica clinica molto
più spesso di quanto sia necessario. I dati indicano che il
trattamento con antibiotici è giustificato per il 20% degli individui in cui è diagnosticata una malattia infettiva.
Tuttavia, gli antibiotici sono prescritti nell’80% dei casi; inoltre nel 50% dei casi le dosi raccomandate e la durata del
Altri batteri Gram-negativi
Staphylococcus aureus
1950
1960
1970
1980
1990
2000
Figura 14.26 Comparsa della resistenza agli antibiotici in alcuni patogeni umani. Il simbolo * indica che alcuni ceppi multiresistenti di questi organismi, non sono attualmente aggredibili con i farmaci antimicrobici noti.
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14.13
(per prevenire la comparsa di malattie piuttosto che per curare quelle in corso). Numerose epidemie di infezioni alimentari sono state attribuite all’uso di antibiotici nei mangimi per animali. Lo sviluppo di resistenze ai farmaci potrebbe essere il risultato di un sovraccarico di antibiotici nei
vari ambienti.
Per esempio, i fluorochinoloni sono stati utilizzati come
additivi alimentari e come agenti per la profilassi negli allevamenti soltanto per dieci anni, tuttavia è stato un impiego sufficiente a indurre la comparsa di ceppi di
Campylobacter jejuni resistenti al farmaco, probabilmente
per l’abitudine di trattare interi allevamenti di gallinacei
con fluorochinoloni allo scopo di prevenire malattie respiratorie. Gli allevatori di pollame e i produttori di farmaci si
stanno imponendo delle linee guida volontarie per controllare l’uso zootecnico di fluorochinoloni di seconda generazione allo scopo di prevenire la rapida comparsa di organismi resistenti. La resistenza ai farmaci può essere minimizzata se un dato agente chemioterapico è utilizzato soltanto per il trattamento di infezioni suscettibili ed è somministrato in dosi sufficientemente alte e per tempi sufficientemente lunghi da ridurre la popolazione microbica
prima che possano comparire dei mutanti. Il problema della
resistenza può essere eliminato con l’addestramento sia del
medico sia del paziente. Il fenomeno della resistenza può
anche essere minimizzato combinando due agenti chemioterapici non correlati, poiché è probabile che un ceppo mutante resistente a un antibiotico sia ancora sensibile all’altro.
Tuttavia, con l’aumentare della prevalenza di fattori R che
conferiscono resistenza multipla ai farmaci nei batteri patogeni, la terapia antibiotica multipla come utile stratagemma nella pratica clinica, si sta dimostrando sempre
meno attraente.
Alcuni dati suggeriscono che se l’utilizzo di un particolare antibiotico è interrotto, dopo un certo tempo non si
osserverà più la resistenza a quella sostanza. Quest’informazione implica che la resistenza possa essere reversibile e che
l’efficacia di alcuni antibiotici possa essere ristabilita sospendendone l’uso per un certo periodo di tempo, dopo il
quale la loro reintroduzione deve essere seguita attentamente con un piano di controllo per un uso accorto. Infine,
come discuteremo di seguito, vengono costantemente prodotti nuovi agenti chemioterapici utilizzando diversi metodi per scoprire e progettare nuovi farmaci.
✓
14.12 Verifica
Un importante effetto collaterale dell’uso di agenti chemioterapici antimicrobici è lo sviluppo di resistenza da parte dei microrganismi bersaglio. In molti casi, la resistenza è il risultato della selezione di geni di resistenza esistenti a causa dell’uso improprio
e indiscriminato del farmaco. Quindi, molti degli agenti antimicrobici rivelatisi di grande utilità nel passato, non risultano più
essere tali: qualche organismo ha sviluppato resistenze verso tutti
gli agenti antimicrobici noti, facendo temere un ritorno all’era
preantibiotica, quando le malattie infettive non potevano essere
trattate in alcun modo.
✓
Quali sono le ragioni per cui compare resistenza agli antibiotici?
■
L A R I C E R C A D I N U O V I FA R M A C I A N T I M I C R O B I C I
✓
■
421
Quali provvedimenti pratici dovrebbero essere presi per rallentare lo sviluppo della resistenza agli antibiotici?
14.13 La ricerca di nuovi farmaci
antimicrobici
Un uso moderato e corretto degli antibiotici è assolutamente
necessario per prolungare nel tempo l’utilità clinica di questi farmaci. Tuttavia, la soluzione di lungo termine alla resistenza sviluppata dai microrganismi patogeni è lo sviluppo di nuovi farmaci antimicrobici attraverso alcune tecniche specifiche, qui di seguito illustrate.
Nuovi analoghi di composti antimicrobici esistenti
La produzione di nuovi analoghi di composti antimicrobici esistenti è generalmente semplice ed efficiente, in larga
parte perché i nuovi composti, che sono dal punto di vista
strutturale imitazioni di sostanze già note, possiedono un
meccanismo d’azione prevedibile. In molti casi, si possono
cambiare dei parametri, quali la solubilità e l’affinità, introducendo delle modificazioni minime alla struttura chimica di un farmaco senza alterarne conformazioni fondamentali per la sua attività. Il nuovo composto potrebbe essere effettivamente più potente di quello di partenza, e poiché la resistenza è spesso basata sul riconoscimento di una
certa struttura, esso potrebbe evadere l’azione dei fattori di
resistenza. Per esempio, nella figura 14.22 è illustrata la
struttura base della tetraciclina e di due suoi derivati biologicamente attivi. Usando la tetraciclina come composto
guida, possono essere fatte sostituzioni chimiche sistematiche ai quattro siti del gruppo R, generando una serie, quasi
senza fine, di analoghi della tetraciclina. Utilizzando questa strategia di base, vengono sintetizzati e testati di routine nuovi antibiotici b-lattamici (si veda par. 14.8), nuovi
composti simili alla tetraciclina (par. 14.9) e nuovi analoghi
della vancomicina (fig. 14.12), che sono fino a 100 volte più
potenti dei composti di partenza.
L’applicazione di metodi chimici automatizzati e robotizzati per la scoperta di farmaci, ha aumentato incredibilmente la nostra capacità di generare rapidamente potenziali nuovi composti antimicrobici. I metodi automatizzati
robotizzati, noti come chimica combinatoriale, modificano, in
maniera sistematica, prodotti antimicrobici noti allo scopo
di generare un largo numero di nuovi analoghi. Per esempio, utilizzando la chimica combinatoriale e partendo dalla
tetraciclina come composto guida (fig. 14.22), possono essere usati cinque reagenti diversi per introdurre sostituzioni ai quattro differenti gruppi R. I siti sostituiti darebbero
5 x 5 x 5 x 5 (cinque derivati di ognuno dei quattro siti), o
725 derivati diversi della tetraciclina, utilizzando soltanto
cinque reagenti e tutto in poche ore! Questi composti possono, quindi, essere saggiati in vitro per verificarne l’attività biologica su organismi diversi, sempre utilizzando tecniche automatizzate. I processi di sintesi e di screening automatizzati hanno notevolmente ridotto il tempo con cui
vengono scoperti nuovi farmaci e aumentato di 10 volte o
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più il numero di nuovi candidati, per l’uso farmacologico,
identificati ogni anno.
Secondo le stime delle industrie farmaceutiche, devono
essere saggiati circa 7 milioni di possibili candidati per poter
identificarne uno utilizzabile come farmaco nella pratica
clinica. Come abbiamo appena discusso, questo processo
inizia con la sintesi, l’isolamento e lo screening di possibili
candidati. Lo screening comprende saggi in vitro normalmente usati per determinare la suscettibilità agli antibiotici (si veda par. 14.4); in seguito, i composti che si sono rivelati attivi in laboratorio, devono essere saggiati per l’efficacia e la tossicità in animali e infine nella sperimentazione clinica, sull’uomo. I saggi sugli animali richiedono, generalmente, diversi anni e fasi sperimentali multiple, per
assicurarsi che il farmaco in oggetto sia efficace e sicuro da
usare. Per queste stesse ragioni, le sperimentazioni cliniche
per ogni nuovo farmaco si protraggono per anni. La scoperta di un nuovo chemioterapico e il suo sviluppo richiedono generalmente dai 10 ai 25 anni prima che possa essere approvato per un uso clinico. Il costo di tutte queste fasi,
per ogni nuovo farmaco approvato, è stimato intorno ai 500
milioni di dollari.
Progettazione computerizzata di farmaci
Composti veramente nuovi sono molto più difficili da identificare rispetto agli analoghi di farmaci già esistenti; infatti, le nuove sostanze devono funzionare a livello di siti
unici nel metabolismo e nella biosintesi, o essere strutturalmente diversi dai composti esistenti per superare le resistenze già sviluppate. Per trovare questi nuovi composti, i possibili candidati dovevano essere isolati da fonti naturali e saggiati in maniera sistematica per l’attività antimicrobica. Tuttavia, i recenti progressi nella tecnologia grafica strutturale computerizzata permettono di disegnare
molecole in modo tale che interagiscano con strutture note
specifiche del microrganismo; quindi, oggi, la scoperta di
nuovi farmaci inizia al computer, dove possono essere creati rapidamente e saggiati per la capacità di legarsi al bersaglio e la tossicità, a costi relativamente bassi (➞ vol. 2,
cap. 31.4 e 27.8). Uno dei successi più importanti ottenuti
in questo modo è stato lo sviluppo del saquinavir, un inibitore della proteasi di HIV, che è utilizzato per rallentare
la moltiplicazione del virus negli individui infetti (fig.
14.27). La proteasi di HIV taglia un precursore proteico,
codificato dal virus, per produrre il capside maturo e attiva la trascrittasi inversa necessaria per la replicazione (➞
vol. 2, cap. 19.14). Il saquinavir è stato disegnato al computer in modo tale che si adattasse al sito attivo della proteasi di HIV, sulla base della struttura tridimensionale nota
del complesso proteasi-substrato. Esso è un analogo peptidico che sostituisce il precursore proteico di HIV, inibendo la maturazione del virus e rallentando la moltiplicazione virale nell’ospite. Per il trattamento dell’AIDS sono
in uso numerosi altri inibitori della proteasi virale, progettati al computer come appena illustrato per il saquinovir (tab. 14.5, fig. 14.27, ➞ vol. 2, cap. 27.38). Come dimostrato dall’esempio appena descritto, la progettazione al
computer basata su modelli molecolari e biochimici (“mo-
(a)
NH2
O
H
N
N
H
N
O
O
N
OH
O
NHC(CH3)2
Saquinavir
N
OH
H
N
N
O
NHC(CH3)2
OH
O
Indinavir
(b)
Figura 14.27 Farmaci antivirali generati utilizzando programmi di
creazione di modelli molecolari computerizzati (“molecular modelling”). (a)
Omodimero della proteasi di HIV. Le singole catene polipeptidiche sono
mostrate in verde e blu. Un peptide (giallo) è legato dal sito catalitico.
Questa proteasi taglia un precursore proteico di HIV, una tappa fondamentale per la maturazione del virus (➞ vol. 2, cap. 19.14). Il blocco del
sito della proteasi da parte del peptide inibisce il processamento del precursore e, quindi, la maturazione di HIV. Questa struttura è derivata dalle
informazioni presenti nella Banca Dati delle Proteine (Protein Data Bank),
(b) Questi farmaci anti-HIV sono analoghi peptidici disegnati dal computer per bloccare il sito attivo della proteasi di HIV. Le aree evidenziate in
arancione rappresentano le regioni analoghe ai legami peptidici. Il legame
di questi composti da parte della proteasi di HIV previene il processamento del precursore e la maturazione del virus. Questi sono composti
rappresentativi di una classe di sostanze terapeutiche note come inibitori della proteasi (PI). La concentrazione raggiunta nelle cellule infettate da
HIV, insieme con l’elevata affinità per la proteasi virale, li rende inibitori
competitivi molto potenti per i siti attivi dell’enzima tanto da bloccare il
processamento del precursore e la maturazione virale. Questi inibitori delle
proteasi sono largamente usati per il trattamento delle infezioni da HIV (si
veda tab. 14.5 e ➞ vol. 2, cap. 27.14).
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14.13
lecula modelling”) è un metodo pratico, rapido e relativamente poco costoso per disegnare nuovi farmaci antimicrobici.
■
L A R I C E R C A D I N U O V I FA R M A C I A N T I M I C R O B I C I
423
tempo ed è anche piuttosto costosa. La progettazione di un farmaco con programmi computerizzati è oggi un importante strumento per la ricerca di nuovi chemioterapici.
✓
Gli analoghi di farmaci già esistenti sono spesso sviluppati
per essere usati come composti antimicrobici di nuova generazione. Esponete i vantaggi e gli svantaggi di questa strategia per il trattamento di malattie infettive.
✓
Come può la progettazione computerizzata dei farmaci far
risparmiare tempo e denaro nella ricerca di nuovi composti
chemioterapici?
✓ 14.13 Verifica
Per risolvere il problema degli organismi resistenti ai farmaci e
incrementare l’efficacia del trattamento delle malattie infettive,
vengono costantemente ricercate e sviluppate nuove sostanze antimicrobiche. Tuttavia, questa è un’operazione che richiede molto
■
Domande
1. Perché il tempo di riduzione decimale (D) è importante
nella sterilizzazione? Come interferisce la presenza di endospore con la D?
2. Descrivete gli effetti a livello molecolare delle radiazioni
ionizzanti letali.
3. Quali sono i maggiori vantaggi dell’uso delle membrane
filtranti rispetto ai filtri a spessore?
4. Perché i filtri tipo nucleopore sono particolarmente utili
per la preparazione di campioni per microscopia?
5. Qual è la procedura da seguire per ottenere la minima
concentrazione inibente (MIC) per una sostanza chimica
con attività battericida per Escherichia coli?
6. Evidenziate le differenze tra l’attività dei disinfettanti e
quella degli antisettici. Perché i disinfettanti non possono
essere normalmente usati su tessuti viventi?
7. Gli analoghi dei fattori di crescita sono generalmente distinti dagli antibiotici da un singolo importante criterio.
Descrivetelo.
8. La maggior parte degli antibiotici sono prodotti soltanto da certi gruppi di organismi. È vera questa afferma-
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
zione? Quali sono i gruppi di organismi che producono
antibiotici?
Descrivete il meccanismo d’azione che caratterizza un antibiotico b-lattamico.
Descrivete almeno tre modi diversi attraverso i quali alcuni antibiotici inibiscono la sintesi proteica, indicando
per ognuno l’agente chemioterapico coinvolto.
Perché generalmente i farmaci antivirali mostrano tossicità
verso l’ospite?
Definite i bersagli specifici dei funghi che permettono di
usare agenti chemioterapici con tossicità selettiva per questi microrganismi.
Delineate i meccanismi principali della resistenza agli antibiotici
Qual è l’origine più lontana dei geni della resistenza nei
batteri?
Partendo da un dato composto, descrivete i metodi di chimica combinatoriale utilizzati per la produzione di nuovi
analoghi farmacologici.
Problemi
1. Rappresentate con un grafico i risultati che vi aspettereste
dalla determinazione del tempo di riduzione decimale di
un organismo molto sensibile al calore. Come sarebbe influenzato l’andamento del grafico se le cellule vegetative
fossero sensibili al calore, ma l’organismo formasse delle
endospore ad esso resistenti?
2. Quali sono i potenziali svantaggi dell’uso delle radiazioni per la conservazione degli alimenti? Ritenete che questi svantaggi si possano rivelare un pericolo per la salute?
Perché? Che distinzione fareste tra alimenti danneggiati
dalle radiazioni e alimenti contaminati da radiazioni?
3. La filtrazione è un mezzo soddisfacente di pastorizzazione di alcuni liquidi. Progettate un sistema di filtrazione
per la pastorizzazione di un liquido sensibile al calore.
Perché si dovrebbe preferire tale sistema rispetto al sistema di pastorizzazione con calore?
4. Progettate un esperimento che vi permetta di distinguere
tra un agente citocida e uno citostatico. Potete usare il sag-
gio della concentrazione minima inibente (MIC) nei vostri esperimenti? Spiegate.
5. Quali saggi eseguireste per decidere se un agente chimico può essere usato come antisettico? E come disinfettante? Alcune sostanze chimiche sono utilizzate per entrambi gli scopi. Descrivete le proprietà di questi composti e
fate alcuni esempi.
6. Sebbene gli analoghi dei fattori di crescita possano inibire il metabolismo microbico, soltanto pochi di questi
agenti sono usati nella pratica. Molti potenziali agenti,
e alcuni di largo impiego come l’azidotimidina (si veda
tab. 14.5), mostrano una tossicità significativa per l’ospite. Descrivete un analogo di fattore di crescita che sia
efficace e abbia una bassa tossicità per le cellule ospiti.
Perché la tossicità dell’agente che avete scelto è bassa?
Descrivete anche un analogo di fattore di crescita che
sia efficace contro una data malattia infettiva ma sia tossico per le cellule ospiti. Perché un agente tossico come
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Capitolo 14
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C O N T R O L L O D E L L A C R E S C I TA M I C R O B I C A
l’AZT potrebbe essere ancora usato in certe situazioni
per trattare malattie infettive? Quali precauzioni prendereste per limitare gli effetti tossici di tale farmaco e
massimizzarne l’efficacia terapeutica? Spiegate le vostre
risposte.
7. Meno dell’1% di tutti gli antibiotici conosciuti ha valore
pratico o per la ricerca o in campo clinico. Indicate il motivo di questa affermazione. Pensate che sia importante
espandere e continuare le ricerche per scoprire nuovi antibiotici? Quali alternative disponibili ci sono, o ci potrebbero essere, all’uso degli antibiotici per il trattamento
delle malattie infettive nell’uomo?
8. Progettate un esperimento che vi permetta di determinare se un microrganismo possa produrre un nuovo antibiotico. Quale gruppo o gruppi di microrganismi scegliereste? Dove potreste trovare e isolare questi organismi in
un ambiente naturale? Quali vantaggi fornirebbe in natura, a questi organismi, la produzione di un antibiotico?
Quali metodi in vitro usereste per saggiare l’efficacia del
potenziale nuovo antibiotico? (Si consiglia di consultare
vol. 2, capp. 17.24 e 31.5).
9. Sebbene gli antibiotici b-lattamici dimostrino una chiara
tossicità selettiva per i Batteri, molti di questi sono naturalmente resistenti ai loro effetti. Senza considerare i geni
di resistenza batterici, spiegate perché i batteri Gram-negativi sono resistenti agli effetti della maggior parte degli
antibiotici b-lattamici, ma non a tutti. Spiegate anche per-
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ISBN 88-408-1259-8
ché alcuni antibiotici b-lattamici sono utili contro questi
organismi.
Quali potenziali vantaggi potrebbero avere le aminoglicosidi, i macrolidi e le tetracicline rispetto alla penicillina
G in chemioterapia? Spiegate.
Elencate le caratteristiche di un farmaco antivirale ideale
con particolare riguardo alla tossicità selettiva. Esiste un
farmaco di questo tipo? Quali fattori potrebbero limitarne l’uso?
Come i virus, i funghi presentano problemi chemioterapeutici speciali. Spiegate i problemi inerenti alla chemioterapia per entrambi i gruppi ed esprimete un vostro parere sulle precedenti affermazioni. Fate esempi
specifici e suggerite almeno un gruppo di agenti chemioterapici che potrebbero funzionare su entrambi i tipi
di infezione.
Spiegate le basi genetiche della resistenza acquisita agli
antibiotici b-lattamici in Staphylococcus aureus. Progettate
una serie di esperimenti per annullare la resistenza agli
antibiotici b-lattamici. Ritenete che questo sia fattibile? Il
vostro esperimento può essere applicato “sul campo” per
selezionare negativamente gli organismi resistenti agli antibiotici? Spiegate.
Disegnate un farmaco che inibisca l’attività della proteasi di HIV basandovi sulla struttura mostrata nella figura
14.27. Come base di partenza, pensate a un meccanismo diverso dalla competizione per il sito attivo dell’enzima.