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n° 341 - luglio 2009
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Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n.1 - 50131 Firenze - www.fondazione-menarini.it
L’interpretazione tropicale del Déco
Il lungo percorso di un gusto: dall’Europa uscita dalla prima
guerra mondiale alle spiagge statunitensi degli anni quaranta
Parlare di Art Déco significa fare riferimento
a quell’evoluzione di gusto modellata sul movimento Art Nouveau,
che si sviluppa nel primo
dopoguerra in Europa,
rivolta al rinnovamento
delle arti applicate, dove
per Art Nouveau si intende quel fenomeno artistico europeo nel significato più ampio del
termine, cioè quello che
comprende tutte le varie interpretazioni locali: come Floreale o Liberty in Italia, Jugendstil in Germania, Modern Style in Gran Bretagna, Sezessionstil in
Austria e così via. Presentandosi come una trasformazione di questo
movimento, e non come
un evento a sé stante,
subisce un processo di
valutazione sulla propria ed effettiva realtà
di “stile”: si tende, infatti, a considerarlo non
come un’avanguardia,
ma una tendenza estetica destinata alla produzione di oggetti d’uso
e di arredamento che solo
in un secondo tempo riesce a estendere il raggio di influenza anche
alle cosiddette “arti maggiori” come l’architettura.
La distinzione e la riconoscibilità dell’Art Déco
è generalmente associata
all’Exposition Internationale des Arts Décoratifs et
Industriels Modernes di
Parigi del 1925, da cui
prende il nome. In realtà il nuovo gusto aveva
cominciato a delinearsi
già negli anni precedenti
tanto che per questo è
chiamato anche stile
“Anni Venti”, ma non
era concretamente stato
ancora riconosciuto e
non possedeva una vera
e propria identità. Oggi,
nonostante non sia considerata una corrente illustre o un movimento
d’avanguardia, ma semplicemente un adattamento dell’Art Nouveau
alle trasformazioni postbelliche, la si può anche considerare come il
volto degli anni Venti.
Agli inizi l’Art Déco si
rivolge essenzialmente
alla creazione di oggetti
di lusso, sia per inclinazione stilistica sia per
la scelta dei materiali,
con una progettazione
non certo destinata alla
produzione industriale,
ma piuttosto alla realizzazione del cosiddetto
“pezzo unico”. Una produzione esclusiva, dedicata alle classi più abbienti nel periodo difficile del dopoguerra che
però conquista anche le
classi medie, piccolo borghesi se non addirittura
popolari, diffondendo
rapidamente il proprio
formulario di immagini
che, grazie anche alle
linee estremamente semplificate, consentono paradossalmente una fa-
a sinistra: Victor Horta: Casa Tassel - Bruxelles
a destra: Medical School, Richmond
cile riproduzione seriale.
È un processo di trasformazione che inizia nel
primo dopoguerra: in
un momento di disorientamento si rielaborano le linee del precedente periodo e questo
procedimento si orienta
verso una semplificazione, una ripulitura
del preesistente, un graduale ritorno all’ordine
con il tratto che si fa più
rigido e simmetrico sì
da trovare maggior rigore e raffinatezza. La
caratteristica formale
prevalente è l’uso della
linea, tracciata a formare un percorso continuo che concretizza e
fregia l’immagine; in
contrasto con l’Art Nouveau, questa linea non
è morbida e fluida, ma
spigolosa e netta che si
sviluppa nel motivo a
zig-zag o della greca.
La scelta dei colori si sof-
Lee Lawrie: Wisdom, part. ingresso RCA Building,
Rockefeller Center, New York City
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ferma sul nero e sull’oro
e i disegni in generale,
come le figure maschili
e femminili o di animali
e fiori si fanno più stilizzate e appiattite. Archi, colonne, capitelli,
motivi romani, greci ed
egizi sono ristudiati e
trovano nelle decorazioni nuove posizioni e
simmetrie. I materiali
sono frequentemente insoliti, lucidi e levigati
con la preferenza per l’acciaio, l’alluminio, la lacca,
il legno intarsiato, l’avorio, la pelle di squalo e
di serpente.
Gradatamente l’Art Déco
si diffonde in tutta Europa, dai paesi del Nord
a quelli affacciati sul Mediterraneo, comprese le
coste nordafricane, in
pratica tutti quei luoghi in cui l’influenza
della cultura occidentale tendenzialmente
ha facilità alla diffusione,
così che si verifica
un’espansione capillare
del nuovo gusto che di
volta in volta, come nel
caso dell’Art Nouveau,
si fonde col colore lo-
cale.
Un discorso a parte merita la divulgazione del
Déco negli Stati Uniti.
La propensione statunitense verso un pionierismo spinto fino allo
sperimentalismo e sempre legato al pragmatismo, per cui form follows
function, accoglie le novità dall’Europa apportando proprie e importanti modifiche a partire da un’ulteriore semplificazione in nome del
rigore lineare e geometrico. In America, già
culla del tecnicismo e
dell’industrializzazione
che gestisce i nuovi materiali come l’acciaio e
il vetro, le nuove linee
che arrivano dall’Europa
si modellano intorno a
questo diverso approccio intraprendendo un
percorso autonomo. Oltreoceano il Déco acquista subito un’indipendenza espressiva perché
viene applicato su un
modello tipicamente
americano: la costruzione dei grattacieli, tipologia che viene uti-
Essex House - Miami Beach, Florida
lizzata in larga scala con
la creazioni di originali
contesti urbani; si inserisce, per esempio, nel
particolare sviluppo di
Manhattan sulle linee
dei grattacieli della scuola
di Chicago e quindi su
esempi squisitamente
locali che poco hanno a
che fare con quelli europei. Tra le altre contaminazioni, una molto
particolare è quella che
negli anni Trenta si
chiama Streamline Moderne: una declinazione
stilistica prettamente
americana influenzata
dagli studi sull’aerodinamica in tutti quei settori che si avvalgono dell’alta velocità, dall’aeronautica alla balistica.
Lo Streamline, caratterizzato da un andamento
orizzontale e curvo, si
contrappone al movimento ascensionale del
Déco legato al verticalismo dei grattacieli riuscendo ad ammorbidirne
le forme arrotondandole,
ridisegnando gli oggetti
come se fossero modellati dal vento: le linee
William van Alen: Chrysler Building
New York City
Albert Anis: Abbey Hotel - Miami Beach, Florida
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ricordano le onde del
mare e gli edifici assumono un aspetto che ricorda quello delle navi.
Il Déco americano, oltre che esprimersi in notevoli esempi di grattacieli, dà vita a una particolarissima interpretazione locale tale da fargli meritare anche un
nome specifico: il Tropical Déco delle zone
costiere della California, ma più specificamente della Florida.
Tropical Déco è, infatti,
il nome attribuito a un
certo tipo di architettura con una particolare fisionomia, una specifica collocazione geografica e compresa in
un preciso intervallo di
tempo, fisionomia legata alle caratteristiche
delle zone calde e marine e a un tipo di edilizia legata allo svago e
al riposo. Si tratta di un
altro aspetto del Déco
americano, una versione
che si sviluppa fino agli
anni Quaranta e qualifica alcune città marine
delle coste statunitensi.
L’esempio di Miami Beach è quello sicuramente
più rappresentativo, perché il più complesso e
il meglio conservato nella
sua integrità. Nella seconda metà degli anni
Settanta si è rivolta l’attenzione verso questo
quartiere di Miami e ne
è stato riconosciuto l’interesse storico e artistico
e per la conservazione è
anche sorta una lega per
la tutela, la Miami Design Preservation League,
che grazie all’ottenimento
di agevolazioni ha potuto investire per il recupero e la manutenzione.
L’aspetto di questo particolare quartiere è le-
Henry Hohauser: sopra, Collins Park Hotel - Miami Beach
a lato in alto, Century Hotel - Miami Beach
a lato in basso, Hotel Taft - Miami Beach
gato alla ricostruzione
in seguito all’uragano
del 1926 che distrusse
la maggior parte degli
edifici della striscia costiera di Miami Beach.
Il cosiddetto Déco District è distribuito lungo
la via principale, la Ocean
Drive, e in alcune strade
circostanti ed è costituito principalmente
da alberghi o case di appartamenti; la particolare riuscita del quartiere sta probabilmente
anche nel fatto che sia
stato realizzato in un
intervallo di tempo piuttosto contenuto e per
opera di pochi architetti
come Henry Hohauser
o Morris Lapidus.
Gli edifici preesistenti
di sapore spagnoleggiante
sono stati poco rispettati nell’elaborare l’inserimento dello stile europeo. L’interpretazione
americana e “tropicale”
del Déco è altamente scenografica, tra il fiabesco e il surreale, aiutata
da un ricercato decorativismo e da un’illuminazione dagli effetti teatrali, fino a una personalizzazione tra il kitsch
e il folkloristico. D’altra parte la Florida e
Miami sono i sinonimi
di mare, riposo e vacanza
che si volevano rappresentare ai turisti che giungevano dal nord.
Sono gli apparati ornamentali, principalmente,
che esprimono le caratteristiche di questa particolare inflessione stilistica: bordi, fregi, cornici che dall’ispirazione
Déco di partenza si spostano verso un repertorio formale che si ispira
al mondo marino, alla
flora e alla fauna locale;
esuberanti decorazioni
che accolgono i suggerimenti di una natura
rigogliosa per foggiare
capitelli a forma di ananas, fenicotteri rosa nei
fregi fino a interi edifici che ricordano transatlantici insabbiati. Se
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Ocean Drive - Miami Beach, Florida
il Déco europeo voleva
esprimere una nuova sobrietà certamente non
ha trovato appoggio nei
progettisti di oltreoceano;
infatti, qui niente risulta
sobrio persino dal punto
di vista cromatico, le
forme, infatti, sono rivestite da intonaci color pastello, che anche
se oggi non sempre corrispondono agli originali, si alternano per creare
quell’atmosfera surreale
caratteristica del quartiere, atmosfera che di
notte si accende amplificandosi in una festa di
neon e luci colorate. Ciò
che trasmette non è certo
un ritorno all’ordine e
all’austerità di un clima
postbellico, ma l’allegria e la spensieratezza
del clima tropicale e vacanziero a sottolineare
il contrasto tra la luminosità e la spensieratezza
della perenne estate locale con le nebbiose e
grigie città del nord.
francesca bardi
dall’alto, MacArthur Hotel part. decorativo
Robert Swartburg: Abbey Hotel part. decorativo
Ramon Chatov: murale - Colony Hotel