Publish or Perish Cause e conseguenze di un paradigma

Transcript

Publish or Perish Cause e conseguenze di un paradigma
ISSN: 2038-7296
POLIS Working Papers
[Online]
Istituto di Politiche Pubbliche e Scelte Collettive – POLIS
Institute of Public Policy and Public Choice – POLIS
POLIS Working Papers n. 214
October 2014
Publish or Perish
Cause e conseguenze di un paradigma
Gloria Origgi, Giovanni B. Ramello and Francesco Silva
UNIVERSITA’ DEL PIEMONTE ORIENTALE “Amedeo Avogadro” ALESSANDRIA
Publish or Perish
Cause e conseguenze di un paradigma
Gloria Origgia, Giovanni B. Ramellob e Francesco Silvac
a
Institut Nicod, CNRS - Ecole Normale Supérieure
b
Università del Piemonte Orientale
c
Università di Milano Bicocca
Abstract: L'ingresso del mercato nel sistema di pubblicazione accademica
ha determinato nella ricerca contemporanea l'emergenza di incentivi che
l'avvicinano, nel modello di produzione, alle attività imprenditoriali
tradizionali. In particolare, la norma del publish or perish che dovrebbe
vegliare alla produzione di conoscenza, si interseca oggi con strategie
commerciali che alterano le scelte dei ricercatori, e, in un certo senso, gli
obbiettivi stessi della ricerca. Il presente saggio descrive le nuove forze in
gioco, le trasformazioni che sono già occorse e quelle future, cercando di
valutare i rischi del nuovo mercato della produzione accademica per lo
sviluppo della ricerca scientifica.
Keywords: publish or perish, riviste scientifiche, scholarly publishing,
bibliometria
JEL classification codes: Z11, D83, Z13, L80
1
1. Introduzione
Scrivere, pubblicare e diffondere nuove conoscenze rappresenta oggi una parte cruciale del
lavoro accademico. Tali attività che determinano nel loro complesso la selezione, la
codificazione e la diffusione del sapere scientifico si basano su un formato comune, quello
delle riviste peer-reviewed. Si tratta, in verità, di un formato antico e straordinariamente
resistente che, da tre secoli, si è affermato come lo standard di pubblicazione scientifica 1. Dal
1665, anno di pubblicazione da parte della Royal Society delle Philosophical Transactions, le
riviste peer-reviewed sono divenute il marchio della scienza, e sono a tutt’oggi percepite
come il modo migliore per assicurare credito e prestigio agli scienziati (Biagioli, 2003).
Questo sistema è l’esito di un lungo percorso storico soggetto ad influenze diverse, in parte
emerse spontaneamente all’interno della comunità scientifica e divenute poi norme sociali, in
parte esito di forse esterne alla scienza, soprattutto conseguenza del crescente influsso del
mercato che produce e governa larghe e crescenti fette dell’industria delle riviste
accademiche. Tale interazione, fondamentale non solo per capire le dinamiche industriali ma
anche i comportamenti individuali dei ricercatori e, in generale, la traiettoria della scienza
moderna, è talvolta trascurata dalla letteratura che studia questo ambito e che si focalizza su
aspetti puntuali non considerando la dinamica complessiva.
Il presente saggio prova a dare una rappresentazione degli elementi in gioco, di quali siano le
trasformazioni occorse e quali siano le possibili criticità della peculiare interazione tra scienza
e mercato nel settore delle pubblicazioni.
Il testo è organizzato come segue: la sezione 2 descrive i principali elementi caratterizzanti
del moderno scholarly publishing, mentre la sezione 3 mostra come la concorrenza nel
mercato delle riviste abbia conseguente nel orientare le scelte individuali. La sezione 4 discute
il ruolo degli indicatori bibliometrici e la sezione 5 sviluppa il discorso presentando l’ambiguo
ruolo dei ranking. Il tema delle interazioni tra gli elementi descritti e l’innovazione
tecnologica è l’oggetto della sezione mentre la sezione 6 conclude esaminando il possibile
impatto del sistema descritto su diversi contesti nazionali
1
Naturalmente vi sono anche i libri e una certa varianza tra discipline. Mentre ad esempio nelle scienze
l’articolo è da lungo tempo il principale strumento di pubblicazione, nelle scienze sociale la trasformazione è
avvenuta più di recente e nelle scienze umane i libre hanno ancora un rilievo. Tuttavia è possibile che vi sia un
deriva verso la sostituzione del libro con le riviste scientifiche che si riflette anche nelle scelte di allocazione del
budget delle biblioteche (Ramello, 2010).
2
2. Elementi caratterizzanti del sistema moderno di scholarly publishing
Una recente stima della produzione scientifica calcola che vi siano più di 50 milioni di articoli
scientifici in circolazione (Jinha, 2010) e tali dati seguono una crescita assai sostenuta.
L’incremento medio annuo dello stock tra il 1995 e il 2007 è stato +2,5%
(http://www.nsf.gov/statistics/seind10/c5/c5h.htm) e a titolo d’esempio, il numero stimato di
articoli pubblicati nel 2006 è stato di 1.350.000 su circa 23.750 riviste accademiche (Björk et
al., 2009).
Il modo in cui viene prodotto e trasmesso questo corpus di conoscenza, immenso e in rapida
espansione, è stato negli ultimi decenni rivoluzionato da una serie di importanti
trasformazioni tecno-sociali, quali:
1. I cambiamenti nelle dinamiche della ricerca basata sulla letteratura grazie alla rivoluzione
delle tecnologie di informazione e comunicazione.
2. I cambiamenti nel livello di interconnessione della letteratura scientifica, dovuta alla
modalità collaborativa di produzione del sapere tipica della "Big Science".
3. Le distorsioni nella rete di pubblicazioni create dall'introduzione dalle nuove misure
bibliometriche, quali ad esempio gli indici di citazione, l’impact factor e l’indice-H e i sistemi
di ranking.
4. Le nuove forme di controllo e accountability introdotte da governi e agenzie di
finanziamento sulla produzione di conoscenza scientifica e, in particolare, l'introduzione di
una cultura del controllo nei sistemi accademici nazionali (Amman 2013).
5. I nuovi modelli di business dell'editoria scientifica e la nuova cultura competitiva
"business-like", introdotta nel mondo accademico, comunemente definita dal motto publish or
perish.
Tutte queste nuove dinamiche hanno profondamente trasformato la vita scientifica e
condizionato in modi nuovi l'economia della produzione del sapere accademico. Hanno anche
messo in discussione la percezione comune della ricerca scientifica, soprattutto per quanto
rigurda i 3 ultimi punti laddove l’intersezione tra mercato e ricerca scientifica si è fatta più
evidente.
La scienza moderna assomiglia maggiormente a una attività imprenditoriale che ad un’attività
contemplativa e, in qualche modo disinteressata (Shapin 2008; Karpik, 2011). La ricerca
scientifica non è governata più o, almeno, non solo, da un insieme di specifiche norme che la
distinguono dalle altre attività produttive, come pensava Robert Merton (1942/73).
Oggi, la scienza è divenuta principalmente un'attività economica e competitiva che produce e
vende
la
conoscenza
attraverso
un
sistema
multiforme
di
incentivi.
Il 'pubblicare o perire', imperativo emerso spontaneamente all'interno della comunità
scientifica come norma sociale, ha successivamente influenzato altre organizzazioni come gli
istituti di ricerca e agenzie nazionali. Attualmente, l’editoria accademica è certo un canale
essenziale per partecipare attivamente al dibattito scientifico e per sostenere quelle università
invisibili dell'ambiente ricerca moderna, che si estendono ben oltre i confini degli istituti di
ricerca individuali, ma è anche la metrica per misurare la produttività dei ricercatori e delle
istituzioni nelle quali operano (Davis, 2009; Carrasco e Castrillo, 2013).
3
Assistiamo perciò allo stesso tempo a una serie di effetti previsti e inattesi di questi nuovi
modi di produzione della conoscenza che necessitano un esame più approfondito. Ad
esempio, la centralità del ‘paper’ come il formato di diffusione della conoscenza non dipende
dalla sua ottimalità come strumento di comunicazione di contenuti, né come un modo equo di
attribuzione del credito, date le patologie ben del sistema di attribuzioni agli autori, e che
varia a seconda della disciplina, e la possibilità tecnologica di avere formati alternativi.
Piuttosto, essa dipende sostanzialmente dalla sua centralità come unità molecolare di
conoscenza nei sistemi di citazione e nei modelli di business degli editori (Casati, Origgi
2011).
Questi effetti nel complesso dipendono dallo scontro tra le norme sociali emerse
spontaneamente nei sistemi accademici e le norme generate dall'adozione dei nuovi modi di
produzione di massa di conoscenza. In altri termini, le moderne dinamiche di produzione della
conoscenza sono penetrate in un sistema altamente idiosincratici che ha preso in prestito
caratteristiche dal mercato, ma presenta differenze profonde e specificità che sono radicate
nella cultura accademica. Un esempio lampante è la peculiare trasformazione del diritto
d'autore. Esso diviene non tanto un diritto di proprietà su un’espressione di un’idea, bensì la
ricompensa per aver partecipato – non sempre come autore-- all’avanzare della scienza,
ricompensa che viene distribuita principalmente attraverso benefici di reputazione in termini
di credito e di impatto, e che può essere accessoria per ottenere una beneficio in termini di
fondi per la ricerca o avanzamenti di carriera (Biagioli, 2003; Migheli & Ramello, 2014).
Inoltre, sebbene i sistemi di peer-review e di ranking delle riviste siano emersi
spontaneamente nella comunità scientifica, soprattutto sotto la spinta di forze non di mercato,
l'avvento dell'editoria commerciale basata essenzialmente sulla massimizzazione del profitto,
e la conseguente adozione di strategie per incrementare la redditività del settore, hanno
determinato una loro uso sempre più in chiave economica.
Se le attuali dinamiche del settore sono quindi la risultante di due forze distinte, ovvero le
norme che disciplinano le attività scientifiche dei ricercatori e gli incentivi posti dal mercato
delle riviste, la sovrapposizione e il feedback tra questi ambiti tendono ad offuscare il quadro
complessivo di cosa effettivamente sia il settore dell’editoria scientifica e di quale forze lo
governino.
3. Concorrenza, bundling e scelta individuale
La concorrenza tra idee sulla quale la scienza si basa è stata, almeno in parte, sostituita da
quella tra editori e riviste o ancora tra larghi cataloghi di riviste, secondo quella formula di
bundling conosciuta come 'Big Deal' (Popper, 1959; Edlin e Rubinfeld, 2004).
Allo stesso tempo, i sistemi di validazione e di valutazione, un tempo a servizio degli studiosi
e della comunità scientifica, oggi servono piuttosto a determinare il 'valore di mercato' delle
riviste e dei cataloghi. Tali sistemi sono divenuti infatti la metrica corrente per misurare
l’attrattività del singolo titolo e quindi la sua capacità di catturare l’attenzione degli studiosi, il
che è correlato con la rigidità della domanda per quella rivista. Ma anche in tal caso le
dinamiche non sono lineari. Ad esempio, la combinazione tra il bundling e il ruolo
dell’impact factor crea leve competitive che in sostanza alterano le scelte rispetto a un sistema
in cui ciascun giornale compete con gli altri del medesimo settore. Infatti, la rigidità della
domanda per alcuni titoli contenuti nei cataloghi diventa il volano per favorire la vendita di
tutto il catalogo. Ciò produce un beneficio per quelle riviste che da sole non verrebbero
acquistate, a scapito però di altre riviste che non possono beneficiare di una strategia analoga.
4
A titolo d’esempio se esiste una rivista A con domanda rigida e due altre, B e C, a domanda
più elastica ed equivalenti tra loro, quando interviene il bundling e B viene venduta con A, si
altera la concorrenza per effetto del sussidio in termini di prezzo generato da A rispetto a B;
ciò dunque fa’ acquistare una specifica rivista che in un mercato competitivo di riviste standalone potrebbe non essere scelta2. Se ciò ha sicuramente dei benefici sui profitti degli editori
che possono praticare il bundling, per essere socialmente efficiente richiederebbe una
trasformazione sostanziale e sinora non avvenuta del sistema attuale che è un “awkward
mishmash of stand-alone and bundling elements (Armstrong, 2009, p. 176).
Anche qui poi le abitudini e le norme sociali della comunità scientifica rischiano
ulteriormente di interferire e creare dinamiche peculiari. Infatti l’effetto è rinforzato
dall’impatto che il bundling ha sull’attenzione degli studiosi. Giacché gli indicatori
bibliometrici, di cui si parlerà più in dettaglio nel seguito, sono oggi usati come proxy per
definire l’importanza relativa di una rivista in un dato settore disciplinare e sono determinanti
nell’indirizzare le scelte dei ricercatori (Archambault & Lariviere, 2009), il loro ruolo produce
un ulteriore sussidio che si sposta dal piano economico anche a quello dell’attenzione: la
facilità di accesso ai titoli parte di un catalogo e la loro ‘buona compagnia’ con titoli più
blasonati ha l’effetto di rafforzare l’attenzione verso questi giornali ed avviare self-fulfilling
prophecies rispetto alla qualità attesa di tali riviste. In altri termini le riviste “top” creano
economie esterne di cui godono quelle legate allo stesso pacchetto.
Questa affermazione è verificata empiricamente. Migheli e Ramello (2014b) mostrano che in
un campione di 4 settori di scienze sociali in un periodo di 14 anni vi è stato un continuo
allargamento degli editori che operano in modo esteso la distribuzione di cataloghi di riviste a
scapito di quelli che distribuiscono pochi titoli e ciò vale egualmente se l’analisi considera
separatamente il segmento degli editori commerciali e quello degli editori accademici.
2
Come noto il bundling è una forma di discriminazione di prezzo che permette, anche nel caso dei cataloghi di
riviste, di abbassare il prezzo medio delle riviste contenute nel pacchetto (Armstrong, 2009).
5
Il settore industriale allargato conferma quanto poc’anzi descritto. Nonostante il quadro sia
abbastanza frastagliato ampliando l’obiettivo alla totalità delle discipline, nel complesso si
delinea un trend di concentrazione in cui un numero ristretto di operatori si contende larghe
fette del mercato in discipline diverse – un sorta di oligopolio multi-market -- e una
moltitudine di altri piccoli competitors occupa frange marginali per una o poche discipline.
Ciò d’altronde non è una novità in molti settori dei media, caratterizzati da una simile
dinamica (Nicita e Ramello, 2007).
4. Drowning by Numbers
Altre note distorsioni sono ancora determinate dal feedback tra mercato e scienza,
determinando a loro volta specifiche dinamiche. E’ il caso della produzione di paper
cosiddetti literature-driven che ha determinato un’inflazione di letteratura accademica e una
perdita della rilevanza globale delle singole pubblicazioni (Elster, 2011). In altre parole il
valore dei prodotti scientifici, che è il modo in cui si valuta la qualità, è oggi influenzato da
una serie di caratteristiche che non sempre si riferiscono direttamente alla reale rilevanza per
la ricerca e in sostanza l’inflazione degli articoli introdotti ha rafforzato il ruolo di quelli che
in retorica vengono definiti ‘strumenti stilistici’ e che in definitiva servono appunto a mediare
le scelte (Lanham, 2006; Karpik, 2011).
Ciò è dovuto alla sacralizzazione della bibliometria che da sistema “cartografico” per capire le
dinamiche delle citazioni (Garfield, 1989), è divenuta, nonostante le crescenti critiche 3, la
metrica per definire il valore anche dei contributi scientifici e dei loro autori (Christenson et
al., 1985). Paradossalmente la bibliometria ha determinato in buona parte lo spiazzamento del
sistema di peer-review: oggi pochi studiosi hanno il coraggio di contrapporre la propria
valutazione soggettiva di un articolo al valore ‘oggettivo’ conferitogli dal fatto di apparire in
un determinato giornale con un determinato impact factor. In molti paesi de facto la carriera è
sempre più determinata da questi parametri in buona parte esogeni alla comunità,
trasformando dunque il ruolo attivo dei valutatori in una sorta di passiva ratifica
amministrativa. Ciò naturalmente vuol dire che vi è un outsourcing della valutazione che si
trasferisce dall’interno della comunità e dei dipartimenti, alle società che compilano gli indici
bibliometrici e che divengono una sorta di agenzie di rating del mondo accademico.
Il sistema bibliometrico più noto è quello derivante dal Journal Citation Report (JCR) 4
inventato da Eugene Garfield semplicemente per studiare l’andamento delle citazioni in
scienza e per navigare con qualche criterio nel mare profondo delle pubblicazioni scientifiche
che aumentavano costantemente. Oggi il JCR e la sua applicazione più nota, il
precedentemente menzionato impact factor – commercializzati entrambi da ISI-Thomson -hanno assunto, nonostante le critiche anche del suo inventore, un ruolo totemico per asserire
l’importanza di riviste, autori e istituzione di ricerca (Garfield, 2006)5. In particolare l’impact
factor è diventato il “gold standard” del Sistema delle citazioni e a seguire del mondo della
ricerca (Ziman, 2001), non solo offrendo ex-post (ovvero per gli anni passati) una proxy che
3
Vedi ad esempio Seglen (1997).
Ref. http://thomsonreuters.com/journal-citation-reports/).
5
L'IF è un indice che riflette il numero medio di citazioni ricevute per ogni articolo pubblicato in una rivista nel
corso dei due a cinque anni precedenti per le riviste classificate nel Journal Citation Rapporto Thomson Reuters.
Ad esempio l'IF di una rivista per l'anno 2013 è un rapporto tra tutte le citazioni pubblicate su questo giornale nel
2011 e nel 2012 e il numero di articoli pubblicati su questo giornale nel 2011 e 2012.
4
6
viene usata per affermare l’influenza in un determinato campo di specifiche riviste, ma
divenendo ex-ante uno strumento per attrarre l’attenzione degli studiosi, secondo l’assai
discutibile paradigma che gli articoli futuri di una rivista siano della medesima qualità di
quelli passati.
Ciò però altera ulteriormente la concorrenza tra riviste giacché quelle con basso impact factor
o, peggio, non incluse nello JCR, diventano marginali senza o quasi possibilità di rivalsa.
Questo non è necessariamente l’esito naturale del processo concorrenziale tra riviste, quanto
piuttosto di una self-fulfilling prophecy che legittima con la retorica della concorrenza
qualcosa in realtà ben distante da essa.
Il potere degli indici bibliometrici è oggi diventato talmente importante che la concorrenza si
è in buona misura spostata su tale versante e a fianco dell’IF sono emersi altri indici.
L’Immediacy Index, sempre di ISI-Thomson, cerca ad esempio di catturare l’impatto di una
rivista per così dire just in time, calcolando il rapporto tra numero di citazioni ricevute dalla
rivista in un anno per il numero di articoli pubblicati in quell'anno nella rivista.
SCImago-Scopus ancora fornisce qualcosa di equivalente al fattore di impatto sulla sua
specifica (e diversa) lista di riviste6. E ancora l'H-index (Hirsch, 2005) e il Eigenfator sono
altri indicatori sempre più utilizzati per valutare la produttività della ricerca o la qualità 7 .
Ciascuno di essi, potenzialmente utile, presenta anche inconvenienti più evidenti se
trasformati da strumento di ausilio alla ricerca a metrica per la sua valutazione.
La prevalenza di un sistema o dell’altro se usato in modo esclusivo può determinare esiti per
lo più arbitrari. In un recente contributo Eisenberg e Wells (2014) comparando, ad esempio,
diversi ranking delle riviste di diritto, mostrano che la correlazione riguarda sostanzialmente
un ristretto numero di top journals – per conoscere i quali non vi sarebbe necessità di disporre
di ranking – mentre nessuna correlazione è presente per la restante maggior parte riviste
presenti nei ranking compilati dai diversi indici8.
5. I ranking ovvero dell’intimidazione matematica
Quanto sinora scritto introduce il tema dell’uso strumentale dei ranking che sono ormai
pervasivi della vita scientifica e accademica, nonostante i molti limiti e la parzialità dovuta ai
criteri di compilazione di cui si scriveva poc’anzi.
Ai limiti metodologici se ne aggiungono altri, come quelli che potremmo definire sociologici
e psicologici: ad esempio è ben noto le riviste generaliste ottengono in genere maggiori
citazioni di quelle specializzate; le citazioni degli articoli sono più elevate per quelle che
hanno un elevato numero di autori; e ancora, gli autori più affermati ottengono in media più
citazioni di quelli di pari qualità meno conosciuti, il noto Matthew-effect di Merton (1968).
Addirittura, vi sono evidenze che mostrano come articoli il cui cognome del primo (o unico)
autore sta’ nelle prime lettere dell’alfabeto ottenga sistematicamente più citazioni di quelli che
stanno nelle ultime9.
C'è poi una forte discrepanza tra le discipline che porta un’inedita fuga dei cervelli: ad
esempio, gli autori delle discipline con un impact factor più basso spesso ‘fuggono’ verso
riviste di altri settori con un range di impact factor più generoso. E naturalmente il sistema di
6
Ref. http://www.scimagojr.com/
Ref. http://www.eigenfactor.org/
8
Non a caso Eisenberg e Wells (2014) suggeriscono di usare tutte le misure per cercare di creare delle classi
(clusters) di qualità.
9
Per questo ed altri effetti psicologici si veda l’articolo di Huang (2014).
7
7
incentivi determina l’emergenza – razionale dal profilo economico – di un novero di
comportamenti strategici volti a massimizzare profitti, citazioni e simili (Hyland 2011) o a
frammentare un’idea in molti papers - il cosiddetto paper-slicing - al fine di aumentarne il
numero e le citazioni (Triggle e Triggle, 2007). Ciò converge d’altronde con quanto insegna
quella che in letteratura viene definita “legge di Campbell” (1976, p. 34): “Più un indicatore
sociale quantitativo è utilizzato per il social-decision making, più sarà soggetto a pressioni di
corruzione e più sarà adatto a distorcere e corrompere i processi sociali che doveva misurare”.
Distorsioni indesiderate si trovano anche nei sistemi di classificazione oggi utilizzati per
misurare e comparare il prestigio globale delle università come ad esempio il Shangai
Ranking, il Times Higher Education Supplement, il QS World University Ranking per citarne
i più noti.
Come è stato dimostrato, sono presenti in tutti questi sistemi effetti di ancoraggio, cioè gli
effetti della graduatoria delle università dell'anno precedente sulla classifica successivi,
mostrando che sono le classifiche a guidare la reputazione e non viceversa e in genere le new
entry sono svantaggiate (Bastedo 2011).
Inoltre, le unità di base da confrontare sono troppo eterogenee (Gladwell, 2011) e le diverse
temporalità tra la qualità e il prestigio non sono prese in considerazione, anche se tutti sanno
che un cambiamento di prestigio può richiedere molto tempo prima di essere riconosciuto in
queste classifiche (Podolny 2007). Per ovviare tali effetti in Francia 9 atenei di qualità, ma
troppo piccoli per rientrare nelle suddette classifiche hanno utilizzato un espediente
intelligente ma che ancora una volta ha molto a che fare con il marketing e nulla con la ricerca
scientifica. Usando le tecniche dell’umbrellla branding, questi atenei hanno creato negli anni
’90 un marchio comune, Paristech, da associare la proprio nome originale in modo tale
apparire un’unità omogenea, pur mantenendo un’attività sostanzialmente indipendente 10.
Le dinamiche elencate rappresentano solo un piccolo campionario della somma di effetti,
intenzionali e involontari che oggi caratterizzano lo scholarly publishing e dintorni. Non vi è
di per sé nessun connotato morale nell’evidenziare tale complessità, ma la consapevolezza di
come funziona il nuovo sistema produttivo, di come può essere sfruttato dagli utenti o
influenzato da caratteristiche strutturali. La competenza di tali meccanismi è oggi un
ingrediente importante delle capacità che un ricercatore deve acquisite, che deve essere
compresa e adeguatamente gestita, al di là di qualsiasi facile, anche se banale e arida, reazione
paranoica, al fine di promuovere l'efficienza del sistema dell’editoria scolastica.
Tuttavia esistono dei dubbi rispetto alla totale sacralizzazione di un sistema basato
esclusivamente su queste misure. Infatti i numeri portano con se un rischio, quello di tradurre
in oggettivabile e ordinabile qualcosa che è basato su assunti e metodi assai deboli e parziali,
con l’esito di produrre quella che è stata definita l’intimidazione matematica (Ewing, 2011).
In altri termini il meritevole tentativo di fornire uno strumento ausiliario alla valutazione e
alla scelta attraverso indicatori di qualche tipo, viene spesso tradotto in una formidabile arma
retorica che, se opportunamente maneggiata, serve a perseguire e legittimare posizioni
particolaristiche ovvero diventa “una credenziale intellettuale per convincere il pubblico che
un’idea o un processo sono “oggettivi” e dunque migliore di qualsiasi altra idea concorrente”
(Ewing, 2011, p. 667). Ciò però con la concorrenza e l’efficienza che ne dovrebbe derivare
non hanno nessuna parentela.
10 Ref.
http://www.paristech.fr/index.php/fre/A-propos-de-ParisTech/Historique
8
6. Innovazione tecnologica: Open Access e oltre
La letteratura antitrust estende il concetto di concorrenza anche all’apertura di nuovi mercati,
allo sviluppi di nuovi prodotto o di nuovi processi produttivi (Neumann, 2001). Da questo
profilo le rigidità prodotte dal sistema vigente della pubblicazione accademica spiega anche la
sua inerzia che sinora ha limitato la capacità di cogliere alcune delle opportunità produttive
portate dal cambiamento tecnologico.
Tra queste il caso più interessante è fornito dalla disruptive innovation portata dall’Open
Access che permette di abbattere da un lato i costi di gestione e produzione delle riviste e
dall’altro di massimizzare i loro lettori sfruttando in sostanza le tecnologie digitali e Internet
(Willinsky, 2009). Oggi produrre e distribuire una rivista scientifica è divenuta un’attività
assai meno costosa di un tempo grazie all’ausilio di software di gestione editoriali e grazie
alla distribuzione capillare che internet permette (Cavaleri et al., 2009). In particolare il
vantaggio principale delle riviste OA non è tanto quello di abbattere i costi di produzione,
stampa e distribuzione -- benefici per inciso accessibili anche alle riviste tradizionali -- quanto
quello di permettere la sostituzione del modello sinora basato sull’esclusione via prezzo per
finanziare i costi, con un modello “aperto” che, grazie a costi marginali nulli e costi di
produzione più bassi, permette di riportare l’informazione scientifica nell’ambito dei beni
pubblici, beneficiando di un potenziale di diffusione che non è possibile per le riviste
tradizionali (Willinsky, 2009).
Anche qui, tuttavia, ragioni varie talvolta interferiscono sino a rendere il cambiamento lento e
incerto. La chiave di lettura è fornita dall’economia dell’innovazione che ha mostrato come il
modo in cui la società riceve e interpreta le innovazioni dipenda molto dagli utenti e
dall'ambiente in cui sono inserite. La domanda – e quindi nuovamente il contesto
‘sociologico’ dell’accademia – è cruciale nel determinare le scelte, cosicché i risultati possono
essere path-dependent e vincolati a inerzie pre-esistenti , che possono ostacolare di una scelta
ottimale (Arthur 1989). In altri termini la ‘capacità di assorbimento’ non dipende solo dal
mercato, ma anche dal contesto istituzionale e dagli attori coinvolti (Cohen and Levinthal
1990).
Nel caso delle pubblicazioni scientifiche, il cambiamento tecnologico si scontra ancora una
volta con l’interferenza di isteresi comportamentali che in definitiva rimandano alle norme
sociali delle comunità scientifiche, a loro volta rafforzate dalle dinamiche descritte in
precedenza. Il risultato, paradossale, è dunque quello che mentre una larga parte degli studiosi
accolgono calorosamente le pubblicazioni OA e celebrano le nuove potenzialità offerte da
questo modello di pubblicazione, quando di inviare i propri articoli o di valutarle, assumono
nei fatti un comportamento avverso. Ciò ha un impatto sull’adozione di questo modello di
rivista.
Le indagini empiriche mostrano ad esempio che mentre in media i ricercatori ritengono
effettivamente che le riviste OA permettano di raggiungere un pubblico più vasto e persino
producano maggiori citazioni, in accordo peraltro con i riscontri empirici, la quantità e qualità
di articoli inviati a tale riviste sono entrambe assai inferiori rispetto a quelli inviati alle riviste
tradizionali. La principale spiegazione per tale apparente contraddizione è che le scelte dei
ricercatori sono backward-looking e considerano le rigidità imposte dalle norme sociali (Park
e Qin, 2007; Migheli e Ramello, 2014a; McCabe e Schnyder, 2014).
9
Dunque, di fronte all’incertezza, la minimizzazione del rischio impone di scegliere
l’‘investimento’ più sicuro per la carriera, anche se questo viola in qualche misura le
preferenze espresse (a meno di assumere che gli studiosi mentano in modo sistematico per
quanto concerne le proprie preferenze!).
Lo studio degli aspetti comportamentali che si focalizza sulla complessità dell’impatto delle
variabili sociologiche anche in questo caso rivela effetti articolati e non banali. Ad esempio
un’indagine empirica su un campione di accademici italiani di discipline diverse rivela la
forza del contesto nel determinare le scelte, cosicché queste variano a seconda che siano o
meno prese all’interno o al di fuori della comunità, ovvero a seconda che dell’intensità delle
norme sociali in contesti diversi. I professori ordinari che mostrano un sostanziale favore per
riviste OA e che quando operano scelte individuali sono coerenti con tale preferenza,
sottomettendo un cospicuo numero di articoli a tali riviste, quando devono valutare le
promozioni dei professori associati, in virtù della pressione delle norme sociali vigenti nella
comunità di pari, adottano un atteggiamento opposto (Migheli e Ramello, 2013).
7. L’impatto del paradigma publish or perish sui diversi sistemi di ricerca nazionali
La trasformazione appena descritta, in senso internazionale del sistema di produzione e
distribuzione dei prodotti scientifici, da un lato, e dei meccanismi della concorrenza per la
carriera accademica, dall'altro, hanno un impatto differenziato nei singoli sistemi di ricerca
nazionali, soprattutto quando ci riferiamo alle discipline in cui la componente istituzionale e
culturale locale è maggiore, come le scienze sociali, tra cui l'economia. Tale impatto inoltre è
condizionato dalle diverse politiche pubbliche nazionali.
Il prevalere assoluto di una lingua utilizzata per la comunicazione scientifica – l'inglese
veicolare -, il dominio che un gruppo ristretto di editori ha sui media scientifici – le riviste
internazionali –, l'egemonia culturale di alcuni progetti e metodi della ricerca sostenuta da
singole riviste o gruppi di riviste internazionali, l'affermarsi di un metodo di selezione dei
prodotti – i referee – che usa procedure di valutazione internazionalmente omogenee, oltre
che del criterio di valutazione delle pubblicazioni e dei ricercatori sulla base di sistemi di
ranking internazionali, tutto questo ha una duplice e importante conseguenza sui contenuti
stessi della ricerca.
Innanzitutto il linguaggio veicolare e il metodo dominante di produzione e selezione premiano
i contributi modali e disincentivano le differenziazioni. Si determina un appiattimento della
ricerca su schemi dettati dalle tendenze e soprattutto dalle riviste a più alta posizione nel
ranking, prevalentemente anglosassoni. Inoltre l'uso di un linguaggio unico indubbiamente
favorisce la comunicazione, ma rischia di sbiadire i colori delle diverse sfumature culturali.
Come arcinoto, “il linguaggio é il messaggio”. La messa a fuoco, la descrizione e
l'interpretazione attenta dei problemi analizzati richiederebbero un accurato bilanciamento tra
i concetti e un metodo generalizzante, da un lato, e la considerazione dei contesti specifici,
dall'altro. Questo è tanto più vero quanto più le situazioni rappresentabili a livello locale si
discostano da quelle su cui su cui maggiore é l'attenziione dei contributi modali internazionali.
Cade inoltre l'attenzione per situazioni e problemi che rivestono un interesse locale e/o che
sono più influenzati da specifici contesti istituzionali o modalità di comportamento legate a
particolari condizioni storiche. Infatti ciò che è più importante per l'autore é ottenere
un'audience internazionale che consenta di ottenere più citazioni. In sintesi, la “macchina”
della ricerca tarata sull’attuale sistema di pubblicazione penalizza la varietà e la diversità, e
forse anche la curiosità per i fenomeni concreti.
10
I sistemi di ricerca nazionali che più hanno risentito e risentono di questa evoluzione
dominante sono in linea generale quelli non anglofoni e più in particolare quelli che
rispondevano e rispondono a una propria e diversa logica di produzione e di distribuzione dei
prodotti scientifici, oltre che a differenti regole di carriera accademica. L'impatto però è
diverso a seconda della politica culturale e di ricerca che prevale nei singoli paesi. Qui
descriviamo brevemente due casi emblematici e diversi, quello francese e quello italiano.
Il sistema di ricerca francese non ha rifiutato il criterio del ranking internazionale delle riviste
e dei prodotti di ricerca, ma lo ha utilizzato con prudente avvedutezza. Il Cnrs e Aeres hanno
definito varie fasce qualitative in cui hanno collocato le riviste francesi e non, tenendo conto
della loro rilevanza per la comunità locale. Al vertice stanno in larghissima parte quelle
internazionalmente più riconosciute, in linea di massima in lingua inglese. Al di sotto stanno
però più fasce, in ciascuna delle quali si collocano anche riviste nazionali e in lingua francese
di decrescente qualità, distribuite sulla base non solo dei vari indici sopra indicati, ma anche
degli obiettivi di politica nazionale per la ricerca. Tra questi sta la difesa delle caratteristiche
della produzione scientifica francese, pur sempre soggetta al sistema competitivo
internazionale. Inoltre il sistema bibliometrico, adattato a obiettivi di politica di ricerca e
culturale nazionali, è solo uno degli strumenti di valutazione nella competizione per le
carriere accademiche.
Nel caso italiano, sempre per quanto riguarda le scienze sociali e in particolare l'economia, si
è affermata una politica che, almeno in linea di principio, utilizza criteri bibliometrici “puri”.
È stata infatti attivata una graduatoria qualitativa che polarizza di fatto le riviste in due classi:
nella prima, la fascia A, stanno le più qualificate riviste internazionali, in lingua inglese,
mentre nella seconda B, a cui è attribuito un valore nettamente inferiore, stanno anche alcune
riviste nazionali insieme ad altre riviste internazionali e ai capitoli di libro 11 . Il punto
significativo è che il criterio di appartenenza alle due classi è dato quasi esclusivamente dai
vari indici, mentre è mancata ogni considerazione di criteri miranti a valorizzare e migliorare
la qualità dei media scientifici nazionali. L'esito è stato quello di mettere completamente e per
sempre fuori gioco le pubblicazioni in lingua italiana, ma più in generale di colpire, senza
favorirne la trasformazione, i media scientifici nazionali. D'altra parte i passaggi nella carriera
scientifica sono determinati da valutazioni spesso automatiche, ma paradossalmente esercitate
da commissioni nazionali, dipendenti soprattutto dal ranking e quindi dagli indicatori
bibliometrici (con qualche anomalia). Poiché questi criteri di selezione vanno a scontrarsi con
altri che tengono conto di altre considerazioni, talvolta anche legittime, di fatto entrano in
azione mediazioni che inevitabilmente rischiano di essere poco trasparenti. L'effetto di questo
meccanismo è che l'esito qualitativo delle competizioni per la carriera accademica non è
affatto garantito.
Dunque, a fronte di una comune tendenza che, piaccia più o meno, é comunque un dato di
realtà di cui ricercatori ed editori tengono conto, si possono configurare diverse politiche
pubbliche. É possibile agire sugli incentivi interni al fine di raggiungere obiettivi di ricerca
che migliorano le conoscenze specifiche del paese e la capacità di produrle: questo é il caso
francese. Oppure é possibile rinunciare a ogni obiettivo di questo tipo, accettare la mano non
tanto invisibile che guida la concorrenza nella produzione della conoscenza e nelle carriere
accademiche adattandosi all'evoluzione internazionale, magari interpretandola in modo
11
Esiste una classifica più ampia articolata in quattro classi, quella del GEV 13 (http://anvurmiur.cineca.it/?q=it/content/lista-riviste ). Non soltanto poi nei sistemi di valutazione adottati dall’ANVUR in
sostanza le 3 classi più basse vengono condensate in una, ma anche lì manca una specifica considerazione della
politica della ricerca nazionale italiana per cui con pochissime eccezioni tutte le riviste nazionali sono relegate
anche lì nella terza (poche) o quarta fascia.
11
estremo: questo é il caso italiano. É forse presto per esprimere un giudizio documentato sugli
effetti della scelta italiana, sia sul sistema nazionale di ricerca che sulla capacità di produrre
conoscenza specifica, ma l'impressione é che essi potrebbero essere piuttosto negativi.
8. Conclusioni
Publish or perish è il paradigma su cui poggia l’attuale comunità scientifica internazionale.
Tale motto non è soltanto l’imperativo che governa la vita dei ricercatori, ma racchiude in se
il distillato di un lungo percorso storico nel quale dinamiche diverse si sono amalgamate sino
a produrre un sistema di incentivi assai articolato. Mentre dunque oggi tale sistema pare
organico e quasi inevitabile nella sua apparente semplicità, ad una attenta analisi mostra
invece lati complessi, talora oscuri. L’elemento portante di tale cattedrale è “il paper” che è
divenuto l’unità molecolare di conoscenza nella scienza, nei sistemi di citazione e nei modelli
di business degli editori: il paper rappresenta l’unità di output dei ricercatori, è l’elemento che
convertito in pubblicazione diventa la remunerazione individuale della ricerca, è lo strumento
principe della circolazione di idee, è l’elemento costituente del mercato delle riviste, è lo
strumento di valorizzazione della reputazione personale e delle riviste attraverso lo strumento
della citazione e molto altro ancora. Tale stratificazione mette insieme istanze disparate,
quelle sociologiche legate alle comunità scientifiche e quelle economiche, principalmente
legate al mercato delle riviste scientifiche, e che negli ultimi decenni hanno subito un forse
impulso per l’alta redditività del settore.
Il quadro complessivo è assai opaco e non facilmente decifrabile se non si tiene conto della
traiettoria complessiva impressa da tutte le interazioni.
Quello che si osserva è che la scienza moderna ha assunto per molti versi caratteristiche
analoghe alle attività imprenditoriali e ciò in parte sposta i sistemi di incentivi verso il
mercato. La concorrenza tra idee che dovrebbe essere l’elemento caratterizzante della
produzione di conoscenza si interseca oggi con strategie commerciali e di carriera che di fatto
alterano le scelte dei ricercatori.
Gli indicatori bibliometrici, nati per offrire punti di riferimento ai ricercatori al fine di capire
l’evoluzione della letteratura scientifica, sono divenuti non solo la misura del valore
scientifico delle riviste, ma anche del loro valore di mercato, e attraverso i ranking sono
divenuti il centro di gravitazione del sistema delle pubblicazioni ma anche delle carriere dei
ricercatori e sulle fortune delle istituzioni accademiche.
La sovrapposizione di concorrenza tra idee, tra riviste, tra editori, tra indicatori bibliometrici e
tra sistemi di ranking ha infine effetti endogeni sulla comunità scientifica che, al di la di
qualsiasi pregiudizio morale, va’ opportunamente studiato per evitare facili quanto errate
interpretazioni. D’altronde le politiche nazionali della ricerca dovrebbero prestare un po’ più
d’attenzione alle specificità locali e a quanto queste possano essere importanti per preservare
aspetti scientifici di interesse. I sistemi nazionali della scienza, anche se integrati
internazionalmente, spesso mantengono caratteri locali che vanno opportunamente valorizzati
se si vuole mantenere il dibattito su specificità che assumono un rilievo particolare soprattutto
quando la ricerca scientifica è usata per implicazioni di policy, come nel caso delle scienze
sociali e in particolare delle scienza economiche, che ha nel suo dna una dimensione positiva
e normativa.
12
Bibliografia
Amman, R. (2003) A Sovietological View of Modern Britain, The Political Quarterly, vol. 74,
n. 4.
M. Biagioli (2003) “Rights or Rewards”? Changing frameworks of scientific authorship” in
M. Biagioli, P. Galison (ed.) Scientific Authorship, Routledge, pp. 253-279.
N.A. Bowman, M.N. Bastedo (2011) “Anchoring effects in world university rankings:
expliring biases in reputation scores”, Higher Education, 61, pp. 431-444.
G. Brennan, P. Pettit (2005) The economy of esteem, Princeton UP.
Campbel, D.T. (1976), ‘Assessing the impact of planned social change’ , Evaluation Porgram
and Planning, 2, 67-90.
Carrasco, R. and Ruiz-Castillo J. (2013), ‘The Evolution of the Scientific Productivity of
Highly Productive Economists’, Economic Inquiry, 52, 1-16.
Casati, R. Origgi, G., Simon, J. (2011) “Microcredits in Scientific Publishing”, Journal of
Documentation, 67, 958 – 974.
Cavaleri, P., Keren, M., Ramello, G.B., & Valli, V. (2009). Publishing an E-Journal on a Shoe
String: Is It a Sustainable Project?, Economic Analysis and Policy, 39, 89-101
Christenson J A, Sigelman L. « Accrediting knowledge: Journal stature and citation impact in
social science » Social Science Quarterly 66:964‐75, 1985.
Chew, M.; Villanueva, Elmer V. (2007): Life and times of the impact factor: retrospective
analysis of trends for seven medical journals (1994‐2005) and their Editors' views. Journal of
the Royal Society of Medicine, 100, 142‐150.
Cohen, & Levinthal, (1990). Absorptive capacity: A new perspective on learning and
innovation. Administrative Science Quarterly, 35, 128–152.
Davis, P.M. (2009), ‘Reward or Persuasion? The Battle to Define the Meaning of a Citation’,
Learned Publishing, 21, 5-11.
Edlin, A.S., & Rubinfeld, D.L. (2004). Exclusion or efficient pricing? The “big deal”
bundling of academic journals, Antitrust Law Journal, 72, 128-159
Ewing, J. (2011), ‘Mathematical Intimidation : Driven by the Data’, Notice of the AMS,
Maggio, 667-673.
Garfield E. (1989) Prestige versus impact: Established images of journals, like institutions,
13
are resistant to change . Essays of an Information Scientist. Philadelphia: ISI Press. Vol. 10.
p. 263‐4.
M.
Gladwell(2011)
« The
Order
of
Things » The
New
Yorker
http://www.newyorker.com/reporting/2011/02/14/110214fa_fact_gladwell?currentPage=4 )
Hirsch, J. E. (2005), “An index to quantify an individual’s scientific research output”, PNAS,
Vol. 102, No. 46, pp. 16569–16572 as well asarXiv:physics/0508025v5.
Giles, C. L., Council, I. G. (2004), “Who gets acknowledged? Measuring scientific
contributions through automatic acknowledgement indexing”, Proceedings of the National
Academy of Sciences, Vol. 101, No. 51, pp. 17599-17604.
Jinha, A. E. (2010) “Article 50 millions. An estimate of the numbers of scholarly articles in
existence”, Learned Publishing 23 (3): 258–263.
Huang, W. (2014), ‘Do ABCs get more citations than XYZs?’, Economic Inquiry,
DOI: 10.1111/ecin.12125
Hirsch, J.E. (2005), ‘An index to quantify an individual’s scientific research output’, PNAS,
102, 16569-16572.
Karpik, L. (2011), ‘What is the Price of a Scientific Paper?’ in J. Beckert, P. Aspers (ed.) The
Worth of Goods, Oxford UP, pp. 62-85.
Klein, D., Chiang, E. (2004) “Investigating the Apparatus: the SSCI, A Black Box with an
Ideological Bias?” Economic Journal Watch, vol. 1, p. 134-165.
Lanham, R.A. (2006). The Economics of Attention. Chicago, IL: The University of Chicago
Press.
Merton, R. K. (1968). The Matthew Effect in Science, Science, 159, 56–63.
Merton, R.K: (1973), "The Normative Structure of Science", in Merton, Robert K., The
Sociology of Science: Theoretical and Empirical Investigations, Chicago: University of
Chicago Press.
Migheli, M. and Ramello G.B. (2013), ‘Open Access, Social Norms & Publication Choice’,
European Journal of Law and Economics, 35, 149-147
Migheli, M. and Ramello G.B. (2014), “The Market of Academic Attentio”, mimeo
Neumann M. (2001), Competition Policy. History, Theory and Practice, Edward Elgar,
Cheltenham-Northampton.
Nicita, A. & Ramello, G.B. (2007). Property, liability and market power: The antitrust side of
copyright. Review of Law and Economics, 3, 767-791.
Park, J. H., and J. Qin (2007) “Exploring the Willingness of Scholars to Accept Open Access:
A Grounded Theory Approach.” Journal of Scholarly Publishing, 38, , 55–84.
14
Popper, K.R. (1959), The Logic of Scientific Discovery, Basic Books:New York.
Seglen, .O. (1997), ‘Why the impact factor of journals should not be used for evaluating
research’, British Medical Journal, 314, 498-513.
S. Shapin (2008) The Scientific Life, Chicago University Press.
Triggle C.R., Triggle, D.J. (2007), “What is the future of peer review? Why is there fraud in
science? Is plagiarism out of control? Why do scientists do bad things? Is it all a case of: All
that is necessary for the triumph of evil is that good men do nothing, Journal of Vascular
Health and Risk Management, Vol. 3, No. 1, pp. 39–53.
Willinsky, J. (2009). The stratified economics of open access. Economic Analysis & Policy,
39, 53–70.
J.M. Ziman Public Knowledge: The Social Dimension of Science, Cambridge UP, 1966, p.
148.
15
Recent working papers
The complete list of working papers is can be found at
http://polis.unipmn.it/index.php?cosa=ricerca,polis
*Economics Series
Q
**Political Theory and Law

Al.Ex Series
Quaderni CIVIS
2014 n.214*
Gloria Origgi, Giovanni B. Ramello and Francesco Silva: Publish or Perish.
Cause e conseguenze di un paradigma
2014 n.213** Andrea Patanè et al. (DRASD): OPAL – Osservatorio per le autonomie locali
N.4/2014
2014 n.212** Francesco Ingravalle et al.: L’evento. Aspetti e problemi
2013 n.211** Massimo Carcione: La garanzia dei diritti culturali: Recepimento delle norme
internazionali, sussidarietà e sistema dei servizi alla cultura .
Case study: La valorizzazione della Cittadella di Alessandria e del sito storico
di Marengo.
2013 n.210** Massimo Carcione: La garanzia dei diritti culturali: Recepimento delle norme
internazionali, sussidarietà e sistema dei servizi alla cultura
2013 n.209** Maria Bottigliero et al. (DRASD): OPAL – Osservatorio per le autonomie locali
N.3/2013
2013 n.208** Joerg Luther, Piera Maria Vipiana Perpetua et. al.: Contributi in tema di
semplificazione normativa e amministrativa
2013 n.207*
Roberto Ippoliti: Efficienza giudiziaria e mercato forense
2013 n.206*
Mario Ferrero: Extermination as a substitute for assimilation or deportation: an
economic approach
2013 n.205*
Tiziana Caliman and Alberto Cassone: The choice to enrol in a small university:
A case study of Piemonte Orientale
2013 n.204*
Magnus Carlsson, Luca Fumarco and Dan-Olof Rooth: Artifactual evidence of
discrimination in correspondence studies? A replication of the Neumark method
2013 n.203** Daniel Bosioc et. al. (DRASD): OPAL – Osservatorio per le autonomie locali
N.2/2013
2013 n.202* Davide Ticchi, Thierry Verdier and Andrea Vindigni: Democracy, Dictatorship
and the Cultural Transmission of Political Values
2013 n.201** Giovanni Boggero et. al. (DRASD): OPAL – Osservatorio per le autonomie
locali N.1/2013
2013 n.200*
Giovanna Garrone and Guido Ortona: The determinants of perceived overall
security
2012 n.199*
Gilles Saint-Paul, Davide Ticchi, Andrea Vindigni: A theory of political
entrenchment
2012 n.198*
Ugo Panizza and Andrea F. Presbitero: Public debt and economic growth: Is
there a causal effect?
2012 n.197
Matteo Migheli, Guido Ortona and Ferruccio Ponzano: Competition among
parties and power: An empirical analysis
2012 n.196*
Roberto Bombana and Carla Marchese: Designing Fees for Music Copyright
Holders in Radio Services
2012 n.195*
Roberto Ippoliti and Greta Falavigna: Pharmaceutical clinical research and
regulation: an impact evaluation of public policy
2011 n.194*
Elisa Rebessi: Diffusione dei luoghi di culto islamici e gestione delle
conflittualità. La moschea di via Urbino a Torino come studio di caso
2011 n.193*
Laura Priore: Il consumo di carne halal nei paesi europei: caratteristiche e
trasformazioni in atto
2011 n.192** Maurilio Guasco: L'emergere di una coscienza civile e sociale negli anni
dell'Unita' d'Italia
2011 n.191*
Melania Verde and Magalì Fia: Le risorse finanziarie e cognitive del sistema
universitario italiano. Uno sguardo d'insieme
2011 n.190
Gianna Lotito, Matteo Migheli and Guido Ortona: Is cooperation instinctive?
Evidence from the response times in a Public Goods Game