Publish or Perish Cause e conseguenze di un paradigma
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Publish or Perish Cause e conseguenze di un paradigma
ISSN: 2038-7296 POLIS Working Papers [Online] Istituto di Politiche Pubbliche e Scelte Collettive – POLIS Institute of Public Policy and Public Choice – POLIS POLIS Working Papers n. 214 October 2014 Publish or Perish Cause e conseguenze di un paradigma Gloria Origgi, Giovanni B. Ramello and Francesco Silva UNIVERSITA’ DEL PIEMONTE ORIENTALE “Amedeo Avogadro” ALESSANDRIA Publish or Perish Cause e conseguenze di un paradigma Gloria Origgia, Giovanni B. Ramellob e Francesco Silvac a Institut Nicod, CNRS - Ecole Normale Supérieure b Università del Piemonte Orientale c Università di Milano Bicocca Abstract: L'ingresso del mercato nel sistema di pubblicazione accademica ha determinato nella ricerca contemporanea l'emergenza di incentivi che l'avvicinano, nel modello di produzione, alle attività imprenditoriali tradizionali. In particolare, la norma del publish or perish che dovrebbe vegliare alla produzione di conoscenza, si interseca oggi con strategie commerciali che alterano le scelte dei ricercatori, e, in un certo senso, gli obbiettivi stessi della ricerca. Il presente saggio descrive le nuove forze in gioco, le trasformazioni che sono già occorse e quelle future, cercando di valutare i rischi del nuovo mercato della produzione accademica per lo sviluppo della ricerca scientifica. Keywords: publish or perish, riviste scientifiche, scholarly publishing, bibliometria JEL classification codes: Z11, D83, Z13, L80 1 1. Introduzione Scrivere, pubblicare e diffondere nuove conoscenze rappresenta oggi una parte cruciale del lavoro accademico. Tali attività che determinano nel loro complesso la selezione, la codificazione e la diffusione del sapere scientifico si basano su un formato comune, quello delle riviste peer-reviewed. Si tratta, in verità, di un formato antico e straordinariamente resistente che, da tre secoli, si è affermato come lo standard di pubblicazione scientifica 1. Dal 1665, anno di pubblicazione da parte della Royal Society delle Philosophical Transactions, le riviste peer-reviewed sono divenute il marchio della scienza, e sono a tutt’oggi percepite come il modo migliore per assicurare credito e prestigio agli scienziati (Biagioli, 2003). Questo sistema è l’esito di un lungo percorso storico soggetto ad influenze diverse, in parte emerse spontaneamente all’interno della comunità scientifica e divenute poi norme sociali, in parte esito di forse esterne alla scienza, soprattutto conseguenza del crescente influsso del mercato che produce e governa larghe e crescenti fette dell’industria delle riviste accademiche. Tale interazione, fondamentale non solo per capire le dinamiche industriali ma anche i comportamenti individuali dei ricercatori e, in generale, la traiettoria della scienza moderna, è talvolta trascurata dalla letteratura che studia questo ambito e che si focalizza su aspetti puntuali non considerando la dinamica complessiva. Il presente saggio prova a dare una rappresentazione degli elementi in gioco, di quali siano le trasformazioni occorse e quali siano le possibili criticità della peculiare interazione tra scienza e mercato nel settore delle pubblicazioni. Il testo è organizzato come segue: la sezione 2 descrive i principali elementi caratterizzanti del moderno scholarly publishing, mentre la sezione 3 mostra come la concorrenza nel mercato delle riviste abbia conseguente nel orientare le scelte individuali. La sezione 4 discute il ruolo degli indicatori bibliometrici e la sezione 5 sviluppa il discorso presentando l’ambiguo ruolo dei ranking. Il tema delle interazioni tra gli elementi descritti e l’innovazione tecnologica è l’oggetto della sezione mentre la sezione 6 conclude esaminando il possibile impatto del sistema descritto su diversi contesti nazionali 1 Naturalmente vi sono anche i libri e una certa varianza tra discipline. Mentre ad esempio nelle scienze l’articolo è da lungo tempo il principale strumento di pubblicazione, nelle scienze sociale la trasformazione è avvenuta più di recente e nelle scienze umane i libre hanno ancora un rilievo. Tuttavia è possibile che vi sia un deriva verso la sostituzione del libro con le riviste scientifiche che si riflette anche nelle scelte di allocazione del budget delle biblioteche (Ramello, 2010). 2 2. Elementi caratterizzanti del sistema moderno di scholarly publishing Una recente stima della produzione scientifica calcola che vi siano più di 50 milioni di articoli scientifici in circolazione (Jinha, 2010) e tali dati seguono una crescita assai sostenuta. L’incremento medio annuo dello stock tra il 1995 e il 2007 è stato +2,5% (http://www.nsf.gov/statistics/seind10/c5/c5h.htm) e a titolo d’esempio, il numero stimato di articoli pubblicati nel 2006 è stato di 1.350.000 su circa 23.750 riviste accademiche (Björk et al., 2009). Il modo in cui viene prodotto e trasmesso questo corpus di conoscenza, immenso e in rapida espansione, è stato negli ultimi decenni rivoluzionato da una serie di importanti trasformazioni tecno-sociali, quali: 1. I cambiamenti nelle dinamiche della ricerca basata sulla letteratura grazie alla rivoluzione delle tecnologie di informazione e comunicazione. 2. I cambiamenti nel livello di interconnessione della letteratura scientifica, dovuta alla modalità collaborativa di produzione del sapere tipica della "Big Science". 3. Le distorsioni nella rete di pubblicazioni create dall'introduzione dalle nuove misure bibliometriche, quali ad esempio gli indici di citazione, l’impact factor e l’indice-H e i sistemi di ranking. 4. Le nuove forme di controllo e accountability introdotte da governi e agenzie di finanziamento sulla produzione di conoscenza scientifica e, in particolare, l'introduzione di una cultura del controllo nei sistemi accademici nazionali (Amman 2013). 5. I nuovi modelli di business dell'editoria scientifica e la nuova cultura competitiva "business-like", introdotta nel mondo accademico, comunemente definita dal motto publish or perish. Tutte queste nuove dinamiche hanno profondamente trasformato la vita scientifica e condizionato in modi nuovi l'economia della produzione del sapere accademico. Hanno anche messo in discussione la percezione comune della ricerca scientifica, soprattutto per quanto rigurda i 3 ultimi punti laddove l’intersezione tra mercato e ricerca scientifica si è fatta più evidente. La scienza moderna assomiglia maggiormente a una attività imprenditoriale che ad un’attività contemplativa e, in qualche modo disinteressata (Shapin 2008; Karpik, 2011). La ricerca scientifica non è governata più o, almeno, non solo, da un insieme di specifiche norme che la distinguono dalle altre attività produttive, come pensava Robert Merton (1942/73). Oggi, la scienza è divenuta principalmente un'attività economica e competitiva che produce e vende la conoscenza attraverso un sistema multiforme di incentivi. Il 'pubblicare o perire', imperativo emerso spontaneamente all'interno della comunità scientifica come norma sociale, ha successivamente influenzato altre organizzazioni come gli istituti di ricerca e agenzie nazionali. Attualmente, l’editoria accademica è certo un canale essenziale per partecipare attivamente al dibattito scientifico e per sostenere quelle università invisibili dell'ambiente ricerca moderna, che si estendono ben oltre i confini degli istituti di ricerca individuali, ma è anche la metrica per misurare la produttività dei ricercatori e delle istituzioni nelle quali operano (Davis, 2009; Carrasco e Castrillo, 2013). 3 Assistiamo perciò allo stesso tempo a una serie di effetti previsti e inattesi di questi nuovi modi di produzione della conoscenza che necessitano un esame più approfondito. Ad esempio, la centralità del ‘paper’ come il formato di diffusione della conoscenza non dipende dalla sua ottimalità come strumento di comunicazione di contenuti, né come un modo equo di attribuzione del credito, date le patologie ben del sistema di attribuzioni agli autori, e che varia a seconda della disciplina, e la possibilità tecnologica di avere formati alternativi. Piuttosto, essa dipende sostanzialmente dalla sua centralità come unità molecolare di conoscenza nei sistemi di citazione e nei modelli di business degli editori (Casati, Origgi 2011). Questi effetti nel complesso dipendono dallo scontro tra le norme sociali emerse spontaneamente nei sistemi accademici e le norme generate dall'adozione dei nuovi modi di produzione di massa di conoscenza. In altri termini, le moderne dinamiche di produzione della conoscenza sono penetrate in un sistema altamente idiosincratici che ha preso in prestito caratteristiche dal mercato, ma presenta differenze profonde e specificità che sono radicate nella cultura accademica. Un esempio lampante è la peculiare trasformazione del diritto d'autore. Esso diviene non tanto un diritto di proprietà su un’espressione di un’idea, bensì la ricompensa per aver partecipato – non sempre come autore-- all’avanzare della scienza, ricompensa che viene distribuita principalmente attraverso benefici di reputazione in termini di credito e di impatto, e che può essere accessoria per ottenere una beneficio in termini di fondi per la ricerca o avanzamenti di carriera (Biagioli, 2003; Migheli & Ramello, 2014). Inoltre, sebbene i sistemi di peer-review e di ranking delle riviste siano emersi spontaneamente nella comunità scientifica, soprattutto sotto la spinta di forze non di mercato, l'avvento dell'editoria commerciale basata essenzialmente sulla massimizzazione del profitto, e la conseguente adozione di strategie per incrementare la redditività del settore, hanno determinato una loro uso sempre più in chiave economica. Se le attuali dinamiche del settore sono quindi la risultante di due forze distinte, ovvero le norme che disciplinano le attività scientifiche dei ricercatori e gli incentivi posti dal mercato delle riviste, la sovrapposizione e il feedback tra questi ambiti tendono ad offuscare il quadro complessivo di cosa effettivamente sia il settore dell’editoria scientifica e di quale forze lo governino. 3. Concorrenza, bundling e scelta individuale La concorrenza tra idee sulla quale la scienza si basa è stata, almeno in parte, sostituita da quella tra editori e riviste o ancora tra larghi cataloghi di riviste, secondo quella formula di bundling conosciuta come 'Big Deal' (Popper, 1959; Edlin e Rubinfeld, 2004). Allo stesso tempo, i sistemi di validazione e di valutazione, un tempo a servizio degli studiosi e della comunità scientifica, oggi servono piuttosto a determinare il 'valore di mercato' delle riviste e dei cataloghi. Tali sistemi sono divenuti infatti la metrica corrente per misurare l’attrattività del singolo titolo e quindi la sua capacità di catturare l’attenzione degli studiosi, il che è correlato con la rigidità della domanda per quella rivista. Ma anche in tal caso le dinamiche non sono lineari. Ad esempio, la combinazione tra il bundling e il ruolo dell’impact factor crea leve competitive che in sostanza alterano le scelte rispetto a un sistema in cui ciascun giornale compete con gli altri del medesimo settore. Infatti, la rigidità della domanda per alcuni titoli contenuti nei cataloghi diventa il volano per favorire la vendita di tutto il catalogo. Ciò produce un beneficio per quelle riviste che da sole non verrebbero acquistate, a scapito però di altre riviste che non possono beneficiare di una strategia analoga. 4 A titolo d’esempio se esiste una rivista A con domanda rigida e due altre, B e C, a domanda più elastica ed equivalenti tra loro, quando interviene il bundling e B viene venduta con A, si altera la concorrenza per effetto del sussidio in termini di prezzo generato da A rispetto a B; ciò dunque fa’ acquistare una specifica rivista che in un mercato competitivo di riviste standalone potrebbe non essere scelta2. Se ciò ha sicuramente dei benefici sui profitti degli editori che possono praticare il bundling, per essere socialmente efficiente richiederebbe una trasformazione sostanziale e sinora non avvenuta del sistema attuale che è un “awkward mishmash of stand-alone and bundling elements (Armstrong, 2009, p. 176). Anche qui poi le abitudini e le norme sociali della comunità scientifica rischiano ulteriormente di interferire e creare dinamiche peculiari. Infatti l’effetto è rinforzato dall’impatto che il bundling ha sull’attenzione degli studiosi. Giacché gli indicatori bibliometrici, di cui si parlerà più in dettaglio nel seguito, sono oggi usati come proxy per definire l’importanza relativa di una rivista in un dato settore disciplinare e sono determinanti nell’indirizzare le scelte dei ricercatori (Archambault & Lariviere, 2009), il loro ruolo produce un ulteriore sussidio che si sposta dal piano economico anche a quello dell’attenzione: la facilità di accesso ai titoli parte di un catalogo e la loro ‘buona compagnia’ con titoli più blasonati ha l’effetto di rafforzare l’attenzione verso questi giornali ed avviare self-fulfilling prophecies rispetto alla qualità attesa di tali riviste. In altri termini le riviste “top” creano economie esterne di cui godono quelle legate allo stesso pacchetto. Questa affermazione è verificata empiricamente. Migheli e Ramello (2014b) mostrano che in un campione di 4 settori di scienze sociali in un periodo di 14 anni vi è stato un continuo allargamento degli editori che operano in modo esteso la distribuzione di cataloghi di riviste a scapito di quelli che distribuiscono pochi titoli e ciò vale egualmente se l’analisi considera separatamente il segmento degli editori commerciali e quello degli editori accademici. 2 Come noto il bundling è una forma di discriminazione di prezzo che permette, anche nel caso dei cataloghi di riviste, di abbassare il prezzo medio delle riviste contenute nel pacchetto (Armstrong, 2009). 5 Il settore industriale allargato conferma quanto poc’anzi descritto. Nonostante il quadro sia abbastanza frastagliato ampliando l’obiettivo alla totalità delle discipline, nel complesso si delinea un trend di concentrazione in cui un numero ristretto di operatori si contende larghe fette del mercato in discipline diverse – un sorta di oligopolio multi-market -- e una moltitudine di altri piccoli competitors occupa frange marginali per una o poche discipline. Ciò d’altronde non è una novità in molti settori dei media, caratterizzati da una simile dinamica (Nicita e Ramello, 2007). 4. Drowning by Numbers Altre note distorsioni sono ancora determinate dal feedback tra mercato e scienza, determinando a loro volta specifiche dinamiche. E’ il caso della produzione di paper cosiddetti literature-driven che ha determinato un’inflazione di letteratura accademica e una perdita della rilevanza globale delle singole pubblicazioni (Elster, 2011). In altre parole il valore dei prodotti scientifici, che è il modo in cui si valuta la qualità, è oggi influenzato da una serie di caratteristiche che non sempre si riferiscono direttamente alla reale rilevanza per la ricerca e in sostanza l’inflazione degli articoli introdotti ha rafforzato il ruolo di quelli che in retorica vengono definiti ‘strumenti stilistici’ e che in definitiva servono appunto a mediare le scelte (Lanham, 2006; Karpik, 2011). Ciò è dovuto alla sacralizzazione della bibliometria che da sistema “cartografico” per capire le dinamiche delle citazioni (Garfield, 1989), è divenuta, nonostante le crescenti critiche 3, la metrica per definire il valore anche dei contributi scientifici e dei loro autori (Christenson et al., 1985). Paradossalmente la bibliometria ha determinato in buona parte lo spiazzamento del sistema di peer-review: oggi pochi studiosi hanno il coraggio di contrapporre la propria valutazione soggettiva di un articolo al valore ‘oggettivo’ conferitogli dal fatto di apparire in un determinato giornale con un determinato impact factor. In molti paesi de facto la carriera è sempre più determinata da questi parametri in buona parte esogeni alla comunità, trasformando dunque il ruolo attivo dei valutatori in una sorta di passiva ratifica amministrativa. Ciò naturalmente vuol dire che vi è un outsourcing della valutazione che si trasferisce dall’interno della comunità e dei dipartimenti, alle società che compilano gli indici bibliometrici e che divengono una sorta di agenzie di rating del mondo accademico. Il sistema bibliometrico più noto è quello derivante dal Journal Citation Report (JCR) 4 inventato da Eugene Garfield semplicemente per studiare l’andamento delle citazioni in scienza e per navigare con qualche criterio nel mare profondo delle pubblicazioni scientifiche che aumentavano costantemente. Oggi il JCR e la sua applicazione più nota, il precedentemente menzionato impact factor – commercializzati entrambi da ISI-Thomson -hanno assunto, nonostante le critiche anche del suo inventore, un ruolo totemico per asserire l’importanza di riviste, autori e istituzione di ricerca (Garfield, 2006)5. In particolare l’impact factor è diventato il “gold standard” del Sistema delle citazioni e a seguire del mondo della ricerca (Ziman, 2001), non solo offrendo ex-post (ovvero per gli anni passati) una proxy che 3 Vedi ad esempio Seglen (1997). Ref. http://thomsonreuters.com/journal-citation-reports/). 5 L'IF è un indice che riflette il numero medio di citazioni ricevute per ogni articolo pubblicato in una rivista nel corso dei due a cinque anni precedenti per le riviste classificate nel Journal Citation Rapporto Thomson Reuters. Ad esempio l'IF di una rivista per l'anno 2013 è un rapporto tra tutte le citazioni pubblicate su questo giornale nel 2011 e nel 2012 e il numero di articoli pubblicati su questo giornale nel 2011 e 2012. 4 6 viene usata per affermare l’influenza in un determinato campo di specifiche riviste, ma divenendo ex-ante uno strumento per attrarre l’attenzione degli studiosi, secondo l’assai discutibile paradigma che gli articoli futuri di una rivista siano della medesima qualità di quelli passati. Ciò però altera ulteriormente la concorrenza tra riviste giacché quelle con basso impact factor o, peggio, non incluse nello JCR, diventano marginali senza o quasi possibilità di rivalsa. Questo non è necessariamente l’esito naturale del processo concorrenziale tra riviste, quanto piuttosto di una self-fulfilling prophecy che legittima con la retorica della concorrenza qualcosa in realtà ben distante da essa. Il potere degli indici bibliometrici è oggi diventato talmente importante che la concorrenza si è in buona misura spostata su tale versante e a fianco dell’IF sono emersi altri indici. L’Immediacy Index, sempre di ISI-Thomson, cerca ad esempio di catturare l’impatto di una rivista per così dire just in time, calcolando il rapporto tra numero di citazioni ricevute dalla rivista in un anno per il numero di articoli pubblicati in quell'anno nella rivista. SCImago-Scopus ancora fornisce qualcosa di equivalente al fattore di impatto sulla sua specifica (e diversa) lista di riviste6. E ancora l'H-index (Hirsch, 2005) e il Eigenfator sono altri indicatori sempre più utilizzati per valutare la produttività della ricerca o la qualità 7 . Ciascuno di essi, potenzialmente utile, presenta anche inconvenienti più evidenti se trasformati da strumento di ausilio alla ricerca a metrica per la sua valutazione. La prevalenza di un sistema o dell’altro se usato in modo esclusivo può determinare esiti per lo più arbitrari. In un recente contributo Eisenberg e Wells (2014) comparando, ad esempio, diversi ranking delle riviste di diritto, mostrano che la correlazione riguarda sostanzialmente un ristretto numero di top journals – per conoscere i quali non vi sarebbe necessità di disporre di ranking – mentre nessuna correlazione è presente per la restante maggior parte riviste presenti nei ranking compilati dai diversi indici8. 5. I ranking ovvero dell’intimidazione matematica Quanto sinora scritto introduce il tema dell’uso strumentale dei ranking che sono ormai pervasivi della vita scientifica e accademica, nonostante i molti limiti e la parzialità dovuta ai criteri di compilazione di cui si scriveva poc’anzi. Ai limiti metodologici se ne aggiungono altri, come quelli che potremmo definire sociologici e psicologici: ad esempio è ben noto le riviste generaliste ottengono in genere maggiori citazioni di quelle specializzate; le citazioni degli articoli sono più elevate per quelle che hanno un elevato numero di autori; e ancora, gli autori più affermati ottengono in media più citazioni di quelli di pari qualità meno conosciuti, il noto Matthew-effect di Merton (1968). Addirittura, vi sono evidenze che mostrano come articoli il cui cognome del primo (o unico) autore sta’ nelle prime lettere dell’alfabeto ottenga sistematicamente più citazioni di quelli che stanno nelle ultime9. C'è poi una forte discrepanza tra le discipline che porta un’inedita fuga dei cervelli: ad esempio, gli autori delle discipline con un impact factor più basso spesso ‘fuggono’ verso riviste di altri settori con un range di impact factor più generoso. E naturalmente il sistema di 6 Ref. http://www.scimagojr.com/ Ref. http://www.eigenfactor.org/ 8 Non a caso Eisenberg e Wells (2014) suggeriscono di usare tutte le misure per cercare di creare delle classi (clusters) di qualità. 9 Per questo ed altri effetti psicologici si veda l’articolo di Huang (2014). 7 7 incentivi determina l’emergenza – razionale dal profilo economico – di un novero di comportamenti strategici volti a massimizzare profitti, citazioni e simili (Hyland 2011) o a frammentare un’idea in molti papers - il cosiddetto paper-slicing - al fine di aumentarne il numero e le citazioni (Triggle e Triggle, 2007). Ciò converge d’altronde con quanto insegna quella che in letteratura viene definita “legge di Campbell” (1976, p. 34): “Più un indicatore sociale quantitativo è utilizzato per il social-decision making, più sarà soggetto a pressioni di corruzione e più sarà adatto a distorcere e corrompere i processi sociali che doveva misurare”. Distorsioni indesiderate si trovano anche nei sistemi di classificazione oggi utilizzati per misurare e comparare il prestigio globale delle università come ad esempio il Shangai Ranking, il Times Higher Education Supplement, il QS World University Ranking per citarne i più noti. Come è stato dimostrato, sono presenti in tutti questi sistemi effetti di ancoraggio, cioè gli effetti della graduatoria delle università dell'anno precedente sulla classifica successivi, mostrando che sono le classifiche a guidare la reputazione e non viceversa e in genere le new entry sono svantaggiate (Bastedo 2011). Inoltre, le unità di base da confrontare sono troppo eterogenee (Gladwell, 2011) e le diverse temporalità tra la qualità e il prestigio non sono prese in considerazione, anche se tutti sanno che un cambiamento di prestigio può richiedere molto tempo prima di essere riconosciuto in queste classifiche (Podolny 2007). Per ovviare tali effetti in Francia 9 atenei di qualità, ma troppo piccoli per rientrare nelle suddette classifiche hanno utilizzato un espediente intelligente ma che ancora una volta ha molto a che fare con il marketing e nulla con la ricerca scientifica. Usando le tecniche dell’umbrellla branding, questi atenei hanno creato negli anni ’90 un marchio comune, Paristech, da associare la proprio nome originale in modo tale apparire un’unità omogenea, pur mantenendo un’attività sostanzialmente indipendente 10. Le dinamiche elencate rappresentano solo un piccolo campionario della somma di effetti, intenzionali e involontari che oggi caratterizzano lo scholarly publishing e dintorni. Non vi è di per sé nessun connotato morale nell’evidenziare tale complessità, ma la consapevolezza di come funziona il nuovo sistema produttivo, di come può essere sfruttato dagli utenti o influenzato da caratteristiche strutturali. La competenza di tali meccanismi è oggi un ingrediente importante delle capacità che un ricercatore deve acquisite, che deve essere compresa e adeguatamente gestita, al di là di qualsiasi facile, anche se banale e arida, reazione paranoica, al fine di promuovere l'efficienza del sistema dell’editoria scolastica. Tuttavia esistono dei dubbi rispetto alla totale sacralizzazione di un sistema basato esclusivamente su queste misure. Infatti i numeri portano con se un rischio, quello di tradurre in oggettivabile e ordinabile qualcosa che è basato su assunti e metodi assai deboli e parziali, con l’esito di produrre quella che è stata definita l’intimidazione matematica (Ewing, 2011). In altri termini il meritevole tentativo di fornire uno strumento ausiliario alla valutazione e alla scelta attraverso indicatori di qualche tipo, viene spesso tradotto in una formidabile arma retorica che, se opportunamente maneggiata, serve a perseguire e legittimare posizioni particolaristiche ovvero diventa “una credenziale intellettuale per convincere il pubblico che un’idea o un processo sono “oggettivi” e dunque migliore di qualsiasi altra idea concorrente” (Ewing, 2011, p. 667). Ciò però con la concorrenza e l’efficienza che ne dovrebbe derivare non hanno nessuna parentela. 10 Ref. http://www.paristech.fr/index.php/fre/A-propos-de-ParisTech/Historique 8 6. Innovazione tecnologica: Open Access e oltre La letteratura antitrust estende il concetto di concorrenza anche all’apertura di nuovi mercati, allo sviluppi di nuovi prodotto o di nuovi processi produttivi (Neumann, 2001). Da questo profilo le rigidità prodotte dal sistema vigente della pubblicazione accademica spiega anche la sua inerzia che sinora ha limitato la capacità di cogliere alcune delle opportunità produttive portate dal cambiamento tecnologico. Tra queste il caso più interessante è fornito dalla disruptive innovation portata dall’Open Access che permette di abbattere da un lato i costi di gestione e produzione delle riviste e dall’altro di massimizzare i loro lettori sfruttando in sostanza le tecnologie digitali e Internet (Willinsky, 2009). Oggi produrre e distribuire una rivista scientifica è divenuta un’attività assai meno costosa di un tempo grazie all’ausilio di software di gestione editoriali e grazie alla distribuzione capillare che internet permette (Cavaleri et al., 2009). In particolare il vantaggio principale delle riviste OA non è tanto quello di abbattere i costi di produzione, stampa e distribuzione -- benefici per inciso accessibili anche alle riviste tradizionali -- quanto quello di permettere la sostituzione del modello sinora basato sull’esclusione via prezzo per finanziare i costi, con un modello “aperto” che, grazie a costi marginali nulli e costi di produzione più bassi, permette di riportare l’informazione scientifica nell’ambito dei beni pubblici, beneficiando di un potenziale di diffusione che non è possibile per le riviste tradizionali (Willinsky, 2009). Anche qui, tuttavia, ragioni varie talvolta interferiscono sino a rendere il cambiamento lento e incerto. La chiave di lettura è fornita dall’economia dell’innovazione che ha mostrato come il modo in cui la società riceve e interpreta le innovazioni dipenda molto dagli utenti e dall'ambiente in cui sono inserite. La domanda – e quindi nuovamente il contesto ‘sociologico’ dell’accademia – è cruciale nel determinare le scelte, cosicché i risultati possono essere path-dependent e vincolati a inerzie pre-esistenti , che possono ostacolare di una scelta ottimale (Arthur 1989). In altri termini la ‘capacità di assorbimento’ non dipende solo dal mercato, ma anche dal contesto istituzionale e dagli attori coinvolti (Cohen and Levinthal 1990). Nel caso delle pubblicazioni scientifiche, il cambiamento tecnologico si scontra ancora una volta con l’interferenza di isteresi comportamentali che in definitiva rimandano alle norme sociali delle comunità scientifiche, a loro volta rafforzate dalle dinamiche descritte in precedenza. Il risultato, paradossale, è dunque quello che mentre una larga parte degli studiosi accolgono calorosamente le pubblicazioni OA e celebrano le nuove potenzialità offerte da questo modello di pubblicazione, quando di inviare i propri articoli o di valutarle, assumono nei fatti un comportamento avverso. Ciò ha un impatto sull’adozione di questo modello di rivista. Le indagini empiriche mostrano ad esempio che mentre in media i ricercatori ritengono effettivamente che le riviste OA permettano di raggiungere un pubblico più vasto e persino producano maggiori citazioni, in accordo peraltro con i riscontri empirici, la quantità e qualità di articoli inviati a tale riviste sono entrambe assai inferiori rispetto a quelli inviati alle riviste tradizionali. La principale spiegazione per tale apparente contraddizione è che le scelte dei ricercatori sono backward-looking e considerano le rigidità imposte dalle norme sociali (Park e Qin, 2007; Migheli e Ramello, 2014a; McCabe e Schnyder, 2014). 9 Dunque, di fronte all’incertezza, la minimizzazione del rischio impone di scegliere l’‘investimento’ più sicuro per la carriera, anche se questo viola in qualche misura le preferenze espresse (a meno di assumere che gli studiosi mentano in modo sistematico per quanto concerne le proprie preferenze!). Lo studio degli aspetti comportamentali che si focalizza sulla complessità dell’impatto delle variabili sociologiche anche in questo caso rivela effetti articolati e non banali. Ad esempio un’indagine empirica su un campione di accademici italiani di discipline diverse rivela la forza del contesto nel determinare le scelte, cosicché queste variano a seconda che siano o meno prese all’interno o al di fuori della comunità, ovvero a seconda che dell’intensità delle norme sociali in contesti diversi. I professori ordinari che mostrano un sostanziale favore per riviste OA e che quando operano scelte individuali sono coerenti con tale preferenza, sottomettendo un cospicuo numero di articoli a tali riviste, quando devono valutare le promozioni dei professori associati, in virtù della pressione delle norme sociali vigenti nella comunità di pari, adottano un atteggiamento opposto (Migheli e Ramello, 2013). 7. L’impatto del paradigma publish or perish sui diversi sistemi di ricerca nazionali La trasformazione appena descritta, in senso internazionale del sistema di produzione e distribuzione dei prodotti scientifici, da un lato, e dei meccanismi della concorrenza per la carriera accademica, dall'altro, hanno un impatto differenziato nei singoli sistemi di ricerca nazionali, soprattutto quando ci riferiamo alle discipline in cui la componente istituzionale e culturale locale è maggiore, come le scienze sociali, tra cui l'economia. Tale impatto inoltre è condizionato dalle diverse politiche pubbliche nazionali. Il prevalere assoluto di una lingua utilizzata per la comunicazione scientifica – l'inglese veicolare -, il dominio che un gruppo ristretto di editori ha sui media scientifici – le riviste internazionali –, l'egemonia culturale di alcuni progetti e metodi della ricerca sostenuta da singole riviste o gruppi di riviste internazionali, l'affermarsi di un metodo di selezione dei prodotti – i referee – che usa procedure di valutazione internazionalmente omogenee, oltre che del criterio di valutazione delle pubblicazioni e dei ricercatori sulla base di sistemi di ranking internazionali, tutto questo ha una duplice e importante conseguenza sui contenuti stessi della ricerca. Innanzitutto il linguaggio veicolare e il metodo dominante di produzione e selezione premiano i contributi modali e disincentivano le differenziazioni. Si determina un appiattimento della ricerca su schemi dettati dalle tendenze e soprattutto dalle riviste a più alta posizione nel ranking, prevalentemente anglosassoni. Inoltre l'uso di un linguaggio unico indubbiamente favorisce la comunicazione, ma rischia di sbiadire i colori delle diverse sfumature culturali. Come arcinoto, “il linguaggio é il messaggio”. La messa a fuoco, la descrizione e l'interpretazione attenta dei problemi analizzati richiederebbero un accurato bilanciamento tra i concetti e un metodo generalizzante, da un lato, e la considerazione dei contesti specifici, dall'altro. Questo è tanto più vero quanto più le situazioni rappresentabili a livello locale si discostano da quelle su cui su cui maggiore é l'attenziione dei contributi modali internazionali. Cade inoltre l'attenzione per situazioni e problemi che rivestono un interesse locale e/o che sono più influenzati da specifici contesti istituzionali o modalità di comportamento legate a particolari condizioni storiche. Infatti ciò che è più importante per l'autore é ottenere un'audience internazionale che consenta di ottenere più citazioni. In sintesi, la “macchina” della ricerca tarata sull’attuale sistema di pubblicazione penalizza la varietà e la diversità, e forse anche la curiosità per i fenomeni concreti. 10 I sistemi di ricerca nazionali che più hanno risentito e risentono di questa evoluzione dominante sono in linea generale quelli non anglofoni e più in particolare quelli che rispondevano e rispondono a una propria e diversa logica di produzione e di distribuzione dei prodotti scientifici, oltre che a differenti regole di carriera accademica. L'impatto però è diverso a seconda della politica culturale e di ricerca che prevale nei singoli paesi. Qui descriviamo brevemente due casi emblematici e diversi, quello francese e quello italiano. Il sistema di ricerca francese non ha rifiutato il criterio del ranking internazionale delle riviste e dei prodotti di ricerca, ma lo ha utilizzato con prudente avvedutezza. Il Cnrs e Aeres hanno definito varie fasce qualitative in cui hanno collocato le riviste francesi e non, tenendo conto della loro rilevanza per la comunità locale. Al vertice stanno in larghissima parte quelle internazionalmente più riconosciute, in linea di massima in lingua inglese. Al di sotto stanno però più fasce, in ciascuna delle quali si collocano anche riviste nazionali e in lingua francese di decrescente qualità, distribuite sulla base non solo dei vari indici sopra indicati, ma anche degli obiettivi di politica nazionale per la ricerca. Tra questi sta la difesa delle caratteristiche della produzione scientifica francese, pur sempre soggetta al sistema competitivo internazionale. Inoltre il sistema bibliometrico, adattato a obiettivi di politica di ricerca e culturale nazionali, è solo uno degli strumenti di valutazione nella competizione per le carriere accademiche. Nel caso italiano, sempre per quanto riguarda le scienze sociali e in particolare l'economia, si è affermata una politica che, almeno in linea di principio, utilizza criteri bibliometrici “puri”. È stata infatti attivata una graduatoria qualitativa che polarizza di fatto le riviste in due classi: nella prima, la fascia A, stanno le più qualificate riviste internazionali, in lingua inglese, mentre nella seconda B, a cui è attribuito un valore nettamente inferiore, stanno anche alcune riviste nazionali insieme ad altre riviste internazionali e ai capitoli di libro 11 . Il punto significativo è che il criterio di appartenenza alle due classi è dato quasi esclusivamente dai vari indici, mentre è mancata ogni considerazione di criteri miranti a valorizzare e migliorare la qualità dei media scientifici nazionali. L'esito è stato quello di mettere completamente e per sempre fuori gioco le pubblicazioni in lingua italiana, ma più in generale di colpire, senza favorirne la trasformazione, i media scientifici nazionali. D'altra parte i passaggi nella carriera scientifica sono determinati da valutazioni spesso automatiche, ma paradossalmente esercitate da commissioni nazionali, dipendenti soprattutto dal ranking e quindi dagli indicatori bibliometrici (con qualche anomalia). Poiché questi criteri di selezione vanno a scontrarsi con altri che tengono conto di altre considerazioni, talvolta anche legittime, di fatto entrano in azione mediazioni che inevitabilmente rischiano di essere poco trasparenti. L'effetto di questo meccanismo è che l'esito qualitativo delle competizioni per la carriera accademica non è affatto garantito. Dunque, a fronte di una comune tendenza che, piaccia più o meno, é comunque un dato di realtà di cui ricercatori ed editori tengono conto, si possono configurare diverse politiche pubbliche. É possibile agire sugli incentivi interni al fine di raggiungere obiettivi di ricerca che migliorano le conoscenze specifiche del paese e la capacità di produrle: questo é il caso francese. Oppure é possibile rinunciare a ogni obiettivo di questo tipo, accettare la mano non tanto invisibile che guida la concorrenza nella produzione della conoscenza e nelle carriere accademiche adattandosi all'evoluzione internazionale, magari interpretandola in modo 11 Esiste una classifica più ampia articolata in quattro classi, quella del GEV 13 (http://anvurmiur.cineca.it/?q=it/content/lista-riviste ). Non soltanto poi nei sistemi di valutazione adottati dall’ANVUR in sostanza le 3 classi più basse vengono condensate in una, ma anche lì manca una specifica considerazione della politica della ricerca nazionale italiana per cui con pochissime eccezioni tutte le riviste nazionali sono relegate anche lì nella terza (poche) o quarta fascia. 11 estremo: questo é il caso italiano. É forse presto per esprimere un giudizio documentato sugli effetti della scelta italiana, sia sul sistema nazionale di ricerca che sulla capacità di produrre conoscenza specifica, ma l'impressione é che essi potrebbero essere piuttosto negativi. 8. Conclusioni Publish or perish è il paradigma su cui poggia l’attuale comunità scientifica internazionale. Tale motto non è soltanto l’imperativo che governa la vita dei ricercatori, ma racchiude in se il distillato di un lungo percorso storico nel quale dinamiche diverse si sono amalgamate sino a produrre un sistema di incentivi assai articolato. Mentre dunque oggi tale sistema pare organico e quasi inevitabile nella sua apparente semplicità, ad una attenta analisi mostra invece lati complessi, talora oscuri. L’elemento portante di tale cattedrale è “il paper” che è divenuto l’unità molecolare di conoscenza nella scienza, nei sistemi di citazione e nei modelli di business degli editori: il paper rappresenta l’unità di output dei ricercatori, è l’elemento che convertito in pubblicazione diventa la remunerazione individuale della ricerca, è lo strumento principe della circolazione di idee, è l’elemento costituente del mercato delle riviste, è lo strumento di valorizzazione della reputazione personale e delle riviste attraverso lo strumento della citazione e molto altro ancora. Tale stratificazione mette insieme istanze disparate, quelle sociologiche legate alle comunità scientifiche e quelle economiche, principalmente legate al mercato delle riviste scientifiche, e che negli ultimi decenni hanno subito un forse impulso per l’alta redditività del settore. Il quadro complessivo è assai opaco e non facilmente decifrabile se non si tiene conto della traiettoria complessiva impressa da tutte le interazioni. Quello che si osserva è che la scienza moderna ha assunto per molti versi caratteristiche analoghe alle attività imprenditoriali e ciò in parte sposta i sistemi di incentivi verso il mercato. La concorrenza tra idee che dovrebbe essere l’elemento caratterizzante della produzione di conoscenza si interseca oggi con strategie commerciali e di carriera che di fatto alterano le scelte dei ricercatori. Gli indicatori bibliometrici, nati per offrire punti di riferimento ai ricercatori al fine di capire l’evoluzione della letteratura scientifica, sono divenuti non solo la misura del valore scientifico delle riviste, ma anche del loro valore di mercato, e attraverso i ranking sono divenuti il centro di gravitazione del sistema delle pubblicazioni ma anche delle carriere dei ricercatori e sulle fortune delle istituzioni accademiche. La sovrapposizione di concorrenza tra idee, tra riviste, tra editori, tra indicatori bibliometrici e tra sistemi di ranking ha infine effetti endogeni sulla comunità scientifica che, al di la di qualsiasi pregiudizio morale, va’ opportunamente studiato per evitare facili quanto errate interpretazioni. D’altronde le politiche nazionali della ricerca dovrebbero prestare un po’ più d’attenzione alle specificità locali e a quanto queste possano essere importanti per preservare aspetti scientifici di interesse. I sistemi nazionali della scienza, anche se integrati internazionalmente, spesso mantengono caratteri locali che vanno opportunamente valorizzati se si vuole mantenere il dibattito su specificità che assumono un rilievo particolare soprattutto quando la ricerca scientifica è usata per implicazioni di policy, come nel caso delle scienze sociali e in particolare delle scienza economiche, che ha nel suo dna una dimensione positiva e normativa. 12 Bibliografia Amman, R. (2003) A Sovietological View of Modern Britain, The Political Quarterly, vol. 74, n. 4. M. Biagioli (2003) “Rights or Rewards”? Changing frameworks of scientific authorship” in M. Biagioli, P. Galison (ed.) Scientific Authorship, Routledge, pp. 253-279. N.A. Bowman, M.N. Bastedo (2011) “Anchoring effects in world university rankings: expliring biases in reputation scores”, Higher Education, 61, pp. 431-444. G. Brennan, P. Pettit (2005) The economy of esteem, Princeton UP. Campbel, D.T. 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Uno sguardo d'insieme 2011 n.190 Gianna Lotito, Matteo Migheli and Guido Ortona: Is cooperation instinctive? Evidence from the response times in a Public Goods Game