Lotta all`obesità: ultime scoperte, nuove strategie cliniche

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Lotta all`obesità: ultime scoperte, nuove strategie cliniche
Lotta all’obesità: ultime scoperte,
nuove strategie cliniche
Questa attività formativa è supportata da un finanziamento indipendente a fini educativi concesso da
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Lotta all’obesità: ultime scoperte, nuove strategie cliniche
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Questa attività formativa è destinata ad un pubblico internazionale di professionisti della sanità di provenienza non statunitense,
nello specifico endocrinologi, diabetologi, specialisti dell’obesità, cardiologi, medici di base e altri operatori sanitari coinvolti nella
cura dei soggetti in sovrappeso e obesi.
Lo scopo di questa attività è di esaminare la sfida globale dell’obesità, le ultime scoperte sulla fisiologia della regolazione del peso
e le nuove opzioni di trattamento.
Una volta portata a termine questa attività, i partecipanti saranno in grado di:
•
•
•
Discutere dell’epidemiologia globale e del carico di malattia associati all’obesità
Descrivere i meccanismi fisiologici legati all’assunzione del cibo e alla sazietà e identificare i mezzi tramite i quali i farmaci
antiobesità influiscono su queste vie
Analizzare l’efficacia e la sicurezza delle terapie farmacologiche attuali ed emergenti per il trattamento dell’obesità
Facoltà e dichiarazioni di conflitto d’interesse
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qualsiasi relazione finanziaria rilevante intercorsa negli ultimi 12 mesi, che potrebbe creare un conflitto d’interessi.
Facoltà:
Hans J. Hauner, MD, Direttore, Else Kröner Fresenius Center for Nutritional Medicine; Presidente, Nutritional Medicine,
Department of Medicine, Technische Universitat München, Monaco di Baviera, Germania
Hans J. Hauner, MD, ha reso noti i seguenti rapporti finanziari rilevanti:
Ha lavorato come consigliere o consulente per: Boehringer Ingelheim Pharmaceuticals, Inc.; Danone; Janssen-Cilag; Eli Lilly and
Company
Ha svolto il ruolo di relatore o è stato membro di un ufficio di relatori per: Nestlé; Riemer; Unilever
Ha ricevuto borse di studio per attività di ricerca clinica da: Certmedica Pharma; Riemer
Editori:
Anne M. Sendaydiego, PharmD
Direttore scientifico, WebMD Global, LLC
Dichiarazione d’interessi: Anne M. Sendaydiego, PharmD, non ha reso noti rapporti finanziari rilevanti.
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Revisore di contenuto:
Nafeez Zawahir, MD
Direttore clinico CME
Dichiarazione d’interessi: Nafeez Zawahir, MD, non ha reso noti rapporti finanziari rilevanti.
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Epidemiologia e carico di malattia dell’obesità
L’obesità è prevenibile, ma si stima che nel 2014 più di 600 milioni di adulti in tutto il mondo saranno obesi e altri 1,9 miliardi di
individui saranno in sovrappeso; ciò significa circa il 30% della popolazione globale.[1-3] Sovrappeso e obesità sorgono quando si
verifica uno sbilanciamento tra l’ingestione e il dispendio di calorie, con l’eccesso di calorie immagazzinato come peso corporeo.
I fattori fisiologici e genetici sono importanti, ma anche i fattori ambientali, inclusi il reddito disponibile, il luogo di residenza, il
lavoro, i viaggi e il tempo libero svolgono un ruolo significativo nell’aumento del tasso di obesità. L’obesità è una malattia cronica,
caratterizzata da grasso corporeo in eccesso con effetti avversi su salute, aspettativa di vita e qualità della vita.[4] Nella Tabella 1
sono riportate le statistiche per Paese relative alla percentuale di residenti obesi, in sovrappeso e la percentuale combinata di
obesi e sovrappeso.[4] Nel mondo vi sono più persone sovrappeso che sottopeso, e la maggior parte delle persone vive in Paesi in
cui l’eccesso di peso uccide più persone dell’essere sottopeso.[1]
Tabella 1. Percentuali di sovrappeso e obesità per diversi Paesi
Paese*
Obesità negli adulti
(%)
Sovrappeso negli adulti
(%)
Obesità e sovrappeso
combinati (%)
Brasile
17,4
33,6
51,0
Bulgaria
23,7
34,5
58,2
Canada
18,4
34,1
52,5
Danimarca
14,1
33,3
47,4
Inghilterra
24,8
37,1
61,9
Francia
15,0
32,6
47,6
Germania
23,6
36,5
60,1
Italia
10,3
36,5
46,8
Messico
32,2
39,1
71,3
Spagna
22,9
39,4
62,3
Stati Uniti
35,7
33,1
68,8
*I dati sull’indice di massa corporea derivano da molte fonti differenti e non sono confrontabili direttamente.
Alcuni sono riferiti dal soggetto e tendono a portare a una sottostima dell’IMC; altri sono misurati
obiettivamente da un operatore sanitario.
Adattato da European Association for the Study of Obesity.[4]
Le classi di peso sono definite usando l’indice di massa corporea (IMC). Un peso salutare è generalmente definito come un IMC
di 18,5-24,9 kg/m2.[2,4] Il sovrappeso è definito come un IMC di 25,0-29,9 kg/m2 e l’obesitá è definita come un IMC di 30,0 kg/m2 o
superiore.[1,2,4] L’obesità può essere ulteriormente suddivisa in tre categorie: obesità di classe 1 (IMC di 30,0-34,9 kg/m2), obesità
di classe 2 (IMC di 35,0-39,9 kg/m2) e obesità di classe 3 (IMC di 40,0 kg/m2o superiore).[2,4] Poichè alcune popolazioni presentano
una percentuale maggiore di grasso corporeo e/o una tendenza ad accumulare grasso viscerale, sono raccomandate soglie di IMC
inferiori per neri africani, afro-caraibici e asiatici (IMC compreso tra 23,0 e 27,4 kg/m2 per il sovrappeso e superiore a 27,5 kg/m2 per
l’obesità).
L’IMC è usato come stima dell’adiposità (tessuto adiposo in eccesso), ma non ne è una misura diretta.[2,5] Un altro modo di
identificare i soggetti sovrappeso consiste nel misurare la circonferenza della vita (WC, waist circumference).[4] È noto che l’obesità
addominale aumenta il rischio di diabete mellito di tipo II (T2DM, type 2 diabetes mellitus), di malattia cardiovascolare (MCV)
e di morte.[4] La misurazione della WC è raccomandata nei pazienti sovrappeso con un IMC inferiore a 35,0 kg/m2.[2] Sindrome
metabolica è il termine usato per descrivere una varietà di fattori di rischio cardiovascolari che includono come caratteristica
centrale l’aumento della WC, che è una misura indiretta della massa grassa viscerale.[5] L’adiposopatia è l’ingrossamento e/o
la disfunzione degli adipociti e del tessuto adiposo, che ha come effetto conseguenze avverse, comprese le comuni malattie
cardiometaboliche quali il T2DM, la pressione arteriosa alta e la dislipidemia.[5] Gli individui asiatici presentano una suscettibilità
genetica per la sindrome metabolica, anche se non sono particolarmente sovrappeso. Spesso mostrano adipociti in numero
inferiore ma più grandi, una caratteristica associata a incremento dell’adiposità viscerale e livelli aumentati di acidi grassi liberi,
leptina e proteina C-reattiva, che determinano insulinoresistenza e rischio cardiovascolare, giustificando la raccomandazione di
soglie di IMC più basse in questa popolazione.[5]
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L’obesità innalza il rischio di morbilità per ipertensione, dislipidemia, T2DM, cardiopatia coronarica, ictus, malattia della colecisti,
osteoartrite, apnea del sonno e problemi respiratori, e numerosi tipi di cancro, inclusi cancro della mammella, dell’endometrio, del
colon-retto, del rene, dell’esofago, del fegato e del pancreas. L’obesità è inoltre associata a un aumento del rischio di mortalità per
tutte le cause e per cause cardiovascolari, come anche di morbilità psicologica e psichiatrica.[2,4,6] Con l’aumento dell’IMC al di sopra
del peso corporeo salutare, diminuisce l’aspettativa di vita.[4] Per una persona con obesità di classe 1 l’aspettativa di vita si riduce
di 2-4 anni, mentre per una persona con obesità di classe 3 l’aspettativa di vita si riduce di 8-10 anni, in maniera paragonabile agli
effetti avversi sull’aspettativa di vita risultanti dal fumare tabacco.[4] Anche la qualità della vita risulta significativamente ridotta,
con circa 3 anni di disabilità associati a un IMC di 30-35 kg/m2 e aumento dei tassi di depressione e ansia.[4]
Il costo complessivo dell’obesità è difficile da calcolare; tuttavia, è stato recentemente stimato che il costo globale dell’obesità
sia di circa 2,0 trilioni di dollari, o il 2,8% del prodotto interno lordo globale. Si stima che il costo diretto per i sistemi sanitari
delle economie occidentali sia compreso tra il 2% e il 7% di tutta la spesa sanitaria, con punte che possono raggiungere il 20% a
seconda dell’approccio utilizzato per prendere in considerazione le comorbilità associate.[3]
Eziologia e fisiopatologia dell’obesità: disregolazione multifattoriale
L’ingestione di calorie è regolata da segnali neuronali e umorali, che provengono dall’intestino, dal pancreas e dal tessuto adiposo
e che trasmettono le informazioni al sistema nervoso centrale (SNC), causando lo stimolo o la soppressione dell’appetito.[7-9] Gli
ormoni intestinali per i quali è noto un coinvolgimento nella regolazione della nutrizione includono la grelina, che aumenta
l’assunzione di cibo, e la colecistochinina, il peptide YY, l’oxintomodulina e il peptide glucagone-simile 1 (GLP-1), che agiscono in
maniera sinergica per sopprimere l’appetito.[7,8] Esistono interazioni complesse tra il cibo presente nello stomaco e nell’intestino
tenue e il rilascio di ormoni e l’attivazione neuronale, con la conseguente attivazione di numerose aree diverse del cervello, in
particolare l’ipotalamo e il tronco encefalico (Figura 1).[8] Gli organi periferici trasmettono informazioni sulle riserve energetiche
(per es., la secrezione di leptina è proporzionale alla massa adiposa) e informazioni relative ai pasti (per es., secrezione di insulina).
La resistenza alla leptina e l’insulinoresistenza possono entrambe contribuire all’ingestione di calorie in eccesso in pazienti
con obesità.[7] Inoltre, l’assunzione di cibo è controllata da vie del piacere (edonistiche) nel cervello, che possono bypassare i
meccanismi omeostatici determinando sovralimentazione.[7]
Il nucleo arcuato dell’ipotalamo presenta sia neuroni oressigeni (stimolanti dell’appetito; che coesprimono il neuropeptide
Y e il peptide correlato alla proteina Agouti), sia neuroni anoressigeni (soppressori dell’appetito; che coesprimono proopiomelanocortina e trascritto regolato da cocaina e anfetamina) e agisce come un guardiano nel regolare il controllo
omeostatico dell’alimentazione.[7-9] Entrambi i set di neuroni proiettano al nucleo paraventricolare.[8]
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Figura 1. Principali vie di segnalazione neuro-ormonali coinvolte nella regolazione dell’assunzione di cibo. AP = area postrema;
ARC = nucleo arcuato; CCK = colecistochinina; DVC = complesso vagale dorsale; DVN = nucleo motore dorsale del vago;
GLP-1 = peptide glucagone-simile 1; NPY/AgRP = neuropeptide Y e peptide correlato alla proteina Agouti; NTS = nucleo del
tratto solitario; OXM = oxintomodulina; POMC/CART = pro-opiomelanocortina e trascritto regolato da cocaina e anfetamina;
PP = polipeptide pancreatico; PYY = peptide YY. Adattato da Suzuki K, et al.[8]
Si ritiene che l’assunzione edonistica di cibo sia controllata dai circuiti cortico-limbici (per es., aree dopaminergiche quali il corpo
striato e il nucleo accumbens) e dalle loro interazioni con i centri corticali superiori nella corteccia frontale. La sovralimentazione
risulta accentuata in presenza di cibo altamente gratificante/gustoso e ricco di energia.[10] I recettori della dopamina e degli
oppiacei sono molto importanti nel valore di piacevolezza del cibo; si ritiene che la dopamina sia maggiormente coinvolta
nell’aspetto motivazionale del “desiderio” di cibo, mentre il segnale degli oppiacei sembra coinvolto nell’”apprezzamento” del cibo.[10]
È stato suggerito che l’obesità sia una situazione in cui il grasso corporeo aumentato diventa il nuovo stato omeostatico normale,
e l’organismo difende questo nuovo stato aumentando le porzioni di cibo e diminuendo l’intervallo tra i pasti; i circuiti «edonistici»
cortico-limbici vengono attivati per difendere la condizione di sovrappeso/obesità.[10] Se così fosse, consigliare di cambiare stile
di vita, di mangiare meno e di fare più esercizio fisico avrebbe poche possibilità di funzionare a lungo termine. Questo punto di
vista si riflette nel dato di fatto che le diete a breve termine spesso conducono a un aumento di peso sul lungo periodo, e che
le risposte compensatorie sono difficili da superare.[10,11] La genetica (per es., variabilità nel numero e nella dimensione degli
adipociti; persone con una personalità che tende maggiormente all’assuefazione), l’ambiente (per es., tipi di alimenti disponibili
e scelta del cibo; livello di istruzione; reddito) e la percezione (incapacità di rendersi conto che il proprio peso, o quello dei propri
figli, è superiore a un peso salutare) sono tutti fattori che contribuiscono all’aumento della prevalenza dell’obesità nella società e
delle gravi implicazioni ad essa associate a livello sanitario.[1-4]
Tra gli ormoni coinvolti nell’alimentazione omeostatica, uno dei più ampiamente studiati è il GLP-1.[7,12,13] Il GLP-1 è un’incretina di
cui è noto l’effetto ipoglicemizzante attraverso la stimolazione della secrezione di insulina e la soppressione glucosio-dipendente
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Lotta all’obesità: ultime scoperte, nuove strategie cliniche
della secrezione di glucagone.[12,14] Il GLP-1 viene secreto dalle cellule L nel tratto gastrointestinale ed è indotto da zuccheri,
amminoacidi e acidi grassi a catena lunga.[13] Tuttavia, la più alta concentrazione di cellule L si trova nell’epitelio del colon, dove
tali nutrienti hanno scarsa probabilità di arrivare. Si ritiene che anche gli acidi grassi a catena corta (derivati dalla fermentazione
batterica [per es., acetato, propionato, butirrato]) e le fibre alimentari non digeribili e fermentabili determinino un aumento della
secrezione di GLP-1.[13]
I risultati della chirurgia bariatrica supportano l’idea che il GLP-1 venga aumentato dai nutrienti nell’intestino tenue distale. La
redistribuzione chirurgica dei nutrienti ingeriti causa aumenti drammatici dei livelli di GLP-1, che risultano correlati con una
diminuzione del peso e dell’appetito.[12] La chirurgia bariatrica è il trattamento medico di gran lunga più efficace per l’obesità
grave.[10] La diffusa procedura di bypass gastrico Roux-en-Y determina una perdita media del peso corporeo in eccesso pari al
60% in pazienti obesi in maniera patologica. Al contrario di quanto avviene con la restrizione calorica, i pazienti presentano
una riduzione dell’appetito e una riduzione del desiderio di cibo ricco di energia, senza alcuna alterazione dei livelli circolanti di
ormoni tiroidei.[10]
Il GLP-1 ha un’emivita molto breve (1,5-5 minuti) a causa della degradazione da parte dell’enzima dipeptidil-peptidasi-4.[14] Il
GLP-1 stimola i recettori periferici del GLP-1 localizzati sulle afferenze sensoriali vagali che proiettano al cervello e attivano i
neuroni che producono GLP-1 nel nucleo del tratto solitario. Questi proiettano ad aree del cervello che contengono recettori
di GLP-1, quali l’area tegmentale ventrale, il nucleo accumbens e l’ipotalamo. I recettori di GLP-1 esistono in densità maggiore
sui neuroni anoressigeni che non sui neuroni oressigeni (Figura 2).[7] I recettori di GLP-1 nella regione del nucleo accumbens e
nell’area tegmentale ventrale sembrano essere responsabili di un effetto inibitorio del GLP-1 sul valore di ricompensa del cibo.
Anche il GLP-1 periferico può avere effetti diretti sul SNC poiché sono presenti recettori di GLP-1 nel quarto ventricolo, un’area in
cui i peptidi provenienti dalla circolazione periferica non vengono bloccati dalla barriera emato-encefalica.[7]
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Figura 2. Effetti del GLP-1 su appetito e peso corporeo. SNE = sistema nervoso enterico; GLP-1 = peptide glucagone-simile 1. Adattato
da van Bloemendaal L, et al.[7]
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Opzioni terapeutiche per l’obesità
Sono state recentemente sviluppate numerose linee guida basate sul consenso per aiutare i clinici a gestire pazienti con
sovrappeso e obesità, tra cui le linee guida del National Institute for Health and Care Excellence (NICE), dello US National Heart,
Lung, and Blood Institute, della American Society of Bariatric Physicians e dell’American College of Cardiology/American Heart
Association/The Obesity Society.[2,6,15,16] Il NICE e altre agenzie regolatorie sottolineano il fatto che per evitare sentimenti negativi,
è necessario rimarcare che obesità è un termine clinico.[2,11] I pazienti non devono essere biasimati per il loro peso; si tratta di una
patologia che deve essere discussa con un dialogo aperto e rispettoso.[2,11]
Molti pazienti sono riluttanti a cambiare abitudini di vita instaurate da tempo, e stabilire se un paziente è pronto a perdere peso
costituisce una parte essenziale della valutazione iniziale.[11] Una volta affrontato l’argomento sovrappeso/obesità, è necessario
effettuare misurazioni per determinare l’intensità del trattamento (Tabella 2).[2] L’approccio alla perdita di peso deve essere
personalizzato, tenendo conto di preferenze individuali, circostanze sociali, età, comorbilità e del potenziale di trarre beneficio
dalla perdita di peso. Nel caso di pazienti con comorbilità (per es., T2DM, ipertensione, MCV, osteoartrite, dislipidemia, apnea del
sonno), queste vanno trattate senza attendere che il paziente perda peso.[2,11,15]
Tabella 2. Valutazione dei rischi per la salute negli adulti in base a IMC e WC
Classificazione IMC
(kg/m2)
Sovrappeso; 25-29,9
Obesità di classe 1; 30,0-34,9
WC (cm)
Bassa
Maschio
(<94 cm)
Femmina
(<80 cm)
Alta
Maschio
(da 94 a 102 cm)
Femmina
(da 80 a 88 cm)
Molto alta
Maschio
(>102 cm)
Femmina
(>88 cm)
Nessun aumento del rischio
Rischio aumentato
Rischio alto
Rischio aumentato
Rischio alto
Rischio molto alto
Obesità di classe 2; 34,9-39,9
Obesità di classe 3; ≥40,0
Rischio alto o molto alto
Rischio molto alto
IMC = indice di massa corporea; WC = circonferenza vita
Adattato dal National Institute for Health and Care Excellence.[2]
Un’alternativa all’approccio basato sull’IMC è un modello medico basato sulle complicanze, che presuppone che
l’IMC basale e il numero di chili persi siano meno importanti della presenza di complicanze e della loro gravità.[17]
Una perdita di peso moderata del 5%-10% del peso corporeo ha benefici significativi ed è sufficiente a migliorare e
a prevenire la progressione delle complicanze (per es., T2DM).[17,18] Il primo passo è valutare la presenza e la gravità
di complicanze dell’obesità.[18] Il Cardiometabolic Disease Staging System è stato proposto come guida.[17] I pazienti
vengono assegnati a categorie di rischio usando parametri che includono la WC, la pressione arteriosa, la glicemia
a digiuno, i trigliceridi, il colesterolo, nonché il valore al test di tolleranza al carico orale di glucosio a 2 ore.[17,18]
L’intensità del regime per la perdita di peso aumenta nel tempo per controllare le complicanze dell’obesità. Un altro
semplice sistema di stadiazione clinica e funzionale sviluppato per permettere ai clinici di descrivere la morbilità e
le limitazioni funzionali associate con l’eccesso di peso è l’Edmonton Obesity Staging System (EOSS) (Figura 3).[19]
È stato dimostrato che l’EOSS predice in maniera indipendente l’aumento di mortalità anche dopo aggiustamento
per i metodi tradizionali di classificazione dell’adiposità.[20] Il principale contributo incrementale di questo sistema
di stadiazione alle equazioni degli indici antropomorfici e del rischio cardiovascolare è la misurazione diretta della
presenza e della gravità delle comorbilità sottostanti legate all’obesità, permettendo una valutazione del rischio più
completa e personalizzata.[20]
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Figura 3. Rappresentazione schematica dell’Edmonton Obesity Staging System. Adattato da Sharma AM, et al.[19]
Sovrappeso e obesità sono malattie croniche che necessitano di un follow-up regolare a lungo termine da parte di un team
multidisciplinare per assicurare la continuità della cura.[2] L’aderenza del paziente è l’aspetto più importante quando si decide quali
abitudini alimentari e di esercizio regolare seguire per perdere peso inizialmente e poi per mantenere il nuovo peso più basso.[21,22]
Gestione dello stile di vita
Una dieta ipocalorica, l’esercizio aerobico e una dieta combinata con esercizio aerobico si sono dimostrati efficaci nel produrre
riduzioni clinicamente significative (>5%) del peso corporeo.[21] Tuttavia, il sovrappeso e l’obesità continuano, a causa dell’incapacità
dei pazienti di mantenere la perdita di peso a lungo termine in modo coerente. Le variazioni compensatorie che si verificano nel
metabolismo energetico e nella regolazione dell’appetito in risposta a una dieta ipocalorica spesso determinano la ripresa del
peso perduto. Inoltre, le variazioni compensatorie di solito persistono dopo la perdita di peso indotta dalla dieta.[11,21] Una revisione
sistematica di 20 studi clinici randomizzati ha evidenziato dati che suggeriscono che una maggiore perdita di peso a lungo
termine si ottiene quando la dieta viene combinata con l’esercizio aerobico rispetto alla sola dieta o al solo esercizio aerobico.[11,21]
Gli sperimentatori hanno concluso che è possibile prevedere che la combinazione di dieta ed esercizio aerobico aiuti a mantenere
la perdita di peso; tuttavia, nessuna modalità di perdita di peso ha mostrato vantaggi per quanto riguarda la minimizzazione della
ripresa del peso.[11,21]
Spesso è difficile scegliere quale tipo di dieta raccomandare ai pazienti; infatti, vi è un acceso dibattito sui meriti dei differenti tipi
di dieta.[22] Per esempio, una metanalisi su 48 studi clinici randomizzati (7286 soggetti) ha evidenziato che la maggiore perdita di
peso era associata a diete a basso contenuto di carboidrati (8,73 kg a 6 mesi) rispetto alle diete a basso contenuto di grassi, che
hanno determinato una diminuzione del peso corporeo di 7,99 kg. Le differenze in termini di perdita di peso tra le singole diete a
basso contenuto di carboidrati o a basso contenuto di grassi sono risultate minime, con perdite di peso significative osservate con
qualsiasi dieta a basso contenuto di carboidrati o a basso contenuto di grassi.[22]
Una frustrante conclusione comune degli studi clinici sull’obesità è che il mantenimento della perdita di peso richiede sforzi
comportamentali notevoli.[23,24] Seguire una dieta ipocalorica (per es., 1000 kcal/giorno) determina una perdita di peso iniziale
sostanziale, ma spesso anche una ripresa di peso maggiore rispetto alla perdita ottenuta con una restrizione più moderata
dell’apporto energetico.[23,24] Tuttavia, una metanalisi su 20 studi con più di 3000 partecipanti ha mostrato che i farmaci contro
l’obesità, i pasti sostitutivi e le diete ad alto contenuto di proteine erano associati a un migliore mantenimento della perdita di
peso dopo una dieta ipocalorica, mentre non sono stati osservati miglioramenti con integratori alimentari ed esercizio.[23]
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Anche la partecipazione a servizi di gestione del peso in cui i pazienti possono interagire socialmente ed elogiarsi reciprocamente
per la perdita di peso si è mostrata di aiuto sia nella perdita di peso che nel mantenimento della stessa. In uno studio clinico
controllato, randomizzato, a 8 bracci presso un centro di cure primarie in Inghilterra, 740 pazienti con una comorbilità hanno
partecipato a uno di una varietà di servizi di gestione del peso (servizi commerciali come Weight Watchers o Slimming
World oppure servizi condotti dai medici di base) della durata di 12 settimane.[25] I programmi commerciali sono risultati
significativamente migliori nel raggiungimento di una perdita di peso significativa (differenza media, 2,3 (1,3-3,4) kg) e si sono
dimostrati anche più economici da finanziare rispetto ai programmi dei medici di base.[25]
Oltre a scegliere una dieta particolare, i pazienti devono essere incoraggiati ad aumentare il loro livello di attività fisica per i
benefici che può apportare a livello cardiovascolare e per aiutare a mantenere la perdita di peso. Si raccomanda un minimo di
30 minuti di attività fisica moderata o di maggiore intensità per 5 o più giorni alla settimana (per es., camminare, fare giardinaggio,
andare in bicicletta e seguire programmi di esercizi supervisionati).[2] I pazienti devono inoltre ridurre il tempo trascorso in attività
sedentarie (per es., ridurre il tempo trascorso a guardare la televisione o a giocare a videogiochi al computer).[2]
Terapia farmacologica
Il NICE raccomanda un trattamento farmacologico per le persone che non hanno raggiunto il loro obiettivo in termini di perdita
di peso o che hanno raggiunto un plateau in seguito alle modifiche dello stile di vita.[2] Un solo farmaco (orlistat) è attualmente
disponibile in Europa, ma si prevede che l’armamentario farmacologico si arricchirà di almeno 2 ulteriori agenti terapeutici nel
2015.[26] La decisione di iniziare una terapia farmacologica per favorire la perdita di peso corporeo in associazione con una dieta
ipocalorica e un regime di esercizio deve essere discussa in maniera approfondita col paziente.[2]
I farmaci antiobesità, quando usati in combinazione con alterazioni del comportamento in termini di dieta ed esercizio fisico,
determinano una maggiore perdita di peso, che verosimilmente sarà più facile da mantenere sul lungo periodo se il paziente è
in grado di aderire al regime di trattamento. Nei pazienti che non perdono almeno il 5% del proprio peso corporeo dopo circa
12 settimane, il trattamento farmacologico deve essere interrotto, poiché vi sono scarse prospettive di benefici a lungo termine.[27]
Tuttavia, data la mancanza di terapie farmacologiche, in Europa vi sono poche opzioni di trattamento.
Chirurgia bariatrica
Qualora il trattamento farmacologico non sia percorribile o non abbia successo, è possibile prendere in considerazione la chirurgia
bariatrica. La chirurgia bariatrica è un’opzione riservata agli obesi gravi (obesità di classe 3; IMC >40 kg/m2) o ai soggetti con un
IMC compreso tra 35 kg/m2 e 40 kg/m2 e altre comorbilità (per es., T2DM o ipertensione).[2]
Oltre a soddisfare i requisiti di IMC e comorbilità, per poter essere sottoposto all’intervento un paziente deve essere fisicamente
in grado di tollerare l’anestesia e l’operazione chirurgica, e deve impegnarsi a partecipare a un follow-up a lungo termine.[2] La
mancanza di risorse è un problema per la chirurgia bariatrica, ed è possibile usare i farmaci antiobesità nei pazienti per i quali è
raccomandata la chirurgia se i tempi di attesa sono troppo lunghi.[2] Per esempio, l’orlistat può essere usato in pazienti gravemente
obesi che non possono essere sottoposti alla chirurgia bariatrica o sono in lista d’attesa per l’intervento, ma può anche essere
usato come un’alternativa pratica e più economica a questo tipo di operazione, anche se i benefici attesi possono essere molto
inferiori.[2,24] In un contesto di cure di routine, pazienti gravemente obesi con un IMC superiore a 40 kg/m2 sono stati sottoposti
a una dieta liquida ipocalorica (ricca di micronutrienti, 810-833 kcal/giorno) per raggiungere una perdita di peso di 20 kg.[24] La
reintroduzione del cibo è stata graduale ed è stato somministrato orlistat (120 mg/pasto) per aiutare a mantenere la perdita di
peso.[24] I pazienti erano riluttanti, ma circa il 50% ha acconsentito a usare orlistat poiché aveva difficoltà con il programma di
mantenimento della perdita di peso.[24] A 12 mesi, la perdita di peso media è risultata di 12,4 kg nei pazienti che assumevano
orlistat. Anche se questo studio è difficile da interpretare a causa del disegno scarsamente controllato e dell’alto tasso di
abbandono, esso suggerisce che una dieta estremamente ipocalorica associata a un farmaco antiobesità, come orlistat, può
permettere di raggiungere una perdita di peso clinicamente importante a 1 anno in soggetti gravemente obesi.[24,27]
La chirurgia bariatrica è molto efficace sia nel causare una perdita di peso, sia nel permettere ai pazienti di mantenere il loro nuovo
peso corporeo più basso. In uno studio clinico controllato, prospettico, a lungo termine su pazienti svedesi, 2010 pazienti obesi
sono stati sottoposti a chirurgia bariatrica e 2037 pazienti obesi di controllo hanno ricevuto le cure standard.[28] Il peso corporeo
è risultato significativamente ridotto in seguito a chirurgia bariatrica a 2 (23%), 10 (17%), 15 (16%) e 20 anni (18%), mentre nel
gruppo di controllo sono state osservate variazioni minime (riduzioni del peso corporeo comprese tra 0% e 1%). Nel gruppo
sottoposto a chirurgia bariatrica sono state rilevate sia negli uomini che nelle donne una riduzione a lungo termine della mortalità
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Lotta all’obesità: ultime scoperte, nuove strategie cliniche
generale e una diminuzione dell’incidenza di T2DM, di infarto miocardico, di ictus e - solo nelle donne - di cancro.[28] La chirurgia
bariatrica ha anche spezzato il feedback negativo relativo all’attività fisica riscontrato nei pazienti obesi e che consiste nel fatto
che l’obesità, favorendo l’inattività, causa un peggioramento dell’obesità stessa. Questa spirale viene interrotta dalla chirurgia
bariatrica, che determina così un miglioramento significativo nella qualità della vita correlata allo stato di salute.[10,28]
La chirurgia bariatrica comporta dei rischi, con un tasso di circa il 7% di complicanze perioperatorie.[29] Tuttavia, la limitazione
principale per la chirurgia bariatrica rimane la mancanza di risorse; la maggior parte dei Paesi, infatti, mostra capacità insufficienti.
La selezione dei pazienti che potrebbero ottenere i maggiori benefici da questo tipo di intervento è quindi di fondamentale
importanza. È stato evidenziato che un IMC basale elevato non predice un effetto favorevole della chirurgia, ma complicanze quali
livelli elevati di insulina/glicemia elevata sono state associate con un esito favorevole del trattamento.[28]
Agenti farmacologici per il trattamento dell’obesità
L’orlistat è il solo agente antiobesità ampiamente disponibile fuori dagli Stati Uniti.[30,31] Nel 2013, due nuovi farmaci, fentermina/
topiramato e lorcaserina, anche se disponibili negli Stati Uniti e in altre parti del mondo per il trattamento dell’obesità, non
hanno ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio in Europa per dubbi legati alla sicurezza.[32,33] L’Agenzia Europea
per i Medicinali (EMA) ha recentemente raccomandato la concessione di un’autorizzazione all’immissione in commercio per
due nuovi farmaci per la gestione del peso di adulti sovrappeso e obesi (naltrexone a rilascio prolungato (SR, sustained release)/
bupropione SR e liraglutide).[26,34] Un’autorizzazione all’immissione in commercio completa in Europa necessita del recepimento
della raccomandazione da parte della Commissione Europea.[26,34]
Orlistat: farmaco antiobesità attualmente disponibile
L’orlistat è un inibitore della lipasi pancreatica non competitivo che si lega alla lipasi nel lume intestinale. Riduce l’idrolisi, il
metabolismo e l’assorbimento dei grassi ingeriti con la dieta.[30] L’orlistat è l’unico farmaco approvato per la gestione del peso
dall’EMA all’inizio del 2015.[2,31] La prescrizione di orlistat è raccomandata unicamente nell’ambito di un piano complessivo per
la gestione dell’obesità in adulti con IMC superiore a 28 kg/m2 con comorbilità esistenti oppure un IMC superiore a 30 kg/m2.[2,31]
I pazienti devono seguire una dieta leggermente ipocalorica contenente molta frutta e verdura con circa il 30% delle calorie
provenienti da grassi.[31] Il grasso viene escreto nelle feci, e possono verificarsi effetti indesiderati gastrointestinali quando si
assume orlistat con una dieta ricca di grassi. L’orlistat presenta un meccanismo di azione periferico e produce una perdita di peso
modesta.[29] Una metanalisi (n=6196 pazienti) su studi clinici randomizzati controllati in pazienti che assumevano orlistat (120 mg
3 volte al giorno) ha evidenziato una perdita di peso corporeo superiore del 2,9% rispetto a quelli trattati con placebo.[30] Tuttavia,
sono stati osservati livelli di ripresa del peso a lungo termine simili tra orlistat e placebo.[30] Mentre i benefici della perdita di peso
associati all’uso di orlistat possono risultare ridotti in pazienti con T2DM,[30] lo studio XENical in the Prevention of Diabetes in
Obese Subjects (XENDOS) ha mostrato che, in pazienti con obesità (IMC ≥30,0 kg/m2) e tolleranza al glucosio alterata, l’aggiunta
di orlistat a variazioni dello stile di vita ha determinato una maggiore riduzione dell’incidenza di T2DM su 4 anni rispetto alle sole
variazioni dello stile di vita (dopo 4 anni di trattamento, l’incidenza cumulativa di T2DM era del 9,0 % col placebo e del 6,2% con
orlistat, corrispondente a una riduzione di rischio del 37,3% [P=,0032]).[35]
Naltrexone SR/bupropione SR: opinione positiva del CHMP
È stata recentemente raccomandata l’approvazione di naltrexone SR/bupropione SR per la gestione di adulti sovrappeso od obesi
(dicembre 2014) in aggiunta a una dieta ipocalorica e a un aumento dell’attività fisica.[26] Sarà probabilmente prescritto a pazienti
con IMC superiore a 30 kg/m2 o IMC di 27-30 kg/m2 con comorbilità quali T2DM, colesterolo alto o pressione arteriosa alta.[26]
L’apporto e il dispendio di energia sono regolati dal cervello, ma il loro equilibrio è caratterizzato da una tendenza in favore della
conservazione del peso.[29] Il valore di ricompensa intrinseco nel cibo incoraggia il consumo del cibo stesso con conseguente
aumento di peso nel tempo. L’associazione naltrexone/bupropione è stata sviluppata per agire su 2 aree fondamentali del cervello
che regolano l’assunzione di cibo e il dispendio energetico, nonché su vie della gratificazione associate al consumo di cibo.[26,29] Il
naltrexone è un antagonista dei recettori µ degli oppiacei. È approvato per il trattamento della dipendenza da alcol e oppiacei. Il
naltrexone riduce il piacere derivante dagli alimenti appetitosi, indipendentemente dalla nausea, con la quale è spesso associato.
La monoterapia con naltrexone non è sufficiente a produrre una perdita di peso affidabile.[29] Il bupropione è un antidepressivo
approvato come ausilio per smettere di fumare e per il trattamento di episodi depressivi maggiori.[26,29] La perdita di peso è un
effetto indesiderato comune nei pazienti trattati per la depressione. La terapia con bupropione (300-400 mg/giorno) per 6 mesi ha
determinato una perdita di peso del 3%-5% rispetto al placebo nei pazienti che hanno completato il regime di trattamento.[29]
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L’associazione di naltrexone e bupropione produce effetti sinergici per quanto riguarda la perdita di peso. Si tratta di una
formulazione per via orale, somministrata sotto forma di compresse a rilascio prolungato. Se dopo 16 settimane non si è verificata
una perdita di peso superiore al 5%, la raccomandazione è di interrompere il trattamento.[26]
In numerosi studi clinici, una percentuale maggiore di pazienti trattati con naltrexone SR/bupropione SR ha raggiunto una
perdita di peso clinicamente significativa rispetto ai pazienti trattati con placebo.[26] Lo studio Contrave Obesity Research
(COR)-I era uno studio clinico randomizzato (1:1:1), in doppio cieco, controllato con placebo, nel quale sono stati arruolati 1742
pazienti, che hanno ricevuto naltrexone 32 mg più bupropione 360 mg (gruppo 32 mg), naltrexone 16 mg più bupropione
360 mg (gruppo 16 mg) o compresse di placebo corrispondenti, due volte al giorno per 56 settimane.[36] Un totale pari al 50%
dei pazienti ha completato lo studio. Il peso corporeo è risultato ridotto di circa il 6% (gruppo 32 mg), 5% (gruppo 16 mg) e
1% (gruppo placebo).[36] Circa l’83% dei pazienti trattati con la terapia combinata ha riportato eventi avversi rispetto al 69% di
quelli trattati con placebo. Nausea, cefalea, costipazione, capogiro, vomito, bocca secca e vampate di calore sono stati riportati
più frequentemente nei gruppi naltrexone/bupropione rispetto al gruppo placebo. Eventi psichiatrici sono stati riportati con
un’incidenza simile in tutti i gruppi.[36] Nello studio clinico COR-II in doppio cieco, controllato con placebo, 1496 pazienti sono
stati randomizzati in rapporto 2:1 alla terapia combinata con naltrexone SR (32 mg/giorno) più bupropione SR (360 mg/giorno) o
placebo per un periodo fino a 56 settimane.[37] Una perdita di peso significativamente maggiore è stata osservata con naltrexone
SR/bupropione SR rispetto al placebo alla settimana 56 (6,4% rispetto a 1,2%) (Figura 4), e si sono verificati miglioramenti in
numerosi parametri cardiometabolici (per es., WC, lipidi, insulina e sensibilità all’insulina).[37] Circa il 50% dei partecipanti in
ciascun gruppo di trattamento ha completato lo studio. Una maggiore percentuale di pazienti trattati con la terapia combinata
naltrexone/bupropione ha interrotto lo studio a causa di un evento avverso, mentre il tasso di interruzione a causa di perdita
di peso insufficiente e ritiro del consenso è risultato maggiore nei pazienti del gruppo placebo.[37] Nausea (che si è verificata
principalmente durante le prime 3-4 settimane del periodo di aumento della dose), cefalea e costipazione sono stati gli eventi
avversi più frequenti manifestatisi durante il trattamento.[37]
Sono disponibili oltre 25 anni di dati clinici di sicurezza su naltrexone e bupropione, e il profilo degli effetti indesiderati osservato è
risultato coerente con il profilo di sicurezza noto.[37] Gli eventi avversi sono stati lievi o moderati e si sono verificati nella fase iniziale
del trattamento durante l’aumento della dose. I risultati ad interim di uno studio clinico in corso sulla sicurezza cardiovascolare
sono stati rassicuranti, e la sicurezza cardiovascolare a più lungo termine continua a essere monitorata.[26]
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Figura 4. COR-II: perdita di peso alla settimana 28 e alla settimana 56 con naltrexone SR/bupropione SR nei pazienti che hanno
completato lo studio clinico. LOCF = ultima osservazione portata a termine; mITT = popolazione intention-to-treat
modificata; NB32 = naloxone a rilascio prolungato (SR) 32 mg/giorno più bupropione SR 360 mg/giorno. *P<,001 rispetto al
placebo. Adattato da Apovian CM, et al.[37]
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Lotta all’obesità: ultime scoperte, nuove strategie cliniche
Liraglutide: opinione positiva del CHMP
Il liraglutide è un agonista del recettore di GLP-1 (GLP-1 RA) e un analogo di GLP-1 attualmente in uso per il trattamento del T2DM;
viene somministrato per via sottocutanea una volta al giorno a 1,2 o 1,8 mg/giorno.[38-40] Il liraglutide ha un effetto limitato se non
in presenza di iperglicemia e presenta un rischio di ipoglicemia molto basso.[40] Il Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP)
ha recentemente raccomandato l’approvazione del liraglutide a una dose superiore a 3,0 mg/ giorno come trattamento per la
gestione cronica del peso negli adulti (gennaio 2015).[34]
I GLP-1 RA possono influenzare sia le vie periferiche, sia le vie centrali che mediano la sazietà.[12] I recettori di GLP-1 sono diffusi nel
cervello e sono state riportate evidenze che il GLP-1 e i GLP-1 RA possono avere effetti a livello centrale.[12,41] Sono stati ottenuti
dati convincenti sia con GLP-1, sia con gli antagonisti di GLP-1 che indicano che il GLP-1 periferico è un regolatore fisiologico
dell’appetito/dell’assunzione di cibo.[12] Inoltre, vi sono evidenze che i livelli circolanti di GLP-1 sono ridotti nei pazienti obesi.[12] I
GLP-1 RA aumentano il segnale della sazietà, rallentano lo svuotamento gastrico e diminuiscono la motilità dello stomaco, tutti
fattori che possono contribuire alla perdita di peso.[12,40,41]
In uno studio clinico randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, di 20 settimane con un’estensione di 2 anni, sono
stati arruolati 564 adulti obesi non diabetici.[38] Durante lo studio i pazienti ricevevano consigli sulla dieta (circa 30% di grassi,
20% di proteine e 50% di carboidrati; deficit calorico di 500 kcal/giorno) e sono stati incoraggiati a mantenere o ad aumentare
l’attività fisica. Dopo un run-in di 2 settimane, i pazienti sono stati assegnati in maniera casuale a liraglutide sottocutaneo (usando
una penna per iniezione preriempita) una volta al giorno alla sera (1,2, 1,8, 2,4 o 3,0 mg) iniziando con dosi di 0,6 mg/giorno e
incrementi settimanali di 0,6 mg (aumento della dose), al placebo oppure a orlistat in aperto (120 mg x 3).[38,42]
Alla fine dell’anno 1, i pazienti che avevano ricevuto liraglutide 3,0 mg presentavano una perdita di peso superiore di 5,8 kg
e 3,8 kg rispetto a quelli trattati, rispettivamente, con placebo od orlistat. Questa tendenza si è mantenuta nel tempo, con
una perdita di peso di 7,8 kg a 2 anni dallo screening.[38] Il liraglutide ha inoltre ridotto in maniera significativa la WC ed è stata
osservata una riduzione della pressione sistolica e diastolica, mentre la frequenza cardiaca è risultata leggermente aumentata
rispetto a orlistat. Alla fine dell’anno 2, i pazienti trattati con liraglutide presentavano una diminuzione media della pressione
arteriosa sistolica di 12,5 mmHg.[38] Una percentuale superiore di pazienti ha riportato episodi di nausea/vomito con liraglutide
3,0 mg (53%) rispetto a placebo (8%) od orlistat (7%). Questi episodi sono stati principalmente transitori, di intensità lieve o
moderata, e si sono verificati durante il periodo di aumento della dose. È stata osservata un’associazione tra nausea/vomito e
perdita di peso con liraglutide.[42] Dopo 12 mesi di trattamento, la perdita di peso con liraglutide 3,0 mg è risultata di 9,2 kg per
i pazienti che avevano presentato almeno 1 episodio di nausea/vomito, un dato di 2,9 kg superiore rispetto a chi non aveva
manifestato alcun episodio. Tuttavia, l’insorgenza di nausea/vomito non è il meccanismo principale alla base della perdita
di peso indotta dal liraglutide, dal momento che i pazienti che non hanno sofferto di nausea/vomito con liraglutide hanno
comunque perso una quota di peso significativamente maggiore rispetti ai pazienti trattati con placebo od orlistat (4,2 kg e 2,3 kg,
rispettivamente).[42] Alla fine dello studio, con liraglutide è stata osservata una riduzione dei casi di prediabete di oltre il 50%, e
anche i livelli di glucosio plasmatico a digiuno e le concentrazioni di emoglobina glicata sono risultati ridotti. Il colesterolo HDL è
aumentato in maniera significativa e quello LDL è risultato simile ai livelli riscontrati nei pazienti trattati con orlistat.[38]
Il mantenimento a lungo termine della perdita di peso è problematico nella terapia dell’obesità. Lo studio randomizzato SCALE[39]
era uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, di 56 settimane condotto per valutare l’efficacia di
liraglutide per il mantenimento della perdita di peso raggiunta con una dieta ipocalorica (1200-1400 kcal/giorno).[39] I pazienti
dovevano perdere più del 5% del loro peso corporeo durante il periodo variabile di run-in (4-12 settimane) con la dieta
ipocalorica. Erano poi assegnati a liraglutide (n=212) o a placebo (n=210) e veniva loro prescritta una dieta con deficit calorico di
500 kcal/giorno; inoltre, venivano incoraggiati a fare esercizio. Il trattamento con liraglutide è stato iniziato a 0,6 mg/giorno, con
aumenti settimanali fino alla dose finale di 3,0 mg/giorno. Alla fine del periodo in doppio cieco, i pazienti che avevano ricevuto
liraglutide 3 mg/giorno avevano perso il 6,2% di peso in più dopo la dieta ipocalorica, rispetto a una perdita media dello 0,2% per
il placebo (Figura 5).[39] Inoltre, i pazienti trattati con liraglutide hanno ottenuto una maggiore perdita di peso media assoluta, pari
a 6,0 kg rispetto a 0,1 kg per i pazienti trattati con placebo. Una percentuale superiore di pazienti trattati con liraglutide (81,4%)
ha mantenuto la riduzione di più del 5% del peso iniziale raggiunta durante la fase di run-in con la dieta ipocalorica rispetto al
gruppo trattato con placebo (48,9%). I pazienti in entrambi i gruppi hanno iniziato a recuperare peso durante il periodo di followup di 12 settimane senza farmaco, un dato che sottolinea la necessità che i regimi di perdita di peso continuino a lungo termine
per mantenere i risultati ottenuti.[39] Disturbi gastrointestinali si sono verificati più spesso nel gruppo liraglutide (74%) rispetto ai
pazienti trattati con placebo (45%). La maggior parte dei ritiri dallo studio dovuti a eventi avversi (11/18) nel gruppo liraglutide si
è verificata a causa di disturbi gastrointestinali, la maggioranza dei quali si è manifestata nelle prime 4 settimane dello studio.[39]
Questo studio mostra l’efficacia di liraglutide 3,0 mg/giorno, associato con dieta ed esercizio, come trattamento per migliorare e
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http://medscape.org/clinicalupdate/obesity-pandemic
conservare una perdita di peso clinicamente significativa. Inoltre, il liraglutide ha migliorato vari fattori di rischio cardiovascolare,
tra cui WC, livelli di glucosio plasmatico a digiuno, pressione arteriosa sistolica e risultati del test della proteina C-reattiva ad alta
sensibilità.[39]
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Figura 5. Effetti del liraglutide sul peso corporeo dopo una dieta ipocalorica in adulti obesi. I dati per il peso corporeo sono le
medie osservate ± deviazione standard (DS) per i soggetti che hanno completato ogni visita programmata. F = periodo di
follow-up; S = periodo di screening. Adattato da Wadden TA, et al.[39]
Altri GLP-1 RA sono in corso di sviluppo clinico; tra questi, l’exenatide è quello ritenuto in fase più avanzata negli studi clinici dopo
il liraglutide.[43] Altre opzioni per stimolare il rilascio di GLP-1 da parte delle cellule L nel tratto gastrointestinale, in particolare
nel colon, sono attualmente oggetto di ricerca. Le diete ad alto contenuto di fibre riducono l’appetito e causano perdita di peso,
ma la compliance è scarsa a causa degli effetti indesiderati a livello gastrointestinale. Gli acidi grassi a catena corta sono prodotti
nel colon dai batteri dell’intestino a partire dalle fibre alimentari e stimolano il rilascio di GLP-1. In uno studio randomizzato,
controllato, di 24 settimane su 60 adulti sovrappeso, il trattamento con 10 g/giorno di estere propionato di inulina ha ridotto
in maniera significativa l’aumento di peso.[44] Questo studio supporta ulteriormente l’ipotesi che la secrezione di GLP-1 venga
stimolata dai nutrienti e dagli acidi grassi a catena corta nell’intestino tenue distale, aumentando la sazietà e causando perdita di
peso.[44] La protezione del propionato dall’assorbimento nell’intestino tenue mediante il legame con l’inulina attiva la secrezione di
GLP-1 nel colon con conseguente aumento della sazietà.[44]
Fentermina/topiramato: autorizzazione all’immissione in commercio rifiutata in Europa
La fentermina induce il rilascio di norepinefrina nell’ipotalamo e sopprime l’appetito. Il meccanismo di azione del topiramato non
è completamente chiaro, ma si ritiene che aumenti il consumo di energia e riduca l’efficienza energetica e l’appetito.[32] Dubbi
riguardo effetti avversi a lungo termine di tipo cardiovascolare, psichiatrico (sono stati riportati depressione e ansia) e cognitivo
(problemi a livello di memoria e attenzione) ed effetti nocivi sul feto hanno determinato il rifiuto dell’autorizzazione all’immissione
in commercio.[32]
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Lotta all’obesità: ultime scoperte, nuove strategie cliniche
Lorcaserina: autorizzazione all’immissione in commercio ritirata in Europa
La lorcaserina è un agonista del recettore 2C della serotonina che aumenta la sazietà, riducendo il consumo di cibo.[33] Dubbi sul
possibile rischio di cancro associato all’uso a lungo termine, di disturbi psichiatrici (depressione) e di valvulopatia hanno portato al
parere che i benefici non fossero superiori ai rischi, e l’azienda ha ritirato la domanda.[33]
Sommario
I casi di sovrappeso e obesità continuano ad aumentare nonostante l’ampio dibattito in corso sulle implicazioni sanitarie ed
economiche a lungo termine sia a livello individuale, sia a livello di società nel suo complesso. L’obesità è una patologia cronica, e
perdere peso e poi ottenere una riduzione di peso duratura è estremamente difficile, in particolare quando dieta ed esercizio sono
il trattamento di prima linea e il supporto farmacologico è limitato. Negli obesi gravi, la chirurgia bariatrica è molto efficace, ma è
costosa e purtroppo non è ampiamente disponibile a causa della mancanza di risorse.
La farmacoterapia può essere usata come complemento di un programma di intervento sullo stile di vita che includa componenti
nutrizionali, comportamentali e attività fisica. Attualmente l’orlistat è l’unico farmaco antiobesità disponibile in commercio in
Europa, ma è un composto che presenta problemi di tollerabilità in una notevole percentuale di pazienti obesi. Probabilmente
la farmacoterapia disponibile in Europa per la perdita di peso verrà ampliata nel 2015 con due nuovi composti, l’associazione
naltrexone SR/bupropione SR e il liraglutide. Entrambi questi farmaci sopprimono l’appetito e aumentano la capacità del paziente
di seguire una dieta ipocalorica e di raggiungere una perdita di peso significativamente maggiore rispetto a quella ottenuta con i
soli interventi sullo stile di vita.
Per qualsiasi agente farmacologico, se un paziente non perde il 5% o più del peso corporeo dopo 12 settimane alla dose massima,
è necessario interrompere il trattamento e passare a un farmaco alternativo, se disponibile. I farmaci antiobesità aiutano a
mantenere la perdita di peso e a evitare la ripresa del peso nel tempo. I pazienti con complicanze legate all’obesità saranno
probabilmente quelli che otterranno i maggiori benefici dall’uso di agenti farmacologici e verosimilmente necessiteranno di una
terapia a lungo termine.
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http://medscape.org/clinicalupdate/obesity-pandemic
Abbreviazioni
AgRP = peptide correlato alla proteina Agouti
CART = trascritto regolato da cocaina e anfetamina
CHMP = Comitato per i medicinali per uso umano
EMA = Agenzie europea per i medicinali
EOSS = Edmonton Obesity Staging System
GLP-1 = peptide glucagone-simile 1
IMC
= indice di massa corporea
MCV = malattia cardiovascolare
NICE = National Institute for Health and Care Excellence
NPY
= neuropeptide Y
POMC= pro-opiomelanocortina
SNC
= sistema nervoso centrale
SR
= rilascio prolungato
T2DM = diabete mellito di tipo 2
WC
= circonferenza della vita
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sono fittizi e non è intesa né può essere desunta alcuna associazione con pazienti reali.
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