Mazzini, oggi British Academy - Istituto Italiano di Cultura Londra, 9

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Mazzini, oggi British Academy - Istituto Italiano di Cultura Londra, 9
Mazzini, oggi
British Academy - Istituto Italiano di Cultura
Londra, 9 dicembre 2005
Signore e Signori, in primo luogo desidero congratularmi con la British
Academy e l'Istituto italiano di cultura per l'organizzazione di questo
convegno internazionale su Giuseppe Mazzini. Ho esaminato il
programma e ho avuto modo di leggere alcuni dei papers presentati.
Mi congratulo con tutti gli oratori intervenuti, da diverse università di
diversi paesi. Essi hanno esaminato i principali aspetti del pensiero e
della lunga azione politica di colui che, assieme a Garibaldi, Cavour, il
re Vittorio Emanuele, è giustamente considerato un padre della nostra
patria. Personalmente, non sono uno studioso di Mazzini e non è mia
intenzione aggiungere a quanto è già stato detto altre riflessioni su
altri aspetti della sua figura. Essendo stato chiamato a concludere
questo convegno, desidero sollevare con voi una domanda. Mazzini è
un uomo del passato o ha ancora un valore per il nostro presente? Le
sue idee ci possono essere ancora d'aiuto nell'affrontare i molti
problemi della vita di oggi? Sono consapevole che questa questione
richiede da sé un altro convegno. Ma io devo fare commenti conclusivi
non un indirizzo inaugurale, e perciò mi limiterò ad accennare a tre
aspetti del pensiero di Mazzini che io ritengo costituiscano un'eredità
ancora meritevole di essere esplorata e perseguita. 1. Stati-nazione
e Unione europea Il primo aspetto degno di nota è quello che
riguarda il concetto di nazione, di cui si può dire che Mazzini sia stato
l'inventore. Mazzini aveva capito benissimo la forza esplosiva di
questo concetto e si era reso conto che esso deve essere inserito in un
contesto civile più ampio, quello che lui chiamava "Gli stati uniti
d'Europa". E aveva anche capito che la nazione, per non produrre
effetti perversi, cioè nazionalistici, doveva essere costantemente
ancorata alla libertà dei suoi cittadini. E' interessante ciò che Mazzini
scrisse nel 1871 sulle colonne della "Roma del Popolo". "Noi vogliamo
gli Stati Uniti d'Europa, l'Alleanza repubblicana dei Popoli. Ma l'eterna
questione del come, trascurata dagli altri, ci riconduce alla nostra fede.
Senza Patria, non è possibile ordinamento alcuno dell'Umanità. Senza
Popoli non può esistere Alleanza di Popoli. E questi Popoli devono ...
essere liberi ed eguali, avere coscienza di sé, affermare la propria
individualità e il proprio principio: essere insomma nazioni. L'Umanità
è il fine; la Nazione, il mezzo". Qui si trovano alcuni dei temi centrali
che richiamano la crisi dell'Europa odierna. Il principale è quello degli
stati-nazione che, sulla spinta di un federalismo utopico, alcuni hanno
creduto essere alla fine del loro percorso storico. Non è evidentemente
così, e il fallimento del Trattato Costituzionale Europeo, con tutte le
polemiche che ne sono seguite, dimostra che i cittadini europei
continuano a sentire le loro patrie e le loro nazioni come la fonte
principale, se non unica, della legittimità democratica della Unione
Europea. È assai probabile che essere stati troppo ambiziosi e troppo
precipitosi lungo la strada di una Costituzione Europea, abbia indotto i
cittadini a voltare le spalle a quel progetto. Mazzini aveva invece chiaro
l'equilibrio tra gli stati-nazione e la loro unione in una istituzione di
livello più alto e più ampio. I primi non avrebbero dovuto dissolversi
nel processo di aggregazione, perché in essi risiede la "coscienza di sé"
dei cittadini e dei popoli europei. Oggi l'Europa è in una situazione
strana: da un lato, essa mostra di volere andare verso una unione
politica più stretta; dall'altro, gli interessi nazionali ritrovano ogni
giorno di più il loro spazio e la loro voce. Questo crea una frattura che
produce la paralisi a cui siamo oggi confrontati. Se questo dissidio non
sarà governato, le cose non potranno che peggiorare. L'Europa deve
scegliere e risolvere un problema difficile: per diventare una grande
potenza e una grande area di sviluppo e opportunità deve unificarsi.
Ma per unificarsi non può sacrificare la storia, le tradizioni, le culture
dei suoi popoli. Solo un grande disegno che metta in equilibrio queste
due esigenze può aiutarla. Mazzini, assai meglio di coloro che sognano
un super-stato federale europeo e di coloro che pensano a singole
nazionalità semplicemente aggregate, questo l'aveva compreso
benissimo. 2. Promuovere la democrazia Il secondo punto
dell'eredità di Mazzini ancora meritevole di attenzione è la sua idea
della "internazionalizzazione della democrazia". Questo tema è
strettamente legato al precedente e riguarda tanto l'Europa che l'intero
Occidente. Oggi le critiche più serie che vengono mosse all'Europa
non sono quelle nazionalistiche. Esse si riferiscono piuttosto all'idea
che difendere la propria identità nazionale, la propria cultura, la
propria libertà è essenziale per trasferire questi stessi valori al di fuori
dei propri confini. E' la stessa idea di Mazzini che la nazione è la
consapevolezza che un popolo ha di se stesso, la quale non si
esaurisce nella lingua o nei confini geografici ma si esprime in una
"personalità morale". Per Mazzini non è possibile costruire la
democrazia "in un solo paese": la democrazia è un bene che
appartiene all'umanità, e quindi la sua affermazione deve essere
mondiale. Ciò spiega perché Mazzini abbia sempre affiancato l'impegno
per l'indipendenza italiana a quello per una battaglia democratica
europea, e poi del mondo occidentale. Egli prestò particolare
attenzione agli Stati Uniti d'America, di cui aveva intuito una sorta di
"missione" planetaria, quella di diventare leader delle forze liberali e
repubblicane nel mondo. A questa missione l'Europa avrebbe dovuto
connettersi in virtù di una "Alleanza Universale" per la democrazia. Le
intuizioni di Mazzini - io credo - erano giuste e sono attuali. L'idea che
il bisogno di libertà e democrazia non sia esclusivo di alcuni popoli
eletti ma un obiettivo condiviso indistintamente da tutti gli uomini
perché corrispondente a diritti umani fondamentali, indipendenti da
storia, razza, cultura, costumi sociali e politici, è un'intuizione
straordinaria. Questa intuizione ha segnato un'importante corrente
della politica estera americana e ha controbilanciato in molte occasioni
l'opposta tendenza isolazionista di quel paese. Essa si ritrova nella
politica del democratico Wilson, durante e dopo la prima guerra
mondiale. È alla base della Carta Atlantica, firmata da Churchill e dal
democratico Roosevelt nel 1941. Ha ispirato al Presidente Reagan il
suo impegno antisovietico in Europa. E, io credo, la si può rintracciare
anche nella politica della promozione e dell'esportazione della
democrazia dei neo-conservatori americani e in iniziative come quella
del "Grande Medio Oriente" del Presidente Bush. Io credo che Mazzini
avrebbe guardato a tutti questi progetti come a qualcosa che cercano
di realizzare i suoi ideali. 3. Religione e vita pubblica Il terzo
punto che a me sembra ancora utile del pensiero di Mazzini è la
questione dell'identità europea e del suo rapporto con la
religione. Mazzini fu forse anticlericale, ma non antireligioso. Egli
aveva una visione utopica, romantica e anche sincretistica della
religione, che egli considerava come il contributo, in termini di princìpi
universali, delle varie confessioni e fedi alla storia collettiva. Aveva
capito molto bene e in modo molto originale l'importanza della
dimensione religiosa per la coesione e l'armonia della vita civile. E non
pensava - come molti secolaristi anche liberali oggi pensano - che la
fede appartenga solo alla sfera privata e non possa giocare un ruolo
nella vita pubblica. Non stupisce che l'opinione pubblica britannica
percepisse Mazzini più come un riformatore sociale e religioso che
come un leader politico: questo lato della sua personalità fu
incompreso in Italia, dove invano egli tentò di definire la sua "Giovine
Italia" come un partito religioso. Questa è una delle ragioni per cui
Mazzini divenne presto più un padre nobile che un vero interlocutore e
promotore di politiche. Nell'Italia che andava secolarizzandosi, la sua
"religiosità" passava rapidamente di moda. Agli occhi di Mazzini,
invece, togliere il fondamento religioso e umanitario alla nazione
significava impedire la costruzione di un paese libero in un contesto
pacifico. Egli era consapevole che, se si nega l'idea di affratellamento,
di un comune e condiviso stock di valori etico-religiosi, le divisioni, e
dunque i conflitti, inevitabilmente emergono. Come abbiamo visto,
Mazzini chiede ai popoli di unirsi ma anche di affermare la loro
"individualità e il loro principio", che significa il loro principio etico, il
loro ethos. Proprio questo mi pare mancare all'Europa di oggi. Pensate
solo per un momento a quanta fatica i costituenti europei hanno fatto
per trovare le radici comune europee. E a quale scarso risultato ha
portato tutta quella fatica. L'Europa di oggi è debole e muta sulla
scena internazionale, non tanto per la sua crisi economica, per le
difficoltà a stare al passo con la globalizzazione dei mercato, ma
piuttosto perché non sa, o non vuol sapere, che cosa è. Noi europei
non vogliamo sapere che cosa significa essere europei. In altri termini,
noi europei oggi non siamo europei, almeno nel senso di Mazzini.
Quando i nostri padri costituenti hanno provato a dire che invece lo
siamo, non hanno trovato le parole. C'è un ultimo elemento che ci
ricorda la modernità di Mazzini. Lo storico francese Pierre Milza, in
un'opera ancora inedita sulla storia d'Italia, parla di Mazzini come
dell'iniziatore della tradizione del terrorismo italiano e non solo italiano.
Questo appare a molti come uno sfregio imperdonabile dell'icona
mazziniana custodita nei nostri libri di storia. Non ho le competenze
per dare un giudizio ed entrare nella polemica. Le discussioni su che
cosa sia il terrorismo sono aperte e accese in tutto il mondo, in sede
politica, giuridica, morale, intellettuale. A mo' di conclusione, intendo
però sollevare una domanda. Si può mettere sullo stesso piano chi anche con l'estremo ricorso alla violenza - abbatte un regime dispotico
e dittatoriale, e chi sceglie consapevolmente di colpire civili innocenti e
fare strage di donne e bambini, per far trionfare il suo odio e le sue
idee? Non voglio trascinare Mazzini in questo dilemma. Ma so che
anche lui cercava una risposta a questa domanda. E so anche che la
sua risposta lo rende degno di assai più di un convegno come quello
importante che qui ha avuto luogo.