Anche il re sulle Pale per farsi una scalata
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Anche il re sulle Pale per farsi una scalata
Trento l'Adige IL VIAGGIO Cinquant’anni di vacanze S. Martino di Castrozza nei ricordi di Angelo Orsingher del Colfosco e della guida Edo Zagonel «Leopoldo III del Belgio sulle nostre vette» venerdì 1 luglio 2011 Anche il re sulle Pale per farsi una scalata Anni ’50-’60, qui arrivavano borghesi e industriali «In famiglia e rimanevano anche un mese». Quattro orchestre alla sera e si usciva in smoking RENZO M. GROSSELLI Era un gran bel turismo quello che frequentava S. Martino di Castrozza negli anni ‘50 e ‘60. Ed un giorno ci capitò anche un re. Che era Leopoldo III, re del Belgio, uno che amava la roccia, le scalate. Al tempo all’Hotel Colfosco, i borghesi si fermavano anche tre settimane, con la famiglia, per le vacanze estive. E qualcuno sarebbe ritornato per 10, 20 anni. Oggi i re non si fanno vedere a S. Martino e la clientela come del resto dappertutto, si fa una settimanella di vacanza. Non sono molti quelli che si dedicano alla roccia e la maggioranza preferisce il più stanziale wellness, in albergo. L’ottavo giorno Dio creò S. Martino di Castrozza e lo pose sotto le Pale, frammento di giada nell’universo mondo. Anche oggi, che le nuvole giocano a farsi i dispetti. Angelo Orsingher è del 1922. Papà Matteo, di Transacqua, agli inizi del ‘900 era impiegato al Tribunale di Trento. Ma era uno che aveva occhio. E tornando nella sua Primiero si accorgeva dello sviluppo di quel luogo montano. Di quella S. Martino che aveva già una lunga storia turistica, iniziata nel 1873, quando Leopoldo Ben, all’interno del secolare ospizio per viandanti creò l’Albergo Alpino, 15 letti. Fu così che decise, nel 1912, di farsi il suo di albergo, il Colfosco. «Poche stanze, annota Angelo che ha memoria fresca e tratti di nobiltà nel porsi forse una quindicina». Nei primi anni ‘50 fu Angelo a prendere in mano le redini dell’albergo che era stato rinnovato da poco, con un deciso aumento di stanze. La volumetria era quella di oggi. Era una S. Martino pimpante quella di quegli anni, estiva e invernale. Al tempo Fassa e Canazei non potevano certo confrontarsi con questa località. «La clientela era già in maggioranza italiana ma arrivavano ancora molti tedeschi, austriaci e in certi anni anche inglesi». Si trattava di media borghesia, professionisti, piccoli e medi industriali lombardi, poi manager di Stato e gente dello spettacolo. Oltre ai lombardi, veneti, emiliani e romani. Per servirli, gli alberghi che avevano magari 60 letti, vantavano una ventina di persone di servizio. «La gente si fermava molto, anche tre o quattro settimane. E c’era chi lasciava qui moglie e figli e tornava solo nei fine settimana. Perché la caratteristica era anche un’altra: si trattava di famiglie, talvolta con alcuni figli». Che tipo di richieste poneva quella clientela? «Gente più semplice di quella di oggi, il loro soggiorno era pacifico, tranquillo. Cercavano la montagna e lo stare assieme». Ma sapevano anche divertirsi. In quei due decenni a S. Martino la sera non era pochi quelli che uscivano in smoking. Ce lo racconta Edo Zagonel, guida alpina dal 1957, anzi “portatore” (oggi ha 81 anni). «Al tempo la clientela era più giovane, c’erano più famiglie e la stagione andava da metà giugno a metà settembre. Negli appartamenti molti si fermavano anche un mese». E la notte, Edo? «C’erano almeno quattro orchestre che suonavano: al Sass Maor, Dolomiti, Cimone e Des Alpes». E arrivava in zona anche gente di calibro assoluto per esibirsi quassù. «I giovani - ricorda Angelo Orsingher - venivano qui per fare roccia, per imparare e praticare. Mamme e sorelle andavano a passeggiare. Agli inizia degli anni ‘50 molta gente arrivava in albergo in corriera, alcuni col taxi, da Milano o Bologna magari». E certi pazzi di tedeschi si sciroppavano il percorso con i sidecar. «Il taxi poi, almeno una volta durante la loro permanenza, lo usavano anche per fare il giro dei passi, l’intera famiglia». Con gli anni ‘60 chi arrivava qui aveva già la macchina. E non era la Topolino. La «Venivano col taxi e pagavano mezzo salario di un muratore per una giornata in montagna» Oggi, invece, wellness e vacanza corta, con l’animatore In alto Angelo Orsingher dell’Hotel Colfosco nella sua S. Martino. Qui sopra un’audace bagnante nella piscina dell’Hotel Dolomiti, a cavallo tra anni ‘40 e anni ‘50. A destra una veduta di S. Martino di Castrozza negli anni ‘50. La perla delle Dolomiti continua a conoscere una buona stagione estiva, oltre a quella invernale. Fatta ancora di classi medie e medio alte. Ma la vacanza in montagna ormai è breve e non è più la scalata il cult. Meglio il wellness e la buona cucina (Foto Fondo OrsingherArchivio Parco Paneveggio Pale S. Martino) scalata, la roccia. «Io ero portatore nel 1957, poi guida alpina. - ricorda Edo Zagonel - Eravamo in sette ma non troppi anni fa siamo arrivati ad essere quaranta». Cosa vi chiedeva il turista? «Tre o quattro vie durante la sua vacanza, avevano la passione e avevano anche i soldi: Spìgol del Zimón, il Pilastro, il Velo». Strumentazione? «Al massimo pochi chiodi. Erano soprattutto tedeschi che volevano arrampicare, ma ricordo anche comitive di francesi. Gli italiani dopo, noi son sempre i ultimi». Ricorda un nome su altri? «Il re del Belgio (ndr, era Leopoldo III che nel 1951 aveva abdicato a favore del figlio Baldovino), erano gli anni ‘60 mi pare. Voleva salire per arrampicare e c’erano file di giornalisti e fotografi che cercavano guide per sbirciarlo di lontano. Lui era bravino in montagna, andò su col Mèto Scalet, sulla Langes del Dente. Due giorni dopo salì con Gabriele Franceschini su un’altra vetta. La montagna, ieri come oggi, voleva anche dire incidenti. «Il 15 agosto del 1965 - ricorda Edo - un trentenne italiano mi chiese di portarlo sulle Pale. Pesava 97 chili. Mi avevano detto che ci sapeva fare. Ma l’è sbrissà e l’è sta picà sula corda. “Lasciami andare, - mi diceva - tu hai famiglia”. Ero assicurato ma lo reggevo io e l’ho tirato su, a forza. Arrivati in vetta lui aveva una caviglia slogata e per molti tratti dovetti portarmelo quasi a spalle. Arrivati al canalone di neve, prima del Rifugio Rosetta, gli feci però levare la giacca a vento e lo trascinai con quella fino in fondo al nevaio». La tariffa per l’escursione era di 15.000 lire ma la madre del peso massimo gliene diede 25.000. «Io durante l’anno facevo il muratore e ricevevo 30.000 al mese». Altri tempi, altri turisti. «La clientela in quegli anni era più autonoma - rileva Angelo Orsingher, non occorreva avere un animatore in albergo». E il cibo? «Due volte la settimana i piatti tipici, canederli, polenta e soprattutto la tosèla che all’epoca si faceva solo in queste vallate». Ora, dopo la seduta in palestra, molti ospiti sono attentissimi ai grammi, ai grassi, alle proteine. Ma, anche, alla “territorialità” del cibo e a certe sfiziosità. «Però, guardi - osserva Edo Zagonel - che al tempo al Des Alpes mandavano a prendere il latte alla Malga Tognola, altri alberghi a Malga Pala». Nella trasformazione del sistema turistico mondiale S. Martino di Castrozza non ha conosciuto evidenti crisi, se non forse dopo gli anni ‘90. «Un’estate è stato al Colfosco anche Luca Cordero di Montezemolo, ma potrei farle tanti di quei nomi...» dice l’anziano albergatore. E S. Martino oggi? Tutto diverso, se non per la bellezza che rimane straordinaria. «L’Hotel Colfosco ha 120 letti, bagno e televisione in ogni stanza. E la sera l’animazione, ormai da una decina di anni. Poi c’è la palestra. I soggiorni sono molto più brevi e c’è un continuo ricambio. I clienti fidelizzati sono ormai pochi». Oggi a S. Martino arriva ancora molta gente di classe media, sono calati gli stranieri e gli italiani vengono ormai da tutto lo Stivale. «Papà Matteo diceva che S. Martino se non era sempre un cavallo vincente era comunque sempre piazzato». Niente più bagni al piano, come negli anni ‘50 e molti cercano ormai la suite e le prenotazioni le fanno in Internet. «Ma si scala meno oggi, ci sono pochi bambini e molti anziani». E il turista ha bisogno di animazione. C’è l’animatore in albergo ma anche quello di località: le guide alpine che danno lezioni di Nordic Walking, oppure gite guidate nel Parco o, ancora, visite alle malghe. Una ventina di alberghi hanno le “palestre benessere”. Il vecchio Edo chiude a modo suo: «Non si arrampica più. Al tempo chi aveva la passione, aveva anche i soldi. Oggi non è così. E comunque i rocciatori ai giorni nostri chiedono di fare palestre, sulle placche di roccia, più impegnative ma che durano molto meno. Poi, oggi non c’è più una balera, una discoteca, non si balla più». I funghi? «Un tempo il turista ci andava, ma meno. Oggi è diventata una mania». Ma Edo parla della sua giovinezza quando, evidentemente, tutto era più bello. (1-continua) 27