Il sistema forestale, modello ecologico di relazionalità in natura
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Il sistema forestale, modello ecologico di relazionalità in natura
Convegno di EcoOne Il sistema forestale, modello ecologico di relazionalità in natura Castel Gandolfo, 4 – 6 maggio 2012 La funzionalità delle foreste nel contesto della sostenibilità: il Madagascar Valentina Falcioni, facoltà di Scienze Forestali, Ascoli Piceno Il Madagascar è un isola dalla superficie di circa 587000 km 2 con una popolazione di 22 milioni di abitanti, perlopiù rurale e quasi la metà malnutrita, sono dati confermati dal PIL pro capite pari a 911 dollari, la trentesima parte di quello italiano. A livello ambientale, il territorio malgascio è caratterizzato da una superficie forestale pari a circa il 23% del totale, di cui il 3% è incluso in aree protette e parchi nazionali, finalizzati a preservare il 36% delle foreste primarie che restano, soprattutto nel corridoio forestale che attraversa tutta l’Isola, qui, nella parte orientale. Senza dimenticare altri parchi, come quello di Tolear o dell’Isalo, rispettivamente a Sud e Sud-est dell’Isola. E’ da evidenziare però, che ogni anno si verifica una perdita dello 0,4% di foreste, a causa di pressioni antropiche, soprattutto, che portano: - alla deforestazione, parzialmente contrastata dall’istituzione delle aree protette; - al degrado ambientale, attraverso: la tradizionale pratica del tavy, questo taglia e brucia che permette di ottenere dei terreni per le coltivazioni di sussistenza; del tanety, cioè su terrazzamenti appositamente realizzati durante il periodo delle piogge quando il terreno è più lavorabile; o l’abbandono dopo le pratiche agricole dei terreni bruciati e degradati, anche per azione degli eventi atmosferici, dove la vegetazione, nel corso di una decina d’anni, tenta di rioccupare l’area formando cenosi dette localmente savoka. Altre pressioni che possiamo riscontrare nelle foreste malgasce, è l’utilizzo irrazionale delle risorse forestali per uso interno, come attività di sussistenza per la realizzazione delle loro abitazioni, per la cottura degli alimenti, per l’artigianato praticato soprattutto con legni pregiati come la dalbergia monticola e marittima rispettivamente palissandro e bois de rose. Un altro aspetto relazionale dell’uso delle foreste è il prelievo di legname per uso esterno, da commerciare sia all’interno del Paese che all’estero, con l’esportazione. E il prelievo dalla foresta avviene attraverso tecniche primitive di trasporto a spalla di uomini, talvolta bambini, con sfruttamento minorile, che si caricano di notevoli quantità di legname raccolto nei punti di fluitazione del legname, che viene poi caricato in container e spedito. Vediamo, dunque, come l’uomo dipenda dalla foresta per molti servizi essenziali per la loro vita quotidiana e anche per l’economia locale. E come ci sia, da parte di uomini di altri continenti, un particolare interesse per l’uso delle foreste tropicali. Quindi, è proprio in questo sistema di commercializzazione internazionale di legname e prodotti forestali, che s’inserisce il grande problema sempre più diffuso dell’illegal timber. Per illegal timber s’intendono tutte quelle attività di taglio di legname e commercializzazione, in violazione delle leggi nazionali e internazionali. E questo è un grande problema, perché consegue danni ambientali diretti per il depauperamento delle foreste e danni indiretti a livello economico e sociale per le popolazioni locali, in quanto si vanno ad aumentare i costi governativi per mancate entrate; s’incentiva la corruzione e talvolta si offre un supporto economico ai conflitti armati con il caso del conflict timber. Il problema dell’illegalità, non interessa solo i piccoli Paesi molto poveri, ma il problema esiste anche nei Paesi con le maggiori produzioni di legname poi esportato, vedi l’Indonesia, la Cina, la Russia, il Brasile che hanno, di fatto, problemi di illegalità. Per contro, il problema dell’illegalità interessa anche i Paesi importatori, come quelli dell’Europa dove si stima, ed è una stima sempre in difetto, che un 20% d’importazione di legname ha origine illegale: è il caso della stessa Italia, Finlandia, Gran Bretagna e Germania. In queste condizioni, si può ben comprendere che la situazione è molto difficile da controllare, perché al legno legale viene immischiato legno illegale, tanto che non si riesce più ad avere la tracciabilità del prodotto legale. I fenomeni illegali, sostenuti anche dal forte grado di corruzione, s’insinua a contaminare tutta la filiera legno. Si rendono così necessarie azioni di contrasto mediante: iniziative intergovernative, che regolano gli scambi internazionali già approvate o in via di attualizzazione come la Due Diligence; la certificazione forestale delle aziende, imprese e dei prodotti; altre misure volontarie che tutti possono intraprendere, tra cui la Gestione Forestale Sostenibile. La Gestione Forestale, valorizzando proprio la multifunzionalità delle foreste, vuole garantire la durabilità delle risorse forestali, per trasferire alle generazioni future delle risorse intatte. Quindi, tale gestione, si basa su Principi, Criteri e Indicatori caratteristici per ogni Paese, come quelli che valorizzano le funzioni produttive delle foreste, protettive, la biodiversità, la salute e vitalità delle foreste, nonché gli aspetti socio economici legati alla Gestione forestale, che prevedono la partecipazione e la consapevolezza pubblica, utile a comprendere la relazionalità: popolazione locale-foresta. Ed è proprio su questo Indicatore che l’ONG Reggio Terzo Mondo ha promosso ed attuato il progetto “BIO & EQUO MADAGASCAR”Gestione forestale, agricoltura biologica e commercio equo e solidale, che interessa diverse Province e Regioni del Madagascar, e per il quale io ho partecipato in alcune fasi operative. In particolare, ho lavorato nella Regione d’Amoron’i Mania, nell’altopiano centrale del Madagascar, specificatamente nel Comune di Ambositra e nella Foresta di Vohidahy, dove è stato realizzato un piano di gestione forestale rappresentativo per un sito pilota, con l’obiettivo di: garantire la sostenibilità della gestione; la produzione di legno pregiato; il restauro e i rimboschimenti delle aree degradate dalle attività antropiche; la salvaguardia delle zone ad alto tasso di biodiversità, con la promozione delle funzioni turistiche ricreative attraverso l’ecoturismo. Il lavoro che ho svolto, in particolare, è stato quello di comprendere ed analizzare meglio il rapporto delle foreste con le utilizzazioni delle popolazioni locali. Per questo, abbiamo redatto un questionario diviso in 4 aree tematiche e distribuito a 107 capi famiglia, dei 18 villaggi, localizzati a ridosso del limite della foresta oggetto di studio, che ci hanno permesso di censire all’incirca, un migliaio di persone appartenenti alle 4 etnie più rappresentate nella zona. I questionari ci hanno permesso poi, d’individuare i villaggi dislocati in un’area rurale montana tra i 600 e i 1000 m, dove le popolazioni locali sono in stretto rapporto con la foresta, nonostante ci sia una distanza media di 1-3 ore di cammino per raggiungere le foreste più vicine. Circa la metà della popolazione ha età compresa tra i 15 e i 60 anni, indice di una popolazione molto attiva, che pratica agricoltura di sussistenza su campi, ma grazie anche alle attività di progetto, abbiamo promosso e realizzato, attraverso indirizzi di miglioramento colturale, le coltivazioni su tanety, terrazzamenti e colture orticole a marechéire. Gli allevamenti bradi riportano diversi problemi a livello sanitario, anche per questo non sono molto diffusi. Inoltre, dall’elaborazione dei dati raccolti dalla popolazione intervistata, è anche emerso che l’uso della foresta e del legno per le comunità locali è molto forte, in quanto oltre a permette loro di ottenere tutti quei prodotti legnosi e non legnosi, utilizzabili per la realizzazione di case, utensili, avere legno d’energia per la cottura dei cibi, nonché per il riscaldamento, legno da opera per l’artigianato e altri prodotti non legnosi, per le cure di malattie con piante medicinali e l’alimentazione integrata con piccoli mammiferi cacciati. Dunque, come abbiamo notato, dalle foreste del Madagascar si preleva legno per uso interno e soprattutto esterno per la commercializzazione. Quindi possiamo considerare il legno il materiale principale anche per la costruzione delle case locali, caratterizzate da una durata ciclica variabile dai 7 ai 22 anni, tanto che dalle stime emerge un prelievo di 2500-3000 alberi/anno corrispondenti a 750/2000 m 3/anno, quantitativo che include sia l’utilizzo di legname quotidiano che legname di servizio utilizzato per le costruzioni suddette. E indicativamente, calcolando i volumi di legname necessari per costruire ogni singola casa, ogni singolo deposito per il riso e delle recinzioni utili per le protezioni, si giunge ad un volume totale di oltre 5 m3, quasi 5 tonnellate, necessari solo lì, a livello locale. Ancora, dai questionari un altro dato che emerge è la volontà, per oltre l’80% degli intervistati, d’impegnarsi nella Gestione Forestale, mediante l’istituzione di Comunità di Base alle quali viene delegata tale gestione, purché vengano ancora garantiti: il diritto d’uso; la protezione della foresta con la valorizzazione di specie pregiate; conservazione e razionalizzazione delle risorse agro-pastorali; il controllo dell’uso della foresta per le persone estranee che vi entrano per sfruttare le risorse. Dunque, con la realizzazione del Piano di Gestione, abbiamo potuto individuare un sito pilota di 700 ha sui 16600 ha della foresta complessiva, e in questo sito distinguere a loro volta 3 aree con diversa destinazione, come: - la zona di recupero, con messa a dimora di piantine di specie autoctone prodotte dai vivai locali; - la conservazione, dove poter sviluppare l’ecoturismo; - la zona a diritto d’uso, dove la popolazione può comunque continuare ad utilizzare le risorse, ma gestite in modo più sostenibile. Gli indirizzi del piano quindi, prevedono la continuazione dell’utilizzo della foresta, ma anche la promozione di altre attività agro-pastorali generatrici di reddito, per poter offrire alla popolazione delle effettive opportunità di reddito di sussistenza. Ma, essendo anche importante la formazione e la sensibilizzazione dei portatori d’interesse, al fine di poter valorizzare il patrimonio naturale locale, anche attraverso l’ecoturismo, ne abbiamo fatta a tutti i capi villaggio e poi, con il loro permesso, a tutti gli abitanti dei villaggi limitrofi al sito pilota. Possiamo concludere dicendo che: ∗ le cause di deforestazione e degrado in Madagascar sono molteplici e molto comuni a scala globale; ∗ l’illegal timber è un grande problema che deve essere assolutamente contrastato a tutti i livelli, e qui risultano molto importanti tutte le attività volontarie di certificazione; ∗ ma soprattutto, è importante, la consapevolezza di tutti, della collettività, perché ognuno può contribuire iniziando a scegliere prodotti, mezzi e servizi sempre più certificati che garantiscono un gestione forestale a livello globale nel rispetto degli standard riconosciuti a livello internazionale, nonché favorire un sempre maggiore e quanto più razionale utilizzo delle proprie risorse locali, del foreste del proprio Paese, riducendo le dipendenze dagli altri Paesi, soprattutto dai Paesi in via di sviluppo.