Analisi degli scenari tecnologici delle imprese della meccatronica
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Analisi degli scenari tecnologici delle imprese della meccatronica
Analisi degli scenari tecnologici delle imprese della meccatronica reggiana La ricerca Analisi degli scenari tecnologici delle imprese della meccatronica reggiana è stata realizzata dal Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio Emilia Gruppo di lavoro: Diego Maria Macrì (coordinatore e responsabile del progetto), Milena Benatti, Fabiola Bertolotti, Danilo Loiacono, Elisa Mattarelli Il presente studio è il risultato di una convenzione fra Camera di Commercio Reggio Emilia, Dipartimento di Scienze e Metodi dell'Ingegneria dell'Università di Modena e Reggio Emilia, Associazione Industriali Reggio Emilia e Reggio Emilia Innovazione. E' possibile la riproduzione totale o parziale della presente pubblicazione citando la fonte "Analisi degli scenari tecnologici delle imprese della meccatronica reggiana." 2 Ringraziamenti Un primo riconoscimento per questo progetto di ricerca va a Reggio Emilia Innovazione di Reggio Emilia, che lo ha concepito e alla Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Reggio Emilia, che con un generoso contributo lo ha definitivamente reso possibile. Il nostro ringraziamento è inoltre diretto al gruppo di manager e di responsabili tecnici delle aziende che hanno accettato di essere intervistati rendendo possibile la realizzazione della ricerca. Siamo consapevoli di quanto prezioso sia il tempo di coloro che svolgono il loro lavoro in azienda e del fatto che questi studi settoriali possano essere interpretati come distanti dai problemi quotidiani della gestione, come materia astratta oggetto di interesse unicamente da parte di uffici studi e di ricercatori universitari. Proprio per questo riteniamo doveroso esprimere nominativamente riconoscenza alle 20 aziende che hanno accolto il nostro invito dedicandoci tempo e attenzione. Speriamo di non avere deluso il loro meritorio interesse e ci auguriamo che dalla lettura del lavoro esse possano sviluppare utili riflessioni. Queste aziende sono: Arag S.r.l., Argo Tractors S.p.A., Bosch, Brevini Riduttori S.p.A., CF3000 S.r.l., Comer Industries S.p.A., Corghi S.p.A., Elettric 80 S.p.A., Fast S.p.A., Ghepi, Interpump Group S.p.A., Lombardini S.r.l., Microm-el S.N.C.., Motor Power Company S.r.l., Ognibene S.p.A., R.R. Robotica S.r.l., Sachman Rambaudi S.p.A., Smeg S.p.A., Walvoil S.p.A., Viewtech S.r.l. Infine, per avere partecipato agli approfondimenti sui temi delle tecnologie delle imprese del campione, un ringraziamento doveroso ai colleghi del Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria e al suo direttore Prof. Eugenio Dragoni. 3 4 Indice Indice.......................................................................................................................................... 5 Introduzione ............................................................................................................................... 7 Metodologia ............................................................................................................................... 9 1. La meccatronica a Reggio Emilia: un distretto a due velocità? ........................................... 13 2. Le dinamiche di innovazione nelle imprese meccatroniche reggiane.................................. 19 3. Le tecnologie nel distretto della meccatronica: fabbisogni e criticità.................................. 25 4. Le relazioni inter-organizzative per l’innovazione .............................................................. 34 Osservazioni conclusive........................................................................................................... 48 Appendice: Le tecnologie meccatroniche emergenti ............................................................... 52 Indice delle figure..................................................................................................................... 70 Indice delle tabelle ................................................................................................................... 72 5 6 Introduzione Questo documento è il risultato di una ricerca qualitativa che ha indagato lo scenario competitivo e tecnologico delle aziende meccatroniche reggiane. Il focus, in particolare, è stato quello di individuare i principali percorsi di evoluzione tecnologica che le imprese del distretto prevedono o auspicano. In relazione a questi percorsi o “fabbisogni tecnologici”, una seconda linea di ricerca ha indagato le collaborazioni che le aziende hanno già posto in atto o prevedono di attivare. Nonostante siano state esplorate le collaborazioni in senso lato (quindi collaborazioni anche con fornitori, clienti o partner), l’attenzione è stata prevalentemente indirizzata a quelle sviluppate dalle imprese con Università ed Enti di ricerca. Uno degli obiettivi principali della ricerca è stato infatti valutare: (1) se e in che misura le imprese del distretto facciano ricorso a collaborazioni di questa specifica natura, quale sia il giudizio che di esse danno, (2) quali le aspettative attese e le evoluzioni previste in futuro. Il documento è articolato in quattro capitoli. Il primo inizia con l’interpretazione di ‘meccatronica’ fornita dalle imprese. Nonostante gli intervistati concordino nell’associare la meccatronica alla progettazione integrata di elettronica e meccanica, con forte contenuto informatico, le imprese si trovano a diversi livelli di maturità nell’applicazione pratica di tale definizione. In particolare, mentre alcune aziende sono già in grado di ‘pensare’ e ‘muoversi’ in termini di meccatronicità (livello maturo) , altre sembrano essere ancora in fase di esplorazione (livello sperimentale). Al diverso livello di meccatronicità delle imprese corrisponde una percezione altrettanto diversa che le imprese hanno del distretto reggiano. Per quelle che si trovano a livello sperimentale il distretto è una opportunità ancora da cogliere, mentre le imprese mature hanno un atteggiamento più critico e ne auspicano un ulteriore sviluppo. Nel secondo capitolo sono investigate le fonti dell’innovazione e le strutture organizzative per la ricerca e sviluppo. La principale spinta verso l’innovazione trova la sua genesi nelle richieste dei clienti. Un’altra importante determinante è il bisogno di perseguire il miglioramento dell’efficienza e il contenimento dei costi. Minore invece il peso dell’innovazione endogena, tipica delle funzioni interne di R&D. Dalle interviste, infatti, emerge che l’‘identità’ delle funzioni di R&D delle aziende meccatroniche è eterogenea. Tale identità è per alcune imprese riconducibile all’esistenza di una specifica funzione di R&D interna, per altre a una unità di progettazione ‘allargata’ dove in un tipico ufficio tecnico vengono svolte, a tempo parziale o in collaborazione con consulenti esterni attività di ricerca, per altre ancora all’esistenza di un ufficio tecnico in senso stretto. Nel terzo capitolo sono riportate le tecnologie che le imprese considerano attualmente centrali per conseguire vantaggio competitivo e quelle ritenute critiche 7 per il futuro. Il confronto tra la situazione attuale e quella prevista fa emergere i fabbisogni tecnologici di medio-lungo termine del distretto. Le criticità che le imprese percepiscono nell’approvvigionamento di nuove tecnologie sono descritte e classificate in quattro categorie: tecniche, economiche, organizzative e strategiche. L’appendice completa questa analisi mostrando quali sono i temi di ricerca ritenuti di frontiera a livello internazionale nell’ambito delle tecnologie meccatroniche nonché le attività di ricerca che in questi ambiti il Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio Emilia svolge. Il quarto capitolo affronta il tema del ruolo delle relazioni inter-organizzative per l’innovazione. Per ciascun tipo di collaborazione attivata (con università, enti territoriali pubblici e privati, altre imprese e centri di ricerca) sono investigati i punti di forza e di debolezza. Il documento si conclude con una discussione delle implicazioni per le imprese e per gli enti territoriali del distretto. 8 Metodologia La ricerca è stata condotta attraverso interviste aperte a 20 aziende accuratamente selezionate. Le modalità di scelta del campione sono discese dai temi e dagli obiettivi della ricerca. Il criterio principale è stato individuare le aziende più innovative o comunque più propense all’innovazione, a prescindere dalla loro dimensione e cercando anzi, ove possibile, di costituire un campione il più possibile eterogeneo in relazione a caratteristiche quali il fatturato, l’età, l’appartenenza a gruppi, la propensione all’export. La ricerca qualitativa qui presentata costituisce un proseguimento e un arricchimento di una precedente ricerca quantitativa (Repertorio delle imprese attive all’interno del distretto della meccatronica di Reggio Emilia: Produzioni e competenze distintive), svolta attraverso informazioni raccolte con questionari e alla quale hanno risposto 47 aziende delle complessive 200 del comparto meccatronico reggiano. È apparso dunque ragionevole selezionare in primo luogo aziende all’interno del suddetto campione per il quale già si disponeva di un ampio quadro di informazioni qualiquantitative. Al tempo stesso, tuttavia, non si è voluto rischiare di riprodurre una “auto-selezione”. In altri termini, non si è voluto dare per scontato che solo le aziende sensibili alle tematiche dell’innovazione avessero risposto al questionario o che, soprattutto, non lo fossero quelle che non avevano risposto. Per aumentare la rappresentatività del campione sono state quindi selezionate anche imprese non presenti nel campione della prima ricerca e tuttavia indicate da più fonti (come il direttore generale di Reggio Emilia Innovazione, i colleghi tecnologi del Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria) come aziende impegnate sul fronte dell’innovazione. Prima di procedere all’analisi dei temi di interesse può essere utile individuare la distribuzione statistica del campione in base ad alcune dimensioni in modo da offrire un quadro generale delle imprese coinvolte. Nel seguito sono riportati i dati relativi a: 1. dimensione (intervallo di ricavi) 2. comparto/i di appartenenza 1. In base ai dati di ricavo 2005, e in accordo alla classificazione europea delle PMI, in vigore dal 1° gennaio 20051, le imprese del campione intervistato sono così suddivise (fig. 1.1): 1 Raccomandazione della Commissione Europea del 6 maggio 2004, relativa alla definizione delle micro, piccole e medie imprese, testo integrale dell’atto 2003/361/CE [Gazzetta Ufficiale L 124 del 20-05-2003]. 9 - micro imprese (volume d’affari inferiore a 2 mln €): 2, pari al 10% del campione; piccole imprese (volume d’affari compreso tra 2 e 10 mln €): 4, pari al 20% del campione; medie imprese (volume d’affari compreso tra 10 e 50 mln €): 5, pari al 25% del campione; grandi imprese (volume d’affari oltre i 50 mln €): 9, pari al 45% del campione. Num. di aziende per dimensione 2005 Grandi 9 Medie 5 Piccole 4 Micro 2 0 2 4 6 8 10 Figura M.1: La distribuzione delle imprese intervistate in base alla classificazione PMI 2. Per la suddivisione in comparti si è fatto riferimento a quella già proposta nella ricerca quantitativa “Repertorio delle imprese attive all’interno del distretto della meccatronica di Reggio Emilia”. Si ricorda poi che ogni azienda può appartenere a più comparti, sicché il numero totale di scelte di comparti indicati dalle aziende è superiore a 20. In tabella 1.1 sono stati riportati, per ogni comparto, il numero totale di aziende che vi appartiene. Come si può osservare, il campione intervistato copre quasi tutti i comparti indicati ed è pertanto soddisfacentemente rappresentativo. Per le interviste è stato definito un protocollo volto a focalizzare quattro temi principali: i. Raccogliere informazioni generali sull’azienda e sui suoi prodotti, cercando in particolare di capire quale fosse l’accezione data al termine “meccatronica” e quale il livello di sovrapposizione dell’attività svolta con tale definizione; ii. Indagare su cosa l’azienda intendesse per “innovazione”, sull’esistenza di eventuali strutture interne di ricerca e sviluppo e sulle principali fonti di innovazione; 10 Tabella M.1: comparti di appartenenza delle imprese intervistate ID Nome Comparto N C20 C1 C2 C4 C18 C6 C3 C12 C15 C16 C5 C8 C9 C10 C13 C14 C7 C11 C17 C19 Altro Oleodinamica Software/Automazione industriali Componentistica per automotive Macchine utensili e Robot Riduttori Prodotti e componentistica elettronica Macchine agricole Sistemi di movimentazione industriale Macchine automatiche Organi di trasmissione Componenti elettromeccanici Motori elettrici Motori a combustione interna Impiantistica Elettrodomestici Lavorazioni meccaniche conto terzi Macchine elettriche Macchine per manutenzione autoveicoli Macchine per il divertimento 5 4 4 4 4 3 2 2 2 2 1 1 1 1 1 1 0 0 0 0 iii. Indagare sulle tecnologie ritenute dall’azienda critiche e sui fabbisogni tecnologici di medio periodo. In particolare, in relazione a questi ultimi si è investigato su come l’azienda prevedesse di farvi fronte, se cioè le competenze e le conoscenze necessarie per acquisire tali tecnologie fossero già in suo possesso oppure se ipotizzasse di attivare collaborazioni per acquisirle. iv. Cogliere le relazioni inter-organizzative, ossia la rete degli attori con i quali le imprese intervistate già interagiscono nei processi di innovazione tecnologica e quelli con i quali potenzialmente potrebbero o vorrebbero nel futuro interagire. Il protocollo sopra descritto è stato un filo conduttore, non un vincolo severo nella conduzione delle interviste. Si è trattato infatti di interviste semi-strutturate (Spradley, 1979)2 le quali, partendo dal tema della ricerca, si sono sì focalizzate su argomenti specifici e domande mirate, ma con una sequenza solo indicativamente predeterminata che non ha vincolato l’interazione all’interno di schemi preconcetti. La ricerca qualitativa si sviluppa infatti durante il suo stesso svolgersi, secondo itinerari diversi e imprevedibili che trovano la loro genesi nella specifica interazione fra l’intervistatore e l’intervistato. 2 Spradley J.P. 1979. The ethnographic interview Harcourt Brace, Orlando, FLA. 11 Nel corso delle interviste si sono quindi utilizzate domande di approfondimento mirato (Macrì e Tagliaventi, 2000)3 per cercare nuove informazioni, ma senza necessariamente rendere esplicito il tema che l’intervistatore desiderava focalizzare. Per introdurre nuovi temi sono state invece rivolte domande dirette. Un ruolo certamente importante hanno assunto le cosiddette “domande interpretative”. Esse implicano il riformulare, il parafrasare, il riassumere i pareri dell’attore per essere certi di avere compreso il significato da lui assegnato alle risposte (ibid.). Infine, le domande iniziali volte a raccogliere la presentazione generale dell’azienda e dei suoi prodotti (lasciando piena libertà di risposta all’intervistato) rientrano nelle cosiddette domande “grand tour”, utili in apertura di intervista per stabilire un contatto proficuo, stemperare la tensione e individuare temi rilevanti (Spradley, 1979). Anche se probabilmente prive di informazioni direttamente utili alla ricerca, tali domande sono dunque strumentali allo sviluppo della relazione con l’intervistato perché consentono di avviare soddisfacentemente l’intervista vera e propria. Le interviste hanno avuto una durata variabile da una a due ore a seconda della disponibilità dell’intervistato e del suo coinvolgimento. In alcuni casi l’interlocutore è risultato particolarmente interessato e partecipe alla discussione e durante la conversazione sono emersi spontaneamente temi e argomenti non previsti dal protocollo che hanno offerto importanti spunti di riflessione. In altri casi l’intervista ha avuto più interlocutori e in tali circostanze l’interazione è risultata particolarmente articolata perché si sono indirizzati gli intervistati a fornire risposte condivise e non a “ripartirsi” le risposte alle domande. Tutte le interviste sono state (previa autorizzazione) registrate e successivamente trascritte su file di scrittura, il che ha consentito una fedele registrazione delle cosiddette field notes o “appunti presi sul campo”. Una volta resi disponibili in forma estesa gli appunti presi sul campo, l’analisi è proseguita con la procedura di codifica (coding) degli appunti, ovvero attraverso l’attribuzione di “etichette” a classi di fenomeni simili. In questa fase ci siamo avvalsi di uno specifico software per l’analisi dei dati qualitativi: NVivo 7. Ad esempio, se durante l’intervista il nostro interlocutore si fosse riferito, parlando di innovazione, sia all’acquisizione di licenze sia al monitoraggio dei concorrenti, allora a questi due fenomeni, sia pure entrambi codificati come fonti di innovazione, sarebbero state assegnate “proprietà” diverse. L’analisi delle field notes permette di ridurre la varietà, l’eterogeneità e la numerosità delle rilevazioni in un numero inferiore di “concetti”. Questo processo di limitazione della varietà consente di rintracciare più facilmente un ordine e di attribuire più facilmente un senso all’insieme delle dichiarazioni raccolte (Macrì e Tagliaventi, 2000). Il presente documento è articolato in quattro capitoli che ripercorrono le quattro aree del protocollo di intervista. 3 Macrì e Tagliaventi (2000). La ricerca qualitativa nelle organizzazioni: teorie, tecniche, casi. Roma: Carocci Editore. 12 1. La meccatronica a Reggio Emilia: un distretto a due velocità? Come detto nell’introduzione, nello svolgere questa ricerca qualitativa sul distretto della meccatronica reggiano abbiamo in primo luogo ritenuto opportuno considerare la rappresentazione che le aziende hanno del distretto (e dei suoi tratti peculiari) in termini di prodotti, di tecnologie e di giudizi espressi sui possibili vantaggi competitivi derivanti dall’appartenenza a un sistema distrettuale. Il primo aspetto significativo emerso in sede di interviste è l’ampia condivisione della “definizione” di meccatronica o di “impresa meccatronica” o di “sistema meccatronica” da parte delle aziende. Attraverso l’analisi testuale è stato possibile dedurre la seguente definizione. La meccatronica rappresenta un’avanzata integrazione progettuale fra meccanica, elettronica e informatica e costituisce la spina dorsale di un nuovo pattern produttivo e, più in generale, di un nuovo indirizzo strategico. Obiettivo ultimo della meccatronica è quello di ottenere dalla meccanica funzionalità e prestazioni che sarebbero impensabili senza la congiunzione concettuale e progettuale di cui sopra. In altri termini, la competenza meccatronica è interpretata dai più come una sorta di meta-competenza costituita non solo dalle singole e specifiche culture della meccanica, dell’elettronica e dell’informatica, ma anche, e soprattutto, dalla capacità di integrarle e fonderle in un “nuovo” corpo di conoscenze per dare vita a prodotti innovativi e difficilmente imitabili. Il termine “sistema meccatronica” appare dunque del tutto appropriato perché sottolinea il valore di una conoscenza fondata in ampia parte sullo sviluppo di nuove e feconde “relazioni” fra i saperi costituenti. “Io credo che meccanica ed elettronica non siano necessariamente meccatronica perché l’elettronica può pilotare la meccanica e spesso come meccatronica vengono definiti dei sistemi che invece sono semplicemente elettro-meccanici. Quindi quali sono le cose che identificano la vera meccatronica? Innanzitutto l’elettronica deve essere perfettamente integrata nella meccanica non solo come un componente esterno che comanda il “meccanico” [...] L’elettronica deve rispondere in tempo reale al comportamento dei sistemi meccanici e il termine in tempo reale non significa che se io muovo il mouse il cursore si muove in tempo reale; per un utente che guarda il monitor anche se ci sono 100 milli secondi di ritardo non sono niente, ma nella meccatronica in tempo reale vuole dire che non parliamo di 100 milli secondi ma 100 micro secondi e forse è già tanto. L’elettronica quindi deve essere molto interfacciata con la meccanica. Un ottimo esempio di prodotto meccatronico è la cartuccia della stampante a getto di inchiostro che prima non esisteva. Quindi una cosa che non esisteva come cosa meccanica è stata inventata grazie a un’idea meccatronica dove l’elettronica riesce a far fare alla meccanica qualcosa che non era mai riuscita a fare da sola prima.” (Azienda 3) “Si parla di sistema meccatronica quando il sistema meccatronica cambia pesantemente le funzioni del sistema meccanico e per fare questo c’è bisogno dell’informatica, perchè solo tramite 13 l’informatica si riesce a cambiare la dinamica di un sistema meccanico. E’ quindi questa qui la cosa che è saltata fuori dalla mia indagine, cioè che una parte importante che caratterizza un prodotto meccatronico è l’informatica.” (Azienda 3) Ciò che emerge chiaramente dalle testimonianze raccolte è la consapevolezza che l’elettronica, grazie anche al supporto informatico, sia oggi centrale nella progettazione di nuovi prodotti e che abbia assunto dunque un ruolo decisivo nell’evoluzione di una nuova tecnologia “ibridizzata”. Trascurabile è parsa, invece, la posizione di chi considera la meccatronica come mero accostamento (con bassa integrazione dunque) di componenti elettronici ai sistemi meccanici tradizionali. D’altronde, qualunque impresa si avvale oggi di una molteplicità di tecnologie diverse, ma non è questo certamente sinonimo di sviluppo di una nuova tecnologia. Un secondo punto di attenzione al quale l’indagine conduce è la gradualità con cui le imprese, sia pure condividendo largamente, come detto, una definizione concettualmente ‘evoluta’ di meccatronica, mostrano di riuscire a operativizzarla al proprio interno. Più in particolare, è emerso uno iato fra imprese già mature nell’impiego integrato di elettronica, informatica e meccanica e imprese che, nel panorama distrettuale, si attardano invece su posizioni di sperimentazione, di progettazione ancora in progress di prodotti a contenuto potenzialmente meccatronico. Persiste, in altri termini, una dicotomia sufficientemente netta tra imprese che si muovono su di un terreno di sviluppo industriale già marcatamente meccatronico e imprese, al contrario, per le quali la meccatronica rappresenta ancora una promettente frontiera sperimentale, un futuro tecnologicamente e strategicamente prossimo al quale sentono di approssimarsi (sotto la spinta di logiche concorrenziali o della pressione a cogliere opportunità), ma alla quale non sono ancora giunte. La differente maturità operativa del potenziale meccatronico che distingue le imprese reggiane intervistate configura pertanto uno scenario industriale a due velocità. 4 1. un gruppo di imprese già in grado di “pensare e muoversi” con sicurezza in termini di meccatronicità dunque già pronte a cogliere tutti i vantaggi derivanti dall’appartenenza a un distretto industriale. Con le parole significative del responsabile R&D di un importante gruppo: 4 La dicotomia proposta tra imprese di un sistema distrettuale a contenuti meccatronici più maturi e imprese dal carattere meccatronico ancora sperimentale, non si distingue sostanzialmente da quella proposta in altri contributi teorici, come ad esempio quella di Scarlati (1991) che distingue tra: imprese contoterziste (che hanno una bassa propensione alla crescita e all’innovazione; dipendono interamente da committenti, perseguono massima flessibilità e forte contenimento dei costi); imprese indirizzate al mercato che sono più autonome sia in sede di progettazione sia in sede di produzione (imprese fortemente orientate alla differenziazione dei prodotti per poter meglio soddisfare la domanda del mercato) e imprese innovative, ossia capaci di creare un prodotto nuovo. Scopo delle imprese innovative, dice Scarlati, è quello di difendere il proprio vantaggio competitivo cercando di renderlo inimitabile. Il loro sforzo è teso a innalzare barriere all’entrata per impedire a nuovi prodotti di altre imprese di entrare o di replicare quel modello altrove. L’innovazione è continua e il prodotto viene continuamente ripensato e rivisto. 14 “Credo che noi dovremmo essere il prototipo di azienda meccatronica, perché i nostri prodotti sono un insieme di meccanica, idraulica, congegni elettronici e di software. Credo sia un pò tutto questo la meccatronica: l’utilizzo delle varie competenze della tecnica, cioè dalla meccanica, all’elettronica, all’informatica. Noi veramente utilizziamo tutte queste cose, dobbiamo avere conoscenza di tutti questi settori.” “Ritengo che in qualche modo l’elettronica, e in particolare l’informatica, abbiano sostituito intere funzioni che prima venivano svolte meccanicamente. Sicuramente questo è già successo e sempre di più succederà. Per questo noi crediamo che lavorando sempre molto sui software si possa arrivare ad ingegnerizzare sempre di più il prodotto.” (Azienda 5) E ancora: “Noi abbiamo una linea di prodotti che presenta già tutta la parte di elettronica integrata a bordo, quindi in un unico prodotto si trova sia la parte rotativa del motore sia la parte di comando del motore stesso. Questo logicamente con una serie di benefici in termini di ingombri, cablaggi, prestazioni ecc. In più la volontà di creare un’azienda a parte è proprio per questo motivo: quello di andare oltre a quello che è la fornitura di un componente fornendo anche comunque il sistema, quindi la parte elettromeccanica, elettronica, il software, il cablaggio, il bordo macchina e tutto quello che potenzialmente può diventare una macchina.” (Azienda 9) 2. Altre imprese, al contrario, dichiarano un basso contenuto di meccatronicità o, come detto in precedenza, sono ancora in fase sperimentale. Mostrano dunque una maggiore prudenza (considerato il radicamento della propria attività produttiva nella meccanica “tradizionale”) e stanno ancora valutando il potenziale di sviluppo insito nella rete distrettuale. “Diciamo che l’elettronica ha sostituito in parte un azionamento ma difficilmente credo che anche per il futuro possa sostituire il cuore della parte meccanica. Quindi diciamo che l’elettronica a oggi ci può assicurare maggior confort, miglior sicurezza ma che la parte meccanica, quindi gli oggetti che noi all’ interno del nostro gruppo andiamo a produrre, sono basati essenzialmente sulla meccanica, sebbene l’elettronica sia un grosso aiuto.” (Azienda 2) E più esplicitamente: “Diciamo che per quello che è la progettazione standard a oggi parlare di meccatronica è forse forzato. Forse sta diventando veramente meccatronica il prodotto finale. L’azienda però sta entrando un po’ nella produzione di prodotti un po’ più interdisciplinari. Noi tra l’altro abbiamo anche sviluppato l’elettronica e gli algoritmi di controllo di certi nostri prodotti… Diciamo che quello che un tempo noi chiamavamo dinamica e controllo di macchina oggi si chiama meccatronica.” (Azienda 10) “Ecco comunque dove interviene l’elettronica, che comprende poi una conoscenza della parte elettronica e una capacità di sviluppare software e comunque anche per chi lo fa è importante conoscere la parte idraulica/meccanica e a cosa servirà alla fine. Allora a questo punto si parla di meccatronica quando chi lo fa non conosce solo il suo piccolo ma sa muoversi anche con delle visioni a 360°. Fino ad anni fa si spingeva sul compartimentare il sapere per avere dei super esperti, ora si sta facendo veramente l’opposto; oggi chi prende un po’ dappertutto porta avanti bene o male il progetto per quanto magari non disegna il cilindro. Noi vogliamo arrivare a fare tutte queste cose.” (Azienda 10) 15 A fronte di questa sostanziale polarizzazione di casi aziendali, non sorprende, ed è questo un terzo elemento di rilievo dello studio, che siano emersi giudizi diversi sulla natura e sulla funzionalità del distretto meccatronico. Le imprese il cui core business si configura già ad alta progettualità meccatronica giudicano ancora poco efficace lo scambio di know-how e la collaborazione interaziendale del/nel distretto. Auspicano quindi una maggiore diffusione della logica distrettuale sul territorio. Esse stesse si percepiscono infatti come in fase di volo, e non più di decollo, sulle rotte dello sviluppo tecnologico-produttivo. Specularmente, emerge che le imprese che sono centrate su standard produttivi ancora a carattere prevalentemente meccanico o elettro-meccanico, dunque dai contenuti meccatronici ancora incerti, si sentano meno coinvolte nell’auspicare lo sviluppo di un vero e proprio distretto della meccatronica, preferendo ancora muoversi sul mercato come single player, con alto grado di “chiusura operativa” e di diffidenza nella condivisione del know-how. Ciò nondimeno, giudicano il potenziamento del distretto e la cooperazione di filiera un’opportunità di crescita e, anche, una sorta di strategia di marketing territoriale per promuovere la propria immagine all’esterno. Tali diverse posizioni saranno dettagliate a approfondite nei capitoli 3 e 4. 16 Definizione generale di meccatronica Applicazione della definizione a se stessa: livello di ‘meccatronicità’ delle imprese Giudizio sul ruolo del distretto meccatronico per la crescita aziendale Meccatronica come progettazione integrata di elettronica e meccanica, a forte contenuto informatico (definizione condivisa) - Livello ‘Maturo’: le imprese che sono già in grado di ‘pensare’ e ‘muoversi’ con sicurezza in termini di meccatronicità - Livello ‘Sperimentale’: le realtà aziendali a basso contenuto di meccatronicità o ancora in fase sperimentale - Una realtà non adeguatamente sviluppata: è la percezione delle imprese ‘mature’ in termini di meccatronicità che sarebbero già pronte a cogliere tutti i vantaggi derivanti dall’appartenenza a un distretto industriale ma che lamentano ancora la bassa coesione e il basso grado di sviluppo - Una potenzialità ancora da cogliere: le realtà aziendali a basso contenuto di meccatronicità o ancora in fase sperimentale, che stanno ancora valutando il reale potenziale di sviluppo indotto dalla rete distrettuale. Figura 1.1: Schema sulla visione della meccatronica 17 18 2. Le dinamiche di innovazione nelle imprese meccatroniche reggiane Il contesto territoriale reggiano, caratterizzato dalla concentrazione di imprese che sviluppano una qualche forma di sinergia, ha probabilmente favorito e favorisce la capacità di specializzazione e personalizzazione dei prodotti, le economie di scala, tassi di innovazione soddisfacenti. I riflessi sulla qualità sono evidenti, tanto da consentire a molte di queste aziende di uscire dal territorio del distretto e di affacciarsi con autorevolezza in contesti internazionali. Molte delle imprese intervistate, infatti, si collocano notoriamente su posizioni di eccellenza in virtù di una vocazione forte e consolidata a innovare i prodotti e i processi, una vocazione che fa di molte di esse dei veri e propri leader, anche internazionali. Queste imprese in grado di sviluppare la ricerca di base, investono con coraggio e dispongono di competenze tecnologiche accumulate nel tempo attraverso le quali soddisfano e sovente anticipano la domanda dei mercati. A facilitare una tale evoluzione è probabilmente un sistema a rete, tipico delle forme distrettuali, costituito da piccole aziende in molti casi posizionate nella subfornitura di componenti a elevato contenuto tecnologico, in linea cioè con gli standard richiesti dalle imprese “capofila”. Più in particolare, l’indagine sul campo sul tema dell’innovazione pone in luce l’intensità del potenziale di innovazione che le imprese reggiane stanno introducendo sul mercato: una progressione degli sforzi tecnico-progettuali per innovare che va dai miglioramenti incrementali di prodotti già esistenti sul mercato, sino ad esempi per i quali si può parlare di un ”salto” tecnologico, organizzativo e produttivo (break trough) che configura le aziende come imprese-guida. “Noi facciamo solo innovazione nel senso che raramente sviluppiamo prodotti equivalenti a quelli dei nostri concorrenti o utilizziamo tecnologie che sono già sul mercato. Dobbiamo risolvere dei problemi, spesso meccanici o problemi misti di meccanica ed elettronica, quindi cerchiamo soluzioni innovative che spesso brevettiamo. Abbiamo diversi brevetti depositati e quindi cerchiamo sempre di guardare a tecnologie nuove e a idee nuove; questo è per noi il normale modo di lavorare.” (Azienda 3) “Attualmente stiamo lavorando su un prodotto che sfrutta la telediagnosi. La settimana scorsa ho fatto un giro in Italia e all’estero per capire dai clienti le loro reazioni che sono state tutte entusiaste perché non esistono prodotti che si collegano a distanza con la centralina e che vadano direttamente a colloquiare con le logiche che stanno internamente. Anche dove esiste qualcosa del genere il costo è stratosferico, quindi l’idea è di un prodotto con costo giusto che però faccia delle funzioni approfondite per andare a dialogare con le centraline dei motori in profondità.” (Azienda 3) 19 “Sicuramente l’azienda la reputo innovativa [...] Siamo presenti da diverso tempo col prodotto che è ancora in fase di sviluppo sul mercato mondiale. In Italia siamo 2 o 3 costruttori in grado di fornire questa tecnologia che è frutto 100% interno della nostra azienda sul quale abbiamo anche depositato dei brevetti. Generalmente viene fatta una attività costante di ricerca e miglioramento del prodotto.” (Azienda 9) Come si diceva poc’anzi, a fianco di aziende che si caratterizzano per una spiccata tendenza all’innovazione di prodotto, coesistono imprese della filiera meccatronica che affermano di puntare maggiormente - adottando implicitamente un’accezione meno ricca di meccatronica - su un’innovazione intesa come efficienza del processo produttivo, come attenzione alla realizzazione di prodotti a costi competitivi. “Perchè il discorso dell’innovazione nel nostro settore si scontra con il discorso dei costi. Vendiamo il nostro prodotto in tutti i settori e poiché il nostro prodotto va su macchine piccole, che hanno un costo limitato, non possiamo aumentare del 40% il costo del motore a meno che tutta la concorrenza non sia obbligata a fare la stessa cosa [...] Quindi noi dobbiamo sempre calibrare molto attentamente il costo dell’innovazione con la vendibilità del prodotto.” (Azienda 7) “Sicuramente quando si parla dall’interno di un’azienda si parla avendo ben chiaro davanti il mercato, con gli obiettivi che si vogliono come azienda, ma avendo davanti il mercato […] Le tecnologie che noi usiamo non sono sicuramente tecnologie nuove; la grossa differenza tra 10/15 anni fa è sicuramente il fatto che adesso il prezzo di questa tecnologia permette la sua applicazione a situazioni che solo 10 anni fa erano inavvicinabili proprio per questioni di costo.” (Azienda 12) “Innanzi tutto, quando un cliente si presenta a fare una richiesta specifica su un aspetto tecnico di un prodotto, molto spesso la nostra conoscenza specifica ci porta a fargli fare di già un passo in avanti rispetto a quelle che erano le sue cognizioni di base. In questo caso si può veramente vedere un cambiamento in termini di riduzione dei prezzi ma non solo, perchè il materiale plastico riduce pesi, quindi riduzione di assorbimento, una maggior durata dei componenti meccanici, una riduzione di consumi elettrici, quindi anche di impatto ambientale oltre che economico. Per me questa è innovazione.” (Azienda 6) Un aspetto correlato alla tipologia di innovazione è quello delle fonti dell’innovazione. A questo proposito occorre osservare che la maggior parte delle imprese intervistate ha segnalato una pluralità di fattori dai quali originano le innovazioni introdotte nel corso del tempo. Le fonti sono state così codificate: clienti, innovazione endogena, imitazione della concorrenza, efficienza/ contenimento dei costi, mutamento normativo e trasferimento da altri settori industriali. La figura 2.1 riporta le frequenze con cui ogni fonte di innovazione è stata indicata dai nostri intervistati. Ciò che emerge, è che la forza principale che determina il miglioramento dei prodotti è l’obiettivo di soddisfare le specifiche esigenze dei clienti, un’innovazione dunque market driven e non invece anticipatoria. Il 60 % delle aziende del campione ha indicato la soddisfazione dei clienti come fonte di innovazione. “Nella nostra azienda si fa innovazione in diverse aree ma spesso l’innovazione è fatta comunque per una richiesta del mercato, direi il 95% delle volte. Un cliente ha una necessità di innovazione o ha un progetto ed essendo il nostro un componente che è un’attuazione difficilmente può nascere un’innovazione vera o meccatronica.” (Azienda 10) 20 Fonti dell'innovazione Cliente 60% Contenimento costi/efficienza 50% Endogena 25% Imitazione della concorrenza 25% Trasferimento da altri settori 20% Mutamento normativo 5% 0% 20% 40% 60% 80% Figura 2.1. Le percentuali di aziende che dichiarano le diverse tipologie di fonti di innovazione Talvolta si tratta, come emerge chiaramente dall’esempio che segue, di una condivisione di progettualità, del co-design di prodotto realizzato tra impresa e cliente. Dice un intervistato: “Noi abbiamo clienti consolidati ormai da 30 anni e questo implica che il cliente non ci veda più come un fornitore ma come un partner. Il più delle volte siamo chiamati dal cliente quando ha una problematica e questa problematica la condivide con noi nel senso che insieme troviamo una soluzione che può essere una macchina, un sistema o solo un’idea di come risolvere una problematica interna (un collaudo, un pezzo, una verifica). Quindi, da questo punto di vista, noi siamo sempre preparati e sperimentiamo insieme al cliente. E’ un lavoro di partnership che ci vede impegnati e che ci dà la possibilità assieme al cliente di fare uno studio, una ricerca e un percorso di crescita. Quotidianamente siamo impegnati in questo tipo di attività che è un onore ma anche un onere perchè questo vuol dire che siamo sempre stimolati a innovare.” (Azienda 8) In casi meno frequenti, la fonte dell’innovazione deriva da un’anticipazione dei bisogni dei clienti, come si evince nella seguente field note: “Andiamo a progettare macchine, o sistemi, prima di averle addirittura proposte ai clienti. Le brevettiamo poi le presentiamo ai possibili clienti quindi in tal senso ci posizioniamo sicuramente come innovatori perché il nostro obiettivo non è solo replicare una macchina gia esistente, ma di andare a soddisfare una determinata esigenza del cliente che può essere soddisfatta attraverso tecnologie diverse che ancora oggi non sono così presenti sul mercato.” (Azienda 9) Un’altra fonte di innovazione per le imprese del distretto reggiano – indicata dal 25 % delle aziende – è quella “imitativa” che nasce dal mercato e da meccanismi di concorrenza fra gli attori in competizione, esterni e interni al distretto stesso, spesso 21 in relazione a brevetti propri o già depositati da altre imprese (sovente straniere), con le quali quelle della meccatronica reggiana devono confrontarsi. “Quindi facciamo investimenti su prodotti innovativi. Stiamo lavorando su prodotti dove i concorrenti vantano molti brevetti. Negli ultimi anni c’è stata una forte esigenza di know how brevettale e quindi il nostro staff ora sta lavorando su questi brevetti anche perchè il nostro concorrente tipico ne vanta due o tre volte più di noi. Noi consideriamo come concorrenti principali grandi aziende che oltre a essere più grandi come dimensioni hanno anche un range di prodotti molto più vasto e riescono davvero a fornire il sistema completo. Noi ci stiamo avvicinando a farlo. Inoltre, queste aziende possono contare su un’area di ricerca e sviluppo esageratamente grande rispetto alla nostra; quindi diciamo che la nostra innovazione di prodotto, a oggi, è più un seguire quello che fanno i grandi.” (Azienda 13) “È il commerciale di solito il primo che segnala la direzione da prendere. Ad esempio, se in questi anni prende piede l’aeronautica piuttosto che il settore energetico o la lavorazione dei particolari per generatori eolici, allora il commerciale segnala la tipologia, la struttura di macchina e le prestazioni che la macchina deve avere affinché la macchina possa essere concorrenziale nel settore. Quindi si parte col commerciale poi dopo inizia una fase di pre-progetto da parte dell’ufficio tecnico che si potrebbe dire che fa innovazione continuamente perché si progettano continuamente nuove macchine [...] Poi c’è l’ introduzione di novità che è sempre legata all’analisi della concorrenza perché c’è sempre qualche concorrente pioniere che introduce la novità e poi viene seguito dagli altri. Noi siamo stati sia pionieri sia imitatori nel corso degli anni. Funziona cosi insomma: di solito c’è una segnalazione da parte del commerciale a prendere spunto della concorrenza.” (Azienda 11) Strettamente correlato all’esigenza di innovare imposta dal confronto con i competitor e dall’attenzione ai mercati di riferimento è il tema dell’innovazione che scaturisce dal trasferimento tecnologico e che proviene dal know-how di settori attigui a quello meccatronica, da fenomeni dunque di fertilizzazione intersettoriale. Come sostiene ad esempio questa impresa: “In alcuni casi, anzi molti, l’innovazione si è trasferita dall’aeronautica. Noi difficilmente inventiamo materiali nuovi o chissà che cosa; si cerca di ingegnerizzare o di utilizzare idee di altri settori e tradurle in pratica nel nostro. L’aeronautica tipicamente trasferisce parte delle sue innovazioni ai nostri.” (Azienda 10) Sono altresì emersi casi, dichiarati solo dal 25% dei nostri informatori, di innovazione endogena, che ha preso origine da investimenti in ricerca di base, al di fuori dunque di budget mirati, come sostiene ad esempio una delle intervistate: “Possono nascere innovazioni anche in modo abbastanza casuale dovuto al fatto che noi come ricerca e sviluppo dobbiamo fare dei test, test molto particolari. Per esempio, abbiamo anche realizzato un sistema che però non è commerciale: è un’innovazione che “porta consigli”. Abbiamo realizzato un prodotto per un’esigenza nostra interna, poi da lì si sono imparate alcune cose e sono emerse alcune idee per progetti ed eventuali sviluppi”. (Azienda 10) Il tema dell’innovazione è stato messo in relazione alla presenza, all’interno delle imprese intervistate, di specifiche strutture interne di R&D e alle caratteristiche 22 funzionali di quest’ultime. La figura 2.2 individua “l’identità” delle funzioni di R&D delle aziende meccatroniche riconducibile, almeno per alcune, all’esistenza di una specifica funzione di R&D interna, per altre ad una unità di progettazione ”allargata” dove in un classico ufficio tecnico vengono svolte, a tempo parziale o in collaborazione con consulenti esteri attività di ricerca, per altre ancora all’esistenza di un ufficio tecnico in senso stretto. La maggior parte delle imprese ha dichiarato di disporre di una specifica funzione di R&D. Come prevedibile, la dimensione aziendale, intesa in termini di numero di dipendenti, è una variabile influente. La quasi totalità delle imprese di dimensioni medio-grandi dispone infatti di un team di ingegneri, spesso con competenze multidisciplinari, i quali si preoccupano esclusivamente di progettare, sviluppare e testare, in modo indipendente da fabbisogni di produzione contingenti, nuovi prototipi.5 Molte grandi imprese della filiera, per numero di dipendenti e per ricavo, si sono espresse in termini analoghi ai seguenti: “Noi per ricerca pura, ossia per queste persone dedicate, spendiamo non meno di 1 milione all’anno. Abbiamo un costo elevato di personale per la ricerca; devo mantenere 7-8 persone dedicate solo per la ricerca delle quali 3 o 4 sono qua, e 3 o 4 sono all’estero.” (Azienda 5) Nelle imprese di piccole dimensioni prevale, invece, un modello organizzativo che integra, all’interno dell’Ufficio tecnico, la presenza di persone che svolgono, in maniera non continuativa, attività di ricerca e sviluppo. Si può parlare, in tal caso, di Uffici tecnici “allargati” o “potenziati”. Alle tradizionali mansioni si sono infatti aggiunte figure professionali che svolgono ruoli di ricerca, sia pure in modo non esclusivo. L'identità delle funzioni R&D Unità di R&D 9 Ufficio tecnico allargato 7 Ufficio tecnico 4 0 2 4 6 8 10 Figura 2.2:Ll’identità delle funzioni di R&D delle aziende meccatroniche 5 Il numero di personale che le imprese meccatroniche dedicano ad attività di R&D in senso stretto oscilla, fra quelle intervistate, tra l’1% e il 10%. Il dato non ha e non intende avere rappresentatività statistica, essendo stato rilevato con strumenti ‘qualitativi’ di ricerca. Lo si comunica, dunque, a titolo puramente informativo. 23 E’ il caso di queste aziende, che affermano: “L’ufficio tecnico è il reparto all’interno del quale sono gestite le necessità quotidiane dei vari clienti, come ad esempio gli adattamenti e le modifiche, ma nello stesso tempo è anche il luogo dove vengono generate nuove idee tecniche, o meglio nuove soluzioni tecniche più che idee. Non abbiamo all’interno dell’ufficio tecnico un reparto di ricerca di base ovvero un gruppo di persone che lavorano senza obiettivi contingenti. Un ufficio R&D propriamente detto, se questo era il senso della domanda, non c’è.” (Azienda 4) “No, nella realtà dei fatti noi non abbiamo una vera e propria unità dedicata esclusivamente all’R&S. Abbiamo un ufficio tecnico e una serie di persone che a livello di concetto di miglioramento qualità pongono attenzione a quelle che sono le esigenze interne. E’ composto di 6 persone di cui io sono responsabile. Tra queste 6 persone ci sono degli ingegneri. Diciamo poi che all’interno dell’ufficio tecnico abbiamo 3 persone che hanno una buona conoscenza del processo e di conseguenza il miglioramento nasce dall’integrazione di queste figure.” (Azienda 6) Nelle imprese di piccole dimensioni, infine, si è riscontrata invece nella maggior parte dei casi l’assenza di uffici R&D, sia pure intesi come uffici tecnici ”allargati”. Si tratta di imprese che non investono ancora nella ricerca in senso stretto, che detengono piccole quote di mercato e che non apportano innovazioni significative all’interno del distretto industriale meccatronico. E’ questo, per esempio, il caso di aziende nate da poco, in via di strutturazione e start-up, che pensano di dedicare quote significative del budget alla ricerca tecnologica e all’innovazione, ma che non hanno ancora la possibilità di farlo. 24 3. Le tecnologie nel distretto della meccatronica: fabbisogni e criticità Una caratteristica saliente di un’impresa meccatronica è quella di utilizzare e integrare tecnologie afferenti a molteplici aree dell’ingegneria: ingegneria meccanica e industriale, elettrica, elettronica, informatica, dell’automazione, dei materiali. La metodologia classica di sviluppo dei sistemi meccatronici prevede l’esecuzione sequenziale di una serie di fasi, quali ad esempio la progettazione meccanica, la scelta degli attuatori e dell’elettronica di controllo, la realizzazione di un prototipo fisico con particolari proprietà meccaniche e l’esecuzione dei test necessari per l’ottimizzazione del dispositivo. È spesso nell’ultima fase, tipicamente la più onerosa in termini di tempi e costo, che si scaricano gli effetti di scelte non ottimali operate nelle fasi precedenti. In una prospettiva di progettazione meccatronica, invece, “gli aspetti meccanici, elettrici e di controllo vengono affrontati contestualmente, privilegiando soluzioni progettuali che ottimizzino cifre di merito, più o meno formalmente espresse, intese a migliorare le prestazioni complessive” (Rocco, 2004, p. 9)6. Questo processo è reso possibile dalla diffusione di nuove tecnologie (quali Mems) ed è supportato dalla disponibilità di evoluti strumenti di Computer Aided Engineering per la modellazione fisica e la prototipazione virtuale. Per descrivere le tecnologie attuali e “future”7 delle imprese del distretto della meccatronica, abbiamo considerato la contrapposizione tra metodologie di progettazione tradizionali versus meccatroniche e abbiamo distinto tra tecnologie afferenti direttamente alle ingegnerie “classiche” (ingegneria dei materiali, ingegneria dell’Automazione, ingegneria elettrica/elettronica, ingegneria informatica, ingegneria meccanica/industriale) da quelle squisitamente afferenti all’area dell’ingegneria meccatronica.8 In Tabella 3.1 sono riportate le tecnologie principali attualmente in uso nelle 20 imprese che abbiamo intervistato. L’80% di esse dichiara come tecnologie attualmente centrali quelle meccaniche (quali stampaggio, trasmissioni e ingranaggi, idraulica). Il 65% dichiara come centrali le tecnologie dei controlli automatici (quali telecontrollo, azionamenti intelligenti, robot). Solo il 30% e il 40% delle imprese dichiara la centralità delle tecnologie informatiche (quali Linux e GPS) e elettriche/elettroniche (quali motori elettrici e FPGA). Infine, secondo la nostra classificazione, solo il 30% delle imprese dichiara tecnologie di progettazione 6 Rocco P. (2004). “Sistemi meccatronici”, Automazione e strumentazione, Luglio-Agosto, 9. Il termine “tecnologie” utilizzato in questo report ha un significato ampio. 8 La classificazione delle tecnologie nelle diverse aree dell’ingegneria è stata fatta con il supporto di alcuni professori del DISMI, esperti di meccatronica, meccanica, informatica, automazione. Per alcune tecnologie la classificazione in un’area rispetto a un’altra è sfumata. 7 25 strettamente meccatroniche. In Tabella 3.2 sono riportate le tecnologie che le 20 aziende ritengono più significative per il proprio sviluppo e sulle quali intendono investire nei prossimi anni. Dalla classificazione fatta sembra chiaro che le aziende puntino in modo significativo a diventare più “meccatroniche”, in particolare attraverso il ricorso a tecniche di prototipazione virtuale, simulazione e più in generale di progettazione meccatronica. Queste tecniche sono volte a integrare, già nelle fase iniziali di progettazione di un prodotto, gli aspetti di meccanica, elettronica, controllo e informatica. Ricorrente, nelle parole degli intervistati, è il riferimento all’importanza di sviluppare la parte software del sistema già nelle fasi iniziali della sua ideazione e sviluppo. Dalle due tabelle emerge che le tecnologie percepite come un fabbisogno futuro per alcune imprese sono già ampiamente utilizzate da altre. La figura 3.1 riassume questa sovrapposizione e rafforza l’immagine del distretto meccatronico a due marce proposta nel capitolo 1. Tecnologie attuali Tecnologie future Ghisa, azionamenti intelligenti, controlli Verniciature, polimeri, wireless, quadri per automazione, materiali dannosi, rintracciabilità prodotto supervisioni Materiali rivestimenti superficiali, e interfacciamenti, elettrovalvole, nuovi, robot, automazione versatile, motori lineari, motori torque, telecontrollo, sistemi di sistemi di guida informatizzazione dei processi, Controllo, computer (PC) in ambito industriale, linux, sistemi informatici per la di bordo macchina, centraline ISOBUS, gestione della produzione, integrazione hardware e nanotecnologie, elettronica software di gestione AGV, software (FPGA), visione di comando, sensoristica, fluidodinamica, fusioni, idraulica, artificiale, navigatori GPS, Human-Machine Interaction, lavorazione metalli, lavorazioni laser, combustione e iniezione, Intelligenza artificiale, meccaniche, meccanica di analisi FEM; elettronica strumenti di misura precisione, prototipazione rapida, applicata all’idraulica, ad alta definizione, stampaggio a simulazione, software di controllo iniezione, trasmissioni e ingranaggi, prototipazionevirtuale, dedicato al motore, integrazione elettronica-elettrica, miniaturizzazione uso di sistemi satellitari soluzioni elettronico meccaniche, per individuare il posizionamento Figura 3.1: La sovrapposizione tra tecnologie attuali e tecnologie future nelle aziende intervistate 26 Tabella 3.1: Le tecnologie attualmente in uso nelle aziende intervistate Aree Ingegneria dei materiali (10%) Tecnologie dichiarate - materiali nuovi - proprietà ghisa Ingegneria dell'automa zione (65%) - Ingegneria elettrica/elet tronica (30%) Ingegneria Informatica (40%) Ingegneria meccanica/i ndustriale (80%) Ingegneria meccatronic a (30%) - Esempi di dichiarazioni automazione azionamenti intelligenti computer di bordo macchina controlli wireless controllo degli azionamenti quadri per automazione robot sistema di gestione sulla rintracciabilità del prodotto sistemi di controllo a microprocessore supervisioni e interfacciamenti software di gestione degli agv telecontrollo prototipazione virtuale integrazione hardware e software (FPGA) elettrovalvole motori lineari motori torque prototipazione virtuale informatizzazione dei processi linux navigatori gps per indicare la rotta in campo SI di gestione della produzione visione artificiale prototipazione virtuale analisi degli elementi finiti fluidodinamica fusioni idraulica combustione laser lavorazione metalli lavorazioni meccaniche meccanica di precisione prototipazione rapida stampaggio a iniezione trasmissioni e ingranaggi prototipazione virtuale elettronica applicata all'idraulica integrazione elettronica-elettrica prototipazione virtuale soluzioni elettronico meccaniche Simulazione integrata 27 “Si provano continuamente materiali nuovi […] però noi non ne siamo gli sviluppatori, quindi noi stiamo attenti al mercato, sulle proposte che arrivano , le proviamo e le sperimentiamo.” (Azienda 12) “Adesso siamo molto impegnati anche sui telecontrolli, che sono innovativi rispetto alle famiglie in precedenza sul mercato, perché stiamo introducendo sistemi che hanno una finalità abbastanza definita e precisa (che sono quelli di controllo di segnali digitali quindi valvole motori, misuratori di temperatura ) anche delle funzionalità multimediali. Cioè sostanzialmente stiamo estendendo il concetto di controllo non solo a ciò che è strettamente fisico ma a tutto ciò che è percepibile, per cui la visione, l’ascolto, l’interpretazione della combinazione di altri effetti non ché l’integrazione con altri dispositivi.” (Azienda 19) “Stanno prendendo piede i motori Torque […] Sono cose che stanno prendendo piede adesso e innovazione significa applicare questo alle nostre macchine, cosa che non era stata fatta fino a oggi anche perché sono delle novità.” (Azienda 15) “In questo ambito alcune applicazioni importanti le facciamo nel campo della logistica assieme ad aziende importanti, come ad esempio l’azienda X: facciamo parti di software importanti per quelli che sono le parti di gestione di magazzini, della logistica in generale, del fine linea, della tracciabilità.” (Azienda 19) “Allora, noi produciamo comunque un componente di metallo. Tutti i nostri componenti hanno necessità di avere un corpo in ghisa e le fonderie di ghisa sono la nostra principale categoria merceologica di acquisto. Non abbiamo fonderie di proprietà e quindi c’è la massima attenzione verso queste esigenze.” (Azienda 6) “Una volta qui si distingueva molto il settore elettronico da quello elettrico ora sono molto più integrate.” (Azienda 5) Tabella 3.2: Le tecnologie critiche per il futuro nelle aziende intervistate Aree Ingegneria dei materiali (25%) Tecnologie dichiarate - verniciature - materiali nuovi - polimeri - materie e materiali dannosi (es. cromo e piombo) - rivestimenti superficiali Ingegneria dell'automa zione (35%) - Ingegneria elettrica/elet tronica (25%) Ingegneria Informatica (30%) Ingegneria meccanica/i ndustriale (25%) Ingegneria meccatronic a (75%) - - Esempi di dichiarazioni “Ecco, un’altra tecnologia che a noi piacerebbe sviluppare è sicuramente quella legata ai materiali [...] Sui materiali è tutto praticamente in mano ai fabbricanti di polimero, i quali hanno laboratori sui quali fanno una ricerca molto specifica sui materiali, su prodotti, sulle tecnologie, sull’applicazione di compositi all’interno del polimero. Quindi noi viviamo di riflesso ciò che esse rendono disponibili sul mercato” (Azienda 3) robot telecontrollo sistemi di controllo automazione versatile computer di bordo macchina sistemi di guida in ambito industriale centraline ISOBUS uso di sistemi satellitari per individuare il posizionamento utensile integrazione hardware e software (FPGA) nanotecnologie elettronica di comando sensoristica prototipazione virtuale “L’altro progetto è un sistema di guida per applicazioni industriali che permetterebbe un salto di qualità importante rispetto a tecnologie esistenti, rispetto a navigazione in ambiti industriali, quindi oggetti che si possano muovere autonomamente.” (Azienda 8) Human Machine Interaction intelligenza artificiale visione artificiale navigatori gps per indicare la rotta in campo prototipazione virtuale laser strumenti di misura ad alta definizione ottimizzazione di combustione e iniezione analisi degli elementi finiti prototipazione virtuale elettronica applicata all'idraulica prototipazione virtuale progettazione meccatronica simulazione integrata 28 “Un settore dove ancora c’è bisogno di sforzo tecnologico, dove noi abbiamo bisogno di assorbire tecnologia, che sarà sempre più importante negli anni futuri è nella sensoristica perché lì purtroppo anche le tecnologie evolute, avanzate che sfruttano sistemi che non sono poi così comuni […] Altri tipi di tecnologie si usano, ma nel caso del settore agricolo non si usano così bene; lì c’è uno sforzo anche con i nostri fornitori o potenziali tali, comunque partner di sviluppo per sviluppare soluzioni che siano adatte per essere utilizzate nel miglior modo possibile e a costi accessibili. Perché francamente a qualsiasi costo si fa tutto senza nessun problema, a costi sensati” (Azienda 7) “Probabilmente le cose più nuove che riesco a intravedere sono dal punto di vista dello sviluppo del software, nel senso che le cose si muovono molto velocemente e quindi quello che fino a ieri banalmente lo si faceva con interfacce semplici, con il solito display LCD a sette segmenti. Ecco, adesso le esigenze stanno cambiando muovendosi soprattutto dal punto di vista dell’interfaccia con l’operatore.” (Azienda 12) “Stiamo valutando l’acquisizione di un pacchetto di controllo e di calcolo dei processi di stampaggio. Stiamo valutando l’acquisizione di un pacchetto per il calcolo strutturale e poi anche l’acquisizione di strumenti di misura ad alta definizione.” (Azienda 3) “Noi ci stiamo informando su delle tecnologie legate al virtuale, per poter capire prima del prototipo fisico che possibilità c’è di andare avanti in un progetto o quali modifiche fare al progetto per poter poi andare in produzione. Questo per velocizzare anche i tempi, perché i tempi sono sempre abbastanza brevi, specialmente oggi, e la realizzazione di prototipi fisici ci porta via parecchio tempo. Quindi la realtà virtuale la vediamo come una possibile tecnologia da applicare in modo abbastanza pesante nel nostro settore.” (Azienda 17) Nel descrivere i fabbisogni tecnologici futuri, gli intervistati hanno segnalato alcune ricorrenti criticità di natura tecnologica, economica e organizzativa. Criticità di natura tecnica 1. Complessità intrinseca della tecnologia. Le tecnologie che le aziende intendono esplorare e acquisire, in particolare quelle che implicano una progettazione meccatronica dei sistemi, sono, per loro natura, complesse e richiedono l’integrazione di competenze sia matematiche sia ingegneristiche, come viene osservato nel seguente stralcio di intervista. “C’è moltissimo da fare perché i sistemi meccanici sono dei sistemi molto complessi e quindi per poterli modellizzare su una cosa simulata ci vogliono tutti degli studi matematici di identificazione matematica dei sistemi meccanici sui quali siamo molto indietro, non tanto teoricamente, ma perché sono applicati solo a macchia di leopardo.” (Azienda 14) 2. Necessità di integrare componenti e competenze diverse. Spesso le aziende intendono la meccatronica come il perfezionamento di componenti meccanici o elettromeccanici. L’integrazione di tecnologie, interpretata come l’aggiunta di un particolare elettronico su un nucleo meccanico con il fine di migliorare le prestazioni di un dispositivo, viene difficoltosamente fatta a priori. “Prima della tecnologia vi è la necessità di pensare come utilizzarla. Per esempio, un componente che abbiamo configurato oggi al nostro interno, che possa di conseguenza essere trasformato in un oggetto che possa lavorare in modo diverso e di conseguenza ottenere questa polivalenza sulla macchina [...] Per ottenere macchine di un certo tipo la prima difficoltà sta nel mettere assieme quei particolari tali per cui ci diano l’opportunità di fare più cose, particolari meccanici ma anche elettronici. Oggi per esempio una centralina elettronica è impostata ed è fatta per lavorare in un certo modo.” (Azienda 10) In altre interviste, laddove emerge un significato di meccatronica più evoluto, permane il giudizio sulla difficoltà dell’integrazione. Nel caso dello sviluppo software, si rileva ad esempio come la progettazione meccatronica implichi uno sviluppo “che parte dal progetto” e non una semplice codifica a monte di una disgiunta fase di analisi. “C’è la progettazione software di cui le accennavo prima parlando di meccatronica, intesa come progettazione che parte dal progetto, non tanto la codifica - che lo può fare anche una segretaria. Poi la validazione, quindi la verifica, la sperimentazione come direbbero i meccanici, che si potrebbe chiamare sperimentazione software per venire incontro ai meccanici.” (Azienda 10) Criticità di natura economica 1. Bisogno di acquistare nuove licenze. La rapidità di evoluzione del panorama tecnologico richiede alla aziende di acquisire e aggiornare le proprie licenze 29 continuamente. A causa delle piccole dimensioni delle imprese del distretto, tale aggiornamento rappresenta un onore significativo e molte imprese rinunciano ad acquistare o limitano il numero di licenze. “Negli uffici tecnici siamo 60 – 70 progettisti e c’è 1 o 2 programmi di simulazione o 1 o 2 licenze”. (Azienda 16) 2. Necessità di contenere i costi di prodotto. L’introduzione di nuove tecnologie può comportare che l’associato ridisegno di prodotti e processi aumenti i costi di produzione. L’attenzione al contenimento dei costi di tutte le imprese intervistate è accentuata per quelle che si confrontano direttamente con concorrenti internazionali, in particolare dei mercati emergenti di Cina e India. “Allora, se io vado a chiedere a questi due oggetti, elettronica e meccanica uguale meccatronica, di fare altre due cose, che sono sempre quelle per cui sono state pensate, ma anche altre 2 cose in contemporanea, vi è la necessità di entrare nei budget perché poi il [nome prodotto] non possiamo farlo pagare il triplo, e di conseguenza stare nei budget che ci sono consentiti per non farlo pagar troppo, ma dall’altra parte trovare quelle soluzioni, quelle innovazioni, quei brevetti che ci consentano di potere sfruttare queste possibilità.” (Azienda 14) “Bisogna tenere presente che ultimamente si tende a risparmiare, quindi a introdurre troppe novità tecnologiche si rischia di fare cose costose che poi non trovano riscontro nel mercato. Magari fino a qualche anno fa ci volevano super prestazioni adesso invece ci vogliono costi bassi, quindi la ricerca si deve spostare verso economie di materiale e di processo, per cui si abbandonano le grandi innovazioni tecnologiche per poter fare economia sui processi produttivi e sui materiali. Quindi c’è anche una ricerca nel settore delle forniture economiche. Per intenderci: c’è chi va in Cina, in Romania e anche se non è ricerca, sono strade che si dovranno prendere…” (Azienda 15) 3. Fare i conti con i piccoli volumi. Come già osservato, le piccole dimensioni delle imprese del distretto possono rappresentare un ostacolo nel raggiungimento di economie di scala, come osservato nei seguenti stralci di intervista. “Noi non siamo produttori di impianti a iniezione, ma dobbiamo utilizzare costruttori tipo la Bosch o la Marelli che ci danno i componenti. Quindi noi possiamo lavorare nella misura in cui l’impianto di iniezione è avanzato perché dipende da lì, quello è il collo di bottiglia. Se mi dai un sistema di iniezione che più di tanto non fa io posso costruire anche il motore più bello del mondo che tanto sono limitato lì... Quindi la nostra interazione tra il fornitore di impianti a iniezione e la nostra progettazione è molto forte. Per fortuna sul discorso della tecnologia noi siamo intimamente legati all’automotive, perché chi è che ha i soldi per investire enormi quantità di denaro per investire sugli sviluppi di questi sistemi? Chi fa milioni di pezzi! Non chi ne fa 180.000 l’anno, come noi. Quindi beneficiamo di quello che il mercato auto fa.” (Azienda 4) “Io vorrei vedere la nascita di gruppi specializzati nel territorio Emilia Romagna per poter fornire un servizio di quel tipo lì a noi piuttosto che a un altro. Perchè sarebbe utile avere sistemi flessibili. I grandi gruppi per definizione fanno fatica a uscire dal seminato, hanno delle metodologie consolidate. ‘Se fai 1 milione di pezzi, te lo faccio, se ne fai di meno no’. Quindi nel nostro specifico settore industriale dove si parla di decine di migliaia di pezzi sarebbe utile avere esperti tecnici che non siano solo grandi gruppi. Qualche segnale ce lo abbiamo.” (Azienda 4) 30 Criticità organizzative 1. Mancanza di un distretto. Le field notes sopra rilevano un’altra criticità rilevante per lo sviluppo dei fabbisogni tecnologici delle imprese: la mancanza di una rete di aziende specializzate e di competenze a cui rivolgersi. Nell’intervista 18, ad esempio, viene sottolineata la mancanza di competenze specifiche diffuse e più in generale di un distretto che permetta di accedere facilmente a risorse tangibili e intangibili. “Il milieu che si dovrebbe formare in questa regione è di ingegneri e tecnici che hanno la matematica sulle dita, sanno usare Matlab benissimo, sanno fare calibrazione delle telecamere, sanno di ottica…” (Azienda 18) “Se noi qua riusciamo a costruirci un distretto dove, se c’è bisogno di un obiettivo qui, non lo devo andare a comprare in Giappone […] Adesso ho il problema di trovare le risorse fuori di uno che mi progetti una certa cosa, con certi driver e io mi devo sobbarcare tutto l’investimento. Però quest’investimento qui me lo devo beccare tutto io, allora se sono è [azienda X] le spalle forse ce le ho, ma se sono piccolo sono morto. Se invece nel milieu, c’è l’aziendina che mi dà la telecamera, te la faccio, te la stampo come stampano le Creative… è tutta un’altra cosa.” (Azienda 18) 2. Mancanza di competenze tecnologiche a livello italiano. La mancanza di competenze viene spesso rilevata a livello nazionale e non solamente localmente. Proseguendo con l’esempio dell’intervista 18: “Un'altra cosa su cui noi siamo molto carenti è l’ottica, in Italia non c’è nessuno che progetta ottica, cioè, in realtà c’è un’azienda a Mantova però in realtà noi stiamo portando all’interno anche la conoscenza dell’ottica, abbiamo attivato una collaborazione con l’Università di Parma per progettare all’interno le nostre ottiche.” (Azienda 18) 3. Accesso a risorse umane qualificate. Spesso le aziende lamentano la difficoltà di trovare nel territorio e in Italia risorse umane qualificate, sia neo-laureate sia senior. Le principali carenze, come emerge dai due stralci di intervista che seguono, sembrano da ricondurre al turnover del personale e alla difficoltà di attrarre ingegneri “tecnici”. “Queste sono tutte esigenze che portano a parlare di esigenze di personale quindi per la parte di ingegneria noi abbiamo sicuramente bisogno. C’è una discreta fatica a portare da noi giovani ingegneri. C’è un turnover ancora molto controllato legato al fatto che stiamo crescendo, però non posso negare che credo che siamo appetibili per i giovani ingegneri perchè li formiamo e li facciamo crescere in una grande azienda. Siamo comunque sempre spaventati da quello che può essere un turnover e da quella che è la scarsità di manodopera.” (Azienda 6) “Abbiamo una sede tecnica in Polonia, con 12 ingegneri che arriveranno a 20/30 in tempi brevi, perché la ricerca di ingegneri tecnici validi ci ha portato ad andare in Polonia, per questioni di costo, ma anche perché in Italia abbiamo trovato difficoltà a trovare ingegneri che volessero fare i tecnici. Ingegneri che volessero fare i manager si, ma non fare i tecnici, per fare i tecnici c’è poca disponibilità. Quindi andiamo a vedere dove sono. Là chiaramente vedo l’Italia degli anni 70.” (Azienda 11) 31 4. Difficoltà di coordinamento in progetti di ricerca. Le aziende riconoscono l’importanza delle collaborazioni (con altre aziende, università, enti, vedi capitolo 4) per l’accesso a nuove tecnologie. Tuttavia, spesso non hanno le risorse interne necessarie per coordinare collaborazioni o progetti allargati. Nell’intervista 11 è emerso con chiarezza il problema del coordinamento delle collaborazioni interorganizzative. “L’ idea è questa, poi l’attuazione richiederà del tempo anche perché bisogna trovare delle persone magari anche all’ esterno . Perché sono cose che andrebbero seguite dall’ interno, ma l’ ideale sarebbe che l’analisi venisse condotta da uno studio piuttosto specializzato. Però il problema è trovare uno studio che sia specializzato solo o particolarmente nel settore delle macchine utensili, che è diverso da altri settori. Ad esempio a noi è richiesta rigidezza delle strutture, ma non abbiamo problemi di resistenza.” (Azienda 15) Criticità strategiche Followers versus First movers. In alcuni casi le aziende dichiarano l’importanza e la criticità di alcune tecnologie, ma al contempo sottolineano l’arretratezza del loro settore o dei loro mercati e quindi la loro volontà di non porsi come first movers. “Forse anche quando le tecnologie saranno meno costose, verrà favorito l’utilizzo della popolazione di strumenti tecnologici, elettronici e informatici che sta diventando sempre di più comune; penso che il nostro settore non sarà pioniere da questo punto di vista ma seguirà altri settori che sono quelli dell’elettronica consumer che sta e aprirà la strada a queste soluzioni” (Azienda 17) I vincoli normativi. In alcuni casi l’innovazione tecnologica delle imprese è vincolata (o promossa) da pressioni normative. E’ il caso dell’eliminazione del cromo dai trattamenti superficiali, che ha richiesto alle imprese di ripensare alcuni processi. “I trattamenti di rivestimento superficiale sono stati un grosso cruccio quest’anno perché la normativa ha imposto di eliminare il cromo esavalente nei trattamenti superficiali e tutte queste aziende medio-piccole hanno aspettato tutte l’ultimo momento per fare cambio. Si è generata parecchia confusione… Allora adesso c’è una proposta, sempre tramite REI, di vedere quali possono essere le conseguenze per l’anno prossimo, per i prossimi due anni. Cioè: elimineranno anche il cromo trivalente? Elimineranno del tutto cromo e nichel? E allora siamo messi male… Sono dieci anni che dicono che devono togliere il piombo dall’acciaio e siamo ancora lì, però. E se poi l’anno prossimo succede, cosa facciamo?” (Azienda 20) 32 33 4. Le relazioni inter-organizzative per l’innovazione Un tema centrale di questa indagine ha riguardato la rete delle collaborazioni tra le imprese del distretto meccatronico e i partners pubblici e privati che a vario titolo entrano a far parte del sistema di sviluppo industriale ed economico del territorio reggiano. Più in particolare, è stato chiesto alle imprese di esporre le proprie valutazioni e opinioni in merito al lavoro svolto in collaborazione con università, enti pubblici (quali Regione Emilia-Romagna, Provincia e Comunità Europea), centri privati di ricerca e, infine, in partnership con altre aziende, talvolta in posizione concorrenziale. Dalle evidenze empiriche sono emersi diversi aspetti di rilievo che meritano di essere considerati per ricostruire il sistema di percezioni delle imprese del distretto riguardo alla rete formale/informale esistente tra gli attori del sistema economico-produttivo locale. Università La costante presenza di rapporti di collaborazione, in corso o conclusi, tra imprese meccatroniche e università è un tema da segnalare. Tutte le imprese intervistate, infatti, hanno dichiarato di avvalersi, o di essersi avvalsi nel recente passato, di supporto progettuale e consulenziale da parte di ricercatori universitari dell’Ateneo di Modena e Reggio Emilia e, più in generale, del mondo accademico. Più precisamente sono emersi, rispetto ai contenuti e alle modalità delle collaborazioni, tre differenti modalità di relazione: 1. (Co) Progettazione in senso stretto di (nuovi) prodotti/componenti di meccanica, elettronica, o combinazioni delle due; 2. Ricerca/sperimentazioni di materiali nuovi o di nuove applicazioni; 3. Accoglienza, su propria richiesta o su proposta dell’Università, di studenti laureandi o neo-laureati per periodi di stage formativi. 1. Per quanto riguarda la progettazione di prodotti o componenti, le imprese si sono avvalse di collaborazioni con Università italiane (Modena e Reggio Emilia, Bologna, Parma, Milano, Napoli, Padova tra le più citate), ma anche straniere (Tedesche, Inglesi, Svedesi). I giudizi espressi dalle imprese sugli esiti e sulla qualità delle relazioni instaurate (in termini di competenze dei ricercatori universitari e quindi di apporto, da parte degli stessi, di know-how non disponibile in azienda) sono in larga parte positivi. Sostiene ad esempio un intervistato: 34 “Con il Dipartimento di Ingegneria Meccanica [dell’Università di Modena e Reggio Emilia abbiamo fatto un progetto sul] la presentazione della pompa. Aveva una parte di materiali e una parte di disegno del profilo dell’ingranaggio, quindi un’ottimizzazione degli ingombri e delle portate della pompa, tramite un corretto dimensionamento degli ingranaggi, e anche delle boccole e degli scarichi, e quindi ci ha aiutato il Dipartimento di Meccanica, che ha un buon livello di competenza su progettazione di questo tipo di componenti.”(Azienda 17) E a proposito delle motivazioni che hanno portato a collaborare: “All’interno non abbiamo profili così professionalmente preparati, abbiamo sfruttato molto questo apporto che ci è venuto offerto. Anche adesso ci sono delle cose, a livello di proposta, cose che riguardano i trattamenti di rivestimento superficiale, che sono stati un grosso cruccio quest’anno. Perché la normativa ha imposto di eliminare il cromo esavalente nei trattamenti superficiali.” (Azienda 17) Un'altra impresa racconta così la propria esperienza: “Dal 1996 abbiamo cominciato a stimolare il discorso relativo alla relazioni con le università perché rispetto all’Europa queste sono relazioni che sfruttiamo poco. Non ci si riesce perchè non si sa dove rompere il cerchio. Noi adesso abbiamo programmi di ricerca con ben sette università: Modena e Reggio Emilia, Parma, Firenze, Napoli, stiamo iniziando a guardare qualcosa con Tor Vergata. Cerchiamo di utilizzare l’eccellenza dei vari centri: ad esempio sull’analisi del rumore Napoli è veramente in gamba, stiamo lavorando bene sulla combustione e con Modena e Reggio abbiamo fatto un bellissimo progetto sull’analisi termo-fluido e meccanica di una testa motore per evidenziare le cause di una rottura. Ecco, tornando al discorso di prima, dei nostri futuri partner, io vorrei vedere, aziende di dimensioni più contenute e di flessibilità più spinta e potrebbero essere degli spin-off universitari. Questa è la mia idea, perchè se c’è un’eccellenza tra le università perchè non utilizzarla?” (Azienda7) A proposito di spin-off universitari, un’altra importante impresa del distretto ha espresso un giudizio positivo in merito a un’esperienza di collaborazione maturata, sottolineandone l’importanza strategica e l’intenzione di proseguire su questa rotta già tracciata. “Allora, guardi, noi proprio con l’università di Modena e Reggio Emilia abbiamo sviluppato un progetto con un ricercatore e una tesista di ingegneria meccatronica: abbiamo fatto questo progetto con l’università perchè loro ci hanno dato una metodologia di analisi di dispositivi che permettono una relazione tra l’uomo e macchine, delle metodologie di analisi delle modalità con cui una persona si interfaccia con questi prodotti, una modalità di giudizio delle reazioni, della capacità di comprensione dei messaggi e di visione di attenzione alla messaggistica che propone il prodotto, quindi uno sviluppo di un’opportuna interfaccia che semplificasse le attività di comando e di ricezione della messagistica del prodotto. Quando le parlavo prima di display, la struttura di un menù per l’utilizzo del prodotto è stata studiata insieme all’università, quindi noi questa cosa l’abbiamo già fatta e la vogliamo continuare a fare su altri prodotti. Abbiamo apprezzato molto il fatto che ci sono metodologie per analizzare queste tecnologie, per giudicarne l’impatto, per vedere come impattano, per poter migliorare sia la fase di comprensibilità sia di affidabilità. Abbiamo fatto molti studi con loro, ci hanno dato il loro know-how e ci hanno aiutato molto con la loro metodologia strutturata. Ci siamo specializzati con loro sull’interfaccia uomo macchina, lo abbiamo già utilizzato e lo vogliamo tornare a ripetere. Il fatto che ci sia un’università che ha fatto degli studi specifici anche dal punto di 35 vista psico-motorio su queste tecnologie è senz’altro un più che l’utente apprezzerà e ha comunque aumentato molto la nostra cultura, il nostro know-how.” (Azienda 16) Ciò che emerge, dunque, non è solo la frequenza e il merito delle collaborazioni attivate tra imprese e università, ma anche l’importanza di queste partnership nell’ambito del processo di innovazione. A tal proposito, come detto poc’anzi, diversi intervistati hanno espresso chiaramente l’auspicio che la sinergia impreseuniversità si rafforzi ulteriormente per permettere di (continuare a) creare ponti tecnologici attraverso i quali raccordare risorse e conoscenze utili allo sviluppo del sistema. Così afferma il responsabile R&D di un’impresa del campione: “L’idea è di far crescere l’Università a Reggio nel settore della meccatronica […] attraverso associazioni, contratti di collaborazione, fonti da cui ottenere un finanziamento […] Far crescere l’università e fornendo materiale su cui studiare o su cui far crescere i ricercatori e comunque fornendo finanziamenti per poter fare centri di studio, laboratori e altre cose. Francamente, noi le prove ce le facciamo in casa, però far crescere determinati poli sui quali comunque anche uno studente ricercatore può formarsi a livello pratico e fare i suoi studi… Questa tendenza c’è già stata, si è definita una filiera della meccanica a Reggio Emilia, e adesso il settore industriale ha deciso che quello è la filiera chiave e che la meccatronica ne poteva rappresentare un polo avanzato. Si è tentato di far riconoscere Reggio come la meccanica avanzata nella regione e in Italia […] Reggio come polo della meccatronica, è un tentativo, ci si sta provando.” (Azienda 10) Sull’intenzione di continuare a collaborare anche in un futuro in virtù del ruolo giudicato insostituibile dell’università, un’altra impresa ha ribadito: “Qualche idea ce l’ho. E’ qualche cosa che vorrei approfondire in maniera importante, nel senso che abbiamo alcuni progetti nel cassetto che prevedono delle collaborazioni con alcuni ambienti universitari. Diciamo che specificatamente per questi due progetti oggi non conosco centri di ricerca che abbiano una specializzazione così mirata in questi settori che mi permettano di dire che sono referenti importanti per noi. A livello universitario ho invece delle informazioni diverse, quindi ci potrebbero essere delle collaborazioni con delle risorse importanti non necessariamente solo italiane.” (Azienda 12) Più specificamente su una collaborazione realizzata tra un’impresa e il Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria di Reggio Emilia: “Il progetto che si è concluso è stato per la progettazione di un software per la gestione di una testa di fresatura. Peccato che non riusciamo a farlo di più! Nel caso della collaborazione col DISMI è stato direi un successo, perché l’Università era presente, rispondeva nei tempi nostri, se non addirittura più velocemente. Di solito il problema in questo tipo di collaborazioni è il contrario: l’ Università è più lenta rispetto alle esigenze della tempistica aziendale. Però in questo caso sono stati molto rapidi nelle risposte quindi potrebbe essere una strada in futuro per fare attività di ricerca.” (Azienda 11) 2. E’ interessante sottolineare che un altro ambito di ricerca e sperimentazione congiunta impresa-università su cui potrebbero esservi maggiori spazi collaborativi in futuro, è quello delle tecnologie dei materiali, ritenuto molto importante da diverse 36 aziende. Anche in tale ambito vi sono pareri favorevoli in relazione ad alcune esperienze di collaborazione già avviate. “Per quanto riguarda le altre tecnologie e anche i materiali ci si rivolge all’università. Noi siamo appoggiati a due università: quella di Alessandria e poi siamo iscritti ad un centro di ricerca sui materiali. Stiamo valutando l’iscrizione ad un'altra branca dell’ università di Padova che si sta occupando di materiali.” (Azienda 6) Ancora con un’università italiana: “C’è molta attenzione sui trattamenti superficiali perchè i componenti devono superare prove dell’ordine di milione di cicli. Tant’è vero che si sta parlando di un contratto con il politecnico di Torino che stiamo facendo per il trattamento laser.” (Azienda 13). Molte imprese hanno infatti sottolineato, a proposito di tecnologie che stanno divenendo centrali, quella legata ai materiali e alla ricerca che la accompagna. Basti leggere, a titolo esemplificativo, ciò che sostengono alcuni intervistati a riguardo: “Eh, i materiali sono sempre lì […] Si vorrebbe sostituire, cominciare a sostituire qualche cosa, cioè introdurre la materia plastica oltre che su parti che sono così, diciamo accessorie, introdurle su parti un po’ più strutturali, un po’ più funzionali, cioè componenti di valvole, componenti proprio del collettore centrale. Introdurre le materie plastiche per sostituire l’alluminio e l’acciaio… insomma dove si può ecco… E’ un campo un po’ più inesplorato rispetto a quello dell’elettronica di controllo.” (Azienda 17) E con riferimento alla salvaguardia ambientale: “Si è cominciato a comprendere quali sono le necessità dell’ambiente. La Cina ha prodotto pollution smog in grandi quantità e ad oggi ha dei progetti molto più avanzati degli Stati Uniti da questo punto di vista. Comunque, c’è una forte pressione anche dal punto di vista della coscienza di quelle che sono le popolazioni. Di conseguenza si stanno riducendo sempre di più quelle che sono le materie o i materiali dannosi, quali cromo esavalente che è già bandito, ridurre al massimo l’utilizzo di piombo. Tutto ciò pone una serie di problemi tecnologici di ricerche, anche di base, dei materiali a livello produttivo. Non tanto nella progettazione e nello sviluppo del prodotto a livello di idea concettuale di ricerca e sviluppo, ma di realizzare lo stesso prodotto con materiali diversi… Quindi cercare di ridurre il cromo che è stato ormai abbandonato. Sta a noi essere operativi anche se non siamo direttamente noi a fare chimica, magari attraverso chi ci fornisce i materiali: possiamo stimolarli a fare ricerca e così via.” (Azienda 10) 3. Un ulteriore asse collaborativo fra le imprese del distretto meccatronico e l’università è quello relativo alla possibilità di avvalersi di collaborazioni temporanee con giovani in procinto di laurearsi o neo-laureati in studi ingegneristici (meccatronici, informatici, gestionali, ecc.). Sono molte le imprese, infatti, che hanno dichiarato di accogliere stagisti per periodi di apprendimento on the job, giudicati reciprocamente utili e spesso trasformati in collaborazioni stabili. 37 “Per quanto riguarda la parte motoristica attualmente si stanno facendo delle attività. Abbiamo iniziato un percorso con il dipartimento di meccatronica di Modena e Reggio con un paio di progetti, alcune collaborazioni tramite studenti in stage presso il nostro gruppo. Diciamo che siamo agli inizi di una possibile positiva collaborazione anche per il futuro. Ad oggi l’esperienza è stata positiva per entrambi.” (Azienda 9) Un parere simile è espresso anche da un’altra impresa: “Con l’ università di Modena e Reggio Emilia, con l’ università di Bologna, abbiamo parecchi studenti che vengono a fare stage al nostro interno che poi vengono quasi sempre assunti.” (Azienda 2) Tra gli intervistati, inoltre, c’è non solo chi giudica utile l’esperienza di accoglienza di studenti universitari in stage (per evidenti motivi di convenienza economica), ma anche chi sottolinea la necessità di rafforzare tale “prassi” come apporto di “energie mentali e competenze fresche”. Così ad esempio il responsabile R&D di un’impresa: “Noi abbiamo alcune collaborazioni con l’Università di Modena e Reggio. Da loro ho preso qui 2 stagisti,ma dopo non me ne hanno più mandati. E’ stato un peccato perché quando arrivano fanno 6 mesi, ma imparano tante cose e normalmente rimangono, però insomma, anche se non rimangono secondo me è un’esperienza. Noi stiamo andando avanti… Io gradirei avere più stagisti, per me lo stagista è una risorsa, cioè non solo ore a gratis, ma soprattutto la libertà di poter vagliare idee che altrimenti rimangono idee. Noi abbiamo la prassi del Friday afternoon libero: se uno ha delle idee può andare a fare delle prove, andare a vedere dei brevetti, lanciare delle idee, però poi da questa cosa qui ci andrebbe fatto lo studio di fattibilità. Per dire, se avessi 10 stagisti, avrei lavoro per 10 stagisti per trovare nuove idee e mettiamo che su 100 uno va bene, si può creare un settore nuovo, oppure uno su 20 un prodotto nuovo o un sottoprodotto. Secondo me fare 6 mesi, 1 anno di stage dovrebbe essere d’obbligo; per l’azienda sarebbe un polmone di risorse a basso costo, ma soprattutto quando uno è giovane ha la matematica fresca, riesce a esprimere il meglio di sé e riesce a dare proprio quella freschezza… Un progettista, dopo che è in una azienda da 5, 6, 10 anni, è bravo, ha il saper fare e quindi questo gli da più efficacia, però nella confusione, nel noviziato, ci sono sempre quelle due o tre idee che chi è sempre lì da anni non ci ha pensato; secondo me dobbiamo dare fiducia a questi giovani, lasciarli anche sbagliare perché si impara dagli errori.” (Azienda 14) A fronte di giudizi, come si è visto, largamente positivi, sono emerse tuttavia alcune valutazioni negative riassumibili sostanzialmente in due categorie di criticità: 1. la carenza da parte del mondo accademico locale e più in generale italiano (paragonato a quello di altri paesi europei), di expertise scientifica (e quindi delle relative figure professionali), sia pure limitatamente ad alcune aree disciplinari ritenute comunque strategiche per la crescita economica e la competitività su scala anche internazionale. Alcune imprese, ad esempio, lamentano la mancanza di conoscenze approfondite e diffuse in campi quali le tecnologie dei materiali o sugli studi di ottica o di visione artificiale. In relazione a quello che le università dovrebbero offrire per contribuire alla crescita di un distretto industriale, un’azienda sostiene: 38 “Matematica, fisica, meccanica spinta, tutte cose che qua nel territorio non ci sono… Però prendendo persone abbastanza giovani, uno deve essere disposto a sacrificare qualche centinaia di migliaia di euro su questi prototipi. Quindi c’è bisogno di ingegneri, fisici, esperti di robotica… Secondo me qua la robotica è rimasta un po’ indietro: tutto quello che è navigazione assistita, droni che si muovono in un ambiente, collaborano con altri, portano oggetti e così. La cultura è abbastanza bassa, ma penso che comunque un ambiente industriale sia indispensabile farlo evolvere.” (Azienda 14) Così insiste un altro intervistato: “C’è moltissimo da fare perché i sistemi meccanici sono dei sistemi molto complessi e quindi per poterli modellizzare su una cosa simulata ci vogliono tutti degli studi matematici di identificazione matematica dei sistemi meccanici sui quali siamo molto indietro, non tanto teoricamente ma sono applicate solo a macchia di leopardo. Magari andando in università inglesi hanno tutto invece qui in queste università manca. Ho fatto una fatica tremenda a fare digerire a un ricercatore cos’è il modello matematico di un motore e a farglielo mettere dentro al simulatore. Nonostante uno si aspetti che un insegnante illustre qui da noi riesca a implementare studi fatti da altri non è così banale qua da noi...” (Azienda 3) 2. La seconda area di criticità avvertita dalle imprese è la difficoltà di “comunicazione” col mondo accademico e il rischio che la chiusura autoreferenziale che le imprese attribuiscono all’Accademia, possa risultare alla fine un ostacolo allo sviluppo di ulteriori collaborazioni. “I nostri progetti prevedono, lo abbiamo già messo in conto, delle collaborazioni con università. E’ un qualcosa che vorrei approfondire [il rapporto con centri di ricerca ma soprattutto università] anche se vedo due limiti fondamentali…e credo che siano anche piuttosto diffusi in Italia.. il primo è sicuramente uno scarso legame storico tra università e il mondo aziendale. Il secondo è legato più a questioni soggettive, ovvero il limitato numero di soggetti provenienti dall’ambito universitario presenti nell’ambito di ambienti che decidono all’interno delle aziende così da non permettere il contatto con le università non conoscendole. Sicuramente io vedo da parte nostra una voglia di costruire una serie di rapporti stretti con università e con centri di ricerca (anche se qui la situazione è ancora più complicata). Certo che, affinché questa voglia di collaborare abbia un significato, deve essere gestita in maniera importante. Nel nostro interno ci deve essere una figura che diventa il referente del progetto che si interfaccia con l’ente.” (Azienda 12) “Da questo punto di vista, poiché le nostre sono applicazioni molto concrete e, viceversa, l’Università si basa su lavori molto più teorici o di base, non è semplice il dialogo: io posso avere un’esigenza però non trovo un corrispondente dall’altra parte che abbia interesse, al di là dell’aspetto economico, per missione, di lavorare in quel settore. Se propongo a un professore universitario una ricerca su di un semiconduttore, al di là del compenso, questo qui fa i salti di gioia se gli offro un tema ‘astratto’. Se viceversa gli dico: ‘Guarda io ho un tagliaerba e vorrei tenerlo a un’altezza costante da terra anche se trova un ostacolo o qualcosa d’altro, cioè quindi avere una macchina che mi lavora in modo controllato, misurabile, certificabile, etc…’ è molto difficile che riesca a incontrare interesse dall’altra parte perché sono mondi molto lontani ancora. Noi ci sforziamo e sicuramente anche l’Università si sforza di venire incontro alle nostre esigenze, ma sicuramente non c’è una cultura condivisa.” (Azienda. 4) In relazione a questi due nodi critici segnalati in sede di intervista, sono emersi trasversalmente altrettanti atteggiamenti distinti che caratterizzano le imprese. Il 39 primo, più diffuso, è quello mostrato da alcune aziende le quali, pur dichiarandosi abbastanza perplesse ed esprimendo giudizi non ottimistici (per i motivi sopra accennati) nei confronti delle partnership con le istituzioni accademiche, si mostrano comunque ancora disponibili e, anzi, auspicano un maggiore interscambio di risorse umane e tecnologiche. “Mi va dato il merito che sto cercando di cambiare: spazio ai giovani con voglia di fare. In Italia abbiamo lavorato un po’ con il Politecnico di Milano inizialmente, poi abbiamo tentato di lavorare con l’Università di Parma. Sarebbero molto sinergici con noi, nel senso che all’università di Parma lavorano già su un sistema di macchina automatica. Stiamo cercando di collaborare con le università delle nostre zone perché sarebbe importante, anche perché questo è un modo per arrivare a contatto con gli studenti migliori, perché onestamente la cosa più importante oggi ritengo che sia quella di avere il capitale umano. La differenza uno la fa se riesce a trovare le persone giuste, ma trovare tutto questo attraverso le università è molto difficile… Le università di Italia per i prossimi 10 anni non sono in grado di darci un valore aggiunto in termini tecnologici. Però possiamo collaborare, possiamo fare crescere delle persone che hanno delle basi importanti e che possono avere con noi un futuro importante.” (Azienda 5) Un secondo atteggiamento, decisamente più critico , ma anche più raro, evidenzia una sfiducia netta nei confronti delle università e dei possibili vantaggi derivanti da progetti svolti in collaborazione. Alcune imprese, infatti, hanno mostrato di ricorrere solo raramente a enti universitari per lo sviluppo di nuovi prodotti o comunque per progetti di ricerca. Con toni molto secchi esse sostengono che difficilmente svilupperanno nuove collaborazioni. “Ci siamo appoggiati anche a università, tipo il politecnico di Milano per vedere e analizzare situazioni che sembrano banali ma che sono difficilissime da leggere, tipo quando si fanno trattamenti con l’idrogeno nei materiali. Secondo me analizzare una rottura che è stata causata dalla presenza di idrogeno - forse due o tre in Italia sono in grado di farlo. Sono cose sicuramente molto sporadiche. Sono qui da nove anni ed è successo una volta . Comunque, tra un centro di ricerca privato e l’università sento sicuramente più vicina quest’ultima. Il problema è che hanno bisogno di dare molto e di ricevere molto e quindi questo incrociare di informazioni tra aziende e università o gli diamo fiato o continuiamo a dircelo e a non farlo. Non è comunque con un intervento ogni nove anni che si risolve il problema.” (Azienda 19) C’è anche chi, a proposito di possibili collaborazioni con università, taglia corto e mostra di non ritenere importante questo genere di partnership: “Per quanto riguarda le risorse per ricerche e roba del genere abbiamo fatto dei progetti con l’università di Modena e Reggio per esempio, però non è un rapporto assolutamente stabile. Poi anche con l’università di Bologna, di Brescia ma senza dei contatti permanenti...” (Azienda15) Enti Pubblici Tra le tipologie di collaborazioni è stato chiesto alle imprese di indicare quelle con enti pubblici (Amministrazioni locali, Comunità Europea, Enti datoriali, Reggio 40 Emilia Innovazione, Club Meccatronica, ecc.) e di esprimere il proprio parere sull’efficacia strategica di questo tipo di partnerships. L’indagine ha messo in luce che la maggior parte delle imprese del campione ha attivato relazioni progettuali anche con enti locali e con R.E.I. (Reggio Emilia Innovazione), traendone impressioni che sono risultate in generale positive. Così sostiene un’azienda: “Ritengo che Reggio Emilia Innovazione stia facendo un buon lavoro e che sia un’attività prolifica. Nel nostro territorio ci sono una miriade di piccole aziende e questa sua funzione che è in parte di collegamento mirato sia molto opportuna.” (Azienda 8) E ancora: “Beh, con Reggio Innovazione lavoriamo sempre e abbiamo anche finanziato l’acquisto di attrezzature di produzione.” (Azienda 3) “Poi facciamo parte del Club Meccatronica. In realtà non stiamo partecipando molto, pero facciamo il possibile e magari avremo qualche frutto, riusciremo a creare qualcosa, non solo per noi , per il club insomma, perché in fondo è sempre uno scambio. Attualmente altre collaborazioni - a parte gli studi tecnici citati - altri nomi direi di no. Io conosco Reggio Emilia Innovazione perché il responsabile partecipa al Club di meccatronica.” (Azienda11) Per ciò che concerne più in particolare R.E.I., il Club Meccatronica e l’Associazione degli Industriali, le imprese sostengono che andrebbero maggiormente potenziati i contatti e le possibili collaborazioni, mostrandosi sensibili al tema dello sviluppo integrato di un sistema distrettuale della meccatronica. Per contribuire a uno sviluppo più rapido ed efficace della filiera meccatronica reggiana, molte imprese sostengono che il ruolo di R.E.I., innanzitutto, e del Club della Meccatronica poi, siano centrali e lo dicono sulla scorta di alcune esperienze già condotte in questi ultimi anni. “Ecco con il club meccatronica, di cui noi facciamo parte adesso, stiamo sviluppando insieme le ipotesi di un lavoro di ricerca in comune . Questo vuol dire che stiamo vedendo di individuare un’attività di ricerca che abbia ricadute per aziende che svolgono attività simili. Anche questo è un discorso interessante perché come Club Meccatronica si potrebbero organizzare attività di ricerca da affidare ad università o a Reggio Innovazione… E i risultati della ricerca dovrebbero essere comuni al gruppo, in modo che io uso i risultati nel mio prodotto, lui li usa nel suo prodotto…” (Azienda 7) Quest’ultima affermazione, raccolta in sede di intervista, sostanzia il parere più condiviso dalle imprese: la consapevolezza che sia necessario innalzare il livello quali-quantitativo delle relazioni (oltre che tra le imprese del distretto, anche tra le imprese e gli enti di sviluppo presenti sul territorio), per condividere costi e vantaggi della ricerca e della sperimentazione innovativa. Anche un’altra impresa ha espresso un punto di vista significativo in tal senso. L’intervistato ha raccontato: 41 “Noi in questo momento di rapporti strutturati non ne abbiamo. E’ però vero, come le accennavo all’inizio riguardo a quel progetto che era partito nell’ambito associazioni industriali reggiane, che sono rimasto dispiaciuto che non sia stato possibile trovare un obiettivo comune che coinvolgesse tutta la filiera, da chi produce il componente a chi produce la macchina. L’obiettivo doveva essere un matrimonio ma non temporaneo; credo che la ricerca di questo obiettivo dovrebbe essere comune alle aziende perchè senz’altro è un modo di valorizzare le proprie potenzialità. Credo che nell’ambiente italiano ci sia una sfiducia di fondo nella collaborazione, quasi come che si voglia copiare. Formazione delle persone, sinergie di rete commerciale, ci sono tante possibili dimension, ma c’è timore nell’aprirsi agli altri componenti della propria business community. Dunque, credo che gli enti territoriali dovrebbero valorizzare, mettere in comune attività, costi e progetti per poter beneficiare di competenze e conoscenze senza lasciarli magari ristretti in ambiti che poi non sbocceranno.” (Azienda 18) Una nota negativa emerge in generale sullo scarso peso dato alle collaborazioni in progetti e partenariati europei a causa della mancanza di figure interne competenti nella gestione di questo specifico ambito di progetti e, soprattutto, per le modalità burocratiche di accesso ai fondi messi a disposizione dalla Comunità Europea (ad es. il VII Programma quadro), giudicati eccessivamente complicati, onerosi e quindi poco convenienti. Racconta un’impresa: “Da questo punto di vista, la volontà di partecipare ci sarebbe, diventa però abbastanza o particolarmente oneroso gestire un progetto così grande, quindi non fare la pedina, ma essere partner di un buon livello e impostare i lavori come serve, ovvero con gli obiettivi che possono essere di nostro interesse; partecipare come partner solo per dire di aver partecipato a un progetto non ci interessa. Le risorse, nonostante i numeri che dicevo, sono limitate per il carico di lavoro che abbiamo, quindi disperderle in cose che non ci portano a dei risultati diventa controproducente da tutti i punti di vista. L’interesse ci sarebbe, sicuramente potrebbero nascere delle idee nuove, in ambito Europeo intendo, quindi progetti con diverse Nazioni, con diverse aziende, etc. però non abbiamo ancora visto una possibilità reale.” (Azienda 4) Con riferimento ancora alla lungaggine di certe prassi, conferma un’altra impresa: “Niente, noi non abbiamo mai tentato, lo faremo forse in futuro, però siamo andati molto di corsa e non ci siamo mai soffermati. Adesso questa persona che mi segue le cosa in Germania mi ha detto: ‘Guarda che potremmo avere anche dei finanziamenti, però la burocrazia è sempre burocrazia anche in Europa’. Noi ci lamentiamo della burocrazia in Italia… Con questi finanziamenti [europei]sembra che sia più importante dimostrare quello che farai piuttosto che quello che hai fatto e oggi bisogna essere veloci a fare le cose… Alla fine ho visto questi bandi, richiedono 6 mesi, devi prepararti, devi dimostrare, inoltre, che farai. Invece, spesso in 6 mesi un’idea nasce, si sviluppa e in altri sei mesi l’hai creata. Non si può perdere così tanto tempo per dover fare una pratica. Ci lamentiamo dell’Italia, ma ho visto che anche in Europa ...” (Azienda 5) “Gli Europei [fondi europei] sono inaccessibili. Sostanzialmente richiedono sforzi incredibili, poi probabilmente noi abbiamo uno scopo di interesse che sono convinto che dal punto di vista della Comunità Europea venga considerato banale. Quindi non abbiamo quella quota di interesse che possa dar luogo a un’erogazione di finanziamento, cioè la Comunità Europea quando richiede un progetto vuole che ci sia una quota innovativa ... Probabilmente andare sulla luna non è una cosa innovativa, quindi è molto difficile fare qualche cosa.” (Azienda 15) 42 C’è infine una testimonianza raccolta dall’intervista a un imprenditore che riteniamo utile riportare in forma estesa. Essa, infatti, riassume bene la concezione che molte imprese hanno del ruolo del ”pubblico” rispetto alle esigenze del mondo imprenditoriale: “Le faccio un esempio: noi creeremo una struttura di R&D, adesso faremo uno stabile dove queste persone di R&D lavoreranno in una sola struttura dove creeremo una mostra permanente dei nostri prodotti dove queste persone miglioreranno il prodotto, faranno ricerca, ma sarà anche una specie di open house continuo per i nostri clienti perché è meno disturbante quello piuttosto che portarli in azienda. Nascerà qua, è un investimento solo per la ricerca, non lo useremo per la produzione o per altro, così da avere un punto dove lavorare e potere anche portare i nostri clienti a vedere certe cose. Poter avere aiuto in queste cose sarebbe importante, ma non ti finanzia nessuno queste cose, le devi finanziare come azienda. Io non mi aspetto aiuti da nessuno, io mi aspetterei dallo stato, non aiuti, ma strade, dovrebbe esserci meno burocrazia e più velocità per permessi e licenze. Questo è il mio lavoro, io faccio l’imprenditore, devo avere i mezzi e le energie per investire e per crescere e se non ho i capitali devo trovarli, e non aspettare gli altri che me li diano. Personalmente non credo in queste cose, credo che ognuno di noi debba fare bene il proprio lavoro. Lo stato deve essere meno burocrate e più efficiente: dovrebbe fare gli asili per i dipendenti che vengono a lavorare qua, non mi interessa se mi da 200.000 euro all’anno di ricerca. Mi fa degli asili dove le persone possono mettere i figli per 6 ore e venire a lavorare, quello è importante. Questo è un problema, non quello dei soldi che ti danno dopo tanta burocrazia, mi costa il doppio la persona valida che mi sta a casa o che deve accettare un lavoro più di routine anche se ha le capacità, questo è, secondo me, il problema palese che deve risolvere lo stato, ma non gli altri… Secondo me andiamo a cercare il problema dove non c’è.” (Azienda 5) Settore privato: aziende e altri centri di ricerca Coerentemente con quanto esposto in precedenza, il tema delle collaborazioni tra imprese fornisce spunti analitici importanti per capire il grado di integrazione e di coesione del distretto meccatronico: la capacità delle imprese del comparto di dare origine a un vero e proprio sistema produttivo locale. Un dato da sottolineare è che molte imprese intervistate hanno affermato (diversamente da quello che emerge dal precedente rapporto quantitativo) di avere rapporti di collaborazione con altre imprese, sia pure concorrenti, delineando in tal modo una rete di rapporti interaziendali mirante alla progettazione comune di componenti/prodotti, sovente su commessa, di un cliente comune. Si tratta, spesso, di collaborazioni che le imprese giudicano necessarie per (1) massimizzare i vantaggi derivanti dalla ricerca comune di soluzioni tecnologiche e produttive e (2) per suddividere e contenere i costi. “Noi da sempre abbiamo privilegiato le collaborazioni, che possono essere con enti, università, scuole (istituti tecnici), ma anche potenziali competitors . Nel senso che io ho sempre cercato collaborazioni con aziende che fanno più o meno quello che facciamo noi anche perché ci sono aziende che toccano settori diversi da quelli di cui ci occupiamo noi e quindi sarebbe utile collaborare. Quindi già noi collaboriamo con aziende nostri potenziali concorrenti cercando di darci una mano a vicenda con scambio di tecnologia e persone oppure per cercare di risolvere insieme problematiche di un cliente in comune.” (Azienda 8) 43 “Abbiamo sviluppato progetti in comune, per esempio uno insieme anche ad altre aziende (in particolare X e Y), quindi è stata fatta anche una associazione temporanea di impresa. Era un progetto finanziato dalla regione Emilia Romagna, ma quando non si ha l’obiettivo di guadagnare dei soldi o comunque di pagarci per arrivare a un determinato sviluppo, l’obiettivo è quello di stimolare e dare un avvio a una università che comunque è giovane, senza una gran sede e di fatto senza grandi potenzialità…” (Azienda 10) Da osservare poi che, in qualche caso, le relazioni tra aziende si configurano semplicemente come rapporti commerciali di fornitura . “Un altro esempio eventualmente potrebbe essere la possibilità di investire nella componentistica idraulica. Oggi abbiamo distributori, abbiamo valvole che sono configurate in un certo modo, ovvero all’ interno di questi componenti. Abbiamo per esempio una grossa parte di meccanica. Quello che si voleva eventualmente fare è cercare di spostare questa parte di meccanica che è all’interno - per esempio di queste valvole, distributori che sono nel gruppo idraulico - andando a mettere sensori che ci consentano di utilizzare gli stessi oggetti con una migliore stabilità. Quindi la nostra azienda, che è in contatto con fornitori, sta implementando quest’altra possibilità, di ottenere oggetti che a macchina calda o macchina fredda ci diano sempre comunque una costanza a livello di prestazione. Questo è un qualche cosa di estremamente importante” (Azienda 2) Anche se si è riscontrato il ricorso a collaborazioni con imprese, da un punto di vista più qualitativo ciò che caratterizza il comportamento di molte aziende è la prudenza, ovvero un atteggiamento di diffidenza nei confronti di potenziali concorrenti, considerati spesso competitors e non possibili partners. Ciò porta sovente le imprese più intraprendenti a cercare partnership al di fuori dei confini regionali e nazionali. “Non è semplice.. Allora collaborare con il cliente è quasi naturale, entrambi si vuole raggiungere un risultato che sia di soddisfazione. Collaborare con altre imprese, che possono essere concorrenti, nel senso che producono prodotti simili, o di altri settori, e che hanno quindi dei settori specifici (il settore dei magazzini automatici piuttosto che motori)… Conciliare le esigenze di tutti o di entrambi per arrivare a definire un progetto che possa dare soddisfazione ad entrambi è molto complesso se non c’è una cordata di aziende che hanno un obiettivo finale unico e si rischia di arrivare a qualcosa che se va bene. Se va bene a uno, se va male va male per tutti…” (Azienda 4) “Una delle aziende con cui lavoriamo ha un centro di ricerche in Germania che però deve lavorare anche per altri settori. L’Università di Goteborg mi ha detto: ‘Si, va bene, il laser voi l’utilizzate per applicazioni industriali, poi c’era l’ASEA che lo utilizzava per la navigazione portuale, nei porti con la nebbia così è nato un progetto in cui c’era un pool di aziende che avevano interessi comuni a uno strumento per applicazioni diverse. E’ li che nasce la sinergia. Io a Reggio sto cercando di trovare i progetti comuni… cosa si potrebbe fare? Io sto perdendo tempo, ma almeno faccio un po’ di cultura, bisogna cambiare la mentalità alla gente. Mi sono un po’ demoralizzato perché di solito sono abituato a lavorare con gente diversa…” (Azienda 5) Tali affermazioni sono indicatori significativi di un’integrazione sinergica del distretto meccatronico ancora incompleta. Per ciò che concerne i centri privati di ricerca, le collaborazioni dichiarate dalle imprese reggiane sono meno numerose, a eccezione di alcuni grandi gruppi che affermano di ricorrere a questo tipo di partnership principalmente con società 44 straniere. Tra i centri italiani di ricerca il più citato è il Centro di Ricerche FIAT (CRF) di Torino. “Per esempio vedo la Germania. In Germania esiste l’Istituto Fraunhofer che in realtà sono 500 istituti diversi sparsi per tutta la Germania che realizzano cose concrete e offrono una consulenza industriale su temi di fabbisogno del mercato, non di quello che potrebbe essere tra 50 anni. In Italia questo concetto non esiste proprio. Credo che anche in Inghilterra esista qualcosa di simile, magari perché ci sono i cluster, dalle fusioni tra Università e Imprese nascono delle start-up e cose specifiche orientate all’industria, in qualche modo il mondo industriale ne beneficia di questi aspetti. In Italia è più difficile, esiste il Centro Ricerche Fiat che è un istituto che collabora, però sostanzialmente per il mondo dell’auto, ed esistono altri due o tre istituti che hanno come missione quella di collaborare con l’industria, tutti gli altri rimangono a un livello diverso.” (Azienda 4) “Come collaborazioni di centri di ricerca privati ci interessano centri prova-materiali. Abbiamo lavorato con soddisfazione con il Centro Ricerche Fiat e stiamo lavorando con altri centri in Germani per delle prove laser. In Italia c’è veramente poco come centri di ricerca…” (Azienda 13) Alcune aziende esprimono nei riguardi dei centri privati di ricerca la stessa diffidenza per le collaborazioni con altre imprese; come ad esempio questo intervistato: “Sono studi tecnici specializzati anche nelle macchine utensili ... Alla fine gli studi tecnici esterni sono utili e pericolosi allo stesso tempo perché collaborano anche per concorrenti quindi alla fine rimescolano un po’ le carte. Portano qualche novità a noi e ne rubano qualcuna, ma questo fa parte del gioco e lo sanno tutti…” (Azienda 11) La tabella 4.1 riassume le percezioni dei nostri informatori riguardo i punti di forza e di debolezza delle diverse tipologie di relazioni inter-organizzative attivate dalle loro aziende. 45 Tabella 4.1 Schema riepilogativo dei punti di forza e debolezza percepiti dalle aziende sulle collaborazioni Partner Punti di forza della collaborazione Punti di debolezza della collaborazione Università 1. Usufruire di competenze tecnico-scientifiche non presenti in azienda 2. Accoglienza di laureandilaureati da inserire in azienda Enti Pubblici 1. Collegamento tra imprese e istituzioni del territorio 2. Promozione della crescita di tutta la filiera meccatronica 3. Possibilità di finanziamenti in progetti di ricerca e sviluppo Altre Imprese 1. Co-progettazione e realizzazione di prodotti a minor rischio e maggior economicità 2. Scambio di expertise e trasferimenti tecnologici come veicolo di innovazione 3. Carattere internazionale dei partner 1. Possibilità di approvvigionarsi di know-how come alternativa alle università 2. Competenze teorico-pratiche di alto livello Centri di Ricerca Privati 46 1. difficoltà di collaborazioni in aree disciplinari specifiche (ottica, visione artificiale, progettazione informatica, materiali) 2. eterogeneità mondo accademico/mondo imprenditoriale e difficoltà di dialogo 1. Capacità di creare sinergia a livello di intero distretto ancora bassa 2. Eccessiva burocrazia e onerosità dei canali di accesso a finanziamenti Incidenza sul totale collaborazioni ALTA BASSA 1. Diffidenza nel collaborare con imprese concorrenti 2. Collaborazioni occasionali, e non strategiche, su singole commesse MEDIA 1. Onerosità dei centri privati di ricerca 2. Scarsa offerta di centri di ricerca per collaborazioni MEDIA 47 Osservazioni conclusive Obiettivo di questa ricerca è stato raccogliere e sintetizzare le percezioni di un gruppo di imprese meccatroniche eccellenti relativamente ad alcuni temi ritenuti salienti per lo sviluppo e la sostenibilità del distretto reggiano: il significato di meccatronica, le strutture organizzative e le fonti dell’innovazione, le tecnologie critiche (attuali ed emergenti) e le collaborazioni inter-organizzative. I principali spunti di riflessioni per le imprese e per gli altri attori del territorio interessati allo sviluppo del distretto sono riconducibili ai seguenti 3 punti. 1. Il fabbisogno di conoscenza meccatronica. Le imprese intervistate sono consapevoli della distinzione fra conoscenze meccatroniche e conoscenze derivanti da un più semplice ‘affiancamento’ delle singole aree disciplinari costituenti. L’enfasi circa i fabbisogni tecnologici futuri è infatti sullo sviluppo delle capacità di progettazione meccatronica in senso stretto piuttosto che sulle tradizionali e separate conoscenze di meccanica, informatica, elettronica, elettrica e automazione. Nonostante la condivisione della definizione di meccatronica, rimane aperto il quesito di come favorire i processi di integrazione tra discipline diverse e di quale sia il livello principale ove tale integrazione dovrà avvenire (individuo, organizzazione, distretto). In altri termini ci si può domandare se l’attributo ‘meccatronico’ appartenga prevalentemente: a) ai singoli individui - ingegneri con formazione multidisciplinare che progettano in chiave meccatronica, b) alle singole organizzazioni - che integrano le conoscenze di ingegneri specialistici (meccanici, elettronici, controllisti, informatici,…), c) al distretto – che mette in rete integrandole aziende con prodotti, servizi e competenze eterogenei. 2. Difficoltà nella gestione della conoscenza meccatronica. E’ ben noto che il trasferimento di conoscenza e lo sviluppo dell’innovazione in un’area industriale sono condizionati dalle infrastrutture del territorio (progettate ed emergenti) e dalla cultura della collaborazione inter-organizzativa. L’analisi svolta ha posto in luce alcune criticità nel distretto della meccatronica reggiana. Alcune aziende lamentano la carenza di risorse umane qualificate, in particolare di ingegneri con ruolo tecnico (ad esempio, una delle imprese intervistate ha dichiarato di approvvigionarsi di competenze tecniche di progettazione nell’est europeo attraverso pratiche di offshoring) . Si aggiunga a questo che la piccola impresa è generalmente poco attrattiva nei confronti di professionalità eccellenti. Un secondo punto riguarda le difficoltà di avvantaggiarsi di risorse finanziarie finalizzate alla ricerca, da ricondurre in maggior misura alle complesse procedure di richiesta, monitoraggio e rendicontazione dei progetti, procedure che disincentivano la stessa azione di richiesta (ad esempio, alcune imprese hanno dichiarato di rinunciare alle opportunità europee di finanziamento per non dovere istituire figure specifiche da dedicare all’attività richieste dai bandi). 48 Un ulteriore punto riguarda le percezioni a volte distorte che le imprese hanno sull’offerta di conoscenza e tecnologia nel territorio reggiano e, più in generale, in Italia. Ad esempio un’impresa ha lamentato la mancanza sul territorio di competenze sulla visione artificiale, presenti invece all’interno del dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria. Questo fenomeno di insufficiente consapevolezza potrebbe essere attenuato dall’arricchimento dei portali istituzionali a disposizione delle imprese. 3. Le collaborazioni come elemento critico per lo sviluppo dell’innovazione nel territorio. Nonostante le aziende riconoscano l’importanza delle collaborazioni interorganizzative per lo sviluppo dell’innovazione, molti degli intervistati hanno sottolineato che i progetti ricerca inter-organizzativi sul territorio (tra università, laboratori, imprese,…) sono ancora in numero insufficiente e inadeguati alle esigenze delle parti coinvolte. La forma organizzativa attraverso la quale promuovere e poi gestire i progetti di ricerca e di trasferimento tecnologico assume dunque particolare importanza. Può essere utile qui riportare un esempio di modalità di collaborazione tra imprese e Università in Germania ritenuta particolarmente soddisfacente da entrambe le parti. Si tratta di “organizzazioni temporanee di progetto miste” alle quali partecipano in modo significativo sia risorse dell’Università (una pluralità di studenti e professori), sia membri dell’impresa interessata al progetto. Si realizza infatti in tal modo uno scambio positivo per tutti gli attori: l’impresa consegue il vantaggio di usufruire di alta professionalità (professori) e di risorse di progetto fortemente motivate e a costi più bassi di quelli di mercato (studenti), mentre l’Università, oltre che a ricevere compensi economici, arricchisce e aggiorna le proprie competenze, forma eccellenti capacità professionali nei propri studenti e sviluppa solide relazioni con l’impresa (social capital), realizzando in tal modo la premessa per progetti futuri e per il proprio prestigio sul territorio. Attraverso tali organizzazioni temporanee miste - così diverse dal tipico servizio di consulenza che si concretizza spesso in un’azione indipendente del consulente che consegna al termine del lavoro il proprio “prodotto” (accade così per molte convenzioni universitarie) - gli obiettivi, le modalità di realizzazione e le fasi di implementazione dei progetti tedeschi si sviluppano attraverso una forte cooperazione fra tutti i membri del team, dunque all’interno di un vero e proprio processo di coevoluzione che costituisce l’essenza del trasferimento tecnologico. Riteniamo che l’adozione di nuove forme organizzative per lo sviluppo della collaborazione, nonché un potenziato sforzo di coordinamento da parte degli enti territoriali per sviluppare iniziative di interesse per una molteplicità di attori, siano un requisito importante per la crescita del distretto della meccatronica. Il distretto, infatti, sembra attualmente più un insieme di imprese omogenee, ma autonome, che non un sistema di imprese a rete densamente connesse da collaborazioni e progetti comuni. La mancanza, dichiarata dalle stesse imprese intervistate, di economie di scala e di collaborazioni intense fanno dunque ritenere che le potenzialità 49 dell’appartenenza a un distretto non siano state pienamente sfruttate. Gli sforzi di policy territoriali dovrebbero conseguentemente essere indirizzati a colmare tali lacune. 50 51 Appendice: Le tecnologie meccatroniche emergenti In questa appendice vengono illustrate le principali aree tecnologiche meccatroniche emergenti negli studi e ricerche internazionali. Per ciascuna area tecnologica alcuni membri del Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio Emilia hanno dettagliato i temi di frontiera e la ricerca da loro svolta. I materiali meccatronici Una tecnologia emergente, entro la disciplina della Costruzione di Macchine, è rappresentata dai materiali meccatronici. Questi materiali sono in grado di cambiare vistosamente le proprie caratteristiche reologiche (forma, rigidezza, viscosità) se sottoposti a uno stimolo fisico (campo termico, campo elettrico, campo magnetico, etc.). Lo stimolo fisico può provenire dall’ambiente esterno (funzionamento come sensore o sensore/attuatore) oppure essere prodotto da una alimentazione controllata, spesso di natura elettrica (funzionamento come attuatore). Si individuano tre principali categorie: fluidi magnetoreologici, leghe a memoria di forma e polimeri elettroattivi (vedi Figura A.1). I fluidi magnetoreologici sono fluidi che solidificano, reversibilmente, se sottoposti a un campo magnetico. Il comportamento sotto l’azione del campo è rigido-plastico, con limite plastico proporzionale al campo applicato. Le leghe a memoria di forma sono composti intermetallici binari (es. Nichel e Titanio) che cambiano rapidamente la propria struttura cristallina se portati al di sopra di una temperatura critica. Nello stato trasformato, la loro rigidezza elastica aumenta ed essi tendono a riprendere una forma originaria “memorizzata” cristallinamente. I polimeri elettroattivi sono plastiche (acriliche) o elastomeri (siliconi) capaci di dilatarsi se sottoposti a un campo elettrico. Le dilatazioni raggiungono agevolmente valori del 500% e oltre. I materiali meccatronici si prestano alla costruzione di dispositivi allo stato solido silenziosi, controllabili elettronicamente, muniti di bassa inerzia meccanica e dotati di buona leggerezza e compattezza in rapporto alle forze esercitate. Il gruppo di ricerca di Costruzione di Macchine del Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio Emilia ha dato vita al Laboratorio per i Materiali Meccatronici (LAMM), coordinato dal Prof. Eugenio Dragoni. Il laboratorio studia attualmente tutte e tre le categorie di materiali precedentemente illustrate. Attraverso il LAMM, il gruppo di Costruzione di Macchine si propone come centro di competenza per lo studio delle proprietà ingegneristiche dei materiali meccatronici 52 e per lo sviluppo di dispositivi basati sull’impiego di materiali meccatronici. Obiettivi delle attività scientifiche di LAMM sono l’allestimento di apparecchiature per la caratterizzazione dei materiali, finalizzata alla progettazione di dispositivi, e la costruzione di dimostratori prototipali funzionanti, controllati elettronicamente. I dimostratori in corso di sviluppo sono: - smorzatori attivi per alte e basse frequenze, basati su fluidi magnetoreologici; - attuatori angolari ad alta coppia e basso ingombro, basati su leghe a memoria di forma; - attuatori binari per applicazioni robotiche, basati su polimeri elettroattivi. Parallelamente allo svolgimento delle attività di carattere scientifico, il LAMM offre da subito servizi di consulenza per l’industrializzazione di dispositivi meccatronici basati su questi nuovi materiali. Presso il laboratorio sono presenti competenze, strumenti software ed apparecchiature per la progettazione integrata, la simulazione numerica, la prototipazione rapida ed infine il collaudo dei dispositivi dal punto di vista meccanico ed elettronico. Collaborazioni già avviate tra LAMM ed aziende della Regione riguardano applicazioni dei materiali meccatronici nel settore autoveicolistico. Due recenti progetti di ricerca hanno riguardato, ad esempio, in un caso la progettazione e lo sviluppo di un attuatore lineare, basato su molle a memoria di forma, per il sistema di aspirazione di un motore a combustione interna, nell’altro lo sviluppo di un indicatore del livello carburante basato su fili a memoria di forma. Altri dimostratori di vario tipo sono disponibili presso il Laboratorio. 53 A) FLUIDI MAGNETOREOLOGICI Forza (N) Campo MAX Campo MEDIO Campo NULLO Corsa (mm) B) LEGHE A MEMORIA DI FORMA C) POLIMERI ELETTROATTIVI Campo OFF Campo ON Figura A.1: Esempi di materiali meccatronica: A) Fluidi magnetereologici; B)Leghe a memoria di forma; C) Polimeri elettroattivi 54 Automazione, Robotica e Sistemi di Controllo I controlli automatici costituiscono la base operativa delle applicazioni meccatroniche. Infatti l’unione della meccanica e della elettronica è resa possibile dalle metodologie e tecnologie di controllo elettronico di parti meccaniche che sono trattate dalla disciplina dei controlli automatici. In particolare sono rilevanti gli studi effettuati sulla metodologia per ottimizzare le prestazioni del controllo in base alle caratteristiche del sistema meccanico da controllare. La metodologia prevede lo sviluppo di un modello matematico del sistema in esame, che viene utilizzato per la definizione di un sistema di controllo efficiente e quindi per la simulazione della soluzione di controllo complessiva. Il modello matematico può essere utilizzato anche per diagnosticare eventuali guasti e malfunzionamenti del sistema controllato, anche in forma preventiva (quando cioè il guasto non si e’ ancora verificato, e quindi la macchina non si e’ ancora fermata in modo catastrofico). Il sistema di controllo è quindi sviluppato in codice eseguibile dal calcolatore di processo, tipicamente un microcontrollore o un PLC, da cui le problematiche associate allo sviluppo di un codice efficiente, conforme alle specifiche normative sulla sicurezza delle macchine e facilmente riutilizzabile. In questo settore vi sono studi approfonditi sulla ingegneria del software applicata ai sistemi di controllo, che spazia da tecniche efficienti per lo sviluppo di software di controllo mediante macchine a stati a verifica formale delle specifiche e generazione automatica di codice. La ricerca applicata in questo settore è molto attiva. Nel Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio Emilia è attivo il gruppo di ricerca in Automazione, Robotica e Sistemi di controllo che si occupa di condurre ricerche di base e applicate, in particolare in collaborazione con aziende, sulla tecnologia e metodologia dei controlli automatici. Tra i casi di studio più significativi, sviluppati in collaborazione con grandi aziende del territorio, possiamo citare: - Modellistica e controllo “Object Oriented” di sistemi meccatronici. In questa ricerca è stato sviluppato un metodo per il progetto integrato e modulare di un sistema di controllo per una macchina automatica. - Diagnosi predittiva di un azionamento meccatronico. Questa ricerca ha trattato il problema di individuare e diagnosticare un guasto nella parte meccanica di un azionamento meccatronico per una macchina automatica prima che gli effetti del guasto diventino disastrosi per il corretto funzionamento del sistema. - Modellistica, Controllo e Simulazione di Linee di Produzione per l’Industria Manifatturiera. In questa ricerca sono stati sviluppati modelli analitici e simulativi per il controllo e l’ottimizzazione di linee di produzione. 55 - - Pianificazione ed ottimizzazione dei percorsi di Robot Mobili. In questa ricerca e’ stato sviluppato una metodologia per la pianificazione di traiettorie per robot mobili in presenza di possibili interferenze reciproche tra i veivoli autonomi. Sviluppo di un sistema di controllo distribuito per Trattrici Agricole su protocollo ISOBUS. In questa ricerca e’ stato implementato un sistema di controllo distribuito in tecnologia ISOBUS. 56 Attuatori e azionamenti 1. Attuatori Direct Drive La movimentazione di un carico meccanico viene comunemente effettuata attraverso un azionamento, ovvero dal complesso dei sistemi atti a produrre il moto, mantenendo controllate, in ogni istante, le grandezze meccaniche di interesse. Ogni azionamento comprende un organo di potenza, denominato attuatore, capace di produrre il lavoro meccanico, un sistema di trasmissione del moto, ed un sistema di alimentazione e di controllo elettronico. L’attuatore può essere idraulico, pneumatico ed elettrico. Il sistema di trasmissione del moto comprende i leveraggi necessari per ottenere il tipo di moto desiderato ed eventuali riduttori che servono a variare il rapporto coppia velocità. La tendenza è quella di sostituire, qualora possibile, gli attuatori pneumatici ed idraulici con quelli elettrici al fine di massimizzare le prestazioni dinamiche ed il rendimento energetico. L’innovazione tecnologica più interessante è rappresentata da attuatori che consentano un accoppiamento diretto con il carico, ovvero direct drive. Gli attuatori di tipo direct drive consentirebbero di eliminare la trasmissione meccanica, e quindi di aumentare l’affidabilità. Azionamenti direct drive si possono ottenere sviluppando attuatori in grado di fornire coppie elevate in grandi intervalli di velocità e con l’ausilio di un opportuno sistema di controllo e di alimentazione. Esempi in tal senso, realizzati attraverso la collaborazione tra il Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio Emilia e imprese del territorio, sono generatori sincroni per wind farm senza riduttori meccanici e un robot direct drive per applicazioni pick-and-place. 2. Azionamenti Fault-tolerant L’evoluzione degli azionamenti elettrici negli ultimi anni è stata fortemente stimolata e influenzata dall’integrazione di elettronica di potenza e di algoritmi di controllo all’interno dei sistemi elettromeccanici. Gli effetti principali di questa integrazione sono: - aumento delle prestazioni; - diminuzione dell’affidabilità. L’aumento di prestazioni in termini di risposta dinamica e di precisione di regolazione delle grandezze meccaniche è conseguenza diretta della disponibilità di sistemi di controllo evoluti. D’altra parte, la presenza di dispositivi elettronici di segnale e di potenza all’interno dell’azionamento ha ridotto la robustezza e la tolleranza ai guasti delle macchine elettriche. In particolare negli azionamenti moderni vi sono due principali problemi: 57 - limitata affidabilità del convertitore elettronico che alimenta la macchine e del sistema di controllo; - aumentata usura della macchina a causa di forme d’onda impulsate (switching), ormai standard de facto per gli azionamenti moderni. L’alimentazione switching ha un influenza diretta sulle caratteristiche elettriche (isolamento, barre) e meccaniche (vibrazioni, rumore, cuscinetti) della macchina. Il panorama degli azionamenti elettrici si trova quindi ad una svolta epocale in cui da una parte si aprono scenari e ambiti applicativi nuovi in cui l’aumento di prestazioni e il ridotto impatto ambientale può favorire la sostituzione di azionamenti oleodinamici o a combustione interna con azionamenti elettrici; d’altra parte in molti settori applicativi questa sostituzione è limitata o ritardata dai problemi di affidabilità e di taglia degli azionamenti elettrici disponibili sul mercato. L’innovazione tecnologia più interessante è la ricerca di soluzioni integrate ad elevata affidabilità e intrinseca tolleranza ai guasti con particolare riferimento alle taglie medio-grandi. Tale risultato può essere ottenuto esplorando quattro direzioni principali: - miglioramento della tecnologia dei dispositivi elettronici, per ottenere componenti con elevate tensioni/correnti nominali; - nuove strutture di convertitori e nuove tecniche di modulazione; - nuovi attuatori elettrici con intrinseca ed elevata tolleranza ai guasti (macchine multi-fase); - tecniche diagnostiche integrate per aumentare l’affidabilità degli azionamenti. Esempi in tal senso sono azionamenti basati su motori elettrici multifase con sistemi di diagnostica di guasti elettrici e meccanici integrati (realizzato dal Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio Emilia in collaborazione con Università di Parma e Università di Padova). 58 Elettronica Le tecnologie elettroniche sono oggi il fattore abilitante per nuove soluzioni progettuali. I circuiti integrati e l’elettronica in generale sono così pervasivi che diventa quasi impossibile pensare ad un nuovo prodotto che non contenga almeno un componente elettronico, semplice o complesso. Il componente elettronico è una scheda che contiene almeno un circuito integrato. I circuiti integrati sono basati sulla tecnologia del silicio e sono sicuramente uno dei driver più importanti per quanto riguarda la ricerca e l’innovazione. Il mercato dei semiconduttori è globale con profitti per quasi 300.000 milioni di dollari. Le tabelle 1 e 2 mostrano i primi 20 fornitori al mondo di semiconduttori e una stima dei ricavi (2007) generati dal settore. Tabella A.1: La graduatoria dei primi 20 produttori di semi-conduttori nel 2007 (Fonte: iSuppli, 2007) Graduatoria Ricavi (M$) 2006 2007 % cambiam ento 31.542 19.842 10.141 12.600 9.854 7.865 7.900 5.129 5.874 5.119 7.506 4.529 5.601 5.988 5.247 5.413 4.022 3.527 3.668 3.341 164.708 95.513 33.973 20.137 12.590 12.172 9.991 9.614 8.137 8.040 6.038 5.864 5.792 5.603 5.555 5.349 4.943 4.186 3.946 3.836 3.731 3.584 173.081 97.849 7,7% 1,5% 24,1% -3,4% 1,4% 22,2% 3,0% 56,8% 2,8% 14,6% -22,8% 23,7% -0,8% -10,7% -5,8% -22,7% -1,9% 8,8% 1,7% 7,3% 5,1% 2,4% 12,5% 7,4% 4,6% 4,5% 3,7% 3,5% 3,0% 3,0% 2,2% 2,2% 2,1% 2,1% 2,1% 2,0% 1,8% 1,5% 1,5% 1,4% 1,4% 1,3% 63,9% 36,1% 260.221 270.930 4,1% 100,0% Nome Impresa 2006 2007 1 2 4 3 5 7 6 14 10 15 8 16 11 9 13 12 17 19 18 20 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 Intel Samsung Electronics Toshiba Texas Instruments STMicroelectronics Hynix Renesas Technology Sony NXP Infineon Technologies Advanced Micro Devices Qualcomm NEC Electronics Freescale Semiconductor Micron Technology Qimonda Matsushita Electric Elpida Memory Broadcom Sharp Electronics Ricavi cumulati delle Top 20 Ricavi cumulati delle altre imprese Totale ricavi settore semiconduttori 59 % sul totale ricavi % cumula ta 12,5% 20,0% 24,6% 29,1% 32,8% 36,3% 39,4% 42,3% 44,5% 46,7% 48,8% 50,9% 53,0% 54,9% 56,8% 58,3% 59,8% 61,2% 62,6% 63,9% Tabella A.2: Stima della suddivisione dei ricavi generati dal settore dei semiconduttori nel 2007 per area geografica (fonte: iSuppli, 2007). Ricavi (M$) Headquarter Americhe EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa) Giappone Est e sud est asiatico, Australasia Korea Taiwan Cina Totale % Cambiamento 2006 2007 123.822 31.198 58.356 46.845 28.117 12.206 1.118 260.221 125.097 31.467 64.847 49.519 30.176 12.184 1.117 270.930 1,0% 0,9% 11,1% 5,7% 7,3% -0,2% -0,1% 4,1% % Sul totale ricavi 46,2% 11,6% 23,9% 18,3% 11,1% 4,5% 0,4% 100,0% Le leggi che regolano il mercato sono severe. I costi della ricerca e della produzione sono molto elevati. Ogni azienda del settore investe moltissimo in R&D. In figura 2 i dati di STMicroelectronics. 1.802 1.532 1.630 1.658 2005 2006 1.238 978 1.022 2001 2002 2003 2004 2007 Figura A.2: Gli investimenti in R&D di STMicroelectronics (in Milioni di $) Il distretto della meccatronica di Reggio Emilia non include aziende del settore dei semiconduttori. Inoltre, le dimensioni delle aziende e la tipologia di prodotto meccatronico che sono illustrati nel rapporto mettono in luce la distanza tra i due settori. Molte aziende pensano di non poter affrontare il progetto di un circuito integrato dedicato per una loro applicazione industriale: il progetto è molto complesso e il costo della produzione strabiliante. Solamente prevedendo un numero elevatissimo di pezzi prodotti si può pensare di raggiungere un risultato positivo. 60 L’elettronica è comunque presente nella produzione di oggetti innovativi nel distretto di Reggio Emilia. Dalla lettura del rapporto si nota che la customizzazione di sistemi a microprocessore, l’integrazione di sensoristica avanzata, l’elaborazione dei segnali, la progettazione di circuiti elettronici con performance elevata sono compiti di molti uffici tecnici e centri di R&D delle aziende, ma vengono percepiti anche come “tecnologia futura”. Un esempio di tecnologia “futura” che probabilmente è già usata in alcune ditte ma che non viene percepita come “elettronica” riguarda i MEMS (Micro Electro Mechanical Systems). I MEMS sono sistemi elettromeccanici di dimensioni micrometriche fabbricati utilizzando le tecnologie dei semiconduttori. Sono già presenti in molte applicazioni quotidiane (testine delle stampanti a getto di inchiostro, airbag, joystik della console Wii…). In molte realizzazioni, l’utilizzo di MEMS permette anche di integrare in un unico supporto di silicio sia il sensore che il circuito di elaborazione e trasmissione del segnale. Il gruppo di ricerca di elettronica dell’Università di Modena e Reggio Emilia dispone di competenze sia in diversi ambiti, che vanno dalle tecnologie di produzione di dispositivi di memoria Flash, alla progettazione di circuiti integrati, alla progettazione di sistemi elettronici complessi, in particolare per trasmissioni sia su cavo che wireless. Nell’ambito della progettazione di circuiti e sistemi integrati, sono stati realizzati negli ultimi anni diversi prototipi di amplificatori di potenza per telefoni cellulari, uno dei quali utilizza la tecnologia MEMS, e di circuiti di immagazzinamento di energia da fonti alternative. Questi lavori sono stati presentati alle conferenze mondiali più importanti del settore e sono stati pubblicati sulle riviste di riferimento internazionali. Il gruppo di ricerca presso il DISMI possiede tutti i gli strumenti CAD di progettazione necessari alla produzione di circuiti integrati nelle più moderne tecnologie e può accedere alla produzione di prototipi a costi contenuti tramite il consorzio europeo Europractice. In quest’ambito il gruppo di ricerca collabora stabilmente con STMicroelectronics e ha diverse collaborazioni con università italiane e straniere. Il gruppo vanta inoltre competenze nell’ambito della progettazione e realizzazione di schede che implementano sistemi elettronici per applicazioni automotive e logistiche. Per quanto riguarda invece l’attività nel settore dei dispositivi a semiconduttore, il gruppo ha una consolidata e riconosciuta esperienza maturata nel corso degli anni attraverso collaborazioni con grandi aziende (STMicroelectronics, Saifun Semiconductors, Intel…) e prestigiose università (Padova, Ferrara, Roma “La Sapienza”, Ferrara, Berkeley, Stanford). 61 Intelligenza Ambientale: Servizi Software Distribuiti e Visione artificiale Il concetto di “Intelligenza Ambientale” (o, secondo la più comune dizione anglosassone, la “Ambient Intelligence”) considera in generale: - la possibilità di integrare e distribuire all’interno di ambienti domestici, produttivi, o urbani, capacità sensoriali (p.e., attraverso sensori basati su computer, telecamere), attuative (p.e. attraverso sistemi elettronici di controllo o attraverso sistemi robotici), e di calcolo (p.e., sistemi integrati a microprocessore e computer palmari), tipicamente collegati tra loro da sistemi di telecomunicazione wireless; - la possibilità di sfruttare la risultante infrastruttura computazionale per la realizzazione e il coordinamento di servizi software che permettano: agli utenti, di percepire con capacità sensoriali arricchite i fenomeni e i processi in atto nell’ambiente; all’ambiente stesso, di monitorare e controllare i propri processi senza diretta supervisione umana (vale a dire con capacità di decision-making autonoma, o più semplicemente con un certo grado di “intelligenza”). In questo contesto, la possibilità di integrare di sensori, attuatori, computer, all’interno di un ambiente e degli oggetti in esso contenuti è già pienamente abilitata dai progressi nel campo dell’elettronica e dell’automazione, e richiede investimenti meramente economici. Al contrario, lo sviluppo delle tecnologie software che permettano di sfruttare al pieno delle sue potenzialità tale infrastruttura per l’effettiva realizzazione di servizi “intelligenti” di monitoraggio e controllo, richiede metodologie di ingegneria del software e tecnologie algoritmiche e ad alto carattere innovativo. Per quanto riguarda le metodologie innovative, appaiono particolarmente promettenti le tecnologie software basate sul concetto di “agenti”. Nel progetto e nella programmazione di software orientato agli agenti – che si configura come una naturale evoluzione delle moderne tecnologie orientate ai servizi – si considera il sistema software come composto di moduli software lascamente accoppiati tra loro, ognuno dei quali programmato per “raggiungere un obiettivo” in autonomia. L’autonomia degli agenti si traduce da un lato nella loro capacità di percepire i fenomeni in atto nell’ambiente e di analizzarli, dall’altro nella capacità di selezionare le azioni computazionali o attuative che meglio permettono il raggiungimento di un obiettivo (p.e., relativo alla gestione efficiente di un macchinario oppure relativo al mantenimento di specifici parametri ambientali). Le interazioni tra agenti, più rare e meno rigide rispetto alla tradizionale programmazione per componenti e servizi, permettono agli agenti di coordinarsi tra loro e negoziare il raggiungimenti di obiettivi comuni. Tale modello di interazioni facilita notevolmente lo sviluppo del software (con notevoli vantaggi economici in fase di sviluppo) e allo stesso tempo rende il sistema più robusto ai cambiamenti e ai guasti parziali dei sistema (fattore critico in ambito produttivo). Grazie a questi vantaggi, le tecnologie ad agenti stanno trovando notevoli applicazioni nel settore della logistica e della produzione meccatronica. 62 Per quanto riguarda le tecnologie algoritmiche, esse risultano fondamentali per dotare sensori e, specificamente, telecamere, di capacità di “visione artificiale”. La visione artificiale è una disciplina che permette di riprodurre al calcolatore il comportamento dell’occhio umano in vari ambiti industriali meccatronici. Tra le applicazioni emergenti degli ultimi anni vi è sicuramente quello della visione robotica applicata ai processi produttivi industriali, a livello sia di controllo della qualità, sia di automatizzazione dei processi di movimentazione, manipolazione e misura, sia di logistica industriale. Grazie alle migliorie tecnologiche nell’ambito dei calcolatori e delle sensoristica (telecamere in primis), il livello raggiungibile dagli algoritmi di visione artificiale è ormai maturo a sufficienza per trasformarsi in “prodotto”. Gli algoritmi più utilizzati nell’ambito del controllo di processi industriali riguardano la rilevazione di difettosità superficiali, il controllo tonale (ad esempio nelle piastrelle), la misura di oggetti sia in 2D che in 3D e l’individuazione e classificazione di oggetti per il loro prelievo (per operazioni di pick-and-place tramite robot). Nell’ambito della logistica industriale, invece, applicazioni molto richieste riguardano la guida autonoma di robot AGV mediante la sola visione artificiale, soluzione che risulta particolarmente adatta nel caso di ambienti outdoor non controllati. Il gruppo di ricerca in Informatica del Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio Emilia dispone di comprovate competenze di eccellenza sia nell’ambito delle moderne metodologie per lo sviluppo di sistemi di servizi distribuiti basati su agenti, che nell’ambito della visione artificiale. Tale eccellenza è comprovata – oltre che dalle pubblicazioni scientifiche apparse nelle principali riviste del settore – dalla partecipazione a vari progetti di ricerca sia nazionali (Ministero dell’Università e della Ricerca) che internazionali (European Commission, NATO). La capacità di applicare tali concetti innovativi alle attuali realtà produttive è invece comprovata dalle diverse collaborazione industriali attualmente attive, sia a livello regionale che internazionale. 63 L’Interazione Uomo-Macchina (Human-Machine Interaction) La disciplina dell’Interazione Uomo-Macchina si occupa di studiare il rapporto fra utenti e tecnologie, allo scopo di individuare i fattori che permettono l’esecuzione di compiti in efficienza e sicurezza. Lo snodo cruciale dell’interazione è rappresentato dall’interfaccia utente, ovvero la combinazione di strumenti e criteri che permettono agli utenti di controllare e guidare il funzionamento di un sistema verso gli scopi desiderati. Tra le metodologie di progettazione messe a disposizione da questa disciplina, particolarmente rilevante è la progettazione centrata sull’utente dove le tecnologie sono individuate e definite a partire dalle caratteristiche delle persone, esaltandone le peculiarità e limitando l’impatto negativo dei loro limiti. La metodologia prevede che il prodotto sia il punto di arrivo di successivi raffinamenti, ottenuti tramite cicli di prototipazione e verifica sperimentale con utenti. Di ciclo in ciclo, le prestazioni e le opinioni degli utenti permettono di individuare le criticità d’utilizzo, e di eliminarle nella successiva fase di prototipazione. In questo modo, è possibile intervenire sul progetto prima che le modifiche risultino eccessivamente onerose. Un esempio concreto, da un recente progetto di ricerca, è la progettazione di una postazione di controllo di una macchina agricola, costituita da un display e da un joystick motorizzato. Il punto di partenza è stata l’analisi dettagliata di una attività specifica (lo spostamento di pesi pericolosi) tramite sessioni di affiancamento degli utenti sul campo, analisi video ed interviste. Questa analisi ha permesso di individuare i problemi di sicurezza ed efficienza delle operazioni: è stato quindi possibile sviluppare un prototipo in cui l’esecuzione del compito è guidata da segnalazioni tattiche, visive e acustiche che riducono la probabilità di errori e i tempi di esecuzione. L’efficacia del sistema è stata quindi validata da prove sperimentali sul campo. Il gruppo di ricerca sull’Interazione Uomo-Macchina dell’Università di Modena e Reggio Emilia dispone di competenze sia nell’ambito della prototipazione che della valutazione sperimentale. Grazie a metodologie di prototipazione man-in-the-loop, le parti grafiche e logiche delle interfacce, così come la comunicazione con eventuali bus di campo (ad esempio CAN, ISOBUS, FlexRay) possono essere rapidamente rappresentate e validate sperimentalmente; la struttura dei prototipi permette inoltre di trasferirne le caratteristiche direttamente al prodotto finale, eliminando passaggi di conversione intermedi. Le valutazioni sperimentali sono condotte applicando metodi sperimentali che permettono di stimare il grado di efficacia dell’interfaccia e l’impatto delle soluzioni progettuali sulla sicurezza dell’operatore, di terzi e dell’ambiente circostante, evidenziando gli interventi di progettazione che permettano di esprimere il massimo potenziale di tecnologie e persone. Il gruppo collabora con università e aziende, in Italia e all’estero, nell’ambito di diversi progetti europei e dal 2004 ha costituito uno spin-off, RE:Lab s.r.l., per il trasferimento tecnologico e la fornitura di servizi legati all’ingegneria dell’interazione. 64 Sistemi idraulici industriali Le principali direttrici di ricerca applicata ad oggi identificabili nello scenario internazionale dello sviluppo meccatronico di macchine e apparecchiature a fluido, riguardano la definizione di linee guida progettuali per l’ottimizzazione del funzionamento del sistema complesso formato dall’integrazione della componente meccanico/fluidica con la componente elettronico/informatica. Più in dettaglio, all’interno dei settori propri dell’Idraulica Industriale e dei Motori Endotermici Alternativi, indirizzi di ricerca applicata e/o trasferimento tecnologico particolarmente coinvolti da queste direttrici risultano essere: - l’incremento del rendimento complessivo di funzionamento di sistemi idraulici industriali, sia fissi che mobili; - lo sviluppo di nuove architetture funzionali (in particolare, di tipo loadsensing) per applicazioni di idraulica mobile; - lo sviluppo di motori endotermici alternativi per autotrazione (stradale ed offroad) a ridotto impatto ambientale; - l’ottimizzazione delle prestazioni di sistemi di iniezione per combustibili alternativi e rinnovabili (CNG, idrogeno, bio-fuels, …) - lo sviluppo di motorizzazioni ibride (termico-elettrico, termico-fuel cells, …); - l’ottimizzazione delle prestazioni di sistemi idraulici per automotive (cambi robotizzati, ABS, sospensioni attive, sistemi frenanti intelligenti, …); - lo sviluppo e il controllo di motori a combustione alternativa per applicazioni fisse a ridotto impatto ambientale. All’interno del Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio Emilia, l’attività di ricerca di base nel settore delle Macchine a Fluido è principalmente orientata all’analisi teorica dell’efflusso multi-fase e multicomponente di fluidi newtoniani e non newtoniani, nonché allo sviluppo di modelli numerici ed alla messa a punto di codici di calcolo (prevalentemente di tipo opensource) per l’analisi termo-fluidodinamica computazionale a parametri concentrati, a parametri distribuiti e multidimensionali: - della circolazione di fluidi comprimibili ed incomprimibili all’interno di geometrie confinate; - dell’iniezione di combustibili liquidi e gassosi; - della miscelazione di liquidi industriali; - dei fenomeni di aerazione e cavitazione; - dei fenomeni di micro-dieseling a bassa pressione. Parallelamente, il gruppo di ricerca è attivo nel settore dell’applicazione industriale di tecniche progettuali avanzate, e nel trasferimento delle competenze acquisite nello sviluppo di modelli numerici complessi alla progettazione assistita da calcolatore ed alla verifica (anche sperimentale) delle prestazioni di turbo-macchine motrici ed operatrici, sistemi di iniezione per motori endotermici alternativi, macchine 65 volumetriche motrici ed operatrici, componenti idraulici di regolazione on/off e proporzionali, sistemi elettro-idraulici per applicazioni di potenza, sistemi idraulici di trazione e handling veicolo. Con riferimento alle direttrici internazionali di ricerca applicata precedentemente ricondotte al settore della meccatronica, il gruppo risulta impegnato nei settori dell’Oleodinamica e dei Motori Endotermici Alternativi, e in particolare: 1. nello sviluppo di componenti a comando e controllo elettro-idraulico per applicazioni di tipo load-sensing (di I, II e III generazione), con particolare riferimento all’ottimizzazione funzionale di: - macchine volumetriche motrici e operatrici, a cilindrata variabile; - componenti di regolazione proporzionali pre e post-compensati; - sistemi di pilotaggio e di frenatura dei carichi; - sistemi elettro-idraulici per la trasmissione e il controllo del moto di veicoli stradali e off-road; - sistemi elettro-idraulici di attuazione a utenza multipla. 2. nello sviluppo di motori endotermici alternativi a basso impatto ambientale, con particolare riferimento alla gestione e al controllo operativo di: - sistemi di iniezione per combustibili alternativi, a basso impatto ambientale (etanolo, dimetiletere, bio-diesel, metanolo da bio-masse, metano, idrogeno o loro miscele) - motori endotermici dotati di cicli termodinamici non tradizionali, nei quali la riduzione dell’impatto ambientale e l’incremento dell’efficienza deriva dal mantenimento all’interno del cilindro di una combustione “alternativa” (di tipo HCCI – Homogeneous Charge Compression Ignition – o PCCI – Premixed Charge Combustion Ignition – o la MK – Modulated Kinetics) 66 Diagnostica e monitoraggio di macchine rotanti ed isolamento delle vibrazioni L’esigenza di ridurre le vibrazioni delle macchine in condizioni operative per incrementarne prestazioni e durata e migliorare il comfort induce i ricercatori nel settore della Meccanica Applicata alle Macchine e delle Vibrazioni ad individuare metodologie di misura, analisi e simulazione dinamica sempre più affidabili. Il monitoraggio delle macchine rotanti – mediante la misura e l’analisi delle vibrazioni – permette di identificare l’insorgenza di malfunzionamenti o rotture sulla base dell’evoluzione temporale del segnale acquisito da trasduttori di spostamento, velocità o accelerazione montati sul sistema. Infatti, per macchine funzionanti a regime periodico, i difetti possono indurre fenomeni vibratori con periodicità legata alla geometria ed ai parametri funzionali. Il monitoraggio viene comunemente implementato realizzando una serie di livelli di riferimento per l’ampiezza dello spettro del segnale vibratorio acquisito dalla macchina sottoposta a sorveglianza: questo sistema, molto diffuso, presuppone che le soglie siano state scelte correttamente e soprattutto che l’analisi nel dominio della frequenza sia effettivamente sensibile ai fenomeni indagati. La ricerca in questo settore deve: individuare i parametri maggiormente sensibili ai cambiamenti di stato della macchina e studiare la metodologia di analisi del segnale in grado di prevenire con anticipo sempre maggiore la nascita dei difetti, allo scopo di effettuare un’adeguata diagnosi per la manutenzione predittiva o su condizione. Il settore della Meccanica delle Vibrazioni del DISMI è impegnato nello studio di tecniche avanzate di analisi del segnale vibratorio per il monitoraggio e la diagnostica di ingranaggi e cuscinetti volventi, anche per macchine operanti in condizioni di velocità variabile in intensità e segno. Sono state e sono oggetto di studio metodologie operanti nel dominio del tempo (Media Sincrona, Demodulazione in ampiezza e fase, funzione di Autocorrelazione, Cepstrum), nel dominio della frequenza, nel dominio di tempo-frequenza (Wavelet) e nel dominio di frequenza-frequenza (Densità di Correlazione Spettrale), e l’applicazione di Reti Neurali. Un filone parallelo di studio è quello relativo all’analisi del legame tra i parametri costruttivi e funzionali ed il comportamento dinamico dei meccanismi con modelli matematici a parametri concentrati. Tali modelli risultano di importante ausilio nella progettazione ed inoltre possono essere impiegati nella diagnostica dei malfunzionamenti per comprendere la natura e l'origine dei fenomeni dinamici osservati sperimentalmente. I parametri vengono identificati sulla base di dati costruttivi, su misure sperimentali e sull’esperienza acquisita. L'integrazione delle equazioni del moto, quando non ottenibile in forma chiusa, viene effettuata numericamente impiegando i programmi Simulink e SimMechanics. L’interesse, in questo ambito di ricerca, è stato orientato su meccanismi per macchine automatiche per il confezionamento, macchine di equilibratura; inoltre sono state effettuate simulazioni per la ricostruzione delle forze tra i componenti dei cuscinetti volventi in condizioni operative e per la determinazione dell’effetto della posizione dei volani sul grado di irregolarità di velocità e momento torcente. 67 Aree tecnologiche I materiali meccatronici Automazione, Robotica e Sistemi di Controllo Attuatori e azionamenti Elettronica Intelligenza Ambientale Human-Machine Interaction Sistemi idraulici industriali Meccanica delle vibrazioni Tabella A.3: I temi di ricerca e i contatti del DISMI Temi di ricerca Contatti DISMI Studio delle proprietà ingegneristiche dei Prof. Eugenio Dragoni materiali meccatronici (fluidi [email protected] magnetoreologici, leghe a memoria di forma http://www.machinedesign.re.u e polimeri elettroattivi) per sviluppare nimore.it/ dispositivi basati sull’impiego di tali materiali Modellistica e controllo ‘Object Oriented’ di Prof. Cesare Fantuzzi sistemi meccatronici; diagnosi predittiva di [email protected] azionamenti meccatronici; pianificazione e ottimizzazione dei percorsi di robot mobili; controllo distribuito con protocollo ISOBUS; sviluppo e controllo di interfacce haptics Attuatori direct drive (es. generatori sincroni Prof. Alberto Bellini per wind farm senza riduttori meccanici e [email protected] robot direct drive per applicazioni pick-andplace); azionamenti fault tolerant (es. azionamenti basati su motori elettrici multifase con sistemi di diagnostica di guasti elettrici e meccanici integrati) Sistemi elettromeccanici di dimensioni Prof. Paolo Pavan micrometriche (es. MEMS), progettazione di [email protected] circuiti integrati per applicazioni industriali, www.elettronica.ingre.unimore. progettazione di sistemi elettronici it complessi, in particolare per trasmissioni sia su cavo che wireless Tecnologie software basate sul concetto di Prof. Franco Zambonelli “agenti” per servizi software distribuiti e [email protected] algoritmi di visione artificiale (es. visione robotica applicata ai processi produttivi industriali) Prototipazione e valutazione sperimentale Dott. Roberto Montanari delle interfacce con approccio user-centered [email protected] design www.hmi.unimore.it www.re-lab.it Sviluppo di modelli numerici per l’analisi termo-fluidodinamica computazionale a parametri concentrati, distribuiti e multidimensionali; sviluppo di componenti a comando e controllo elettro-idraulico per applicazioni di tipo load-sensing (di I, II e III generazione); sviluppo di motori endotermici alternativi a basso impatto ambientale Studio di tecniche avanzate di analisi del segnale vibratorio per il monitoraggio e la diagnostica di ingranaggi e cuscinetti volventi; analisi del legame tra i parametri costruttivi e funzionali ed il comportamento dinamico dei meccanismi con modelli matematici a parametri concentrati 68 Prof. Massimo Milani [email protected] Prof. Riccardo Rubini [email protected] 69 Indice delle figure Figura M.1: La distribuzione delle imprese intervistate in base alla classificazione PMI ............................................................................................................................ 10 Figura 1.1: Schema sulla visione della meccatronica ................................................ 17 Figura 2.1. Le percentuali di aziende che dichiarano le diverse tipologie di fonti di innovazione ................................................................................................................ 21 Figura 2.2: l’identità delle funzioni di R&D delle aziende meccatroniche ............... 23 Figura 3.1: La sovrapposizione tra tecnologie attuali e tecnologie future nelle aziende intervistate.................................................................................................................. 26 Figura A.1: Esempi di materiali meccatronica: A) Fluidi magnetereologici; B)Leghe a memoria di forma; C) Polimeri elettroattivi............................................................ 54 Figura A.2: Gli investimenti in R&D di STMicroelectronics (in Milioni di $)......... 60 70 71 Indice delle tabelle Tabella M.1: comparti di appartenenza delle imprese intervistate ................................. 11 Tabella 3.1: Le tecnologie attualmente in uso nelle aziende intervistate ....................... 27 Tabella 3.2: Le tecnologie critiche per il futuro nelle aziende intervistate..................... 28 Tabella 4.1 Schema riepilogativo dei punti di forza e debolezza percepiti dalle aziende sulle collaborazioni............................................................................................ 46 Tabella A.1: La graduatoria dei primi 20 produttori di semi-conduttori nel 2007 (Fonte: iSuppli, 2007) .................................................................................................... 59 Tabella A.2: Stima della suddivisione dei ricavi generati dal settore dei semiconduttori nel 2007 per area geografica (fonte: iSuppli, 2007). ............................. 60 Tabella A.3: I temi di ricerca e i contatti del DISMI ...................................................... 68 72