Analisi degli scenari tecnologici delle imprese della meccatronica

Transcript

Analisi degli scenari tecnologici delle imprese della meccatronica
Analisi degli scenari tecnologici delle imprese
della meccatronica reggiana
La ricerca
Analisi degli scenari tecnologici delle imprese della meccatronica reggiana
è stata realizzata dal Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria
dell’Università di Modena e Reggio Emilia
Gruppo di lavoro: Diego Maria Macrì (coordinatore e responsabile del progetto),
Milena Benatti, Fabiola Bertolotti, Danilo Loiacono, Elisa Mattarelli
Il presente studio è il risultato di una convenzione fra Camera di Commercio Reggio
Emilia, Dipartimento di Scienze e Metodi dell'Ingegneria dell'Università di Modena
e Reggio Emilia, Associazione Industriali Reggio Emilia e Reggio Emilia
Innovazione.
E' possibile la riproduzione totale o parziale della presente pubblicazione citando la
fonte "Analisi degli scenari tecnologici delle imprese della meccatronica reggiana."
2
Ringraziamenti
Un primo riconoscimento per questo progetto di ricerca va a Reggio Emilia
Innovazione di Reggio Emilia, che lo ha concepito e alla Camera di Commercio
Industria Artigianato e Agricoltura di Reggio Emilia, che con un generoso
contributo lo ha definitivamente reso possibile.
Il nostro ringraziamento è inoltre diretto al gruppo di manager e di responsabili
tecnici delle aziende che hanno accettato di essere intervistati rendendo possibile la
realizzazione della ricerca. Siamo consapevoli di quanto prezioso sia il tempo di
coloro che svolgono il loro lavoro in azienda e del fatto che questi studi settoriali
possano essere interpretati come distanti dai problemi quotidiani della gestione,
come materia astratta oggetto di interesse unicamente da parte di uffici studi e di
ricercatori universitari. Proprio per questo riteniamo doveroso esprimere
nominativamente riconoscenza alle 20 aziende che hanno accolto il nostro invito
dedicandoci tempo e attenzione. Speriamo di non avere deluso il loro meritorio
interesse e ci auguriamo che dalla lettura del lavoro esse possano sviluppare utili
riflessioni. Queste aziende sono:
Arag S.r.l., Argo Tractors S.p.A., Bosch, Brevini Riduttori S.p.A., CF3000 S.r.l.,
Comer Industries S.p.A., Corghi S.p.A., Elettric 80 S.p.A., Fast S.p.A., Ghepi,
Interpump Group S.p.A., Lombardini S.r.l., Microm-el S.N.C.., Motor Power
Company S.r.l., Ognibene S.p.A., R.R. Robotica S.r.l., Sachman Rambaudi S.p.A.,
Smeg S.p.A., Walvoil S.p.A., Viewtech S.r.l.
Infine, per avere partecipato agli approfondimenti sui temi delle tecnologie delle
imprese del campione, un ringraziamento doveroso ai colleghi del Dipartimento di
Scienze e Metodi dell’Ingegneria e al suo direttore Prof. Eugenio Dragoni.
3
4
Indice
Indice.......................................................................................................................................... 5
Introduzione ............................................................................................................................... 7
Metodologia ............................................................................................................................... 9
1. La meccatronica a Reggio Emilia: un distretto a due velocità? ........................................... 13
2. Le dinamiche di innovazione nelle imprese meccatroniche reggiane.................................. 19
3. Le tecnologie nel distretto della meccatronica: fabbisogni e criticità.................................. 25
4. Le relazioni inter-organizzative per l’innovazione .............................................................. 34
Osservazioni conclusive........................................................................................................... 48
Appendice: Le tecnologie meccatroniche emergenti ............................................................... 52
Indice delle figure..................................................................................................................... 70
Indice delle tabelle ................................................................................................................... 72
5
6
Introduzione
Questo documento è il risultato di una ricerca qualitativa che ha indagato lo scenario
competitivo e tecnologico delle aziende meccatroniche reggiane. Il focus, in
particolare, è stato quello di individuare i principali percorsi di evoluzione
tecnologica che le imprese del distretto prevedono o auspicano. In relazione a questi
percorsi o “fabbisogni tecnologici”, una seconda linea di ricerca ha indagato le
collaborazioni che le aziende hanno già posto in atto o prevedono di attivare.
Nonostante siano state esplorate le collaborazioni in senso lato (quindi collaborazioni
anche con fornitori, clienti o partner), l’attenzione è stata prevalentemente indirizzata
a quelle sviluppate dalle imprese con Università ed Enti di ricerca. Uno degli
obiettivi principali della ricerca è stato infatti valutare: (1) se e in che misura le
imprese del distretto facciano ricorso a collaborazioni di questa specifica natura,
quale sia il giudizio che di esse danno, (2) quali le aspettative attese e le evoluzioni
previste in futuro.
Il documento è articolato in quattro capitoli. Il primo inizia con l’interpretazione di
‘meccatronica’ fornita dalle imprese. Nonostante gli intervistati concordino
nell’associare la meccatronica alla progettazione integrata di elettronica e
meccanica, con forte contenuto informatico, le imprese si trovano a diversi livelli di
maturità nell’applicazione pratica di tale definizione. In particolare, mentre alcune
aziende sono già in grado di ‘pensare’ e ‘muoversi’ in termini di meccatronicità
(livello maturo) , altre sembrano essere ancora in fase di esplorazione (livello
sperimentale). Al diverso livello di meccatronicità delle imprese corrisponde una
percezione altrettanto diversa che le imprese hanno del distretto reggiano. Per quelle
che si trovano a livello sperimentale il distretto è una opportunità ancora da cogliere,
mentre le imprese mature hanno un atteggiamento più critico e ne auspicano un
ulteriore sviluppo.
Nel secondo capitolo sono investigate le fonti dell’innovazione e le strutture
organizzative per la ricerca e sviluppo. La principale spinta verso l’innovazione trova
la sua genesi nelle richieste dei clienti. Un’altra importante determinante è il bisogno
di perseguire il miglioramento dell’efficienza e il contenimento dei costi. Minore
invece il peso dell’innovazione endogena, tipica delle funzioni interne di R&D. Dalle
interviste, infatti, emerge che l’‘identità’ delle funzioni di R&D delle aziende
meccatroniche è eterogenea. Tale identità è per alcune imprese riconducibile
all’esistenza di una specifica funzione di R&D interna, per altre a una unità di
progettazione ‘allargata’ dove in un tipico ufficio tecnico vengono svolte, a tempo
parziale o in collaborazione con consulenti esterni attività di ricerca, per altre ancora
all’esistenza di un ufficio tecnico in senso stretto.
Nel terzo capitolo sono riportate le tecnologie che le imprese considerano
attualmente centrali per conseguire vantaggio competitivo e quelle ritenute critiche
7
per il futuro. Il confronto tra la situazione attuale e quella prevista fa emergere i
fabbisogni tecnologici di medio-lungo termine del distretto. Le criticità che le
imprese percepiscono nell’approvvigionamento di nuove tecnologie sono descritte e
classificate in quattro categorie: tecniche, economiche, organizzative e strategiche.
L’appendice completa questa analisi mostrando quali sono i temi di ricerca ritenuti di
frontiera a livello internazionale nell’ambito delle tecnologie meccatroniche nonché
le attività di ricerca che in questi ambiti il Dipartimento di Scienze e Metodi
dell’Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio Emilia svolge.
Il quarto capitolo affronta il tema del ruolo delle relazioni inter-organizzative per
l’innovazione. Per ciascun tipo di collaborazione attivata (con università, enti
territoriali pubblici e privati, altre imprese e centri di ricerca) sono investigati i punti
di forza e di debolezza.
Il documento si conclude con una discussione delle implicazioni per le imprese e per
gli enti territoriali del distretto.
8
Metodologia
La ricerca è stata condotta attraverso interviste aperte a 20 aziende accuratamente
selezionate. Le modalità di scelta del campione sono discese dai temi e dagli
obiettivi della ricerca. Il criterio principale è stato individuare le aziende più
innovative o comunque più propense all’innovazione, a prescindere dalla loro
dimensione e cercando anzi, ove possibile, di costituire un campione il più possibile
eterogeneo in relazione a caratteristiche quali il fatturato, l’età, l’appartenenza a
gruppi, la propensione all’export.
La ricerca qualitativa qui presentata costituisce un proseguimento e un arricchimento
di una precedente ricerca quantitativa (Repertorio delle imprese attive all’interno del
distretto della meccatronica di Reggio Emilia: Produzioni e competenze distintive),
svolta attraverso informazioni raccolte con questionari e alla quale hanno risposto 47
aziende delle complessive 200 del comparto meccatronico reggiano. È apparso
dunque ragionevole selezionare in primo luogo aziende all’interno del suddetto
campione per il quale già si disponeva di un ampio quadro di informazioni qualiquantitative. Al tempo stesso, tuttavia, non si è voluto rischiare di riprodurre una
“auto-selezione”. In altri termini, non si è voluto dare per scontato che solo le
aziende sensibili alle tematiche dell’innovazione avessero risposto al questionario o
che, soprattutto, non lo fossero quelle che non avevano risposto. Per aumentare la
rappresentatività del campione sono state quindi selezionate anche imprese non
presenti nel campione della prima ricerca e tuttavia indicate da più fonti (come il
direttore generale di Reggio Emilia Innovazione, i colleghi tecnologi del
Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria) come aziende impegnate sul
fronte dell’innovazione.
Prima di procedere all’analisi dei temi di interesse può essere utile individuare la
distribuzione statistica del campione in base ad alcune dimensioni in modo da offrire
un quadro generale delle imprese coinvolte.
Nel seguito sono riportati i dati relativi a:
1. dimensione (intervallo di ricavi)
2. comparto/i di appartenenza
1. In base ai dati di ricavo 2005, e in accordo alla classificazione europea delle
PMI, in vigore dal 1° gennaio 20051, le imprese del campione intervistato sono così
suddivise (fig. 1.1):
1 Raccomandazione della Commissione Europea del 6 maggio 2004, relativa alla definizione delle micro, piccole e medie
imprese, testo integrale dell’atto 2003/361/CE [Gazzetta Ufficiale L 124 del 20-05-2003].
9
-
micro imprese (volume d’affari inferiore a 2 mln €): 2, pari al 10% del
campione;
piccole imprese (volume d’affari compreso tra 2 e 10 mln €): 4, pari al 20% del
campione;
medie imprese (volume d’affari compreso tra 10 e 50 mln €): 5, pari al 25% del
campione;
grandi imprese (volume d’affari oltre i 50 mln €): 9, pari al 45% del campione.
Num. di aziende per dimensione 2005
Grandi
9
Medie
5
Piccole
4
Micro
2
0
2
4
6
8
10
Figura M.1: La distribuzione delle imprese intervistate in base alla classificazione PMI
2. Per la suddivisione in comparti si è fatto riferimento a quella già proposta nella
ricerca quantitativa “Repertorio delle imprese attive all’interno del distretto della
meccatronica di Reggio Emilia”. Si ricorda poi che ogni azienda può appartenere a
più comparti, sicché il numero totale di scelte di comparti indicati dalle aziende è
superiore a 20. In tabella 1.1 sono stati riportati, per ogni comparto, il numero totale
di aziende che vi appartiene. Come si può osservare, il campione intervistato copre
quasi tutti i comparti indicati ed è pertanto soddisfacentemente rappresentativo.
Per le interviste è stato definito un protocollo volto a focalizzare quattro temi
principali:
i. Raccogliere informazioni generali sull’azienda e sui suoi prodotti, cercando in
particolare di capire quale fosse l’accezione data al termine “meccatronica” e
quale il livello di sovrapposizione dell’attività svolta con tale definizione;
ii. Indagare su cosa l’azienda intendesse per “innovazione”, sull’esistenza di
eventuali strutture interne di ricerca e sviluppo e sulle principali fonti di
innovazione;
10
Tabella M.1: comparti di appartenenza delle imprese intervistate
ID
Nome Comparto
N
C20
C1
C2
C4
C18
C6
C3
C12
C15
C16
C5
C8
C9
C10
C13
C14
C7
C11
C17
C19
Altro
Oleodinamica
Software/Automazione industriali
Componentistica per automotive
Macchine utensili e Robot
Riduttori
Prodotti e componentistica elettronica
Macchine agricole
Sistemi di movimentazione industriale
Macchine automatiche
Organi di trasmissione
Componenti elettromeccanici
Motori elettrici
Motori a combustione interna
Impiantistica
Elettrodomestici
Lavorazioni meccaniche conto terzi
Macchine elettriche
Macchine per manutenzione autoveicoli
Macchine per il divertimento
5
4
4
4
4
3
2
2
2
2
1
1
1
1
1
1
0
0
0
0
iii. Indagare sulle tecnologie ritenute dall’azienda critiche e sui fabbisogni
tecnologici di medio periodo. In particolare, in relazione a questi ultimi si è
investigato su come l’azienda prevedesse di farvi fronte, se cioè le competenze e
le conoscenze necessarie per acquisire tali tecnologie fossero già in suo possesso
oppure se ipotizzasse di attivare collaborazioni per acquisirle.
iv. Cogliere le relazioni inter-organizzative, ossia la rete degli attori con i quali le
imprese intervistate già interagiscono nei processi di innovazione tecnologica e
quelli con i quali potenzialmente potrebbero o vorrebbero nel futuro interagire.
Il protocollo sopra descritto è stato un filo conduttore, non un vincolo severo nella
conduzione delle interviste. Si è trattato infatti di interviste semi-strutturate
(Spradley, 1979)2 le quali, partendo dal tema della ricerca, si sono sì focalizzate su
argomenti specifici e domande mirate, ma con una sequenza solo indicativamente
predeterminata che non ha vincolato l’interazione all’interno di schemi preconcetti.
La ricerca qualitativa si sviluppa infatti durante il suo stesso svolgersi, secondo
itinerari diversi e imprevedibili che trovano la loro genesi nella specifica interazione
fra l’intervistatore e l’intervistato.
2 Spradley J.P. 1979. The ethnographic interview Harcourt Brace, Orlando, FLA.
11
Nel corso delle interviste si sono quindi utilizzate domande di approfondimento
mirato (Macrì e Tagliaventi, 2000)3 per cercare nuove informazioni, ma senza
necessariamente rendere esplicito il tema che l’intervistatore desiderava focalizzare.
Per introdurre nuovi temi sono state invece rivolte domande dirette. Un ruolo
certamente importante hanno assunto le cosiddette “domande interpretative”. Esse
implicano il riformulare, il parafrasare, il riassumere i pareri dell’attore per essere
certi di avere compreso il significato da lui assegnato alle risposte (ibid.). Infine, le
domande iniziali volte a raccogliere la presentazione generale dell’azienda e dei suoi
prodotti (lasciando piena libertà di risposta all’intervistato) rientrano nelle cosiddette
domande “grand tour”, utili in apertura di intervista per stabilire un contatto
proficuo, stemperare la tensione e individuare temi rilevanti (Spradley, 1979). Anche
se probabilmente prive di informazioni direttamente utili alla ricerca, tali domande
sono dunque strumentali allo sviluppo della relazione con l’intervistato perché
consentono di avviare soddisfacentemente l’intervista vera e propria.
Le interviste hanno avuto una durata variabile da una a due ore a seconda della
disponibilità dell’intervistato e del suo coinvolgimento. In alcuni casi l’interlocutore
è risultato particolarmente interessato e partecipe alla discussione e durante la
conversazione sono emersi spontaneamente temi e argomenti non previsti dal
protocollo che hanno offerto importanti spunti di riflessione. In altri casi l’intervista
ha avuto più interlocutori e in tali circostanze l’interazione è risultata particolarmente
articolata perché si sono indirizzati gli intervistati a fornire risposte condivise e non a
“ripartirsi” le risposte alle domande.
Tutte le interviste sono state (previa autorizzazione) registrate e successivamente
trascritte su file di scrittura, il che ha consentito una fedele registrazione delle
cosiddette field notes o “appunti presi sul campo”. Una volta resi disponibili in forma
estesa gli appunti presi sul campo, l’analisi è proseguita con la procedura di codifica
(coding) degli appunti, ovvero attraverso l’attribuzione di “etichette” a classi di
fenomeni simili. In questa fase ci siamo avvalsi di uno specifico software per
l’analisi dei dati qualitativi: NVivo 7. Ad esempio, se durante l’intervista il nostro
interlocutore si fosse riferito, parlando di innovazione, sia all’acquisizione di licenze
sia al monitoraggio dei concorrenti, allora a questi due fenomeni, sia pure entrambi
codificati come fonti di innovazione, sarebbero state assegnate “proprietà” diverse.
L’analisi delle field notes permette di ridurre la varietà, l’eterogeneità e la numerosità
delle rilevazioni in un numero inferiore di “concetti”. Questo processo di limitazione
della varietà consente di rintracciare più facilmente un ordine e di attribuire più
facilmente un senso all’insieme delle dichiarazioni raccolte (Macrì e Tagliaventi,
2000).
Il presente documento è articolato in quattro capitoli che ripercorrono le quattro aree
del protocollo di intervista.
3
Macrì e Tagliaventi (2000). La ricerca qualitativa nelle organizzazioni: teorie, tecniche, casi. Roma: Carocci
Editore.
12
1. La meccatronica a Reggio Emilia: un distretto a due
velocità?
Come detto nell’introduzione, nello svolgere questa ricerca qualitativa sul distretto
della meccatronica reggiano abbiamo in primo luogo ritenuto opportuno considerare
la rappresentazione che le aziende hanno del distretto (e dei suoi tratti peculiari) in
termini di prodotti, di tecnologie e di giudizi espressi sui possibili vantaggi
competitivi derivanti dall’appartenenza a un sistema distrettuale.
Il primo aspetto significativo emerso in sede di interviste è l’ampia condivisione
della “definizione” di meccatronica o di “impresa meccatronica” o di “sistema
meccatronica” da parte delle aziende. Attraverso l’analisi testuale è stato possibile
dedurre la seguente definizione.
La meccatronica rappresenta un’avanzata integrazione progettuale fra meccanica,
elettronica e informatica e costituisce la spina dorsale di un nuovo pattern produttivo
e, più in generale, di un nuovo indirizzo strategico.
Obiettivo ultimo della meccatronica è quello di ottenere dalla meccanica funzionalità
e prestazioni che sarebbero impensabili senza la congiunzione concettuale e
progettuale di cui sopra. In altri termini, la competenza meccatronica è interpretata
dai più come una sorta di meta-competenza costituita non solo dalle singole e
specifiche culture della meccanica, dell’elettronica e dell’informatica, ma anche, e
soprattutto, dalla capacità di integrarle e fonderle in un “nuovo” corpo di conoscenze
per dare vita a prodotti innovativi e difficilmente imitabili. Il termine “sistema
meccatronica” appare dunque del tutto appropriato perché sottolinea il valore di una
conoscenza fondata in ampia parte sullo sviluppo di nuove e feconde “relazioni” fra i
saperi costituenti.
“Io credo che meccanica ed elettronica non siano necessariamente meccatronica perché l’elettronica
può pilotare la meccanica e spesso come meccatronica vengono definiti dei sistemi che invece sono
semplicemente elettro-meccanici. Quindi quali sono le cose che identificano la vera meccatronica?
Innanzitutto l’elettronica deve essere perfettamente integrata nella meccanica non solo come un
componente esterno che comanda il “meccanico” [...] L’elettronica deve rispondere in tempo reale al
comportamento dei sistemi meccanici e il termine in tempo reale non significa che se io muovo il
mouse il cursore si muove in tempo reale; per un utente che guarda il monitor anche se ci sono 100
milli secondi di ritardo non sono niente, ma nella meccatronica in tempo reale vuole dire che non
parliamo di 100 milli secondi ma 100 micro secondi e forse è già tanto. L’elettronica quindi deve
essere molto interfacciata con la meccanica. Un ottimo esempio di prodotto meccatronico è la
cartuccia della stampante a getto di inchiostro che prima non esisteva. Quindi una cosa che non
esisteva come cosa meccanica è stata inventata grazie a un’idea meccatronica dove l’elettronica
riesce a far fare alla meccanica qualcosa che non era mai riuscita a fare da sola prima.” (Azienda 3)
“Si parla di sistema meccatronica quando il sistema meccatronica cambia pesantemente le funzioni
del sistema meccanico e per fare questo c’è bisogno dell’informatica, perchè solo tramite
13
l’informatica si riesce a cambiare la dinamica di un sistema meccanico. E’ quindi questa qui la cosa
che è saltata fuori dalla mia indagine, cioè che una parte importante che caratterizza un prodotto
meccatronico è l’informatica.” (Azienda 3)
Ciò che emerge chiaramente dalle testimonianze raccolte è la consapevolezza che
l’elettronica, grazie anche al supporto informatico, sia oggi centrale nella
progettazione di nuovi prodotti e che abbia assunto dunque un ruolo decisivo
nell’evoluzione di una nuova tecnologia “ibridizzata”. Trascurabile è parsa, invece,
la posizione di chi considera la meccatronica come mero accostamento (con bassa
integrazione dunque) di componenti elettronici ai sistemi meccanici tradizionali.
D’altronde, qualunque impresa si avvale oggi di una molteplicità di tecnologie
diverse, ma non è questo certamente sinonimo di sviluppo di una nuova tecnologia.
Un secondo punto di attenzione al quale l’indagine conduce è la gradualità con cui le
imprese, sia pure condividendo largamente, come detto, una definizione
concettualmente ‘evoluta’ di meccatronica, mostrano di riuscire a operativizzarla al
proprio interno. Più in particolare, è emerso uno iato fra imprese già mature
nell’impiego integrato di elettronica, informatica e meccanica e imprese che, nel
panorama distrettuale, si attardano invece su posizioni di sperimentazione, di
progettazione ancora in progress di prodotti a contenuto potenzialmente
meccatronico. Persiste, in altri termini, una dicotomia sufficientemente netta tra
imprese che si muovono su di un terreno di sviluppo industriale già marcatamente
meccatronico e imprese, al contrario, per le quali la meccatronica rappresenta ancora
una promettente frontiera sperimentale, un futuro tecnologicamente e
strategicamente prossimo al quale sentono di approssimarsi (sotto la spinta di logiche
concorrenziali o della pressione a cogliere opportunità), ma alla quale non sono
ancora giunte. La differente maturità operativa del potenziale meccatronico che
distingue le imprese reggiane intervistate configura pertanto uno scenario industriale
a due velocità. 4
1. un gruppo di imprese già in grado di “pensare e muoversi” con sicurezza in
termini di meccatronicità dunque già pronte a cogliere tutti i vantaggi derivanti
dall’appartenenza a un distretto industriale. Con le parole significative del
responsabile R&D di un importante gruppo:
4
La dicotomia proposta tra imprese di un sistema distrettuale a contenuti meccatronici più maturi e imprese dal
carattere meccatronico ancora sperimentale, non si distingue sostanzialmente da quella proposta in altri contributi
teorici, come ad esempio quella di Scarlati (1991) che distingue tra: imprese contoterziste (che hanno una bassa
propensione alla crescita e all’innovazione; dipendono interamente da committenti, perseguono massima
flessibilità e forte contenimento dei costi); imprese indirizzate al mercato che sono più autonome sia in sede di
progettazione sia in sede di produzione (imprese fortemente orientate alla differenziazione dei prodotti per poter
meglio soddisfare la domanda del mercato) e imprese innovative, ossia capaci di creare un prodotto nuovo. Scopo
delle imprese innovative, dice Scarlati, è quello di difendere il proprio vantaggio competitivo cercando di
renderlo inimitabile. Il loro sforzo è teso a innalzare barriere all’entrata per impedire a nuovi prodotti di altre
imprese di entrare o di replicare quel modello altrove. L’innovazione è continua e il prodotto viene
continuamente ripensato e rivisto.
14
“Credo che noi dovremmo essere il prototipo di azienda meccatronica, perché i nostri prodotti sono
un insieme di meccanica, idraulica, congegni elettronici e di software. Credo sia un pò tutto questo la
meccatronica: l’utilizzo delle varie competenze della tecnica, cioè dalla meccanica, all’elettronica,
all’informatica. Noi veramente utilizziamo tutte queste cose, dobbiamo avere conoscenza di tutti
questi settori.”
“Ritengo che in qualche modo l’elettronica, e in particolare l’informatica, abbiano sostituito intere
funzioni che prima venivano svolte meccanicamente. Sicuramente questo è già successo e sempre di
più succederà. Per questo noi crediamo che lavorando sempre molto sui software si possa arrivare ad
ingegnerizzare sempre di più il prodotto.” (Azienda 5)
E ancora:
“Noi abbiamo una linea di prodotti che presenta già tutta la parte di elettronica integrata a bordo,
quindi in un unico prodotto si trova sia la parte rotativa del motore sia la parte di comando del
motore stesso. Questo logicamente con una serie di benefici in termini di ingombri, cablaggi,
prestazioni ecc. In più la volontà di creare un’azienda a parte è proprio per questo motivo: quello di
andare oltre a quello che è la fornitura di un componente fornendo anche comunque il sistema, quindi
la parte elettromeccanica, elettronica, il software, il cablaggio, il bordo macchina e tutto quello che
potenzialmente può diventare una macchina.” (Azienda 9)
2. Altre imprese, al contrario, dichiarano un basso contenuto di meccatronicità o,
come detto in precedenza, sono ancora in fase sperimentale. Mostrano dunque una
maggiore prudenza (considerato il radicamento della propria attività produttiva nella
meccanica “tradizionale”) e stanno ancora valutando il potenziale di sviluppo insito
nella rete distrettuale.
“Diciamo che l’elettronica ha sostituito in parte un azionamento ma difficilmente credo che anche
per il futuro possa sostituire il cuore della parte meccanica. Quindi diciamo che l’elettronica a oggi
ci può assicurare maggior confort, miglior sicurezza ma che la parte meccanica, quindi gli oggetti
che noi all’ interno del nostro gruppo andiamo a produrre, sono basati essenzialmente sulla
meccanica, sebbene l’elettronica sia un grosso aiuto.” (Azienda 2)
E più esplicitamente:
“Diciamo che per quello che è la progettazione standard a oggi parlare di meccatronica è forse
forzato. Forse sta diventando veramente meccatronica il prodotto finale. L’azienda però sta entrando
un po’ nella produzione di prodotti un po’ più interdisciplinari. Noi tra l’altro abbiamo anche
sviluppato l’elettronica e gli algoritmi di controllo di certi nostri prodotti… Diciamo che quello che
un tempo noi chiamavamo dinamica e controllo di macchina oggi si chiama meccatronica.”
(Azienda 10)
“Ecco comunque dove interviene l’elettronica, che comprende poi una conoscenza della parte
elettronica e una capacità di sviluppare software e comunque anche per chi lo fa è importante
conoscere la parte idraulica/meccanica e a cosa servirà alla fine. Allora a questo punto si parla di
meccatronica quando chi lo fa non conosce solo il suo piccolo ma sa muoversi anche con delle visioni
a 360°. Fino ad anni fa si spingeva sul compartimentare il sapere per avere dei super esperti, ora si
sta facendo veramente l’opposto; oggi chi prende un po’ dappertutto porta avanti bene o male il
progetto per quanto magari non disegna il cilindro. Noi vogliamo arrivare a fare tutte queste cose.”
(Azienda 10)
15
A fronte di questa sostanziale polarizzazione di casi aziendali, non sorprende, ed è
questo un terzo elemento di rilievo dello studio, che siano emersi giudizi diversi sulla
natura e sulla funzionalità del distretto meccatronico. Le imprese il cui core business
si configura già ad alta progettualità meccatronica giudicano ancora poco efficace lo
scambio di know-how e la collaborazione interaziendale del/nel distretto. Auspicano
quindi una maggiore diffusione della logica distrettuale sul territorio. Esse stesse si
percepiscono infatti come in fase di volo, e non più di decollo, sulle rotte dello
sviluppo tecnologico-produttivo.
Specularmente, emerge che le imprese che sono centrate su standard produttivi
ancora a carattere prevalentemente meccanico o elettro-meccanico, dunque dai
contenuti meccatronici ancora incerti, si sentano meno coinvolte nell’auspicare lo
sviluppo di un vero e proprio distretto della meccatronica, preferendo ancora
muoversi sul mercato come single player, con alto grado di “chiusura operativa” e di
diffidenza nella condivisione del know-how. Ciò nondimeno, giudicano il
potenziamento del distretto e la cooperazione di filiera un’opportunità di crescita e,
anche, una sorta di strategia di marketing territoriale per promuovere la propria
immagine all’esterno. Tali diverse posizioni saranno dettagliate a approfondite nei
capitoli 3 e 4.
16
Definizione generale
di meccatronica
Applicazione della
definizione a se
stessa: livello di
‘meccatronicità’
delle imprese
Giudizio sul ruolo
del distretto
meccatronico per la
crescita aziendale
Meccatronica come progettazione integrata di
elettronica e meccanica, a forte contenuto
informatico
(definizione condivisa)
- Livello ‘Maturo’: le imprese che sono già in
grado di ‘pensare’ e ‘muoversi’ con
sicurezza in termini di meccatronicità
- Livello ‘Sperimentale’: le realtà aziendali a
basso contenuto di meccatronicità o ancora
in fase sperimentale
- Una realtà non adeguatamente sviluppata:
è la percezione delle imprese ‘mature’ in
termini di meccatronicità che sarebbero già
pronte a cogliere tutti i vantaggi derivanti
dall’appartenenza a un distretto industriale
ma che lamentano ancora la bassa coesione
e il basso grado di sviluppo
- Una potenzialità ancora da cogliere: le
realtà aziendali a basso contenuto di
meccatronicità o ancora in fase
sperimentale, che stanno ancora valutando il
reale potenziale di sviluppo indotto dalla
rete distrettuale.
Figura 1.1: Schema sulla visione della meccatronica
17
18
2. Le dinamiche di innovazione nelle imprese meccatroniche
reggiane
Il contesto territoriale reggiano, caratterizzato dalla concentrazione di imprese che
sviluppano una qualche forma di sinergia, ha probabilmente favorito e favorisce la
capacità di specializzazione e personalizzazione dei prodotti, le economie di scala,
tassi di innovazione soddisfacenti. I riflessi sulla qualità sono evidenti, tanto da
consentire a molte di queste aziende di uscire dal territorio del distretto e di
affacciarsi con autorevolezza in contesti internazionali.
Molte delle imprese intervistate, infatti, si collocano notoriamente su posizioni di
eccellenza in virtù di una vocazione forte e consolidata a innovare i prodotti e i
processi, una vocazione che fa di molte di esse dei veri e propri leader, anche
internazionali.
Queste imprese in grado di sviluppare la ricerca di base, investono con coraggio e
dispongono di competenze tecnologiche accumulate nel tempo attraverso le quali
soddisfano e sovente anticipano la domanda dei mercati.
A facilitare una tale evoluzione è probabilmente un sistema a rete, tipico delle forme
distrettuali, costituito da piccole aziende in molti casi posizionate nella subfornitura
di componenti a elevato contenuto tecnologico, in linea cioè con gli standard richiesti
dalle imprese “capofila”.
Più in particolare, l’indagine sul campo sul tema dell’innovazione pone in luce
l’intensità del potenziale di innovazione che le imprese reggiane stanno introducendo
sul mercato: una progressione degli sforzi tecnico-progettuali per innovare che va dai
miglioramenti incrementali di prodotti già esistenti sul mercato, sino ad esempi per i
quali si può parlare di un ”salto” tecnologico, organizzativo e produttivo (break
trough) che configura le aziende come imprese-guida.
“Noi facciamo solo innovazione nel senso che raramente sviluppiamo prodotti equivalenti a quelli dei
nostri concorrenti o utilizziamo tecnologie che sono già sul mercato. Dobbiamo risolvere dei
problemi, spesso meccanici o problemi misti di meccanica ed elettronica, quindi cerchiamo soluzioni
innovative che spesso brevettiamo. Abbiamo diversi brevetti depositati e quindi cerchiamo sempre di
guardare a tecnologie nuove e a idee nuove; questo è per noi il normale modo di lavorare.” (Azienda
3)
“Attualmente stiamo lavorando su un prodotto che sfrutta la telediagnosi. La settimana scorsa ho
fatto un giro in Italia e all’estero per capire dai clienti le loro reazioni che sono state tutte entusiaste
perché non esistono prodotti che si collegano a distanza con la centralina e che vadano direttamente
a colloquiare con le logiche che stanno internamente. Anche dove esiste qualcosa del genere il costo
è stratosferico, quindi l’idea è di un prodotto con costo giusto che però faccia delle funzioni
approfondite per andare a dialogare con le centraline dei motori in profondità.” (Azienda 3)
19
“Sicuramente l’azienda la reputo innovativa [...] Siamo presenti da diverso tempo col prodotto che è
ancora in fase di sviluppo sul mercato mondiale. In Italia siamo 2 o 3 costruttori in grado di fornire
questa tecnologia che è frutto 100% interno della nostra azienda sul quale abbiamo anche depositato
dei brevetti. Generalmente viene fatta una attività costante di ricerca e miglioramento del prodotto.”
(Azienda 9)
Come si diceva poc’anzi, a fianco di aziende che si caratterizzano per una spiccata
tendenza all’innovazione di prodotto, coesistono imprese della filiera meccatronica
che affermano di puntare maggiormente - adottando implicitamente un’accezione
meno ricca di meccatronica - su un’innovazione intesa come efficienza del processo
produttivo, come attenzione alla realizzazione di prodotti a costi competitivi.
“Perchè il discorso dell’innovazione nel nostro settore si scontra con il discorso dei costi. Vendiamo
il nostro prodotto in tutti i settori e poiché il nostro prodotto va su macchine piccole, che hanno un
costo limitato, non possiamo aumentare del 40% il costo del motore a meno che tutta la concorrenza
non sia obbligata a fare la stessa cosa [...] Quindi noi dobbiamo sempre calibrare molto attentamente
il costo dell’innovazione con la vendibilità del prodotto.” (Azienda 7)
“Sicuramente quando si parla dall’interno di un’azienda si parla avendo ben chiaro davanti il
mercato, con gli obiettivi che si vogliono come azienda, ma avendo davanti il mercato […] Le
tecnologie che noi usiamo non sono sicuramente tecnologie nuove; la grossa differenza tra 10/15
anni fa è sicuramente il fatto che adesso il prezzo di questa tecnologia permette la sua applicazione a
situazioni che solo 10 anni fa erano inavvicinabili proprio per questioni di costo.” (Azienda 12)
“Innanzi tutto, quando un cliente si presenta a fare una richiesta specifica su un aspetto tecnico di un
prodotto, molto spesso la nostra conoscenza specifica ci porta a fargli fare di già un passo in avanti
rispetto a quelle che erano le sue cognizioni di base. In questo caso si può veramente vedere un
cambiamento in termini di riduzione dei prezzi ma non solo, perchè il materiale plastico riduce pesi,
quindi riduzione di assorbimento, una maggior durata dei componenti meccanici, una riduzione di
consumi elettrici, quindi anche di impatto ambientale oltre che economico. Per me questa è
innovazione.” (Azienda 6)
Un aspetto correlato alla tipologia di innovazione è quello delle fonti
dell’innovazione. A questo proposito occorre osservare che la maggior parte delle
imprese intervistate ha segnalato una pluralità di fattori dai quali originano le
innovazioni introdotte nel corso del tempo. Le fonti sono state così codificate:
clienti, innovazione endogena, imitazione della concorrenza, efficienza/
contenimento dei costi, mutamento normativo e trasferimento da altri settori
industriali. La figura 2.1 riporta le frequenze con cui ogni fonte di innovazione è
stata indicata dai nostri intervistati.
Ciò che emerge, è che la forza principale che determina il miglioramento dei prodotti
è l’obiettivo di soddisfare le specifiche esigenze dei clienti, un’innovazione dunque
market driven e non invece anticipatoria. Il 60 % delle aziende del campione ha
indicato la soddisfazione dei clienti come fonte di innovazione.
“Nella nostra azienda si fa innovazione in diverse aree ma spesso l’innovazione è fatta comunque per
una richiesta del mercato, direi il 95% delle volte. Un cliente ha una necessità di innovazione o ha un
progetto ed essendo il nostro un componente che è un’attuazione difficilmente può nascere
un’innovazione vera o meccatronica.” (Azienda 10)
20
Fonti dell'innovazione
Cliente
60%
Contenimento costi/efficienza
50%
Endogena
25%
Imitazione della concorrenza
25%
Trasferimento da altri settori
20%
Mutamento normativo
5%
0%
20%
40%
60%
80%
Figura 2.1. Le percentuali di aziende che dichiarano le diverse tipologie di fonti di innovazione
Talvolta si tratta, come emerge chiaramente dall’esempio che segue, di una
condivisione di progettualità, del co-design di prodotto realizzato tra impresa e
cliente. Dice un intervistato:
“Noi abbiamo clienti consolidati ormai da 30 anni e questo implica che il cliente non ci veda più
come un fornitore ma come un partner. Il più delle volte siamo chiamati dal cliente quando ha una
problematica e questa problematica la condivide con noi nel senso che insieme troviamo una
soluzione che può essere una macchina, un sistema o solo un’idea di come risolvere una
problematica interna (un collaudo, un pezzo, una verifica). Quindi, da questo punto di vista, noi
siamo sempre preparati e sperimentiamo insieme al cliente. E’ un lavoro di partnership che ci vede
impegnati e che ci dà la possibilità assieme al cliente di fare uno studio, una ricerca e un percorso di
crescita. Quotidianamente siamo impegnati in questo tipo di attività che è un onore ma anche un
onere perchè questo vuol dire che siamo sempre stimolati a innovare.” (Azienda 8)
In casi meno frequenti, la fonte dell’innovazione deriva da un’anticipazione dei
bisogni dei clienti, come si evince nella seguente field note:
“Andiamo a progettare macchine, o sistemi, prima di averle addirittura proposte ai clienti. Le
brevettiamo poi le presentiamo ai possibili clienti quindi in tal senso ci posizioniamo sicuramente
come innovatori perché il nostro obiettivo non è solo replicare una macchina gia esistente, ma di
andare a soddisfare una determinata esigenza del cliente che può essere soddisfatta attraverso
tecnologie diverse che ancora oggi non sono così presenti sul mercato.” (Azienda 9)
Un’altra fonte di innovazione per le imprese del distretto reggiano – indicata dal 25
% delle aziende – è quella “imitativa” che nasce dal mercato e da meccanismi di
concorrenza fra gli attori in competizione, esterni e interni al distretto stesso, spesso
21
in relazione a brevetti propri o già depositati da altre imprese (sovente straniere), con
le quali quelle della meccatronica reggiana devono confrontarsi.
“Quindi facciamo investimenti su prodotti innovativi. Stiamo lavorando su prodotti dove i concorrenti
vantano molti brevetti. Negli ultimi anni c’è stata una forte esigenza di know how brevettale e quindi
il nostro staff ora sta lavorando su questi brevetti anche perchè il nostro concorrente tipico ne vanta
due o tre volte più di noi. Noi consideriamo come concorrenti principali grandi aziende che oltre a
essere più grandi come dimensioni hanno anche un range di prodotti molto più vasto e riescono
davvero a fornire il sistema completo. Noi ci stiamo avvicinando a farlo. Inoltre, queste aziende
possono contare su un’area di ricerca e sviluppo esageratamente grande rispetto alla nostra; quindi
diciamo che la nostra innovazione di prodotto, a oggi, è più un seguire quello che fanno i grandi.”
(Azienda 13)
“È il commerciale di solito il primo che segnala la direzione da prendere. Ad esempio, se in questi
anni prende piede l’aeronautica piuttosto che il settore energetico o la lavorazione dei particolari per
generatori eolici, allora il commerciale segnala la tipologia, la struttura di macchina e le prestazioni
che la macchina deve avere affinché la macchina possa essere concorrenziale nel settore. Quindi si
parte col commerciale poi dopo inizia una fase di pre-progetto da parte dell’ufficio tecnico che si
potrebbe dire che fa innovazione continuamente perché si progettano continuamente nuove macchine
[...] Poi c’è l’ introduzione di novità che è sempre legata all’analisi della concorrenza perché c’è
sempre qualche concorrente pioniere che introduce la novità e poi viene seguito dagli altri. Noi
siamo stati sia pionieri sia imitatori nel corso degli anni. Funziona cosi insomma: di solito c’è una
segnalazione da parte del commerciale a prendere spunto della concorrenza.” (Azienda 11)
Strettamente correlato all’esigenza di innovare imposta dal confronto con i
competitor e dall’attenzione ai mercati di riferimento è il tema dell’innovazione che
scaturisce dal trasferimento tecnologico e che proviene dal know-how di settori
attigui a quello meccatronica, da fenomeni dunque di fertilizzazione intersettoriale.
Come sostiene ad esempio questa impresa:
“In alcuni casi, anzi molti, l’innovazione si è trasferita dall’aeronautica. Noi difficilmente inventiamo
materiali nuovi o chissà che cosa; si cerca di ingegnerizzare o di utilizzare idee di altri settori e
tradurle in pratica nel nostro. L’aeronautica tipicamente trasferisce parte delle sue innovazioni ai
nostri.” (Azienda 10)
Sono altresì emersi casi, dichiarati solo dal 25% dei nostri informatori, di
innovazione endogena, che ha preso origine da investimenti in ricerca di base, al di
fuori dunque di budget mirati, come sostiene ad esempio una delle intervistate:
“Possono nascere innovazioni anche in modo abbastanza casuale dovuto al fatto che noi come
ricerca e sviluppo dobbiamo fare dei test, test molto particolari. Per esempio, abbiamo anche
realizzato un sistema che però non è commerciale: è un’innovazione che “porta consigli”. Abbiamo
realizzato un prodotto per un’esigenza nostra interna, poi da lì si sono imparate alcune cose e sono
emerse alcune idee per progetti ed eventuali sviluppi”. (Azienda 10)
Il tema dell’innovazione è stato messo in relazione alla presenza, all’interno delle
imprese intervistate, di specifiche strutture interne di R&D e alle caratteristiche
22
funzionali di quest’ultime. La figura 2.2 individua “l’identità” delle funzioni di R&D
delle aziende meccatroniche riconducibile, almeno per alcune, all’esistenza di una
specifica funzione di R&D interna, per altre ad una unità di progettazione ”allargata”
dove in un classico ufficio tecnico vengono svolte, a tempo parziale o in
collaborazione con consulenti esteri attività di ricerca, per altre ancora all’esistenza
di un ufficio tecnico in senso stretto.
La maggior parte delle imprese ha dichiarato di disporre di una specifica funzione di
R&D. Come prevedibile, la dimensione aziendale, intesa in termini di numero di
dipendenti, è una variabile influente. La quasi totalità delle imprese di dimensioni
medio-grandi dispone infatti di un team di ingegneri, spesso con competenze
multidisciplinari, i quali si preoccupano esclusivamente di progettare, sviluppare e
testare, in modo indipendente da fabbisogni di produzione contingenti, nuovi
prototipi.5 Molte grandi imprese della filiera, per numero di dipendenti e per ricavo,
si sono espresse in termini analoghi ai seguenti:
“Noi per ricerca pura, ossia per queste persone dedicate, spendiamo non meno di 1 milione all’anno.
Abbiamo un costo elevato di personale per la ricerca; devo mantenere 7-8 persone dedicate solo per
la ricerca delle quali 3 o 4 sono qua, e 3 o 4 sono all’estero.” (Azienda 5)
Nelle imprese di piccole dimensioni prevale, invece, un modello organizzativo che
integra, all’interno dell’Ufficio tecnico, la presenza di persone che svolgono, in
maniera non continuativa, attività di ricerca e sviluppo. Si può parlare, in tal caso, di
Uffici tecnici “allargati” o “potenziati”. Alle tradizionali mansioni si sono infatti
aggiunte figure professionali che svolgono ruoli di ricerca, sia pure in modo non
esclusivo.
L'identità delle funzioni R&D
Unità di R&D
9
Ufficio tecnico allargato
7
Ufficio tecnico
4
0
2
4
6
8
10
Figura 2.2:Ll’identità delle funzioni di R&D delle aziende meccatroniche
5
Il numero di personale che le imprese meccatroniche dedicano ad attività di R&D in senso stretto oscilla, fra
quelle intervistate, tra l’1% e il 10%. Il dato non ha e non intende avere rappresentatività statistica, essendo stato
rilevato con strumenti ‘qualitativi’ di ricerca. Lo si comunica, dunque, a titolo puramente informativo.
23
E’ il caso di queste aziende, che affermano:
“L’ufficio tecnico è il reparto all’interno del quale sono gestite le necessità quotidiane dei vari
clienti, come ad esempio gli adattamenti e le modifiche, ma nello stesso tempo è anche il luogo dove
vengono generate nuove idee tecniche, o meglio nuove soluzioni tecniche più che idee. Non abbiamo
all’interno dell’ufficio tecnico un reparto di ricerca di base ovvero un gruppo di persone che
lavorano senza obiettivi contingenti. Un ufficio R&D propriamente detto, se questo era il senso della
domanda, non c’è.” (Azienda 4)
“No, nella realtà dei fatti noi non abbiamo una vera e propria unità dedicata esclusivamente
all’R&S. Abbiamo un ufficio tecnico e una serie di persone che a livello di concetto di miglioramento
qualità pongono attenzione a quelle che sono le esigenze interne. E’ composto di 6 persone di cui io
sono responsabile. Tra queste 6 persone ci sono degli ingegneri. Diciamo poi che all’interno
dell’ufficio tecnico abbiamo 3 persone che hanno una buona conoscenza del processo e di
conseguenza il miglioramento nasce dall’integrazione di queste figure.” (Azienda 6)
Nelle imprese di piccole dimensioni, infine, si è riscontrata invece nella maggior
parte dei casi l’assenza di uffici R&D, sia pure intesi come uffici tecnici ”allargati”.
Si tratta di imprese che non investono ancora nella ricerca in senso stretto, che
detengono piccole quote di mercato e che non apportano innovazioni significative
all’interno del distretto industriale meccatronico. E’ questo, per esempio, il caso di
aziende nate da poco, in via di strutturazione e start-up, che pensano di dedicare
quote significative del budget alla ricerca tecnologica e all’innovazione, ma che non
hanno ancora la possibilità di farlo.
24
3. Le tecnologie nel distretto della meccatronica: fabbisogni
e criticità
Una caratteristica saliente di un’impresa meccatronica è quella di utilizzare e
integrare tecnologie afferenti a molteplici aree dell’ingegneria: ingegneria meccanica
e industriale, elettrica, elettronica, informatica, dell’automazione, dei materiali. La
metodologia classica di sviluppo dei sistemi meccatronici prevede l’esecuzione
sequenziale di una serie di fasi, quali ad esempio la progettazione meccanica, la
scelta degli attuatori e dell’elettronica di controllo, la realizzazione di un prototipo
fisico con particolari proprietà meccaniche e l’esecuzione dei test necessari per
l’ottimizzazione del dispositivo. È spesso nell’ultima fase, tipicamente la più onerosa
in termini di tempi e costo, che si scaricano gli effetti di scelte non ottimali operate
nelle fasi precedenti. In una prospettiva di progettazione meccatronica, invece, “gli
aspetti meccanici, elettrici e di controllo vengono affrontati contestualmente,
privilegiando soluzioni progettuali che ottimizzino cifre di merito, più o meno
formalmente espresse, intese a migliorare le prestazioni complessive” (Rocco, 2004,
p. 9)6. Questo processo è reso possibile dalla diffusione di nuove tecnologie (quali
Mems) ed è supportato dalla disponibilità di evoluti strumenti di Computer Aided
Engineering per la modellazione fisica e la prototipazione virtuale.
Per descrivere le tecnologie attuali e “future”7 delle imprese del distretto della
meccatronica, abbiamo considerato la contrapposizione tra metodologie di
progettazione tradizionali versus meccatroniche e abbiamo distinto tra tecnologie
afferenti direttamente alle ingegnerie “classiche” (ingegneria dei materiali,
ingegneria
dell’Automazione,
ingegneria
elettrica/elettronica,
ingegneria
informatica, ingegneria meccanica/industriale) da quelle squisitamente afferenti
all’area dell’ingegneria meccatronica.8
In Tabella 3.1 sono riportate le tecnologie principali attualmente in uso nelle 20
imprese che abbiamo intervistato. L’80% di esse dichiara come tecnologie
attualmente centrali quelle meccaniche (quali stampaggio, trasmissioni e ingranaggi,
idraulica). Il 65% dichiara come centrali le tecnologie dei controlli automatici (quali
telecontrollo, azionamenti intelligenti, robot). Solo il 30% e il 40% delle imprese
dichiara la centralità delle tecnologie informatiche (quali Linux e GPS) e
elettriche/elettroniche (quali motori elettrici e FPGA). Infine, secondo la nostra
classificazione, solo il 30% delle imprese dichiara tecnologie di progettazione
6
Rocco P. (2004). “Sistemi meccatronici”, Automazione e strumentazione, Luglio-Agosto, 9.
Il termine “tecnologie” utilizzato in questo report ha un significato ampio.
8
La classificazione delle tecnologie nelle diverse aree dell’ingegneria è stata fatta con il supporto di alcuni
professori del DISMI, esperti di meccatronica, meccanica, informatica, automazione. Per alcune tecnologie la
classificazione in un’area rispetto a un’altra è sfumata.
7
25
strettamente meccatroniche.
In Tabella 3.2 sono riportate le tecnologie che le 20 aziende ritengono più
significative per il proprio sviluppo e sulle quali intendono investire nei prossimi
anni. Dalla classificazione fatta sembra chiaro che le aziende puntino in modo
significativo a diventare più “meccatroniche”, in particolare attraverso il ricorso a
tecniche di prototipazione virtuale, simulazione e più in generale di progettazione
meccatronica. Queste tecniche sono volte a integrare, già nelle fase iniziali di
progettazione di un prodotto, gli aspetti di meccanica, elettronica, controllo e
informatica. Ricorrente, nelle parole degli intervistati, è il riferimento all’importanza
di sviluppare la parte software del sistema già nelle fasi iniziali della sua ideazione e
sviluppo.
Dalle due tabelle emerge che le tecnologie percepite come un fabbisogno futuro per
alcune imprese sono già ampiamente utilizzate da altre. La figura 3.1 riassume
questa sovrapposizione e rafforza l’immagine del distretto meccatronico a due marce
proposta nel capitolo 1.
Tecnologie attuali
Tecnologie future
Ghisa, azionamenti intelligenti, controlli
Verniciature, polimeri,
wireless, quadri per automazione,
materiali dannosi,
rintracciabilità prodotto supervisioni
Materiali
rivestimenti superficiali,
e interfacciamenti, elettrovalvole,
nuovi, robot,
automazione versatile,
motori lineari, motori torque,
telecontrollo, sistemi di
sistemi di guida
informatizzazione dei processi,
Controllo, computer (PC)
in ambito industriale,
linux, sistemi informatici per la
di bordo macchina,
centraline ISOBUS,
gestione della produzione,
integrazione hardware e
nanotecnologie, elettronica
software di gestione AGV,
software (FPGA), visione
di comando, sensoristica,
fluidodinamica, fusioni, idraulica,
artificiale, navigatori GPS,
Human-Machine
Interaction,
lavorazione metalli, lavorazioni
laser, combustione e iniezione,
Intelligenza artificiale,
meccaniche, meccanica di
analisi FEM; elettronica
strumenti di misura
precisione, prototipazione rapida,
applicata all’idraulica,
ad alta definizione,
stampaggio a
simulazione,
software di controllo
iniezione, trasmissioni e ingranaggi,
prototipazionevirtuale,
dedicato al motore,
integrazione elettronica-elettrica,
miniaturizzazione
uso di sistemi satellitari
soluzioni elettronico meccaniche,
per individuare il posizionamento
Figura 3.1: La sovrapposizione tra tecnologie attuali e tecnologie future nelle aziende intervistate
26
Tabella 3.1: Le tecnologie attualmente in uso nelle aziende intervistate
Aree
Ingegneria
dei materiali
(10%)
Tecnologie dichiarate
- materiali nuovi
- proprietà ghisa
Ingegneria
dell'automa
zione
(65%)
-
Ingegneria
elettrica/elet
tronica
(30%)
Ingegneria
Informatica
(40%)
Ingegneria
meccanica/i
ndustriale
(80%)
Ingegneria
meccatronic
a (30%)
-
Esempi di dichiarazioni
automazione
azionamenti intelligenti
computer di bordo macchina
controlli wireless
controllo degli azionamenti
quadri per automazione
robot
sistema di gestione sulla
rintracciabilità del prodotto
sistemi di controllo a
microprocessore
supervisioni e interfacciamenti
software di gestione degli agv
telecontrollo
prototipazione virtuale
integrazione hardware e software
(FPGA)
elettrovalvole
motori lineari
motori torque
prototipazione virtuale
informatizzazione dei processi
linux
navigatori gps per indicare la rotta in
campo
SI di gestione della produzione
visione artificiale
prototipazione virtuale
analisi degli elementi finiti
fluidodinamica
fusioni
idraulica
combustione
laser
lavorazione metalli
lavorazioni meccaniche
meccanica di precisione
prototipazione rapida
stampaggio a iniezione
trasmissioni e ingranaggi
prototipazione virtuale
elettronica applicata all'idraulica
integrazione elettronica-elettrica
prototipazione virtuale
soluzioni elettronico meccaniche
Simulazione integrata
27
“Si provano continuamente materiali nuovi […]
però noi non ne siamo gli sviluppatori, quindi noi
stiamo attenti al mercato, sulle proposte che
arrivano , le proviamo e le sperimentiamo.”
(Azienda 12)
“Adesso siamo molto impegnati anche sui
telecontrolli, che sono innovativi rispetto alle
famiglie in precedenza sul mercato, perché stiamo
introducendo sistemi che hanno una finalità
abbastanza definita e precisa (che sono quelli di
controllo di segnali digitali quindi valvole motori,
misuratori di temperatura ) anche delle funzionalità
multimediali. Cioè sostanzialmente stiamo
estendendo il concetto di controllo non solo a ciò
che è strettamente fisico ma a tutto ciò che è
percepibile, per cui la visione, l’ascolto,
l’interpretazione della combinazione di altri effetti
non ché l’integrazione con altri dispositivi.”
(Azienda 19)
“Stanno prendendo piede i motori Torque […]
Sono cose che stanno prendendo piede adesso e
innovazione significa applicare questo alle nostre
macchine, cosa che non era stata fatta fino a oggi
anche perché sono delle novità.” (Azienda 15)
“In questo ambito alcune applicazioni importanti le
facciamo nel campo della logistica assieme ad
aziende importanti, come ad esempio l’azienda X:
facciamo parti di software importanti per quelli che
sono le parti di gestione di magazzini, della
logistica in generale, del fine linea, della
tracciabilità.” (Azienda 19)
“Allora, noi produciamo comunque un componente
di metallo. Tutti i nostri componenti hanno
necessità di avere un corpo in ghisa e le fonderie di
ghisa sono la nostra principale categoria
merceologica di acquisto. Non abbiamo fonderie di
proprietà e quindi c’è la massima attenzione verso
queste esigenze.” (Azienda 6)
“Una volta qui si distingueva molto il settore
elettronico da quello elettrico ora sono molto più
integrate.” (Azienda 5)
Tabella 3.2: Le tecnologie critiche per il futuro nelle aziende intervistate
Aree
Ingegneria
dei materiali
(25%)
Tecnologie dichiarate
- verniciature
- materiali nuovi
- polimeri
- materie e materiali dannosi (es.
cromo e piombo)
- rivestimenti superficiali
Ingegneria
dell'automa
zione (35%)
-
Ingegneria
elettrica/elet
tronica
(25%)
Ingegneria
Informatica
(30%)
Ingegneria
meccanica/i
ndustriale
(25%)
Ingegneria
meccatronic
a (75%)
-
-
Esempi di dichiarazioni
“Ecco, un’altra tecnologia che a noi piacerebbe
sviluppare è sicuramente quella legata ai materiali
[...] Sui materiali è tutto praticamente in mano ai
fabbricanti di polimero, i quali hanno laboratori sui
quali fanno una ricerca molto specifica sui materiali,
su prodotti, sulle tecnologie, sull’applicazione di
compositi all’interno del polimero. Quindi noi viviamo
di riflesso ciò che esse rendono disponibili sul
mercato” (Azienda 3)
robot
telecontrollo
sistemi di controllo
automazione versatile
computer di bordo macchina
sistemi di guida in ambito
industriale
centraline ISOBUS
uso di sistemi satellitari per
individuare il posizionamento
utensile
integrazione hardware e software
(FPGA)
nanotecnologie
elettronica di comando
sensoristica
prototipazione virtuale
“L’altro progetto è un sistema di guida per
applicazioni industriali che permetterebbe un salto di
qualità importante rispetto a tecnologie esistenti,
rispetto a navigazione in ambiti industriali, quindi
oggetti che si possano muovere autonomamente.”
(Azienda 8)
Human Machine Interaction
intelligenza artificiale
visione artificiale
navigatori gps per indicare la rotta
in campo
prototipazione virtuale
laser
strumenti di misura ad alta
definizione
ottimizzazione di combustione e
iniezione
analisi degli elementi finiti
prototipazione virtuale
elettronica applicata all'idraulica
prototipazione virtuale
progettazione meccatronica
simulazione integrata
28
“Un settore dove ancora c’è bisogno di sforzo
tecnologico, dove noi abbiamo bisogno di assorbire
tecnologia, che sarà sempre più importante negli anni
futuri è nella sensoristica perché lì purtroppo anche le
tecnologie evolute, avanzate che sfruttano sistemi che
non sono poi così comuni […] Altri tipi di tecnologie si
usano, ma nel caso del settore agricolo non si usano
così bene; lì c’è uno sforzo anche con i nostri fornitori
o potenziali tali, comunque partner di sviluppo per
sviluppare soluzioni che siano adatte per essere
utilizzate nel miglior modo possibile e a costi
accessibili. Perché francamente a qualsiasi costo si fa
tutto senza nessun problema, a costi sensati” (Azienda
7)
“Probabilmente le cose più nuove che riesco a
intravedere sono dal punto di vista dello sviluppo del
software, nel senso che le cose si muovono molto
velocemente e quindi quello che fino a ieri banalmente
lo si faceva con interfacce semplici, con il solito
display LCD a sette segmenti. Ecco, adesso le esigenze
stanno cambiando muovendosi soprattutto dal punto di
vista dell’interfaccia con l’operatore.” (Azienda 12)
“Stiamo valutando l’acquisizione di un pacchetto di
controllo e di calcolo dei processi di stampaggio.
Stiamo valutando l’acquisizione di un pacchetto per il
calcolo strutturale e poi anche l’acquisizione di
strumenti di misura ad alta definizione.” (Azienda 3)
“Noi ci stiamo informando su delle tecnologie legate
al virtuale, per poter capire prima del prototipo fisico
che possibilità c’è di andare avanti in un progetto o
quali modifiche fare al progetto per poter poi andare
in produzione. Questo per velocizzare anche i tempi,
perché i tempi sono sempre abbastanza brevi,
specialmente oggi, e la realizzazione di prototipi fisici
ci porta via parecchio tempo. Quindi la realtà virtuale
la vediamo come una possibile tecnologia da applicare
in modo abbastanza pesante nel nostro settore.”
(Azienda 17)
Nel descrivere i fabbisogni tecnologici futuri, gli intervistati hanno segnalato alcune
ricorrenti criticità di natura tecnologica, economica e organizzativa.
Criticità di natura tecnica
1. Complessità intrinseca della tecnologia. Le tecnologie che le aziende intendono
esplorare e acquisire, in particolare quelle che implicano una progettazione
meccatronica dei sistemi, sono, per loro natura, complesse e richiedono
l’integrazione di competenze sia matematiche sia ingegneristiche, come viene
osservato nel seguente stralcio di intervista.
“C’è moltissimo da fare perché i sistemi meccanici sono dei sistemi molto complessi e quindi per
poterli modellizzare su una cosa simulata ci vogliono tutti degli studi matematici di identificazione
matematica dei sistemi meccanici sui quali siamo molto indietro, non tanto teoricamente, ma perché
sono applicati solo a macchia di leopardo.” (Azienda 14)
2. Necessità di integrare componenti e competenze diverse. Spesso le aziende
intendono la meccatronica come il perfezionamento di componenti meccanici o
elettromeccanici. L’integrazione di tecnologie, interpretata come l’aggiunta di un
particolare elettronico su un nucleo meccanico con il fine di migliorare le prestazioni
di un dispositivo, viene difficoltosamente fatta a priori.
“Prima della tecnologia vi è la necessità di pensare come utilizzarla. Per esempio, un componente
che abbiamo configurato oggi al nostro interno, che possa di conseguenza essere trasformato in un
oggetto che possa lavorare in modo diverso e di conseguenza ottenere questa polivalenza sulla
macchina [...] Per ottenere macchine di un certo tipo la prima difficoltà sta nel mettere assieme quei
particolari tali per cui ci diano l’opportunità di fare più cose, particolari meccanici ma anche
elettronici. Oggi per esempio una centralina elettronica è impostata ed è fatta per lavorare in un
certo modo.” (Azienda 10)
In altre interviste, laddove emerge un significato di meccatronica più evoluto,
permane il giudizio sulla difficoltà dell’integrazione. Nel caso dello sviluppo
software, si rileva ad esempio come la progettazione meccatronica implichi uno
sviluppo “che parte dal progetto” e non una semplice codifica a monte di una
disgiunta fase di analisi.
“C’è la progettazione software di cui le accennavo prima parlando di meccatronica, intesa come
progettazione che parte dal progetto, non tanto la codifica - che lo può fare anche una segretaria. Poi
la validazione, quindi la verifica, la sperimentazione come direbbero i meccanici, che si potrebbe
chiamare sperimentazione software per venire incontro ai meccanici.” (Azienda 10)
Criticità di natura economica
1. Bisogno di acquistare nuove licenze. La rapidità di evoluzione del panorama
tecnologico richiede alla aziende di acquisire e aggiornare le proprie licenze
29
continuamente. A causa delle piccole dimensioni delle imprese del distretto, tale
aggiornamento rappresenta un onore significativo e molte imprese rinunciano ad
acquistare o limitano il numero di licenze.
“Negli uffici tecnici siamo 60 – 70 progettisti e c’è 1 o 2 programmi di simulazione o 1 o 2 licenze”.
(Azienda 16)
2. Necessità di contenere i costi di prodotto. L’introduzione di nuove tecnologie può
comportare che l’associato ridisegno di prodotti e processi aumenti i costi di
produzione. L’attenzione al contenimento dei costi di tutte le imprese intervistate è
accentuata per quelle che si confrontano direttamente con concorrenti internazionali,
in particolare dei mercati emergenti di Cina e India.
“Allora, se io vado a chiedere a questi due oggetti, elettronica e meccanica uguale meccatronica, di
fare altre due cose, che sono sempre quelle per cui sono state pensate, ma anche altre 2 cose in
contemporanea, vi è la necessità di entrare nei budget perché poi il [nome prodotto] non possiamo
farlo pagare il triplo, e di conseguenza stare nei budget che ci sono consentiti per non farlo pagar
troppo, ma dall’altra parte trovare quelle soluzioni, quelle innovazioni, quei brevetti che ci
consentano di potere sfruttare queste possibilità.” (Azienda 14)
“Bisogna tenere presente che ultimamente si tende a risparmiare, quindi a introdurre troppe novità
tecnologiche si rischia di fare cose costose che poi non trovano riscontro nel mercato. Magari fino a
qualche anno fa ci volevano super prestazioni adesso invece ci vogliono costi bassi, quindi la ricerca
si deve spostare verso economie di materiale e di processo, per cui si abbandonano le grandi
innovazioni tecnologiche per poter fare economia sui processi produttivi e sui materiali. Quindi c’è
anche una ricerca nel settore delle forniture economiche. Per intenderci: c’è chi va in Cina, in
Romania e anche se non è ricerca, sono strade che si dovranno prendere…” (Azienda 15)
3. Fare i conti con i piccoli volumi. Come già osservato, le piccole dimensioni delle
imprese del distretto possono rappresentare un ostacolo nel raggiungimento di
economie di scala, come osservato nei seguenti stralci di intervista.
“Noi non siamo produttori di impianti a iniezione, ma dobbiamo utilizzare costruttori tipo la Bosch o
la Marelli che ci danno i componenti. Quindi noi possiamo lavorare nella misura in cui l’impianto di
iniezione è avanzato perché dipende da lì, quello è il collo di bottiglia. Se mi dai un sistema di
iniezione che più di tanto non fa io posso costruire anche il motore più bello del mondo che tanto
sono limitato lì... Quindi la nostra interazione tra il fornitore di impianti a iniezione e la nostra
progettazione è molto forte.
Per fortuna sul discorso della tecnologia noi siamo intimamente legati all’automotive, perché chi è
che ha i soldi per investire enormi quantità di denaro per investire sugli sviluppi di questi sistemi?
Chi fa milioni di pezzi! Non chi ne fa 180.000 l’anno, come noi. Quindi beneficiamo di quello che il
mercato auto fa.” (Azienda 4)
“Io vorrei vedere la nascita di gruppi specializzati nel territorio Emilia Romagna per poter fornire un
servizio di quel tipo lì a noi piuttosto che a un altro. Perchè sarebbe utile avere sistemi flessibili. I
grandi gruppi per definizione fanno fatica a uscire dal seminato, hanno delle metodologie
consolidate. ‘Se fai 1 milione di pezzi, te lo faccio, se ne fai di meno no’. Quindi nel nostro specifico
settore industriale dove si parla di decine di migliaia di pezzi sarebbe utile avere esperti tecnici che
non siano solo grandi gruppi. Qualche segnale ce lo abbiamo.” (Azienda 4)
30
Criticità organizzative
1. Mancanza di un distretto. Le field notes sopra rilevano un’altra criticità rilevante
per lo sviluppo dei fabbisogni tecnologici delle imprese: la mancanza di una rete di
aziende specializzate e di competenze a cui rivolgersi. Nell’intervista 18, ad
esempio, viene sottolineata la mancanza di competenze specifiche diffuse e più in
generale di un distretto che permetta di accedere facilmente a risorse tangibili e
intangibili.
“Il milieu che si dovrebbe formare in questa regione è di ingegneri e tecnici che hanno la matematica
sulle dita, sanno usare Matlab benissimo, sanno fare calibrazione delle telecamere, sanno di
ottica…” (Azienda 18)
“Se noi qua riusciamo a costruirci un distretto dove, se c’è bisogno di un obiettivo qui, non lo devo
andare a comprare in Giappone […] Adesso ho il problema di trovare le risorse fuori di uno che mi
progetti una certa cosa, con certi driver e io mi devo sobbarcare tutto l’investimento. Però
quest’investimento qui me lo devo beccare tutto io, allora se sono è [azienda X] le spalle forse ce le
ho, ma se sono piccolo sono morto. Se invece nel milieu, c’è l’aziendina che mi dà la telecamera, te la
faccio, te la stampo come stampano le Creative… è tutta un’altra cosa.” (Azienda 18)
2. Mancanza di competenze tecnologiche a livello italiano. La mancanza di
competenze viene spesso rilevata a livello nazionale e non solamente localmente.
Proseguendo con l’esempio dell’intervista 18:
“Un'altra cosa su cui noi siamo molto carenti è l’ottica, in Italia non c’è nessuno che progetta ottica,
cioè, in realtà c’è un’azienda a Mantova però in realtà noi stiamo portando all’interno anche la
conoscenza dell’ottica, abbiamo attivato una collaborazione con l’Università di Parma per
progettare all’interno le nostre ottiche.” (Azienda 18)
3. Accesso a risorse umane qualificate. Spesso le aziende lamentano la difficoltà di
trovare nel territorio e in Italia risorse umane qualificate, sia neo-laureate sia senior.
Le principali carenze, come emerge dai due stralci di intervista che seguono,
sembrano da ricondurre al turnover del personale e alla difficoltà di attrarre ingegneri
“tecnici”.
“Queste sono tutte esigenze che portano a parlare di esigenze di personale quindi per la parte di
ingegneria noi abbiamo sicuramente bisogno. C’è una discreta fatica a portare da noi giovani
ingegneri. C’è un turnover ancora molto controllato legato al fatto che stiamo crescendo, però non
posso negare che credo che siamo appetibili per i giovani ingegneri perchè li formiamo e li facciamo
crescere in una grande azienda. Siamo comunque sempre spaventati da quello che può essere un
turnover e da quella che è la scarsità di manodopera.” (Azienda 6)
“Abbiamo una sede tecnica in Polonia, con 12 ingegneri che arriveranno a 20/30 in tempi brevi,
perché la ricerca di ingegneri tecnici validi ci ha portato ad andare in Polonia, per questioni di costo,
ma anche perché in Italia abbiamo trovato difficoltà a trovare ingegneri che volessero fare i tecnici.
Ingegneri che volessero fare i manager si, ma non fare i tecnici, per fare i tecnici c’è poca
disponibilità. Quindi andiamo a vedere dove sono. Là chiaramente vedo l’Italia degli anni 70.”
(Azienda 11)
31
4. Difficoltà di coordinamento in progetti di ricerca. Le aziende riconoscono
l’importanza delle collaborazioni (con altre aziende, università, enti, vedi capitolo 4)
per l’accesso a nuove tecnologie. Tuttavia, spesso non hanno le risorse interne
necessarie per coordinare collaborazioni o progetti allargati. Nell’intervista 11 è
emerso con chiarezza il problema del coordinamento delle collaborazioni interorganizzative.
“L’ idea è questa, poi l’attuazione richiederà del tempo anche perché bisogna trovare delle persone
magari anche all’ esterno . Perché sono cose che andrebbero seguite dall’ interno, ma l’ ideale
sarebbe che l’analisi venisse condotta da uno studio piuttosto specializzato. Però il problema è
trovare uno studio che sia specializzato solo o particolarmente nel settore delle macchine utensili, che
è diverso da altri settori. Ad esempio a noi è richiesta rigidezza delle strutture, ma non abbiamo
problemi di resistenza.” (Azienda 15)
Criticità strategiche
Followers versus First movers. In alcuni casi le aziende dichiarano l’importanza e la
criticità di alcune tecnologie, ma al contempo sottolineano l’arretratezza del loro
settore o dei loro mercati e quindi la loro volontà di non porsi come first movers.
“Forse anche quando le tecnologie saranno meno costose, verrà favorito l’utilizzo della popolazione
di strumenti tecnologici, elettronici e informatici che sta diventando sempre di più comune; penso che
il nostro settore non sarà pioniere da questo punto di vista ma seguirà altri settori che sono quelli
dell’elettronica consumer che sta e aprirà la strada a queste soluzioni” (Azienda 17)
I vincoli normativi. In alcuni casi l’innovazione tecnologica delle imprese è vincolata
(o promossa) da pressioni normative. E’ il caso dell’eliminazione del cromo dai
trattamenti superficiali, che ha richiesto alle imprese di ripensare alcuni processi.
“I trattamenti di rivestimento superficiale sono stati un grosso cruccio quest’anno perché la
normativa ha imposto di eliminare il cromo esavalente nei trattamenti superficiali e tutte queste
aziende medio-piccole hanno aspettato tutte l’ultimo momento per fare cambio. Si è generata
parecchia confusione… Allora adesso c’è una proposta, sempre tramite REI, di vedere quali possono
essere le conseguenze per l’anno prossimo, per i prossimi due anni. Cioè: elimineranno anche il
cromo trivalente? Elimineranno del tutto cromo e nichel? E allora siamo messi male… Sono dieci
anni che dicono che devono togliere il piombo dall’acciaio e siamo ancora lì, però. E se poi l’anno
prossimo succede, cosa facciamo?” (Azienda 20)
32
33
4. Le relazioni inter-organizzative per l’innovazione
Un tema centrale di questa indagine ha riguardato la rete delle collaborazioni tra le
imprese del distretto meccatronico e i partners pubblici e privati che a vario titolo
entrano a far parte del sistema di sviluppo industriale ed economico del territorio
reggiano. Più in particolare, è stato chiesto alle imprese di esporre le proprie
valutazioni e opinioni in merito al lavoro svolto in collaborazione con università, enti
pubblici (quali Regione Emilia-Romagna, Provincia e Comunità Europea), centri
privati di ricerca e, infine, in partnership con altre aziende, talvolta in posizione
concorrenziale.
Dalle evidenze empiriche sono emersi diversi aspetti di rilievo che meritano di essere
considerati per ricostruire il sistema di percezioni delle imprese del distretto riguardo
alla rete formale/informale esistente tra gli attori del sistema economico-produttivo
locale.
Università
La costante presenza di rapporti di collaborazione, in corso o conclusi, tra imprese
meccatroniche e università è un tema da segnalare. Tutte le imprese intervistate,
infatti, hanno dichiarato di avvalersi, o di essersi avvalsi nel recente passato, di
supporto progettuale e consulenziale da parte di ricercatori universitari dell’Ateneo
di Modena e Reggio Emilia e, più in generale, del mondo accademico. Più
precisamente sono emersi, rispetto ai contenuti e alle modalità delle collaborazioni,
tre differenti modalità di relazione:
1. (Co) Progettazione in senso stretto di (nuovi) prodotti/componenti di meccanica,
elettronica, o combinazioni delle due;
2. Ricerca/sperimentazioni di materiali nuovi o di nuove applicazioni;
3. Accoglienza, su propria richiesta o su proposta dell’Università, di studenti
laureandi o neo-laureati per periodi di stage formativi.
1. Per quanto riguarda la progettazione di prodotti o componenti, le imprese si sono
avvalse di collaborazioni con Università italiane (Modena e Reggio Emilia, Bologna,
Parma, Milano, Napoli, Padova tra le più citate), ma anche straniere (Tedesche,
Inglesi, Svedesi). I giudizi espressi dalle imprese sugli esiti e sulla qualità delle
relazioni instaurate (in termini di competenze dei ricercatori universitari e quindi di
apporto, da parte degli stessi, di know-how non disponibile in azienda) sono in larga
parte positivi.
Sostiene ad esempio un intervistato:
34
“Con il Dipartimento di Ingegneria Meccanica [dell’Università di Modena e Reggio Emilia abbiamo
fatto un progetto sul] la presentazione della pompa. Aveva una parte di materiali e una parte di
disegno del profilo dell’ingranaggio, quindi un’ottimizzazione degli ingombri e delle portate della
pompa, tramite un corretto dimensionamento degli ingranaggi, e anche delle boccole e degli scarichi,
e quindi ci ha aiutato il Dipartimento di Meccanica, che ha un buon livello di competenza su
progettazione di questo tipo di componenti.”(Azienda 17)
E a proposito delle motivazioni che hanno portato a collaborare:
“All’interno non abbiamo profili così professionalmente preparati, abbiamo sfruttato molto questo
apporto che ci è venuto offerto. Anche adesso ci sono delle cose, a livello di proposta, cose che
riguardano i trattamenti di rivestimento superficiale, che sono stati un grosso cruccio quest’anno.
Perché la normativa ha imposto di eliminare il cromo esavalente nei trattamenti superficiali.”
(Azienda 17)
Un'altra impresa racconta così la propria esperienza:
“Dal 1996 abbiamo cominciato a stimolare il discorso relativo alla relazioni con le università perché
rispetto all’Europa queste sono relazioni che sfruttiamo poco. Non ci si riesce perchè non si sa dove
rompere il cerchio. Noi adesso abbiamo programmi di ricerca con ben sette università: Modena e
Reggio Emilia, Parma, Firenze, Napoli, stiamo iniziando a guardare qualcosa con Tor Vergata.
Cerchiamo di utilizzare l’eccellenza dei vari centri: ad esempio sull’analisi del rumore Napoli è
veramente in gamba, stiamo lavorando bene sulla combustione e con Modena e Reggio abbiamo fatto
un bellissimo progetto sull’analisi termo-fluido e meccanica di una testa motore per evidenziare le
cause di una rottura.
Ecco, tornando al discorso di prima, dei nostri futuri partner, io vorrei vedere, aziende di dimensioni
più contenute e di flessibilità più spinta e potrebbero essere degli spin-off universitari. Questa è la
mia idea, perchè se c’è un’eccellenza tra le università perchè non utilizzarla?” (Azienda7)
A proposito di spin-off universitari, un’altra importante impresa del distretto ha
espresso un giudizio positivo in merito a un’esperienza di collaborazione maturata,
sottolineandone l’importanza strategica e l’intenzione di proseguire su questa rotta
già tracciata.
“Allora, guardi, noi proprio con l’università di Modena e Reggio Emilia abbiamo sviluppato un
progetto con un ricercatore e una tesista di ingegneria meccatronica: abbiamo fatto questo progetto
con l’università perchè loro ci hanno dato una metodologia di analisi di dispositivi che permettono
una relazione tra l’uomo e macchine, delle metodologie di analisi delle modalità con cui una persona
si interfaccia con questi prodotti, una modalità di giudizio delle reazioni, della capacità di
comprensione dei messaggi e di visione di attenzione alla messaggistica che propone il prodotto,
quindi uno sviluppo di un’opportuna interfaccia che semplificasse le attività di comando e di
ricezione della messagistica del prodotto. Quando le parlavo prima di display, la struttura di un menù
per l’utilizzo del prodotto è stata studiata insieme all’università, quindi noi questa cosa l’abbiamo già
fatta e la vogliamo continuare a fare su altri prodotti. Abbiamo apprezzato molto il fatto che ci sono
metodologie per analizzare queste tecnologie, per giudicarne l’impatto, per vedere come impattano,
per poter migliorare sia la fase di comprensibilità sia di affidabilità. Abbiamo fatto molti studi con
loro, ci hanno dato il loro know-how e ci hanno aiutato molto con la loro metodologia strutturata. Ci
siamo specializzati con loro sull’interfaccia uomo macchina, lo abbiamo già utilizzato e lo vogliamo
tornare a ripetere. Il fatto che ci sia un’università che ha fatto degli studi specifici anche dal punto di
35
vista psico-motorio su queste tecnologie è senz’altro un più che l’utente apprezzerà e ha comunque
aumentato molto la nostra cultura, il nostro know-how.” (Azienda 16)
Ciò che emerge, dunque, non è solo la frequenza e il merito delle collaborazioni
attivate tra imprese e università, ma anche l’importanza di queste partnership
nell’ambito del processo di innovazione. A tal proposito, come detto poc’anzi,
diversi intervistati hanno espresso chiaramente l’auspicio che la sinergia impreseuniversità si rafforzi ulteriormente per permettere di (continuare a) creare ponti
tecnologici attraverso i quali raccordare risorse e conoscenze utili allo sviluppo del
sistema. Così afferma il responsabile R&D di un’impresa del campione:
“L’idea è di far crescere l’Università a Reggio nel settore della meccatronica […] attraverso
associazioni, contratti di collaborazione, fonti da cui ottenere un finanziamento […] Far crescere
l’università e fornendo materiale su cui studiare o su cui far crescere i ricercatori e comunque
fornendo finanziamenti per poter fare centri di studio, laboratori e altre cose. Francamente, noi le
prove ce le facciamo in casa, però far crescere determinati poli sui quali comunque anche uno
studente ricercatore può formarsi a livello pratico e fare i suoi studi… Questa tendenza c’è già stata,
si è definita una filiera della meccanica a Reggio Emilia, e adesso il settore industriale ha deciso che
quello è la filiera chiave e che la meccatronica ne poteva rappresentare un polo avanzato. Si è tentato
di far riconoscere Reggio come la meccanica avanzata nella regione e in Italia […] Reggio come
polo della meccatronica, è un tentativo, ci si sta provando.” (Azienda 10)
Sull’intenzione di continuare a collaborare anche in un futuro in virtù del ruolo
giudicato insostituibile dell’università, un’altra impresa ha ribadito:
“Qualche idea ce l’ho. E’ qualche cosa che vorrei approfondire in maniera importante, nel senso
che abbiamo alcuni progetti nel cassetto che prevedono delle collaborazioni con alcuni ambienti
universitari. Diciamo che specificatamente per questi due progetti oggi non conosco centri di ricerca
che abbiano una specializzazione così mirata in questi settori che mi permettano di dire che sono
referenti importanti per noi. A livello universitario ho invece delle informazioni diverse, quindi ci
potrebbero essere delle collaborazioni con delle risorse importanti non necessariamente solo
italiane.” (Azienda 12)
Più specificamente su una collaborazione realizzata tra un’impresa e il Dipartimento
di Scienze e Metodi dell’Ingegneria di Reggio Emilia:
“Il progetto che si è concluso è stato per la progettazione di un software per la gestione di una testa
di fresatura. Peccato che non riusciamo a farlo di più! Nel caso della collaborazione col DISMI è
stato direi un successo, perché l’Università era presente, rispondeva nei tempi nostri, se non
addirittura più velocemente. Di solito il problema in questo tipo di collaborazioni è il contrario: l’
Università è più lenta rispetto alle esigenze della tempistica aziendale. Però in questo caso sono stati
molto rapidi nelle risposte quindi potrebbe essere una strada in futuro per fare attività di ricerca.”
(Azienda 11)
2. E’ interessante sottolineare che un altro ambito di ricerca e sperimentazione
congiunta impresa-università su cui potrebbero esservi maggiori spazi collaborativi
in futuro, è quello delle tecnologie dei materiali, ritenuto molto importante da diverse
36
aziende. Anche in tale ambito vi sono pareri favorevoli in relazione ad alcune
esperienze di collaborazione già avviate.
“Per quanto riguarda le altre tecnologie e anche i materiali ci si rivolge all’università. Noi siamo
appoggiati a due università: quella di Alessandria e poi siamo iscritti ad un centro di ricerca sui
materiali. Stiamo valutando l’iscrizione ad un'altra branca dell’ università di Padova che si sta
occupando di materiali.” (Azienda 6)
Ancora con un’università italiana:
“C’è molta attenzione sui trattamenti superficiali perchè i componenti devono superare prove
dell’ordine di milione di cicli. Tant’è vero che si sta parlando di un contratto con il politecnico di
Torino che stiamo facendo per il trattamento laser.” (Azienda 13).
Molte imprese hanno infatti sottolineato, a proposito di tecnologie che stanno
divenendo centrali, quella legata ai materiali e alla ricerca che la accompagna. Basti
leggere, a titolo esemplificativo, ciò che sostengono alcuni intervistati a riguardo:
“Eh, i materiali sono sempre lì […] Si vorrebbe sostituire, cominciare a sostituire qualche cosa, cioè
introdurre la materia plastica oltre che su parti che sono così, diciamo accessorie, introdurle su parti
un po’ più strutturali, un po’ più funzionali, cioè componenti di valvole, componenti proprio del
collettore centrale. Introdurre le materie plastiche per sostituire l’alluminio e l’acciaio… insomma
dove si può ecco… E’ un campo un po’ più inesplorato rispetto a quello dell’elettronica di controllo.”
(Azienda 17)
E con riferimento alla salvaguardia ambientale:
“Si è cominciato a comprendere quali sono le necessità dell’ambiente. La Cina ha prodotto pollution
smog in grandi quantità e ad oggi ha dei progetti molto più avanzati degli Stati Uniti da questo punto
di vista. Comunque, c’è una forte pressione anche dal punto di vista della coscienza di quelle che
sono le popolazioni. Di conseguenza si stanno riducendo sempre di più quelle che sono le materie o i
materiali dannosi, quali cromo esavalente che è già bandito, ridurre al massimo l’utilizzo di piombo.
Tutto ciò pone una serie di problemi tecnologici di ricerche, anche di base, dei materiali a livello
produttivo. Non tanto nella progettazione e nello sviluppo del prodotto a livello di idea concettuale di
ricerca e sviluppo, ma di realizzare lo stesso prodotto con materiali diversi… Quindi cercare di
ridurre il cromo che è stato ormai abbandonato. Sta a noi essere operativi anche se non siamo
direttamente noi a fare chimica, magari attraverso chi ci fornisce i materiali: possiamo stimolarli a
fare ricerca e così via.” (Azienda 10)
3. Un ulteriore asse collaborativo fra le imprese del distretto meccatronico e
l’università è quello relativo alla possibilità di avvalersi di collaborazioni temporanee
con giovani in procinto di laurearsi o neo-laureati in studi ingegneristici
(meccatronici, informatici, gestionali, ecc.). Sono molte le imprese, infatti, che hanno
dichiarato di accogliere stagisti per periodi di apprendimento on the job, giudicati
reciprocamente utili e spesso trasformati in collaborazioni stabili.
37
“Per quanto riguarda la parte motoristica attualmente si stanno facendo delle attività. Abbiamo
iniziato un percorso con il dipartimento di meccatronica di Modena e Reggio con un paio di progetti,
alcune collaborazioni tramite studenti in stage presso il nostro gruppo. Diciamo che siamo agli inizi
di una possibile positiva collaborazione anche per il futuro. Ad oggi l’esperienza è stata positiva per
entrambi.” (Azienda 9)
Un parere simile è espresso anche da un’altra impresa:
“Con l’ università di Modena e Reggio Emilia, con l’ università di Bologna, abbiamo parecchi
studenti che vengono a fare stage al nostro interno che poi vengono quasi sempre assunti.” (Azienda
2)
Tra gli intervistati, inoltre, c’è non solo chi giudica utile l’esperienza di accoglienza
di studenti universitari in stage (per evidenti motivi di convenienza economica), ma
anche chi sottolinea la necessità di rafforzare tale “prassi” come apporto di “energie
mentali e competenze fresche”. Così ad esempio il responsabile R&D di un’impresa:
“Noi abbiamo alcune collaborazioni con l’Università di Modena e Reggio. Da loro ho preso qui 2
stagisti,ma dopo non me ne hanno più mandati. E’ stato un peccato perché quando arrivano fanno 6
mesi, ma imparano tante cose e normalmente rimangono, però insomma, anche se non rimangono
secondo me è un’esperienza. Noi stiamo andando avanti… Io gradirei avere più stagisti, per me lo
stagista è una risorsa, cioè non solo ore a gratis, ma soprattutto la libertà di poter vagliare idee che
altrimenti rimangono idee. Noi abbiamo la prassi del Friday afternoon libero: se uno ha delle idee
può andare a fare delle prove, andare a vedere dei brevetti, lanciare delle idee, però poi da questa
cosa qui ci andrebbe fatto lo studio di fattibilità. Per dire, se avessi 10 stagisti, avrei lavoro per 10
stagisti per trovare nuove idee e mettiamo che su 100 uno va bene, si può creare un settore nuovo,
oppure uno su 20 un prodotto nuovo o un sottoprodotto. Secondo me fare 6 mesi, 1 anno di stage
dovrebbe essere d’obbligo; per l’azienda sarebbe un polmone di risorse a basso costo, ma soprattutto
quando uno è giovane ha la matematica fresca, riesce a esprimere il meglio di sé e riesce a dare
proprio quella freschezza… Un progettista, dopo che è in una azienda da 5, 6, 10 anni, è bravo, ha il
saper fare e quindi questo gli da più efficacia, però nella confusione, nel noviziato, ci sono sempre
quelle due o tre idee che chi è sempre lì da anni non ci ha pensato; secondo me dobbiamo dare
fiducia a questi giovani, lasciarli anche sbagliare perché si impara dagli errori.” (Azienda 14)
A fronte di giudizi, come si è visto, largamente positivi, sono emerse tuttavia alcune
valutazioni negative riassumibili sostanzialmente in due categorie di criticità:
1. la carenza da parte del mondo accademico locale e più in generale italiano
(paragonato a quello di altri paesi europei), di expertise scientifica (e quindi delle
relative figure professionali), sia pure limitatamente ad alcune aree disciplinari
ritenute comunque strategiche per la crescita economica e la competitività su scala
anche internazionale. Alcune imprese, ad esempio, lamentano la mancanza di
conoscenze approfondite e diffuse in campi quali le tecnologie dei materiali o sugli
studi di ottica o di visione artificiale.
In relazione a quello che le università dovrebbero offrire per contribuire alla crescita
di un distretto industriale, un’azienda sostiene:
38
“Matematica, fisica, meccanica spinta, tutte cose che qua nel territorio non ci sono… Però
prendendo persone abbastanza giovani, uno deve essere disposto a sacrificare qualche centinaia di
migliaia di euro su questi prototipi. Quindi c’è bisogno di ingegneri, fisici, esperti di robotica…
Secondo me qua la robotica è rimasta un po’ indietro: tutto quello che è navigazione assistita, droni
che si muovono in un ambiente, collaborano con altri, portano oggetti e così. La cultura è abbastanza
bassa, ma penso che comunque un ambiente industriale sia indispensabile farlo evolvere.” (Azienda
14)
Così insiste un altro intervistato:
“C’è moltissimo da fare perché i sistemi meccanici sono dei sistemi molto complessi e quindi per
poterli modellizzare su una cosa simulata ci vogliono tutti degli studi matematici di identificazione
matematica dei sistemi meccanici sui quali siamo molto indietro, non tanto teoricamente ma sono
applicate solo a macchia di leopardo. Magari andando in università inglesi hanno tutto invece qui in
queste università manca. Ho fatto una fatica tremenda a fare digerire a un ricercatore cos’è il
modello matematico di un motore e a farglielo mettere dentro al simulatore. Nonostante uno si aspetti
che un insegnante illustre qui da noi riesca a implementare studi fatti da altri non è così banale qua
da noi...” (Azienda 3)
2. La seconda area di criticità avvertita dalle imprese è la difficoltà di
“comunicazione” col mondo accademico e il rischio che la chiusura autoreferenziale
che le imprese attribuiscono all’Accademia, possa risultare alla fine un ostacolo allo
sviluppo di ulteriori collaborazioni.
“I nostri progetti prevedono, lo abbiamo già messo in conto, delle collaborazioni con università. E’
un qualcosa che vorrei approfondire [il rapporto con centri di ricerca ma soprattutto università]
anche se vedo due limiti fondamentali…e credo che siano anche piuttosto diffusi in Italia.. il primo è
sicuramente uno scarso legame storico tra università e il mondo aziendale. Il secondo è legato più a
questioni soggettive, ovvero il limitato numero di soggetti provenienti dall’ambito universitario
presenti nell’ambito di ambienti che decidono all’interno delle aziende così da non permettere il
contatto con le università non conoscendole. Sicuramente io vedo da parte nostra una voglia di
costruire una serie di rapporti stretti con università e con centri di ricerca (anche se qui la situazione
è ancora più complicata). Certo che, affinché questa voglia di collaborare abbia un significato, deve
essere gestita in maniera importante. Nel nostro interno ci deve essere una figura che diventa il
referente del progetto che si interfaccia con l’ente.” (Azienda 12)
“Da questo punto di vista, poiché le nostre sono applicazioni molto concrete e, viceversa,
l’Università si basa su lavori molto più teorici o di base, non è semplice il dialogo: io posso avere
un’esigenza però non trovo un corrispondente dall’altra parte che abbia interesse, al di là
dell’aspetto economico, per missione, di lavorare in quel settore. Se propongo a un professore
universitario una ricerca su di un semiconduttore, al di là del compenso, questo qui fa i salti di gioia
se gli offro un tema ‘astratto’. Se viceversa gli dico: ‘Guarda io ho un tagliaerba e vorrei tenerlo a
un’altezza costante da terra anche se trova un ostacolo o qualcosa d’altro, cioè quindi avere una
macchina che mi lavora in modo controllato, misurabile, certificabile, etc…’ è molto difficile che
riesca a incontrare interesse dall’altra parte perché sono mondi molto lontani ancora. Noi ci
sforziamo e sicuramente anche l’Università si sforza di venire incontro alle nostre esigenze, ma
sicuramente non c’è una cultura condivisa.” (Azienda. 4)
In relazione a questi due nodi critici segnalati in sede di intervista, sono emersi
trasversalmente altrettanti atteggiamenti distinti che caratterizzano le imprese. Il
39
primo, più diffuso, è quello mostrato da alcune aziende le quali, pur dichiarandosi
abbastanza perplesse ed esprimendo giudizi non ottimistici (per i motivi sopra
accennati) nei confronti delle partnership con le istituzioni accademiche, si mostrano
comunque ancora disponibili e, anzi, auspicano un maggiore interscambio di risorse
umane e tecnologiche.
“Mi va dato il merito che sto cercando di cambiare: spazio ai giovani con voglia di fare. In Italia
abbiamo lavorato un po’ con il Politecnico di Milano inizialmente, poi abbiamo tentato di lavorare
con l’Università di Parma. Sarebbero molto sinergici con noi, nel senso che all’università di Parma
lavorano già su un sistema di macchina automatica. Stiamo cercando di collaborare con le università
delle nostre zone perché sarebbe importante, anche perché questo è un modo per arrivare a contatto
con gli studenti migliori, perché onestamente la cosa più importante oggi ritengo che sia quella di
avere il capitale umano. La differenza uno la fa se riesce a trovare le persone giuste, ma trovare tutto
questo attraverso le università è molto difficile… Le università di Italia per i prossimi 10 anni non
sono in grado di darci un valore aggiunto in termini tecnologici. Però possiamo collaborare,
possiamo fare crescere delle persone che hanno delle basi importanti e che possono avere con noi un
futuro importante.” (Azienda 5)
Un secondo atteggiamento, decisamente più critico , ma anche più raro, evidenzia
una sfiducia netta nei confronti delle università e dei possibili vantaggi derivanti da
progetti svolti in collaborazione. Alcune imprese, infatti, hanno mostrato di ricorrere
solo raramente a enti universitari per lo sviluppo di nuovi prodotti o comunque per
progetti di ricerca. Con toni molto secchi esse sostengono che difficilmente
svilupperanno nuove collaborazioni.
“Ci siamo appoggiati anche a università, tipo il politecnico di Milano per vedere e analizzare
situazioni che sembrano banali ma che sono difficilissime da leggere, tipo quando si fanno
trattamenti con l’idrogeno nei materiali. Secondo me analizzare una rottura che è stata causata dalla
presenza di idrogeno - forse due o tre in Italia sono in grado di farlo. Sono cose sicuramente molto
sporadiche. Sono qui da nove anni ed è successo una volta . Comunque, tra un centro di ricerca
privato e l’università sento sicuramente più vicina quest’ultima. Il problema è che hanno bisogno di
dare molto e di ricevere molto e quindi questo incrociare di informazioni tra aziende e università o gli
diamo fiato o continuiamo a dircelo e a non farlo. Non è comunque con un intervento ogni nove anni
che si risolve il problema.” (Azienda 19)
C’è anche chi, a proposito di possibili collaborazioni con università, taglia corto e
mostra di non ritenere importante questo genere di partnership:
“Per quanto riguarda le risorse per ricerche e roba del genere abbiamo fatto dei progetti con
l’università di Modena e Reggio per esempio, però non è un rapporto assolutamente stabile. Poi
anche con l’università di Bologna, di Brescia ma senza dei contatti permanenti...” (Azienda15)
Enti Pubblici
Tra le tipologie di collaborazioni è stato chiesto alle imprese di indicare quelle con
enti pubblici (Amministrazioni locali, Comunità Europea, Enti datoriali, Reggio
40
Emilia Innovazione, Club Meccatronica, ecc.) e di esprimere il proprio parere
sull’efficacia strategica di questo tipo di partnerships.
L’indagine ha messo in luce che la maggior parte delle imprese del campione ha
attivato relazioni progettuali anche con enti locali e con R.E.I. (Reggio Emilia
Innovazione), traendone impressioni che sono risultate in generale positive.
Così sostiene un’azienda:
“Ritengo che Reggio Emilia Innovazione stia facendo un buon lavoro e che sia un’attività prolifica.
Nel nostro territorio ci sono una miriade di piccole aziende e questa sua funzione che è in parte di
collegamento mirato sia molto opportuna.” (Azienda 8)
E ancora:
“Beh, con Reggio Innovazione lavoriamo sempre e abbiamo anche finanziato l’acquisto di
attrezzature di produzione.” (Azienda 3)
“Poi facciamo parte del Club Meccatronica. In realtà non stiamo partecipando molto, pero facciamo
il possibile e magari avremo qualche frutto, riusciremo a creare qualcosa, non solo per noi , per il
club insomma, perché in fondo è sempre uno scambio. Attualmente altre collaborazioni - a parte gli
studi tecnici citati - altri nomi direi di no. Io conosco Reggio Emilia Innovazione perché il
responsabile partecipa al Club di meccatronica.” (Azienda11)
Per ciò che concerne più in particolare R.E.I., il Club Meccatronica e l’Associazione
degli Industriali, le imprese sostengono che andrebbero maggiormente potenziati i
contatti e le possibili collaborazioni, mostrandosi sensibili al tema dello sviluppo
integrato di un sistema distrettuale della meccatronica. Per contribuire a uno sviluppo
più rapido ed efficace della filiera meccatronica reggiana, molte imprese sostengono
che il ruolo di R.E.I., innanzitutto, e del Club della Meccatronica poi, siano centrali e
lo dicono sulla scorta di alcune esperienze già condotte in questi ultimi anni.
“Ecco con il club meccatronica, di cui noi facciamo parte adesso, stiamo sviluppando insieme le
ipotesi di un lavoro di ricerca in comune . Questo vuol dire che stiamo vedendo di individuare
un’attività di ricerca che abbia ricadute per aziende che svolgono attività simili. Anche questo è un
discorso interessante perché come Club Meccatronica si potrebbero organizzare attività di ricerca da
affidare ad università o a Reggio Innovazione… E i risultati della ricerca dovrebbero essere comuni
al gruppo, in modo che io uso i risultati nel mio prodotto, lui li usa nel suo prodotto…” (Azienda 7)
Quest’ultima affermazione, raccolta in sede di intervista, sostanzia il parere più
condiviso dalle imprese: la consapevolezza che sia necessario innalzare il livello
quali-quantitativo delle relazioni (oltre che tra le imprese del distretto, anche tra le
imprese e gli enti di sviluppo presenti sul territorio), per condividere costi e vantaggi
della ricerca e della sperimentazione innovativa.
Anche un’altra impresa ha espresso un punto di vista significativo in tal senso.
L’intervistato ha raccontato:
41
“Noi in questo momento di rapporti strutturati non ne abbiamo. E’ però vero, come le accennavo
all’inizio riguardo a quel progetto che era partito nell’ambito associazioni industriali reggiane, che
sono rimasto dispiaciuto che non sia stato possibile trovare un obiettivo comune che coinvolgesse
tutta la filiera, da chi produce il componente a chi produce la macchina. L’obiettivo doveva essere un
matrimonio ma non temporaneo; credo che la ricerca di questo obiettivo dovrebbe essere comune
alle aziende perchè senz’altro è un modo di valorizzare le proprie potenzialità. Credo che
nell’ambiente italiano ci sia una sfiducia di fondo nella collaborazione, quasi come che si voglia
copiare. Formazione delle persone, sinergie di rete commerciale, ci sono tante possibili dimension,
ma c’è timore nell’aprirsi agli altri componenti della propria business community. Dunque, credo che
gli enti territoriali dovrebbero valorizzare, mettere in comune attività, costi e progetti per poter
beneficiare di competenze e conoscenze senza lasciarli magari ristretti in ambiti che poi non
sbocceranno.” (Azienda 18)
Una nota negativa emerge in generale sullo scarso peso dato alle collaborazioni in
progetti e partenariati europei a causa della mancanza di figure interne competenti
nella gestione di questo specifico ambito di progetti e, soprattutto, per le modalità
burocratiche di accesso ai fondi messi a disposizione dalla Comunità Europea (ad es.
il VII Programma quadro), giudicati eccessivamente complicati, onerosi e quindi
poco convenienti.
Racconta un’impresa:
“Da questo punto di vista, la volontà di partecipare ci sarebbe, diventa però abbastanza o
particolarmente oneroso gestire un progetto così grande, quindi non fare la pedina, ma essere
partner di un buon livello e impostare i lavori come serve, ovvero con gli obiettivi che possono essere
di nostro interesse; partecipare come partner solo per dire di aver partecipato a un progetto non ci
interessa. Le risorse, nonostante i numeri che dicevo, sono limitate per il carico di lavoro che
abbiamo, quindi disperderle in cose che non ci portano a dei risultati diventa controproducente da
tutti i punti di vista. L’interesse ci sarebbe, sicuramente potrebbero nascere delle idee nuove, in
ambito Europeo intendo, quindi progetti con diverse Nazioni, con diverse aziende, etc. però non
abbiamo ancora visto una possibilità reale.” (Azienda 4)
Con riferimento ancora alla lungaggine di certe prassi, conferma un’altra impresa:
“Niente, noi non abbiamo mai tentato, lo faremo forse in futuro, però siamo andati molto di corsa e
non ci siamo mai soffermati. Adesso questa persona che mi segue le cosa in Germania mi ha detto:
‘Guarda che potremmo avere anche dei finanziamenti, però la burocrazia è sempre burocrazia anche
in Europa’. Noi ci lamentiamo della burocrazia in Italia… Con questi finanziamenti [europei]sembra
che sia più importante dimostrare quello che farai piuttosto che quello che hai fatto e oggi bisogna
essere veloci a fare le cose… Alla fine ho visto questi bandi, richiedono 6 mesi, devi prepararti, devi
dimostrare, inoltre, che farai. Invece, spesso in 6 mesi un’idea nasce, si sviluppa e in altri sei mesi
l’hai creata. Non si può perdere così tanto tempo per dover fare una pratica. Ci lamentiamo
dell’Italia, ma ho visto che anche in Europa ...” (Azienda 5)
“Gli Europei [fondi europei] sono inaccessibili. Sostanzialmente richiedono sforzi incredibili, poi
probabilmente noi abbiamo uno scopo di interesse che sono convinto che dal punto di vista della
Comunità Europea venga considerato banale. Quindi non abbiamo quella quota di interesse che
possa dar luogo a un’erogazione di finanziamento, cioè la Comunità Europea quando richiede un
progetto vuole che ci sia una quota innovativa ... Probabilmente andare sulla luna non è una cosa
innovativa, quindi è molto difficile fare qualche cosa.” (Azienda 15)
42
C’è infine una testimonianza raccolta dall’intervista a un imprenditore che riteniamo
utile riportare in forma estesa. Essa, infatti, riassume bene la concezione che molte
imprese hanno del ruolo del ”pubblico” rispetto alle esigenze del mondo
imprenditoriale:
“Le faccio un esempio: noi creeremo una struttura di R&D, adesso faremo uno stabile dove queste
persone di R&D lavoreranno in una sola struttura dove creeremo una mostra permanente dei nostri
prodotti dove queste persone miglioreranno il prodotto, faranno ricerca, ma sarà anche una specie di
open house continuo per i nostri clienti perché è meno disturbante quello piuttosto che portarli in
azienda. Nascerà qua, è un investimento solo per la ricerca, non lo useremo per la produzione o per
altro, così da avere un punto dove lavorare e potere anche portare i nostri clienti a vedere certe
cose. Poter avere aiuto in queste cose sarebbe importante, ma non ti finanzia nessuno queste cose, le
devi finanziare come azienda. Io non mi aspetto aiuti da nessuno, io mi aspetterei dallo stato, non
aiuti, ma strade, dovrebbe esserci meno burocrazia e più velocità per permessi e licenze. Questo è il
mio lavoro, io faccio l’imprenditore, devo avere i mezzi e le energie per investire e per crescere e se
non ho i capitali devo trovarli, e non aspettare gli altri che me li diano. Personalmente non credo in
queste cose, credo che ognuno di noi debba fare bene il proprio lavoro. Lo stato deve essere meno
burocrate e più efficiente: dovrebbe fare gli asili per i dipendenti che vengono a lavorare qua, non mi
interessa se mi da 200.000 euro all’anno di ricerca. Mi fa degli asili dove le persone possono mettere
i figli per 6 ore e venire a lavorare, quello è importante. Questo è un problema, non quello dei soldi
che ti danno dopo tanta burocrazia, mi costa il doppio la persona valida che mi sta a casa o che deve
accettare un lavoro più di routine anche se ha le capacità, questo è, secondo me, il problema palese
che deve risolvere lo stato, ma non gli altri… Secondo me andiamo a cercare il problema dove non
c’è.” (Azienda 5)
Settore privato: aziende e altri centri di ricerca
Coerentemente con quanto esposto in precedenza, il tema delle collaborazioni tra
imprese fornisce spunti analitici importanti per capire il grado di integrazione e di
coesione del distretto meccatronico: la capacità delle imprese del comparto di dare
origine a un vero e proprio sistema produttivo locale.
Un dato da sottolineare è che molte imprese intervistate hanno affermato
(diversamente da quello che emerge dal precedente rapporto quantitativo) di avere
rapporti di collaborazione con altre imprese, sia pure concorrenti, delineando in tal
modo una rete di rapporti interaziendali mirante alla progettazione comune di
componenti/prodotti, sovente su commessa, di un cliente comune. Si tratta, spesso, di
collaborazioni che le imprese giudicano necessarie per (1) massimizzare i vantaggi
derivanti dalla ricerca comune di soluzioni tecnologiche e produttive e (2) per
suddividere e contenere i costi.
“Noi da sempre abbiamo privilegiato le collaborazioni, che possono essere con enti, università,
scuole (istituti tecnici), ma anche potenziali competitors . Nel senso che io ho sempre cercato
collaborazioni con aziende che fanno più o meno quello che facciamo noi anche perché ci sono
aziende che toccano settori diversi da quelli di cui ci occupiamo noi e quindi sarebbe utile
collaborare. Quindi già noi collaboriamo con aziende nostri potenziali concorrenti cercando di darci
una mano a vicenda con scambio di tecnologia e persone oppure per cercare di risolvere insieme
problematiche di un cliente in comune.” (Azienda 8)
43
“Abbiamo sviluppato progetti in comune, per esempio uno insieme anche ad altre aziende (in
particolare X e Y), quindi è stata fatta anche una associazione temporanea di impresa. Era un
progetto finanziato dalla regione Emilia Romagna, ma quando non si ha l’obiettivo di guadagnare
dei soldi o comunque di pagarci per arrivare a un determinato sviluppo, l’obiettivo è quello di
stimolare e dare un avvio a una università che comunque è giovane, senza una gran sede e di fatto
senza grandi potenzialità…” (Azienda 10)
Da osservare poi che, in qualche caso, le relazioni tra aziende si configurano
semplicemente come rapporti commerciali di fornitura .
“Un altro esempio eventualmente potrebbe essere la possibilità di investire nella componentistica
idraulica. Oggi abbiamo distributori, abbiamo valvole che sono configurate in un certo modo, ovvero
all’ interno di questi componenti. Abbiamo per esempio una grossa parte di meccanica. Quello che si
voleva eventualmente fare è cercare di spostare questa parte di meccanica che è all’interno - per
esempio di queste valvole, distributori che sono nel gruppo idraulico - andando a mettere sensori che
ci consentano di utilizzare gli stessi oggetti con una migliore stabilità. Quindi la nostra azienda, che è
in contatto con fornitori, sta implementando quest’altra possibilità, di ottenere oggetti che a
macchina calda o macchina fredda ci diano sempre comunque una costanza a livello di prestazione.
Questo è un qualche cosa di estremamente importante” (Azienda 2)
Anche se si è riscontrato il ricorso a collaborazioni con imprese, da un punto di vista
più qualitativo ciò che caratterizza il comportamento di molte aziende è la prudenza,
ovvero un atteggiamento di diffidenza nei confronti di potenziali concorrenti,
considerati spesso competitors e non possibili partners. Ciò porta sovente le imprese
più intraprendenti a cercare partnership al di fuori dei confini regionali e nazionali.
“Non è semplice.. Allora collaborare con il cliente è quasi naturale, entrambi si vuole raggiungere un
risultato che sia di soddisfazione. Collaborare con altre imprese, che possono essere concorrenti, nel
senso che producono prodotti simili, o di altri settori, e che hanno quindi dei settori specifici (il
settore dei magazzini automatici piuttosto che motori)… Conciliare le esigenze di tutti o di entrambi
per arrivare a definire un progetto che possa dare soddisfazione ad entrambi è molto complesso se
non c’è una cordata di aziende che hanno un obiettivo finale unico e si rischia di arrivare a qualcosa
che se va bene. Se va bene a uno, se va male va male per tutti…” (Azienda 4)
“Una delle aziende con cui lavoriamo ha un centro di ricerche in Germania che però deve lavorare
anche per altri settori. L’Università di Goteborg mi ha detto: ‘Si, va bene, il laser voi l’utilizzate per
applicazioni industriali, poi c’era l’ASEA che lo utilizzava per la navigazione portuale, nei porti con
la nebbia così è nato un progetto in cui c’era un pool di aziende che avevano interessi comuni a uno
strumento per applicazioni diverse. E’ li che nasce la sinergia. Io a Reggio sto cercando di trovare i
progetti comuni… cosa si potrebbe fare? Io sto perdendo tempo, ma almeno faccio un po’ di cultura,
bisogna cambiare la mentalità alla gente. Mi sono un po’ demoralizzato perché di solito sono
abituato a lavorare con gente diversa…” (Azienda 5)
Tali affermazioni sono indicatori significativi di un’integrazione sinergica del
distretto meccatronico ancora incompleta.
Per ciò che concerne i centri privati di ricerca, le collaborazioni dichiarate dalle
imprese reggiane sono meno numerose, a eccezione di alcuni grandi gruppi che
affermano di ricorrere a questo tipo di partnership principalmente con società
44
straniere. Tra i centri italiani di ricerca il più citato è il Centro di Ricerche FIAT
(CRF) di Torino.
“Per esempio vedo la Germania. In Germania esiste l’Istituto Fraunhofer che in realtà sono 500
istituti diversi sparsi per tutta la Germania che realizzano cose concrete e offrono una consulenza
industriale su temi di fabbisogno del mercato, non di quello che potrebbe essere tra 50 anni. In Italia
questo concetto non esiste proprio. Credo che anche in Inghilterra esista qualcosa di simile, magari
perché ci sono i cluster, dalle fusioni tra Università e Imprese nascono delle start-up e cose specifiche
orientate all’industria, in qualche modo il mondo industriale ne beneficia di questi aspetti. In Italia è
più difficile, esiste il Centro Ricerche Fiat che è un istituto che collabora, però sostanzialmente per il
mondo dell’auto, ed esistono altri due o tre istituti che hanno come missione quella di collaborare
con l’industria, tutti gli altri rimangono a un livello diverso.” (Azienda 4)
“Come collaborazioni di centri di ricerca privati ci interessano centri prova-materiali. Abbiamo
lavorato con soddisfazione con il Centro Ricerche Fiat e stiamo lavorando con altri centri in
Germani per delle prove laser. In Italia c’è veramente poco come centri di ricerca…” (Azienda 13)
Alcune aziende esprimono nei riguardi dei centri privati di ricerca la stessa
diffidenza per le collaborazioni con altre imprese; come ad esempio questo
intervistato:
“Sono studi tecnici specializzati anche nelle macchine utensili ... Alla fine gli studi tecnici esterni
sono utili e pericolosi allo stesso tempo perché collaborano anche per concorrenti quindi alla fine
rimescolano un po’ le carte. Portano qualche novità a noi e ne rubano qualcuna, ma questo fa parte
del gioco e lo sanno tutti…” (Azienda 11)
La tabella 4.1 riassume le percezioni dei nostri informatori riguardo i punti di forza e
di debolezza delle diverse tipologie di relazioni inter-organizzative attivate dalle loro
aziende.
45
Tabella 4.1 Schema riepilogativo dei punti di forza e debolezza percepiti dalle aziende sulle
collaborazioni
Partner
Punti di forza della
collaborazione
Punti di debolezza della
collaborazione
Università
1. Usufruire di competenze
tecnico-scientifiche non
presenti in azienda
2. Accoglienza di laureandilaureati da inserire in azienda
Enti Pubblici
1. Collegamento tra imprese e
istituzioni del territorio
2. Promozione della crescita di
tutta la filiera meccatronica
3. Possibilità di finanziamenti
in progetti di ricerca e sviluppo
Altre Imprese
1. Co-progettazione e
realizzazione di prodotti a
minor rischio e maggior
economicità
2. Scambio di expertise e
trasferimenti tecnologici come
veicolo di innovazione
3. Carattere internazionale dei
partner
1. Possibilità di
approvvigionarsi di know-how
come alternativa alle università
2. Competenze teorico-pratiche
di alto livello
Centri di Ricerca
Privati
46
1. difficoltà di collaborazioni in
aree disciplinari specifiche
(ottica, visione artificiale,
progettazione informatica,
materiali)
2. eterogeneità mondo
accademico/mondo
imprenditoriale e difficoltà di
dialogo
1. Capacità di creare sinergia a
livello di intero distretto ancora
bassa
2. Eccessiva burocrazia e
onerosità dei canali di accesso a
finanziamenti
Incidenza sul
totale
collaborazioni
ALTA
BASSA
1. Diffidenza nel collaborare con
imprese concorrenti
2. Collaborazioni occasionali, e
non strategiche, su singole
commesse
MEDIA
1. Onerosità dei centri privati di
ricerca
2. Scarsa offerta di centri di
ricerca per collaborazioni
MEDIA
47
Osservazioni conclusive
Obiettivo di questa ricerca è stato raccogliere e sintetizzare le percezioni di un
gruppo di imprese meccatroniche eccellenti relativamente ad alcuni temi ritenuti
salienti per lo sviluppo e la sostenibilità del distretto reggiano: il significato di
meccatronica, le strutture organizzative e le fonti dell’innovazione, le tecnologie
critiche (attuali ed emergenti) e le collaborazioni inter-organizzative.
I principali spunti di riflessioni per le imprese e per gli altri attori del territorio
interessati allo sviluppo del distretto sono riconducibili ai seguenti 3 punti.
1. Il fabbisogno di conoscenza meccatronica. Le imprese intervistate sono
consapevoli della distinzione fra conoscenze meccatroniche e conoscenze derivanti
da un più semplice ‘affiancamento’ delle singole aree disciplinari costituenti.
L’enfasi circa i fabbisogni tecnologici futuri è infatti sullo sviluppo delle capacità di
progettazione meccatronica in senso stretto piuttosto che sulle tradizionali e separate
conoscenze di meccanica, informatica, elettronica, elettrica e automazione.
Nonostante la condivisione della definizione di meccatronica, rimane aperto il
quesito di come favorire i processi di integrazione tra discipline diverse e di quale sia
il livello principale ove tale integrazione dovrà avvenire (individuo, organizzazione,
distretto). In altri termini ci si può domandare se l’attributo ‘meccatronico’
appartenga prevalentemente: a) ai singoli individui - ingegneri con formazione
multidisciplinare che progettano in chiave meccatronica, b) alle singole
organizzazioni - che integrano le conoscenze di ingegneri specialistici (meccanici,
elettronici, controllisti, informatici,…), c) al distretto – che mette in rete integrandole
aziende con prodotti, servizi e competenze eterogenei.
2. Difficoltà nella gestione della conoscenza meccatronica. E’ ben noto che il
trasferimento di conoscenza e lo sviluppo dell’innovazione in un’area industriale
sono condizionati dalle infrastrutture del territorio (progettate ed emergenti) e dalla
cultura della collaborazione inter-organizzativa. L’analisi svolta ha posto in luce
alcune criticità nel distretto della meccatronica reggiana.
Alcune aziende lamentano la carenza di risorse umane qualificate, in particolare di
ingegneri con ruolo tecnico (ad esempio, una delle imprese intervistate ha dichiarato
di approvvigionarsi di competenze tecniche di progettazione nell’est europeo
attraverso pratiche di offshoring) . Si aggiunga a questo che la piccola impresa è
generalmente poco attrattiva nei confronti di professionalità eccellenti.
Un secondo punto riguarda le difficoltà di avvantaggiarsi di risorse finanziarie
finalizzate alla ricerca, da ricondurre in maggior misura alle complesse procedure di
richiesta, monitoraggio e rendicontazione dei progetti, procedure che disincentivano
la stessa azione di richiesta (ad esempio, alcune imprese hanno dichiarato di
rinunciare alle opportunità europee di finanziamento per non dovere istituire figure
specifiche da dedicare all’attività richieste dai bandi).
48
Un ulteriore punto riguarda le percezioni a volte distorte che le imprese hanno
sull’offerta di conoscenza e tecnologia nel territorio reggiano e, più in generale, in
Italia. Ad esempio un’impresa ha lamentato la mancanza sul territorio di competenze
sulla visione artificiale, presenti invece all’interno del dipartimento di Scienze e
Metodi dell’Ingegneria. Questo fenomeno di insufficiente consapevolezza potrebbe
essere attenuato dall’arricchimento dei portali istituzionali a disposizione delle
imprese.
3. Le collaborazioni come elemento critico per lo sviluppo dell’innovazione nel
territorio. Nonostante le aziende riconoscano l’importanza delle collaborazioni interorganizzative per lo sviluppo dell’innovazione, molti degli intervistati hanno
sottolineato che i progetti ricerca inter-organizzativi sul territorio (tra università,
laboratori, imprese,…) sono ancora in numero insufficiente e inadeguati alle
esigenze delle parti coinvolte.
La forma organizzativa attraverso la quale promuovere e poi gestire i progetti di
ricerca e di trasferimento tecnologico assume dunque particolare importanza. Può
essere utile qui riportare un esempio di modalità di collaborazione tra imprese e
Università in Germania ritenuta particolarmente soddisfacente da entrambe le parti.
Si tratta di “organizzazioni temporanee di progetto miste” alle quali partecipano in
modo significativo sia risorse dell’Università (una pluralità di studenti e professori),
sia membri dell’impresa interessata al progetto. Si realizza infatti in tal modo uno
scambio positivo per tutti gli attori: l’impresa consegue il vantaggio di usufruire di
alta professionalità (professori) e di risorse di progetto fortemente motivate e a costi
più bassi di quelli di mercato (studenti), mentre l’Università, oltre che a ricevere
compensi economici, arricchisce e aggiorna le proprie competenze, forma eccellenti
capacità professionali nei propri studenti e sviluppa solide relazioni con l’impresa
(social capital), realizzando in tal modo la premessa per progetti futuri e per il
proprio prestigio sul territorio. Attraverso tali organizzazioni temporanee miste - così
diverse dal tipico servizio di consulenza che si concretizza spesso in un’azione
indipendente del consulente che consegna al termine del lavoro il proprio “prodotto”
(accade così per molte convenzioni universitarie) - gli obiettivi, le modalità di
realizzazione e le fasi di implementazione dei progetti tedeschi si sviluppano
attraverso una forte cooperazione fra tutti i membri del team, dunque all’interno di
un vero e proprio processo di coevoluzione che costituisce l’essenza del
trasferimento tecnologico.
Riteniamo che l’adozione di nuove forme organizzative per lo sviluppo della
collaborazione, nonché un potenziato sforzo di coordinamento da parte degli enti
territoriali per sviluppare iniziative di interesse per una molteplicità di attori, siano
un requisito importante per la crescita del distretto della meccatronica. Il distretto,
infatti, sembra attualmente più un insieme di imprese omogenee, ma autonome, che
non un sistema di imprese a rete densamente connesse da collaborazioni e progetti
comuni. La mancanza, dichiarata dalle stesse imprese intervistate, di economie di
scala e di collaborazioni intense fanno dunque ritenere che le potenzialità
49
dell’appartenenza a un distretto non siano state pienamente sfruttate. Gli sforzi di
policy territoriali dovrebbero conseguentemente essere indirizzati a colmare tali
lacune.
50
51
Appendice: Le tecnologie meccatroniche emergenti
In questa appendice vengono illustrate le principali aree tecnologiche meccatroniche
emergenti negli studi e ricerche internazionali. Per ciascuna area tecnologica alcuni
membri del Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria dell’Università di
Modena e Reggio Emilia hanno dettagliato i temi di frontiera e la ricerca da loro
svolta.
I materiali meccatronici
Una tecnologia emergente, entro la disciplina della Costruzione di Macchine, è
rappresentata dai materiali meccatronici. Questi materiali sono in grado di cambiare
vistosamente le proprie caratteristiche reologiche (forma, rigidezza, viscosità) se
sottoposti a uno stimolo fisico (campo termico, campo elettrico, campo magnetico,
etc.). Lo stimolo fisico può provenire dall’ambiente esterno (funzionamento come
sensore o sensore/attuatore) oppure essere prodotto da una alimentazione controllata,
spesso di natura elettrica (funzionamento come attuatore). Si individuano tre
principali categorie: fluidi magnetoreologici, leghe a memoria di forma e polimeri
elettroattivi (vedi Figura A.1).
I fluidi magnetoreologici sono fluidi che solidificano, reversibilmente, se sottoposti a
un campo magnetico. Il comportamento sotto l’azione del campo è rigido-plastico,
con limite plastico proporzionale al campo applicato.
Le leghe a memoria di forma sono composti intermetallici binari (es. Nichel e
Titanio) che cambiano rapidamente la propria struttura cristallina se portati al di
sopra di una temperatura critica. Nello stato trasformato, la loro rigidezza elastica
aumenta ed essi tendono a riprendere una forma originaria “memorizzata”
cristallinamente.
I polimeri elettroattivi sono plastiche (acriliche) o elastomeri (siliconi) capaci di
dilatarsi se sottoposti a un campo elettrico. Le dilatazioni raggiungono agevolmente
valori del 500% e oltre.
I materiali meccatronici si prestano alla costruzione di dispositivi allo stato solido
silenziosi, controllabili elettronicamente, muniti di bassa inerzia meccanica e dotati
di buona leggerezza e compattezza in rapporto alle forze esercitate.
Il gruppo di ricerca di Costruzione di Macchine del Dipartimento di Scienze e
Metodi dell’Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio Emilia ha dato vita al
Laboratorio per i Materiali Meccatronici (LAMM), coordinato dal Prof. Eugenio
Dragoni. Il laboratorio studia attualmente tutte e tre le categorie di materiali
precedentemente illustrate.
Attraverso il LAMM, il gruppo di Costruzione di Macchine si propone come centro
di competenza per lo studio delle proprietà ingegneristiche dei materiali meccatronici
52
e per lo sviluppo di dispositivi basati sull’impiego di materiali meccatronici.
Obiettivi delle attività scientifiche di LAMM sono l’allestimento di apparecchiature
per la caratterizzazione dei materiali, finalizzata alla progettazione di dispositivi, e la
costruzione di dimostratori prototipali funzionanti, controllati elettronicamente. I
dimostratori in corso di sviluppo sono:
- smorzatori attivi per alte e basse frequenze, basati su fluidi magnetoreologici;
- attuatori angolari ad alta coppia e basso ingombro, basati su leghe a memoria
di forma;
- attuatori binari per applicazioni robotiche, basati su polimeri elettroattivi.
Parallelamente allo svolgimento delle attività di carattere scientifico, il LAMM offre
da subito servizi di consulenza per l’industrializzazione di dispositivi meccatronici
basati su questi nuovi materiali. Presso il laboratorio sono presenti competenze,
strumenti software ed apparecchiature per la progettazione integrata, la simulazione
numerica, la prototipazione rapida ed infine il collaudo dei dispositivi dal punto di
vista meccanico ed elettronico. Collaborazioni già avviate tra LAMM ed aziende
della Regione riguardano applicazioni dei materiali meccatronici nel settore
autoveicolistico.
Due recenti progetti di ricerca hanno riguardato, ad esempio, in un caso la
progettazione e lo sviluppo di un attuatore lineare, basato su molle a memoria di
forma, per il sistema di aspirazione di un motore a combustione interna, nell’altro lo
sviluppo di un indicatore del livello carburante basato su fili a memoria di forma.
Altri dimostratori di vario tipo sono disponibili presso il Laboratorio.
53
A) FLUIDI MAGNETOREOLOGICI
Forza (N)
Campo MAX
Campo MEDIO
Campo NULLO
Corsa (mm)
B) LEGHE A MEMORIA DI FORMA
C) POLIMERI ELETTROATTIVI
Campo OFF
Campo ON
Figura A.1: Esempi di materiali meccatronica: A) Fluidi magnetereologici; B)Leghe a memoria di
forma; C) Polimeri elettroattivi
54
Automazione, Robotica e Sistemi di Controllo
I controlli automatici costituiscono la base operativa delle applicazioni
meccatroniche. Infatti l’unione della meccanica e della elettronica è resa possibile
dalle metodologie e tecnologie di controllo elettronico di parti meccaniche che sono
trattate dalla disciplina dei controlli automatici.
In particolare sono rilevanti gli studi effettuati sulla metodologia per ottimizzare le
prestazioni del controllo in base alle caratteristiche del sistema meccanico da
controllare. La metodologia prevede lo sviluppo di un modello matematico del
sistema in esame, che viene utilizzato per la definizione di un sistema di controllo
efficiente e quindi per la simulazione della soluzione di controllo complessiva. Il
modello matematico può essere utilizzato anche per diagnosticare eventuali guasti e
malfunzionamenti del sistema controllato, anche in forma preventiva (quando cioè il
guasto non si e’ ancora verificato, e quindi la macchina non si e’ ancora fermata in
modo catastrofico).
Il sistema di controllo è quindi sviluppato in codice eseguibile dal calcolatore di
processo, tipicamente un microcontrollore o un PLC, da cui le problematiche
associate allo sviluppo di un codice efficiente, conforme alle specifiche normative
sulla sicurezza delle macchine e facilmente riutilizzabile. In questo settore vi sono
studi approfonditi sulla ingegneria del software applicata ai sistemi di controllo, che
spazia da tecniche efficienti per lo sviluppo di software di controllo mediante
macchine a stati a verifica formale delle specifiche e generazione automatica di
codice.
La ricerca applicata in questo settore è molto attiva. Nel Dipartimento di Scienze e
Metodi dell’Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio Emilia è attivo il gruppo
di ricerca in Automazione, Robotica e Sistemi di controllo che si occupa di condurre
ricerche di base e applicate, in particolare in collaborazione con aziende, sulla
tecnologia e metodologia dei controlli automatici. Tra i casi di studio più
significativi, sviluppati in collaborazione con grandi aziende del territorio, possiamo
citare:
- Modellistica e controllo “Object Oriented” di sistemi meccatronici. In
questa ricerca è stato sviluppato un metodo per il progetto integrato e
modulare di un sistema di controllo per una macchina automatica.
- Diagnosi predittiva di un azionamento meccatronico. Questa ricerca ha
trattato il problema di individuare e diagnosticare un guasto nella parte
meccanica di un azionamento meccatronico per una macchina automatica
prima che gli effetti del guasto diventino disastrosi per il corretto
funzionamento del sistema.
- Modellistica, Controllo e Simulazione di Linee di Produzione per
l’Industria Manifatturiera. In questa ricerca sono stati sviluppati modelli
analitici e simulativi per il controllo e l’ottimizzazione di linee di
produzione.
55
-
-
Pianificazione ed ottimizzazione dei percorsi di Robot Mobili. In questa
ricerca e’ stato sviluppato una metodologia per la pianificazione di
traiettorie per robot mobili in presenza di possibili interferenze reciproche
tra i veivoli autonomi.
Sviluppo di un sistema di controllo distribuito per Trattrici Agricole su
protocollo ISOBUS. In questa ricerca e’ stato implementato un sistema di
controllo distribuito in tecnologia ISOBUS.
56
Attuatori e azionamenti
1. Attuatori Direct Drive
La movimentazione di un carico meccanico viene comunemente effettuata attraverso
un azionamento, ovvero dal complesso dei sistemi atti a produrre il moto,
mantenendo controllate, in ogni istante, le grandezze meccaniche di interesse. Ogni
azionamento comprende un organo di potenza, denominato attuatore, capace di
produrre il lavoro meccanico, un sistema di trasmissione del moto, ed un sistema di
alimentazione e di controllo elettronico. L’attuatore può essere idraulico, pneumatico
ed elettrico. Il sistema di trasmissione del moto comprende i leveraggi necessari per
ottenere il tipo di moto desiderato ed eventuali riduttori che servono a variare il
rapporto coppia velocità.
La tendenza è quella di sostituire, qualora possibile, gli attuatori pneumatici ed
idraulici con quelli elettrici al fine di massimizzare le prestazioni dinamiche ed il
rendimento energetico. L’innovazione tecnologica più interessante è rappresentata da
attuatori che consentano un accoppiamento diretto con il carico, ovvero direct drive.
Gli attuatori di tipo direct drive consentirebbero di eliminare la trasmissione
meccanica, e quindi di aumentare l’affidabilità.
Azionamenti direct drive si possono ottenere sviluppando attuatori in grado di fornire
coppie elevate in grandi intervalli di velocità e con l’ausilio di un opportuno sistema
di controllo e di alimentazione.
Esempi in tal senso, realizzati attraverso la collaborazione tra il Dipartimento di
Scienze e Metodi dell’Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio Emilia e
imprese del territorio, sono generatori sincroni per wind farm senza riduttori
meccanici e un robot direct drive per applicazioni pick-and-place.
2. Azionamenti Fault-tolerant
L’evoluzione degli azionamenti elettrici negli ultimi anni è stata fortemente stimolata
e influenzata dall’integrazione di elettronica di potenza e di algoritmi di controllo
all’interno dei sistemi elettromeccanici.
Gli effetti principali di questa integrazione sono:
- aumento delle prestazioni;
- diminuzione dell’affidabilità.
L’aumento di prestazioni in termini di risposta dinamica e di precisione di
regolazione delle grandezze meccaniche è conseguenza diretta della disponibilità di
sistemi di controllo evoluti. D’altra parte, la presenza di dispositivi elettronici di
segnale e di potenza all’interno dell’azionamento ha ridotto la robustezza e la
tolleranza ai guasti delle macchine elettriche.
In particolare negli azionamenti moderni vi sono due principali problemi:
57
-
limitata affidabilità del convertitore elettronico che alimenta la macchine e
del sistema di controllo;
- aumentata usura della macchina a causa di forme d’onda impulsate
(switching), ormai standard de facto per gli azionamenti moderni.
L’alimentazione switching ha un influenza diretta sulle caratteristiche
elettriche (isolamento, barre) e meccaniche (vibrazioni, rumore, cuscinetti)
della macchina.
Il panorama degli azionamenti elettrici si trova quindi ad una svolta epocale in cui da
una parte si aprono scenari e ambiti applicativi nuovi in cui l’aumento di prestazioni
e il ridotto impatto ambientale può favorire la sostituzione di azionamenti
oleodinamici o a combustione interna con azionamenti elettrici; d’altra parte in molti
settori applicativi questa sostituzione è limitata o ritardata dai problemi di affidabilità
e di taglia degli azionamenti elettrici disponibili sul mercato.
L’innovazione tecnologia più interessante è la ricerca di soluzioni integrate ad
elevata affidabilità e intrinseca tolleranza ai guasti con particolare riferimento alle
taglie medio-grandi.
Tale risultato può essere ottenuto esplorando quattro direzioni principali:
- miglioramento della tecnologia dei dispositivi elettronici, per ottenere
componenti con elevate tensioni/correnti nominali;
- nuove strutture di convertitori e nuove tecniche di modulazione;
- nuovi attuatori elettrici con intrinseca ed elevata tolleranza ai guasti
(macchine multi-fase);
- tecniche diagnostiche integrate per aumentare l’affidabilità degli azionamenti.
Esempi in tal senso sono azionamenti basati su motori elettrici multifase con sistemi
di diagnostica di guasti elettrici e meccanici integrati (realizzato dal Dipartimento di
Scienze e Metodi dell’Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio Emilia in
collaborazione con Università di Parma e Università di Padova).
58
Elettronica
Le tecnologie elettroniche sono oggi il fattore abilitante per nuove soluzioni
progettuali. I circuiti integrati e l’elettronica in generale sono così pervasivi che
diventa quasi impossibile pensare ad un nuovo prodotto che non contenga almeno un
componente elettronico, semplice o complesso.
Il componente elettronico è una scheda che contiene almeno un circuito integrato.
I circuiti integrati sono basati sulla tecnologia del silicio e sono sicuramente uno dei
driver più importanti per quanto riguarda la ricerca e l’innovazione.
Il mercato dei semiconduttori è globale con profitti per quasi 300.000 milioni di
dollari. Le tabelle 1 e 2 mostrano i primi 20 fornitori al mondo di semiconduttori e
una stima dei ricavi (2007) generati dal settore.
Tabella A.1: La graduatoria dei primi 20 produttori di semi-conduttori nel 2007 (Fonte: iSuppli,
2007)
Graduatoria
Ricavi (M$)
2006
2007
%
cambiam
ento
31.542
19.842
10.141
12.600
9.854
7.865
7.900
5.129
5.874
5.119
7.506
4.529
5.601
5.988
5.247
5.413
4.022
3.527
3.668
3.341
164.708
95.513
33.973
20.137
12.590
12.172
9.991
9.614
8.137
8.040
6.038
5.864
5.792
5.603
5.555
5.349
4.943
4.186
3.946
3.836
3.731
3.584
173.081
97.849
7,7%
1,5%
24,1%
-3,4%
1,4%
22,2%
3,0%
56,8%
2,8%
14,6%
-22,8%
23,7%
-0,8%
-10,7%
-5,8%
-22,7%
-1,9%
8,8%
1,7%
7,3%
5,1%
2,4%
12,5%
7,4%
4,6%
4,5%
3,7%
3,5%
3,0%
3,0%
2,2%
2,2%
2,1%
2,1%
2,1%
2,0%
1,8%
1,5%
1,5%
1,4%
1,4%
1,3%
63,9%
36,1%
260.221
270.930
4,1%
100,0%
Nome Impresa
2006
2007
1
2
4
3
5
7
6
14
10
15
8
16
11
9
13
12
17
19
18
20
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
Intel
Samsung Electronics
Toshiba
Texas Instruments
STMicroelectronics
Hynix
Renesas Technology
Sony
NXP
Infineon Technologies
Advanced Micro Devices
Qualcomm
NEC Electronics
Freescale Semiconductor
Micron Technology
Qimonda
Matsushita Electric
Elpida Memory
Broadcom
Sharp Electronics
Ricavi cumulati delle Top 20
Ricavi cumulati delle altre
imprese
Totale ricavi settore
semiconduttori
59
% sul
totale
ricavi
%
cumula
ta
12,5%
20,0%
24,6%
29,1%
32,8%
36,3%
39,4%
42,3%
44,5%
46,7%
48,8%
50,9%
53,0%
54,9%
56,8%
58,3%
59,8%
61,2%
62,6%
63,9%
Tabella A.2: Stima della suddivisione dei ricavi generati dal settore dei semiconduttori nel 2007 per
area geografica (fonte: iSuppli, 2007).
Ricavi (M$)
Headquarter
Americhe
EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa)
Giappone
Est e sud est asiatico, Australasia
Korea
Taiwan
Cina
Totale
% Cambiamento
2006
2007
123.822
31.198
58.356
46.845
28.117
12.206
1.118
260.221
125.097
31.467
64.847
49.519
30.176
12.184
1.117
270.930
1,0%
0,9%
11,1%
5,7%
7,3%
-0,2%
-0,1%
4,1%
% Sul totale
ricavi
46,2%
11,6%
23,9%
18,3%
11,1%
4,5%
0,4%
100,0%
Le leggi che regolano il mercato sono severe. I costi della ricerca e della produzione
sono molto elevati. Ogni azienda del settore investe moltissimo in R&D. In figura 2 i
dati di STMicroelectronics.
1.802
1.532
1.630
1.658
2005
2006
1.238
978
1.022
2001
2002
2003
2004
2007
Figura A.2: Gli investimenti in R&D di STMicroelectronics (in Milioni di $)
Il distretto della meccatronica di Reggio Emilia non include aziende del settore dei
semiconduttori. Inoltre, le dimensioni delle aziende e la tipologia di prodotto
meccatronico che sono illustrati nel rapporto mettono in luce la distanza tra i due
settori.
Molte aziende pensano di non poter affrontare il progetto di un circuito integrato
dedicato per una loro applicazione industriale: il progetto è molto complesso e il
costo della produzione strabiliante. Solamente prevedendo un numero elevatissimo
di pezzi prodotti si può pensare di raggiungere un risultato positivo.
60
L’elettronica è comunque presente nella produzione di oggetti innovativi nel distretto
di Reggio Emilia. Dalla lettura del rapporto si nota che la customizzazione di sistemi
a microprocessore, l’integrazione di sensoristica avanzata, l’elaborazione dei segnali,
la progettazione di circuiti elettronici con performance elevata sono compiti di molti
uffici tecnici e centri di R&D delle aziende, ma vengono percepiti anche come
“tecnologia futura”.
Un esempio di tecnologia “futura” che probabilmente è già usata in alcune ditte ma
che non viene percepita come “elettronica” riguarda i MEMS (Micro Electro
Mechanical Systems). I MEMS sono sistemi elettromeccanici di dimensioni
micrometriche fabbricati utilizzando le tecnologie dei semiconduttori. Sono già
presenti in molte applicazioni quotidiane (testine delle stampanti a getto di
inchiostro, airbag, joystik della console Wii…). In molte realizzazioni, l’utilizzo di
MEMS permette anche di integrare in un unico supporto di silicio sia il sensore che il
circuito di elaborazione e trasmissione del segnale.
Il gruppo di ricerca di elettronica dell’Università di Modena e Reggio Emilia dispone
di competenze sia in diversi ambiti, che vanno dalle tecnologie di produzione di
dispositivi di memoria Flash, alla progettazione di circuiti integrati, alla
progettazione di sistemi elettronici complessi, in particolare per trasmissioni sia su
cavo che wireless.
Nell’ambito della progettazione di circuiti e sistemi integrati, sono stati realizzati
negli ultimi anni diversi prototipi di amplificatori di potenza per telefoni cellulari,
uno dei quali utilizza la tecnologia MEMS, e di circuiti di immagazzinamento di
energia da fonti alternative. Questi lavori sono stati presentati alle conferenze
mondiali più importanti del settore e sono stati pubblicati sulle riviste di riferimento
internazionali.
Il gruppo di ricerca presso il DISMI possiede tutti i gli strumenti CAD di
progettazione necessari alla produzione di circuiti integrati nelle più moderne
tecnologie e può accedere alla produzione di prototipi a costi contenuti tramite il
consorzio europeo Europractice. In quest’ambito il gruppo di ricerca collabora
stabilmente con STMicroelectronics e ha diverse collaborazioni con università
italiane e straniere.
Il gruppo vanta inoltre competenze nell’ambito della progettazione e realizzazione di
schede che implementano sistemi elettronici per applicazioni automotive e
logistiche.
Per quanto riguarda invece l’attività nel settore dei dispositivi a semiconduttore, il
gruppo ha una consolidata e riconosciuta esperienza maturata nel corso degli anni
attraverso collaborazioni con grandi aziende (STMicroelectronics, Saifun
Semiconductors, Intel…) e prestigiose università (Padova, Ferrara, Roma “La
Sapienza”, Ferrara, Berkeley, Stanford).
61
Intelligenza Ambientale: Servizi Software Distribuiti e Visione artificiale
Il concetto di “Intelligenza Ambientale” (o, secondo la più comune dizione
anglosassone, la “Ambient Intelligence”) considera in generale:
- la possibilità di integrare e distribuire all’interno di ambienti domestici,
produttivi, o urbani, capacità sensoriali (p.e., attraverso sensori basati su
computer, telecamere), attuative (p.e. attraverso sistemi elettronici di
controllo o attraverso sistemi robotici), e di calcolo (p.e., sistemi integrati a
microprocessore e computer palmari), tipicamente collegati tra loro da
sistemi di telecomunicazione wireless;
- la possibilità di sfruttare la risultante infrastruttura computazionale per la
realizzazione e il coordinamento di servizi software che permettano: agli
utenti, di percepire con capacità sensoriali arricchite i fenomeni e i processi in
atto nell’ambiente; all’ambiente stesso, di monitorare e controllare i propri
processi senza diretta supervisione umana (vale a dire con capacità di
decision-making autonoma, o più semplicemente con un certo grado di
“intelligenza”).
In questo contesto, la possibilità di integrare di sensori, attuatori, computer,
all’interno di un ambiente e degli oggetti in esso contenuti è già pienamente abilitata
dai progressi nel campo dell’elettronica e dell’automazione, e richiede investimenti
meramente economici. Al contrario, lo sviluppo delle tecnologie software che
permettano di sfruttare al pieno delle sue potenzialità tale infrastruttura per l’effettiva
realizzazione di servizi “intelligenti” di monitoraggio e controllo, richiede
metodologie di ingegneria del software e tecnologie algoritmiche e ad alto carattere
innovativo.
Per quanto riguarda le metodologie innovative, appaiono particolarmente promettenti
le tecnologie software basate sul concetto di “agenti”. Nel progetto e nella
programmazione di software orientato agli agenti – che si configura come una
naturale evoluzione delle moderne tecnologie orientate ai servizi – si considera il
sistema software come composto di moduli software lascamente accoppiati tra loro,
ognuno dei quali programmato per “raggiungere un obiettivo” in autonomia.
L’autonomia degli agenti si traduce da un lato nella loro capacità di percepire i
fenomeni in atto nell’ambiente e di analizzarli, dall’altro nella capacità di selezionare
le azioni computazionali o attuative che meglio permettono il raggiungimento di un
obiettivo (p.e., relativo alla gestione efficiente di un macchinario oppure relativo al
mantenimento di specifici parametri ambientali). Le interazioni tra agenti, più rare e
meno rigide rispetto alla tradizionale programmazione per componenti e servizi,
permettono agli agenti di coordinarsi tra loro e negoziare il raggiungimenti di
obiettivi comuni. Tale modello di interazioni facilita notevolmente lo sviluppo del
software (con notevoli vantaggi economici in fase di sviluppo) e allo stesso tempo
rende il sistema più robusto ai cambiamenti e ai guasti parziali dei sistema (fattore
critico in ambito produttivo). Grazie a questi vantaggi, le tecnologie ad agenti stanno
trovando notevoli applicazioni nel settore della logistica e della produzione
meccatronica.
62
Per quanto riguarda le tecnologie algoritmiche, esse risultano fondamentali per
dotare sensori e, specificamente, telecamere, di capacità di “visione artificiale”. La
visione artificiale è una disciplina che permette di riprodurre al calcolatore il
comportamento dell’occhio umano in vari ambiti industriali meccatronici. Tra le
applicazioni emergenti degli ultimi anni vi è sicuramente quello della visione
robotica applicata ai processi produttivi industriali, a livello sia di controllo della
qualità, sia di automatizzazione dei processi di movimentazione, manipolazione e
misura, sia di logistica industriale. Grazie alle migliorie tecnologiche nell’ambito dei
calcolatori e delle sensoristica (telecamere in primis), il livello raggiungibile dagli
algoritmi di visione artificiale è ormai maturo a sufficienza per trasformarsi in
“prodotto”. Gli algoritmi più utilizzati nell’ambito del controllo di processi
industriali riguardano la rilevazione di difettosità superficiali, il controllo tonale (ad
esempio nelle piastrelle), la misura di oggetti sia in 2D che in 3D e l’individuazione
e classificazione di oggetti per il loro prelievo (per operazioni di pick-and-place
tramite robot). Nell’ambito della logistica industriale, invece, applicazioni molto
richieste riguardano la guida autonoma di robot AGV mediante la sola visione
artificiale, soluzione che risulta particolarmente adatta nel caso di ambienti outdoor
non controllati.
Il gruppo di ricerca in Informatica del Dipartimento di Scienze e Metodi
dell’Ingegneria dell’Università di Modena e Reggio Emilia dispone di comprovate
competenze di eccellenza sia nell’ambito delle moderne metodologie per lo sviluppo
di sistemi di servizi distribuiti basati su agenti, che nell’ambito della visione
artificiale. Tale eccellenza è comprovata – oltre che dalle pubblicazioni scientifiche
apparse nelle principali riviste del settore – dalla partecipazione a vari progetti di
ricerca sia nazionali (Ministero dell’Università e della Ricerca) che internazionali
(European Commission, NATO). La capacità di applicare tali concetti innovativi alle
attuali realtà produttive è invece comprovata dalle diverse collaborazione industriali
attualmente attive, sia a livello regionale che internazionale.
63
L’Interazione Uomo-Macchina (Human-Machine Interaction)
La disciplina dell’Interazione Uomo-Macchina si occupa di studiare il rapporto fra
utenti e tecnologie, allo scopo di individuare i fattori che permettono l’esecuzione di
compiti in efficienza e sicurezza. Lo snodo cruciale dell’interazione è rappresentato
dall’interfaccia utente, ovvero la combinazione di strumenti e criteri che permettono
agli utenti di controllare e guidare il funzionamento di un sistema verso gli scopi
desiderati.
Tra le metodologie di progettazione messe a disposizione da questa disciplina,
particolarmente rilevante è la progettazione centrata sull’utente dove le tecnologie
sono individuate e definite a partire dalle caratteristiche delle persone, esaltandone le
peculiarità e limitando l’impatto negativo dei loro limiti. La metodologia prevede
che il prodotto sia il punto di arrivo di successivi raffinamenti, ottenuti tramite cicli
di prototipazione e verifica sperimentale con utenti. Di ciclo in ciclo, le prestazioni e
le opinioni degli utenti permettono di individuare le criticità d’utilizzo, e di
eliminarle nella successiva fase di prototipazione. In questo modo, è possibile
intervenire sul progetto prima che le modifiche risultino eccessivamente onerose.
Un esempio concreto, da un recente progetto di ricerca, è la progettazione di una
postazione di controllo di una macchina agricola, costituita da un display e da un
joystick motorizzato. Il punto di partenza è stata l’analisi dettagliata di una attività
specifica (lo spostamento di pesi pericolosi) tramite sessioni di affiancamento degli
utenti sul campo, analisi video ed interviste. Questa analisi ha permesso di
individuare i problemi di sicurezza ed efficienza delle operazioni: è stato quindi
possibile sviluppare un prototipo in cui l’esecuzione del compito è guidata da
segnalazioni tattiche, visive e acustiche che riducono la probabilità di errori e i tempi
di esecuzione. L’efficacia del sistema è stata quindi validata da prove sperimentali
sul campo.
Il gruppo di ricerca sull’Interazione Uomo-Macchina dell’Università di Modena e
Reggio Emilia dispone di competenze sia nell’ambito della prototipazione che della
valutazione sperimentale. Grazie a metodologie di prototipazione man-in-the-loop, le
parti grafiche e logiche delle interfacce, così come la comunicazione con eventuali
bus di campo (ad esempio CAN, ISOBUS, FlexRay) possono essere rapidamente
rappresentate e validate sperimentalmente; la struttura dei prototipi permette inoltre
di trasferirne le caratteristiche direttamente al prodotto finale, eliminando passaggi di
conversione intermedi. Le valutazioni sperimentali sono condotte applicando metodi
sperimentali che permettono di stimare il grado di efficacia dell’interfaccia e
l’impatto delle soluzioni progettuali sulla sicurezza dell’operatore, di terzi e
dell’ambiente circostante, evidenziando gli interventi di progettazione che
permettano di esprimere il massimo potenziale di tecnologie e persone.
Il gruppo collabora con università e aziende, in Italia e all’estero, nell’ambito di
diversi progetti europei e dal 2004 ha costituito uno spin-off, RE:Lab s.r.l., per il
trasferimento tecnologico e la fornitura di servizi legati all’ingegneria
dell’interazione.
64
Sistemi idraulici industriali
Le principali direttrici di ricerca applicata ad oggi identificabili nello scenario
internazionale dello sviluppo meccatronico di macchine e apparecchiature a fluido,
riguardano la definizione di linee guida progettuali per l’ottimizzazione del
funzionamento del sistema complesso formato dall’integrazione della componente
meccanico/fluidica con la componente elettronico/informatica.
Più in dettaglio, all’interno dei settori propri dell’Idraulica Industriale e dei Motori
Endotermici Alternativi, indirizzi di ricerca applicata e/o trasferimento tecnologico
particolarmente coinvolti da queste direttrici risultano essere:
- l’incremento del rendimento complessivo di funzionamento di sistemi
idraulici industriali, sia fissi che mobili;
- lo sviluppo di nuove architetture funzionali (in particolare, di tipo loadsensing) per applicazioni di idraulica mobile;
- lo sviluppo di motori endotermici alternativi per autotrazione (stradale ed offroad) a ridotto impatto ambientale;
- l’ottimizzazione delle prestazioni di sistemi di iniezione per combustibili
alternativi e rinnovabili (CNG, idrogeno, bio-fuels, …)
- lo sviluppo di motorizzazioni ibride (termico-elettrico, termico-fuel cells, …);
- l’ottimizzazione delle prestazioni di sistemi idraulici per automotive (cambi
robotizzati, ABS, sospensioni attive, sistemi frenanti intelligenti, …);
- lo sviluppo e il controllo di motori a combustione alternativa per applicazioni
fisse a ridotto impatto ambientale.
All’interno del Dipartimento di Scienze e Metodi dell’Ingegneria dell’Università di
Modena e Reggio Emilia, l’attività di ricerca di base nel settore delle Macchine a
Fluido è principalmente orientata all’analisi teorica dell’efflusso multi-fase e multicomponente di fluidi newtoniani e non newtoniani, nonché allo sviluppo di modelli
numerici ed alla messa a punto di codici di calcolo (prevalentemente di tipo opensource) per l’analisi termo-fluidodinamica computazionale a parametri concentrati, a
parametri distribuiti e multidimensionali:
- della circolazione di fluidi comprimibili ed incomprimibili all’interno di
geometrie confinate;
- dell’iniezione di combustibili liquidi e gassosi;
- della miscelazione di liquidi industriali;
- dei fenomeni di aerazione e cavitazione;
- dei fenomeni di micro-dieseling a bassa pressione.
Parallelamente, il gruppo di ricerca è attivo nel settore dell’applicazione industriale
di tecniche progettuali avanzate, e nel trasferimento delle competenze acquisite nello
sviluppo di modelli numerici complessi alla progettazione assistita da calcolatore ed
alla verifica (anche sperimentale) delle prestazioni di turbo-macchine motrici ed
operatrici, sistemi di iniezione per motori endotermici alternativi, macchine
65
volumetriche motrici ed operatrici, componenti idraulici di regolazione on/off e
proporzionali, sistemi elettro-idraulici per applicazioni di potenza, sistemi idraulici di
trazione e handling veicolo.
Con riferimento alle direttrici internazionali di ricerca applicata precedentemente
ricondotte al settore della meccatronica, il gruppo risulta impegnato nei settori
dell’Oleodinamica e dei Motori Endotermici Alternativi, e in particolare:
1. nello sviluppo di componenti a comando e controllo elettro-idraulico per
applicazioni di tipo load-sensing (di I, II e III generazione), con particolare
riferimento all’ottimizzazione funzionale di:
- macchine volumetriche motrici e operatrici, a cilindrata variabile;
- componenti di regolazione proporzionali pre e post-compensati;
- sistemi di pilotaggio e di frenatura dei carichi;
- sistemi elettro-idraulici per la trasmissione e il controllo del moto di veicoli
stradali e off-road;
- sistemi elettro-idraulici di attuazione a utenza multipla.
2. nello sviluppo di motori endotermici alternativi a basso impatto ambientale, con
particolare riferimento alla gestione e al controllo operativo di:
- sistemi di iniezione per combustibili alternativi, a basso impatto ambientale
(etanolo, dimetiletere, bio-diesel, metanolo da bio-masse, metano, idrogeno o
loro miscele)
- motori endotermici dotati di cicli termodinamici non tradizionali, nei quali la
riduzione dell’impatto ambientale e l’incremento dell’efficienza deriva dal
mantenimento all’interno del cilindro di una combustione “alternativa” (di
tipo HCCI – Homogeneous Charge Compression Ignition – o PCCI –
Premixed Charge Combustion Ignition – o la MK – Modulated Kinetics)
66
Diagnostica e monitoraggio di macchine rotanti ed isolamento delle vibrazioni
L’esigenza di ridurre le vibrazioni delle macchine in condizioni operative per
incrementarne prestazioni e durata e migliorare il comfort induce i ricercatori nel
settore della Meccanica Applicata alle Macchine e delle Vibrazioni ad individuare
metodologie di misura, analisi e simulazione dinamica sempre più affidabili.
Il monitoraggio delle macchine rotanti – mediante la misura e l’analisi delle
vibrazioni – permette di identificare l’insorgenza di malfunzionamenti o rotture sulla
base dell’evoluzione temporale del segnale acquisito da trasduttori di spostamento,
velocità o accelerazione montati sul sistema. Infatti, per macchine funzionanti a
regime periodico, i difetti possono indurre fenomeni vibratori con periodicità legata
alla geometria ed ai parametri funzionali. Il monitoraggio viene comunemente
implementato realizzando una serie di livelli di riferimento per l’ampiezza dello
spettro del segnale vibratorio acquisito dalla macchina sottoposta a sorveglianza:
questo sistema, molto diffuso, presuppone che le soglie siano state scelte
correttamente e soprattutto che l’analisi nel dominio della frequenza sia
effettivamente sensibile ai fenomeni indagati. La ricerca in questo settore deve:
individuare i parametri maggiormente sensibili ai cambiamenti di stato della
macchina e studiare la metodologia di analisi del segnale in grado di prevenire con
anticipo sempre maggiore la nascita dei difetti, allo scopo di effettuare un’adeguata
diagnosi per la manutenzione predittiva o su condizione.
Il settore della Meccanica delle Vibrazioni del DISMI è impegnato nello studio di
tecniche avanzate di analisi del segnale vibratorio per il monitoraggio e la
diagnostica di ingranaggi e cuscinetti volventi, anche per macchine operanti in
condizioni di velocità variabile in intensità e segno. Sono state e sono oggetto di
studio metodologie operanti nel dominio del tempo (Media Sincrona,
Demodulazione in ampiezza e fase, funzione di Autocorrelazione, Cepstrum), nel
dominio della frequenza, nel dominio di tempo-frequenza (Wavelet) e nel dominio di
frequenza-frequenza (Densità di Correlazione Spettrale), e l’applicazione di Reti
Neurali.
Un filone parallelo di studio è quello relativo all’analisi del legame tra i parametri
costruttivi e funzionali ed il comportamento dinamico dei meccanismi con modelli
matematici a parametri concentrati. Tali modelli risultano di importante ausilio nella
progettazione ed inoltre possono essere impiegati nella diagnostica dei
malfunzionamenti per comprendere la natura e l'origine dei fenomeni dinamici
osservati sperimentalmente. I parametri vengono identificati sulla base di dati
costruttivi, su misure sperimentali e sull’esperienza acquisita. L'integrazione delle
equazioni del moto, quando non ottenibile in forma chiusa, viene effettuata
numericamente impiegando i programmi Simulink e SimMechanics. L’interesse,
in questo ambito di ricerca, è stato orientato su meccanismi per macchine
automatiche per il confezionamento, macchine di equilibratura; inoltre sono state
effettuate simulazioni per la ricostruzione delle forze tra i componenti dei cuscinetti
volventi in condizioni operative e per la determinazione dell’effetto della posizione
dei volani sul grado di irregolarità di velocità e momento torcente.
67
Aree tecnologiche
I materiali
meccatronici
Automazione,
Robotica e Sistemi di
Controllo
Attuatori e
azionamenti
Elettronica
Intelligenza
Ambientale
Human-Machine
Interaction
Sistemi idraulici
industriali
Meccanica delle
vibrazioni
Tabella A.3: I temi di ricerca e i contatti del DISMI
Temi di ricerca
Contatti DISMI
Studio delle proprietà ingegneristiche dei
Prof. Eugenio Dragoni
materiali meccatronici (fluidi
[email protected]
magnetoreologici, leghe a memoria di forma
http://www.machinedesign.re.u
e polimeri elettroattivi) per sviluppare
nimore.it/
dispositivi basati sull’impiego di tali
materiali
Modellistica e controllo ‘Object Oriented’ di
Prof. Cesare Fantuzzi
sistemi meccatronici; diagnosi predittiva di
[email protected]
azionamenti meccatronici; pianificazione e
ottimizzazione dei percorsi di robot mobili;
controllo distribuito con protocollo ISOBUS;
sviluppo e controllo di interfacce haptics
Attuatori direct drive (es. generatori sincroni
Prof. Alberto Bellini
per wind farm senza riduttori meccanici e
[email protected]
robot direct drive per applicazioni pick-andplace); azionamenti fault tolerant (es.
azionamenti basati su motori elettrici
multifase con sistemi di diagnostica di guasti
elettrici e meccanici integrati)
Sistemi elettromeccanici di dimensioni
Prof. Paolo Pavan
micrometriche (es. MEMS), progettazione di
[email protected]
circuiti integrati per applicazioni industriali,
www.elettronica.ingre.unimore.
progettazione di sistemi elettronici
it
complessi, in particolare per trasmissioni sia
su cavo che wireless
Tecnologie software basate sul concetto di
Prof. Franco Zambonelli
“agenti” per servizi software distribuiti e
[email protected]
algoritmi di visione artificiale (es. visione
robotica applicata ai processi produttivi
industriali)
Prototipazione e valutazione sperimentale
Dott. Roberto Montanari
delle interfacce con approccio user-centered
[email protected]
design
www.hmi.unimore.it
www.re-lab.it
Sviluppo di modelli numerici per l’analisi
termo-fluidodinamica computazionale a
parametri concentrati, distribuiti e
multidimensionali; sviluppo di componenti a
comando e controllo elettro-idraulico per
applicazioni di tipo load-sensing (di I, II e III
generazione); sviluppo di motori endotermici
alternativi a basso impatto ambientale
Studio di tecniche avanzate di analisi del
segnale vibratorio per il monitoraggio e la
diagnostica di ingranaggi e cuscinetti
volventi; analisi del legame tra i parametri
costruttivi e funzionali ed il comportamento
dinamico dei meccanismi con modelli
matematici a parametri concentrati
68
Prof. Massimo Milani
[email protected]
Prof. Riccardo Rubini
[email protected]
69
Indice delle figure
Figura M.1: La distribuzione delle imprese intervistate in base alla classificazione
PMI ............................................................................................................................ 10
Figura 1.1: Schema sulla visione della meccatronica ................................................ 17
Figura 2.1. Le percentuali di aziende che dichiarano le diverse tipologie di fonti di
innovazione ................................................................................................................ 21
Figura 2.2: l’identità delle funzioni di R&D delle aziende meccatroniche ............... 23
Figura 3.1: La sovrapposizione tra tecnologie attuali e tecnologie future nelle aziende
intervistate.................................................................................................................. 26
Figura A.1: Esempi di materiali meccatronica: A) Fluidi magnetereologici; B)Leghe
a memoria di forma; C) Polimeri elettroattivi............................................................ 54
Figura A.2: Gli investimenti in R&D di STMicroelectronics (in Milioni di $)......... 60
70
71
Indice delle tabelle
Tabella M.1: comparti di appartenenza delle imprese intervistate ................................. 11
Tabella 3.1: Le tecnologie attualmente in uso nelle aziende intervistate ....................... 27
Tabella 3.2: Le tecnologie critiche per il futuro nelle aziende intervistate..................... 28
Tabella 4.1 Schema riepilogativo dei punti di forza e debolezza percepiti dalle
aziende sulle collaborazioni............................................................................................ 46
Tabella A.1: La graduatoria dei primi 20 produttori di semi-conduttori nel 2007
(Fonte: iSuppli, 2007) .................................................................................................... 59
Tabella A.2: Stima della suddivisione dei ricavi generati dal settore dei
semiconduttori nel 2007 per area geografica (fonte: iSuppli, 2007). ............................. 60
Tabella A.3: I temi di ricerca e i contatti del DISMI ...................................................... 68
72