La rassegna di oggi

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La rassegna di oggi
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – giovedì 26 gennaio 2017
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
Il ministro: legittima l’abolizione delle Province Fvg (M. Veneto)
«Salvate la Provincia udinese» (Gazzettino)
Canoni Ater più cari al 30% delle famiglie (Gazzettino)
Minali lascia, più poteri a Donnet (Piccolo)
Rete veloce in Fvg, via al secondo bando (Piccolo)
CRONACHE LOCALI (pag. 5)
Occupazione in calo, pressing dei sindacati (Piccolo Trieste, 2 articoli)
Caso Coop in Tribunale. Scatta la resa dei conti (Piccolo Trieste, 3 articoli)
Maxi rincari sugli affitti, la Regione convoca l’Ater (Piccolo Trieste)
Le scuole rischiano la deriva: «Non abbiamo più un referente» (Piccolo Gorizia-Monf.)
Cgil, Cisl e Uil volantino al San Polo sulla riforma sanitaria (Piccolo Gorizia-Monf.)
Stop alle classi con solo alunni stranieri (Piccolo Gorizia-Monf.)
«Turni massacranti per gli specializzandi: i pazienti rischiano» (M. Veneto Udine)
«Carico di lavoro esagerato». Infermieri verso lo sciopero (M. Veneto Udine)
Uti, i servizi sociali “perdono” la gestione dei cittadini di Osoppo (M. Veneto Udine)
Ex Aussa Corno, appello ai consorzi del Fvg (M. Veneto Udine)
Electrolux tra sicurezza, yoga e cibi sani (M. Veneto Pordenone)
Operaio centrato da una lastra di marmo (M. Veneto Pordenone)
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ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE
Il ministro: legittima l’abolizione delle Province Fvg (M. Veneto)
«Il Fvg, come le altre Regioni a Statuto speciale, possiede la competenza legislativa esclusiva in
materia di ordinamento degli enti locali e relative circoscrizioni, dunque non può sostenersi
l’incostituzionalità della riforma degli enti locali». Così il ministro dell’Interno, Marco Minniti, ha
risposto durante ol Question time alla Camera sulla riforma del Fvg che ha abolito le Province. La
sollecitazione al ministro era arrivata da Sandra Savino, deputata e coordinatrice Fvg di Fi. «La
riforma degli enti locali, in forza dei poteri speciali di cui il Fvg è titolare – ha aggiunto Minniti –,
appare coerente con il quadro ordinamentale generale vigente». Per nulla soddisfatta Savino. «In
regione a causa dell’abolizione delle Province è caos per precisa scelta politica della presidente
Debora Serracchiani e del Pd. In Fvg – ha detto Savino – sono state eliminate le Province e create le
Unioni territoriali intercomunali, ma l’esito del referendum del 4 dicembre 2016, di fatto, determina
l’incostituzionalità della riforma».
«Salvate la Provincia udinese» (Gazzettino)
Proposta -appello «personale» del presidente dell'Anci Mario Pezzetta - testo non disponibile
Canoni Ater più cari al 30% delle famiglie (Gazzettino)
Da quest'anno si applica l'indicatore Isee e non più l'imponibile Irpef - testo non disponibile
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Minali lascia, più poteri a Donnet (Piccolo)
di Piercarlo Fiumanò - I soci di Generali capitanati da Mediobanca fanno quadrato di fronte ai venti
di Opa e rafforzano i poteri del Ceo francese Philippe Donnet. Il giorno dopo la conferma che Intesa
San Paolo sta valutando «possibili combinazioni industriali» con le Generali, il gruppo triestino
cambia la governance e consuma il divorzio annunciato con il direttore generale Alberto Minali, che
lascerà il gruppo a fine gennaio con quasi 6 milioni lordi di buonuscita. La poltrona del direttore
generale «allo stato» resta vuota. Il nuovo capo della finanza è Luigi Lubelli (già responsabile del
Corporate Finance con Minali). Il gruppo triestino resta saldo dopo la mossa difensiva d’acquisto
del 3% di Intesa mentre a Piazza Affari infuria il risiko bancario-assicurativo che potrebbe cambiare
la finanza italiana. Un messaggio chiaro arriva dopo due ore di consiglio presieduto da Gabriele
Galateri: il cda esprime «soddisfazione» per lo stato di avanzamento del piano industriale presentato
a fine novembre a Londra. Una mozione di fiducia nei confronti del Ceo francese che ha promesso
ai soci una generazione di cassa superiore ai 7 miliardi e dividendi aggregati oltre i 5 miliardi.
Nessuna risposta formale a Intesa San Paolo mentre sul titolo Generali torna una calma relativa
(+1%) dopo i balzi degli ultimi due giorni mentre Mediobanca guadagna il 3,1%. La speculazione
scommette ora su Unicredit che fa un balzo dell'8,9%. Gli scenari su cui punta il mercato sono i più
disparati, inclusa una supposta operazione di Intesa su Generali attraverso Mediobanca. Minali,
veronese, 50 anni, capo della finanza del Leone dal 2012, protagonista del turnaround finanziario
dell’era Greco che ha cambiato il volto del Leone, lascia dopo essere entrato in conflitto con Donnet
su strategie e funzioni operative. Il nuovo cambio di governance deciso ieri è modellato sulla figura
del Ceo che amplia i suoi poteri assumento tutte le funzioni aziendali di primo livello che
dipendevano da Minali «allo stato e con effetto immediato». Quella di Lubelli è la quarta nomina di
peso di Donnet dopo scelta di Marco Sesana a country manager, di Frederic de Courtois, ex numero
uno in Italia di Axa alla guida della divisione Global Business Lines and International e di Tim
Ryan (anche lui ex Axa) nuovo capo degli investimenti al posto di Nikhil Srinivasan. Lubelli entra
nel Group Management Committee creato al tempo dell’era Greco. Si è anche deciso che il
Comitato per gli Investimenti avrà anche un ruolo sulle operazioni strategiche. Al suo interno, oltre
a Donnet e il presidente Galateri, troviamo Francesco Gaetano Caltagirone, Lorenzo Pellicioli,
Clemente Rebecchini e Paola Sapienza. Intanto infuria il risiko su Generali. La banca di Carlo
Messina, che ha circa 10 miliardi di "munizioni" da spendere, potrebbe intervenire per stabilizzare il
controllo del Leone anche per difendere l’italianità di Generali sottraendola alle mire straniere. Si
parla di un’interesse per una crescita nel risparmio gestito, nel private banking e nell’assicurazione.
Il Leone, che ha in pancia 70 miliardi in titoli di Stato e vale 470 miliardi di asset gestiti tra polizze
e fondi, rappresenta una partita europea mentre big come Axa e Allianz restano per ora alla finestra.
Sono intanto iniziate ieri con Intesa le audizioni in Consob: una delegazione di quattro
rappresentanti della banca, guidati dal direttore finanziario Stefano Del Punta, è stata sentita per
meno di un'ora dai funzionari della Commissione nella sede milanese dell'authority. Oggi toccherà a
Unicredit e a Generali. Venerdì pomeriggio è poi in agenda il consiglio di Intesa Sanpaolo,
originariamente convocato sul budget per il 2017, anche se sarà inevitabile un nuovo giro di
consultazioni sul dossier Generali.
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Rete veloce in Fvg, via al secondo bando (Piccolo)
di Marco Ballico - La banda ultra larga in Friuli Venezia Giulia c'è già. Operatori offrono il servizio
a 100 Mbps nelle città capoluogo, ma anche in altre località della regione. Non solo: il Fvg rientra
nel secondo bando Infratel per la copertura nelle cosiddette aree bianche, quelle in cui i privati non
hanno convenienza a investire in autonomia. La precisazione, in serata, è della direzione centrale
Infrastrutture a seguito della pubblicazione ieri mattina sul Sole 24 Ore di una mappa che, al
contrario, poneva uno "zero" accanto al Fvg per quel che riguarda l'altissima velocità di
trasmissione dati in rete. Una valutazione pari solo alla Sardegna e peggiore di quella di ogni altra
regione italiana. La fonte del Sole 24 Ore? Il ministero dello Sviluppo economico, con dati che
tuttavia, precisa appunto la Regione Fvg, «risalgono alle dichiarazioni fatte dagli operatori a Infratel
alla fine del 2015 e sono stati resi pubblici all'inizio 2016. Dunque mancano tutte le utenze collegate
nel corso del 2016, che sono state considerevoli». Corretto quello "zero", pur senza precisare la
percentuale delle unità abitative già raggiunte dalla banda ultra larga sul territorio, la direzione
commenta poi con favore la notizia, riferita sempre dal quotidiano economico, secondo la quale
Telecom ha comunicato alla fine dello scorso anno ad Infratel l'intenzione di coprire ulteriori
porzioni di diverse regioni italiane, tra cui il Fvg, con collegamenti a banda ultra larga nelle aree
bianche (in cui nessun operatore ha dichiarato di voler sviluppare reti di accesso ad altissima
velocità). Su questo tema, spiega il Sole, la nostra regione sarà interessata dal secondo bando
Infratel, frutto dell'Accordo di Programma sottoscritto lo scorso anno tra l'amministrazione
regionale e il Mise, documento che prevede che il ministero realizzi la rete in tutte le aree bianche
del Fvg, tramite la propria società in house Infratel, individuando uno o più concessionari con il
compito di progettare, realizzare, mantenere e mettere la rete a disposizione degli operatori di
telecomunicazioni, i quali forniranno il servizio al dettaglio. L'Accordo ha una copertura finanziaria
di oltre 100 milioni di euro, di cui 86 milioni a valere sul Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (Fsc)
2014-2020; 12.350.000 euro a valere sui Fondi europei agricoli per lo Sviluppo Rurale (Feasr) del
Programma di Sviluppo Rurale Fvg 2014-2020, e infine 2.498.693 euro a valere su fondi regionali.
A beneficiare della banda ultra larga, informa ancora la direzione Infrastrutture, saranno
innanzitutto i cittadini e le imprese, mentre le sedi pubbliche sono già in gran parte collegate con la
fibra ottica del programma Ermes. Un discorso a parte va fatto per le scuole, per le quali il
ministero, utilizzando anche fondi regionali, realizzerà il collegamento a velocità di almeno 100
Mbps di tutti i plessi non ancora connessi con la fibra ottica e completerà quello delle sedi della
pubblica amministrazione nonché dei presidi sanitari pubblici.
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CRONACHE LOCALI
Occupazione in calo, pressing dei sindacati (Piccolo Trieste)
di Gianpaolo Sarti L’economia traballa, gli investimenti latitano, la disoccupazione preoccupa. Cgil,
Cisl e Uil fanno quadrato e si appellano al Comune. «Il sindaco Roberto Dipiazza convochi subito
un tavolo per affrontare la difficile situazione in cui versa la città», dicono in coro le segreterie
provinciali dei sindacati. E oltre al primo cittadino, le tre sigle chiamano a rapporto anche i
rappresentanti delle categorie. «Dobbiamo aprire un ragionamento sul futuro di Trieste - rileva
Michele Piga della Cgil - perché non vediamo all'orizzonte opportunità effettive di sviluppo». Il
terziario, la pubblica amministrazione e l'intermediazione finanziaria non sono settori sufficienti a
fare da volano. «A Trieste l’industria è residuale e pure l’edilizia è sempre più in sofferenza afferma ancora il sindacalista - e manca una visione unitaria su investimenti e progetti che si
potrebbero attuare». Inevitabili le ripercussioni sull'occupazione. «Nel capoluogo - osserva ancora il
segretario provinciale Cgil - abbiamo tra le 7e le 8 mila persone senza un posto di lavoro, un
numero raddoppiato negli ultimi quattro anni. Non ci sono prospettive per rimpiazzare realtà in
crisi, tra cui proprio la Ferriera. Per questo motivo - aggiunge - è necessario convocare un
confronto. Anche perché, proprio a causa della disoccupazione, il potere di acquisto dei cittadini è
sempre più debole. Le attività sono scollegate, la città è priva di una regia. Il Comune si faccia
avanti». Una richiesta pienamente sposata da Umberto Brusciano, segretario provinciale della Cisl:
«Il tavolo in realtà ci sarebbe - evidenzia - ma dopo il cambio di amministrazione comunale non ci
sono stati più incontri tra le categorie economiche e i sindacati. Siamo preoccupati, il sindaco dia
segnali». Pressing pure dalla Uil. «La giunta Cosolini aveva ideato questo tavolo, un organismo
pensato appositamente per trovare le strategie migliori per lo sviluppo di Trieste e per discutere dei
problemi di questa città - sottolinea Claudio Cinti -. Bisogna subito riattivarlo e ascoltare il
contributo di tutti gli attori. Stiamo parlando di materie di interesse generale sulle quali il municipio
può certamente svolgere un ruolo importante. Riteniamo che il comparto industriale abbia bisogno
di un fronte comune e che le istituzioni debbano fare l'interesse dalla città, al di là delle posizioni
politiche. Ognuno porti il proprio contributo, perché in ballo ci sono aziende e posti di lavoro- ,
ammonisce ancora il segretario provinciale della Uil -. In un momento come questo dobbiamo
pensare a come frenare le perdite di occupazione e, in contemporanea, pensare a prospettive per
rilanciare l'industria e l'edilizia. Non ci sono preclusioni su alcun settore o attività in grado di
portare lavoro - conclude -, ma il territorio non può essere privo di una base manifatturiera che,
come noto, ha un ritorno sull'intera economia».
Il municipio accoglie l'invito: «Mai mancata la disponibilità al confronto»
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Caso Coop in Tribunale. Scatta la resa dei conti (Piccolo Trieste)
di Piero Rauber - Una prima puntata in un’aula civile di Foro Ulpiano il 16 febbraio. E un’altra in
sede penale il 2 marzo, due giovedì più tardi e due piani più sopra. Palazzo di giustizia torna al
centro della fine ingloriosa delle Coop operaie facendone entrare nel vivo la fase giudiziaria, con
nuove udienze che esulano dalle precedenti sedute tecniche in cui magistrati e consulenti erano stati
impegnati a certificare rimborsi ai risparmiatori, alienazioni di supermercati e posti di lavoro da
salvare. Inoculata la terapia, in effetti, è arrivata l’ora di risalire alle cause della malattia. Di dare la
caccia alle presunte responsabilità. Ed è una ricerca che viaggia su due binari paralleli. In attesa
delle decisioni che usciranno prossimamente dalla Sezione gip sui possibili processi a carico degli
ex manager esautorati nell’ottobre 2014 (si legga a destra, ndr) il primo appuntamento è in sede
civile. E non è secondario, se è vero che chiama in Tribunale la Regione come ipotetico soggetto
corresponsabile - per presunta omessa vigilanza in conseguenza al mancato rispetto delle
disposizioni normative in ambito cooperativistico - del dissesto contabile delle Coop. Un dissesto
da cui sta derivando l’impossibilità per i titolari dei libretti di prestito sociale - nonostante il lavoro
dell’avvocato Maurizio Consoli come liquidatore - di recuperare l’intero deposito congelato dalla
magistratura proprio nell’ottobre 2014: un risparmio “tradito” da circa 103 milioni, frutto dei soldi
affidati alle Coop da circa 17mila soci. Giovedì 16 febbraio alle 10.30, davanti al giudice Francesco
Saverio Moscato, è fissata infatti l’udienza introduttiva dell’azione di responsabilità civile promossa
dall’avvocato Mario Reiner per conto di oltre duecento di questi risparmiatori sociali (222 per la
precisione) nei confronti dell’amministrazione regionale. Dalla quale pretendono di essere risarciti
non degli eventuali danni morali (derivanti dal trovarsi di punto in bianco senza “musina”) ma della
sola differenza, materiale, tra la somma originaria che vantavano nel libretto al momento del blocco
giudiziario e il totale dei successivi rimborsi incassati dal piano di riparto di Consoli. Rimborsi che
oggi si attestano al 70,6% (si legga sotto, ndr) e che dovrebbero arrivare alla fine all’81,4% indicato
nel piano di concordato. La causa dei 222 contro la Regione cita la presunta mancata osservanza
della legge regionale 27 del 2007 (e delle sue successive modifiche) in materia di «vigilanza del
comparto cooperativo», in particolare là dove viene prescritto che «le revisioni straordinarie» di una
cooperativa, deliberabili dalla giunta regionale «ogni qualvolta se ne ravvisi l’opportunità», devono
accertare tra le altre cose «il regolare funzionamento amministrativo-contabile dell’ente, la
consistenza patrimoniale e lo stato delle attività e passività». L’atto di citazione chiede perché dal
2012 (l’anno di una perizia straordinaria affidata dall’allora assessore alla cooperazione di Tondo
Roberto Molinaro al revisore Lorella Torchio, in seguito alla quale il direttore del Servizio
cooperazione di quel tempo Antonio Feruglio suggerì come «indispensabile» un «conferimento ad
altro revisore di un nuovo incarico» ritenendo «il rilascio del certificato di revisione» chiesto da
Torchio «non possibile e legittimo allo stato degli atti») la Regione non avesse mai commissariato
le Operaie, lasciando che a farlo fosse direttamente il potere giudiziario nell’ottobre del 2014. La
Regione, in una memoria preparata dal collegio di legali costituito dal professor Fabio Padovini e da
Ettore Volpe e Daniela Iuri dell’Avvocatura regionale, oltre a insistere sul fatto che all’ente spetta il
mero controllo della mutualità (cioè la verifica che una cooperativa faccia la cooperativa), interpreta
la metafora secondo cui la miglior difesa è l’attacco e ritiene «non privo di rilievo ai fini
dell’accertamento della responsabilità il comportamento tenuto dai ricorrenti nel corso degli anni.
Essi, da un lato, hanno sottoscritto una operazione di finanziamento che di per sé non poteva e non
può non presentare profili di rischio intrinseco. Dall’altro, pur essendo a conoscenza di una
situazione a loro dire conclamata di dissesto, causata dalla sciagurata gestione, nulla hanno fatto...
per evitare integralmente il danno, ad esempio chiedendo la restituzione delle somme depositate,
limitandosi a pretendere genericamente che debba rispondere la Regione. C’è però da chiedersi
come mai per tutti questi anni non abbiano posto in essere, in qualità di soci, alcuna azione a tutela
dei propri interessi». Pure il risparmiatore “disattento”, insomma, in questa memoria ha le sue
colpe. La Regione precisa anche che in seguito ai rilievi sul bilancio 2011 delle Operaie fatti
pervenire nel 2013 all’amministrazione Serracchiani fresca allora di insediamento dal vecchio
“prof” di ragioneria e socio Coop Livio Lonzar (gli stessi rilievi contenuti in un esposto da cui partì
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l’indagine della Procura che ora chiede cinque rinvii a giudizio) «alla data di presentazione della
suddetta comunicazione le operazioni oggetto di segnalazione, riferite al bilancio 2011, risultavano
in atti già verificate sia dagli organi di controllo propri della società sia dalle due revisioni, una
straordinaria ed una ordinaria, nei confronti della cooperativa». La parola ora al giudice Moscato.
Potrebbe accogliere la richiesta della Regione di trasformare il cosiddetto “rito sommario” in
ordinario, disporre nuovi termini per altre memorie o riservarsi già di decidere. Qualora venisse
accolto il loro ricorso, sarebbero solo i 222 firmatari della citazione a essere rimborsati e non tutti i
17mila risparmiatori. Ma una sentenza del genere farebbe, come si dice, giurisprudenza. A livello
teorico, se tutti i soci facessero poi ricorso e lo vincessero, alla Regione verrebbero a mancare non
meno di 20 milioni.
L’attesa per le mosse del liquidatore
testo non disponibile
Il destino in bilico di 36 ex manager
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Maxi rincari sugli affitti, la Regione convoca l’Ater (Piccolo Trieste)
«Ho convocato i direttori delle Ater per una verifica dei criteri adottati. Compito delle Aziende
territoriali per l’edilizia residenziale non è fare cassa ma offrire alloggi a canoni equi in base alle
diverse situazioni economiche e familiari». Così l’assessore regionale alla Pianificazione,
Marigrazia Santoro, interviene sul caso della stangata sui canoni d’affitto in arrivo a migliaia di
inquilini triestini. Maxi rincari che, secondo quanto precisato dagli stessi vertici dell’Ater
provinciale, sono il risultato della revisione dei criteri per la determinazione degli importi finali, che
non tengono più in conto la somma dei redditi Irpef dei componenti del nucleo famigliare bensì
l’Isee. «A fronte della riforma delle Ater - ha spiegato Santoro - la Regione ha chiesto alle aziende
che gli eventuali aumenti che potrebbero toccare qualche assegnatario debbano essere caratterizzati
dalla gradualità e sia applicata una rateizzazione, al fine di non gravare in alcun modo sulle famiglie
in modo inaspettato o eccessivo. Su questo aspetto ho richiamato i direttori delle aziende,
ricordando loro che la Regione si farà carico delle eventuali differenze degli introiti che si
dovessero verificare all'esito del nuovo sistema di canone». «Appreso che sono pervenute
segnalazioni da parte dei cittadini su incongruenze e mancanza di gradualità - ha proseguito
l'assessore - ho convocato i direttori delle Ater per una verifica dei criteri adottati e delle modalità
comunicative, in modo che gli indirizzi impartiti dalla Regione siano rispettati e non si creino
problemi alle famiglie che usufruiscono degli alloggi sovvenzionati. Con la determinazione del
canone sulla base dell'Isee dell’assegnatario e del suo nucleo familiare e parametrato anche sulla
base di alcuni elementi oggettivi dell'alloggio quali ad esempio l'efficienza energetica, il piano con
la presenza o meno dell'ascensore ed altri indicatori, si è voluto dare maggiore equità ed uniformità
al sistema dei canoni delle Ater regionali che venivano calcolati in modo diverso in ciascun
territorio e - ha concluso - senza tenere conto di diversi parametri fondamentali». Parole che però
non rassicurano gli esponenti del Movimento Cinquestelle, che puntano il dito contro le
responsabilità della Regione nell’affaire rincari.««Come si può definire “congruo” un aumento
dell’affitto Ater del 125% a una persona anziana con la pensione minima? Come possiamo accettare
che i cittadini attendano con ansia l’arrivo dei bollettini?», si chiedono la consigliera regionale Ilaria
Dal Zovo e Paolo Menis, eletto nell’assemblea municipale triestina. «Qualche tempo fa - spiega Dal
Zovo - ci avevano spiegato che gli affitti sarebbero stati più equi per aiutare i più deboli e le persone
maggiormente in difficoltà. Oggi invece scopriamo che sono proprio queste persone quelle
maggiormente penalizzate dall’applicazione delle nuove tariffe. E pensare che in commissione
l’assessore regionale Santoro aveva assicurato circa l’equilibrio dell’operazione». «Non riusciamo
veramente a capire come si sia potuti arrivare a questa situazione - afferma il consigliere comunale
Menis -. La casa è un diritto e Regione e Comune devono agire per risolvere i problemi dei
cittadini. E certamente non ingegnarsi per crearne di nuovi totalmente assurdi».
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Le scuole rischiano la deriva: «Non abbiamo più un referente» (Piccolo Gorizia-Monf.)
di Francesco Fain - È caos-scuola a Gorizia. Sotto tutti i profili. Gli organici sono andati a regime
appena adesso (fine gennaio 2017) ed è la prima volta che i ritardi organizzativi si trascinano per
così tanti mesi: significa che, nel primo quadrimestre, gli alunni hanno dovuto fare i conti con
cattedre ancora non definite e altri disagi. «Senza contare che, a tutt’oggi, mancano spezzoni di ore
dei bidelli e del personale amministrativo», rimarca Ugo Previti, segretario regionale della Uilscuola, Ugo Previti. Ma l’altro problema (reale e pesante) è che la fase di liquidazione della
Provincia sta causando, secondo gli stessi sindacati e alcuni presidi, non pochi problemi riguardo
tutto ciò che è gestione e manutenzione delle scuole. La Provincia non ha più entrate proprie, è in
fase di liquidazione e, nei giorni scorsi, è stata richiamata in fretta e furia la vecchia dirigente Carlot
per occuparsi di edilizia scolastica. Insomma, la funzionaria - che già era passata alle dipendenze
della Regione dopo la proficua esperienza dirigenziale in Provincia - torna al suo "vecchio" lavoro.
Deve gestire le scuole superiori perché i Comuni ancora non hanno trovato l'accordo con la
Regione. A invocare l'aiuto della Carlot era stato il vicecommissario della Provincia di Gorizia
Martina che aveva chiesto «in via d'urgenza» il distacco temporaneo della funzionaria presso la
Provincia «al fine di garantire l'espletamento delle funzioni residue nei settori tecnici». Ed era stato
accontentato. «Stiamo pagando questa fase di passaggio di consegne. Penso che gli uffici stiano
facendo il possibile per non farci avvertire disagi. È altrettanto vero che è necessario un maggior
senso di responsabilità», rimarca Anna Condolf, dirigente scolastica del D’Annunzio-Fabiani. La
sua amara osservazione nasceva dal fatto che al “Fabiani” era caduto un infisso durante una lezione,
fortunatamente nessuno si era fatto male ma erano nati pesanti interrogativi riguardo alla “gestione”
delle scuole visto che i lavori di sostituzione delle finestre dovevano partire a dicembre ma non
sono ancora iniziati. A rincarare la dose ci ha pensato Donatella Gironcoli, ex assessore provinciale
ai Lavori pubblici. Commentando su Facebook l’incidente della finestra al “Fabiani” ha speso
parole al curaro. «Come volevasi dimostrare. Il primo lotto dei lavori di sostituzione delle finestre
doveva essere realizzato durante le vacanze di Natale. Ma poi tutto si è bloccato. E il commissario
liquidatore è costretto a far rientrare l’ex dirigente ai Lavori pubblici. Non c’è che dire. Una riforma
che funziona». Ma anche i sindacati della scuola sono preoccupati. Molto preoccupati. A farsi
portavoce delle perplessità di genitori e studenti è Ugo Previti della Uil-Scuola. Non le manda a
dire. «Questa fase di transizione delle scuole superiori che dalla Provincia dovevano passare ai
Comuni non è stata gestita bene, inutile nascondersi dietro a un dito. Bisognava organizzarsi meglio
perché oggi molto dirigenti scolastici non sanno chi fa cosa. Una volta c’era un assessore
provinciale all’Edilizia scolastica e il meccanismo funzionava. C’era un problema, si telefonava e il
problema veniva risolto. Oggi il meccanismo è molto più farraginoso». Riguardo il richiamo in
fretta e furia della Carlot in Provincia, Previti commenta con una frase sibillina: «È inutile mettere
l’antifurto in casa, quando hai già ricevuto la visita dei ladri. Prevenire è meglio che curare. La
finestra al Fabiani non sarebbe mai dovuta cadere». Secondo i sindacati della scuola, è necessario
avere un «punto di riferimento certo. Invece, per settimane e settimane, non c’era referenti. C’è
disorientamento nel mondo della scuola. Si faccia chiarezza anche sulla data in cui i Comuni
subentreranno a quel che resta della Provincia nella gestione e nella manutenzione delle scuole».
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Cgil, Cisl e Uil volantino al San Polo sulla riforma sanitaria (Piccolo Gorizia-Monf.)
Un volantinaggio domani dalle 9.30 alle 11.30 davanti all’ospedale San Polo di Monfalcone per
denunciare i problemi ancora irrisolti della sanità isontina. È il metodo scelto dai pensionati di Cgil,
Cisl e Uil per spiegare ai cittadini le richieste del sindacato dopo le riunioni giudicate
«insoddisfacenti» con i vertici dell’Azienda sanitaria per le risposte ricevute ma anche per
«l’atteggiamento dei dirigenti della sanità». I sindacati che avevano da subito condiviso la legge di
riforma, chiedono che sia «applicata pienamente». In particolare il punto che riguarda il
«potenziamento dell’assistenza sanitaria territoriale alla luce della diminuzione dei servizi
ospedalieri». Purtroppo ad oggi, denunciano i pensionati di Cgil, Cisl e Uil «dobbiamo registrare
ritardi nell’applicazione della riforma» ed è necessario individuare alcune priorità. Innanzitutto il
potenziamento dei due distretti sanitari del Basso ed Alto isontino dando autonomia e risorse per
integrarsi con gli Ambiti sociali distrettuali. «Attualmente l’assistenza domiciliare infermieristica è
inferiore alla media regionale» denunciano Cigl, Cisl e Uil. La seconda richiesta è che l’Azienda
sanitaria «fornisca l più presto un servizio di trasporto gratuito per i non autosufficienti
impossibilitati a essere trasportati con mezzi propri, che devono recarsi a visite mediche
specialistiche ed esami diagnostici. Un altro punto riguarda la richiesta di «avviare una migliore rete
di servizio telematico fra gli ospedali e gli ambulatori dell’Azienda sanitaria. Per quanto riguarda
poi le liste di attesa per le visite specialistiche, Cgil, Cisl e Uil chiedono di «definire tempi e
programmi di attuazione di uan piùà veloce risposta alle richieste». Infine, l’ultima richiesta, ma è la
più importante «Un pronto soccorso potenziato per dare risposte alle varie emergenze».
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Stop alle classi con solo alunni stranieri (Piccolo Gorizia-Monf.)
di Laura Blasich - Stop alle classi tutte “straniere” nelle scuole di Monfalcone. Perlomeno nelle
nuove sezioni di scuola dell'infanzia e nelle prime che debutteranno il prossimo anno scolastico alle
primarie e alle medie. A chiedere il rispetto della circolare ministeriale numero 2 del 2010 e le
Linee guida per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni stranieri del Miur del febbraio 2014 è il
dirigente scolastico regionale Pietro Biasiol, che in questi giorni ha inviato una lettera di
“indicazioni” alle dirigenti dei due istituti comprensivi della città. Frutto anche del pressing
dell’amministrazione comunale, come rivendica il sindaco Anna Cisint, la lettera arriva non a caso
prima della chiusura delle iscrizioni al prossimo anno scolastico. Le dirigenti dell'Ic Giacich
Susanna Tessaro e dell'Ic Randaccio Rita Manzara Sacellini vengono invitate innanzitutto a tenere
presenti, «anche nelle successive operazioni di formazione delle classi», i criteri di carattere
organizzativo proposti nell’arco degli anni dal ministero dell’Istruzione. Vale a dire il rispetto del
tetto del 30%, comunque estendibile fino al 40%, posto alla presenza di studenti stranieri nella
singola classe. Per arrivare a «una equilibrata distribuzione degli alunni con cittadinanza non
italiana tra istituti che insistono nello stesso territorio», le dirigenti in sostanza sono sollecitate a
ripartire gli studenti nelle classi iniziali della scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di primo
grado «evitando la costituzione di classi in cui risulti predominante la presenza di alunni stranieri».
Biasiol tiene comunque conto della specificità della situazione di Monfalcone. «Anche alla luce del
fatto che molti di questi alunni sono residenti in Italia fin dalla nascita, si individua indicativamente
nel 40% del totale degli iscritti - afferma il dirigente dell’Usr Fvg - la percentuale di alunni stranieri
che sarebbe opportuno inserire in ciascuna delle classi iniziali». In ogni caso, le dirigenti «avranno
quindi cura di regolare in maniera omogenea i flussi delle iscrizioni di alunni con cittadinanza non
italiana in tutti i plessi dell'istituto comprensivo di competenza ovvero verificare la possibilità di
collaborare con le scuole contermini al fine di non superare la predetta percentuale». In base ai dati
sulla residenza in possesso al Comune, il 47,6% dei bambini in ingresso alla scuola dell'infanzia il
prossimo settembre non è cittadino italiano. Una percentuale che scende di poco per i possibili
nuovi iscritti alla primaria: 108 su 261, pari 41,4%. La situazione nelle diverse scuole, in base ai
dati sugli iscritti all’anno scolastico in corso, non è d'altro canto omogenea. La lettera del dirigente
scolastico regionale segna per l'amministrazione comunale un primo importante passo per
riequilibrare la situazione nelle diverse scuole, garantendo percorsi didattici omogenei a tutti i
bambini e i ragazzi della città. «È un primo passo per evitare si ripetano le situazioni presenti al
tempo normale della Duca d’Aosta e alla Sauro, dove le problematiche sono però anche di
approccio delle famiglie e non solo di numeri - hanno sottolineato ieri il sindaco e l'assessore
all'Istruzione Francesca Tubetti -, e per frenare quindi la fuga verso scuole esterne alla città».
L'amministrazione ieri ha però ribadito di puntare a delineare una strategia di più lungo periodo per
affrontare e risolvere le complessità del sistema scolastico monfalconese. «Il tema è quello della
conoscenza della lingua italiana, che può essere buona in studenti con cittadinanza straniera nati in
Italia e insufficiente in bambini di origine straniera e già con cittadinanza italiana», ha osservato
l’assessore Tubetti. Uno dei fenomeni con cui le scuole continuano inoltre ad avere a che fare è
l'alta mobilità degli studenti, in entrata e in uscita. L'amministrazione attiverà quindi un tavolo
permanente con dirigenti scolastici, Regione, Prefettura e, se necessario, Azienda sanitaria per
definire le azioni da mettere in campo. «A fronte delle proposte formulate dai dirigenti - ha detto
ieri il sindaco - il Comune è a disposizione per erogare i servizi di supporto che si rendessero
necessari».
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«Turni massacranti per gli specializzandi: i pazienti rischiano» (M. Veneto Udine)
di Davide Vicedomini - Turni di riposo minimi non rispettati, orari di lavoro che superano di gran
lunga quelli consentiti. I medici specializzandi dell’Università di Udine protestano e, attraverso
l’associazione medici e dirigenti, l’Anaao Assomed, inviano una diffida al Rettore Alberto Felice
De Toni e al direttore generale dell’Azienda ospedaliera, Mauro Delendi. Lo fanno in virtù di alcuni
dati a supporto, frutto di 500 segnalazioni raccolte nell’ultimo anno a livello nazionale, che
piazzano l’Ateneo udinese, con ben 5 scuole, nella lista dei “cattivi”, maglia nera della speciale
classifica insieme a Bologna. «A oltre un anno dall’entrata in vigore della normativa europea che
regola orari di lavoro e turni di riposo – spiega Laura Stabile, segretario regionale Anaao Assomed , persistono a Udine situazioni di mancato rispetto della normativa». Sono ben cinque, infatti,
peggior risultato d’Italia insieme all’Università di Bologna, le scuole di specialità in cui le
limitazioni all’orario settimanale o la garanzie di riposi minimi dopo i turni non vengono rispettate:
anestesia rianimazione e terapia intensiva, geriatria, malattie infettive, medicina interna,
radiodiagnostica. Le norme prevedono che su un periodo di 4 mesi l’orario settimanale non ecceda
le 48 ore e che sia garantito un riposo di almeno 11 ore dopo ogni turno lavorativo. Questo non
accadrebbe – secondo l’Anaao – a Udine dove alcuni medici in formazione denunciano di lavorare
spesso «con orario quasi continuato, dalle 8.30 alle 16 e poi dopo una pausa dalle 20 per tutto il
turno di notte». «Tutto ciò – precisa Stabile – incide negativamente sui livelli di attenzione e
concentrazione di medici, con conseguente aumento dei rischi per i pazienti e gli stessi operatori. Il
mancato riposo dopo i turni notturni inoltre è responsabile di un cospicuo aumento dello stress
psicofisico, capace di sfociare sul medio-lungo periodo in vere e proprie patologie». Anaao Giovani
ha raccolto nell’ultimo anno 500 segnalazioni a livello nazionale. «Nel 53% dei casi – denuncia
l’Anaao Giovani – la risposta è stata un silenzio ostinato e indifferente, mentre il 23% di questi
attivi giovani colleghi è stato più sfortunato, ricevendo in risposta minacce di vario genere, dal
divieto di accesso alle sale operatorie sino alla bocciatura all’esame per il passaggio di anno. Nel
60% dei casi di mancata osservanza, gli specializzandi lavorano stabilmente più di 48 ore a
settimana, nel 30% dei casi chi svolge un turno notturno ha lavorato durante il giorno anche oltre le
ore 16». L’Anaao ricorda inoltre «come la nostra Regione sia l’unica in Italia senza Osservatorio
regionale per la formazione medico specialistica. Questo strumento, volto al controllo di qualità,
manca da oltre 10 anni e la sua assenza, già segnalata nel 2010 a livello nazionale, è stata giudicata
come grave». “Queste norme sull’osservanza dei turni di riposo – ricorda Stabile –, hanno
l’obiettivo di tutelare la salute e la sicurezza di pazienti e operatori, evitando sovraccarichi
sistematici in grado di produrre effetti disastrosi. È quindi giunto il momento – conclude il
segretario regionale – che l’assessore regionale alla salute Telesca e il Rettore De Toni rompano il
silenzio richiedendo alle strutture l’osservanza di quanto previsto dalla normativa».
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«Carico di lavoro esagerato». Infermieri verso lo sciopero (M. Veneto Udine)
di Anna Casasola - «Lunedì abbiamo di nuovo parlato con la direzione e se non ci sarà una risposta
positiva e il ripristino delle indennità per le terapie intensive e semi intensive per gli infermieri di
Tolmezzo e San Daniele, sicuramente proclamiamo lo stato di agitazione in tutta l’azienda
rivolgendoci al prefetto di Udine e ai nostri legali. Solo per coprire i buchi nell’immediato,
l’azienda Alto Friuli ha bisogno di almeno 48 infermieri». A denunciare la situazione al
Sant’Antonio di San Daniele Afrim Caslli, segretario provinciale Nursind Udine. Tante le criticità
evidenziate dal rappresentante sindacale delle professioni infermieristiche. «In chirurgia – spiega
Caslli – ci sono elevati carichi di lavoro con pazienti chirurgici, ortopedici, ginecologici e
provenienti dalla medica che ha un tasso di occupazione del 120%. Per questo – aggiunge – il
personale è allo stremo lavora con un alto rischio di errore. In tanti hanno fatto domanda di
trasferimento. Spesso devono sostituire le continue malattie e seguire il nuovo personale assunto
affinché possa raggiungere al più presto l'autonomia necessaria ad assumere la responsabilità di
condurre il proprio turno». Sempre in chirurgia, secondo quanto riferito da Caslli «i pazienti devono
aspettare un posto letto fino a tardi o addirittura viene dato loro nel momento in cui devono essere
accompagnati in sala operatoria. In questi ultimi tempi, inoltre, sono saltate anche le
programmazioni delle sale operatorie per mancanza di posti letto occupati dal flusso continuo dei
pazienti internistici. Spesso i pazienti che devono essere dimessi vengono privati del posto letto e
rimangono ad attendere i parenti nel salottino del reparto». Per Caslli, dunque, è tangibile
l’insoddisfazione che i colleghi percepiscono per non riuscire a soddisfare né i bisogni di
un’assistenza adeguata né un supporto psicologico che aiuti il paziente a superare la malattia. «I
coordinatori – puntualizza – cercano di fare del loro meglio per organizzare il lavoro e cercano di
rispettare la turnistica, ma con un personale ridotto ai minimi serve a volte un miracolo». E le cose
non vanno bene nel resto dell’ospedale, dove, continua Caslli «il personale spesso viene precettato
per sostituire altro personale nella propria piattaforma così si può coprire anche i turni negli altri
ospedali di Gemona e Tolmezzo. Spesso i riposi compensativi vengono utilizzati dai coordinatori
per richiamare il personale in servizio a risolvere le criticità». Come aveva evidenziato il consigliere
regionale Roberto Novelli grossi problemi poi persistono al Pronto soccorso dove «ci sono elevati
carichi di lavoro, sommato all’arrivo di neoassunti in un campo dove serve esperienza. Con la
chiusura di Gemona il pronto soccorso, da un giorno all’altro ha dovuto caricarsi anche di tutti i
pazienti che normalmente afferivano la senza il dovuto potenziamento.
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Uti, i servizi sociali “perdono” la gestione dei cittadini di Osoppo (M. Veneto Udine)
di Piero Cargnelutti - Servizi sociali in evoluzione nell’area gemonese. L’organizzazione dei servizi
sociali sul territorio pedemontano si appresta a modificare il suo assetto nel corso dell’anno in virtù
dell’entrata in funzione della riforma degli enti locali che assegna la gestione del servizio
direttamente alle Unioni intercomunali, ma anche dagli sviluppi della nuova organizzazione
sanitaria. Di certo, il cambiamento che porterà a alcuni nuovi indirizzi direttamente alla popolazione
interesserà in particolare Osoppo, cittadina da sempre inserita nell’ambito socio-sanitario del
gemonese, ma che in futuro sarà orientata verso San Daniele, essendo inserita nel consorzio
collinare, la cui futura Uti gestirà i servizi sociali di quell’area. «Al momento – dice il sindaco di
Osoppo Paolo De Simon – siamo ancora in una fase transitoria con la quale si farà in modo che il
cambiamento sia regolato, ma in generale non prevedo grandi mutamenti poiché si tratterà
soprattutto di servizi domiciliari che saranno effettuati da personale di San Daniele anziché da
Gemona, e tanto più nel contesto di una unica azienda sanitaria. Per il resto, i nostri cittadini
faranno comunque riferimento al Csm e anche ai servizi che offrirà l’ospedale di Gemona». Di
certo, il nuovo riferimento per Osoppo per i servizi sociali sarà San Daniele ma al momento il
Comune è ancora inserito nell’assemblea dell’ambito gemonese: «È una fase transitoria – spiega
Aldo Daici, presidente dell’Uti – sia per Osoppo che per Gemona, che non hanno accettato di far
parte di questa Uti che a partire dal 2018 sarà la referente del servizio dei servizi sociali sul
territorio, attualmente gestito in delega all’Aas3, ma in futuro i dipendenti saranno dell’Uti.
Gemona e Osoppo ora hanno solo ruolo consultivo ma non di voto nell’assemblea. Starà a loro
decidere se procedere in convenzione anche nei prossimi anni». Se per Osoppo il 2017 sarà un anno
di passaggio visto che in futuro sarà comunque orientata verso la zona collinare, Gemona è
attualmente rimasta fuori dall’Uti: «Abbiamo accolto la proposta di partecipare all’assemblea
d’ambito in forma consultiva – spiega il sindaco Paolo Urbani – ma stiamo facendo delle verifiche
sul futuro assetto dei servizi sociali sul territorio poiché al momento la norma regionale che
prevedeva la presenza del Comune all’interno dell’ambito non è stata abrogata».
Ex Aussa Corno, appello ai consorzi del Fvg (M. Veneto Udine)
di Francesca Artico -Il commissario liquidatore del Consorzio Aussa Corno, Marco Pezzetta,
preoccupato per il futuro dei 12 dipendenti dell’ex ente consortile, prende carta e penna e scrive ai
Consorzi del Fvg, ritenendo «moralmente doveroso favorire la collocazione di queste figure
professionali in contesti operativi che possano e sappiano valorizzare le competenze tecniche e le
esperienze da loro maturate». Il commissario Pezzetta lo fa riferendosi all’apposita legge regionale
che concede contributi per l’assunzione di questi lavoratori nel proprio ente. Sostanzialmente chi
deciderà di “assorbire” qualcuna di queste maestranze potrà accedere a contributi regionali atti ad
ammortizzarne i costi. «Ritengo, infatti – afferma Pezzetta – che l’acquisizione da parte degli enti in
indirizzo di informazioni e dati in tal senso possa essere opportuno anche nelle more della
emanazione dei regolamenti attuativi delle disposizioni ora menzionate». Gli enti che potrebbero
dare una risposta alla richiesta di ricollocazione dei lavoratori del Consorzio Ziac sono: il Consorzio
per lo sviluppo industriale Ponte Rosso di San Vito al Tagliamento; il Consorzio per lo sviluppo
economico locale di Tolmezzo; il Consorzio per lo sviluppo industriale del Comune di MonfalconeCsim; il Consorzio industriale della zona pedemontana dell’Alto Friuli di Gemona; il Consorzio per
lo sviluppo del Friuli Centrale di Udine; il Consorzio per il nucleo industriale della Provincia di
Pordenone di Maniago; il Consorzio per lo sviluppo industriale economico e sociale dello
Spilimberghese di Spilimbergo; il Consorzio per lo sviluppo industriale e artigianale di Gorizia; il
Consorzio Bonifica Pianura Friulana di Udine; il Consorzio di Bonifica Pianura Isontina di Ronchi
dei Legionari; il Consorzio Bonifica Cellina Meduna Pordenone; il Cafc di Udine.
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Electrolux tra sicurezza, yoga e cibi sani (M. Veneto Pordenone)
Ieri in tutti i siti di Electrolux nel mondo si è celebrato il global safety day, la giornata mondiale
della sicurezza, un'occasione per riconoscere i risultati ottenuti nel 2016 in termini di salute e
sicurezza nell'ambiente di lavoro e presentare gli obiettivi di miglioramento per il 2017. Per gli
stabilimenti in Italia si chiude un anno decisamente positivo. L'indice degli infortuni, che valuta la
sicurezza in azienda, mostra una riduzione del 58% dal 2012 ad oggi. «Un risultato che dimostra
ancora una volta – come sottolinea il gruppo – come una buona struttura organizzativa, formazione
e coinvolgimento attivo dei lavoratori sui temi della salute e sicurezza, dentro e fuori l'ambiente di
lavoro, siano fattori vincenti». «Electrolux è una delle aziende di elettrodomestici più sicure al
mondo e dovremmo esserne davvero tutti orgogliosi» ha dichiarato Ernesto Ferrario, senior vice
president global industrial operations e amministratore delegato di Electrolux Italia, nel messaggio
che ieri è stato trasmesso in tutti i siti Electrolux del mondo. «Un grande grazie per aver raggiunto
questo record nel 2016 e per continuare a perseguire con impegno il nostro obiettivo di zero
incidenti» ha proseguito Ferrario. In occasione di questa giornata, lo stabilimento di Porcia ha
ulteriormente coinvolto l’Azienda per l’assistenza sanitaria 5 nelle attività del plant. In tale ambito
Emanuele Quarin, direttore dello stabilimento, ha seguito in prima persona delle osservazioni sul
tema salute e sicurezza nell’ambito del programma aziendale “Stop”, assieme a due responsabili
dell’Azienda sanitaria. Tutti i dipendenti sono invece stati coinvolti in sessioni, guidate dal
personale del dipartimento di prevenzione dell’Aas 5, dedicate all'alimentazione e a stili di vita sani
e al cui termine sono stati serviti degli appetizer. I lavoratori avevano inoltre a loro disposizione un
medico nutrizionista per analizzare le abitudini alimentari in relazione ai fattori di rischio, un tema
che a breve vedrà partire nello stabilimento un'attività di screening stabile. Inoltre l’azienda ha
offerto la possibilità di partecipare a due sedute di yoga e una di massoterapia gratuite, che si
aggiungono alla ginnastica dolce e al pilates che stanno riscuotendo particolare successo. Come
ogni anno sono stati premiati i vincitori del “Suggest & Win”, l'iniziativa che coinvolge i lavoratori
nella segnalazione di potenziali rischi, distribuiti i calendari 2017 illustrati con i disegni realizzati lo
scorso anno dai figli dei dipendenti e premiati i bambini che hanno partecipato con il loro disegno
all’edizione di quest’anno. A tutti è stato consegnato il certificato di “Sponsor della sicurezza”.
Operaio centrato da una lastra di marmo (M. Veneto Pordenone)
di Ilaria Purassanta - E’ rimasto schiacciato da alcuni lastroni mentre stava lavorando in marmeria a
Sacile, nel tardo pomeriggio di ieri. Il materiale gli è poi caduto sul braccio destro. Francesco
Mereu, 52 anni, residente a Caneva, è arrivato al pronto soccorso dell’ospedale Santa Maria degli
Angeli di Pordenone in serata con mezzi propri. Non è stato richiesto infatti l’intervento
dell’ambulanza del 118 alla marmeria sacilese, all’interno della quale, per cause ancora in corso di
accertamento, ha subito l’infortunio. Per chiarire le circostanze in cui l’operaio è rimasto ferito
scatteranno gli approfondimenti dei funzionari dell’Azienda per l’assistenza sanitaria 5 del Friuli
occidentale. Nell’infortunio sul lavoro il marmista ha riportato numerose fratture (in particolare al
bacino, a una vertebra e al polso) e anche un trauma addominale, che è stato monitorato
costantemente dai medici. All’esito degli accertamenti diagnostici effettuati in pronto soccorso, la
lesione al braccio è stata giudicata la più grave. Nel corso della nottata fra mercoledì e oggi il
cinquantaduenne canevese è stato operato d’urgenza dagli specialisti in chirurgia della mano,
coordinati dal primario Alberto De Mas. Un reparto che l’Italia ci invidia e che anche ieri ha
prodigato il massimo sforzo, in una situazione non facile. Il paziente è stato portato in sala
operatoria intorno alle 23. Oggi si conoscerà l’esito dell’intervento. Sempre ieri, in provincia di
Pordenone, un secondo infortunio sul lavoro si è verificato a Maron di Brugnera, in un’officina di
lavorazioni meccaniche. In questo caso un operaio è rimasto lievemente ferito al piede a seguito
della caduta di una lastra di metallo.
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