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Recensione: Atti mancati di Matteo Marchesini Vedi articolo originale
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Atti mancati ­ Matteo Marchesini Marco conduce un'esistenza piuttosto ordinaria e ritirata, forse anche troppo: firma pezzi giornalistici per il “Corriere di Bologna” e nei momenti morti cerca di venire a capo del suo vero progetto di vita, un romanzo mai terminato. Proprio il suo lavoro ufficiale, però, gli farà di nuovo incrociare la strada della sua ex fidanzata, Lucia, che qualche anno prima lo aveva lasciato durante un periodo difficile per entrambi. Quest'ultima vuole riavvicinarsi a lui, ma Marco non capisce cosa ci sia dietro un'esigenza così aggressiva ed improvvisa. Per scoprirlo il nostro dovrà uscire dal suo isolamento volontario e costringersi ad affrontare la realtà: il presente e, soprattutto, il passato, con tutto il suo carico di tragedie e sensi di colpa. Editore: Voland Pagine: 128 Prezzo: 13.00 euro Italo Calvino Andrea Charles Camilleri Baudelaire Giulio Mozzi Antonio Woody Blake Tabucchi Allen Lively
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La prima lezione di qualsiasi corso di scrittura creativa è “scrivi di quello che conosci”, che sembra essere stata assimilata alla perfezione da Marchesini. Basta soltanto scorrere la biografia dell'autore, infatti, per scoprire diverse analogie tra lui ed il protagonista Marco ­ anche il nome in fondo è simile. Salta subito all'occhio la cittadinanza bolognese; a
proposito, indovinate un po' a quale giornale collabora lo scrittore? E s a t t o , i l “C o r r i e r e d i B o l o g n a”. Inoltre piccoli elementi nella caratterizzazione di Marco ed il modo in cui gli altri personaggi si rapportano con lui sembrano indicare che l'autore lo vede sotto una luce decisamente favorevole, anche a costo di forzare la mano del lettore nel farsene un'opinione personale (ma di questo parleremo più approfonditamente in seguito). A questo punto viene spontaneo chiedersi se tra le pieghe della trama non ci siano altri fatti reali, anche alla luce del finale del romanzo.La città di Bologna gioca un ruolo fondamentale nella storia: non ne è solo l'ambientazione, ma è anche e soprattutto un elemento per definire i personaggi. Uno dei primi indizi dell'inadeguatezza che prova Marco è proprio quello di essere nato nella provincia, che lo rende diverso dai suoi amici. Considerando che il romanzo è in lizza per il più prestigioso premio letterario nazionale – non di Bologna – è un fatto da non sottovalutare. E' piuttosto difficile, qui, stabilire il confine tra appartenenza alle proprie radici e provincialismo. Per coincidenza, chi scrive abita proprio nei dintorni, ed è riuscita abbastanza bene a districarsi tra i riferimenti geografici (meno nel malessere psicologico sopraccitato, un po' esagerato ed implausibile nel 2013). Ma chi abita in un'altra zona di Italia? Scendendo più nello specifico è l'università, l'Alma Mater Studiorum, ad essere più sotto i riflettori, con i suoi elementi “folkloristici”. I personaggi provengono tutti da quell'ambiente, e non perdono occasione per ricordarlo, con i loro riferimenti che, di nuovo, in pochi potranno cogliere appieno, ed i loro raffinati discorsi. Si riempiono la bocca di “Wille zur Macht”, di Aleksandr Herzen, di Fortini, e questo si ripete anche nella narrazione di Marco. Marchesini sembra volersi rivolgere a gente dalla cultura simile a quella dei suoi personaggi: ma non calcola che non tutti, volente o nolente, la dispongono. Potremmo parlare a lungo su questo approccio elitario alla letteratura, forse una reazione alla vacuità di certe opere che, proprio in virtù della loro pochezza contenutistica, fanno furore nelle librerie, ma è un discorso troppo ampio che comunque esula da “Atti mancati”. Esaurendo del tutto l'aspetto più tecnico dell'opera, lo stile dell'autore è lungi dall'essere perfetto, anzi avrebbe avuto bisogno di un editing piuttosto deciso, per limare fisiologiche imperfezioni del romanzo d'esordio e spiegare allo scrittore che non sempre un termine lungo ed ampolloso è da preferirsi ad uno breve. L'opera è costellata da espressioni come “normalità alto­borghese”, “mostruosa concrezione edipica”, “pollici nocchieruti”, che stonano con la costruzione delle frasi semplice e dai dialoghi scarni. Non ci si stupisca se poi alla lettura il libro sembra lungo il doppio di quello che in realtà è, con questo livello linguistico così altalenante. La narrazione è in prima persona, naturalmente dal punto di vista di Marco. Per quanto riguarda l'economia della storia è una scelta saggia, perché veniamo a scoprire come stanno le cose soltanto in contemporanea con il protagonista, rendendo così al meglio la poca suspense che la trama concede. Tuttavia essa è deleteria per l'introspezione psicologica. Come accennato sopra, Marco sembra in una posizione avvantaggiata rispetto agli altri personaggi, per la probabile simpatia che nutre per lui l'autore e per il suo ruolo di narratore, che toglie la possibilità al resto del cast di fornire una versione dei fatti diversa dalla sua. E il cast si adegua, non facendo niente che non sia strettamente Data
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collegato con Marco, volente o nolente. E' paradossale che tutto giri intorno ad una persona così immobilista, che pur non muovendo un dito attira tanta attenzione. Ad esempio un personaggio in genere calmo e tranquillo, Ernesto, scrive un pezzo pieno di livore contro il fratello Davide, a cui è stata diagnosticata la schizofrenia. Marco, tuttavia, crede che il vero bersaglio sia lui, a causa di un'attrazione mai sopita per Lucia; ipotesi confermata in seguito anche da quest'ultima. A nessuno dei due passa per la testa che Ernesto in quel momento aveva questioni più serie a cui pensare, e che magari il destinatario della sua ira potesse essere davvero Davide. Potrebbero essere due le ragioni di questa scelta. La prima è che Marchesini l'abbia fatto apposta e volesse mettere l'accento sulla mania di protagonismo di Marco: in tal caso tanto di cappello, perché il lettore lo percepisce forte e chiaro. La seconda però è che non lo sapesse nemmeno l'autore, e allora è tutta un'altra storia, il lettore è decisamente meno conciliante con il protagonista. Peccato però che soltanto Marchesini sappia qual è la verità.Se già Marco, nonostante tutto, non brilla per caratterizzazione, e non riesce mai a staccarsi dal suo ruolo di punto di vista per diventare un personaggio a tutto tondo, figurarsi gli altri. Lucia, e un pochino Ernesto, sono le uniche eccezioni: in particolare la prima, sempre misteriosa e piena di rivelazioni su di sé e sugli altri. Uno dei motivi per leggere “Atti mancati” è proprio capire che cosa voglia veramente... ammesso che lo sappia lei stessa. Non è una “moderna Erinni”, come la definisce con buona volontà la trama dell'editrice Voland, ma è comunque un personaggio tridimensionale che si difende bene in mezzo a tanta bidimensionalità. E questa è l'unica nota positiva sotto l'aspetto dell'introspezione psicologica. Bernardo, il mentore­amico­rivale di Marco, è tale solo sulla carta, e quando finalmente calca la scena appare ben al di sotto delle aspettative; Davide, il famigerato fratello di Ernesto, ha solo la sua malattia, e nient'altro; e purtroppo non vi sono altri personaggi. Forse in questo caso la scelta di creare un cast ridotto è stata infelice, perché i primari non sono ben caratterizzati, ed i secondari non ci sono affatto. “Atti mancati” parte in maniera decisamente zoppicante, salvo poi riprendersi mano a mano, con il crescere delle rivelazioni e della consapevolezza di Marco. Ma una buona parte finale non basta a cancellare una prima deficitaria per scrittura e per coinvolgimento emotivo, un'ambientazione ed uno stile inaccessibile ai più, dei personaggi incastrati nel ruolino che gli affida il non proprio brillante punto di vista. Magari in futuro – anche, come già accennato, con l'aiuto di un editing come si deve – Marchesini potrebbe regalarci delle belle sorprese: nel frattempo però questo romanzo d'esordio, seppure ci provi con tutte le sue forze, non riesce a raggiungere la sufficienza, men che meno il livello di qualità adatto per il maggiore premio letterario italiano. www.ecostampa.it
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Matteo Marchesini è nato nel 1979 a Castelfranco Emilia e vive a Bologna. Tra le sue pubblicazioni: le poesie di Marcia nuziale (Scheiwiller 2009), le satire di Bologna in corsivo. Una città fatta a pezzi (Pendragon 2010), i saggi letterari di Soli e civili (Edizioni dell’Asino 2012). Collabora tra l’altro con la redazione bolognese del “Corriere della Sera”, con Radio Radicale, “Il Foglio” e “Il Sole 24 Ore”. Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.
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