E tu di che razza sei? Razze umane e razzismo

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E tu di che razza sei? Razze umane e razzismo
E tu di che razza sei? Razze umane e razzismo, storia di un malinteso
Rimini, 26 ottobre 2006 ore 15, Sala dell’Arengo.
Unità didattica di Laura Fontana
Il persistere dei fenomeni di razzismo, xenofobia e antisemitismo in Italia e negli
altri Paesi europei, rappresenta una sfida importante per le nostre società e, benché sia
difficile quantificare l’esatta entità del problema, è tuttavia impossibile ignorarlo. Anche
se la ricerca scientifica ha dimostrato l'irrilevanza del concetto di razza, una persistente
mentalità razzista induce all'insofferenza nei confronti delle etnie e delle culture diverse.
Con inquietante regolarità assistiamo ad atti di discriminazione e di violenza di
matrice razzista nei confronti degli immigrati e dei soggetti percepiti dalla maggioranza
come “diversi”. Ancora più allarmante è una tendenza occulta e molto diffusa
nell’inconscio collettivo al pregiudizio e alla discriminazione - atteggiamento mentale che
è riscontrabile in vari ceti sociali - nonché l’uso sempre più comune di un linguaggio
razzista nelle manifestazioni politiche pubbliche e negli eventi sportivi come, ad esempio,
il mondo del calcio.
Per citare Milena Santerini, professore di pedagogia generale all’Università
Cattolica di Milano (in Educazione interculturale e razzismo, Scuola e didattica, 18
giugno 1995) “Gli insegnanti e gli educatori attenti alle problematiche sociali riscontrano,
specie tra gli adolescenti, una diffusione di comportamenti ed atteggiamenti che si
richiamano a dinamiche di esclusione dell’altro e del diverso.” In altre parole si avverte
una stressa connessione tra atteggiamenti di stampo razzista e un rapporto conflittuale
con la propria identità personale. Chi sono io in rapporto all’altro? Come posso
distinguermi da chi non è come me? Come riconoscere i nemici, ovvero i diversi?
Questo incontro dedicato al tema della razza e del razzismo apre il seminario per
gli studenti di scuola media superiore, intitolato Razzisti si diventa? La Germania nazista e la
costruzione del nemico che riprenderà alcune tematiche affrontate lo scorso anno col
programma educativo intitolato Questioni di razza. Dall’eugenetica allo sterminio, allo scopo di
offrire materiali e spunti di riflessione scuola sui processi di costruzione del razzismo
nella Germania nazionalsocialista e nell’Italia fascista.
Hitler e Mussolini dedicarono entrambi grandi energie e risorse per mobilitare le
masse contro un nemico comune e per giustificare politiche di emarginazione e di
discriminazione nei confronti principalmente degli ebrei e dei neri.
Invenzioni pseudoscientifiche come la razza ariana, la razza italica e la razza
ebraica furono sufficientemente accreditate dal mondo accademico e culturale, dalla
stampa e dalla scuola per far accettare ai cittadini tedeschi e italiani i provvedimenti di
esclusione e di persecuzione di parte della popolazione come misure necessarie per il
benessere del Paese e il consolidamento del senso di identità nazionale.
Gli obiettivi storico-didattici che il percorso educativo intende raggiungere sono
due :
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1) promuovere una conoscenza più approfondita del rapporto tra terrore e consenso
durante i due regimi, indagando più in particolare il ruolo dell’educazione scolastica e
della propaganda nella Germania e nell’Italia degli anni Trenta, al fine di promuovere
nelle rispettive società quel consenso necessario per far accettare anche le decisioni più
drastiche e terribili nei confronti delle minoranze;
2) interrogarsi e sensibilizzare i giovani sui meccanismi psicologici, attivi e passivi, che
costruiscono un’immagine comune di “diverso” e di nemico, perché tale processo accade
tuttora in molte parti nel mondo e solo la conoscenza e l’educazione possono essere
strumenti efficaci per prevenire il formare del pregiudizio.
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani sancisce all’art. 26 (2) :
L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del
rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la
tolleranza, l' amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l' opera delle
Nazioni Unite per il mantenimento della pace.
Il nostro lavoro nell’ambito della memoria della Shoah, tuttavia, non è l’istruzione degli
studenti che frequenteranno il seminario e parteciperanno alle altre iniziative del
programma, in altre parole l’obiettivo non è l’insegnamento della storia tout court, ma è
l’educazione dei ragazzi e delle ragazze. Il progetto stesso al quale facciamo riferimento
per il nostro operato è stato volutamente chiamato "Educazione alla Memoria”.
Parlando, nella fattispecie, di Diritti Umani non avrebbe senso parlare di istruzione,
perché non possiamo limitarci a trasmettere una serie di pur utili nozioni. La sola
conoscenza, infatti, non è sufficiente a modificare atteggiamenti e comportamenti Come
educatori dobbiamo sforzarci di evitare fastidiosi moralismi all’insegna di un vuoto
buonismo, nonché insegnamenti a colpi di dogma (“bisogna rispettare tutti gli uomini”,
“non dobbiamo dimenticare mai”, “la pace va sempre difesa e promossa”, ecc.)per
creare una vera condivisione dei valori e, soprattutto, la formazione critica delle giovani
coscienze. Perché solo attraverso la libertà del proprio raziocinio i nostri studenti, gli
adulti di domani, potranno veramente scegliere di difendere quei principi e quei valori
che saranno da guida per il loro agire quotidiano, assicurando consapevolezza
dell’esistenza di una serie di diritti fondamentali che spettano a ogni individuo in quanto
essere umano e non dipendono dalla razza, dalla lingua, dalla religione, dall’appartenenza
ad un popolo od uno stato.
L’educazione ai diritti umani è finalizzata anche a far nascere un sentimento di
responsabilizzazione nei confronti dei diritti degli altri. Le parole chiave sono, quindi,
consapevolezza e responsabilizzazione.
Inoltre i giovani vanno anche educati ad accettare la diversità, spesso considerata in
chiave negativa, come "minaccia" della propria identità e per questo la presenza dei
"diverso" frequentemente genera sentimenti di paura, ansia, sospetto.
Dal sito curato da Umberto Eco, Furio Colombo, Jacques Le Goff
(www.tolerance.kataweb.it) abbiamo ripreso i tre concetti fondamentali sul valore della diversità:
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1 - Le differenze esistono. Non si diventa uguali negando che esistano le differenze. Le
differenze esistono e vanno riconosciute.
2 - Le differenze possono spiacere. Non sempre le differenze degli altri ci piacciono.
Ma questo non significa che noi siamo cattivi. Diventiamo cattivi quando vogliamo
impedire agli altri di essere diversi.
3 - Le differenze sono anche positive. Le differenze sono ciò che rende il mondo un
posto interessante in cui vivere.
Se riuscissimo a percepire la "differenza" non come un limite alla comunicazione, ma
come un "valore", una "risorsa", un "diritto", l'incontro con l'altro potrebbe essere in
certi casi anche scontro, ma non sarebbe mai discriminazione. E l'educazione
diventerebbe scoperta e affermazione della propria identità e, contemporaneamente,
valorizzazione delle differenze. (1)
Invece è il pregiudizio, inteso proprio come giudizio superficiale non avvallato da fatti,
ma da opinioni, il motore che a volte muove un po' le azioni e i comportamenti di tutti
noi, condiziona le nostre relazioni sociali, ostacolando a volte appunto le opportunità di
contatto, incontro, esplorazione, scoperta che sono i fondamenti dei rapporto con l'altro
da sé.
Nell’incontro E tu di che razza sei? verrà inizialmente proposto agli studenti un piccolo
gioco di gruppo (vedi allegato), al fine di rompere il ghiaccio (gli studenti sono oltre 150,
appartengono a classi e scuole diverse, dunque non si conoscono e non sanno bene che
cosa li aspetti per questo seminario sulla Shoah).
Il gioco consiste nel dividerli in gruppi assolutamente casuali (massimo 10 per gruppo)
proponendo loro di riempire una serie di frasi contenenti luoghi comuni e stereotipi per
poi commentarli insieme.
Il tempo deve essere fortemente limitato per evitare che il gioco diventi un esercizio
intellettuale e perda di spontaneità.
L’educatore avrà cura di lasciare liberi i gruppi di organizzarsi logisticamente come
desiderano, possono spostarsi nella stanza (la Sala dell’Arengo è molto vasta), stare in
piedi, seduti sulle sedi o per terra, ecc.
Al termine del tempo i ragazzi saranno quasi certamente frustrati per non aver potuto
terminare il proprio “compito”. A quel punto l’educatore chiamerà un rappresentante
per ogni gruppo che leggerà all’assemblea le proprie risposte, con brevi commenti.
Il gioco nasconde l’intento di spostare psicologicamente gli studenti dall’ambito
scolastico vero e proprio (qui non sono al doposcuola, non devono essere ascoltatori
passivi di una lezione magistrale) all’ambiente del seminario in cui si discuterà e si
rifletterà insieme su alcune tematiche. Inoltre contribuisce a familiarizzare gli studenti,
molto più di affermazioni e sentenze, con l’idea di pregiudizio e di stereotipo
nell’immaginario comune.
Solo a questo punto, verrà proposto agli studenti un percorso visivo su power point, con
numerose slide contenenti brevi testi e immagini, allo scopo di comunicare loro alcune
nozioni di base sulla formazione del pensiero razzista e della manipolazione di un
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termine antropologico come “razza” per postulare una gerarchia fra gli esseri umani e
giustificare sistemi politici di discriminazione, schiavizzazione e genocidio.
Diversi esempi di vignette, fumetti, pubblicità del XX secolo mostreranno quindi ai
ragazzi come sia il nazionalsocialismo che il fascismo abbiano avuto bisogno di creare, di
codificare, di stereotipare un’immagine di diverso, di nemico, per poterla divulgare
attraverso i media e l’educazione nazionale e per convincere il popolo che era giusto
discriminare questi individui. Il nero delle colonie e l’ebreo occidentale diventano così
due simboli del degrado dell’umanità, della malvagità, della sporcizia morale.
Il razzismo si nutre di immagini e di parole che vengono veicolate con tutta la forza
persuasiva della propaganda di regime. Per questo non possiamo non far notare ai
giovani che le parole non sono mai neutre e che il razzismo va denunciato in qualunque
forma appaia, a incominciare proprio dalle scritte sui muri, sulle tombe, sugli striscioni
degli stadi.
Infine si affronterà il tema delle tante discriminazioni delle minoranze nelle società del
passato e della nostra epoca, citando casi concreti come i rom nelle baraccopoli, gli
extracomunitari alla ricerca di casa e di lavoro, l’infanzia sfruttata nel mondo.
Anche il concetto di straniero andrà chiarito, perché spesso si avverte una
generalizzazione negativa del concetto di “altro” da sé: gli stranieri possono avere mille
volti, mille storie, mille destini. L’esempio lampante dei rifugiati dimostra, oggi come ieri,
che c’è un diritto naturale e inalienabile dell’uomo alla migrazione, alla ricerca di una
nuova dignità.
Al termine dell’incontro (che avrà una durata complessiva di circa 90 minuti) verrà
consegnato agli studenti :
1) una dispensa contenente alcuni materiali di approfondimento: articoli di giornale
dedicati al razzismo e al fenomeno degli immigrati in Italia e in Europa, il testo della
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, la Dichiarazione Universale dei
Diritti dell’Uomo e una bibliografia generale;
2) un piccolo esercizio da fare a casa, ovvero una griglia da completare per analizzare un
articolo di giornale o per commentare un servizio televisivo dedicato al tema
dell’immigrazione.
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