anniversari - ANPI – Reggio Emilia

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anniversari - ANPI – Reggio Emilia
notiziario
PERIODICO
PER
RIODICO del
dell Comitato Provinciale
Provinciialle Associazione
Associiaziione Nazionale
Naziionale Partigiani d'Italia
d'Italiia di Reggio
Reggiio EEmilia
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05-06
2010
giugno
luglio
7 luglio 1960-2010
50ANNI DOPO
03 l© editoriale
Il 50° anniversario
del 7 luglio 1960.
Pietra miliare per
la democrazia
Dino Felisetti
16 l© politica
Le maf ie a Reggio
Emilia. Intervista
a Mauro Ponzi
a cura di Glauco
Bertani
22 l© cultura
Le Reggiane 1943
Questa è la pace
che vogliamo
Annalisa Govi
41 l© l’opinione
Non sospendere
il sostegno a
Istoreco
Anna Salsi
LA COPERTINA
50 ANNI DOPO
Reggio Emilia, 7 luglio 2010, Cimitero monumentale.
Moni Ovadia reca omaggio ai caduti del 7 luglio 1960
(Foto di Cinzia Bolognesi)
Gli articoli e le testimonianze per il ventennale della
morte di Velia Vallini, per assoluta mancanza di spazio,
saranno pubblicati nel numero di settembre 2010
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notiziario
05-06
2010
giugno
luglio
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Periodico del Comitato Provinciale
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Enrico Lelli, Saverio Morselli, Fabrizio Tavernelli
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notiziario
sommario
editoriale
di Dino Felisetti
Editoriale
- Il 50° anniversario del 7 luglio 1960.
Pietra miliare per la democrazia, di Dino Felisetti ......................... 3
50° 7 luglio 1960
- Cinquant’anni senza giustizia. I 5 morti del 7 luglio 1960,
a cura di g.b. ............................................................................... 5
- Dove’eri tu quel 7 luglio 1960?
Una conversazione con Francesco Lamantia, di a.z. ..................... 7
- Il 7 luglio 2010. Gli avvenimenti ................................................8-9
25 aprile 2010
- Ricordare il 25 aprile ............................................................ 10-13
Politica
- Le mafie a Reggio Emilia. Intervista a Mauro Ponzi,
a cura di Glauco Bertani ............................................................ 16
- Adro e altro, di Anna Fava .......................................................... 18
- A scuola di Pace, di Anna Salsi .................................................. 19
Estero
- Turchi, la scelta di Ankara, di Bruno Bertolaso ............................ 21
Cultura
- Questa è la pace che vogliamo, di Annalisa Govi ........................ 22
- Dalla parte del creato. Montagna, animali e natura,
di Giacomo Notari ...................................................................... 24
- Annamaria Giustardi, Disegnava aerei, recensione di a.z. ........... 24
- Vasco Montecchi e il suo corpo a corpo col marmo, di a.z. ......... 25
- L’eredità di don Lorenzo Milani, di Francesco Paolella ................ 29
Compleanni
- Annita Malavasi Laila, di Eletta Bertani ...................................... 27
Avvenimenti
- Sentieri partigiani 2010 ............................................................. 27
Memoria
- Cancellati i simboli del nazismo ................................................. 35
- Ricordati i 32 martiri della Bettola ............................................. 35
- Quella notte di marzo a Botteghe di Albinea ............................... 36
- 1° aprile 1945, Pasqua di sangue .............................................. 38
- Canossa: in ricordo di Ciapaief, Rameris e Remo,
di Vando Fontanesi .................................................................... 39
- Commemorando la battaglia di Sparavalle, di a.z. ...................... 40
L’Opinione
- Non sospendere il sostegno a Istoreco, di Anna Salsi ................. 41
Lutti ............................................................................................ 42
Anniversari................................................................................. 46
Offerte ........................................................................................ 49
Turismo ...................................................................................... 52
Le rubriche
- Cittadini-democrazia-potere, di Claudio Ghiretti ......................... 28
- Opinion leder, di Fabrizio “Taver” Tavernelli ................................ 29
- Segnali di Pace, di Saverio Morselli ........................................... 30
- Primavera silenziosa, di Massimo Becchi ................................... 32
- L’informazione sanitaria. Le risposte del prof. Iori ...................... 33
- Conosceri gli altri, di Riccardo Bertani ....................................... 34
- Reggio che parla, di Glauco Bertani ........................................... 50
- La finestra sul cortile, di Sandra Campanini ............................... 51
Il cinquantesimo
anniversario
del 7 luglio 1960
PIETRA MILIARE PER
LA DEMOCRAZIA
“Ricordo bene quando il sindaco Campioli, con la fascia tricolore, presente
l’assessore Lelli ed io, affrontò quel commissario di polizia, impacciato di fronte
al sindaco che, come un “gigante” della democrazia, gli rimproverava a voce
tonante l’assurdità di quella reazione a
colpi d’arma da fuoco ad altezza d’uomo, timido rispose dicendo che “lui doveva ubbidire agli ordini”. Ordini di chi,
non si seppe mai...”
A cinquant’anni di distanza è giusto e doveroso domandarci
cosa abbia significato il SETTE LUGLIO 1960 per la democrazia italiana.
Nel corso dei circa sessant’anni di vita della “gracile” democrazia Italiana, nata dalla Lotta di Liberazione conclusasi il
25 aprile 1945 e sancita dalla Costituzione repubblicana del
01.01.1948, vi sono stati alcuni momenti (di cui ne indico
quattro) in cui questa nostra democrazia è stata messa a rischio di crisi e/o d’involuzione. Mi limito infatti a ricordare:
quello delle prime elezioni politiche il 18 aprile 1948; poi, a
pochi mesi di distanza, quello dell’attentato all’on. Togliatti del 14 luglio 1948; l’insediamento del governo Tambroni
nell’aprile del 1960, con i tragici fatti del 7 luglio a Reggio ed
in altre città, e la cattura con assassinio dell’on. Aldo Moro.
Nel primo caso, il rischio fu rappresentato dal durissimo
continua a pag. 4
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editoriale
continua da pag. 3
scontro elettorale tra Fronte democratico
popolare (PCI e PSI) e il centrodestra costituito dalla Democrazia cristiana (con
l’appoggio del PSDI di Saragat e Simonini)
stante l’enorme importanza politica della
posta in gioco che riguardava (in fondo) la
scelta tra Occidente e Oriente.
Sennonché il trionfo elettorale della DC e
la sconfitta del Fronte popolare, evitarono
che in Italia si corresse il rischio dell’insediamento che un governo condizionato dai
comunisti (che nel Fronte popolare erano
maggioranza), con possibili rischi di “balcanizzazione” e di rottura dei rapporti internazionali, in quanto l’Italia (per gli accordi
di Jalta) era sotto influenza USA che, specie
in allora, erano presenti militarmente anche
massicciamente, con molte basi in Italia. Le
vicende dell’Istria e di Trieste ne sono la testimonianza.
Credo che oggi, anche molta parte della sinistra, abbia finito per considerare la vittoria
della DC un fatto che, pur umiliando la sinistra italiana, mantenne pacificamente il nostro Paese nell’area della civiltà occidentale
evitando le gravi vicende occorse nei paesi
balcanici.
Il secondo grave momento di rischio fu l’assurdo e delittuoso attentato all’on. Palmiro
Togliatti, segretario del PCI, avvenuto il 14
aprile del 1948, cioè soltanto tre mesi dopo
le elezioni del 18 aprile, ad opera della criminale iniziativa personale del giovane Pallante.
Se in Italia non scoppiò una “guerra civile” (quel giorno l’Italia tutta si fermò con le
sommosse e scontri a Roma, Napoli, Livorno, Genova e Taranto, dove vi furono alcuni
morti e feriti) lo si deve al grande senso di
responsabilità di Palmiro Togliatti che, immediatamente operato con esito positivo,
come sue prime parole disse ai dirigenti comunisti e a tutti gli italiani: “e ora cerchiamo di non perdere la testa”. La qual cosa,
oltre che segno di grande senso di responsabilità, contribuì al ritorno della tranquillità,
alla quale, secondo le cronache, avrebbe
contribuito anche l’impresa ciclistica di
Bartali con la vittoria al Giro di Francia.
Ma furono soprattutto i gravissimi fatti
del luglio 1960 a costituire il terzo e forse
più grave rischio per la nostra democrazia
a causa l’insediamento alla Presidenza del
consiglio dei ministri dell’on. Tambroni, ottenuta con il voto determinante del MSI di
Almirante, nell’aprile 1960. Tale fatto provocò subito, a partire dal mese di maggio e
di giugno, manifestazioni, scioperi, cortei e
sommosse in molte città italiane: a Genova,
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PER IL NOSTRO DOMANI
(che si ribellò a che vi si tenesse il congresso del MSI), a Roma con i fatti di Porta S.
Paolo e il ferimento di alcuni deputati di sinistra, a Palermo, a Licata e a Catania dove,
durante lo sciopero generale, rimasero uccise quattro persone. Ma determinante fu Reggio Emilia dove, il 7 luglio 1960, nel corso
di una grande manifestazione popolare di
netta ma pacifica contestazione al governo
Tambroni, perché il voto determinante del
MSI prospettava ipotesi di “inaccettabili ritorni”. In quel tragico sette luglio l’insensato ed irresponsabile uso delle armi da fuoco
da parte di alcuni uomini della polizia, provocò la morte di ben cinque giovani dimostranti: Ovidio Franchi, Lauro Farioli, Afro
Tondelli, Emilio Riverberi e Marino Serri,
(oltre a numerosi feriti), furono assassinati
in piazza perché qualcuno che aveva “perduto la testa” ordinando il fuoco ad altezza
di uomo dirigeva la polizia.
Non è vero che: “muore giovane chi è grato agli Dei”, chi viene stroncato da giovane perde la sua vita e getta nel lutto i suoi
cari. Tanto più che questo avvenne sebbene,
come risultò dagli accertamenti, nessuno fra
le molte migliaia dei dimostranti era in possesso di armi.
Ricordo bene quando il sindaco Campioli,
con la fascia tricolore, presente l’assessore
Lelli ed io, affrontò quel commissario di
polizia, impacciato di fronte al sindaco che,
come un “gigante” della democrazia, gli
rimproverava a voce tonante l’assurdità di
quella reazione a colpi d’arma da fuoco ad
altezza d’uomo, timido rispose dicendo che
“lui doveva ubbidire agli ordini”. Ordini di
chi, non si seppe mai.
Ma il sacrificio di quei giovani fece si che
Tambroni, sfiduciato dalla stessa DC, il 26
luglio si dimise, e il presidente Gronchi dette l’incarico all’on. Fanfani, il quale, all’atto
dell’insediamento, disse: “il popolo italiano
ha reagito d’istinto e come ha potuto”. Parole da tutti interpretate come legittimazione
della generale sollevazione del popolo italiano non solo a Reggio ma in tutta Italia.
Fanfani presiedette poi i due governi monocolori del 26 luglio 60 e del 21 febbraio 62,
governi che aprirono la porta all’evento del
Centro sinistra nato col governo Moro del 4
dicembre 63 che instaurò la svolta politica
con l’entrata, per la prima volta, della Sinistra, rappresentata dallo PSI, nel Governo
con la Vice presidenza del Consiglio affidata all’on. Pietro Nenni.
Fu così che, ancora una volta il consolidamento della democrazia italiana era stata realizzata; ed ancora una volta per merito del-
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MORTI DEL
7 LUGLIO 1960
la coscienza antifascista dalla maggioranza
degli italiani e dello spirito di sacrificio al
quale Reggio Emilia dette un pesante ma
glorioso e, credo, determinante contributo.
Peccato che il successivo ed inevitabile processo penale contro i responsabili di quei
drammatici fatti, individuati nella persona
del commissario di ps Cafari Panico e di
Orlando Celani, abbia avuto uno sviluppo
inaccettabilmente illegittimo e mortificante. Infatti, una burocratica ordinanza della
Cassazione, ritenuta la cosiddetta “legittima
suspicione”, fece spostare il processo alla
sede (Corte d’Assise) di Milano, “scippando” così il processo al “giudice naturale”
cioè la città di Reggio Emilia.
Questo legittimo spostamento fu subito visto come un “brutto segno” per l’esito del
processo che, iniziato nel dicembre del
1963, si chiuse, dopo mesi di udienze più o
meno ripetitive, con sentenza di assolutoria
piena per il commissario Cafari e per insufficienza di prove per Orlando Celani.
So che molti degli interessati e parenti delle
vittime del 7 luglio chiedono da tempo la
revisione del processo. Formalmente non
sembra inammissibile; ma poiché un bravo
penalista se ne sta occupando, gli auguro
pieno successo. Infatti, io, che fui uno (insieme ai colleghi Bonazzi e Landini ed altri) dei difensori reggiani delle parti civili,
rimanemmo a lungo ed ancora oggi amareggiati per quell’incredibile sentenza che
contestammo sia per il trasferimento a Milano che per il merito della stessa in quanto ingiusta oggettivamente e ritualmente
mortificante ma, purtroppo, chiusosi con un
risarcimento, se non umiliante, certamente
mortificante.
Il quarto momento tragicamente critico per
la democrazia italiana si ebbe tra il marzo
(sequestro di Aldo Moro e strage della scorta) e il maggio (assassinio del prigioniero
delle Brigate Rosse, Presidente Aldo Moro),
che segnò (insieme alla strage di Bologna)
l’apice della crisi della nostra democrazia,
salvata peraltro dalla difficile ma necessaria
compattezza della Solidarietà nazionale.
In questi giorni come quelli che stiamo vivendo oggi in Italia se la democrazia non
è minacciata lo si deve al fatto che, per la
storia degli ultimi sessant’anni, anche i governanti sanno che in Italia c’è una coscienza democratica che, consolidata col sangue
dei martiri del sette luglio e quelli dei fatti
successivi, è garanzia, sarà sempre in grado
di respingere i tentativi di rivoluzione.
Dino Felisetti
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MORTI DEL
7 LUGLIO 1960
7 luglio 1960, l'inizio degli scontri
7 luglio
CINQUANT’ANNI
SENZA GIUSTIZIA
I 5 morti
del 7
luglio 1960
Vi raccontiamo
la vita e come
morirono
Lauro Farioli,
Marino Serri,
Ovidio Franchi,
Emilio Reverberi
e Afro Tondelli
Lauro
Farioli,
22 anni, San Bartolomeo (RE), operaio,
orfano di padre lascia la moglie e un figlio. Colpito a morte davanti la chiesa di
San Francesco.
Il primo a cadere è Lauro Farioli, colpito davanti alla chiesa di San Francesco. Lo chiamano “Modugno” perché
somiglia al cantante di Nel blu dipinto di blu. Indossa pantaloni corti, una
camicetta rossa e le ciabatte: ai primi
spari si muove incredulo verso i poliziotti come per fermarli. Sono a cento
metri da lui: gli sparano in pieno petto.
Un testimone dice: “Ha fatto un passo
o due, non di più, e subito è partita la
raffica di mitra, io mi trovavo proprio
alle sue spalle e l’ho visto voltarsi, girarsi su se stesso con tutto il sangue che
gli usciva dalla bocca. Mi è caduto addosso con tutto il sangue”.
Marino
Serri,
41 anni, Rondinara (Scandiano, RE),
operaio, ex partigiano della 76a Brigata
SAP, lascia la moglie e due figli. Nato in
una famiglia contadina e montanara di
Casina, sei fratelli, sin da bambino pascolava le pecore nelle campagne. Militare a
20 anni, era stato in Jugoslavia. Abitava
a Rondinara di Scandiano, con la moglie
Clotilde e i figli.
Colpito a morte sul sagrato della chiesa
di San Francesco
Marino Serri, affacciato dall’angolo
della chiesa di San Francesco verso le
Poste, vede cadere Lauro Farioli. Accorre in suo soccorso. Ma è morto. Grida: “Vigliacchi, Assassini!”. È investito
da una raffica. Un testimone dice: “Al
per un coulabrod”.
La morte di Lauro Farioli
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7 luglio
Ovidio
Franchi,
19 anni, da Gavassa (RE), perito tecnico, è la vittima più giovane, figlio di un
operaio delle Officine Meccaniche Reggiane. Dopo la scuola di avviamento industriale, era entrato come apprendista
in una piccola officina della zona. Nel
frattempo, frequentava il biennio serale
per conseguire l’attestato di disegnatore
meccanico, che gli era stato appena recapitato. Colpito a morte sotto il portico del
palazzo d’angolo tra Via Crispi e Via San
Rocco.
In piazza Cavour c’è Ovidio Franchi,
gli sparano mentre sposta una staccionata di legno per far passare un’autoambulanza. Viene colpito da un proiettile all’addome. Cerca di tenersi su. Si
aggrappa a una serranda. Un testimone dice: “Un altro, ferito lievemente, lo
voleva aiutare, poi è arrivato uno in divisa e ha sparato a tutti e due”. Franchi
è la vittima più giovane (classe 1941).
CINQUANT’ANNI
SENZA GIUSTIZIA
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MORTI DEL
7 LUGLIO 1960
Emilio
Reverberi,
39 anni, Reggio Emilia, operaio tornitore, ex partigiano, lascia la moglie e due
figli. Licenziato perché comunista, nel
1951, dalle Officine Meccaniche Reggiane, dove era entrato all’età di 14 anni.
Garibaldino nella 144a Brigata Garibaldi dislocata nella zona della Val d’Enza
(commissario politico nel distaccamento
“Amendola”). Nativo di Cavriago, abitava in Via Dante Zanichelli (RE), nelle case operaie oltre Crostolo. Colpito
a morte sotto i portici dell’Isolato San
Rocco.
Emilio Reverberi, arriva al termine
della galleria dell’Isolato San Rocco,
davanti alla serranda del negozio di
abbigliamento Zamboni. Si affaccia
all’angolo per guardare in piazza Cavour (oggi Piazza Martiri del 7 luglio).
Lo falcia una raffica di mitra. Si aggrappa alla serranda. Sulle maglie le
impronte insanguinate delle sue mani.
Un testimone dice: “Verso le ore 1717.30 mi stavo portando dal palazzo di
Vetro [edificio tra Via Crispi e Via San
Rocco] verso il negozio Zamboni [...]
rimasi solo davanti al bar Cavour [...]
vidi però molto bene che un poliziotto,
arrivato di corsa, sparò una raffica a
bruciapelo...”.
Il punto dove è deceduto Emilio Reverberi
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Il tiro che colpisce Afro Tondelli
Afro
Tondelli,
36 anni il 14 luglio, di Due Maestà
(RE), dipendente dell’ospedale Santa
Maria Nuova, ex partigiano della 76a
Sap (nome di battaglia Bobi), lascia la
moglie. È il quinto di otto fratelli, in una
famiglia contadina di Gavasseto. Segretario locale dell’Anpi. Colpito a morte
all’interno dei Giardini pubblici.
È la quinta vittima. Ore 16.45: esce
dal lavoro (Arcispedale S. Maria
Nuova) con alcuni amici. Percorre
Via dell’Ospedale (oggi Via Dante
Alighieri) verso Via Secchi. Arriva in
via Nobili a fianco del Teatro Municipale. Sono in corso gli scontri. Deve
raggiungere la parte opposta della
piazza. Saluta gli amici. Aggira il
teatro. Si trova all’interno dei Giardini pubblici (Parco del Popolo). Un
agente di PS estrae la pistola. S’inginocchia. Prende la mira e spara su un
bersaglio fermo. Tondelli viene trasportato con una Fiat 1100 nera al S.
Maria Nuova. Ore 17.00 si registra il
suo ingresso al pronto soccorso. Prima di spirare Tondelli dice: “Mi hanno voluto ammazzare, mi sparavano
addosso come alla caccia”. (g.b.)
7 luglio
DOVE ERI TU QUEL 7 LUGLIO 1960?
E’ la classica domanda che ci si sente rivolgere quando viene rievocato qualche evento
particolare. Frequente, negli ultimi anni, tale domanda riferita all’11 settembre delle
Tween Towers. Quasi a rispondere ad una simile domanda, con riferimento al 7 luglio
Sessanta, ci è giunta agli inizi di giugno una lunga lettera da Catania di Francesco
Lamantia, che nel Sessanta aveva 17 anni e si trovava a Scandiano, dove trascorreva
le vacanze estive, come faceva da anni, nella casa del nonno e dello zio materni Rosario e Mariano Alessi, il primo iniziatore ed il secondo all’epoca titolare della ditta
“Crocellà e Alessi” che a Scandiano produceva legni compensati.
E’ una lettera appassionata, scritta con emozione da qualcuno che a mezzo secolo
di distanza dai drammatici eventi sente erompere come lava dall’Etna un coacervo
di ricordi. Siccome il testo consiste in sei cartelle fittamente manoscritte, contenente
anche una serie di notizie – tutte comunque interessanti – riguardanti le vicende della
famiglia siciliana degli Alessi, insediatasi a Scandiano fin da prima della seconda
guerra mondiale, la riassumiamo riportandone quei passi più strettamente riguardanti
la vicenda del luglio 1960. Quel 7 luglio 1960 negli uffici della Crocellà e Alessi giunse la tragica notizia dell’uccisione di Marino Serri, operaio in quello stabilimento.
“Festeggiavamo il compleanno del nonno
Rosario – scrive Francesco – a cena, intorno alle 20,30, improvvisamente irrompevano nella stanza, trafelati e tramortiti,
i due sorveglianti di fabbrica – uno detto
Fino e l’altro di cognome Gelardi – per
comunicare la morte di Marino negli
scontri avvenuti a Reggio con la polizia
in occasione dello sciopero generale di
solidarietà per i fatti di Genova. Mio zio,
mio nonno e noi tutti fummo molto turbati per quanto ci veniva detto. Mio zio
si alzò subito da tavola e andò vicino al
cancello della fabbrica, forse per parlare
con gli operai che nel frattempo si erano
ammassati fuori, lasciando spontaneamente il lavoro. C’erano tre turni, si lavorava anche di notte. Io sentii la sirena
delle dieci di sera: tutti uscirono ma nessuno entrò per il turno successivo. Lo zio
Mariano era un liberale illuminato, per
un verso, e conservatore per altri versi,
specie in economia; laureato in Economia e Commercio, leggeva il “Sole veniquattr’ore”, il “Resto del Carlino”, “Il
tiquattr’ore”,
Corriere della Sera” e “l’Unità”, anche
see quest’ultimo giornale non lo portava
a casa. Ammirava Togliatti per
gli articoli che
scriveva e di lui diceva che era un finissimo letterato ed un fine uomo politico, anche se non ne condivideva le idee [...].
Ritornando a quella tragica sera, il
nome e l’immagine viva per me è quella dell’operaio Marino; lo ricordo con la
sua canotta bianca mentre lavorava ed
io facevo il giro della fabbrica con mio
nonno Rosario, che mi spiegava il ciclo
della lavorazione e controllava il ciclo di
produzione degli operai.
[…] Il nonno si soffermava spesso a parlare con lui. […] Dovevo compiere 17
anni l’11 luglio e avevo finito la seconda
Liceo classico. L’indomani dell’eccidio,
cioè l’8 luglio, ci fu il tentativo di occupare la fabbrica da parte degli operai in
lutto: la tensione era altissima, si palpava, i fischietti erano assordanti e si respirava un’aria piena di ansia e preoccupazione per quello che poteva succedere .
Ci fu il tentativo di scavalcare la siepe
che recintava l’abitazione dei miei zii e
di mio nonno, casa che si trovava nel recinto della fabbrica.
Ricordo mio nonno con la pistola in
mano che sparò dei colpi in aria, come
difesa per noi tutti, e le sirene delle camionette della polizia arrivate subito.
Per fortuna tutto rientrò e non ci fu nulla da temere”.
Poi Francesco ha un ricordo dai contorni un po’ sfumati ma intenso, quello
del funerale di Marino Serri. Infatti
prima di venire tutti raccolti nel cimitero monumentale di Reggio, diversi
dei caduti del 7 luglio, dopo la solenne cerimonia nella Piazza cittadina
ora dedicata al loro ricordo, vennero
inumati nelle località di provenienza.
Per Marino Serri si trattò di Iano, frazione di Scandiano. Francesco scrive
di ricordare un feretro ricoperto dalla
bandiera rossa, passare davanti alla
fabbrica della Crocellà e Alessi, dove
Marino era stato operaio.
“Vidi procedere le operaie con le velette nere in testa e gli operai coi fazzoletti rossi al collo, tutti incolonnati che si
tenevano stretti a braccia, come si suol
vedere nei cortei dei lavoratori in lotta.
Al funerale partecipò anche l’impiegata amministrativa Carmen (non ricordo il cognome), attivista comunista,
compagna del sorvegliante di fabbrica
Gelardi. La vidi procedere abbracciata
ad altre operaie. Il lunghissimo corteo
funebre con le bandiere rosse del PCI e
della CGIL listate a lutto, si fermò per
qualche minuto davanti alla fabbrica:
tutte le operaie e gli operai con il pugno
chiuso alzato.
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notiziario anpi
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7 luglio
Il silenzio era assordante. Ogni momento,
ogni istante di quella storia che stavo allora vivendo, mi parve terribile, come se
l’ingiustizia della Storia calasse su di me
come una mannaia.
Oggi ne ho ancora viva la memoria con
tutte le emozioni vissute. Fu la prova del
sangue per la mia vita futura”.
Di come poi si sia sviluppata la sua vita,
Francesco ci offre un sintetico riassunto
in un’altra parte della sua lunga testimonianza: prima con i Radicali che si battevano per i diritti civili, poi una breve
esperienza in Lotta continua, militanza
nel PCI dal 1978 e nel PDS fino al 1996.
Militanza politica ripresa nel 2009 con
l’iscrizione al PD.
Se travagliata, intermittente e comunque
emblematica la militanza in partiti della sinistra, ininterrotto è stato per anni
il suo impegno sindacale: dirigente provinciale a Catania e regionale a Palermo
nella FISAC CGIL (Bancari, Assicurativi, Esattoriali). Dal 31.12.2008 è pensionato ed ha lasciato le cariche sindacali
con l’ultimo Congresso della CGIL.
Ringraziamo e salutiamo fraternamente
Francesco Lamantia per il suo toccante
ricordo del 7 luglio Sessanta e con lui
l’amico avv. Claudio Longhitano, anima
dell’ANPI di Catania, per essere stato il
tramite tra Francesco e il “Notiziario”
(a.z.).
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ANNIVERSARIO
MORTI DEL
7 LUGLIO 1960
l
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Francesco Lamantia oggi
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notiziario anpi
1 Piazza Prampolini, il gruppo “I Giardini di Mirò”
(con le magliette a righe) (foto di Cinzia Bolognesi)
2 Parco del Popolo. La manifestazione commemorativa
Fausto Amodei
3 Armando Cossutta
4 Moni Ovadia
5 Silvano Franchi
6 Il sindaco Graziano Delrio
Nella pagina a fianco:
7 Teatro Ariosto, convegno Lavoro, Libertà e Democrazia”.
Il tavolo della presidenza, da sinistra Tiziano Rinaldini, Carla Cantone, Maria Nella Casali, Mirto Bassoli, Marco Revelli,
Aldo Tortorella, Roberto Natale.
Al microfono Paolo Nori (foto di Glauco Bertani)
8 Inaugurazione mostra "12 [60] Racconto di un anno di svolta". Da sinistra Nado Rinaldi, Giacomo Notari, Graziano Delrio,
Giovanni Catellani e i curatori della mostra Lorenzo Capitani e
Attilio Marchesini (foto di Glauco Bertani)
9 Parco del Popolo Il pubblico
10 Parco del Popolo. La manifestazione commemorativa.
Al microfono Sonia Masini (foto di Glauco Bertani)
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A 50 ANNI DAL 7 LUGLIO
SESSANTA
7 luglio
DI NUOVO COME ALLORA A RISCHIO LIBERTA'’ E DIRITTI
Per i Morti di Reggio Emilia si attende ancora verità e
giustizia
Tutti gli oratori della intensa giornata con cui la nostra
città ha solennemente commemorato il cinquantenario del
7 luglio Sessanta, a cominciare dal segretario della CGIL
reggiana Mirto Bassoli, al sindaco Graziano Delrio, hanno
sottolineato con forza che le manifestazioni popolari, in tutta
Italia, del giugno luglio di cinquant’ anni or sono, avevano
gli stessi obbiettivi che oggi si ripropongono con urgenza:
difesa dei principi della Costituzione nata dalla Resistenza,
principi messi in pericolo allora dal governo Tambroni
sostenuto dai fascisti, oggi da una destra padroneggiata da
un signore che intende governare dalle televisioni al suo
ne isolate nelle loro case.
servizio persone
Di nuovo come
8
allora il mondo del lavoro e dell’antifascismo, come ha
con forza segnalato Armando Cossutta, vice presidente
dell’ANPI nazionale, sono il baluardo a salvaguardia della
democrazia repubblicana.
Da tutti è anche emersa l’esigenza, sottolineata con accenti
toccanti da Silvano Franchi a nome dei familiari dei cinque
caduti sotto il piombo tambroniano, di ottenere verità su
quell’eccidio, non per vendetta ma per giustizia.
Le iniziative commemorative sono proseguite in serata
in Piazza Prampolini con gli spettacoli di Fausto Amodei,
Paolo Nori, Maurizio Maggiani, i Giardini di Mirò e
altri.
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l0
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giugno-luglio 2010
notiziario anpi
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LIBERA
25 aprile
RICORDARE
IL 25 APRILE
Le studentesse Elisa Scarpa e Serena Tassone (al
microfono) autrici della testimonianza sul viaggio
della memoria ad Auschwitz
Il nostro vice presidente Frignoli porta il saluto
dell’ANPI provinciale. Alla sua sinistra Gino Beer,
Giovanna Quadreri, Roberto Trinelli
Belle e partecipate manifestazioni, anche
in questo 2010, 65° della Liberazione
e 60° del conferimento della medaglia
d’oro al v.m. della Resistenza alla città
di Reggio, in tutti i comuni della provincia.
Nel capoluogo, in Piazza Martiri del 7 luglio, sul palco, accanto al sindaco Delrio
e alle altre autorità, anche i tre partigiani
Giovanna Quadreri, Roberto Trinelli e
Gino Beer, che furono tra i protagonisti,
nel marzo 1945, dell’assalto al comando
nazista di Albinea.
Oratore ufficiale il prof. Valerio Onida,
presidente emerito della Corte costituzionale, che ha tenuto una efficace lezione
sui valori e l’attualità della Costituzione
repubblicana nata dalla Resistenza.
“Ogni eventuale revisione – ha tra
l’altro affermato Onida con trasparente
riferimento ai tentativi di stravolgimento
del testo costituzionale – non può non
passare attraverso procedimenti e deci10 giugno-luglio 2010
notiziario anpi
sioni non fondate sul semplice criterio
di maggioranza […] ma solo in presenza
di un atto solenne, che sia espressione
sicura della maggioranza del popolo
italiano […]. La Costituzione ha rappresentato fin dall’inizio, e per decenni,
un potente fattore di unità del Paese.
Evitiamo che si perda o si indebolisca
questa funzione”.
Toccante la testimonianza di due
studentesse dell’Istituto Scaruffi-LeviTricolore (Elisa Scarpa e Serena Tassone, la quale ultima l’ha letta dal palco)
sulla loro partecipazione al viaggio
della Memoria al campo di sterminio di
Auschwitz-Birkenau.
“L’ultimo giorno – ha letto Serena
commovendo il folto pubblico – davanti
al vagone posto all’entrata del campo,
abbiamo dato voce all’amarezza e al
dolore.
Abbiamo letto i nostri pensieri, cantato
e, indirettamente, ci siamo posti un
L’omaggio al Monumento
della Resistenza. Al centro il Prefetto Antonella
De Miro, il Sindaco Delrio,
l’Assessore provinciale
Roberto Ferrari, il prof. Valerio Onida
La rappresentanza dell’ANPI durante il lungo
corteo che ha percorso le vie cittadine
giuramento di lotta pacifica contro ogni
forma di razzismo, discriminazione e
violenza. Essere venuti a contatto con una
realtà storica come questa, ci ha permessi
di maturare, di crescere e siamo decisi a
non dimenticare”.(a.z.)
ZIONE
25 aprile
25 Aprile di Liberazione
Una giornata di
Resistenza al
Museo Cervi
Foto di Sara Lorenzoni
La Festa della Liberazione al Museo Cervi
ha un valore aggiunto, quello di riaffermarsi
antifascisti in un “luogo di memoria” e per
questo tanta gente, sempre di più, sceglie
di trascorrervi il proprio 25 aprile.
Tanti gli ospiti, che hanno voluto portare
il loro saluto in questa terra simbolo della
Resistenza. Michele Santoro, Paola
Turci, Palo Nori, Davide Benati e l’Orchestra L’Usignolo, Mauro Sarzi, don
Andrea Gallo e il gruppo Comunità di
San Benedetto al Porto, i Kinnara, Bobo
Rondelli, Giglio Mazzi Alì partigiano
combattente.
Ma sorprendente, come ogni anno, è il
pubblico. Circa 15.000 persone – giovani,
famiglie, partigiani – per i quali la Festa della Liberazione non è una semplice giornata
di vacanza, ma un simbolo di quei valori di
civiltà incarnati dall’antifascismo.
Il Museo Cervi è sempre più, non solo luogo
di conoscenza e studio della Resistenza,
ma punto di aggregazione per quanti si
riconoscono nella cultura antifascista.
La giornata di festa e memoria è stata organizzata dall’Istituto “Alcide Cervi”, Comitato25, ARCI Nazionale, ANPI, Provincia
di Reggio Emilia e resa possibile grazie ai
tanti volontari del territorio (g.b.)
giugno-luglio 2010 11
notiziario anpi
25 aprile
L’amore per l’ambiente montano, la passione politica e l’attaccamento alla fami glia
presentato il libro di Giacomo Notari, Hai un cuore forte, puoi correre, Consulta, 2010
Antonio Zambonelli, Carlo Pellacani, Giacomo Notari e Rossella
Cantoni, presidente Istituto Cervi (foto di Marina Notari)
Un momento della serata (foto di Angelo Bariani)
Hai un cuore forte, puoi correre è il titolo dell’autobiografia di Giacomo Notari, partigiano montanaro e presidente dell’ANPI
reggiana, presentata mercoledì 21 aprile al Fuori Orario di Taneto in una cena-incontro con concerto di Mara Redeghieri, ex
voce degli Üstmamo che, affiancata dalla sua banda di montagna, ha proposto canzoni popolari anarco-sindacaliste. Il libro è
stato presentato da Antonio Zambonelli e da Carlo Pellacani, vice presidente Istoreco ed editore del volume. Il menù è stato
rigorosamente “partigiano” a base di paneda col bròd, poleinta col sug e zabaiòn. Giacomo Notari ha affidato a queste pagine
la storia della sua vita caratterizzata dal periodo bellico e poi dalla ricostruzione politica e civile della provincia reggiana.
Il giorno della Liberazione
a Cadelbosco Sopra
Nella foto, al centro, Artemio Bonini Libero con il sindaco di Cadelbosco Sopra Silvana Cavalchi e il dirigente dell’ANPI provinciale Orio Vergalli, in occasione del 25 aprile
2010 a Cadelbosco, mentre la targa di riconoscimento dell’impegno dato all’ANPI dal
1975-2009. Dietro il gonfalone del Comune, sulla destra, Annita Malavasi Laila
12 giugno-luglio 2010
notiziario anpi
W il 25
Aprile
C
ome tutti gli anni, anche
quest’anno, come nel
1945, in piazza della
Libertà, è stata festa grande, la
piazza era gremita di gente, di
25 aprile 2010 giovani e vecchi, cantavano,
s’abbracciavano.
Non mancava il medagliere completo di medaglie d’oro,
che ognuna rappresentava un martire della Resistenza.
Vi era pure la banda musicale che intonava inni partigiani. In mezzo a tanta confusione, mi sono sentita
orgogliosa portando al petto la medaglia di mio padre,
Paolo, al valor militare. Mi sentivo viva più che mai:
anche i morti eran tornati vivi. Non son mancati gli
applausi ai discorsi fatti dai parlamentari, tra i quali
una giovane ragazza. Io sono stata accompagnata dalla
mia giovane adorata nipote Giulia. Ha mostrato pure
lei felicità per vedere che non c’erano solo quelli con
i capelli bianchi, ma vi erano anche giovani come lei.
In quest’atmosfera si sentiva che il 25 aprile non sarà
mai dimenticato. Sarà la festa più bella dell’anno.
Viva, viva la Resistenza; viva, viva il 25 Aprile.
Paola Davoli
25 aprile
Boretto,
un 25 Aprile
significativo
A Boretto per la ricorrenza del 25 Aprile si
sono svolte diverse iniziative: la riedizione
del libro, arricchito con più foto e didascalie, sulla vita del Partigiano Felice Montanari
Nero, curata dai proff. Nando Bacchi e Galliano Cagnolati, presentato il 23 aprile presso
la sala del Consiglio comunale davanti
agli Amministratori di Canneto sull’Oglio
(paese natio di Montanari) e di Boretto, ai
familiari del Nero, alle delegazioni ANPI di
Poviglio, Castelnuovo Sotto, Suzzara e a un
folto pubblico.
NESSUNA CONQUISTA
E' PER SEMPRE..
Il 24 aprile si è svolta in teatro la
proiezione del film L’uomo che
verrà, mentre la mattina del 25
Aprile si è aperta con il suono della
Banda in piazza, alla presenza di un
gruppo di ragazzi e ragazze delle
scuole medie, delle autorità civili,
militari e religiose.
Una delegazione, poi, ha portato i
garofani rossi al Casello 23, luogo
del sacrificio del Partigiano Nero,
al cippo di Fulgenzio Zani, massacrato dalle camicie nere nel 1923,
e al cimitero presso il Sacrario dei
Caduti.
Il corteo ha poi sfilato dalla piazza
di Boretto lungo le vie del paese
sino al monumento ai Caduti, dove
la cerimonia ha raggiunto il punto
più emozionante con la lettura
di diversi brani dei ragazzi delle
scuole, coadiuvati dal valido lavoro
delle loro professoresse.
Dopo il discorso ufficiale del sindaco Massimo Gazza si è proceduto
alla consegna del libro di Felice
Montanari ai ragazzi, accompagnato da un garofano rosso simbolo
del sacrificio del Nero e dei tanti
partigiani caduti per la libertà.
L’ANPI seguiterà a chiedere ai
giovani di aderire all’Associazione
per rafforzare sempre più la lotta in
difesa della democrazia e della libertà, costantemente minacciate.
“Nessuna conquista è per sempre”.
Adriana Zoboletti
giugno-luglio 2010 13
notiziario anpi
politica
Primo maggio
Entusiasmo, voglia di fare memoria e rilanciare a gran voce
sui diritti, lavoro, democrazia,
ma anche tanta, tanta festa a
Portella della Ginestra il primo maggio 2010. Moltissimi i
giovani che da tutta Italia sono
giunti rispondendo all’appello
dell’ANPI e CGIL per una grande manifestazione dove per la
prima volta la lotta alla mafia e
le istanze contadine si sono incontrate con l’antifascismo.
Folta la rappresentanza dell’ANPI: erano
presenti con i loro medaglieri, e anche
bandiere e striscioni, i comitati provinciali di Trieste, Padova, Milano, Monza,
Modena, Reggio Emilia, Parma; Bologna, Rimini, Ravenna, Firenze, Viareggio, Prato, Pistoia, Livorno, Grosseto,
Latina, Salerno, Napoli, Catania, Palermo
molte anche le sezioni, tra queste anche
quella di Bruxelles. Dopo il lungo corteo
14 giugno-luglio 2010
notiziario anpi
che si è snodato per le vie di Piana degli
Albanesi, hanno preso la parola a Portella il segretario della Camera del lavoro
di Palermo, Maurizio Calà, un’appassionata e commossa Kikki Ferrara, segretaria della CGIL di Piana degli Albanesi,
Raimondo Ricci presidente nazionale
dell’ANPI e Susanna Camusso per la
segretario nazionale CGIL, infine Ottavio Terranova, presidente dell’ANPI di
Palermo che ha ringraziato quanti hanno
voluto aderire all’iniziativa in particolare
don Luigi Ciotti, Paolo Beni, Andrea Camilleri, Giuseppe Tornatore, Bice Biagi,
Maria Falcone, Nichi Vendola e Pierluigi
Bersani.
Era il Primo Maggio 1947 nei pressi
della Piana degli Albanesi, vicino a Palermo, durante la festa del lavoro: alcuni
banditi spararono sulla folla uccidendo
dodici persone e ferendone più di trenta.
In quell’occasione si compì la strage di
Portella della Ginestra, per molti, il primo
grande mistero dell’Italia repubblicana.
Primo maggio 2010 Piana degli Albane-
si... l’ANPI si trova accanto ai lavoratori
siciliani, donne, uomini, ai partiti, al sindacato, alle associazioni, ai movimenti.
“Il segno, il simbolo di un impegno comune – dice Ottavio Terranova – la memoria diffusa del sacrificio più alto, la
libertà, il lavoro, la dignità. E’ il loro domani. Per un’Italia migliore. Delle radici:
RESISTENZA, COSTITUZIONE, DEMOCRAZIA”. Che cosa riporta a casa la
delegazione dell’ANPI di Reggio Emilia?
Un bagaglio di ricordi, di emozioni e di
sensazioni intense, vere, durature. Parla
con il cuore Ottavio Terranova segretario
dell’ANPI di Palermo, ma poi prende la
parola Kikki Ferrara, segretaria della Camera del lavoro di Piana degli Albanesi,
emozionante ed emozionata, parla della
difficoltà del trovare lavoro, ma incita al
risveglio, “perché e solo nel rispetto del
lavoro che un popolo riacquisisce dignità
e consapevolezza delle sue forze”.
Ho portato con orgoglio, la bandiera
dell’ANPI di Reggio Emilia, con al centro il volto di Papà Cervi e mentre camminavo per le strade di Piana degli Albanesi,
o 2010
politica
Entusiasmo, voglia di “fare” memoria e di
rilanciare a gran voce diritti, lavoro, democrazia...
L’ANPI e la CGIL a Portella della Ginestra
avvolto dall’affetto delle persone, ho
capito che l’Italia non è dove sei nato,
è ovunque. Ed è questo valore, che voglio condividere con voi, recuperare insieme la battaglia sul “senso comune”.
Solo attraverso valori comuni possiamo
sperare in una Sicilia, in un’Italia, in
un’Europa migliore. La macchina del
tempo, che attraverso i nostri sogni, ci
proietta nel futuro, ci permette di sperare che gli sguardi dei giovani Sicilia-
ni siano gli occhi di un futuro migliore
fatto di dignità e di pace. Voglio concludere, questa mia breve riflessione,
soffermandomi sulla breve sosta fatta
a Cinisi davanti alla casa di Peppino
Impastato, un ragazzo che morì perché
provò a fare 100 passi, tutti insieme, di
corsa per avvicinare rapidamente la sua
terra alla democrazia, e la mafia, per
questo, lo uccise brutalmente, amaramente, senza pietà. Ma da questo atto
eroico, la Sicilia si è risvegliata, ed un
passo alla volta, vincendo giorno dopo
giorno, passo dopo passo, la battaglia
della democrazia contro la mafia. E’
cosi vicino al sasso di Barbato, in quella
terra cosi bella e al tempo stesso amara,
ho capito, tutti noi abbiamo capito che
la libertà non indietreggia, la dignità, un
passo alla volta darà speranza alla democrazia.
Alessandro Frignoli
GIOVANI.CON
L’Italia “non è un Paese per giovani…”?
Il 10, 11 e 12 settembre a Novellara, Correggio e Boretto si svolgerà il terzo festival
Uguali_Diversi, dedicato ai giovani (www.ugualidiversi.org)
Il terzo festival Uguali_Diversi, dedicato ai
giovani si svolgerà dal 10 al 12 settembre
tra Novellara, Correggio e Boretto e offrirà
un’occasione per analizzare la condizione
attuale e le prospettive future dei giovani.
Si presterà attenzione sia ai fenomeni
culturali, mentali e di percezione, sia ai
dati che concretamente condizionano la
vita quotidiana e i progetti delle nuove
generazioni: la scuola e l’università, il
mercato delle abitazioni, il mondo del
lavoro, il sistema pensionistico e la crescita
del debito pubblico. Si tratta di fattori
che, insieme alla tutela dell’ecosistema,
determinano i rapporti e le responsabilità
tra le generazioni. Verrà affrontato anche il
tema delle seconde generazioni, di estrema
attualità in paesi come Novellara, Correggio
e Boretto, dove si sta assistendo alla concreta
presenza sullo scenario cittadino di giovani
nati in nazioni diverse, ma pienamente
convinti di diventare protagonisti della vita
sociale locale.
Perché un festival dedicato ai giovani?
“Perché i giovani – risponde il coordinatore
del progetto Brunetto Salvarani – sono
troppo spesso tagliati fuori dalla società
e non riconosciuti nella loro capacità e
responsabilità. Perché i giovani stanno male
e, come sostiene Umberto Galimberti, non
per motivi psicologici ma culturali. Perché i
giovani oggi e per la prima volta nella storia,
vedono nel futuro non una promessa ma una
minaccia. Perché i giovani costituiscono il
gruppo sociale che sta pagando il prezzo più
alto ai profondi cambiamenti intervenuti in
questi ultimi vent’anni e ora stanno pagando
il prezzo più alto della crisi.
“E’ vitale perciò, in questo momento storico
– prosegue Salvarani – creare forti stimoli
culturali che attivino riflessioni e percorsi
sui temi chiave del dibattito pubblico.
Ecco il senso che vogliamo a dare alla
terza edizione del Festival Uguali_Diversi
che, dopo l’anno europeo del dialogo
interculturale (2008) e un’analisi sulla
crisi (2009), è un appuntamento culturale
importante non solo per la nostra provincia,
ma che desta un notevole interesse su scala
nazionale”.
Il comitato scientifico, composto dai
professori Paolo Branca, Gabriella
Caramore, Alberto Melloni, Salvatore
Natoli e Luciano Manicardi con il
coordinamento di Brunetto Salvarani, ha
definito un programma che, attraverso
lezioni magistrali, laboratori creativi,
mostre, concerti musicali, giochi, una
rassegna cinematografica e svariati concorsi
sia in grado di sviluppare l’argomento
attraverso cinque parole chiave: passioni,
Europa, lavoro, tribù e new media.
Per informazioni ci si può rivolgere al
Comune di Novellara telefonando al n.
0522-655454
giugno-luglio 2010 15
notiziario anpi
politica
“Ho visto ragazzi
con gli occhi
lucidi ascoltare
le testimonianze
di persone come
Rosanna Scopelliti
(figlia del giudice
ucciso) o Piera
Aiello (la testimone
di giustizia che
collaborò con
Borsellino e che vive
protetta dopo aver
cambiato identità)...”
Intervista a Mauro
Ponzi presidente
del Consorzio di
solidarietà sociale
Oscar Romero di
Reggio Emilia
Mauro Ponzi, reggiano, 57
anni, lavora dal 1976 nel
campo sociale, prima in una
Pubblica amministrazione e
dal 1989 nella cooperazione sociale, è presidente del
Consorzio di solidarietà sociale Oscar Romero di Reggio Emilia, del quale è stato
co-fondatore 20 anni fa, e
ricopre importanti incarichi a livello nazionale per
Confcoooperative.
16 giugno-luglio 2010
notiziario anpi
Le mafie
a Reggio
Emilia
Mafie a Reggio Emilia. Le istituzioni
dicono al mondo economico: “Non
state zitti., fidatevi di noi e parlate
perché noi siamo in prima linea”.
Dovrebbe? Secondo lei, dalle
informazioni che possiede, fino a
che punto anche il tessuto sociale, culturale e morale reggiano è
intaccato dalla criminalità organizzata di “stampo mafioso”?
Il discorso è abbastanza complesso:
per molti anni Reggio Emilia è
vissuta nel convincimento che qui
da noi le mafie non avrebbero avuto
un grande successo perché i naturali
anticorpi del nostro tessuto sociale
(politica, istituzioni, cooperazione, imprenditori onesti, cittadini)
avrebbero costituito una sufficiente
barriera contro il diffondersi della
criminalità organizzata. Questo
convincimento, suffragato anche
da “esperti” cui sono state commissionate ricerche (ben pagate)
dalla Pubblica Amministrazione, è
durato fino a pochissimo tempo fa,
nonostante avessimo assistito sul
nostro territorio a episodi violenti
di chiaro stampo mafioso, come ad
esempio il bar Pendolino saltato
per aria, tuttavia ci si è cullati in
questi convincimenti (si tratta di
episodi isolati) perché legati allo
stereotipo del mafioso con lupara
e coppola che va in giro a chiedere
il pizzo. Il problema della criminalità organizzata, oggi, assume
ben altre connotazioni: la mafia si
garantisce la ricchezza controllando il narcotraffico e lo spaccio di
cocaina e il suo problema è quello
di fare investimenti, giustificare la
ricchezza, in poche parole riciclare
il denaro sporco: e per fare questo
le piazze migliori sono quelle dove
l’economia è più sviluppata come
in Emilia Romagna. E per riciclare
denaro occorrono opportuni agganci
con imprese, professionisti, con
quella cosiddetta mafia dei colletti
bianchi. Per fare affari la ‘ndran-
gheta ha bisogno di radicamento
territoriale. Oggi a Reggio siamo in
questa situazione. Fortunatamente
le Istituzioni hanno capito il quadro
e sono ancora in tempo a stringere
le maglie, se fanno quadrato. Ed
è questo che stiamo osservando
oggi e sul quale occorre prestare
attenzione: le istituzioni insieme,
evitando inefficaci narcisismi e
atteggiamenti da primi della classe,
le organizzazioni imprenditoriali e
le associazioni di cittadini hanno
iniziato a lavorare insieme, ciascuno
secondo le proprie competenze, per
combattere il problema, poiché è
finito il tempo di accontentarsi di
leggere rapporti di tipo sociologico
desunti da processi passati in giudicato più di dieci anni fa.
Già da anni, dalla grande quantità di cemento colato in città e
provincia mi domandavo, senza
prove ovviamente, ma diciamo a
buon senso: ma qui non c’è puzza
di mafia, ‘ndrangheta camorra di
mafie? E adesso di colpo è tutta una
denuncia. Che cosa è successo?
Perché l’allarme lanciato da Bini,
presidente della Camera di Commercio, qualche tempo fa è stato
raccolto solo adesso.
.L’osservazione è corretta: sicuramente l’edilizia è stato uno dei
primi settori di investimento, perché
è anche uno dei più semplici per
riciclare denaro sporco: pagamenti
di aree edificabili anche in nero, e qui
i reggiani che hanno venduto terreni
con questa modalità per “risparmiare” tasse non hanno reso un grande
servizio alla collettività (hanno di
fatto reso un servizio alla mafia)
poiché l’imprenditore onesto non
dispone di denaro sporco; sempre
nell’edilizia la prassi del lavoratore
in nero era (e pare lo sia ancora)
piuttosto diffusa e anche questo è
un modo per riciclare. Il problema
sollevato da Bini è un altro: la mafia
Presidio
contro la sanguinosa
politica
è sempre attratta dal grande business e il
trasporto di materiali da costruzione, soprattutto legati alla realizzazione di grandi
opere, è per la mafia un’opportunità. Bini
ha assistito a concorrenti che praticavano
prezzi “impossibili” per le nostre imprese
e si è fatto delle domande ed ha continuato
tenacemente a lottare per denunciare e
tenere in evidenza il fatto.
Lei in un comunicato afferma: “Vorrei
chiedere ai costruttori calabresi dov’erano durante la manifestazione antimafia
del primo marzo [una giornata di mobilitazione nord-sud contro al criminalità
organizzata]...”. Secondo lei dov’erano?
Esiste una comunità calabrese reggiana
fatta di persone oneste e laboriose, nella
quale tuttavia persiste un atteggiamento
culturale di fondo che è quello del “non
impicciarsi” e sicuramente questo non
aiuta. Certo che una presa di posizione
netta e attiva di questa comunità nella lotta
contro le mafie sarebbe un segnale positivo
che anche qui, come in Calabria, qualcosa
si sta muovendo in questa direzione.
Anche l’ANPI sta combattendo le mafie,
una lotta paragonata ad una nuova
resistenza. E’ stata tra i promotori della
manifestazione del 1° marzo e il 1° maggio,
insieme alla CGIL, è andata a Portella della
Ginestra, in Sicilia. Lei che è un educatore,
da dove si dovrebbe cominciare per combattere le mafie?
Con il Consorzio Romero, raccogliendo
un suggerimento e un esempio che ci è
stato dato dal procuratore antimafia Nicola Gratteri, lavoriamo nelle scuole,
con i trienni delle scuole superiori. E’ un
lavoro che va compiuto con professionalità e continuità, non può essere lasciato
a improvvisati “fai da te” che rischiano
di essere controproducenti. Ho visto ragazzi con gli occhi lucidi ascoltare le
testimonianze di persone come Rosanna Scopelliti (figlia del giudice ucciso)
o Piera Aiello (la testimone di giustizia
che collaborò con Borsellino e che vive
protetta dopo aver cambiato identità), e
poi accompagnati in percorsi di approfondimento. Questo è un terreno fertile, i
ragazzi ci seguono, e abbiamo scelto questo campo: ma è importante affrontare il
problema da più angolature, si aumentano le probabilità di successo.
a cura di Glauco Bertani
aggressione ai pacifisti
che portavano aiuti a Gaza
Mercoledì 1 giugno si è tenuto in
Piazza Prampolini, a Reggio, il presidio di solidarietà verso il popolo
palestinese e di protesta contro il
governo israeliano colpevole della
sanguinosa aggressione in acque
internazionali contro pacifisti di
varie nazionalità che con un convoglio umanitario si dirigevano
verso Gaza. La manifestazione era
stata convocata con un appello sottoscritto da CGIL, CISL, UIL, ARCI,
ACLI, Pax Cristi, Libera, Emergency,
ANPI, PD, SEL, Rifondazione comunista, appello nel quale si leggeva
fra l’altro: “Non è più possibile rimanere inerti di fronte al continuo
aggravarsi del dramma della popolazione di Gaza […]. E’ necessario
che la comunità internazionale, se
non vuol essere complice di una
tragedia senza fine, agisca subito in
modo finalmente determinato ed
efficace…”. Ha presieduto e aperto
la manifestazione Margherita Salvioli. Don Eugenio Morlini, ha se-
gnalato la necessità di una mobilitazione permanente che partendo
dalla condanna del tragico evento
miri alla cessazione del blocco che
strangola la popolazione della striscia di Gaza e ad una prospettiva
di pacificazione. Concetti che sono
strati ripresi e ribaditi da quanti si
sono succeduti al microfono: Mirto Bassoli (CGIL) e rappresentato
di Pace e Lavoro e ARCI. Ha concluso il nostro Notari ricordando
come l’ANPI, nata a Roma mentre
al Nord ancora si combatteva per
la libertà, sia a sempre al fianco dei
popoli oppressi in ogni parte del
mondo, e come in particolare sia
da tempo a fianco dei palestinesi,
fino alla raccolta di fondi serviti a
costruire nel villaggio di Seilat una
scuola che verrà appena possibile
inaugurata e dedicata al nome di
Giuseppe Carretti. Presenti tra il
pubblico anche il sindaco Delrio, la
presidente della Provincia Masini,
l’on. Maino Marchi.
Un aspetto della piazza durante il presidio
Sul palco degli oratori. Da sinistra, tra gli altri: Margherita
Salvioli, segretaria provinciale CISL, don Eugenio Morlini,
di Pax Cristi, Mirto Bassoli, della CGIL e Giacomo Notari
(foto di Antonio Zambonelli)
giugno-luglio 2010 17
notiziario anpi
politica
Adro
ed altro
Santuario Madonna della neve di Adro
“Mi chiedo quindi perché tanto silenzio di fronte a tanta ingiustizia. Mi chiedo dove sono gli uomini e le donne
che hanno costruito il nostro paese. Quegli stessi uomini, e quelle stesse donne che hanno attraversato guerre e
miserie, che hanno reagito ad una dittatura, a leggi crudeli, che non si sono arresi. Mi chiedo il perché del silenzio
di un’Italia, fatta di operai e di contadini, di imprenditori e di intellettuali...”
Montecchio Maggiore (Vicenza). Nove bimbi
si siedono al tavolo della mensa scolastica
e – tra lo sconcerto degli insegnanti, e dei
bambini stessi – si trovano nel piatto solo
una pagnotta di pane. Le famiglie dei nove
bambini non hanno pagato la mensa, e l’amministrazione comunale (guidata da un Sindaco
donna leghista) ha deciso di dare una lezione
a chi “fa il furbo”.
Verona. Al termine delle lezioni gli insegnanti
accompagnano i piccoli allo scuolabus, ma a
due bambine viene impedito di salire: i genitori non hanno pagato la retta del trasporto
e l’autista è irremovibile: “sto agendo su
mandato del comune” si difende, e c’è da
credergli. Mandato emesso da un’amministrazione leghista.
Adro (Brescia). Altra scena, stessi protagonisti. Anche in questo caso alcune famiglie,
che hanno i bambini a scuola, non hanno
pagato la retta della mensa. L’amministrazione comunale, leghista, decide che i figli dei
genitori morosi debbano essere esclusi dalla
mensa scolastica. E, anche in questo caso,
detto, fatto! Quest’ultimo paese, però, sale
agli onori delle cronache nazionali perché,
tra i suoi cittadini, c’è un imprenditore (con
l’ingenuità di aver fatto un gesto di buon
senso) che ha saldato i debiti con l’amministrazione comunale pagando la mensa per i
mesi passati e fino alla conclusione dell’anno
scolastico. E in un paese normale popolato da
gente normale, la prima cosa, e la più ovvia,
sarebbe stata quella di ringraziarlo. Invece,
no! Contro di lui un intero paese, fatto di
mamme e di papà che hanno dimenticato cos’è
la solidarietà e la fratellanza. Quelle stesse
mamme e quegli stessi papà, che non vogliono
sentir parlare di razzismo, ma considerano
18 giugno-luglio 2010
notiziario anpi
l’ordinanza comunale semplicemente una
lezione per “punire i furbi”!
Violenza, io, invece la definirei una lezione
di violenza. Violenza verso i bambini, che,
in quanto bambini, sono indifesi. Vero che
i loro genitori sono morosi, ed è vero che
il rispetto delle regole deve valere per tutti,
ma vero anche che questa crisi ha colpito più
duramente gli ultimi. Violenza nei confronti
dell’imprenditore: l’assegno era accompagnato da una lettera, semplice, molto bella:
niente clamore, era riportato solo il perché
del suo gesto (“saranno quelli che ci verranno a cambiare il pannolone alla casa di
riposo…sono certo che almeno uno di questi
bambini diventerà docente universitario o
medico o imprenditore o infermiere e il suo
solo rispetto varrà la spesa…”). Questo imprenditore, elettore del “partito dell’amore”,
ha scatenato inconsapevolmente l’odio delle
mamme di Adro che con i loro visi incattiviti
dall’egoismo, hanno urlato che “se ha pagato
per gli altri bambini, deve pagare anche per
i nostri figli”.
E infine violenza nei confronti di un gesto
di solidarietà che all’improvviso è diventato
pericolosa sovversione.
La violenza, in quanto violenza, ha dei mandanti, degli esecutori e dei colpevoli.
I colpevoli. Amministratori locali prepotenti e
arroganti, che agiscono forti del loro consenso
elettorale, che usano i loro poteri decisionali
solo per una parte di popolazione dimenticandosi volutamente del loro ruolo amministrativo.Gli esecutori. In questo caso le mamme
ed i papà. Persone solo più fortunate di altre.
Persone perbene che danno lezioni di vita, così
onesti e così ligi alla morale che si elevano a
paladini della giustizia, senza capire di essere
pedine usate in una guerra fra poveri.
E in questa guerra dove i penultimi fanno la
guerra agli ultimi, chi vince sono solo i mandanti. Una classe politica, a livello nazionale,
che alimenta i conflitti sociali, le paure, e le
insicurezze dei cittadini. Una classe politica
incapace di governare, incapace di affrontare
una crisi lunga e pesantissima, capace solo di
urlare i propri slogan demagogici per coprire
i propri fallimenti. “Non è grave il clamore
chiassoso dei violenti, bensì il silenzio spaventoso delle persone oneste”, diceva Martin
Luther King. Mi chiedo quindi perché tanto
silenzio di fronte a tanta ingiustizia. Mi chiedo
dove sono gli uomini e le donne che hanno
costruito il nostro paese. Quegli stessi uomini,
e quelle stesse donne che hanno attraversato
guerre e miserie, che hanno reagito ad una
dittatura, a leggi crudeli, che non si sono
arresi. Mi chiedo il perché del silenzio di
un’Italia, fatta di operai e di contadini, di
imprenditori e di intellettuali, che mai si è
sognata di rifiutare pane e ospitalità a chi ne
aveva bisogno. Mi chiedo perché l’ignoranza
e l’egoismo debbano prevalere sulla cultura
della solidarietà e della tolleranza, quella
stessa solidarietà e tolleranza che gli italiani
andavano a cercare anni addietro all’estero.
Mi chiedo dov’è finita l’Italia normale.
Mi chiedo il perché del silenzio della Chiesa.
Quella che predica la parola di Gesù. Quella
che deve difendere i più deboli. Quella che
però non ho visto al fianco degli ultimi e al
fianco di chi si è opposto a tanta ingiustizia.
Quella che difende la vita, e asseconda una
classe politica che promulga leggi di chiaro
stampo razzista. Mi chiedo se è questo ciò
che vogliono veramente gli italiani?
Anna Fava
A scuola di Pace
politica
Presso il Circolo Pigal si è tenuto un interessantissimo seminario il 14 maggio 2010 in appoggio alla
Marcia della Pace Perugia-Assisi del 16 maggio 2010
L’intervento di apertura di Anna Salsi, ANPI provinciale
Per conquistarsi la pace, i partigiani hanno
dovuto combattere contro i nazifascisti una
guerra che era già in atto, ma che si rivelò
necessaria perché tutti noi ora possiamo
vivere in pace.
Hanno dato la loro giovinezza, in molti casi
la vita, per un futuro migliore, per conquistarsi la democrazia e per la solidarietà. E
sono ben 620 i giovani e le ragazze ricordati
nel mausoleo di fianco al Teatro Muncipale,
sacrario che meriterebbe un migliore collegamento con la piazza.
L’ANPI, consapevole di ciò che ha comportato la guerra in distruzione, morte, odio e
miseria, è l’organizzazione a rete in tutta
Italia più decisa nella difesa della pace,
proprio per le tragedie che i nostri genitori
hanno vissuto.
Don Dossetti ha voluto fortemente l’Art. 11
della Costituzione, lui che lo avrebbe maggiormente articolato, comprendendo anche
il diritto di Resistenza nel futuro, contro
eventuali forme dittatoriali.
L’ANPI da anni partecipa alla Marcia della
Pace ed in tutte le iniziative che fortificano
il pacifismo; è sempre stata all’avanguardia
con folte rappresentanze reggiane munite di
striscioni, cartelli e bandiere.
Giacomo Notari propose proprio qualche
anno fa in una di quelle marce con don
Alex Zanotelli, di esibire in ogni casa la
bandiera della pace, cosa che dilagò con
grande entusiasmo di spontaneità e voglia
di appartenenza della gente.
Il 1° maggio 2010 abbiamo fatto una grande
manifestazione Nazionale con delegazioni da
tutto il paese contro le mafie a Portella delle
Ginestre, con don Ciotti.
Oggi lo statuto dell’ANPI ha aperto l’iscrizione a tutti gli antifascisti, ai giovani, a coloro
che portano l’eredità dei partigiani.
Le iniziative che vengono intraprese sono
in primo piano la valorizzazione, lo studio,
la ricerca storica della RESISTENZA,
dell’ANTIFASCISMO, contro la restaurazione dell’ingiustizia, il negazionismo di ciò
che comportò la lotta di Liberazione, per
affermare i diritti universali.
La nostra città negli anni 80 ha vissuto la
più straordinaria iniziativa di pace e di
solidarietà internazionale verso l’Africa
Australe, il Mozambico e la Palestina. Proprio in questi giorni una nostra delegazione
ha portato un contributo in denaro per gli
ultimi ritocchi alla scuola materna intitolata
al nostro ex presidente Carretti, che verrà
presto inaugurata.
I nostri strumenti sono di carattere culturale
culturale e politico, con libri, iniziative, il
nostro notiziario molto apprezzato. Abbiamo
il compito di mantenere vive le nostre radici
e di trasmettere questa memoria, questi
valori, alle giovani generazioni, perché sia
allontanata ogni velleità e sia salvaguardata
la pace, la coesistenza, la democrazia.
ha lasciato un segno della sollevazione
popolare contro la Nato, le spese militari,
il dialogo tra il PCI e i pacifisti cattolici.
Don Eugenio Morlini di San Bartolomeo,
che ha fatto una lunga esperienza in Brasile,
ha evocato le figure di don Mazzolari e di
don Milani, dei sei preti-operai della nostra
provincia, ha parlato dell’esperianza nella
Comunità La Collina, che ha prodotto una
catalogo di circa 2.000 libri sulla pace ed ha
costituito il punto di riferimento di Reggio
Sociale Forum.
Per contrastare la raccolta di risorse fiscali
governative a favore del riarmo, in passato
sono stati organizzati i picchetti in Piazza
Duomo a Reggio, grazie ad una baracca
in lamiera fornita dall’ANPI, per ripararsi
giorno e notte dai rigori dell’inverno.
Lo storico Antonio Canovi ha in sintesi
ricordato l’inpegno costante dell’ANPI per
il Movimento per la Pace, l’obiezione di
coscienza, la forte rappresentanza culturale
di una nuova generazione emergente, la
solidarietà con la Palestina ed i movimenti
di liberazione nazionali.
Il filone della Pace rappresenta un patrimonio della nostra società e necessita
l’impegno di tutte le variopinte formazioni
politiche per alimentarsi e portare sempre
più giovani all’impegno per una società
migliore.
Anna Salsi
Il dibattito
Il seminario si è snocciolato alla presenza
del sindaco Graziano Del Rio, (che ha
ripercorso la sua esperienza giovanile nel
movimento che allora era animato da La
Pira) e dell’assessore alla Cultura Giovanni
Catellani, si sono riuniti tutti i movimenti
pacifisti che hanno animato, per quasi 50
anni, il variopinto movimento per la pace e
che hanno fatto della marcia Perugia-Assisi,
un costante punto di riferimento.
Pasquale Pugliese della Scuola di Pace ha
introdotto tutti i rappresentanti dei Movimenti reggiani per fare una ricognizione
delle attività che hanno animato dagli anni
’60 la cultura della pace.
Gianfranco Aldrovandi del Collettivo Non
Violenza della bassa reggiana ha evocato
la paura della bomba H negli anni ’60-70,
la rottura dei blocchi, la legge truffa, la
riconversione dell’industria bellica, il 7
luglio, le grandi mobilitazioni della FGCI,
il libro di Carretti-ANPI “Educarsi alla
Pace”.
Saverio Morselli ha ricordato il CENDIP,
il Centro Documentazione per la Pace che
18.05.2010 - Come sempre anche l’ANPI di Reggio Emilia alla marcia per la pace Perugia-Assisi
giugno-luglio 2010 19
notiziario anpi
estero
TURCHIA
La nuova strategia politica di Ankara dopo la schiacciante vittoria del
Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP) nelle elezioni amministrative del 2002, si poggia sui principi
del “Nessun problema con i vicini” e
del “potere morbido”.
Il primo ministro della Turchia, Tayyip Erdogan
Ahmed Davutoglu professore universitario senza particolari mandati elettivi, è l’architetto delle nuova politica e dal 2009 svolge
le funzioni di capo delle diplomazia, attuando personalmente operazioni diplomatiche, strettamente collegate con l’idea di una politica innovatrice per la Turchia. Si possono annoverare tra le sue
iniziative diplomatiche 61 accordi sottoscritti con la Siria, 48 con
l’Iraq, la soppressione dei visti per otto Paesi vicini, la risoluzione
del problema della presidenza del Libano, gli accordi con la Siria,
i due protocolli firmati con l’Armenia. Da ricordare ancora i molti
suoi tentativi di mediazione tra Israele e i palestinesi falliti, peraltro,
poiché, come afferma Davutoglu “una trattativa di pace può essere
efficace se esiste una volontà di pace. Quando Israele mostrerà di
volere la pace, noi saremo pronti a mediare...”.
La politica portata avanti dalla diplomazia turca viene attuata in un
momento particolarmente delicato, in cui il potere rimanda l’esercito nelle caserme, dopo l’adozione di una legge, che riduce le prerogative dei tribunali militari, mentre riemergono i segreti oscuri del
suo “stato profondo” evidenziatosi, peraltro, nell’ultimo tentativo
sventato di un colpo di Stato, con l’arresto di oltre 60 militari, accusati di uno stretto collegamento con l’organizzazione nazionalista
Ergenekom, da sempre attiva nei tentativi di destabilizzare il governo dell’AKP.
Il veloce ritorno alla normalità non riduce peraltro, la forte preoccupazione per le sorti geopolitiche dell’Europa, del Medioriente e
del mondo islamico. Il vecchio militarismo turco, tollerato durante
la “guerra fredda”, sarebbe difficilmente gestibile nel caos multipolare del mondo d’oggi. Da ricordare, inoltre, che Ankara è una
della capitali essenziali della NATO, ai confini dell’Iran, dell’Iraq
e della Siria. La Turchia, nel contesto della complessa galassia islamica, è l’unico alleato dello Stato di Israele e il governo, guidato da
Tayyip Erdogan, si propone di essere un modello di moderazione
per i Paesi musulmani. Se il colpo di stato avesse avuto successo, lo
stesso avrebbe messo in forte crisi la stabilità politica di una parte
importante del mondo.
In concomitanza con i difficili rapporti del governo con l’ala militare più oltranzista “c’è una nuova dinamica che è portata dal popolo
– evidenzia Ihsan Bal docente all’Accademia di polizia – questo è
cominciato nel 2003, quando gli Stati Uniti volevano fare della Turchia la porta d’ingresso per l’invasione dell’Iraq. E’ stato il popolo
– i deputati e i loro elettori – a dire no...”. E tale dinamica risulta
evidente nell’atteggiamento della gente nei riguardi di Israele e del
20 giugno-luglio 2010
notiziario anpi
popolo palestinese, tanto che è stata data piena solidarietà al premier
Erdogan, quando lo stesso aveva apostrofato duramente Shimon
Peres, nel corso di un Forum economico, quando il presidente israeliano aveva giustificato i massacri di Gaza, come una conseguenza
delle provocazioni dei palestinesi. L’arrivo dell’AKP al governo nel
2002 non aveva compromesso il mantenimento di stretti legami con
Israele, ma il clima è oggi decisamente cambiato, dopo l’intervento
militare israeliano a Gaza nel 2008, tanto che sono state annullate
le esercitazioni militari congiunte, previste per ottobre 2010. Miliha
Altunisk, docente presso la Middle East Tecxhnical University di
Ankara, sostiene che, dopo la guerra di Gaza “qualunque governo
avrebbe modificato la propria politica e criticato Israele, il quale,
peraltro, con gli attuali dirigenti si trova sempre più isolato. Con
Obama al potere, la sua posizione strategica sta declinando...”.
Recenti, in un siffatto contesto, sono le dure dichiarazione rilasciate
dal premier turco Erdogan, durante la sua recente visita in Francia,
quando, senza mezzi termini, ha pubblicamente dichiarato “Israele
è oggi la peggior minaccia alla pace in Medio Oriente”. A nulla è
servito l’invito a raffreddare il clima, rivolto al governo turco da
parte di un inferocito capo della diplomazia dello Stato ebraico
come Avigdor Lieberman, toccato anche dalle polemiche sollevate
da Turchia ed Egitto sull’arsenale atomico israeliano, sempre negato dal governo di Tel Aviv.
I rapporti tra i due Paesi hanno subito duri contraccolpi quando la
Turchia con Brasile ed Egitto si è dichiarata disponibile ad effettuare l’arricchimento dell’uranio per le centrali atomiche dell’Iran, così
come richiesto con particolare insistenza dai Paesi occidentali.
La definitiva rottura dei rapporti diplomatici tra i due Paesi, si è
avuta come conseguenza della criminale aggressione militare israeliana in acque territoriali, effettuata su una nave turca, carica di aiuti
umanitari per i palestinesi di Gaza. L’uccisione di un numero imprecisato di pacifisti turchi ed il ferimento di molti altri, ha scatenato la
legittima reazione del governo turco, sfociata nel richiamo in patria
dell’ambasciatore turco.
E’ dal 2003, da quando cioè la Turchia si era decisamente opposta
all’uso del suo territorio nella guerra contro l’Iraq da parte degli
USA, che Ankara è divenuto un importante punto di riferimento sul
territorio mediorientale nello svolgimento di un ruolo pacificatore e
costruttivo, intervenendo direttamente nei negoziati tra Siria e Israele, contribuendo alla soluzione della crisi presidenziale in Libano
e rubando in parecchi casi la scena all’Iran.
A,
estero
di
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Ankara
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k
a
r
a
Né con l’Oriente né con l’Occidente,
ma solo dove più conviene...
Ankara ricava evidenti vantaggi, sia politici
che commerciali, dai suoi tentativi di risolvere i problemi politici, attraverso un’avanzata forma di cooperazione, che si prefigge,
tra l’altro, di mantenere un alto grado di stabilità in questa regione del mondo.
Secondo la signora Altunisik redattrice politica del giornale “Daily Star” “per la Turchia
è questa una strategia decisamente vincente
a tutti i livelli”.
Divisioni interne permangono ancora nei
riguardi della politica estera che il governo attua nei confronti dell’Iran. Per Yavuz
Baydar, corrispondente politico di “Today’s
Zaman”, un quotidiano in lingua inglese,
vicino al governo non è il caso di preoccuparsi per ciò che accade tra Erdogan e il
presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad
“entrambi vengono dal popolo e si comportano come la gente comune, anche se
non si fidano l’uno dell’altro...”. Una parte
dell’opinione pubblica, peraltro, non condivide il prevalente ottimismo, vedendo, nei
tentativi di mediazione che la Turchia esercita sul nucleare iraniano, il pericolo della
creazione di una situazione esplosiva alle
porte di Ankara.
Meraviglia, nel contesto della politica estera del Paese, gli ottimi rapporti stabiliti con
la Siria, specie se si ricorda il duro confronto tra i due Paesi per le rivendicazioni di
Damasco sulla provincia turca dello Hatay,
per la questione della ripartizione delle fonti idriche e sull’appoggio sempre fornito al
PKK turco da parte della Siria.
Per quanto riguarda Baghdad prevalgono
sullo scenario politico i buoni rapporti commerciali e gli sforzi turchi per far sedere al
tavolo dei negoziati i gruppi sunniti del vicino Paese.
Anche in Africa le relazioni diplomatiche
prosperano specie con Libia e Sudan ma in
tutta la regione africana la buona immagine
di Ankara è collegata alla presenza militare
in Afganistan, ove 1750 soldati “non com-
battenti” sono, in funzione di pace, sul territorio afgano.
La Turchia, peraltro, non guarda soltanto al
mondo musulmano, infatti, è in atto la sua
proiezione verso la Russia, la Serbia, la Georgia e addirittura verso l’Armenia. Il 10 ottobre 2009 sono stati firmati due protocolli
con l’Armenia, protocolli, che dovrebbero
consentire lo stabilire normali relazioni diplomatiche e l’apertura delle frontiere. In
tale contesto il presidente Obama ha contattato telefonicamente il presidente turco
Gul per sollecitare la sollecita stesura di un
protocollo, che ratificasse in via definitiva la
pace turco-armena. La questione non deve
avere trovato pareri condivisi nell’ambito
del Congresso USA, tanto che il presidente
della commissione Esteri Howard Berman,
trascurando i richiami alla prudenza di Hillary Clinton, ha proposto e messo ai voti
una risoluzione che definisca, senza mezzi
termini, “genocidio” lo sterminio degli armeni da parte dei turchi nel 1915. Ankara
che ha sempre negato che tale evento abbia
avuto luogo, reagisce duramente e minaccia di rompere gli accordi diplomatici con
Washington.
Tornando al particolare attivismo diplomatico del nuovo governo, anche per la questione
Cipro, si intravedono chiaramente miglioramenti nelle relazioni diplomatiche tra i due
Paesi, grazie anche all’elezione del nuovo
primo ministro Georgios Papandreou. Da
evidenziare inoltre che la diplomazia turca,
dimostrando piena solidarietà con le misure economiche adottate dalla Grecia per
superare il grave momento di crisi, ha attuato tutta una serie di accordi ed interventi
in vari settori dell’economia ellenica, con
il fine di fornire un reale sostegno al Paese
vicino. Valutando attentamente quello che
sta avvenendo sulla base di una nuova linea
diplomatica turca e delle sue ambizioni a est
ed a sud, si può pensare che sia in atto la rinascita di una “missione ottomana”? Temel
Iskt che negli anni Ottanta ricopriva il ruolo
di direttore del ministero per gli Affari esteri
del governo turco rifiuta le accuse di “neoottomanesimo”, affermando che si voglia
far credere che la Turchia si islamizzi, che
non sia più interessata ad entrare in Europa
e che le accuse stesse provengano da capitali, che rifiutano l’integrazione della Turchia
nella UE.
E’ indubbia, peraltro, l’amarezza che, dopo
le succitate accuse, l’opinione pubblica europea si esprima in modo da apporre ulteriori ostacoli per l’adesione alla UE della
Turchia, ostacoli sfociali nei “no”, pronunciati da Sarkozy e Merkel, malgrado che il
prestigio del Paese sia molto accresciuto in
una regione difficile come il Medioriente e
sia più incisivo il suo ruolo sulla scena internazionale.Molti commentatori politici temono che nel contesto delle situazioni, che
si sono create nel Paese, nei nuovi rafforzati
rapporti con i Paesi vicini, il governo AKP,
giocando con troppe palline, possa lasciarne
cadere alcune. La regola “nessun problema
con i vicini e niente bastone...” per cui ogni
conflitto deve venire risolto con la persuasione e con i vantaggi economici, può anche
non funzionare.
Il governo, peraltro, rassicura; in un comunicato apparso sul “Daily Star” con la firma
di Meliha Altunisik si risponde ai succitati
timori “per il momento la questione è prematura. Inoltre non tiene conto di un fatto
fondamentale: il modo con cui si conduce
la politica estera conta almeno quanto i risultati finali. Agli occhi dei suoi vicini la
Turchia passava per una potenza periferica;
oggi non si può parlare del futuro di molte
regioni del mondo senza parlare del nostro
Paese...”.
La scelta di Ankara, (militari permettendo),
si fa sempre più decisa: né con l’Oriente né
con l’Occidente, ma solo dove più conviene.
Bruno Bertolaso
giugno-luglio 2010 21
notiziario anpi
cultura
QUESTA È LA PAC
CTP Pertini, ISTORECO, ANPI e Comune di Reggio Emilia ricordano
mun
l'eccidio degli operai che alle Regl'ec
giane non volevano più lavorare
gian
per la guerra.
“A tu
tutti noi serve avvicinare la storia di ieri e
quella di oggi attraverso esperienze reali, incontr
contri vissuti e voglia di ascoltare, partecipare,
comp
comprendere. Perché né la storia, né le persone
debba
debbano mai rimanere straniere o estranee. Ma
perch
perché ad ognuno e sempre sia riconosciuto il diritto a conoscere e farsi conoscere...”
Dome
Domenica
Secchi, operaia delle Reggiane uccisa il
luglio 1943, con altri otto compagni che manife28 lu
stavano per la pace
stava
La storia che oggi vogliamo raccontare potrebbe iniziare in tanti modi differenti.
Decidiamo di cominciare dalla vicenda di
Bouda Abdelhak, ragazzo nato a Casablanca
una trentina di anni fa. Grande idealista
animato da un entusiasmo contagioso,
Abdelhak si ritrova nel 2005 improvvisamente senza documenti, senza casa, senza
lavoro. Dopo anni di vita a lavorare nelle
nostre campagne, Abdelhak non ha più in
mano nulla.
La sua vita ha un arresto, ma, nella sfortuna, Abdelhak trova alcuni amici disposti
ad aiutarlo. Viene ospitato in una vecchia e
fredda casa di montagna dove risiede completamente solo per circa un mese. Sono
giorni invernali molto piovosi e il ragazzo
è costretto a guardare da un vetro il proprio
tempo che passa.
Un giorno più grigio degli altri Abdelhak
vede passare proprio lì fuori dalla casa un
palloncino. La corda del palloncino è stretta
intorno a qualcosa: un piccolo peso annodato all'estremità più bassa. Corre fuori dalla
casa e afferra al volo l'inaspettato visitatore.
Scioglie il nodo che avvolge il piccolo peso
in fondo al filo, apre l'involucro e srotola un
foglio di carta.
Con la calligrafia incerta ma accurata di un
bambino, nel biglietto è scritto un messaggio di pace da parte di Federico, un bambino di 1a B. Il palloncino ha viaggiato da
una piccola scuola di Modena fino alla casa
dove Abdelhak vive quei suoi giorni di solitudine, nei pressi di Casina.
Con cura e passione il ragazzo prepara una
lettera di risposta indirizzata a Federico. Su
quella lettera, tra palme colorate disegna-
22 giugno-luglio 2010
notiziario anpi
te con pazienza, Abdelhak scrive: “Caro
Federico, grazie per il tuo messaggio. Io
mi chiamo Bouda Abdelhak e vengo da
Casablanca, in Marocco. Sono un ragazzo
clandestino, ma anch'io, come te, vorrei la
pace in tutto il mondo”.
Quel palloncino fa sorridere Abdelhak e
sembra dargli la spinta per tentare nuovamente la fortuna qui in Italia. Dopo qualche
anno Abdelhak riesce finalmente ad ottenere il permesso di soggiorno. Ora frequenta
con successo la scuola di italiano per stranieri di Reggio Emilia e non si è stancato di
parlare di pace.
Proprio in questi giorni, insieme a venti altri studenti adulti provenienti da 17 paesi
differenti sta ultimando un lavoro di ricerca
su un piccolo importante pezzo della storia
reggiana: la storia di Domenica Secchi e
del suo sogno di pace per tutti.
Vi chiederete: “Cosa ha a che fare la storia
di Abdelhak con la vicenda di questa donna
vissuta a Reggio più di mezzo secolo fa?”
Cominciamo da alcuni dati contingenti. La
scorsa primavera un gruppo di cittadini sostenuti dal supporto autorevole e sollecito
di ANPI e ISTORECO, aveva chiesto al
Comune di salvaguardare il monumento
ai nove caduti delle Reggiane, intitolando
la piazza rimodernata dell'ex-lucchetto a
Domenica Secchi.
Questa stessa piazza si trova a poche centinaia di metri dalla scuola di italiano frequentata da Abdelhak, in una zona descritta
da molti reggiani come insicura e disagiata.
Si tratta del quartiere di via Turri, intorno
alla stazione di Reggio Emilia, dove la
presenza di persone provenienti da paesi
stranieri è divenuta per molti sinonimo di
stra
degrado.
deg
Abdelhak e gli altri studenti del Centro
Ab
Territoriale Permanente, guidati da Matthias
Durchfeld di ISTORECO, hanno deciso di
invertire questa strana tendenza di pensiero
secondo la quale essere straniero vuole dire
essere un cittadino più difficile di altri.
La storia triste ma umanamente esemplare
di Domenica Secchi ha dato loro a questo
proposito una bella opportunità.
Domenica Secchi era, infatti, una donna
che lavorava alle officine Reggiane proprio
alla stessa età del nostro Abdelhak. Amava
come lui la pace e proprio per questo quel
giorno d'estate aveva deciso, nonostante il
clima intimidatorio e violento di quei giorni, di manifestare contro la guerra.
Era il 28 luglio 1943.
Domenica Secchi era uscita dalla fabbrica,
allora produttrice di materiale bellico, insieme a migliaia di altri lavoratori. Erano
persone stanche di vivere nella paura della
violenza e dell'oppressione fascista. Erano
operai ed operaie piene di coraggio e voglia
di vivere. Domenica forse aveva più slancio
di altri perchè il futuro che vedeva davanti
a sé, lo stava progettando anche per il bambino che aspettava: era incinta di quasi otto
mesi.
Quando i soldati dell'esercito italiano spararono sulla folla dei manifestanti, Domenica
corse a ripararsi nella rientranza di una
piccola porta, ma lo stato avanzato della
gravidanza le impedì di trovarvi un rifugio
sufficientemente spazioso.
Dal cancello esterno delle vecchie officine
reggiane gli studenti della scuola di italiano
CE CHE VOGLIAMO!
cultura
Un'immagine del corso
Scoprimento della targa dedicata a Domenica Secchi. Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia, Franco Corradini, assessore
alla Coesione e sicurezza sociale, Roberta Pavarini presidente Circoscrizione Nord-est e alcuni familiari di Domenica Secchi
hanno immaginato oggi il terrore di quei
momenti, hanno visto la piccola porta insufficiente per ospitare Domenica Secchi,
hanno discusso sulla violenza e sul razzismo di quel periodo. In bicicletta hanno
visitato alcuni luoghi che portano ancora le
tracce di quelle vicende e tra essi il vecchio
cimitero di Coviolo, accanto alla chiesa,
dove Domenica Secchi è tuttora sepolta.
Hanno anche ascoltato il racconto commosso di Toni Fernando Cavazzini, operaio modello delle officine Reggiane, che ha
raccontato loro di aver cambiato vita dopo
la manifestazione, dopo l'eccidio. Lavorare
per produrre quelle armi, per quelle stesse
persone che avevano ucciso i suoi compagni di lavoro non fu più accettabile per lui,
che decise di allontanarsi dalla fabbrica e
dalla città per diventare partigiano.
L'idea di ISTORECO di dare un viso, un
nome ed un cognome attraverso cui la sto-
Alcuni ragazzi con Ferdinando Cavazzini Toni
ria di questa manifestazione per la pace
possa essere raccontata in modo più semplice e compresa con maggiore trasporto
attraverso l'immedesimazione, ha fatto sì
che gli studenti stranieri partecipassero con
interesse ed assiduità al progetto. Presso
l'archivio di ISTORECO essi hanno svolto
un lavoro di ricerca sulle singole biografie
dei nove caduti. Hanno infine tradotto in
cinque lingue il testo della targa che racconta il tragico episodio dell'eccidio. Tale
scritto tradotto rimarrà nella piazza accanto
al monumento dei nove alberi, affinché la
storia di quei reggiani divenga patrimonio
di tutti gli abitanti (quelli nati qui e quelli
arrivati recentemente) della zona.
Alessandro Scillitani per l'assessorato alla
Coesione Sociale ha infine videoregistrato
l'intera ricerca e prodotto un breve documentario. Abituati a guardare gli “stranieri” attraverso l'occhio di una telecamera di
controllo in bianco e nero, ora avremo la
possibilità di vederli da un angolatura differente, attraverso immagini a colori e con
le loro voci che raccontano.
Non per mostrare ai reggiani come sono gli
“stranieri”, ma per aiutarli a pensare che
nessuno straniero può rappresentare tutti gli
stranieri, tantomeno può essere rappresentatitivo il modello di straniero quotidianamente stigmatizzato dalla cronaca.
A tutti noi serve avvicinare la storia di ieri
e quella di oggi attraverso esperienze reali,
incontri vissuti e voglia di ascoltare, partecipare, comprendere. Perché né la storia, né
le persone debbano mai rimanere straniere
o estranee. Ma perché ad ognuno e sempre
sia riconosciuto il diritto a conoscere e farsi
conoscere.
Annalisa Govi
Il gruppo che ha partecipato al corso
giugno-luglio 2010 23
notiziario anpi
cultura
Dalla parte del creato
MONTAGNA, ANIMALI E NATURA
La parte della provincia reggiana classificata territorio montano sfiora i 1000 kmq. In questa fetta di montagna
ci sono tredici comuni e circa 40.000 abitanti. Un tempo raggiungevano anche i 63/65.000.
i castagneti. Ugualmente dannosi sono poi
i cervi, sia per il sistema agricolo che per
la forestazione. E infine gli istrici, molto
attenti alle piantagioni di patate, sono la
disperazione delle famiglie che si ostinano
ancora a seminare patate nei propri campi.
Tali coltivazioni vengono distrutte da questo
grazioso animale che in cambio lascia sovente
lunghi aghi come ricompensa. Per quanto
mi riguarda personalmente, abitando io sulle
nostre montagne, precisamente a Marmoreto
di Busana, da ben prima dell’esorbitante
presenza di cinghiali, caprioli e cervi, voglio
poter continuare a curare boschi e castagneti,
frutteti e l’orto. Voglio vedere alzarsi le
allodole in volo, voglio sentire il profumo delle
giunchiglie, voglio vedere la poiana piombare
sul rettile portandolo in alto, inchiodato ai suoi
artigli. Questa è a mio parere vera ecologia o,
come direbbe il mio amico Paride Allegri,
“rispetto del Creato”.
Giacomo Notari
Nel corso degli anni del dopoguerra questa
fetta di provincia si è trasformata in un grande
zoo senza recinto. Un tempo non lontano
vi regnava qualche lupo, la volpe, il tasso,
la lontra la faina, la martora, la puzzola,
lo scoiattolo, la lepre, il riccio, la donnola,
la poiana e tante varietà di uccelli. Fiumi
e torrenti erano ricchi di pesci e gamberi.
Regnavano branchi di starne, pernici rosse,
coturnici. Ora quel territorio si è arricchito di
cinghiali, caprioli, cervi, marmotte, mufloni,
lupi, linci, istrici, daini. Manca solo l’orso, la
zebra e il castoro. Analizzando tutto questo
nuovo impatto animale è quasi impossibile,
occorrerebbero vari studi e ricerche mirate. Io
al momento, per quello che vivo ogni giorno
sul territorio, da ecologista senza emblema
di riconoscimento, mi limito ad alcune
osservazioni. Ad esempio, a proposito del
cinghiale, le reazioni di chi vive sul territorio
dicono che è incompatibile con l’attività
agricola, ed è più che vero. Io aggiungerei che
è incompatibile con il complesso ecosistema
del territorio. Vediamo il perché: questo
animale ha distrutto buona parte degli antichi
muretti a secco, un pezzo di storia del nostro
paesaggio agrario, sin da tempi antichi. Tutto
questo per ricavarne famiglie di vipere, bisce,
ramarri, topi, rospi, rane. Girando per boschi e
campi, raramente ci si imbatte in un rettile, un
tempo cosa normale. Nella parte alta, sopra le
faggete, nelle praterie e mirtillaie, ogni varietà
di uccelli depongono le uova a terra: allodole,
coturnici, ecc. si vedono distruggere i nidi,
bere le uova, divorare covate di piccoli. Nelle
praterie dei nostri monti, Cusna, Ventasso,
Cavalbianco, La Nuda, Casarola, non si trova
più una giunchiglia. Così per il giglio rosso
(Leucosium sillo), i crochi la musiaria e tutti
i fiori col bulbo. Sarebbe bene, una volta per
tutte, che si smettesse col pressapochismo e si
affrontasse il problema in modo serio con studi
e ricerche su basi scientifiche. La presenza
del capriolo si stima in almeno 20-22.000
esemplari, una quantità incompatibile con
la turnazione delle foreste, perché brucando
i nuovi germogli i caprioli impediscono al
bosco di riprodurso. Altrettanto dicasi per
DISEGNAVA AEREI
Rivive nel racconto di Annamaria Giustardi la figura
di Osvaldo Notari, morto a 17 anni nell’eccidio delle
“Reggiane” del 28 luglio ’43
Giusto un anno fa, su queste pagine, annunciavamo il testo – in attesa di pubblicazione
– di Annamaria Giustardi, Disegnava aerei,
con cui l’autrice ricostruisce la vita e la morte di Osvaldo Notari, il più giovane dei nove
operai delle “Reggiane” caduti il 28 luglio
1943 davanti ai cancelli del grande stabilimento nell’eccidio con cui venne represso il
tentativo delle maestranze di manifestare per
la pace all’indomani della caduta di Mussolini. Ora quel testo, al quale Monica Morini
e Bernardino Bonzagni “hanno dato voce e
sentimenti, quando ancora non era libro in
occasione della celebrazione del 64° anniversario dell’eccidio”, è finalmente giunto a
pubblicazione, in una bella edizione a cura di
Teorema e CGIL SPI di Reggio Emilia.
Nipote di Osvaldo per parte di madre, l’autrice, essendo nata dopo la seconda guerra
mondiale, non ha dunque mai conosciuto lo
zio morto a soli 17 anni, ma ha ereditato in
famiglia la dolente memoria di quella perdita. Col suo lavoro, basato anche su ricerche
d’archivio e bibliografiche, ma soprattutto su
di una toccante immedesimazione nel perso-
Annamaria fa rivivere Osvaldo imnaggio, Annam
che sia lui stesso a raccontare la
maginando ch
sua troppo breve stagione di disegnatore di
aerei compresa fra le date del sottotitolo: 19
novembre ’42-28 luglio ’43, dal primo giorno di lavoro al giorno della manifestazione
per la pace, al momento in cui Osvaldo “sentì
dei colpi. Alzò la testa per guardare voltandosi verso sinistra. Il cielo nero”.
Poi Osvaldo non c’è più. Resta solo la voce
del narratore che racconta, nel dolore di una
famiglia così atrocemente colpita, anche il
dolore di tutte le altre. E vi intreccia momenti di vita quotidiana in un quartiere popolare
della periferia di Reggio, nel contesto delle
sofferenze e delle paure determinati dai bombardamenti aerei, dall’occupazione tedesca,
dalle incursioni fasciste nelle case, dalle esecuzioni sommarie, da stragi come quella di
Bettola.
Un libro da portare nelle scuole, un libro che
può far capire anche ad un bambino perché i
Costituenti abbiano voluto quell’articolo 11,
che comincia con le parole ”L’Italia ripudia
la guerra….”. (a.z.)
24 giugno-luglio 2010
notiziario anpi
ANNAMARIA GIUSTARDI,
Disegnava aerei. 19 novembre 1942-28
luglio 1943, Edizioni Teorema,
Reggio Emilia, 2010, 143 pp., euro 10
Il disegno in copertina fu trovato nel portafogli di Osvaldo Notari dopo la sua morte. In quarta “Il modellino
dell’aereo che mio zio aveva scalpellato nell’alluminio.
Adesso è sulla mia scrivania. Quando ci arriva il sole
sembra d’argento. Invece, quando lo sfiora un soffio
d’aria, si muove, ondeggia, è come se volasse”. (Ultime
righe del bel libro di Annamaria Giustardi)
cultura
VASCO MONTECCHI
e il suo corpo a corpo col marmo
e la pietra per cantare la pace
Vasco Montecchi è stato ospitato, con la sue
Sculture per la pace, nella sede dell’Assemblea
regionale dell’Emilia-Romagna con una mostra tenutasi dal 20 gennaio al 21 marzo di
quest’anno. Organizzata dalla Regione, la mostra antologica ed il relativo bel catalogo sono
stati curati da Mauro Carrera e Marzio dall’Acqua. Scrive Dall’Acqua: “Sbocciano le sculture
di Vasco Montecchi, fiori di marmo dalle forme
che fermentano ed esplodono, esotiche nei
petali carnosi e turgidi di vitalità nascosta e
segreta, metamorfosi di un’evoluzione che trapassa dal vegetale all’animale, dalla botanica
a una zoologia immaginaria e fantastica […].
Hanno dentro un’anima che richiede occhi
attenti, partecipazione, sospesa contemplazione”. Autodidatta geniale la cui opera di scultore è apprezzata in vari Paesi d’Europa, l’amico
Vasco da anni presta generosamente la sua
opera anche mettendosi a disposizione degli
allievi della “Scuola di scultura su pietra”, promossa dal comune di Canossa, e che ha sede
nei pressi di Rossena. (a.z.)
Vasco Montecchi, Bacio in volo,marmo rosa del Portogallo, 2006, cm- 40x22x70
Vasco in un corpo a corpo col marmo
di Carrara presso il laboratorio di Luigi
Corsanini, in Avenza (MS)
JEROME BRUNER
COI BAMBINI DELLA SCUOLA MALAGUZZI
Jerome Bruner, vecchio amico di Reggio (ne è cittadino onorario dal 1997) e delle sue scuole comunali d’infanzia, è uno dei più noti e influenti psicologi americani. Compirà 95 anni il prossimo 1°
ottobre e continua ad essere presente e attivo nel campo degli studi dopo essere stato per decenni
professore nelle più prestigiose università degli Stati uniti d’America. Ospite della nostra città nella
prima quindicina di giugno, dopo aver partecipato a due importanti convegni scientifici è stato
anche presente, nel pomeriggio di martedì 11 giugno, alla festa della Scuola d’infanzia annessa al
centro internazionale Loris Malaguzzi.
Nelle foto (di Vera Bertolini) alcuni momenti della Festa
giugno-luglio 2010 25
notiziario anpi
cultura
A marzo è stata ospitata a Reggio la
mostra fotografica Barbiana: il silenzio
diventa voce, curata dalla Fondazione
Don Lorenzo Milani. L’esposizione è
dedicata meno alla biografia del sacerdote fiorentino, che non alla ricostruzione del suo tentativo didattico-politico nel Mugello; i ritratti di Lorenzo
Milani vengono quasi messi in ombra
rispetto a quelli dei suoi ragazzi. Nel
complesso ne ricaviamo la memoria di
una comunità dall’atmosfera familiare
(cioè: dall’aria anti-istituzionale) e luminosa (siamo quasi sempre all’aperto,
al sole). E’ in questo effetto complessivo (senza dubbio poetico) il segno
inequivocabile della nostra radicale
lontananza dall’esperienza di Barbiana: chiedendoci cosa ne rimanga oggi,
dobbiamo concludere: in sostanza le
parole (in ciò che hanno di politico) del
suo fondatore, oltre che – ovviamente
– le memorie di chi ha vissuto direttamente quell’esperienza.
L’eredità
di don Lorenzo Milani
L’Italia di quando esisteva Barbiana, è quasi
si
superfluo dirlo, non esiste più: quella scuola
la
è finita con la fine (totale, anzi totalitaria
ia
o quasi) dell’Italia contadina e delle
case sperdute fra i monti, senza corrente
elettrica, senza televisione. Barbiana è stato
un estremo caso di preistoria. Saprebbero
ridere ancora i bambini di oggi, così come
ridevano i ragazzi di don Milani 60 anni fa?
Ridere in una scuola, facendo scuola, oggi?
“Elevazione civile e non solo religiosa”:
in questa tensione liberatrice sta poi la
contraddizione (meravigliosa, potremmo
dire tragica) di don Milani, sacerdote
progressista, che condivideva la miseria
e l’emarginazione dei suoi. La vittoria
(la vittoria anche “sua” in quanto prete)
della Democrazia cristiana il 18 aprile
1948 è stata inevitabilmente anche la sua
irrimediabile sconfitta. La mostra riporta
ad esempio la lettera (persino commovente
per il senso di impotenza che se ne ricava)
di Milani a un giovane comunista di San
Donato di Calenzano, nel 1950: “Ora che il
ricco t’ha vinto col mio aiuto mi tocca dirti
che hai ragione, mi tocca scendere accanto
a tea combattere il ricco. Ma non me lo
dire per questo, Pipetta, ch’io sono l’unico
prete a posto. Tu credi di farmi piacere. E
invece strofini sale sulla mia ferita. E se la
storia non mi si fosse buttata contro, se il
18... non m’avresti mai veduto scendere là
26 giugno-luglio 2010
notiziario anpi
in basso, a combattere i ricchi. Hai ragione,
sì, hai ragione, tra te e i ricchi sarai sempre
ragione. [[…]] Ma il giorno
te povero a aver ragione
che avremo sfondata insieme la cancellata
di qualche parco, installata insieme la casa
dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene
Pipetta, non ti fidar di me, quel giorno io
ti tradirò. Quel giorno io non resterò là con
te. Io tornerò nelle tua casuccia piovosa e
puzzolente a pregare per te davanti al mio
Signore crocifisso” (pp. 14-15). E’ qui la
contraddizione di Milani; è questa la sua
eredità per noi.
Sempre nella mostra trovano spazio le lettere
di don Milani alla madre, Alice Weiss. Qui
scriveva il 14 marzo 1944: “Cara mamma,
mi dispiace che tu senta il peso della mia
mancanza di libertà. Ma non ci pensare
perché io non ne sento punto. Quanto uno
liberamente regala la sua libertà è più libero
di uno che è costretto a tenersela” (p. 10).
Pasolini ha trovato in questa e nelle altre
Lettere alla mamma (Mondadori, 1973)
conformismo e puerilità, senza poterci
dimenticare in quali anni (in quale Italia)
Lorenzo Milani compiva il suo noviziato:
“La decisione di ignorare la guerra e il
fascismo era, da parte del novizio, un
invasato e intrasgredibile partito preso. La
tragedia è sulla nazione italiana, spaventosa,
senza speranza; e il giovane Lorenzo, dentro
la cinta del seminario, è tutto un impeto di
serafico buon umore” (P.P. Pasolini, Scritti
corsari, Garzanti, 1975, pp. 185-186). Ma
anche nel don Milani divenuto poi prete
disobbediente, Pasolini ritrova la figura di
un nuovo San Paolo, spirito organizzatore
e codificatore, fariseo. “E’ vero che la sua
organizzazione era contraria a quella di San
Paolo, cioè tendeva a criticare e a mettere
in sacco l’organizzazione ecclesiastica.
Ma non è detto che, se la storia fosse
continuata così come si poteva prevedere
negli anni cinquanta e nei primi anni
sessanta, anche i risultati organizzativi
di tipo laico, borghese-socialista, di Don
Milani, non avrebbero potuto rientrare nella
grande organizzazione paolina, esserne
riassorbiti” (ivi, pp. 189-190). Don Milani
è stato un uomo «adorabile» perché spirito
implacabilmente critico: “Precorrendo il
‘68 (anche con la contropartita di seminare
nel mondo una ventina di sindacalisti e di
cattolici di sinistra un po’ troppo buoni e
bravi), egli ha portato a termine l’unico atto
rivoluzionario di questi anni: l’ha fatto con
una certa ingenuità e una certa presunzione,
ma con una sostanziale purezza ascetica,
che dà al suo passaggio su questa terra
un valore probabilmente più grande di
quello dello stesso Papa Giovanni, che, pur
scherzandoci sopra, era un uomo di potere”
(ivi, p. 191).
Francesco Paolella
Gli Ottantanove anni di Laila
compleanni
Un’immagine dei “Sentieri”
Annita Malavasi, Laila,
partigiana combattente e sindacalista, il 21 maggio
scorso ha compiuto 89 anni, portati magnificamente grazie all’energia, alla passione, alla fedeltà ai
valori dell’antifascismo rimaste intatte nel tempo.
Laila,per l’autorevolezza e la credibilità che le derivano da una vita
dedicata alla lotta per la giustizia sociale, i diritti delle donne e per
rendere il mondo migliore, è stata sempre per me un punto di riferimento, un esempio del modo di intendere l’impegno civile e politico, sin da quando la incontravo, (erano i primi anni ’60 del secolo
scorso), davanti alle fabbriche delle donne, la Max Mara, la Bloch,
la Confit, lei, sindacalista , a difendere i diritti delle lavoratrici, io,
giovanissima della FGCI ,ad imparare come si fa . Un punto di riferimento lo è ancora adesso,in questi anni in cui ci siamo incontrate di nuovo all’ANPI ,in particolare nel lavoro del coordinamento
femminile,anni in cui siamo diventate anche amiche e io ne ho potuto conoscere l’umanità e la generosità. Quante discussioni, quante
telefonate per commentare i fatti del giorno,per riflettere sul nostro
lavoro e per cercare insieme il modo migliore per trasmettere e rendere vivi e veri i valori che ci accomunano. E’ straordinaria la forza
e la determinazione di Laila, una forza che la spinge ancora oggi a
“ testimoniare” la sua straordinaria esperienza di partigiana combattente nelle scuole, in tanti incontri e manifestazioni , vincendo la
fatica ed il peso degli anni e ad essere, per noi, sempre di stimolo,
con i suoi suggerimenti e le sue proposte. Una forza ed una lucidità
straordinarie, che emergono anche dalla intervista pubblicata su “Ddonna, settimanale di Repubblica”. Grazie, “Laila”, per tutto, per
essere quella che sei. Buon compleanno e avanti così per tanti anni
ancora.
Ti vogliamo bene
Eletta Bertani
Compleanno di Andrea Bigi
Il 25 aprile scorso
ricorreva il compleanno
del Partigiano Andrea
Bigi. Il figlio Ivan, la
nuora Luciana, le nipoti
Silvana e Claudia, il
fratello e la sorella gli
rinnovano i più cari e
affettuosi auguri.
SUGLI APPENNINI...
SENTIERI PARTIGIANI 2010
giovedì 9 settembre
domenica 12 settembre
Dopo l’8 settembre 1943 i primi partigiani andarono in
montagna per organizzare la resistenza armata contro
l’occupazione nazista-tedesca e contro i fascisti della
Repubblica di Saló. Dal 1993 andiamo in montagna
ogni 8 settembre, per camminare, per ascoltare le storie dei testimoni partigiani durante le pause e durante i
momenti conviviali, per discutere di ieri e di oggi, per
goderci i paesaggi dell’Appennino reggiano. Il programma prevede ogni giorno testimonianze e camminate guidate sui luoghi che furono teatro di azioni partigiane, scontri e rappresaglie nazifasciste. Come tutti
gli anni partecipano alcuni partigiani e partigiane.
Giovedì 9 settembre, alle ore 15, ci incontriamo
a Reggio Emilia nell’Ostello della Gioventù in via
Guasco.
Facciamo una visita guidata sui luoghi della Resistenza
in centro storico e poi la cena biologica a buffet sotto le
stelle nel cortile di Istoreco.
Venerdì 10 settembre, saliamo con il pullman a
Cerredolo per camminare fino a Ca’ Marastoni,
includendo pause per le testimonianze e per l’inaugurazione di una nuova bacheca che segnala uno dei 15
sentieri partigiani.
Dormiamo a Busana nella ex-colonia l’Albergo Il Castagno.
Sabato 11 settembre, cammineremo un po’ di più.
Dopo una sosta a Ligonchio andiamo a piedi dal Passo
di Pradarena al Passo del Cerreto.
Domenica 12 settembre, invece si offre anche per
chi vuole fare una giornata sola:
Andiamo da Collagna a Succiso per finire i sentieri
partigiani 2010 con un Gran pranzo della Brigata!
Si sono già iscritti 75 austriaci, svizzeri, tedeschi e italiani, ma soprattutto per la domenica cerchiamo ancora
compagnia.
Per informazioni ed iscrizioni:
Istoreco, via Dante 11, 42100 Reggio Emilia
tel: 0522 - 43 73 27
e-mail: [email protected]
giugno-luglio 2010 27
notiziario anpi
cultura
Benvenuto al nuovo questore,
ma a Reggio non c’e’ solo
l’immigrazione.
Lotta alle infiltrazioni mafiose e alle
organizzazioni criminali, vengono prima
Domenico Savi, 57 anni, originario di San Benedetto del Tronto, dal
primo luglio è il nuovo Questore di Reggio Emilia.
Sostituisce Domenico Perucatti giunto in città appena due anni fa.
Gli auguriamo buon lavoro e saremmo lieti di poter offrire il nostro
contributo alla conoscenza della città.
S
iamo rimasti colpiti dalla
prima intervista rilasciata ai
giornali. Abbiamo letto che il
primo problema che affronterà sarà quello
dell’immigrazione. Certamente, Reggio
Emilia, come tante altre città italiane, è
stata oggetto di intensi flussi immigratori. L’alta concentrazione di stranieri
in alcune zone della città ha dato luogo
a situazioni problematiche che, talvolta,
sono degenerate in problemi di sicurezza
e ordine pubblico. C’è stata una notevole attenzione, su questo tema, da parte
della pubblica amministrazione locale e
di tantissime organizzazioni del volontariato. Hanno promosso iniziative e politiche d’integrazione, che hanno attutito
gli aspetti negativi e migliorato la qualità
della convivenza. Ovviamente, va continuato il lavoro intrapreso, che ha visto
protagoniste anche le forze della Polizia
di Stato e dei Carabinieri, perché la questione non è mai definitivamente risolta e
28 giugno-luglio 2010
notiziario anpi
preoccupa non poco la nostra comunità,
ma a Reggio ci sono, anche altri problemi,
purtroppo importanti. Ci permettiamo, di
evidenziarne tre.
aspettiamo che il governo, la Magistratura e le forze di Polizia vedano le organizzazioni criminali che vi stanno dietro e le
contrastino senza tregua.
Il primo è il seguente. Indagini della magistratura hanno rivelato la presenza di
investimenti e attività mafiose in città e
nell’intera provincia di Reggio. Reggio è
diventata luogo di destinazione di capitali
e imprese mafiose che s’infiltrano nel suo
tessuto economico. Come reggiani siamo
molto preoccupati e ci aspettiamo un aiuto decisivo dal Governo, dalla Magistratura e dalle forze dell’ordine per ripulire
Reggio da questi delinquenti.
Il terzo problema è l’impressionante diffusione della prostituzione femminile e
maschile. Anche in questo caso, come cittadini, vediamo la prostituta o il trans che
fanno la pubblicità sui giornaletti o battono sulla strada o nelle case, ma anche in
questo caso ci aspettiamo che il Governo,
la magistratura e le forze di Polizia vedano le bande criminali che li gestiscono,
quelle cioè che organizzano le tratte degli
esseri umani, li riducono in schiavitù e si
arricchiscono sulla loro pelle.
Il secondo problema, sempre legato alla
presenza in città di organizzazioni mafiose e criminali, è la grande disponibilità di
droga. L’enorme ricchezza che produce lo
spaccio di droga è uno dei fattori più pericolosi per l’intera società italiana. Come
cittadini, vediamo lo spacciatore di strada, quasi sempre extracomunitario, ma ci
Ecco, sono questi i problemi che ci preoccupano e che vorremmo vedere debellati,
comunque aspramente combattuti e per
questo, noi saremo sempre al suo fianco
e al fianco dei suoi uomini.
SCUSATE,
ma forse non avevo capito bene:...
“... come intende comportarsi l’ANPI in merito alle ultime tendenze e tattiche del socio (il PD) con
le maggiori quote di rappresentanza nella società (L’ANPI). Come si sente e si legge sempre più
insistentemente ci sarebbe un costante avvicinamento tra il PD e la Lega...”.
I
l nostro “Notiziario” è una bella certezza,
una rivista che nel tempo si è fatta sempre più capiente, interessante, sfaccettata.
Tra le sue pagine troviamo contributi che sono
un po’ la somma e la summa dell’avvenuto e
ufficializzato incontro di generazioni. Un bel
concentrato di memorie, di storia e di storie.
Uno strumento sempre consultabile, aggiornato sulle innumerevoli esperienze della Resistenza. Uno strumento che continua ad indagare sull’accaduto, su quello che è stato, ma
che allo stesso tempo si apre su nuove pagine
di odierna resistenza. Il “Notiziario” informa
e rincuora esplicitando il pensiero dei tanti
giovani antifascisti che aderiscono all’ANPI.
Ora in questo incrocio di passato, presente e
futuro, ci sta che possa pure mutare qualche
consuetudine, a costo di movimentare il tutto, sperando che la discussione, la dialettica
possa avere ospitalità tra queste pagine. Ecco
prima delle vacanze, in cui ogni attività rallenta, compresa la politica, vorrei lasciarvi
con un articoletto un po’ scomodo, non legato
a consuetudini che frequento raramente, non
propriamente ortodosso o diplomatico. La lotta partigiana, ieri come oggi, è qualcosa di irrituale che reagisce allo stato delle cose. C’è un
pensiero che mi frulla in testa da tempo e non
essendo stato sommerso nel frattempo da altri
pensieri, mi sento costretto a lasciarlo uscire
libero. La cosa riguarda la politica italiana, in
particolare la parte politica a cui da sempre
l’ANPI fa riferimento con un continuo rapporto osmotico. Parliamo del centro-sinistra, del
PD in particolare, che senza mezzi giri di parole è da sempre (dalla Liberazione in poi, dal
PCI con tutte le sue evoluzioni PDS, DS ecc.)
il maggiore “azionista”, il più rappresentato
in squadra, il legame più stretto con l’ANPI.
Certo è vero, che in questi anni di scissioni, separazioni, lotte intestine nella sinistra italiana,
la nostra associazione ha cercato di rappresentare e mantenere rapporti con tutto l’arco della
sinistra italiana e con tutte le associazioni vicine, ma è innegabile un rapporto preferenziale
che, in ogni caso, qui non voglio contestare.
Quello che vorrei capire invece, alla luce di
questo rapporto preferenziale e alla luce del
fatto che tanti nuovi giovani iscritti non fanno riferimento a partiti o sigle definite, è come
intende comportarsi l’ANPI in merito alle ultime tendenze e tattiche del socio (il PD) con le
maggiori quote di rappresentanza nella società
(L’ANPI). Come si sente e si legge sempre più
insistentemente ci sarebbe un costante avvicinamento tra il PD e la Lega, una attrazione
fatale che fa presagire possibili ardite alchimie
che in alcuni casi si stanno concretizzando in
offerte di poltrone, in alleanze e in vere e proprie avances (in verità da parte del più debole in questo momento verso il vincitore delle
ultime tornate elettorali). Si parte dall’alto
per esempio, con Enrico Letta, vicesegretario
del PD, che recentemente ha dichiarato che
il suo partito e il centrosinistra devono aprire alla Lega, perché richiesto dai loro elettori. Si passa a definizioni ardite e spericolate
che vedono nella Lega una possibile “costola
della sinistra” (mhh...probabilmente non è la
Sinistra che intendo io...). Si può constatare
nelle giunte di alcuni comuni governati dal
centro-sinistra nella scopiazzatura (fatta male
per la verità) dei proclami e dei provvedimenti
presi dalle giunte leghiste in tema di sicurezza
con tanto di sindaci-sceriffo, ronde cattive e
ronde-dolci e tolleranza zero verso obiettivi
impensabili un tempo. Se passiamo in ambito locale non mancano uscite di politici di
spicco, di dirigenti, di figure sponsorizzate dal
centro-sinistra che affermano che il vecchio
PCI avrebbe affrontato il tema immigrazione
come la Lega, oppure che pensano sia giunto il
momento di far entrare nei posti chiave gli uomini del Carroccio. Cosa dice dunque l’ANPI
di questa relazione pericolosa? Come intende
comportarsi di fronte a questo ennesimo ribaltamento di prospettive, di posizioni?
ome metterla giù culturalmente? Ma
soprattutto come spiegarla ai tanti giovani che hanno aderito all’ANPI, perché antifascisti, contro ogni tipo di razzismo,
contro la xenofobia, le segregazioni del passato e del presente. Come spiegare ai nuovi partigiani che quello che credevamo un nemico,
ora dovrebbe essere visto come un possibile
alleato? Come convivere con chi ha rispolverato la categoria della “razza” mescolandola
con il peggiore integralismo cattolico? Come
convivere con amministrazioni, guidate dalla
lega o in bella compagnia del PDL, che nega-
C
no come a Guastalla le piazze per le celebrazioni del 25 Aprile? Come essere benevoli con
un governo, di cui la Lega è punta di diamante, che continua a attaccare scientificamente la
Resistenza? Per queste cose e per la passione
e le certezze che i giovani “antifascisti” ritrovano nell’ANPI, mi suonano poi gravissime (è
un episodio, ma mi ha parecchio turbato) le
distanze precisate da qualche storico e organico esponente del nostro direttivo dopo che
una giovane iscritta aveva definito la Lega una
forza fascista durante un intervento. Dunque
l’ANPI cosa dice, cosa pensa della Lega? Lo
chiedo chiaramente, perché chiaramente (e
penso di poterlo dire a nome dei nuovi antifascisti) io vedo la Lega come una pericolosa deriva fascista, una forza che è colpevole
dell’incattivimento degli italiani (tutti, compresi quelli che si definiscono di sinistra!) che
si nutre dei peggiori istinti, delle paure, che ha
fatto del non-umanesimo, della disumanità sociale la sua bandiera (Verde, visto che quella
tricolore che a Reggio tanto amiamo loro la
sbeffeggiano). O forse non avevo capito bene?
Forse sono ingenuo come ogni giovane ribelle... ricordate quei ragazzini che si diedero
alla macchia e alla guerriglia per combattere
qualcosa che ritenevano ingiusto? Forse anche
nell’ANPI, passato il momento del trasporto
ideale, dovremmo metterci ad attendere le
mosse degli strateghi (ormai logori a dire il
vero) che ci stanno preparando l’ennesimo salto riformista nelle paludi della Padania? A noi
interessa il cuore, la scelta personale, l’etica
della Resistenza, non siamo affatto appassionati da vecchi equilibri, da amici e alleati che
ora ci dicono che bisogna aprire alla Lega per
necessità pragmatiche. Quindi ora dovremmo
bruciare i vecchi numeri del notiziario in cui
si prendevano le distanze dai leghisti e dalle
loro intolleranze? Occhio dunque, perchè se
in ambienti politici vicini che a volte coincidono con l’essenza stessa dell’ANPI si strizza
l’occhiolino alla Lega, noi non siamo affatto
disposti a chiudere gli occhi. A costo di intraprendere una nuova resistenza partigiana!
Dateci dunque conferma che non ci eravamo
sbagliati.... vero?
giugno-luglio 2010 29
notiziario anpi
CRIMINI DI...GUERRA E PACE
«"Se si pensa che nella fase terminale della Guerra Fredda gli Stati Uniti detenevano almeno 12.000 testate nucleari e l’Unione
Sovietica qualcosa di meno, il recente accordo siglato..." ... " Se la minaccia agli equilibri raggiunti in tema di armamenti nucleari
viene identificata nei cosiddetti “Stati canaglia” (Iran e Corea del Nord), non sfugge che..." ... " Crimine di guerra, atto di pirateria, azione barbarica, reazione esagerata o, più moderatamente, blitz stupido e uso sproporzionato della forza: le dure parole di
condanna ad Israele per il sanguinoso attacco alla “Freedom Flotilla...” ... "Come già in occasione dell’operazione Piombo Fuso, la
situazione di Gaza ha quindi bisogno di eventi eclatanti per potersi meritare le prime pagine dei mass media. L’isolamento della
Striscia..." ... "Dopo Bolzaneto, la Diaz: la sentenza del processo di appello ha anche in questo caso ribaltato il..."»...
– Se si pensa che nella fase terminale
della Guerra Fredda gli Stati Uniti detenevano almeno 12.000 testate nucleari e
l’Unione Sovietica qualcosa di meno, il
recente accordo siglato a Praga tra gli ex
nemici appare di notevole portata: 1.550
testate nucleari strategiche “a testa” e
consistente riduzione dei vettori, ovvero
una diminuzione di circa il 30 percento
rispetto ai numeri attuali. Certo, numeri
sufficienti a causare comunque potenziali
catastrofi, ma sappiamo bene che la contabilità di questi strumenti di deterrenza
ha storicamente seguito parametri propri
che bypassano disinvoltamente il rischio
della reciproca distruzione.
Si può quindi dire che questo è forse il
primo gesto concreto con il quale Obama
prova a legittimare il discusso premio
Nobel assegnatogli lo scorso anno, il primo “fatto” a fronte dei numerosi impegni
in tema di politica estera assunti al momento del suo insediamento. Ma si deve
tuttavia tenere presente che, pur espresso
con il consueto linguaggio cauto e diplomatico, nell’accordo stipulato rimane
inquietante l’ipotesi di utilizzo dell’arma
nucleare nei confronti a Paesi che operano in violazione degli accordi internazionali: il riferimento ad Iran e Corea del
Nord è evidente, primi destinatari di un
messaggio che ribadisce i nuovi confini
della deterrenza e che non esclude l’opzione militare.
Permane, inoltre, il nodo irrisolto del programma antimissile a più riprese proposto
e negato dall’amministrazione americana
e tanto inviso alla Russia, al punto che
quest’ultima trova necessario ipotizzare
il proprio ritiro dall’accordo “se lo scudo
antimissile minaccerà la sicurezza nazionale”; e permane l’incertezza della ratifica
del trattato da parte americana, che com-
30 giugno-luglio 2010
notiziario anpi
porterà il voto favorevole di una decina di
senatori in più di quelli democratici.
Restano, infine da interpretare (perché
ci riguardano direttamente) le parole
della portavoce del Cremlino Natalya
Timakova, per la quale il testo dell’accordo prevede “che le armi strategiche saranno dislocate solo sul territorio delle nazioni firmatarie”, come a voler far intendere
che gli USA ritireranno le atomiche dai
Paesi alleati in Europa e in Asia. Non sarebbe cosa malvagia il rientro oltre oceano delle 90 testate nucleari attualmente
stoccate a Ghedi e ad Aviano…
– Se la minaccia agli equilibri raggiunti in tema di armamenti nucleari viene
identificata nei cosiddetti “Stati canaglia”
(Iran e Corea del Nord), non sfugge che
la preoccupazione più forte di Stati Uniti
e Russia sta nella possibilità che l’estremismo islamico in un modo o nell’altro
possa venirne in possesso.
In effetti, l’accesso alle armi nucleari
pare essere priorità di tanti, determinando
una situazione dannatamente complessa:
se è vero che USA, Russia, Cina, Gran
Bretagna e Francia fanno parte dei 189
Paesi che hanno aderito al Trattato di non
proliferazione, è altrettanto vero che questo non si può dire per India, Pakistan,
Corea del Nord che pure detengono decine e decine di testate in aree caratterizzate
da grande instabilità e a rischio di conflitti
dovuti a tensioni etnico-religiose e rivendicazioni territoriali.
Come se ciò non bastasse, ormai da anni è
in atto una prova di forza tra la Comunità
internazionale e l’Iran, impegnato nella
ricerca sul nucleare civile ed accusato di
voler in realtà arrivare a quello militare,
che è culminata nelle sanzioni previste
nella recente Risoluzione del Consiglio
di sicurezza dell’ONU. Risoluzione definita elegantemente come “spazzatura” dal Presidente in barba e giacchetta
Ahmadinejad, che ha annunciato il proseguimento del programma nucleare.
Risoluzione criticata anche dal premier
turco Erdogan, per il quale “la Comunità
internazionale, che dimostra una legittima sensibilità sul pericolo che l’Iran si
doti di armi nucleari, dovrebbe avere la
stessa reazione al fatto che altri Paesi della regione abbiano questo tipo di armi”. Il
riferimento evidente è ad Israele, che non
ha mai ammesso né negato di possedere
la “bomba”, anche se i più accreditati enti
di ricerca gliene attribuiscono non meno
di duecento.
– Crimine di guerra, atto di pirateria,
azione barbarica, reazione esagerata o,
più moderatamente, blitz stupido e uso
sproporzionato della forza: le dure parole
di condanna ad Israele per il sanguinoso
attacco alla “Freedom Flotilla”, il gruppo
di navi cariche di aiuti da destinare alla
popolazione di Gaza, hanno accompagnato la formale condanna della Comunità
internazionale per un’azione tanto sconsiderata militarmente quanto – in realtà
– non sorprendente rispetto alla brutalità
già in passato dimostrata dagli apparati di
difesa del Governo di Tel Aviv (l’aggressione al Libano e l’operazione “Piombo
Fuso” ne sono tristi esempi). Condanna – appunto – formale, che segue a una
condotta indifendibile, ma che si stempera con il tempo, lasciando più o meno le
cose come stavano e irrisolte le problematiche vecchie di anni.
Come una sculacciata al bambino che si è
comportato male.
Nove morti e decine di feriti, clamorosa
violazione del diritto marittimo interna-
CRIMINI DI...GUERRA E PACE
zionale e dei diritti umani, arresti, espulsioni, requisizione del carico: a Israele,
tutto sommato, questi eccessi sono consentiti da tempo in nome del proprio diritto all’esistenza e alla difesa e in nome
della Shoah, lo sterminio che pare possa
sempre legittimarne altri.
Ma tant’è. Superata l’emozione provata a caldo, arriva il momento del “che
fare”. Ed allora, le Nazioni Unite vanno
alla prova della Commissione di inchiesta internazionale. E, sostanzialmente, la
perdono. Il Consiglio dei Diritti dell’uomo dell’ONU approva una risoluzione
che nomina una missione indipendente
“che faccia luce sull’accaduto”, ma lo fa
a maggioranza: 32 Paesi votano a favore, 3 votano contro (Stati Uniti, Olanda e
Italia) e 9 (tra cui Francia, Gran Bretagna
e Belgio) si astengono.
Già, l’Italia. I toni del testo – ci spiegherà
il ministro Frattini – erano eccessivamente polemici e sbilanciati in senso demagogico, “poco costruttivi in questa fase delicata”. Ma ciò che ha inciso, ribadisce, è il
fatto che “Israele è un Paese democratico,
in grado di organizzare da solo una indagine del genere”. Viva la sincerità.
Per la cronaca, il testo approvato condanna “il grave ed oltraggioso attacco di
Israele contro il convoglio umanitario” e
chiede “alla potenza occupante di togliere immediatamente l’assedio al territorio
occupato di Gaza e di assicurare piena
assistenza umanitaria alla popolazione”.
Troppo, per gente come Frattini. Troppo,
evidentemente, anche per l’Unione
Europea che inizialmente aveva richiesto
“un’immediata, completa ed imparziale
inchiesta sugli eventi”. Imparziale.
Lo Stato ebraico si è affrettato a dichiarare che considera il Consiglio dei diritti
umani “un organismo che da tempo ha
perso la propria autorità morale e che,
anzi, è uno strumento nelle mani di Paesi
antidemocratici” e che, pertanto, non ne
riconosce l’autorità. La Commissione di
inchiesta se la farà da solo.
Come volevasi dimostrare.
– Come già in occasione dell’operazione “Piombo fuso”, la situazione di Gaza
ha quindi bisogno di eventi eclatanti
per potersi meritare le prime pagine dei
mass media. L’isolamento della Striscia
(1.400.000 persone che vivono in appena
360 kmq) continua ininterrotto dal 2007,
anno in cui Hamas prese il pieno controllo dell’area e, contestualmente, subì
il blocco del valico di Eretz con Israele
e di Rafah con l’Egitto e l’interruzione
dell’invio degli aiuti umanitari, in quanto
considerata dall’Occidente organizzazione terroristica
In qualunque modo lo si voglia contestualizzare, il dato di fatto è che ci si trova
di fronte ad una enorme prigione urbana, risultato di una punizione collettiva,
all’interno della quale le condizioni di
vita appaiono spaventose e rese appena comprensibili da un crudo elenco di
emergenze.
L’economia è letteralmente crollata, la
produzione è ferma al 90 percento, non
vi è distribuzione delle merci se non di
contrabbando, non esiste la possibilità di
allevare bestiame, il reddito procapite è
sceso del 50 percento, la disoccupazione
è al 42 percento, il 56 percento vive sotto
la soglia della povertà, il 60 percento della popolazione risulta malnutrita. Manca
il combustibile per il funzionamento della
centrale elettrica, l’energia viene interrotta ogni giorno per 8-12 ore, con serie conseguenze per gli ospedali. L’80 percento
dell’acqua di Gaza non è potabile e viene
comunque utilizzata mettendo a rischio la
salute, il 50 percento dei bambini soffre
di anemia, nei quattro anni di assedio circa quattrocento persone sono decedute in
attesa di permesso di uscita per cure sanitarie. Non è consentito il passaggio dalle frontiere di materiali edile e, pertanto,
non è possibile operare una benché minima ricostruzione delle migliaia di edifici
distrutti dai recenti bombardamenti israeliani.
Tutto ciò e molto altro evidentemente non costituiscono un problema per la
Comunità Internazionale. Come si riesca
a pensare che questo crudele embargo
possa spezzare la volontà e la resistenza
dei Palestinesi e non, viceversa, accrescere l’odio e la contrapposizione, rimane un
mistero. O forse, una lucida aberrazione.
– Dopo Bolzaneto, la Diaz: la sentenza del
processo di appello ha anche in questo
caso ribaltato il giudizio di primo grado,
dichiarando colpevoli 25 dei 27 imputati
e condannandoli a un totale di 85 anni di
carcere. E, cosa chee più conta, lo ha fatto
ici della Polizia sulla
inchiodando i vertici
base dell’assunto, precedentehe la catena
mente ignorato, che
di comando “non poteva non
che Francesapere”.E così anche
anni Luperi
sco Gratteri, Giovanni
e Spartaco Mortola si sono visti infliggere 4 anni di reclusione, mentre Vincenzo
Canterini si è visto aggiungere un anno ai
4 che già poteva vantare. Per tutti è prevista l’interdizione dai pubblici uffici per un
quinquennio. Anche per gli esecutori materiali della mattanza pene le pene sono
state inasprite. Falso ideologico e lesioni
gravi i reati che sono riusciti ad evitare la
prescrizione a nove anni dallo svolgimento dei fatti. Per dirla con le parole del pm
Machiavello, “non si sono potute dimenticare le terribili ferite inferte a persone
inermi, la premeditazione, i volti coperti,
la falsificazione del verbale di arresto di
93 no global, le bugie sulla loro presunta
resistenza”.
Se occorre esprimere soddisfazione per
una sentenza che finalmente ristabilisce
la verità storica di quanto accadde quella tragica notte che, per altro, non poteva
non essere chiaro ad ogni persona dotata
di buon senso, è bene sottolineare che la
risposta delle istituzioni è stata quella di
ribadire la fiducia e l’apprezzamento per
tutti i dirigenti condannati e, si badi, in
questi anni promossi ad incarichi ancora
più prestigiosi. Nessuna cautela, nessuna
sospensione, nessun ripensamento in attesa del pronunciamento della già appellata
Corte di Cassazione.
Così come, d’altra parte, è avvenuto in
occasione della sentenza che ha condannato l’ex Capo della Polizia De Gennaro
a un anno e 4 mesi per “induzione alla
falsa testimonianza”, ovvero per aver istigato l’ex questore di Genova Francesco
Colucci a mentire sulla dinamica verificatasi alla scuola Diaz. Anche in questo
caso, la “piena e totale fiducia” del ministro dell’Interno Maroni e del ministro
della Giustizia Alfano, “la solidarietà,
gratitudine e vicinanza” del ministro del
Programma Rotondi, l’ipotesi di condanna di tipo politico pronunciata da esponenti della maggioranza, fino ad arrivare
alla prevedibile verità di Gasparri: “Tra
l’ex capo della Polizia De Gennaro e la
sentenza sul G8 preferisco De Gennaro”.
De Gennaro rimane lì, Capo del
Dipartimento informazioni per la sicurezza.
De Gennaro
giugno-luglio 2010 31
notiziario anpi
di Massimo Becchi
MUOVERSI A REGGIO
a 21 KM/H
C
on i sui 167.000 abitanti circa Reggio resta una realtà territoriale collocabile fra le piccole-medie città
italiane, che non la esime comunque da alcune conseguenze legate all’attuale sistema della mobilità, che vede il
prevalere di una ripartizione del mezzo privato e netto vantaggio
del mezzo pubblico. Avere circa 65 auto/abitante in città significa che tutti i patentati hanno di fatto un’auto propria e che se
s’immettessero tutti insieme sulle strade formerebbero una serpentone ininterrotto lungo 470 chilometri.
Per ovviare ai problemi di mobilità negli ultimi dieci anni
sono state lasciate immutate le linee del trasporto pubblico,
mentre nuove strade e tangenziali hanno cercato di ovviare ai
problemi dell’ora di punta. Con che risultati? L’asse sud è decisamente scarico, ovvero raccoglie poco traffico vista la lontananza dalla città, per cui chi deve muoversi fra un quartiere
e l’altro non sta certo ad andare così lontano per poi rientrare,
mentre la tangenziale di Canali ben in pochi la usano (anche
nell’ora di punta) vista la comodità della vecchia strada che passa per il centro della frazione. A queste brillanti intuizioni, i cui
risultati erano già noti all’amministrazione pubblica dagli studi
preliminari che le accompagnava le opere stradali, ora si vuole
aggiungere la bretella di Rivalta. Ambiente Italia nel suo studio
sulla strada a sud della città aveva previsto che il percorso poi
realizzato era quello “trasportisticamente” peggiore, ovvero in
grado di raccogliere meno traffico perché poco appetibile, ma
indubbiamente quello che permetteva di urbanizzare, come in
parte è già avvenuto la maggior superficie fra la città e la strada
stessa. In sostanza la speculazione edilizia dell’era Malagoli ci
ha lasciato una città piena di cantieri ed una strada costosa e
poco funzionale.
Rivalta vede convergere nella sua piccola rotonda la statale 63 e l’asse della Val’d’Enza che portano circa 2.650 auto a
transitare nell’ora di punta (7,30-8,30). Dalla montagna arrivano poco più di 400 auto, mentre 1.150 circa arrivano dalla
Val d’Enza. Appare quindi anomalo che il Comune proponga
di deviare il flusso minore con una “bretellina” dalla statale lo
scarica su via del Buracchione senza considerare che intanto il
centro di Rivalta avrebbe un calo stimato del 4-5 percento delle
auto, mentre tutto il resto resterebbe immutato. Questi dati sono
desunti dai rilievi fatti dal Comune nel 2007 e 2009 sui flussi di
traffico. Quello che serve per risolvere il problema trasportistico
a Rivalta è togliere il traffico della Val d’Enza portandolo direttamente sulla ex statale 63 e parte di quello della montagna, che
può essere fatto con un parcheggio scambiatore all’altezza della
vasca di Corbelli e in aggiunta con una terza corsia a fianco della
strada esistente che si raccordi con via del Buracchione. Quello
che si è fatto fino ad oggi è stato tentare invano di utilizzare
32 giugno-luglio 2010
notiziario anpi
l’alveo del Crostolo per creare una viabilità alternativa, che puntualmente si è scontrato con vincoli urbanistici ed ambientali,
tanto che dalle prime discussione a metà degli anni ’90 si sta
ancora ragionando di questo problema. Sarebbe stato molto più
semplice passare ad ovest di Rivalta, verso al Val d’Enza dove
l’orografia del terreno permette di costruire una strada in trincea
e con un tunnel passare sotto la chiesa di Rivalta per allacciarsi
poi all’asse della Val d’Enza.
In tutto questo disquisire sulle strade gli autobus restano
bloccati nel traffico, con una media di 21,77 km/h nel 2009 ovvero poco dissimile da una bicicletta, e un calo costante degli
utenti passati da 98 viaggi/anno per abitante ai 73 del 2009, situazione che si traduce in una copertura dei costi del 26,7 percento attraverso i titoli di viaggio. Forse l’unica vera innovazione apportata dall’Amministrazione comunale negli ultimi anni
sono state le piste ciclabili, che hanno toccato quota 155 km nel
2009 confermando Reggio come la città con più piste ciclabili
in rapporto agli abitanti. Spostare dalle 4 alle 2 ruote la mobilità
non può comunque risolvere il problema di alcuni quartieri e di
Rivalta (occorre ricordare che via Benedetto Croce che doveva
essere sollevata dal traffico dalla nuova strada di gronda a sud
è intasata quasi come prima della variante) che necessitano di
scelte viabilistiche coerenti con i dati trasportistici e non fatte
sulle sensibilità degli assessori o dei loro tecnici.
Allergie Primavera-Estate
Previsioni del polline
E
gregio Prof. Iori,
il mio argomento è quello delle allergie. Può darsi che altre volte le abbiano rivolto una domanda in merito e che la sua
risposta sia stata pubblicata sul Notiziario. Io
però non ricordo di averla mai vista. D’altra
parte i progressi della medicina avranno prodotto delle novità anche in questo campo. Il
mio caso: ho 79 anni e già da una quindicina,
con la primavera (anche se quest’anno è stata
molto piovosa) e con l’estate soffro d’allergia,
soprattutto se passo vicino o in mezzo ad un
campo con l’erba alta.
Qualche volta sono stato anche vaccinato. Ma
quest’anno, cessate le piogge fin troppo abbondanti, ho avvertito una fastidiosa ripresa
dell’allergia, con gonfiore agli occhi e violenti
sternuti.
Ci sarà un modo per far sì che le estati che mi
restano non siano per me fastidiose come le
precedenti (attuale compresa)?
Spero in una sua risposta e La ringrazio.
Alfredo G.
C
aro Alfredo, questa primavera “ritardataria” ha fatto sì che anche le sindromi
allergiche stagionali siano arrivate in
ritardo, ma quasi tutte insieme; infatti, con il
ritardo della primavera molte fioriture si sono
sovrapposte, il problema allergia riguarda diversi milioni d’italiani; l’allergia è una reazione di difesa eccessiva del sistema immunitario
nei confronti di sostanze considerate erroneamente nocive; il prezioso sistema immunitario
serve a difendere l’organismo da aggressioni
esterne; esso confronta le sostanze con le quali
il corpo viene in contatto con la propria memoria ed attacca con anticorpi (ma non solo) le
sostanze non riconosciute come innocue.
L’allergia è dovuta dunque ad un errore di
riconoscimento di agenti esterni scambiati
per pericolosi, e quindi attaccati dal sistema
immunitario; le successive esposizioni all’allergene trovano un organismo sensibilizzato
e dunque pronto a reagire massicciamente al
contatto.
Vi è una certa percentuale di ereditarietà per
le allergie.
Entriamo in contatto con le sostanze allergizzanti soprattutto, ma non solo, per mezzo
dell’aria respirata: prevalentemente si tratta di
pollini di piante ed erbe, per le quali esistono
i calendari di fioritura e quindi di nocività allergica; tra le piante ed erbe più responsabili
d’allergie abbiamo le graminacee (da metà
maggio a metà settembre), il tarassaco (maggio e giugno), ortica da maggio a settembre),
piantaggine e acetosa (da maggio ad agosto),
parietaria (da maggio a settembre), ma anche
nocciòlo, olmo, pioppo e salice (da marzo a
maggio), betulla, quercia, faggio e pino; anche poi gli allergeni da casa, e quindi non stagionali (prodotti di desquamazione cutanea di
animali domestici, prodotti di eliminazione di
acari, polveri, ecc.) sono rilevanti, così come
le allergie ad alimenti e farmaci.
I sintomi dell’allergia possono essere: gastrointestinali (nausea, vomito, diarrea), cutanei (prurito, arrossamenti, eruzioni cutanee),
nasali (starnuti a ripetizione, naso chiuso, rinorrea), respiratori (tosse irritativa, affanno,
mancanza d’aria, asma), oculari (arrossamento, gonfiore, lacrimazione, fotofobia), fastidioso prurito alle orecchie, mal di testa, irritabilità e stanchezza.
Prima di arrivare ai rimedi per questa fastidiosa condizione, la si deve naturalmente diagnosticare: la diagnosi dapprima si basa sui
sintomi descritti, prevalentemente primaverili
od estivi, successivamente si praticano test per
individuare le sostanze che il nostro sistema
immunitario considera nocive; il prick test è
un test cutaneo, consiste nel praticare delle
scarnificazioni non dolorose né sanguinanti
sul braccio e nel posare su ognuna una soluzione dei diversi allergeni; in circa un quarto
d’ora sì forma una reazione cutanea pruriginosa laddove è stato messa la sostanza cui
siamo allergici. A volte sono necessari esami
di approfondimento diagnostico (ad esempio
rast test, che ricerca su un prelievo di sangue
anticorpi specifici per gli allergeni).
Si possono eseguire nelle allergie delle terapie aspecifiche (sui sintomi): si usano i cromoni, (impediscono la liberazione di sostanze
irritanti dai mastociti), gli antistaminici (che
bloccano l’istamina), i cortisonici (che bloccano il sistema immunitario con più decisione),
salbutamolo ed antileucotrienici (usati soprattutto nei casi di asma), decongestionanti in
compresse o spray; l’ultima novità nella terapia delle allergie sono gli anticorpi monoclonali anti IgE, che neutralizzano l’effetto degli
anticorpi responsabili dell’allergia attaccando-
si ad essi e neutralizzandoli (si tratta di terapie
ad alto costo); inoltre per proteggere gli occhi
è bene usare un buon paio di occhiali da sole, è
vietato grattarsi gli occhi (fa aumentare il prurito e potrebbe danneggiare la cornea), colliri
antiallergici usati preventivamente nei 15 giorni precedenti all’“esplosione” o colliri cortisonici in fase acuta potrebbero inoltre aiutare;
come ripeto spesso le terapie farmacologiche
vanno prescritte dal medico. che ne conosce
controindicazioni ed effetti collaterali.
La terapia specifica viene eseguita dopo le prove allergiche, con l’iniezione sottocute di dosi
via via crescenti dell’allergene in questione; le
iniezioni si praticano ogni 2-3 giorni (o anche
ogni 7-10); nel caso dei pollini sono da eseguire per tutta la stagione di fioritura specifica; si
cerca in questo modo di fare abituare il sistema immunitario alla sostanza allergizzante.
In diversi casi questa terapia è efficace per
molto tempo; ci sono però anche di scarsa o
nulla efficacia, oltre a casi in cui un individuo
allergico ad una sostanza diventa nel tempo
allergico ad altre.
Ci sono poi alcune cose che si possono fare
per ridurre l’esposizione ai pollini: rimanere in
casa nelle giornate secche e ventose; è meglio
uscire dopo una pioggia che abbia “lavato”
l’aria dal polline; evitare lavori di giardinaggio
e non stare a contatto con fiori, alberi, prati, lavare i vestiti usati all’esterno e sciacquare con
una doccia pelle e capelli dai pollini; usare una
maschera antipolvere se si lavora all’esterno;
non appendere il bucato all’esterno; evitare
che animali domestici stiano sul letto o sul
divano; controllare su Internet le “previsioni
del polline” e chiudere porte e finestre se si
prevedono elevati livelli di polline, evitare di
uscire nelle prime ore del mattino quando i livelli del polline sono più elevati; usare l’aria
condizionata in casa ed in auto, meglio se con
filtri specifici contro l’allergia; usare per le pulizie un aspirapolvere con filtro HEPA ad alta
efficacia; nel caso d’allergia agli acari è poi
utile lavare lenzuola e coperte ad almeno 50°,
usare materassi e coperte a prova d’allergia,
mantenere ben puliti (o meglio eliminare) i
tappeti e le moquette.
Caro Alfredo, spero davvero di esserle stato
utile ed auguro a lei ed a tutti i lettori una buona estate.
giugno-luglio 2010 33
notiziario anpi
di Riccardo Bertani
Nel manas la storia intima dei
Nella repubblica ex sovietica di Kirghisia c’è stato, all’inizio di
questa primavera, un sanguinoso colpo di stato (rapidamente
scomparso dalle prime pagine dei giornali) che ha rovesciato
Kurman Bakyiev e portato al potere un governo provvisorio
guidato da Roza Otunbayeva, molto vicina agli USA, che Roza
stessa ha subito voluto rassicurare circa il mantenimento sul
territorio kirghiso della loro base militare di Manas.
Nome fatidico, quello di Manas,che è anche il titolo del massimo poema epico del popolo kirghiso.
Su tale poema, e sulle più profonde radici religiose e culturali
dei kirghisi, ci informa con la consueta competenza il nostro
Riccardo Bertani, che già su queste pagine (“Notiziario”, n.
5-6, 2005) pubblicò l’articolo Detti e proverbi kirghisi. (A metà
giugno sono riesplosi in modo drammatico gli scontri etnici,
provocando centinaia di morti e centinaia di migliaia di persone in fuga dal massacro verso il confine uzbeko).
I
l MANAS, il massimo poema epico del popolo Kirghizo, prende
nome dal suo eroe principale, il mitico Manas, l’intrepido e forte
eroe in cui si riflette tutta la tenacia, il coraggio e lo spirito di libertà che da sempre hanno caratterizzato questo popolo indomito delle
steppe asiatiche.
I canti che compongono il Manas sono opera dei cosiddetti MANASCY, come venivano chiamati quei poeti, o meglio, cantori analfabeti,
che hanno tramandato attraverso i secoli la storia delle mitiche imprese
di questo loro eroe nazionale e dei suoi quaranta inseparabili BAATYR,
cioè dei suoi leggendari compagni d’armi.
La molteplicità dei cantori che si sono susseguiti nel tempo a raccontare
le gesta di Manas, ha fatto sì che l’epopea acquistasse un sempre più
vasto respiro poetico, ed una sempre più precisa connotazione sia a
livello storico che folklorico. Infatti numerose sono le le citazioni che
il poema racchiude a riguardo di tradizioni, costumi, storia e cognizioni
mediche, filosofiche, geografiche possedute da questo uomo.
L’origine dell’epopea di Manas risale all’VIII-IX secolo, quando ancora le tribù kirghize erano stanziate nelle steppe di MINUSINSK, sulle
rive dello Enissej, cioè a più di mille anni or sono, quando i Kirghizi
sotto la guida del grande JAGLAKAR-CHAR, erano riusciti a respingere le scorrerie delle tribù provenienti dalle steppe mongole, intenzionate ad invadere le loro terre.
Quelli erano anche i tempi in cui i Cinesi, sotto la dinastia TAR (618907) invasero le terre del TURKESTAN, sottomettendo in tal modo
anche le tribù kirghize che vivevano in quel territorio.
Ed è in questo periodo che il mitico eroe Manas, abbandonando l’antica
concezione sciamanica del suo popolo, abbracciò la nuova fede islamica, in nome della quale lottò per ridare libertà e dignità al suo fiero
popolo, accompagnato in ciò dai suoi fidi baatyr BAKAY, CIUBAY,
SURGAK e soprattutto da ALMABEI, anche se questi era di origine
cinese. Da allora in poi l’epopea del Manas fu sempre più rivolta ad
esaltare il trionfo della fede islamica; tale posizione portò ben presto
l’epopea ad essere invisa dalla critica sovietica. Infatti l’ Enciclopedia
sovietica (vol. V, pag. 898, Mosca, 1959) dedicava al Manas solo poche
righe conludendo:”….l’epopea racconta in particolare la grande ascesa
dell’ideologia feudale portata tra i Kirghizi dalla fede musulmana”.
Tra gli ultimi cantori famosi del Manas vanno citati SAGHYNBAJ
ORUZBAKOV, nato nel 1867 (morirà nel 1930) in un villaggio sulla
riva meridionale dell’ Issyk-Kol, ed il cui padre era un noto suonatore
di KARNAJ (specie di tromba).
34 giugno-luglio 2010
notiziario anpi
KIRGHISI
I suoi versi trascritti in caratteri arabi da da Ibraim Abdyraham, risultano fortemente influenzati dal credo islamico.
SAIAKBAI KARALAIEV, nato nel 1894 nella regione del lago Issyk
Kol, per la sua sensibilità poetica e culturale è sicuramente da considerarsi il maggior manascy di tutti i tempi. I suoi canti erano soprattutto
rivolti a narrare le vicende che hanno segnato la millenaria storia del
suo amato popolo. Karalaiev è morto nel 1971 e le sue diverse composizioni dedicate al Manas, trascritte prima in caratteri latini e quindi
nell’attuale scrittura cirillica kirghiza, furono in parte pubblicate in due
volume nel 1958 dal noto trascrittore Ibraim Abdyrachman.
La mitica figura di Manas, eroe intrepido equo ed onesto, sempre
pronto ad accorrere in aiuto dei più deboli ed indifesi, ha sicuramente
un’antica origine sciamanica, confondendosi col prosieguodel tempo
con altri personaggi leggendari appartenenti al mondo biblico, greco
e islamico.
Nei molteplici canti che compongono il Manas troviamo sovente citati arcaismi che denotano qual’era un tempo l’esistenza dei Kirghizi,
vedi per esempio l’uso del KOOK, uno strumento di tortura consistente in una striscia di pelle di cammello che, inumidita, andava avvolta
attorno alla testa di chi si era reso colpevole di un delitto. La fascia,
nell’asciugarsi, si restringeva lentamente provocando dolori atroci al
malcapitato.
Suggestive sono le narrazioni di eventi naturali come la rappresentazione metaforica, con lo sparo del gigantesco cannone ABZEL, di un
disastroso terremoto. Eccone un parziale esempio che traduco da SAJAKBAJ KARALAEVDIN VARIANTY, BOJUNCA, Frunze, 1984.
…Abzel, dalla bocca affamata / da settanta lune digiuno / stava là quale
immenso masso di ghisa /…../ Ad un tratto, con la bocca / verso occidente, il cannone sparò! / Al suo terribile rombo / la gente spaventata
/ fugge all’impazzata. / Il cielo s’oscura di crepuscolo / quindi scende
tetra la notte / un vivido lampo squarcia / l’oscurità ed illumina intorno
/………../ L’eco del terribile rombo / si ripercuote potente / sino ai più
lontani villaggi. / La terra trema paurosamente: / anche ai sordi s’imperla / la fronte dalla paura. / Alle madri cadono dalle braccia / i bambini
che stringevano al seno./ I paioli si rovesciano / spegnendoli focolare, /
si imbizzarriscono i cavalli / girando furiosi attorno / al palo cui erano
legati. / S’agitano inquieti i cammelli,/ starnazzano le oche nei cortili /
frullano via gli uccelli dai nidi / guaiscono i cani alla catena. / Tale era
lo sconquasso provocato / dal terribile sparo di Abzel.
Donna della minoranza fuggita in Uzbekistan per sottrarsi al massacro.
memoria
Cimitero di Rivalta
Cancellati
i simboli del nazismo
Martedì 22 giugno sono state coperte le
svastiche e croci celtiche comparse sui
muri del cimitero di Rivalta.
Gianni Prati e Nando Rinaldi
Non a caso è stato scelto la prossimità dell’anniversario
della strage della Bettola (comune di Vezzano s/C) (23
giugno, vedi articolo) per sottolineare il significato di
questi simboli e il motivo per cui devono essere ripudiati.
Oltre ai cittadini di Rivalta, erano presenti: Gianni Prati,
presidente della circoscrizione, Gian Luca Chierici, presidente del Consiglio provinciale, Nicoletta Montecchi,
vice sindaco di Vezzano; Roberto Ferrari, segretario provinciale del Pd, Giacomo Notari, presidente provinciale
dell’ANPI, Fiorella Ferrarini, vice presidente provinciale
dell’ANPI; Nando Rinaldi, Massimo Storchi, Alessandra
Fontanesi, Matthias Durchfeld di Istoreco.
Ricordati i 32 martiri della Bettola
Sono state commemorate, il 23 giugno scorso, alla Bettola di Vezzano s/C le 32 vittime innocenti della strage
tedesca del giugno 1944. Dopo la messa, il corteo ha deposto una corona di fiori ai piedi della monumento che
ricorda la strage di 66 anni fa.
Oltre al sindaco di Vezzano Mauro Bigi erano presenti i rappresentanti dei
comuni di Albinea, Quattro Castella, Scandiano, Casina, della Provincia, il
capitano dei carabinieri Mario Amoroso, con il maresciallo Fiore di Vezzano, Matthias Durchfeld di Istoreco, e Liana Del Monte (vedi foto) superstite
di quella tragica notte.
Il fisarmonicista Lorenzo Munari ha accompagnato la cerimonia.
giugno-luglio 2010 35
notiziario anpi
memoria
QUELLA NOTTE DI MAR
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa ricostruzione dell’assalto di Villa Rossi e Villa Calvi
del 26-27 marzo 1945. Ne è autore il dott. Antonio Farri, figlio di Gianni, che nella battaglia ebbe
un importante ruolo alla testa dei garibaldini della 26ª bgt, e di Elide Zanti, a sua volta partigiana
e che ebbe un ruolo nelle medesime drammatiche circostanze.
Villa Calvi, Villa Rossi,
Villa Viani
Si trovarono al Comando Unico; per il Comando alleato: Mc Ginty – Mc Farran – cap.
Lees per il Comando generale CVL: Didimo Ferrari / Mirco Cocconi / Col. Berti per
la 26a Brigate Garibaldi: Luigi Montermini
– Comandante Gianni Farri – Vice Comandante.
Venne deciso: Capo missione Mc Farran,
Villa Rossi Cap Lees, Villa Calvi Gianni
Farri, Villa Viani e blocco strada Botteghe
cap. Pogorov o Tarassov (non ricordo).
Vennero discusse le situazioni belliche e il
piano di avvicinamento e combattimento.
Emersero anche due situazioni particolari:
1 - gestione feriti; 2 - uso arma bianca.
Sul punto 1
Montermini propose l’apporto di un reparto
sanitario attrezzato per cura e trasporto feriti. Prevalse la tesi inglese secondo la quale
i feriti dovevano essere lasciati sul posto, in
quanto in questo tipo di missione importante era l’azione militare e subito dopo evitare accerchiamenti; l’ordine era di tenere
segreta la cosa. Montermini obiettò che gli
inglesi avevano la Convenzione di Ginevra,
i Garibaldini no.
Mc Farran, Lees e Farri ubbidirono. Montermini si raccomandò poi con Farri di non
fare pazzie e di riportare tutti a casa salvi.
Sul punto 2
Montermini fece presente che avrebbe scelto gli uomini migliori della 26a, ma che
Garibaldini adatti ad usare pugnali non ne
aveva; anche per coinvolgere altre formazioni partigiane per questa importante missione vennero aggregati quattro garibaldini
coraggiosi della 145a comandati da Antonio
Mattioli. (Ho conosciuto Luigi Montermini;
è stato un grande comandante partigiano).
Successivamente, la spedizione partì ed era
composta da: Mc Farran Capo missione, 10
inglesi, Cap. Lees su Villa Rossi; 10 “Gufi
36 giugno-luglio 2010
notiziario anpi
neri”, Glauco Monducci su Villa Rossi; 20
Garibaldini 26a, Gianni Farri su Villa Calvi; 4 Garibaldini 145a, Antonio Mattioli su
Villa Calvi; 10 inglesi, ten. Harvey su Villa
Calvi; 50 “Battaglione alleato” russi, cap.
Pogorov o Tarassov su Villa Viani e blocco
strada Botteghe.
Il comando operazione era: su Villa Rossi
del Cap Lees, su Villa Calvi di Gianni Farri,
su Villa Viani del cap. Pogorov o Tarassov.
Marcia di avvicinamento su due colonne.
Io so gli avvenimenti
di Villa Calvi
Ci furono dei problemi nell’eliminazione delle sentinelle; la villa era circondata;
l’ordine già dato da Farri era quello di usare
mitragliatori ad alzo zero sulle finestre ai
piani inferiori e bazooka e mitra sul piano
superiore; due inglesi girarono per i lati della villa usando i bazooka; un inglese con la
cornamusa accostato ad un albero suonava
in continuazione fino a che una pallottola di
rimbalzo non forò lo strumento musicale.
Harvey e altri inglesi dopo colpo bazooka
entrarono nella villa bruciando e sparando;
Mattioli e la 145a strisciarono verso le finestre di un lato della villa; dovette lo stesso Gianni Farri con il suo vice Athos (è di
Sant’Ilario) andare a riprenderli perché l’ordine era quello di sparare alle finestre e il
mitragliatore ad alzo zero su quel lato non
aveva il campo di tiro libero. Su un lato della villa ci fu un tentativo di sortita tedesca
con troppi morti.
Insomma gran “casino”, sangue, morti, tragedia della guerra, cose da tenere per sé con
umiltà e da non raccontare.
Bravi i Garibaldini, disse sempre Gianni
Farri; tutti bravi; li propose tutti per decorazione militare; alcuni indisciplinati ma
erano ragazzi molto giovani. Anche di lì a
pochi giorni nel contrattacco di Ca’ Marastoni Monte della Castagna i distaccamenti
garibaldini della 26a si batterono benissimo
con una grande vittoria tanto che Farri pro-
pose anche in quella occasione numerose
decorazioni.
A un certo punto un razzo segna la fine del
combattimento.
Punto di raccolta da Mc Farran dietro Villa Calvi. Ordine di sganciamento veloce di
corsa; arrivano due scale a pioli con sopra
due feriti; Lees e Monducci; con i feriti su
pesanti scale e con Lees che pesa molto è
impossibile eseguire l’ordine; Gianni Farri
è titubante, tiene fermi i Garibaldini, parla
con Polvere (Luciano Vecchi); Polvere è di
Villa Canali, conosce la zona, dice che se
vanno lungo la vallata, sopra Villa Rivaltella ci sono due case coloniche isolate verso
Canali (credo case Bergomi e Torelli); si va
incontro ai rinforzi tedeschi che possono
arrivare da Rivalta e Reggio, ma è difficile immaginare che chi scappa vada verso il
nemico.
Farri dice a Mattioli di andare di corsa verso
i fuggitivi ad avvisarli che i garibaldini non
abbandonino i feriti; si sganceranno non appena possibile.
Furono coraggiosi i contadini quando si
videro arrivare i garibaldini armati fino ai
denti e due feriti (credo famiglia Vaccari).
I feriti sono messi male. Gianni Farri conosce una crocerossina Elide Zanti, uscita dal
Convitto Principessa di Piemonte di Bologna nel ’43, assunta come assistente sanitaria in Comune a Reggio nello stesso anno.
La famiglia è sfollata a Gavasseto dove è
sfollata anche la famiglia di Farri. È famiglia antifascista. Gianni Farri sente in cuor
suo che si può fidare.
Polvere va a Canali, da Canali con un GAP
va alla chiesa di San Pellegrino. Un altro GAP va a Reggio a Porta Castello; va
a casa della maestra Bastianini; la maestra
Bastianini va in via Farini e suona al campanello dell’Elide Zanti che vive lì con la
sorella Adriana (porta di fronte alla sede attuale dell’ANPI). Il messaggio che tutti si
sono passati verbalmente è: “Elide, la vuole
Gianni in un posto vicino a Reggio per curare dei feriti, se disponibile venga subito”.
RZO A BOTTEGHE
memoria
DI ALBINEA...
La sorella Adriana non vuole; Elide prende la bicicletta e segue la Bastianini; vanno
all’ospedale; sono le 5 del mattino, la Zanti
va al pronto soccorso, c’è il dott. Paolo Fornaciari, dice che ha bisogno di medicinali
di pronto intervento per curare ferite; Fornaciari ha sentito spari e visto lampi nella
notte, capisce; arriva il dott. Bossi, anche lui
di turno; fanno letteralmente pari o dispari
per seguire la Zanti e la Bastianini; vince
Bossi.
Tre biciclette in fila Bastianini, Zanti con
pronto soccorso nella borsa, Bossi; all’incrocio del ponte di San Pellegrino, verso la
Chiesa di San Pellegrino ci sono due fascisti con giaccone nero e biciclette e pistola
bene in vista; la Bastianini passa, fermano
la Zanti; dice che va a curare un contadino
feritosi lavorando nei campi e che è il cugino della signora appena passata; la lasciano
andare e dopo un po’ un fascista si accoda.
In fila indiana ed a intervalli su via Tassoni
Bastianini, Zanti, fascista, Bossi; via Tassoni è deserta, silenzio spettrale. A un certo
punto la Zanti con il cuore in gola più morta
che viva per la paura svolta a sinistra dentro
il cortile di una casa colonica prima di Canali (è quella ancora esistente abbandonata
a sinistra, dove fino a vent’anni fa c’era una
carrozzeria); suona il campanello, aprono la
porta, chiede una pompa per gonfiare una
ruota della bicicletta; davanti a due increduli contadini gonfia sgonfia e rigonfia la ruota
e con la coda dell’occhio guarda il fascista
che si è fermato con la bicicletta al bordo
della strada. Finalmente il fascista torna indietro ed incrocia Bossi che nel frattempo si
era nascosto dietro un cespuglio. “Andava
come un fulmine e secondo me aveva paura”, raccontò Bossi, anche perché apparvero
lungo via Tassoni tre ragazzi in bicicletta
che pedalavano tranquillamente (Polvere
raccontò poi che erano GAP anche loro).
La Resistenza reggiana aveva organizzato
una fitta rete di tutela intorno a Botteghe
composta dai Gruppi di azione Patriottica.
Questa e’ stata la Resistenza .
Bastianini incontra Polvere che aspettava
all’angolo via Tassoni con l’attuale via Tolstoj; vanno tutti su per la campagna e arrivano alle due case coloniche, va loro incontro
il garibaldino (? non è un gappista) Fiorello
che li conduce nella casa dove ci sono i feriti; i garibaldini sono armati fino ai denti asserragliati nell’altra casa. Vengono soccorsi
i feriti, ferite multiple, Monducci dice chi è
e dove abitano i suoi parenti. Farri dice alla
Zanti di mandare nel pomeriggio sua sorella
Noemi e di tornare la sera; al pomeriggio arriva la sorella Noemi con il dott. Chiesi che
cambia i medicamenti; alla sera arriva la
Zanti con Bruto ed Elio Monducci, padre e
fratello; nel frattempo il dott. Fornaciari ha
portato in Comune un certificato di assenza
per malattia della Zanti. I feriti sono stati
medicati; non stanno bene ma sono fuori
pericolo anche se doloranti; nel pomeriggio
arriva anche un camion carico di tedeschi
che perlustra la zona adiacente le case coloniche; i garibaldini hanno sempre ritenuto
che al perlustrazione non fosse troppo convinta, in quanto ci misero ben poco a risalire
sul camion e ad andare via.
E’ la notte seguente; i garibaldini se ne devono andare, è troppo pericoloso rimanere
lì, finora è andata bene, sono stati fortunati,
i feriti sono salvi; si sganciano dalla zona;
tornano in montagna, purtroppo sono morti
tre inglesi e troppi tedeschi.
La Zanti torna in via Farini; la mattina seguente suona il campanello Bruto Monducci e le dice che stanno cercando una ragazza
bionda, vestita di nero con una bicicletta
color grigio e di stare chiusa in casa; dopo
un po’ torna e le dice di andare dal parrucchiere Cimurri; la Zanti va dal parrucchiere
vestita di chiaro e con un foulard in testa
(credo in via Berta). Cimurri: “la tingo di
nero, è gratis, non dica niente”; quando finisce di tingerle i capelli entrambi si mettono
a piangere.
Il 25 aprile, Gianni Farri porta la 26a a Reggio (Montermini è ferito agli occhi ed è ancora in infermeria in montagna). Verso sera
Mike Lees e Glauco Monducci “Gordon” (a sin.)
sul carro adibito al trasporto di bestiame con il
quale, feriti, nascosti sotto uno strato di fieno, furono trasferiti dalla casa colonica di Villa Canali a
quella di Rivalta (la foto è del marzo 1946)
va in via Farini a trovare l’Elide Zanti. Si
sono dati il primo bacio della loro vita.
Questa è la storia dei fatti; ci sono tanti ragazzi e ragazze della città, della campagna e
della montagna, poco più che ventenni, che
senza montarsi la testa, senza considerarsi
dei Rambo o dei Tex Willer, hanno in momenti eccezionali della loro vita compiuto
cose… inconsuete con modestia, coraggio,
determinazione.
Antonio Farri
giugno-luglio 2010 37
notiziario anpi
memoria
L’immagine di
NADIA
NEL
SACRARIO
DEL MONTE
DELLA
CASTAGNA,
TOANO
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1° APRILE 194
Il 1° aprile u.s., nel luogo che fu
teatro del combattimento ricordato come “Pasqua di sangue”
del 1° aprile 1945, e all’interno
della cappella ivi inaugurata il
12 settembre 1971 in memoria
dei caduti partigiani della 284a
bgt Fiamme Verdi “Italo”, è stata
scoperta (presente l’Autore Vainer Marconi) l’opera in bronzo
raffigurante la partigiana della
26a bgt Garibaldi Valentina Guidetti, Nadia, trucidata dai nazisti
a colpi di pugnale in quel drammatico giorno.
Dopo un saluto del Sindaco di
Toano, Michele Lombardi, e del
presidente dell’ALPI-APC Danilo Morini, ha svolto l’orazione
ufficiale la senatrice Albertina
Soliani.
Studenti delle scuole medie di
Toano hanno letto loro testi ela38 giugno-luglio 2010
notiziario anpi
borati simulando un dialogo fra
i cippi, che sorgono numerosi
nel Toanese, “per ricostruire le
vicende legate alla Resistenza in
un modo più nostro, colorato da
battute anche dialettali”, come
ha scritto Alessia, una delle studentesse protagoniste (Resto del
Carlino, 04.06.10).
In alto: L’immagine di Valentina Guidetti, Nadia, nel bassorilievo in bronzo
opera dell’artista Vainer Marconi
(foto di Vainer Marconi)
Al centro: Gli allievi della scuola media di Toano leggono i loro elaborati
In basso: La sen. Albertina Soliani al
microfono. In primo piano Giacomo
Notari. Fra i due il Sindaco di Toano,
Lombardi
memoria
CANOSSA PER NON DIMENTICARE:
IN RlCORDO DI CIAPAIEF, RAMERlS E REMO
Come consuetudine da ormai
quasi dieci anni, ci siamo ritrovati
il 25 aprile a Canossa, sulla strada
che porta a Cerredolo Dei Coppi,
di fronte a Villa Marconi, per festeggiare la Liberazione e ricordare i partigiani caduti in quel luogo
il 23 marzo 1945.
Si chiamavano Dante Ficarelli
Ciapaief, Dante Prandi Rameris e
Rolando lotti Remo di Roncocesi;
avevano poco più di vent'anni e
lottavano per un mondo migliore.
Erano di guardia a protezione di
una riunione che aveva avuto luogo durante la notte all’interno di
Villa Marconi. All'alba, in seguito
probabilmente alla delazione di
una spia, arrivarono i tedeschi,
che aprirono il fuoco contro i partigiani, uccidendoli. I nazisti non
circondarono la villa e coloro che
si trovarono all’interno poterono salvarsi, fuggendo dalla parte
opposta, essendo militarmente
impossibile sostenere uno scontro
per la disparità di uomini e armamenti, e soprattutto perché erano
stati colti di sorpresa.
I corpi dei caduti vennero sepolti
dentro a dei sacchi, in una fossa
comune nel cimitero di Canossa
dal parroco della frazione e riesumati pochi giorni dopo la
Liberazione per riposare nei luoghi di origine.
Alla celebrazione erano presenti
il sig. Cavandoli, vice sindaco di
Canossa, l’ANPI di Roncocesi, i
nipoti di Remo, Amos Codeluppi
Neo e i famigliari di Ivo Guidetti
Fermo, deceduto nel 2006, autore
del magistrale restauro del cippo
che ricorda quei tragici fatti.
Siamo orgogliosi del nostro passato, e non vogliamo dimenticarlo,
oggi più che mai in un momento
così difficile per il nostro Paese,
con rischi tangibili di una svolta
autoritaria peraltro già in atto mediante uno stillicidio martellante e
quotidiano di azioni che mettono
a rischio libertà e democrazia.
A tutte le partigiane e ì partigiani, va la nostra gratitudine per la
grande lezione che ci hanno saputo dare, e per il patrimonio ideale
di valori che ci lasceranno.
Vando Fontanesi
PER I 6 CADUTI DI GHIARDA
Nella foto: Anna Salsi, Gianni Prati e don Giansoldati, parroco di Rivalta
Il 18 aprile u.s. a Ghiarda di Villa Rivalta sono stati ricordati i sei caduti in zona alla vigilia della Liberazione,
il 23 aprile 1945. La cerimonia si è svolta davanti al
cippo che ne reca i nomi: Dante Beltrami, Livio Francia,
Mario Garavaldi, Gino Gambini, Giuseppe Labellarte,
Orlando Strozzi.
Dopo la benedizione del cippo ed il saluto del presidente
della Circoscrizione Sud, Gianni Prati, ha tenuto l’orazione ufficiale, a nome dell’ANPI e dell’ALPI-APC,
Anna Salsi, che ha sottolineato come i partigiani combattenti abbiano dovuto, in quella dura fase della nostra
storia, prendere le armi non per una qualche vocazione
guerrigliera ma per affrettare la fine di una guerra scatenata dal fascismo e favorire l’avvento di un’era di pace
e la conquista della democrazia.
giugno-luglio 2010 39
notiziario anpi
COMMEMORANDO
LA BATTAGLIA DI SPARAVALLE
memoria
Roberta Mori: “L’orgoglio di un popolo che allora seppe reagire è ancora oggi necessario”
“Oggi c’è di nuovo bisogno
di organizzarsi per una nuova
Resistenza, mentre Berlusconi
si è insediato in Parlamento da
padrone”.
Così ha esordito Giacomo Notari
domenica 13 giugno, aprendo la
manifestazione commemorativa
della battaglia del 10 giugno ’44
al passo dello Sparavalle, dedicata anche al ricordo dei cugini Marino ed Ennio Giglioli e
Giulio Canedoli, i tre giovani
partigiani caduti negli scontri
con reparti fascisti e tedeschi.
Il sindaco di Castelnovo Monti,
Gianluca Marconi, ha a sua
volta affermato che oggi viviamo in una situazione che rende necessario il richiamo alla
Resistenza. “Berlusconi ha qualificato, con intento spregiativo,
la Costituzione come cattocomunista. Ma proprio cattolici e
comunisti, così come socialisti e
liberali, erano quei giovani che
dal ’43 al 1945 si sono battuti e
sono morti per la nostra libertà e
per la democrazia”.
La consigliera regionale Roberta
40 giugno-luglio 2010
notiziario anpi
Mori, oratrice ufficiale, ha esordito affermando che “il passato
si fa presente. L’orgoglio di un
popolo che allora seppe reagire, è ancora oggi necessario .
Le conquiste democratiche non
sono scontate. Corrono il rischio
ricorrente di soccombere”.
Il vice sindaco di Ligonchio
Giovanni Bargiacchi ha infine
ribadito che oggi “diverso è il
contesto ma c’è ancora necessità
di lottare”. Particolarmente toccanti i testi letti in conclusione
dagli allievi delle scuole medie
di Felina, elaborati sulla base di
testimonianze, come quella della partigiana Giacomina (“Non
lasciamoci più ingannare”),
ascoltate in classe, o raccolte
intervistando i nonni. Compresi
“nonna Clara e nonno Nunzio”,
affettuosamente citati da un ragazzo indiano figlio adottivo
di una famiglia del posto, che
al nipote hanno raccontato di
quando “accoglievano in casa
i partigiani correndo gravi rischi”. (a.z.)
“Oggi c’è di nuovo bisogno di
organizzarsi per una nuova Resistenza, mentre Berlusconi si è insediato in
Parlamento da padrone”. Così ha esordito Giacomo
Notari domenica 13 giugno, aprendo la manifestazione
commemorativa della battaglia del 10 giugno ’44 al passo dello
Sparavalle, dedicata anche al ricordo dei cugini Marino ed Ennio
Giglioli e Giulio Canedoli, i tre giovani partigiani caduti negli scontri
con reparti fascisti e tedeschi.
Da sinistra: Giacomo Notari, Roberta Mori, la prof.ssa Lucia Mancini e
alcuni dei suoi allievi delle scuole medie di Felina mentre leggono i loro
elaborati, il sindaco di Castelnovo Monti Gianluca Marconi
Omaggio floreale al cippo che reca i nomi dei cugini Gilioli e Giulio Canedoli, caduti il 10.06.’44 ed agli altri sedici partigiani che, come recita
l’epigrafe “in questa zona di battaglie/nel corso della guerra di liberazione 43-45/contrastando il passo all’oppressore nazifascista /caddero perl
la libertà e la giustizia sociale
l’opinione
NON
LETTERA APERTA
AL COMUNE DI
REGGIO EMILIA
Giovanni Catellani
SOSPENDERE
IL SOSTEGNO
A ISTORECO!
L
o strumento attraverso il quale si
espleta questo importante servizio,
è una convenzione che prevede i
compiti e le modalità di svolgimento del
lavoro previsto. Questo incarico risulta da
ormai troppo tempo deficitario dal punto
di vista economico, perché il valore di
tale accordo copre parzialmente i costi.
Da quest’anno il valore della convenzione risulta ulteriormente decurtato, aggravando il passivo della preziosa attività
documentale che la nostra città non può
mai pensare di azzerare per mantenere,
seppur con fatica, la validità delle nostre
radici storiche e di conciliare, in ogni
momento, lo sviluppo e l’orientamento
politico della contemporaneità. Inoltre il
rinnovo dell’accordo in essere fatto semestralmente, produce una situazione di occasionalità e di improvvisazione, tale per
cui non è possibile alcuna pianificazione
delle prospettive future di programma di
lavoro.
Comprendiamo la situazione contingente
in cui il Governo ha obbligato i Comuni a produrre una stretta finanziaria, ma i
valori, gli ideali, i programmi e la democrazia, requisiti che devono accompagnare quotidianamente gli atti e le iniziative
politiche della nostra amministrazione,
sono una priorità di carattere politico e
culturale, patrimonio di tutti i cittadini.
Non c’è solo la fotografia o la notte bianca, non ci si deve mai permettere di recidere il cordone ombelicale che ci collega
con la cultura della Costituzione. Quindi
si stipuli una convenzione reale che permetta di svolgere un servizio qualificato
con capacità programmatoria, considerando che se il Comune al suo interno
con la stretta ha tagliato i servizi e non il
suo personale, tale principio deve valere
anche per Istoreco. Tanto più che il mercato della cultura a Reggio e ben lontano
dal raggiungere i livelli di remunerazione media del normale mercato del lavoro
produttivo! Vi sono giovani e meno giovani che hanno fatto la scelta di esprimersi nel settore culturale e che conducono
una vita da fame!!! Non dobbiamo permettere che si rompa questo importantissimo equilibrio che riserva anche grandi
soddisfazioni personali, riconoscimenti e
gratificazioni sociali.
Da alcuni anni Istoreco organizza con
grandissimo successo e significato pedagogico per i giovani ed i ragazzi nelle
scuole, i viaggi della memoria, utilizzando un volontariato di alto livello culturale
da parte di insegnanti e accompagnatori
che si prestano a dare una mano. Sono
ormai circa 800 i giovani che ogni anno
vanno sui campi di concentramento per
conoscere dal vivo un pezzo di storia e
comprendono che l’orrore della deportazione è una barriera invalicabile a baluardo di eventuali velleità che ogni giorno
possono rinascere collateralmente al negazionismo e alle trasformazioni del contesto autoritario che lo ha permesso. La
suggestione che accompagna certe mode
verso il contrasto al diverso e verso la
L’Istituto per la Storia
della Resistenza
e della Società
Contemporanea
svolge un servizio
ai cittadini, per
conto del Comune
di Reggio Emilia,
nella gestione del
Polo Archivistico,
importante risorsa
documentale del
nostro territorio.
prevaricazione di un popolo su di un altro, può portare ad abbracciare teorie che
frappongono barriere, stimolano la caccia
al nemico e arringano gli istinti più emotivi alla rabbia e all’aggressività. Ebbene,
il Comune quest’anno ha tagliato per la
prima volta quel piccolo contributo per i
viaggi della memoria da sempre riservato
a Istoreco. Non voglio pensare che questo atteggiamento dell’Assessorato alla
Cultura di Reggio Emilia intenda recidere
di netto una prassi che tutte le Amministrazioni, dalla Resistenza ad oggi, hanno
sempre riconosciuto come una priorità
politica. Non può essere una scelta politica, altrimenti sarebbe un gesto gravissimo
di svolta conservatrice del nostro Comune. Si rischia di creare un black out verso
i giovani e le scuole. Il ns. compito è di
traghettare i valori, la democrazia, la giustizia e frapporre i baluardi al qualunquismo e alla dissipazione morale.
Il Comune rappresenta i cittadini, la loro
storia, l’orientamento politico e sociale
dei giovani che non devono dimenticare
il patrimonio culturale della nostra discendenza.
La problematica trattata rappresenta
una questione politica ed il significato
dell’essere di Istoreco: s’invitino il Sindaco Graziano Delrio e l’Assessore alla
Cultura Catellani ad un confronto sull’attività e sul valore della ricerca storica
di Istoreco.
Anna Salsi
giugno-luglio 2010 41
notiziario anpi
lutti
RENZO BONAZZI
27/01/1925-1°/04/2010
Alessandro Carri: “Riflettendoci oggi
non si può dire che in Renzo Bonazzi
non sia mai venuta meno la coerenza di
appartenenza al partito della sinistra, pur
esprimendo con forza le sue idee spesso
in contrasto con le formazioni politiche
che si sono avvicendate, dal PCI al
PDS, al DS e al PD, nella ricerca di una
intesa, sempre più convinta, tra le forze di
orientamento marxista e cattolico...”.
Il 25 Aprile mi sono incontrato con Niveo
Grossi in piazza Cavour. Era tanto che
non ci vedevamo ed è stata subito festa
con reciproci complimenti sulla nostra
sopravvivenza nonostante l’età che inesorabilmente avanza. Com’era naturale che
fosse abbiamo ricordato il passato e quei
momenti che avemmo modo di trascorrere insieme. Niveo Grossi ha qualche anno
più di me e fu uno dei più valorosi capi
partigiani. Nel dopoguerra si dedicò alla
costruzione del PCI a Reggio Emilia e
divenne segretario della sezione del centro storico a Porta Castello. Una sezione
prestigiosa, soprattutto perché tra i suoi
iscritti annoverava tanti intellettuali giovani, figli della buona borghesia locale.
Fra questi Renzo Bonazzi al quale Niveo
era particolarmente affezionato e del quale era fiero tanto è vero che lo propose per
importanti responsabilità politiche e per
il Consiglio comunale già nel 1954 e poi
come assessore. Nel 1960, con le nuove
elezioni amministrative pensò a lui come
nuovo Sindaco della città. Io, come segretario provinciale della FGCI, apprezzai quella proposta che, fermo restando
il prestigio del Sindaco in carica, Cesare
Campioli, si muoveva nel segno del rin42 giugno-luglio 2010
notiziario anpi
novamento, della promozione di nuovi
quadri giovanili. Lo scontro fu tuttavia
duro nella federazione provinciale del
PCI di allora, tanto è vero che la proposta
passò in modo risicato: tanto risicato che
si pensò bene di consultare la Direzione
nazionale del PCI prima di decidere.
Così, anch’io, con Niveo Grossi, il segretario di allora Remo Salati e altri ci recammo a Roma e fummo fatti accomodare nella stanza di Palmiro Togliatti, che ci
attendeva alla sua scrivania con un tavolo
appoggiato intorno al quale ci accomodammo. “Allora – disse Togliatti – cosa
avete da dire?”. Cominciò Salati esponendo il problema della ipotesi della sostituzione di Campioli con il giovane Renzo
Bonazzi e poi seguirono gli interventi di
tutti a sostegno della proposta. Togliatti
ci lasciò parlare piuttosto distrattamente
e alla fine domandò: “Ma Campioli non
era in piazza il 7 Luglio a sfidare la polizia e per pacificare gli animi?”. Tutti
rimanemmo ammutoliti e l’incontro non
ebbe alcun seguito, rinviando, come si
disse, l’avvicendamento ad un momento
successivo.
Renzo Bonazzi comprese bene le ragioni
di questa decisione e non vi si oppose. Diligentemente continuò a fare l’assessore
fino al 1962 quando in effetti “maturarono le condizioni”, con il consenso di tutti,
della sua proposta di elezione a Sindaco e
alla quale contribuii anche io come consigliere comunale.
Renzo era cresciuto alla scuola del partito e sapeva bene in quegli anni che non
c’erano pregiudiziali ostacoli al suo rinnovamento pur sempre nella continuità e
con la più ampia condivisione. Era fermamente convinto di agire con il Partito e
per il Partito. Fin dal 1950 partecipai con
lui in Corso Cairoli ad una scuola di partito di due mesi, diretta da Remo Polizzi.
Io mi ero da poco diplomato e Renzo già
laureato, aveva iniziato a fare l’avvocato.
Fra i partecipanti (per lo più lavoratori e
partigiani prestigiosi) non c’erano altri diplomati e laureati e la maggior parte dei
partecipanti al corso possedeva solo la
quinta elementare. Renzo per i suoi studi e la sua cultura era guardato con ammirazione, ma non dava alcun segno di
superiorità, piegandosi sui testi sacri del
marxismo come tutti gli altri e, come tutti
gli altri, confrontandosi, partendo dalle
esperienze concrete di lavoro e di studio
che aveva avuto modo di fare. In quella
scuola ricordo bene come si facesse ricor-
so all’uso della pubblica autocritica che
consisteva nell’esporre la propria storia
rilevandone pregi e difetti e sottoponendosi poi al giudizio collettivo (si trattava
di una pratica mediata dall’uso che se
ne faceva anche nei seminari per la formazione dei sacerdoti). Era tuttavia una
forma che veniva esercitata contro ogni
forma di espressione individualistica e di
esaltazione della personalità dei singoli
che spesso mortificava chi la subiva. Ma
allora vi era la convinzione che potesse
favorire l’esaltazione dello spirito di servizio collettivo per la causa unitaria del
Partito.
Quando toccò anche a me Renzo comprese che la mia, e ancora più la sua formazione, si prestava alla dura riprovazione
dei compagni e intervenne in modo risoluto in mia difesa sostenendo la necessità
dell’agire collettivo, senza mortificare le
particolarità dei singoli e la loro individualità. Come è ben noto, una combinazione
non facile da realizzare, che si è posta e
riproposta spesso, nel corso degli anni, e
che tuttora è oggetto di attenta riflessione
nei partiti, come soggetti collettivi che si
propongono di aumentare e non soffocare
le libertà e il pensiero individuale e della
quale abbiamo avuto modo di discutere
più volte, nei momenti difficili, di trasformazione della forma-partito dal 1989.
Riflettendoci oggi non si può dire che in
Renzo Bonazzi non sia mai venuta meno
la coerenza di appartenenza al partito
della sinistra, pur esprimendo con forza
le sue idee spesso in contrasto con le formazioni politiche che si sono avvicendate, dal PCI al PDS, al DS e al PD, nella
ricerca di una intesa, sempre più convinta, tra le forze di orientamento marxista
e cattolico. Renzo lo ha fatto sempre con
attenta riflessione e spirito critico (forse
più di sinistra), ma con la preoccupazione
di mantenere il collegamento con forze
culturali e intellettuali di più portate ad
avere dubbi e perplessità sulle scelte da
compiere.
Con Renzo Bonazzi è venuto meno quindi uno dei più straordinari uomini politici
locali che nella sua modestia sapeva raccordare l’anima popolare con quella degli
intellettuali in una unitarietà di intenti che
non era certo manichea, ma di coesistenza dei principi fra di loro apparentemente,
ma solo apparentemente, opposti.
Alessandro Carri
lutti
I funerali
RENATO TIRELLI
08/02/1918-11/05/2010
Per ricordare il partigiano Renato Tirelli,
scomparso l’11 maggio scorso, le nipoti
Daniela e Simonetta Caleffi e la sezione
ANPI di Poviglio sottoscrivono pro
Notiziario.
Se ne è andato, l’11 maggio scorso, Renato Tirelli, già presidente dell’ANPI di
Poviglio. Partigiano, classe 1918, di famiglia antifascista, figlio di agricoltori, e
agricoltore lui stesso, fu coinvolto nella
lotta di Resistenza dal suo caro amico
Plinio Torelli, operando nella 77a Brigata
SAP, dall’agosto del 1944 fino alla Liberazione.
Aveva aderito alla lotta partigiana con entusiasmo. “Di giorno lavoravo alla TODT
e questo mi permetteva di non vivere in
clandestinità e di muovermi di notte senza dare troppo nell’occhio...” e, sorridendo, cominciava a raccontare. Aveva una
straordinaria capacità di narrazione.
Con i suoi racconti, rigorosamente in dialetto, estremamente precisi e dettagliati,
era capace di commuovere chi lo ascoltava, e lui stesso si commuoveva quando
ricordava la morte, alla vigilia della Liberazione, del suo amico fraterno Plinio
Torelli.
“Di Plinio – ha detto Sindaco Codeluppi,
presidente dell’ANPI povigliese, nel corso dell’orazione –avevi un forte ricordo,
una stima smisurata e tanta riconoscenza,
perché nel periodo più difficile del secolo scorso, nel periodo della guerra voluta
dal fascismo sei stato reclutato da Plinio
tra i primi partigiani povigliesi e tra i pri-
mi iscritti al partito comunista. Di queste
scelte sei sempre stato orgoglioso: eri
stato chiamato a fare la guerra, tu che sei
sempre stato un uomo di pace, per questo
sei sempre stato fiero di aver combattuto il fascismo”. Codeluppi ha proseguito
affermando che “durante il ventennio fascista, con la guerra voluta da Mussolini,
questo Paese era ridotto male, chi non
aveva la terra era ridotto alla fame, ma
chi bussava alla porta dei Tirelli non ha
mai bussato invano: un carniere di farina
per il pane e la polenta c’era sempre. Ma
il tuo impegno per una società più giusta
non è finito lì. Per oltre mezzo secolo sei
stato impegnato nelle organizzazioni democratiche dando un prezioso contributo
perché quei valori per cui avete combattuto e che avete conquistato non andassero perduti...”.
Tutta la comunità povigliese (e non solo)
ha voluto salutare Renato Tirelli: chi col
pugno chiuso (“come facevate voi Garibaldini”) e chi col segno della croce. Il
Sindaco, le sezioni ANPI dei comuni limitrofi, i dirigenti del PD ma soprattutto
tanta gente, e tanti giovani, tutti a rendere
omaggio ad un uomo semplice, coerente
e coraggioso, fiero dei suoi ideali antifascisti ed orgoglioso delle sue scelte, “un
uomo di pace chiamato a fare la guerra,
che ha saputo essere l’amico di tutti”
come lo ha ricordato Sidraco Codeluppi.
“Dopo un raccolto ne viene un altro” le
parole di Alcide Cervi in cui Tirelli credeva fortemente, e con le sue preziose memorie ha passato un testimone importante
ai giovani. Mancherà alla sua famiglia, e
mancherà a noi, Renato, amabilmente ironico e gentile nei modi e nell’animo.
Anna Fava
“O ragazza dalle guance
di pesca...”
Un ricordo di
Maddalena Iovene
14/07/1972-13/06/2010
“O ragazza dalle guance di pesca./
O ragazza dalle guance d’aurora / io
spero che a narrarti riesca /la mia vita
all’età che tu hai ora...
Ecco cosa abbiamo pensato mentre i versi
di Calvino risuonavano al ritmo dei Modena City Ramblers e ci guardavamo intorno e vedevamo sventolare le bandiere
rosse della CGIL, del Partito comunista
(quello vero, quello che non c’è più), della Sezione sindacale della Funzione pubblica di Reggio Emilia, i suonatori della
banda, e l’ANPI, i nostri partigiani, che
se ne stavano lì, a capo chino, col berretto
intriso di pioggia, lì fra i platani “dla miè
tèra”,“dopo che avevamo pianto tutte le
lacrime rimaste mentre quei fiati e quel
tamburo, al tuo arrivo, avevano intonato
Oh bella ciao e poi L’Internazionale e
poi ancora La Guardia Rossa (come il 25
aprile, a Bologna, in piedi, con la gonna
a pieghe al ginocchio e in bocca ancora
il sapore della particola appena ingoiata
perchè “in quella fettaccia di terra”, dopo
la messa ti portavano a cantare le canzoni
della Resistenza davanti al Monumento
ai Caduti). Tu eri, sei e sarai sempre una
grande donna di sinistra, una grande donna che non ha MAI CONOSCIUTO l’indifferenza. Eri iscritta all’ANPI da tanti
anni (che bello il ricordo che ha portato
Avio) e volevi conoscere, volevi sapere
della Resistenza (quanta Resistenza hai
fatto tu, Madda!), delle tracce che aveva
lasciato nella nostra terra (quanto abbia-
giugno-luglio 2010 43
notiziario anpi
lutti
mo amato i nostri partigiani e le loro tante
storie che ci entusiasmavano, ci facevano commuovere e ci “caricavano come
schioppi”); hai lottato da donna di politica
e di azione, di parole (belle, sconvolgenti, sapienti, azzardate, dignitose, spietate)
e di fatti (l’affido, la casa famiglia, i del
ricovero che aspettano ancora una tombola automatica, e la tua cooperativa Coopselios...), una donna “contro” ha detto
tuo marito, contro tutto quello che a noi,
oggi, scivola via come le gocce di pioggia
sul cappello dei suonatori di banda. Era
lì, la tua Correggio (l’abbiamo sentita tua
madre sussurrarti accarezzandoti prima di
farti uscire da quella camera ardente satura di sospiri... ti aspettava all’imbocco
del viale di platani, tutti lì, con una rosa
rossa in mano, a dirti che sei stata una
grande compagna, una grande partigiana,
una grande donna di politica, una grande sorella, una grande figlia e una grande
moglie, sissignore. E una grande madre.
Lo diceva la tua bambina, bellissima,
composta anche nel suo pianto aggrappato alla nonna. E la tua Correggio è stata lì
fino in fondo, a vederti calare “intla tèra
mòia” con le funi eh, mica col muletto, e
te l’ha cantato “oh bella ciao”, lì, mentre
ti coprivano con quella terraccia bassa di
fiume, e la tua bimba batteva le mani Bella, sì, grandissima strafiga, come sempre.
C’è chi si è ricordato di lasciarti un lip
gloss Lancome un secondo prima che tu
fossi coperta di terra e di addio.
Noi, le tue amiche, le tue compagne, svuotate dal dolore, chi piange, chi bestemmia,
chi non riesce più a parlare ma comincia
ad osservare tutto perché poi te lo deve
raccontare, chi sorride e dentro quel sorriso c’è tutto il tuo ricordo che adesso fa
così male, ma che non ci lasceremo mai
scivolare via; perché insieme abbiamo
lottato, sperato, abbiamo esultato e poi
pianto, abbiamo resistito, e insieme, sempre insieme, continueremo a farlo.
E vorrei che quei nostri pensieri /
quelle nostre speranze di allora / rivivessero in quel che tu speri /
o ragazza color dell’aurora”...
Le amiche e le colleghe Coopselios
“Pistelli” di Santa Croce. Ma Bruna non
è stata solo questo, ma è anche stata una
grande sostenitrice dell’associazionismo
democratico e di tutte le associazioni e
delle iniziative in difesa delle lavoratrici, dei lavoratori, dei più deboli e dei
più bisognosi. La Redazione del Notiziario esprime le più fraterne condoglianze
all’amico Bruno e ai suoi familiari.
alla sua partecipazione alla Resistenza
come partigiano garibaldino in provincia
di Parma. Documentazione che aveva ritenuto prudente, in precedenza, non inserire nel suo fascicolo personale. L’essere
stato partigiano, e per di più nelle Brigate
Garibaldi, non era un credito apprezzabile per le autorità competenti negli anni di
Scelba e di Tambroni. Ma di mezzo c’era
stato il Sessantotto, con tutto ciò che aveva significato in termini di cambiamenti
di mentalità all’interno dei cosiddetti
“corpi separati” dello Stato. Cambiamenti
che avevano reso politicamente corretto,
in polizia, anche l’essere stato partigiano
garibaldino. Dalla documentazione presente negli archivi dell’Istituto storico Resistenza di Parma risulta che Saviano fu
partigiano nella 78a Brigata SAP pianura
fino al gennaio 1945. In seguito ai pesante rastrellamenti nazifascisti in pianura, la
Brigata si trasferì sull’Appennino, zona
sponda sinistra dell’Enza, con la denominazione di 178a Brigata SAP montagna.
Saviano vi ebbe il ruolo di comandante di
distaccamento. Dopo le esequie celebrate
nella chiesa di San Pietro, qui a Reggio,
Saviano è stato inumato nel cimitero della Villetta, in quella Parma dove era stato
studente universitario e dove si era laureato in Legge nei primi anni del dopoguerra.. Alle figlie Maurizia e Patrizia, colpite
anche dalla dolorosa scomparsa della madre, Romilda Lusetti, avvenuta un settimana dopo quella del marito, in seguito
alle gravi ferite riportate nell’incidente,
le condoglianze dell’ANPI e della nostra
redazione (a.z.).
In ricordo di
Giovanni Saviano
vicequestore ed ex partigiano
LUIGIA BRUNA MAMMI
in Menozzi
25/06/1929-22/04/2010
Il 22 aprile scorso è scomparsa Bruna
Mammi, moglie del “nostro” Bruno Menozzi. Bruna proveniva da una famiglia
di contadini, da sempre democratica e
antifascista, e nella memoria aveva sempre vividamente impressi gli episodi di
violenza di fascisti e tedeschi commessi
a Villa Sesso (RE), dove risiedeva. Avvenimenti che lei, giovanissima, aveva
vissuto e che, in alcuni casi, avevano riguardato anche parenti stretti. Bruna era
presente assiduamente alle commemorazioni e alle altre iniziative organizzate
sia in provincia sia altrove, anche in altre
regioni, fino a quando le condizioni di
salute glielo hanno permesso. Non solo
partecipava però, ma contribuiva personalmente ad organizzarle, coinvolgendo i
compagni e le compagne della zona del
44 giugno-luglio 2010
notiziario anpi
Il 28 maggio u.s. è deceduto, in seguito
a incidente stradale (nel quale è rimasta
gravemente ferita anche la moglie) alla
periferia della nostra città, il dott. Giovanni Saviano, classe 1925, che fu capo
della squadra mobile della Questura di
Reggio dal 1°giugno 1960 al 1974. Successivamente, nominato vice questore, fu
in servizio nel veneto fino alla pensione,
quando tornò a vivere a Reggio, in Via
Alai. Un delle sue due figlie, come si è
letto sulla stampa locale, ha dichiarato che
il dott. Saviano amava ricordare che nessuno dei suoi uomini partecipò alle sparatorie che il 7 luglio 1960 provocarono la
morte di cinque reggiani e il ferimento di
decine di altri manifestanti contro il governo Tambroni. Negli ultimi tempi della
sua permanenza in servizio a Reggio –
sono passati quasi quarant’anni ma ne ho
un vivo ricordo -, ebbe occasione di dirmi
che, accingendosi a ricostruire l’intera sua
carriera a fini della futura pensione, stava
recuperando la documentazione relativa
lutti
ROMOLO FIORONI
20/09/1928-27/06/2010
Romolo Fioroni, secondogenito tra cinque fratelli, è nato, vissuto ed oggi riposa
nel cimitero della sua Costabona che ha
sempre rappresentato il suo mondo cui
era legatissimo, senza però dimenticare
i suoi doveri di cittadino italiano, di patriota e di cattolico praticante impegnato a
favore della povera gente della sua amata
montagna.
Il padre, geometra libero professionista,
era stato un valoroso ufficiale di complemento nella guerra mondiale del 1915/18
e ritenne suo dovere di servire la Patria
con il grado di Capitano anche nella seconda guerra mondiale nel corso della
quale morirà da generoso sul fronte greco-albanese nel corso della sciagurata ed
ingiustificata aggressione che Mussolini
decise contro la Grecia.
Rimasto quindi orfano in giovane età,
seguendo gli insegnamenti della madre,
insegnante elementare di grande prestigio, comprese che i valori patriottici così
intensamente vissuti in famiglia, erano
quelli della opposizione soprattutto al
tedesco invasore ed al follia del rinato
fascismo “repubblichino” ricostituitosi
per decisione di Hitler dopo che gli stessi
gerarchi fascisti ne avevano constatato il
fallimento, decidendone la fine il 25 luglio del 1943.
Esercitavano in quel tempo nel comune di Villa Minozzo, cui apparteneva
Costabona, un grande fascino due sacerdoti: don Pasquino Borghi parroco di
Tapignola e don Domenico Orlandini parroco di Poiano. Il primo, grazie alla sua
ottima conoscenza sia del francese che
dell’inglese, fatto del tutto eccezionale
al tempo per un parroco di una sperduta
parrocchia di montagna, agevolò il sal-
vataggio dei tanti prigionieri alleati liberatisi dai campi di concentramento dopo
l’armistizio dell’otto settembre 1943,
mentre il secondo, eccezionale uomo di
azione, organizzò e condusse in prima
persona fortunosi viaggi verso la Puglia
e l’Abruzzo, regioni già liberate dagli
eserciti alleati, al fine di portare in salvo
questi ex-prigionieri di guerra.
La madre saggiamente affidò a don Carlo,
perché con il suo nome di battaglia è ancor
oggi ricordato don Domenico Oralandini,
i suoi due figli maggiori, Domenico di
anni venti e Romolo di anni 16 che con
i rispettivi nomi di battaglia di Nino e di
Franco seguiranno don Carlo, che nel
frattempo aveva costituito e comandato
la 284a bgt. “Fiamme Verdi del Cusna”
sino al 24 Aprile 1945 e alla Liberazione
di Reggio e Romolo vedrà in quel giorno
perire in battaglia nei pressi del Crostolo
vicino alla chiesa di San Pellegrino il suo
grande amico e compaesano di Costabona,
Bruno Bonicelli Grappino, medaglia d’argento al valor militare.
Rimarrà sempre fedele a questa sua stagione giovanile sia con la partecipazione
attiva alle organizzazioni resistenziali,
assumendo il ruolo attivo di presidente dell’Associazione liberi partigiani
italiani di Reggio Emilia, aderente alla
Federazione italiana volontari della libertà, distinguendosi nel curare e valorizzare il ruolo della Brigata partigiana
di appartenenza attraverso la pubblicazione nel 2002 di un corposo e documentato volume affidato alla storico
prof. Giuseppe Giovanelli e curando lui
stesso come autore sia saggi biografici di resistenti cattolici che la storia dei
valorosi e coraggiosi militari inglesi che
agivano nella nostra montagna, avendo
come base la sua abitazione al monte di
Costabona, e che organizzarono, tra l’al-
tro, con successo l’attacco all’importante
e vitale comando tedesco di Villa Rossi
ad Albinea e parteciparono alla battaglia
di Cà Marastoni a Toano il 1° aprile 1945,
giorno di Pasqua.
Và inoltre ricordato che avviò la collaborazione con l’ANPI per superare la triste
separazione, frutto della politica di contrapposizione tra i partiti del CLN che
avvenne nel lontano 1947, dando vita a
numerose attività comuni che tuttora positivamente continuano.
Ma il ruolo di Fioroni và ricordato sia
come educatore perché per tanti anni insegnò nelle scuole elementari della sua
montagna, ma anche e sopratutto come
uomo di cultura per aver salvato nei
primi anni cinquanta la tradizione del
MAGGIO messa in pericolo da una malintesa modernità che spazzava via anche
le tradizioni più nobili come quella appunto di questo teatro popolare cantato
importato in montagna nei secoli scorsi
dai nostri pastori che transumavano con
le loro greggi in Toscana. La Società del
Maggio costabonese, grazie a Romolo,
tenne ferma questa nobile tradizione che
oggi si è rinverdita in tanti altri paesi con
successo di pubblico. Attivo nella DC
svolse per anni il ruolo sia di componente
il Consiglio Provinciale ed attività in altri
enti pubblici ed assistenziali, senza mai
rivendicare per sé nulla che non fosse un
generoso ruolo di servizio alla sua gente,
ed in particolare a quella della montagna.
La sua scomparsa, dopo una lunga malattia dove è stato generosamente assistito e
curato dalla moglie e dai due figli, è stata
salutata nella sua Costabona da un grande
concorso di compaesani, di ex.partigiani
e di amici che ne assicureranno anche in
futuro un ricordo doveroso e imperituro.
Danilo Morini
Romolo Fioroni ai “Sentieri partigiani” nei pressi della Gatta, dove tra il 7 e l’11
gennaio del 1945 i nazisti iniziarono un grande rastrellamento sull’Appennino
reggiano e modenese
giugno-luglio 2010 45
notiziario anpi
anniversari
RINO SORAGNI (MUSO)
49° ANNIVERSARIO
Nel ricordo dell’indimenticabile Partigiano Rino Soragni Athos, Libero, detto
familiarmente “Muso”, vicecomandante
della 37a bgt. GAP, medaglia d’argento al
valor militare, scomparso tragicamente il
18 marzo 1961, la moglie Enza Gemmi
2° ANNIVERSARIO
Il 4 giugno scorso ricorreva il 2° anniversario della scomparsa di Nello Aguzzoli
di Correggio. Nel ricordarlo con tantissimo affetto, la moglie, i figli e le sorelle
sottoscrivono pro Notiziario.
DINO SASSI
offre pro Notiziario.
15° ANNIVERSARIO
NELLO LUSOLI
3° ANNIVERSARIO
Nel 3° anniversario della scomparsa del
Partigiano senatore Nello Lusoli, avvenuta il 22 giugno 2007, la moglie Liduina, le figlie Zita, Valeria e i nipoti Tania
e Roberto lo ricordano con immutato affetto insieme a quanti lo conobbero e ne
apprezzarono l’impegno.
ELENA RICCO’ (NELLA)
5° ANNIVERSARIO
Il 4 aprile ricorreva il 5° anniversario della scomparsa di Elena Riccò Nella. Il figlio Marco, la nuora Marina e la carissima
nipote Roberta la ricordano con immutato
affetto e amore sottoscrivendo pro Notiziario.
WOLMER VERZELLONI - VILMA GALAVERNI
ANNIVERSARI
Il 3 ottobre ricorre il
18° anniversario della
scomparsa del cognato
Wolmer Verzelloni e
l’11° anniversario della
moglie Vilma Galaverni. Le famiglie Luigi
e Alfredo Galaverni li
ricordano con tanto affetto e in loro onore sottoscrivono a sostegno del Notiziario.
MARIA BARBANTINI
9° ANNIVERSARIO
Il 5 luglio ricorreva il 9° anniversario della
scomparsa di Maria Barbantini di Ligonchio. La ricordano con immutato affetto
il marito Ennio Felici, i figli Giuseppe
e Maria Grazia, i nipoti Roberto e Marco, la nuora Carla e il genero Tommaso.
Nell’occasione sottoscrivono pro Notiziario.
46 giugno-luglio 2010
notiziario anpi
NELLO AGUZZOLI
Il 15 aprile ricorreva il 15° anniversario
della scomparsa del combattente Dino
Sassi. Lo ricordano con tanto affetto la
moglie Iris e tutti i famigliari e sottoscrivono pro Notiziario.
RENATO ORLANDINI
1° ANNIVERSARIO
Il 2 marzo scorso ricorreva il 1° anniversario della scomparsa di Renato Orlandini. Lo ricorda con grande rimpianto la
moglie Rosanna Castellari.
ENNIO MONCIGOLI
4° ANNIVERSARIO
A 4 anni dalla scomparsa di Ennio Moncigoli, lo ricordano con amore e affetto
la moglie Maria, i figli Libero e Gina, la
nuora Paola, il genero Ivan, i nipoti Lucilla, Stefano, Alessandro e Matteo. In sua
memoria offrono pro Notiziario.
SILVIO BONACINI
7° ANNIVERSARIO
Nel 7° anniversario della scomparsa di
Silvio Bonacini, avvenuta il 10 luglio
2003, la cognata Anna Giorgia lo ricorda
con tanto affetto e sottoscrive pro Notiziario.
GIUSEPPE BONACINI (RATA)
3° ANNIVERSARIO
Il 25 maggio ricorreva il 3° anniversario
della scomparsa del Partigiano Giuseppe
Bonacini Rata. La moglie Anna Giorgia lo
ricorda con immutato affetto e sottoscrive
pro Notiziario.
anniversari
PIETRO CANEPARI (CARTOQUE)
MARIA CERVI
17° ANNIVERSARIO
3° ANNIVERSARIO
In occasione del 17° anniversario della
scomparsa del Partigiano Petro Canepari
Cartoque, la moglie Angiolina, la figlia
Mirna e le nipoti Giulia e Anna sottoscrivono pro Notiziario.
Il 10 giugno ricorreva il 3° anniversario
della scomparsa di Maria Cervi. Il marito
Giovanni Bigi, le figlie Anna e Silvia, i generi Albino e Paolo, i nipotini Alice ed Elia
la ricordano con immutato amore. Offrono
pro Notiziario.
LINO CORRRADINI (COLI)
1° ANNIVERSARIO
Per ricordare, nel 1° anniversario della
morte, lo zio Partigiano Lino Corradini
Coli, appartenente alla 145a bgt. Garibaldi,
i nipoti Laura, Stefania, Massimo, Corrado
e Giulio e la cognata Antonietta sottoscrivono pro Notiziario.
NANDO POLI
LIDA VEZZANI - OLIVIERO CANEPARI (TOM)
ANNIVERSARI
A sei mesi dalla scomparsa di Lida Vezzani
e nell’anniversario di
Oliviero Canepari Tom,
i figli e i nipoti li ricordano sottoscrivendo pro
Notiziario.
11° ANNIVERSARIO
DANTE CALZOLARI (SPADA)
Il 12 giugno ricorreva l’11° anniversario
della scomparsa del Partigiano Nando
Poli della 145a bgt. Garibaldi. La sorella
Fernanda, nel ricordarlo sottoscrive pro
Notiziario.
5° ANNIVERSARIO
WALTER REVERBERI (FRESA)
16° ANNIVERSARIO
Il 7 aprile scorso ricorreva il 16° anniversario della scomparsa del Partigiano Walter
Reverberi Fresa, ispettore di battaglione
con il grado di sottotenente. La moglie Laura Cavazzoni, nel ricordare anche il loro
matrimonio celebrato il 25 aprile 1942 e 52
anni di vita assieme, offre pro Notiziario.
LORIS CONFETTI - ENERMERE BEGGI
RICORDO
Per ricordare i genitori
Loris Confetti ed Enermere Beggi, i figli Ileana e Mauro sottoscrivono pro Notiziario.
In occasione del 5° anniversario della morte
di Dante Calzolari Spada, partigiano combattente della 26a bgt. Garibaldi, il nipote
Luciano e famiglia offrono pro Notiziario.
Ferito in combattimento a Villa Codemondo, nella fase della “pianurizzazione” della
lotta, Calzolari fu anche torturato a Villa
Cucchi. Operaio alle Reggiane, fu protagonista dell’epica occupazione della fabbrica nel 1950. Aveva sempre vissuto in via Cassala, nel quartiere operaio per eccellenza di Santa Croce esterna.
AMOS SPADONI (MONTECCHI) - AMNERIS ZINI (NERA)
ANNIVERSARI
Al ricordo del Partigiano
Amos Spadoni Montecchi nel 4° anniversario
della scomparsa si unisce quello della moglie,
staffetta partigiana, Amneris Zini Nera, scomparsa l’11 giugno 2010.
In loro onore la figlia
Giustina e il nipote Marco sottoscrivono pro Notiziario.
GIULIO GUIDOTTI
TINA FERRARINI
5° ANNIVERSARIO
Il 25 aprile di 5 anni fa ci ha lasciato Tina
Ferrarini, Partigiana della 76a bgt. SAP. La
figlia, il figlio, la nipote, il genero e la nuora ricordano che il suo primo valore fu la
libertà. Per onorarne la memoria sottoscrivono pro Notiziario.
7° ANNIVERSARIO
Il 16 aprile ricorreva il 7° anniversario
della scomparsa del Partigiano Giulio Guidotti, appartenente alla divisione Dalmazia
dell’esercito di liberazione della Jugoslavia. Nel ricordarlo con infinito affetto, la
moglie Selene, il figlio Gianni, la nuora
Donatella, i nipoti Lisa e Marco, i cognati,
le cognate e i parenti tutti sottoscrivono pro Notiziario.
giugno-luglio 2010 47
notiziario anpi
anniversari
MARIO CAVALLINI
RENZO IEMMI
14° ANNIVERSARIO
11° ANNIVERSARIO
Il 27 luglio ricorre il 14° anniversario della morte di Mario Cavallini. La moglie
Maria e i figli offrono pro Notiziario.
Per ricordare il marito Partigiano Renzo
Iemmi, ex sindaco di Campegine, nell’11°
anniversario della scomparsa, la moglie
Idemma Baruffi, i figli Giancarlo e Renza,
e i nipoti sottoscrivono pro Notiziario.
SERGIO FRANCIA (GALO)
PIETRO GOVI (PIRULI)
9° ANNIVERSARIO
5° ANNIVERSARIO
L’8 giugno scorso ricorreva il 9° anniversario della scomparsa del Partigiano
Sergio Francia Galo. Per onorarne la memoria e ricordarlo, la famiglia offre pro
Notiziario.
Il giorno 24 luglio ricorre il 5° anniversario
della scomparsa del Partigiano Pietro Govi
Piruli di Rio Saliceto. Lo ricordano con
tanto affetto la moglie Umberta, le figlie
Adriana e Lorena sottoscrivendo in sua
memoria al Notiziario.
ANSELMO BISAGNI
1° ANNIVERSARIO
Il 29 giugno scorso ricorreva il 1° anniversario della scomparsa di Anselmo Bisagni. La moglie Carla e tutta la famiglia
lo ricordano con immutato affetto e sottoscrivono pro Notiziario.
OVIDIO FRANCHI
50° ANNIVERSARIO
Per onorare la memoria del Martire del
7 luglio 1960 Ovidio Franchi, il fratello
Silvano e l’amico Fernando Cavazzini offrono pro Notiziario.
MARINO BERTANI (MASSA)
7° ANNIVERSARIO
Per onorare la memoria del Partigiano Marino Bertani Massa della 76a Bgt SAP, nel
7° anniversario della scomparsa, avvenuta
il 5 giugno 2003, la moglie Teresa e i figli
Delfino e Marinella lo ricordano con immutato affetto sottoscrivendo pro Notiziario.
LIDIA BELLESIA - LINO FERRETTI
IN MEMORIA
Protagonisti tra quelli di
una generazione che ha
fatto una scelta giusta
nella lotta che ha aperto
la strada alla Liberazione, alla democrazia e ai
diritti civili di uomini e
donne per la prima volta
sanciti dalla Costituzione. Matteo, Lorena, e Tiziano ricordano Lidia Bellesia e Lino
Ferretti con affetto in occasione del 25 Aprile anniversario della
Liberazione.
FRANCO CIGARINI (ALTEO)
28° ANNIVERSARIO
Il 26 luglio ricorre il 28° anniversario della morte di Franco Cigarini Alteo, partigiano della 144a bgt Garibaldi, autore del
poema Reggiane, fotografo e documentarista. Lo ricorda la moglie Anna Tondelli,
con i figli Claudio e Ildo, unendo a quella
di Franco la memoria del fratello Ildo Libero, partigiano in Jugoslavia disperso dal 6 ottobre 1943.
MARIO BONEZZI (PAUCIN)
WILLIAM CAPRATI (DANTE) - ALBERTNA FERRARI (BINDA)
30° ANNIVERSARIO
ANNIVERSARI
Nel ricordare il Partigiano
William Caprati Dante,
deceduto il 4 maggio 1985,
e la Partigiana Albertina
Ferrari Binda, deceduta il
16 agosto 1991, le figlie
Vanna e Catia, assieme ai
loro famigliari, sottoscrivono pro Notiziario.
48 giugno-luglio 2010
notiziario anpi
Mario Bonezzi Paucin di Scandiano militò nella 145a bgt Garibaldi, partecipando
a tutte le battaglie sostenute dal distaccamento “F. Casoli” sul nostro Appennino,
compresa la difesa della diga di Ligonchio.
Nel 30° anniversario della scomparsa, la
moglie Lillia e la figlia Carla a ricordo offrono pro Notiziario.
Il “Notiziario ANPI” è una voce della resistenza e della democrazia.
PER VIVERE HA BISOGNO DEL TUO AIUTO
- ENZA GEMMMI – in ricordo del marito Rino Soragni “Muso” euro
- TEOBALDO e PAOLO BORCIANI – in memoria del fratello Walter “
- NERA SPADONI – a ricordo del marito
Amos Spadoni di Borsano ........................................................ “
- LIDUINA LUSOLI e fam. – per ricordare il marito Nello Lusoli ..... “
- SILVIA BAGNACANI e fam. – in memoria del padre Mario .......... “
- VILLIAM GANDINI – a sostegno ................................................. “
- CENTRO SOCIALE “OROLOGIO” – contributo .............................. “
- BONINI-FICARELLI-LAZZARETTI – a sostegno ........................... “
- MARCO FERRATI – in ricordo di Elena Riccò (Nella) ................... “
- TELENICO ARLEONI “Lampo” – a sostegno ............................... “
- CARLO e STEFANIA GOVI – contributo ....................................... “
- NERE GRASSI – a sostegno ...................................................... “
- VASCO MONTECCHI – a ricordo del grande
Sindaco Renzo Bonazzi ............................................................ “
- GIANPAOLO ARTIOLI – in memoria della madre
Augustina Ferrarini ................................................................... “
- ARMANDA COCCONCELLI – in ricordo del padre Sparto
e zii Armando, Colorno, Emma .................................................. “
- SILVANA, ROMEO GOTTARDI – a sostegno ................................ “
- IRIS NOTARI e familiari – in memoria di Dino Sassi ................... “
- MARISA e BRENNO GALLONI – per ricordare con affetto
la madre Ester Bedogni ............................................................. “
- SEZ.ANPI PISTELLI – a sostegno notiziario ................................ “
- IRIS FONTANESI (MARIA) e figli – in memoria di Dino Olivi ........ “
- SEZ.GUASTALLA (Bernini, Vasconi, Pazzi, Bacchiavini)
– a sostegno ............................................................................. “
- AGILE CORRADI – contributo 50,00
- DENIS e MARINA BOCCONI – in memoria del fratello Marino
“Lampo” .................................................................................. “
- ILEANA e MAURO CONFETTI – in ricordo dei genitori Loris “Giulio”
e Enermere ............................................................................. “
- GIANNI GUIDOTTI – per ricordare Giulio Guidotti ........................ “
- LIONELLA e ADOLFO CANEPARI – a ricordo dei genitori
Oliviero “Tom” e Lida Vezzani ................................................... “
- AGOSTINO DALLAGIACOMO – a sostegno ................................. “
- ANNA e SILVIO TIRABASSI – in memoria dei genitori:
Mercede e Cismo (caduto 23/4/45) .......................................... “
- ADA BARTOLI – per ricordare il padre Martino Batoli ................. “
- ANNA TONDELLI e fam. – in memoria del marito Franco Cigarini “
- GIOVANNI BIGI – per ricordare la moglie Maria Cervi .................. “
- MARIA MANZOTTI, ENRICO e MATTIA
– in memoria di Maria Cervi ...................................................... “
- LUIGI FERRARINI, Caprara di Campegine – a sostegno .............. “
- LUCA, MONICA, LINA BIGLIARDI – in memoria di Dante ............. “
- FERNANDO CAVAZZINI – in ricordo di Franchi Ovidio – .............. “
- IVAN BIGI e fam. – per celebrare il compleanno
del padre Andrea Bigi ................................................................ “
- SILVANA e ROMEO GOTTARDI – a sostegno .............................. “
- PAOLINA, VILLER, VALENTINO PINOTTI – in memoria
di Monbello Pinotti .................................................................... “
- VIENNA e CLAUDIO BIZZARRI – in ricordo di Giovanni Bizzarri .... “
- FAM.AGUZZOLI di Correggio – per ricordare Nello Aguzzali ....... “
- SEZ. CANOSSA – a sostegno notiziario ..................................... “
- BRUNO FANI – in memoria di Bruna Mammi Menozzi ............... “
- SEZ. PIEVE MODOLENA – a sostegno ........................................ “
- ANDREA NASCIUTI – contributo 3 .............................................. “
- FERNANDA POLI – in memoria del fratello Nando ..................... “
- VINCENZO FERRARONI – a sostegno ......................................... “
- LAURA BIZZOCCOLI e nipoti – in ricordo dello zio
Lino Corradini “Coli” ................................................................. “
- GIOVANNI ROSSINI – in memoria di William Caprati
e Albertina Ferrari .................................................................... “
- ULDERICO FERRARI – a sostegno ............................................. “
- SEZ.ANPI di S.ILARIO D’ENZA – contributo ................................ “
- SEZ. S.GIOVANNI S.MARIA – a sostegno ................................... “
- AFRO CREMA e fam. Rio Saliceto – contributo .......................... “
- SEZ.CARPINETI – per onorare i caduti per la Libertà di Carpineti “
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- AMOS CODELUPPI – sostegno Notiziario ................................... “
- IDEMMA BARUFFI e fam.
– in ricordo del marito Renzo Iemmi .......................................... “
- TERESA GIOVANARDI – per onorare Marino Bertani ................... “
- PIERA RIGHI – sostegno Notiziario ............................................ “
- LINA CURTI – in memoria di Renato Tirelli di Poviglio ................ “
- ANNA GIORGIA COCCONI – in ricordo del marito
Giuseppe Bonacini “Rata” ......................................................... “
- ANNA GIORGIA COCCONI – in memoria del cognato
Silvio Bonacini .......................................................................... “
- ANGELO REVERBERI – a sostegno ............................................ “
- GIANNI CATELLANI – contributo ................................................ “
- SEZ.ANPI COVIOLO – sostegno ................................................. “
- ANGIOLINA BERTANI – in ricordo di Anselmo Bisagni
di Montecavolo ......................................................................... “
- MARIA SIMEONE , Fabbrico – a sostegno ................................... “
- ADRIANO CASALI, Fabbrico – .................................................... “
- FRANCO VEZZANI, Fabbrico – .................................................... “
- ROMANO PEDRAZZOLI , Fabbrico – .......................................... “
- MARIA FERRETTI MARANI, Fabbrico – ....................................... “
- TERESINA BELLESIA, Fabbrico – ............................................... “
- MARIA CORRADINI ROSSI, Fabbrico – ....................................... “
- LAURA BADODI – per ricordare Sergio Francia ........................... “
- MARIA ROSSI – in memoria di Mario Cavallini ........................... “
- SEZ. di RAMISETO – a sostegno ............................................... “
- ANGIOLINA CASOTTI CANEPARI – a ricordo
di Pietro Canepari “Cartoque” ................................................... “
- LEA FRANCIA – sostegno .......................................................... “
- OSCAR CORRADINI – contributo ............................................... “
- ALESSANDRO CARRI – sostegno ............................................... “
- NICOLA CALZOLARI – in memoria di Dante Calzolari ................. “
- LUIGI e ALFREDO GALAVERNI – in ricordo
di Vilma e Wolmer Verzellini....................................................... “
- CARLO GOVI – a sostegno ........................................................ “
- FAM.GOVI – in ricordo di Pietro Govi ......................................... “
- GIUSEPPINA NEGRI, Reggiolo – a sostegno ............................... “
- MARIO ANDREOLI – a sostegno ................................................ “
- PAOLINA DALLARI – sostegno.................................................... “
- FRANCESCO BERTACCHINI e amici – contributo ......................... “
- DANIELA e SIMONETTA CALEFFI e sez. ANPI di Poviglio
– in ricordo di Renato Tirelli ...................................................... “
- DILLE RAVAZZINI, Sassuolo – a sostegno ................................... “
- BACCI ILEANA – a sostegno ....................................................... “
- FELICI ENNIO – a sostegno ........................................................ “
- LELLI ENRICO – in ricordo di Vincenzo Melegari ........................ “
- LILLIA BONEZZI e FIGLIA CARLA – in ricordo di Mario Bonezzi
“Paucin” ................................................................................... “
- CENTRO SOCIALE OROLOGIO – a sostegno ............................... “
- BORCIANI TEOBALDO – a sostegno ........................................... “
- MARIA PANCIROLI – in ricordo del marito Gino Rozzi “Palot” ..... “
- LA MOGLIE – per ricordare Mario Masoni ................................. “
- I partecipanti alla festa di Ancona – a sostegno ........................ “
- ALMA ZINI – a sostegno ............................................................ “
- FAM. MONCIGOLI – in memoria di Ennio Moncigoli ................... “
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OFFERTA CON FOTO
I coniugi Romeo e
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pro Notiziario.
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50 giugno-luglio 2010
notiziario anpi
Destra gay
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Esce nelle sale in piena estate, tra premi e polemiche, Brotherhood, il film
di Nicolò Donato che racconta l’amore gay tra le file dei neo-nazisti danesi.
Nicolò Donato, regista italo-danese al primo film per il cinema, racconta la storia
del giovane Lars, militare col grado di sergente, di famiglia benestante e coinvolta
nella politica locale. Il suo comportamento
troppo rude coi sottoposti gli costa però la
guida del suo plotone, e lui, deciso a non
diventare un passacarte in divisa, carico di
rabbia, lascia l’esercito. E finisce un po’ casualmente per avvicinarsi al movimento neonazista danese: un’organizzazione ferrea,
dedita come ovvio al proselitismo. Uno di
quei movimenti in cui, una volta avvenuta l’iniziazione, la regola è che non se ne
può più uscire. Dopo aver dimostrato il suo
coraggio pestando un immigrato del centro
rifiugiati, Lars – brillante, intelligente, capace di coniare slogan di propaganda assai
efficaci – viene affiancato, nel suo apprendistato a teorie e pratiche naziste, al fanatico, supertatuato e muscolare Jimmy, che
diventa il suo mentore. I due vivono anche
insieme, perché il protagonista è in rotta con
la famiglia. Ma fatalmente tra loro scoppia
la passione fisica, che si tramuta in amore.
Un rapporto che, in un gruppo che compie
raid contro i gay praticamente ogni giorno
(anche se i bersagli favoriti sono e restano
gli arabi), è ovviamente da tenere segreto.
Perché, se fosse scoperto, le conseguenze
sarebbero drammatiche...
Alla conferenza stampa di presentazione il
regista non ha detto tanto riguardo al fatto di aver scelto di calare questa passione
nell’universo della destra estrema, che
nell’Europa del Nord e dell’Est diventa
sempre più minacciosa, per l’autore della
pellicola è solo un escamotage di sceneggiatura: “Mi serviva per dimostrare il fatto
che l’amore non si può controllare, volevo
inserirlo in un contesto in cui non è accet-
tato ma in cui nasce lo stesso”. A ispirarlo,
prosegue Donato, è stata “la visione alcuni anni fa di un documentario che parlava
dell’omosessualità nel movimento nazista”.
Quanto al perché un personaggio come Lars
entri a far parte di quel mondo, taglia corto:
“E’ un gesto di ribellione all’infelicità familiare, al fatto che i genitori non lo apprezzano: sarebbe potuto diventare nazi o hippy, la motivazione sarebbe stata la stessa”.
Rifiuto totale, invece, ad affrontare il tema
della presenza di queste frange pericolose
nel suo Paese: “Di questo non parlo”. Ed è
una scelta davvero singolare, la sua. Tanto
da far pensare che magari sotto questo netto
diniego potrebbero esserci delle minacce. O
comunque una qualche forma di paura.
Natalia Aspesi sulle pagine della “Repubblica” ha scritto: “un melodramma sentimentale e feroce tra i duri maschi del DNSB,
il movimento che s’ispira al nazionalsocialismo nella libera, democratica e sempre
meno ospitale Danimarca. La passione proibita, un genere che alimenta tanta letteratura e cinema, non sa più dove aggrapparsi,
essendo ormai quasi tutto permesso, tranne
ciò che (ancora) costituisce reato. Ma se una
coppia gay, che in altri contesti è come tutte
le altre – e se vuole mette anche su famiglia
– la collochi invece tra omacci razzisti che
dan fuoco ai quartieri dei pakistani ma gli
fanno più orrore quelli che chiamano froci,
ecco che si ricupera l’Amore Impossibile e
anche omnia vincit amor, che piace sempre.
Dice il regista: “La passione si alimenta con
gli ostacoli e i tabù, e non ho trovato di meglio che l’omofobia politica per raccontare
di un appassionato amore. Quindi il neonazismo è solo un pretesto diciamo letterario,
come poteva un tempo essere la guerra
tra Capuleti e Montecchi: anche perché il
DNSB in Danimarca non conta nulla”. Però
quel piccolo paese in cui un quotidiano
pubblicò nel 2005 una serie di vignette anti
Maometto, provocando tragiche reazioni in
tutto il mondo islamico, è anche uno dei pochi (compresa l’Italia) in cui i simboli nazisti non sono illegali. E, infatti, il picchiatore
Jimmy ha tatuato sulla schiena la svastica e
sul petto il numero 88, che vuole dire “Heil
Hitler”, e suo fratello drogato Patrick ha il
simbolo delle SS sul collo. Bandiere nazi e
Mein Kampf in casa e come divertimento
mettere al rogo fantocci di donne islamiche,
insultare gli immigrati di colore (“Tua madre ti ha partorito con un gorilla”) che però
si rivoltano a pugni, e in gruppo prendere a
calci i gay. Lars è uno di quei bei biondini
di buona famiglia con papà muto e mamma impicciona. Allontanato dall’esercito,
si lascia attrarre da questi giovanotti rapati
di gran virilità, che seguono il bionazismo:
spaccano le teste ma bevono birra biologica. Sono certi della superiorità della razza
bianca, non ce l’hanno coi musulmani purché se ne restino a casa loro. I froci invece
non sono né bio né nazi, ma l’orrore in terra,
anche se Lars cerca di ricordare che quelli erano i gusti del capo delle SA, Rohm,
forse per questo fatto assassinare da Hitler.
Il capo è un insospettabile borghese, il sottocapo un melenso ciccione che promuove
Lars per il suo slogan: “I pakistani ci costano miliardi, una pallottola pochi centesimi”. Jimmy e Lars si fissano negli occhi, si
baciano furiosamente, si sbattono sul letto,
la passione li travolge; del resto donne in
tutto il film non se ne vedono, il mondo dei
bionazi è solo degli uomini purché almeno
apparentemente etero.
giugno-luglio 2010 51
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