Un pensiero italiano per la formazione delle
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Un pensiero italiano per la formazione delle
Durante la depressione degli anni Trenta ai giovani si chiese di costruire con pala e piccone le autostrade e i ponti: le infrastrutture del ventesimo secolo. Per superare la crisi attuale ai giovani si chiede di costruire le infrastrutture del ventunesimo secolo, fatte di contenuti digitali a disposizione di tutti. MA PERCHE’ DOVREMMO TORNARE A SCUOLA? Un pensiero italiano per la formazione delle competenze nel Digital Cultural Heritage www.diculther.eu Digital Cultural Heritage School diculther.school La cultura è al centro del progetto europeo e costituisce il fondamento dell'"unità nella diversità" dell'Unione Europea Il rispetto della diversità culturale assieme alla capacità di riconoscersi in valori condivisi hanno garantito la pace, la prosperità e la solidarietà di cui l'UE gode, nonché un contributo irrinunciabile per rafforzare la strategia europea Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva, promuovendo la stabilità, la comprensione reciproca e la cooperazione a livello mondiale. La cultura, intesa come fonte di valori, identità e senso di cittadinanza, rappresenta l’asset di riferimento per garantire benessere, la coesione e inclusione sociale dei cittadini. Essa è inoltre un volano per la crescita economica, la creazione di posti di lavoro. L'adozione di una Agenda europea per la cultura sin dal 2007 ha inaugurato un nuovo capitolo di cooperazione in materia di politica culturale a livello europeo. Per la prima volta tutti i partner - istituzioni europee, Stati membri e società civile culturale - sono stati invitati a concentrare i loro sforzi sugli scopi comuni esplicitamente definiti, sottoscritti dal Consiglio dell’Unione. Sfide ribadite di recente anche nel piano di lavoro per la cultura 20152018 (1), che individua tra i temi strategici e per i prossimi anni la promozione dell'accesso alla cultura attraverso mezzi digitali, accanto alla promozione della diversità culturale, la promozione della cultura come catalizzatore della creatività e la promozione della cultura come elemento essenziale nelle relazioni internazionali dell'Unione. Per sostenere ciò, l'Agenda ha introdotto metodologie di lavoro nuove nel settore, per sostenere il riconoscimento del ruolo nel modello di sviluppo europeo fondato sulla Cultura, consentendo il dialogo strutturato con la società civile nel settore attraverso diverse piattaforme di discussione e di scambio. ----(1) (2014/C 463/02) La cultura è un elemento essenziale dell’identità europea “Si c’était à refaire, je commencerais par la culture” Jean Monnet, 1976, Memoires Per un “rinascimento digitale europeo” Dialogo che ha fatto emergere con forza la necessità di migliorare il coordinamento trasversale tra le diverse politiche e, tra queste, il completamento delle azioni previste dall’Agenda Digitale e la formazione legata alle new skills risultano prioritarie, come fondamento dell’integrazione della dimensione culturale nel modello di sviluppo sostenibile auspicato nella revisione in corso della Strategia Europa 2020. Europa 2020 interpreta e qualifica queste prospettive e fissa obiettivi in materia di occupazione, produttività e coesione sociale. In particolare, la strategia evidenzia come le azioni previste dall’Agenda digitale Europea rappresentino un importante passaggio per realizzare quel “rinascimento digitale” evocato nella relazione elaborata dal “Comité des Sages“ sulla digitalizzazione del patrimonio culturale europeo (2) e dalle loro raccomandazioni per la messa in rete di tutte le collezioni detenute in biblioteche, archivi e musei non solo per mostrare la ricchezza della cultura e della storia d'Europa, ma anche per offrire nuovi benefici a livello di istruzione, innovazione e creazione di inedite attività economiche. La cultura e l'industria creativa rappresentano importanti risorse economiche di un settore che non ha conosciuto crisi ed è stimato oggi al 4 per cento del PIL dell'UE. Investire in cultura e considerare le attività culturali come un'opportunità di crescita sono, dunque, necessità strategiche anche nella prospettiva della transizione digitale che sta ormai investendo l'intera economia europea. Recenti incisive linee di policy dell’UE tengono conto del contesto digitale in Europa e delle sue rapide trasformazioni. L'approvazione in questi ultimi mesi di una serie di documenti politici da parte dell’UE interviene in un momento particolarmente propizio, in quanto la creazione di un "mercato unico digitale" (come noto fra le priorità della nuova Commissione) postula accesso incondizionato e convergente ai servizi culturali da parte dei cittadini europei, ovunque essi si trovino, ed apre il settore della Cultura a nuove sfide (dalla tutela del diritto d'autore, alla qualità dei nuovi contenuti, alla salvaguarda delle reti) da affrontare con approccio trasversale ed olistico. ----(2) http://ec.europa.eu/information_ society/activities/digital_libraries/index_ en.htm Priorità della nuova Commissione In quest'ottica, e tenendo a mente la necessità di coniugare le esigenze di mercato e competitività su scala europea con quelle di tutela dei cittadini/consumatori e di qualità, vengono tracciati in tali documenti nuove linee direttrici consistenti nella facilitazione all'offerta di qualità, nell'agevolazione nel raggiungimento della domanda di servizi (da ovunque essa provenga nel territorio europeo), nell'assicurazione di parità di condizioni per i fornitori. mercato unico digitale Di non minor impatto i documenti in materia di nuove modalità di gestione partecipativa del Patrimonio culturale. I negoziati sono partiti dai numerosi spunti raccolti nel corso della Conferenza sul Patrimonio di Torino di Settembre 2014 e dall'input che gli stessi Ministri Europei della Cultura avevano contribuito a delineare nel Consiglio informale del 24 settembre 2014. gestione partecipativa del Patrimonio culturale A cominciare dalla nozione dinamica di patrimonio inteso come "risorsa e bene comune" su cui dover contare ai fini della crescita e dello sviluppo della cultura, della società e dell'economia europea, e non più, quindi, quale mero ricettore di finanziamenti pubblici finalizzati alla dimensione statica della sola conservazione e trasmissione. In quest'ottica i documenti fanno emergere per la prima volta il profilo di una "responsabilità condivisa" fra i vari attori, siano essi pubblici o privati, e fra diversi livelli (locale, regionale, nazionale ed europeo). Tali documenti pongono questioni rilevanti volte a fare del patrimonio culturale un terreno di incontro fra Paesi europei e mediterranei, non solo nello sforzo comune della conservazione, ma anche in vista di un recupero culturale e identitario che serva da strumento di ravvicinamento fra popoli vicini. È appena il caso di sottolineare come questa prospettiva apra altresì la via a una politica estera culturale del nostro paese e dell'Unione europea in generale. risorsa e bene comune responsabilità condivisa La cultura, il digitale, una risorsa strategica: un volano per lo sviluppo In questa direzione, la cultura e il digitale, sia nelle punte avanzate della ricerca e della sperimentazione, sia nelle attività di formazione e diffusione volte ad elevare il capitale sociale di cui disponiamo, rappresentano sempre di più una risorsa strategica, un volano dello sviluppo. Ma il digitale ha rivoluzionato e sta rivoluzionando anche la nostra cultura e i nostri comportamenti. Ha trasformato e sta trasformando completamente le modalità di trasmissione e condivisione del sapere e il nostro modo stesso d’interagire con esso, determinando l’ingresso della società globale nella smart era. Questo processo evolutivo ha il suo valore fondante nella celerità con cui produce miglioramenti nella qualità della vita del cittadino, il quale, grazie alle ricerca e sviluppo di ICT sempre più smart e interattive, sta rapidamente diventando protagonista attivo del cambiamento. La diffusione ormai sempre più capillare delle ICT, infatti, porta con sé una democratizzazione della conoscenza e della cultura senza precedenti, rendendo il cittadino attore privilegiato e intelligente nello sviluppo sostenibile della nuova smart society globale, fondato sulla co-creation. In questo scenario, l’UE ha inserito tra i temi prioritari dell’Agenda Digitale Europea e della ricerca di Horizon 2020 il Cultural Heritage, rilevando negli investimenti in innovazione e sperimentazione di tecnologie digitali in funzione di un suo uso creativo, intelligente e diversificato uno degli elementi essenziali per la ripresa economica e il progresso sociale e culturale, con l’obiettivo di creare un nuovo mercato unico digitale per sfruttare i benefici apportati dall'era digitale e permettere ai cittadini europei, ovunque si trovino, un accesso incondizionato e convergente ai servizi culturali, aprendo il settore della Cultura a nuove sfide (dalla tutela del diritto d’autore, alla qualità dei nuovi contenuti, alla salvaguardia delle rete). Ma la prima ed essenziale sfida da affrontare consiste nel costruire e consolidare una cultura del digitale omogenea e condivisa, sulla quale ricalibrare i processi strutturali delle smart societies. Queste, infatti, in breve tempo saranno popolate da cittadini la cui educazione e formazione dovrà essere sempre più smart, per comprendere appieno in che modo e con quali approcci trasversali e olistici le risorse digitali possano fattivamente contribuire a promuovere e valorizzare il patrimonio culturale europeo sia analogico che digitale. In questo processo, l’Italia riveste un ruolo primario con il suo vasto patrimonio e le sue tante eccellenze, la cui valorizzazione tramite le tecnologie digitali è, a ragione, considerata uno degli assi portanti per la risoluzione della crisi economica in corso e per la ripresa del Paese. Per una visione culturale delle tecnologie Sia nelle attività di valorizzazione del patrimonio culturale, sia in quelle connesse con le tematiche oggetto di ricerca, le istituzioni culturali italiane sono attrezzate per trarre il meglio della rivoluzione tecnologica in atto e farne uno strumento formidabile di crescita individuale e sociale, di organizzazione della produzione e della vita, di conservazione, diffusione, promozione del patrimonio culturale in tutte le sue espressioni. Tuttavia, allo stato attuale, la rivoluzione digitale porta ancora con sé quale corollario negativo un paradosso che ne condiziona pesantemente la definitiva affermazione: all’apparente sistematizzazione della smart society globale tramite l’uso sempre più pervasivo delle ICT in tutti i livelli esistenziali delle smart cities e delle smart communities, fanno da riscontro sostanziale la vertiginosa velocità con cui esse si rinnovano e l’elevata volatilità che caratterizza i dati digitali, che risultano perciò per la maggior parte già obsoleti e inutilizzabili in un arco temporale spesso inferiore anche a quello necessario ai cittadini e alle comunità per apprenderne l’esistenza e l’utilizzo. E, altro paradosso che ne ridimensiona ancora più sostanzialmente la funzione di nucleo magmatico e reticolare su cui si deve fondare la smart era, manca ancora un sistema di competenze digitali in grado di confrontarsi coerentemente e organicamente con le sfide complesse e le problematiche multilivello che a essa si accompagnano. Manca ancora un sistema di competenze digitali in grado di confrontarsi coerentemente e organicamente con le sfide complesse e le problematiche multilivello che ad essa si accompagnano Inesistenza di procedure condivise e standardizzate per la conservazione della memoria digitale Uno dei più evidenti, ma stranamente poco percepiti riflessi di questi paradossi è l’inesistenza di una procedura condivisa e standardizzata a livello nazionale e internazionale per la conservazione della memoria digitale prodotta dalle smart societies, in grado di garantirne la trasmissione nello spazio e nel tempo. In Italia, secondo il recentissimo aggiornamento dell’AgID, «il sistema di conservazione garantisce autenticità, integrità, affidabilità, leggibilità e reperibilità dei documenti informatici, come previsto dal CAD (art.44)» (3) Nondimeno, nonostante le indicazioni dell’AgID, quotidianamente una mole impressionante di dati, che oggi sono le principali e spesso uniche rappresentazioni della conoscenza e veicoli di memoria dei processi evolutivi delle smart societies, ha vita limitata al solo istante della sua creazione, finendo immediatamente dopo dispersa per sempre. I dati più stabili sono resi inutilizzabili in meno di una generazione a causa della velocità con cui si rinnovano le tecnologie digitali per la fruizione e l’uso, perdendo la loro funzione valorizzante. ----(3) http://www.agid.gov.it/agenda-digitale/pubblicaamministrazione/conservazione, ultimo aggiornamento del 22 dicembre 2014. Non essendo più consultabili se non tramite strumentazioni rinvenienti da depositi di archeologia tecnologica (già oggi esistenti…), i dati perdono l’essenziale funzione di veicolatori di memoria della conoscenza e delle identità, e spesso, inutili e inutilizzabili, sono eliminati anche dai repository di conservazione, al fine di evitare la saturazione degli spazi. Milioni (miliardi?) di dati elettronici e digitali prodotti ogni giorno dai diversi livelli sociali, culturali, politici, economici, informativi, formativi, cognitivi, tecnologici delle smart societies sono irreversibilmente distrutti nel momento stesso della loro creazione, altrettanti dopo poco tempo senza che ne resti alcuna traccia né memoria nelle memorie di storage e preservation. A mero titolo esemplificativo, basti pensare alle diverse versioni che questo testo ha avuto già durante la sua composizione, tutte potenzialmente significative testimonianze del percorso della sua genesi, tutte irreversibilmente cancellate in un istante. Conservare la memoria del processo creativo hic et nunc Conservare la memoria del processo creativo, da intendersi esso stesso quale fenomeno socio culturale e identitario dilatato nello spazio tempo, sembra quasi non interessare più a nessuno: l’annullamento risulta sempre più metabolizzato quale teriaca, pure per molti sgradevole e indigesta, ma ugualmente indispensabile a un miglioramento della qualità della vita in realtà più supposto che non realizzato. Oggi la conoscenza si concentra sul prodotto finale, senza alcuna attenzione per la conservazione del processo di genesi, quasi come se si volesse ridurre l’esistenza stessa a un presente che non deve avere memoria del passato anche più recente, e non può essere memoria neanche per il futuro più prossimo. L’unica forma di valorizzazione autorizzata nella smart era sembra essere solo l’hic et nunc, in tutta la sua valenza estemporanea di immediato. Eppure, la nostra storia ultramillenaria ci dovrebbe insegnare che senza conservazione non c’è memoria, senza memoria non può esserci autentica valorizzazione, senza valorizzazione non c’è sostenibilità. Dunque, perché essa si concretizzi pienamente nel ruolo di veicolatore della memoria della smart era, diventa prioritario garantire non solo la conservazione dei dati, ma la loro permanenza “attiva” nello spazio e nel tempo. Solo in questo modo si garantirà la trasmissione di quello che, a ragione, è stato ribattezzato digital cultural heritage, inteso sia quale nuova prospettiva di conoscenza su temi quali l’identità, la cultura e il territorio della smart society, sia quale veicolatore di conoscenza del patrimonio culturale digitale da essa prodotto e di quello più “tradizionale” preesistente. Senza conservazione non c’è memoria, senza memoria non può esserci autentica valorizzazione, senza valorizzazione non c’è sostenibilità. Diventa prioritario garantire non solo la conservazione dei dati, ma la loro permanenza “attiva” nello spazio e nel tempo. LA SFIDA: LA RICERCA E L’INNOVAZIONE Ne consegue che la prima ed essenziale sfida da affrontare consiste nel costruire e consolidare una cultura digitale omogenea e condivisa, che abbia quale presupposto la conoscenza approfondita delle problematiche legate alla conservazione dei dati digitali, sulla quale ricalibrare i processi strutturali delle smart societies. Una sfida che, perciò, concentri la propria ricerca sulla co-creation di un sistema di conservazione che sia organico, omogeneo, condiviso e standardizzato sia a livello nazionale che internazionale, in grado di assicurare la valorizzazione e promozione della cultura digitale e del digital cultural heritage garantendone la trasmissione nello spazio e nel tempo. Una risorsa fondamentale in grado di contribuire sostanzialmente alla realizzazione del sistema delle competenze digitali necessario ad affrontare le sfide ancora aperte è l’ERIC DARIAH-EU, rete di eccellenza nella quale le migliori risorse della ricerca nazionale degli Stati UE partner concorrono a progettare e sviluppare metodi di ricerca partecipata sui temi “caldi” del digital cultural heritage. DARIAH è l’esito della riflessione “europea” ed “europeizzante” sul digital cultural heritage. È la prima risposta organica e strutturata all’emergenza di costruire una rete di saperi e di competenze condivise nei diversi settori di applicazione delle ICT alla conservazione, promozione e valorizzazione del patrimonio culturale e del digital cultural heritage, della quale l’Italia è stata partner fin dalla prima ora. In questi ultimi anni, infatti, l’Italia sembra finalmente essersi resa conto dell’importanza fondamentale che la promozione e valorizzazione del proprio patrimonio culturale rivestono per uscire definitivamente dalla crisi economica e riavviare la ripresa del Paese, ed è scesa in prima linea nel guidare iniziative e progetti di ricerca europei sul digital cultural heritage. Valga qui ricordare, tra i diversi importanti progetti di ricerca internazionali in corso, il progetto per la definizione di una Digital Cultural Heritage – Roadmap for Preservation coordinato dall’ICCU (4), o il consorzio ARIADNE impegnato a integrare in un’unica piattaforma le infrastrutture di dataset relative alla ricerca archeologica esistenti in rete. In questa direzione, un’azione strategica prioritaria che ogni Stato membro UE deve intraprendere è sostenere le attività di EUROPEANA, uno dei pilastri dell’Agenda Digitale Europea, e tutte le forme di aggregazione di contenuti culturali in essa oggi esistenti. ----- (4) http://www.dch-rp.eu/ Pianificare politiche formative condivise Nondimeno, al dinamismo della ricerca nazionale e internazionale, sebbene per lo più ancora affidato a singole iniziative pilota, spesso, malauguratamente, afflitte da grandi difficoltà a dialogare tra loro, in nessuno degli Stati UE corrisponde un pari dinamismo nell’intraprendere azioni di strutturazione di reti o sistemi che della ricerca si nutrono e sono a loro volta nutrimento per l’innovazione nella ricerca. Pertanto, se la sfida, o per meglio dire l’emergenza è oggi quella di rendere la smart era sostenibile valorizzandola tramite la conservazione della memora digitale nella memoria collettiva delle smart societies che ne sono parte costituente e integrante, diventa strategico, basilare e irrinunciabile attivare una serie di altre azioni, a livello sia strutturale che politico, tra le quali la più rilevante è senz’altro quella relativa ai sistemi formativi. Il Sistema formativo internazionale e nazionale, ed in particolare le Università italiane, infatti, segnano un notevole ritardo, quasi un blocco nel percorso di allineamento della propria formazione ai nuovi bisogni di conoscenza espressi dal cittadino della smart society e alle problematiche che essa porta con sé a corollario. Fatta eccezione per qualche felice progetto – ricordiamo il progetto DigCurV per sostenere la formazione professionale dei digital curators attivi nei settori afferenti al patrimonio culturale e per sviluppare nuove competenze essenziali per la conservazione a lungo termine delle risorse digitali –, si fatica non poco ad attivare sinergie tra le reti della ricerca e quelle della formazione per definire e attuare una programmazione che generi competenze capaci di affrontare in modo organico, condiviso e consapevole le sfide ancora aperte. Una programmazione che, peraltro, presuppone il concorso interdisciplinare e trasversale di diverse conoscenze culturali, scientifiche e sociali da mettere in campo in relazione alle complessità che la sfida digitale porta con sé. che mirino ad allineare le dimensioni formative nazionali nei settori del digital cultural heritage, inteso come l’insieme del patrimonio culturale della smart era, in un sistema di competenze organico e strutturato. Valutazione della ricerca nelle digital humanities Ormai non si può più negare che l’urgenza di programmare un sistema formativo in grado di formare competenze adeguate ad affrontare la costruzione, valorizzazione e sostenibilità della smart society con conoscenze e professionalità adeguate al livello della difficoltà che essa ancora presenta è ormai assurta a vera e propria emergenza, per la quale sono necessari interventi seri, organici e condivisi a livello strutturale, politico e istituzionale. Il primo, essenziale intervento deve riguardare una delle cause conclamate dei mali dell’università italiana: la ridotta capacità di rinnovarsi di pari passo con l’evolversi delle dimensioni culturali, sociali, economiche dei territori di riferimento e degli scenari nazionali e internazionali. In tale ottica va considerato di primaria importanza aprire il confronto volto a discutere e risolvere il problema della valutazione accademica della ricerca nelle digital humanities e di quella condotta con metodologie digitali in tutte le aree relative al cultural heritage. La ricerca in questi domini è ormai realtà nazionale consolidata da diversi anni: c’è, esiste, è condotta da centinaia di ricercatori rinvenienti dalle diverse aree del nostro sistema della ricerca la cui eccellenza e preparazione è riconosciuta e consolidata a livello internazionale, è documentata scientificamente, bibliograficamente e istituzionalmente. L’AIUCD, la Fondazione Rinascimento Digitale, le iniziative del MIBACT, le decine di progetti di ricerca internazionali nei quali l’Italia è stata ed è protagonista con le sue eccellenze sono tutte realtà che impongono come urgente la necessità di riconoscere alla ricerca nelle digital humanities e nel digital cultural heritage pieno e indiscusso valore accademico. Difatti, mentre negli Stati Uniti le associazioni disciplinari si preoccupano della valutazione della ricerca condotta con metodologie digitali e Stanford e UCLA hanno dipartimenti dedicati; mentre nel Regno Unito il King’s College e UCL si propongono come piloti a livello europeo con i loro dipartimenti dedicati alle digital humanities e al digital cultural heritage, in Italia questi domini ormai riconosciuti ovunque come strategici per lo sviluppo e l’evoluzione costruttiva delle smart societies sono ancora considerati “ibridazioni” non collocabili né associabile ad alcuna Area Scientifica o Settore Scientifico Disciplinare. Con buona pace degli studiosi e degli assai validi ricercatori delle aree biblioteconomiche, archivistiche, archeologiche, architettoniche, urbanistiche, artistiche, creative, letterarie, storiche, geografiche, antropologiche e demoetnoantropologiche, solo per citarne alcune, che da anni vi si dedicano con passione, professionalità e risultati di eccellenza internazionale. digital culture; digital FOR cultural heritage; digital AS cultural heritage Non si può continuare a fingere che questo non sia un vulnus scoperto nel sistema accademico nazionale. È ormai improcrastinabile la definizione dei criteri secondo cui la riflessione teorica nei domini delle digital humanities e del digital cultural heritage debba essere tradotta in risultati concreti sul piano accademico e di carriera. Va da sé che riconoscere pieno valore accademico alla ricerca nei nuovi domini della digital culture non può prescindere dall’associarvi un adeguato sistema formativo in grado di avviare la vera rivoluzione digitale, quella che deve portare alla progressiva co-creation di una cultura digitale reale, sostanziata, omogenea, condivisa, e quindi sostenibile nel tempo e nello spazio della memoria. Diventa perciò urgente intraprendere la co-creation di un sistema della competenze digitali trasversali, ma sinergiche e interdisciplinari, un “cloud” nel quale reti di cluster attivi nella ricerca e formazione sull’innovazione e lo sviluppo del digital cultural heritage, inteso come l’insieme del patrimonio culturale della smart era, cooperino alla costruzione dei saperi che, nel breve/medio termine, possano essere in grado di elaborare le giuste strategie di approccio e di risoluzione delle problematiche ancora aperte. Sul tema sembra giunto il momento per aprire un confronto europeo per evidenziare le buone prassi da considerare ai fini degli obiettivi posti e, partendo da queste, pianificare politiche condivise che mirino ad allineare le dimensioni formative nazionali in un sistema di competenze organico e strutturato, partendo proprio dai settori del digital cultural heritage, declinato nei tre livelli fondamentali: digital culture; digital FOR cultural heritage; digital AS cultural heritage. co-creation di un sistema della competenze digitali trasversali Un “cloud” nel quale reti di cluster attivi nella ricerca e formazione sull’innovazio ne e lo sviluppo del digital cultural heritage, cooperino alla costruzione dei saperi La digitalizzazione: un’opportunità per valorizzare il CH in forme innovative e creative Nel confronto si dovrà tener conto che in Europa, e in Italia in particolare, esistono non solo Università particolarmente attente al fenomeno, ma anche rilevanti Istituzioni di Cultura, pubbliche e private che nel loro insieme costituiscono un grande ed originale patrimonio della memoria del paese, impegnate non solo a conservare e a valorizzare i patrimoni culturali, ma anche a svolgere un ruolo di integrazione dell’offerta formativa universitaria e post-universitaria, nella prospettiva di contribuire alla formazione delle competenze per il Digital Cultural Heritage. Istituzioni culturali che da tempo hanno orientato le riflessioni verso usi innovativi delle risorse digitali nella consapevolezza che la digitalizzazione costituisce un’opportunità senza precedenti per far conoscere il proprio patrimonio, trasmetterlo, conservarlo per poterlo valorizzare utilizzandolo in forme innovative e creative. Una occasione rilevante per le Università, i Centri di Ricerca, le Istituzioni di Alta Formazione e di cultura italiane per partecipare a pieno titolo alla riflessione per un confronto nazionale ed europeo per evidenziare buone prassi, e per allineare le iniziative formative nei settori del Cultural Heritage alla nuova Strategia Europa 2020 e per porre la Cultura al centro della riflessione stessa per contribuire alla costruzione di quello Spazio Europeo della Cultura da tutti auspicato, per una Europa protagonista della Conoscenza, dell’Innovazione e della Cultura nel mondo. L’auspicio è che la nuova EUROPA assumendo tutte le funzioni della filiera della Conoscenza e della Cultura e quindi dei valori di civiltà, prenda in carico la ricerca e l’innovazione nel settore della cultura come costante riferimento della nuova Strategia E2020. Europa 2020 la ricerca e l’innovazione nel settore della cultura come costante riferimento per indirizzare l’Europa ad essere protagonista della Conoscenza, dell’innovazione e della Cultura nel mondo Protocollo d’Intesa stipulato tra il MIBACT e il MIUR Il recente Protocollo d’Intesa stipulato tra il MIBACT e il MIUR fornisce chiare indicazioni sulle modalità secondo i due Ministeri intendono attivare di concerto politiche di intervento funzionali al raggiungimento dell’obiettivo: «Le Parti, nell’ambito dei rispettivi compiti e funzioni attribuiti per legge, cooperano per migliorare, integrare e armonizzare la ricerca, i percorsi educativi nelle scuole, i percorsi formativi nelle Università, l’aggiornamento continuo del personale del MiBACT e degli enti e istituzioni di ricerca vigilati dal MIUR, la qualità della tutela, della conservazione e della valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, nonché il rilancio del turismo. La finalità è generare maggiori opportunità di lavoro per i giovani; rendere gli operatori e i funzionari del MiBACT parte attiva e partecipe delle trasformazioni scientifiche, normative, educative e culturali relative alle attività di ricerca, di tutela, di conservazione, di valorizzazione e di fruizione dei beni culturali e paesaggistici; formalizzare le nuove necessità scientifiche e professionali determinate da tali trasformazioni entro programmi formativi strutturati; incrementare in maniera significativa, sulla scorta di prime esperienze comuni in questa direzione, il tasso di lettura e di impiego delle risorse librarie presenti nelle varie biblioteche del Paese» (Art. 2, Finalità) Le direzioni sulle quali i due Ministeri si propongono di intraprendere la cooperazione hanno evidentemente quale obiettivo comune il superamento delle difficoltà di allineare il sistema formativo nazionale ai nuovi scenari proposti dalla smart society. Tali direzioni ruotano intorno ad alcuni fondamentali assi di orientamento: l’armonizzazione della formazione interdisciplinare, della formazione continua e dell’aggiornamento professionale nelle nuove discipline del management della cultura digitale e della conservazione, promozione e valorizzazione del cultural heritage per gli operatori del cultural heritage, della formazione universitaria per coloro che saranno gli operatori del domani. Digital Cultural Heritage, Arts and Humanities School Ne consegue un evidente assunto che segna nel sistema formativo una svolta imprevista fino a qualche tempo fa, ora determinante per l’evoluzione della smart society in smart era sostenibile: quelle che fino a qualche anno fa erano, a nostro parere pur sempre a torto, considerate le lauree deboli, oggi assurgono a elementi strutturali per la sopravvivenza stessa nello spazio e nel tempo delle smart societies, a tutti i livelli che le compongono. Essenziale supporto per il raggiungimento degli obiettivi fissati nel Protocollo è, quindi, creare un’infrastruttura che recepisca le istanze in esso declinate, senza sovrapporsi o sostituirsi al sistema formativo nazionale, ma in grado di velocizzare il processo di aggiornamento delle competenze ed erogazione dei contenuti, svolgendo compiti e funzioni di aggregatore in grado di accelerare il percorso di progettazione e attivazione dei percorsi formativi destinati ai differenti target di utenza individuati. In tale linea si pone il progetto pilota che nel febbraio di quest’anno ha prodotto l’avvio del percorso di realizzazione della prima Digital Cultural Heritage, Arts and Humanities School italiana www.diculther.eu : una rete che aggrega oltre cinquanta organizzazioni tra università, enti di ricerca, scuole, istituti tecnici superiori, istituti di cultura, associazioni e imprese pubbliche e private, con l’obiettivo comune di far nascere un’infrastruttura virtuale che, con la propria attività formativa non in conflitto, ma a integrazione di quella del sistema formativo nazionale, sia in grado di superare l’enpasse del sistema formativo nazionale e contribuisca a costruire quel sistema delle competenze digitali indispensabile al confronto sempre più articolato e complesso con la smart society. In tale direzione, la Scuola intende nel contempo fornire un modello italiano scalabile a livello europeo, che sia in grado di co-creare e diffondere quella cultura digitale abilitante la trasmissione e la valorizzazione nello spazio e nel tempo della memoria della smart global era. Digital Cultural Heritage, Arts and Humanities School: una rete che aggrega oltre cinquanta organizzazioni culturali italiane tra università, enti di ricerca, scuole, istituti tecnici superiori, istituti di cultura, associazioni e imprese pubbliche e private per contribuire a costruire quel sistema delle competenze digitali indispensabile al confronto sempre più articolato e complesso con la smart society. Digital Cultural Heritage, Arts and Humanities School La possibilità di un apprendimento flessibile, personalizzato attraverso lo sviluppo di un “campus virtuale”, può rappresentare, infatti, una grande opportunità per sviluppare e sperimentare un sistema di apprendimento collaborativo in rete, finalizzato a erogare contenuti e servizi formativi condivisi e innovativi in un settore cruciale per lo sviluppo del Paese. Una Scuola organizzata come un modello reticolare, caratterizzata da un’ampia distribuzione sul territorio nazionale ed internazionale di Poli Formativi baricentrati sulle Università a essa aggregate, che condivideranno tra loro funzioni, compiti e competenze tali da assicurare elevati standard di qualità, innovazione e flessibilità formativa, in risposta alle richieste di competenze digitali per la conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale tanto nel sistema pubblico che produttivo. I Poli, quindi, saranno costituiti in base al fare e al saper fare dei soggetti che li comporranno, definiti, con riferimento alle macro aree individuate dalla Scuola, in linee guida cui tutti i componenti dovranno conformarsi; concorreranno alla progettazione e realizzazione delle attività della Scuola secondo criteri di innovatività e in linea con gli obiettivi delineati dalla Scuola stessa; concorreranno a costituire la Scuola secondo il modello di “costellazione”, alla quale ciascuno di essi partecipa con proprio status giuridico/amministrativo. “Costellazione” a sua volta disciplinata e regolata da direttive condivise e sottoscritte da tutti i Poli Formativi. Apprendimento flessibile, personalizzato in un “campus virtuale”. Ampia distribuzione sul territorio nazionale ed internazionale di Poli Formativi baricentrati sulle Università a essa aggregate. Condivisioni di funzioni, compiti e competenze. VERSO UN MODELLO ITALIANO PER LA FORMAZIONE DELLE COMPETENZE NEL DCH «… In contemporary societies, citizens and diverse communities claim an active role in defining, reinterpreting and managing culture and cultural heritage. To understand and promote processes of co-creation in this domain, transdisciplinary research is needed for providing a comprehensive framework for the risk assessment, preservation and participatory management of cultural resources, based on a holistic, societal understanding of culture and cultural heritage». (Scoping Paper for Horizon 2020 Societal Challenge 'Europe in a changing world – inclusive, innovative and reflective societies’). Le attività dei Poli saranno unitarie negli obiettivi, nell’approccio e nel metodo, e saranno svolte in un’infrastruttura “senza pareti”, un “campus virtuale” costituito dalle organizzazioni culturali che vi aderiscono, attraverso l’attivazione presso gli stessi Poli di unità didattiche e percorsi formativi erogati in modalità blended e/o e-learning. Nella sua articolazione e organizzazione, e nella strutturazione che si darà, il progetto DiCultHer School si propone si assolvere a un triplice obiettivo: 1. diventare l’infrastruttura di supporto alla piena e sostanziale realizzazione degli obiettivi declinati nel Protocollo d’Intesa MIBACT-MIUR, contribuendo in modo sostanziale con la sua azione formativa alla creazione del sistema delle competenze digitali indispensabile alla efficace ed efficiente conservazione, gestione e valorizzazione del digital cultural heritage; 2. rispondere alla sfida ancora aperta nella smart society, contribuendo a garantirne la vita e la sopravvivenza nel tempo e nello spazio tramite la formazione di competenze adeguate alla salvaguardia e alla valorizzazione del digital cultural heritage; 3. proporre un modello italiano di buone prassi rispondente alle più recenti istanze europee delineate quali presupposti essenziali per favorire il processo di costruzione di una società meno diseguale, meno ingiusta, meno segregante, meno passiva, inclusiva, multiculturale, smart. Digital Cultural Heritage, Arts and Humanities School Obiettivi: Formativi: dotare i discenti di una serie di strumenti culturali e scientifici atti a stimolare l’interdisciplinarietà, l’inserimento in comunità di pratiche nazionali ed internazionali attraverso la partecipazione a progetti avanzati nel campo della conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale, delle arti e scienze umane digitali. Scientifici e sociali: sviluppare una cultura del digitale per la conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale nelle arti e scienze umane, sia per aggiornare coloro che già operano nelle organizzazioni culturali, sia per preparare le future generazioni in questo settore. La digitalizzazione, infatti, non è solo un fatto tecnico ma impone un ripensamento dei management models capaci di incidere sulla valorizzazione, sull'effettiva comunicazione e fruizione dell'arte e del patrimonio culturale. Principali indirizzi Scienze umane digitali: a questa linea afferirà l’informatica nelle discipline umanistiche (letteratura, filologia, filosofia, storia dell’arte, ecc.). Beni culturali digitali: a questa linea afferiranno le applicazioni informatiche ai beni culturali sia materiali (biblioteche, archivi, musei, patrimonio archeologico e architettonico), sia immateriali (beni demo-etnoantropologici). Arte e comunicazione digitale: a questa linea afferiranno le riflessioni teorico-pratiche sulla creazione artistica digitale (performing arts) e sulla comunicazione digitale (digital media, e-learning). Economia e management dell’arte e della cultura digitale: formazione orientata alla gestione del patrimonio digitale in un’ottica economico-sociale di promozione e diffusione della cultura e dell’arte, anche connesse al turismo. Design di sistema del Cultural Heritage: a questa linea afferirà la formazione per il design di un sistema di ri-funzionalizzazione del patrimonio come risorsa, bene comune e luogo di attivazione, attraverso il digitale, di una nuova “titolarità” e “presa in carico” da parte dei cittadini del Cultural Heritage. Piena integrazione tra la dimensione digitale, la formazione tecnico scientifica e la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale Un intervento formativo per Operatori culturali per: 1. Usi innovativi delle risorse digitali per: conoscerlo conservarlo trasmetterlo valorizzarlo 2. Rilanciare e innovare i progetti di digitalizzazione 3. e-book 4. Infrastrutture digitali 5. Social Sciences, Humanities and Cultural Heritage 6. Grandi sfide sociali 7. Europeana Recependo le istanze espresse nel Protocollo MIBACT-MIUR, nella prima fase di attività i progetti formativi elaborati dalla Scuola saranno destinati prioritariamente agli operatori del patrimonio culturale già attivi nelle organizzazioni pubbliche e private di ogni ordine, grado e tipologia orientate alla conservazione, tutela, gestione, valorizzazione e promozione del Cultural Heritage. In tale direzione, rilevante l’accordo siglato tra la Scuola e per la costituzione di un tavolo di partenariato permanente per la programmazione e lo sviluppo della formazione continua dei dipendenti delle imprese e le organizzazioni culturali del settore del Digital Cultural Heritage, assoggettate al “contributo integrativo” di cui all'art. 12 della legge n. 160/1975, e successive modificazioni ed integrazioni che includono, fra gli aventi diritto, anche i dipendenti delle Amministrazioni Pubbliche. Sul versante della formazione Tecnico Scientifica e tenuto conto delle indicazioni contenute nei provvedimenti in corso per la cosiddetta ‘La Buona Scuola’ per quanto concerne la piena integrazione tra la dimensione digitale, la formazione tecnico scientifica e la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale nazionale, le attività della Scuola saranno orientate nella individuazione di un modello italiano ed europeo di Istituto Tecnico Superiore basato sulle Digital Cultural Heritage. DigitalCultureCard Formazione integrata di qualità Verso un sistema di certificazione delle competenze acquisite univoco Sperimentazione di una: DigitalCultureCard Formazione in presenza e/o a distanza Comunità di pratica La formazione potrà essere erogata in presenza e/o a distanza, facendo ricorso a moduli/unità didattiche appositamente progettate e strutturate e all’attivazione di ambienti di apprendimento per la gestione di Comunità di Pratica (professionali ed interprofessionali). La Scuola utilizzerà l’approccio della formazione integrata secondo modelli di qualità e di valutazione rispondenti agli standard internazionali. Questo approccio postula un sistema di certificazione delle competenze acquisite univoco e spendibile in primis nella “rete” delle Istituzioni aderenti alla Scuola, ma anche e soprattutto spendibile a livello europeo ed internazionale. Sistema di certificazione delle competenze che vede la propria applicazione e concretizzazione nella DigitalCultureCard di riferimento della Scuola, intesa quale sistema per rappresentare e certificare, anche a livello internazionale, le competenze acquisite dagli allievi nei settori del DCH nell’ambito della rete e nelle organizzazioni/istituzioni/Poli che riterranno di adottarla, integrato da un sistema di servizi e accreditamenti coerenti allo scopo e agli obiettivi della Carta. A riguardo, e in via sperimentale, sarà avviata una pianificazione attenta sulle modalità di accreditamento sulla Carta dei CFU eventualmente rilasciati nell’ambito delle attività formative della Scuola quale certificazione delle competenze acquisite, al fine di definirli in relazione a quanto richiesto dal sistema occupazionale internazionale, e non solo nazionale. Laboratorio ITALIA-Matera 2019 Laboratorio come snodo valoriale per intraprendere attività a supporto della progettazione di iniziative in linea con gli obiettivi previsti nelle linee programmatiche di Matera 2019 e il recupero delle progettualità espresse dalle altre città candidate alla “capitale europea della cultura” Laboratori formativi sia tematici che interdisciplinari Saranno anche sperimentate nuove forme di erogazione delle attività formative integrate tramite la progettazione e realizzazione di Laboratori formativi sia tematici che interdisciplinari, strutturati secondo una duplice tipologia: 1. meta-contenitori virtuali di obiettivi strategici entro cui vari Poli, e con essi la Scuola quale loro aggregatore virtuale, attivano percorsi formativi secondo strategie e obiettivi chiaramente definite in precisi accordi di programma; dell'identità culturale collettiva (in particolare immateriale) nella fase post sisma. 2. idee, progetti, iniziative formative di singoli Poli elaborate in funzione di obiettivi predeterminati, da svolgere nell’alveo delle attività della Scuola e in autonomia, ma secondo le linee guida e le strategie condivise con l’infrastruttura. Garanzia Giovani e il Digital Cultural Heritage Ma anche per indirizzare e responsabilizzare le politiche giovanili come l’iniziativa Garanzia Giovani verso progetti d’interesse nazionale sul Digital Cultural Heritage. L’Aquila: Ricostituzione