band: faun fables

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SENTIREASCOLTARE
http://www.sentireascoltare.com/preview.php?s=review&review_id=2659
In Stephen McBean convivono due anime e in ciò non vi è nulla di male, dal momento che
colossi come Neil Young sulla schizofrenia artistica hanno eretto un'intera carriera. Il problema,
nel caso specifico, si pone allorché il lato più muscoloso e ridondante cade preda di una serietà
che non può più appartenere a certi generi, da tempo consegnati alla pattumiera della Storia.
Parliamo ovviamente di quello che, di norma, viene considerato il progetto principale del
Nostro, quei Black Mountain portati in palma di mano grazie al celebrato In The Future. Che a
noi non piacque, lo ricorderete: appesantito da seghe prog e banalità hard '70 ci spinse a
invocare il pronto ritorno dei riflessivi Pink Mountaintops. Diciotto mesi di preghiere dopo,
Outside Love scrive il terzo capitolo di un romanzo interessante per come rimesta la
pluridecennale storia del rock e ne cava un‟identità artistica. Dei suoi predecessori assaporavi
la sintesi di folk stralunato e riverberi noise in bassa fedeltà, la fusione tra Stooges e Velvet al
cospetto di Jason Spacemen e Julian Cope. In essi la citazione non scadeva nella copia
conforme, prevaleva l‟incrocio e la penna mostrava costituzione sana e robusta.
Cosa che si ripete anche qui con immutata freschezza, nonostante il dispiego di ingenti forze
(una dozzina i musicisti impiegati: spiccano elementi della Montagna Nera, la sirena Jesse
Sykes e il suo chitarristico braccio destro Phil Wandscher, Sophie Trudeau di A Silver Mt. Zion),
un John Congleton più del solito misurato al mixer e l‟aria da disco “importante”. Le medesime
premesse della frittata In The Future, sostanzialmente, tuttavia - merito dell‟ambito stilistico di
lignaggio colto e della sua saggia gestione - ascoltate stavolta canzoni salde e convincenti,
collocabili in una landa attigua al gospel sonico degli Spiritualized, all‟acid-rock morbido
precursore dello shoegaze e a talune rustichezze country. Più America(na) che si rivolge ad
Albione che viceversa ed ecco la differenza rispetto al passato: perché se Axis: Thrones Of
Love ed Execution sono i Jesus & Mary Chain di Darklands prodotti da Phil Spector, While You
Were Dreaming restituisce dei Mazzy Star chiesastici; se Come Down immagina un sereno
Micah P. Hinson, Vampire è una Queen Jane Approximately natalizia figlia di After The Gold
Rush. Perché se Outside Love si porge oceanica con gusto, Bill Callahan potrebbe far causa per
And I Thank You. Per una The Gayest Of Sunbeams che martella sul classico asse
Velvet/Suicide/Modern Lovers, il commiato soul Closer To Heaven non varca la soglia del
kitsch.
Perdonateci lo spreco di nomi eccellenti, nondimeno sappiate che il gioco dei rimandi è qui non
solo inevitabile ma addirittura parte della magia. Ancora irrisolta, peraltro, poiché l‟album
conferma questo lato del talento di un McBean vieppiù trincerato dietro lo scaltro riassunto di
tre lustri di (indie) rock. D‟altra parte è l‟ennesimo erede del riflusso culturale o, almeno, tale è
l‟idea di sé che vuole restituire, acuta e spruzzata di salutare sarcasmo. Se ci sia o ci faccia, è
sentenza che lasciamo ai posteri.
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ONDAROCK
http://www.ondarock.it/recensioni/2009_pinkmountaintops.htm
Pink Mountaintops, progetto parallelo di Stephen McBean (già titolare dei Black Mountain),
approda con “Outside Love” - il terzo lavoro su lunga distanza - a un rafforzamento d‟intenti.
Se con il disco omonimo (2004) e “Axis Of Evol” (2006) il nostro presentava una facciata da
factotum, “Outside Love”, di nuovo un concept su amore e sesso (stavolta dal punto di vista di
un inesistente romanzo d‟appendice) apre il suono a una band ad hoc. Assieme al leader ci
sono così Ted Bois, Tolan McNeil, Keith Parry, Joh Stevenson, Joshua Wells e la vocalist Ashley
Webber (la controparte femminile del canto di McBean).
Soprattutto, in quest‟album McBean riesce a stabilire più correttamente i confini tra pop a
cappella alla Polyphonic Spree (“Holiday”, “Execution” e “Come Down”, troppo basate su liriche
verbose), sing-along (“Thrones Of Love”) e ballate soporifere a due voci (“Outside Love”),
madchester sound (“The Gayest Of Sunbeams”) e folk-pop lisergico (“While You Were
Dreaming”).
Se “Vampire” fa il verso ai Rem di “Automatic For The People”, il McBean più sincero si trova
forse in un paio di lenti lounge sudisti, quali “Closer To Heaven” e il vecchiume Johnny Cashiano di “And I Think You”.
Operetta rock di brilla poetica corale e estetica ruspante, attempata, con una goccia di
retronuevo. La miscela, specie per debolezze di scrittura, in più di qualche brano non dà
risultati. McBean bussa a tante porte senza aprirne alcuna. (5/10)
FREEQUENCY ONLINE
http://www.freequency.it/recensioni/1424/pink-mountaintops-outside-love-jagjaguwar/
Che suono potrebbe avere uno dei tanti, zuccherosi romanzi à la Danielle Steel? La ragione
spingerebbe a pensare alle carezzevoli “pene d‟amor perduto” in salsa pop di una Celine Dion.
L‟istinto, invece, si spinge ben oltre. Come dimostra Stephen McBean, già frontman dei Black
Mountain, che sperimenta, sotto il nome di Pink Mountaintops, un accostamento tanto
rischioso quanto affascinante: frasi melliflue da involucro di cioccolatini avvolte da nebbia indie
rock rétro, ronzante e monotona, crepuscolare e apatica, illuminata da sottili bagliori
psichedelici, che spazia da Neil Young ai Velvet Underground. Lo scopo? Scavare nell‟animo
umano, riportando in superficie inevitabili tormenti sepolti sotto strati di melassa. Grazie alla
collaborazioni di amici di vecchia data, da Sophie Trudeau a Jesse Sykes, Ashley Webber e Phil
Wandscher, fino ai suoi Black Mountain, McBean costruisce un lavoro sospeso tra buio e luce,
letargia ed energia, che si nutre di lievi contrasti, come gli accenti vagamente glam di Axis:
Thrones Of Love, le variazioni acid-folk di Vampire, gli sconfinamenti country di And I Thank
You, le piccole scintille dance di The Gayest Of Sunbeams e la serafica, corale tradizione di
Closer To Heaven. Ironia, sensibilità, solarità e un pizzico di indolente depressione fanno del
rosa il nuovo nero! (4/5)
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INDIE-EYE
http://www.indie-eye.it/recensore/2009/05/the-pink-mountaintops-%E2%80%93-outsidelove-jagjaguwar-2009/
Stephen McBean ce l‟ha sempre raccontata. Ha sempre dichiarato che le sue canzoni non
vengono scritte pensando a un progetto in particolare, ma possono essere ugualmente
pubblicate su una qualsiasi delle due band di cui detiene la ragione sociale: i Pink Mountaintops
e i Black Mountain. Che ci fosse una differenza di suono tra i due gruppi (direttamente
riconducibile ai colori di riferimento) era assolutamente evidente, tuttavia piaceva credere che
la „materia rock‟ potesse prendere una o l‟altra direzione quasi a prescindere dalle intenzioni
del proprio autore. „Outside Love‟, nuovo e terzo album appena pubblicato da Jagjaguwar,
sgombra il campo da qualsiasi equivoco consegnandoci dieci canzoni di psichedelica soft
(quella heavy e progressiva resta dunque appannaggio di Black Mountain) improntata a un
„rock‟ più tradizionale rispetto al passato che attinge direttamente e soprattutto alle fonti: da
Neil Young ai Pink Floyd, dagli Stones di „Exile On Main Street‟ ai Velvet Underground. Rispetto
ai classici citati, il suono dei Pink Mountaintops continua ad essere più dilatato e soffice anche
se a differenza del passato – in particolare rispetto all‟omonimo debutto – qui suona tutto un
po‟ meno droghereccio e un po‟ più (ri)pulito. Anzi, eliminati i riferimenti new-wave una volta
ricorrenti (bisogna arrivare alla penultima canzone dell‟album „The Gayest Of Sunbeams‟ per
trovare un brano che faccia pensare a Jesus And Mary Chain), „Outside Love‟ suona meno
oscuro e a tratti addirittura inaspettatamente solare o forse, come recita una indovinata
definizione della loro etichetta, suona più semplicemente come „being depressed in the
sunshine‟. Non una svolta dunque, ma comunque un cambio di rotta che personalmente saluto
con favore, per merito di canzoni brillanti e intense che mettono definitivamente in primo piano
le doti compositive di Stephen: „Execution‟, „Vampire‟, „Holiday‟ e „And I Thank You‟ i titoli di
alcuni tra i brani più riusciti di un album che ci riconsegna in splendida forma uno degli autori
più prolifici e ispirati degli ultimi anni.
DISCOCLUB65
http://www.discoclub65.it/index.php?option=com_content&task=view&id=2847&Itemid=36
Stephen MacBean, padre padrone di Pink Mountaintops, è un freak nel senso americano e anni
‟70 del termine. Apparenza trasandata, aspirazioni musicali “cosmiche”, Stephen lavora per lo
più in comunità, circondandosi per le sue molteplici avventure di collaboratori e amici in
quantità. Entrambi cromatici e naturalisti, i suoi progetti più stabili sono Black Mountain e Pink
Mountaintops. Il primo è un monolite di rock classico. Il secondo, e veniamo a noi, una
creatura più libera e sfuggente. In questo (terzo) album la musa scostante di SMcB prende la
forma di ballate country, ora virate gospel, ora sfigurate da distorsioni elettriche, ora mutate in
assalti proto punk dal suono „60. Sembra un minestrone. Non lo è grazie al talento e alla
visione del protagonista. Una benvenuta anomalia.
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INDIE-ZONE
http://www.indie-zone.it/read.asp?id=1787
Pink Mountaintops è il progetto solista di Stephen McBean, chitarrista e cantante canadese, già
attivo con i Black Mountain. Per la terza uscita con questo nome, il nostro si è circondato di
amici e colleghi da tutta la scena alternativa e post-rock della zona: le voci femminili, in
particolare, si sprecano, dalla cantautrice Jesse Skyes ad Amber Webber (sua compagna nei
Black Mountain). L'album tradisce dall'inizio la grande ammirazione di McBean per il rock
alternativo dei tardi anni '80: Axis: Thrones of Love, Execution, o The Gayest of Sunbeams
mostrano debiti più che evidenti, facendo gran sfoggio di quelle rarefatte atmosfere shoegaze
che tanto sono tornate di moda ultimamente. Tuttavia, a parte la traccia iniziale -una Just Like
Honey ingentilita da un tocco orchestrale alla Arcade Fire-, è tutta roba che lascia poca traccia
nella mente dell'ascoltatore. Non che chi scrive disprezzi la scelta delle influenze dei Pink
Mountaintops, intendiamoci: per dirne una, se è innegabile il forte richiamo ai Mazzy Star nella
delicatezza eterea di While You Were Dreaming, è altrettanto innegabile che quello sia uno dei
migliori episodi del disco.
Altre volte invece, McBean sembra lasciar prevalere le sue radici più tipicamente americane e
folk, sfornando melodie lente e dolenti, alcune non banali, quasi tutte condite da un tocco di
modernità. Su questo fronte troviamo il duetto And I Thank You, che forse Isobel Campbell
potrebbe voler saccheggiare per la sua prossima uscita con Mark Lanegan. Il mix di atmosfere
psichedeliche e chitarre crepuscolari funziona in certi casi (Vampire, con il violino straziante di
Sophie Trudeau) meglio che in altri (Come Down), ma nel complesso regge.
Perciò la prego, Mr. McBean, non smetta di fare dischi. Tutti abbiamo bisogno di canzoni
malinconiche scritte in modo intelligente, anche quando non ci dicono nulla di veramente
nuovo. Ci siamo accorti che spesso prende qualche suono qua e là, ma, insomma, è un peccato
veniale in questi tempi senza idee, no? (3,5/5)
BEAT MAGAZINE ONLINE
http://www.beatmag.it/beat_receinterna.php?id=2030
Gradito ritorno di Staphen McBean (dei Black Mountain), che torna con il terzo album dei Pink
Mountaintops. Un lavoro curato in ogni dettaglio, negli arrangiamenti, nei cori che consolidano
le canzoni. Una cura peculiare senza sbavature, dieci canzoni che parlano di amore e odio
come in una novella di romantica di Danielle Steele. Quanto è profondo il tuo amore? Vorrei
morire per salvare la tua anima… questi sono solo alcuni dei passaggi lirici proposti da “Outside
Love” e sottoposti all‟analisi del pubblico. Atmosfere misteriose che costituiscono un dipinto
dalle tinte oscure, che in alcuni passaggi presenta dei segni cromatici più forti. Un lavoro
avvincente per le musiche e per i testi.
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LIVEROCK
http://www.liverock.it/tuttarec.php?chiave=1007&chiave2=Pink^Mountaintops
Da attività da dopo lavoro al di fuori dei Black Mountain, Stephen McBean ha finalmente fatto
dei Pink Mountaintops qualcosa di più definito. Si è circondato, innanzitutto, di una band vera,
la quale ha liberato McBean dalla necessità di doversi occupare di ogni cosa. Con dei musicisti
alle spalle e un autore che, finalmente, può occuparsi a tempo pieno di scrittura, i Pink
Mountaintops sono finalmente un gruppo a tutti gli effetti e la differenza si nota. Il precedente
disco, quel “Axis of evol” di tre anni fa, non era un bel disco. Nessuno dei brani proposti aveva
un particolare afflato e il tutto difettava davvero di concretezza. In “Outside love”, invece, si
percepisce apertamente la presenza di un progetto più compiuto, con obiettivi chiari: i dieci
brani puntano, anche se lungo sentieri diversi, verso un comune traguardo e la presenza di un
concept (tutti i brani dovrebbero far parte di un romanzo à la Danielle Steele inesistente) è
certamente sintomo di un‟idea più definita. I difetti dei Pink Mountaintops, però, rimangono:
McBean sembra voler toccare quanti più materiali possibili, sfiorando stili e generi disparati,
non riuscendo però a focalizzarsi al meglio su nessuno di questi. Si parte dal folk elettrico di
Axis: thrones of love e si può arrivare fino all‟alt-country che lambisce gli Okkervil River di
Vampire. Nel mezzo anche un momento quasi shoegazing, sulla scia dell‟ultimo Magnetic
Fields, in Execution, un passaggio r‟n‟r nella tirata The gayest of sunbeams e qualche brano più
classico come Holiday e And I thank you. Il lotto di canzoni, però, non supera mai un‟onesta
medietà, pagando la volontà di voler dire tutto subito. E‟ caratteristica comunque frequente nei
dischi d‟esordio, perché per certi versi “Outside love” è il vero esordio dei Pink Mountaintops.
INDIEFORBUNNIES
http://www.indieforbunnies.com/2009/06/10/pink-mountaintops-outside-love/
Terzo capitolo del romanzo Pink Mountaintops, proiezione laterale dell‟inesauribile Stephen
McBean, già impegnato nei Black Mountain. Per l‟occasione il nostro eroe ha optato per uno
stile piuttosto diretto, coniugando alla sempre presente psichedelia un approccio rock classico,
cesellando con cura un lavoro che lascia trasparire un timido ottismo di fondo.
Analizzando l‟album in dettaglio è possibile scorgere la molteplicità d‟intenti ed influenze che
avvolgono “Outside Love”. Dalle ballate southern (“And I Thank You” e “Closer to Heaven”) ad
incursioni folk (“While You Were Dreaming”) passando per citazioni new wave (“The Gayest of
Sunbeams” fa tanto Jesus and Mary Chain) è un piacevole fluire tra duetti vocali con la
controparte femminile Ashley Webber e dilatazioni spaziali a velocità ridotta. Rispetto alle
uscite precedenti l‟offerta è stata ritoccata, soffocando le divagazioni più allucinate per
adottare uno stile più allineato coi canoni rock: la scelta fa sì breccia nei timpani
dell‟ascoltatore, ma fatica non poco a toccarne le corde emotive, lasciando più volte
l‟impressione di un lavoro incompiuto.
Peccato perchè le basi per passare da una mera sufficienza a vette qualitative di ben altro
spessore ci sono tutte. Alla prossima Stephen!