scarica la relazione
Transcript
scarica la relazione
IL LATTE MATERNO: UNO STRUMENTO DI EDUCAZIONE ALIMENTARE Il latte materno può essere considerato il risultato di milioni di anni di evoluzione, finalizzata a fornire al neonato tutti i nutrienti (carboidrati, grassi, proteine, vitamine e sali minerali) di cui ha bisogno per una sana e corretta crescita. L’allattamento esclusivo al seno è perciò raccomandato per i primi sei mesi di vita del bambino dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il latte materno e l’allattamento al seno costituiscono la norma biologica della nostra specie; raramente ci chiediamo perché abbiamo i polmoni per respirare, ma spesso ci chiediamo perché i bambini vengono allattati dalle loro madri. La natura ha creato meraviglioso meccanismo grazie al quale tutti i mammiferi si nutrono, per un periodo della loro vita variabile a seconda della specie, con un alimento unico, completo, ecologico, e formulato specificamente per le necessità di crescita del piccolo. Solo dopo, e gradualmente, tutti i piccoli mammiferi iniziano a nutrirsi di altri cibi e diventano autonomi, abbandonando il latte della mamma. Oggi si è compreso che il rapporto fra alimentazione e salute è molto più complesso: non basta solo l’assunzione di una certa quantità di calorie, di proteine, grassi e micronutrienti per essere sani, ma sono importanti anche la qualità dei cibi che assumiamo, le modalità di preparazione e le varie combinazioni alimentari, nell’ottica di prevenire importanti malattie degenerative. Ci si è resi conto che le pratiche alimentari hanno effetti biologici importanti sull’organismo, effetti che si manifestano solitamente a lungo termine. In questo senso, è opinione ormai accettata dalla scienza che l’alimentazione nei primi anni di vita possa agire come vero e proprio agente di programmazione, ovvero “quel processo per cui uno stimolo, in positivo o in negativo, quando agisce durante un intervallo critico nel primo periodo della vita, ha conseguenze a medio o lungo termine per la struttura o le funzioni dell’organismo Latte materno: lo standard d’oro. Sicuro, sano, sostenibile. Sicuro: Il latte materno è molto più di un cibo: è un tessuto vivo con molti fattori immunitari che danno al bambino una protezione continua, attiva contro le infezioni, quando l’organismo del bambino non è ancora in grado di proteggersi da solo. Nei primissimi giorni dopo la nascita, la mamma fornisce al bambino l’immunizzazione adeguata con il colostro, molto ricco di anticorpi. La quantità di colostro è piccola, ma è esattamente ciò di cui un bambino ha bisogno in questo momento. I bambini allattati al seno in maniera esclusiva (cioè senza ricevere niente altro, neppure acqua) si ammalano meno frequentemente. I bambini alimentati artificialmente o con allattamento misto si ammalano molto più spesso di diarrea, polmoniti e altre infezioni. Sano: Il latte materno contiene le giuste quantità di calorie, proteine, vitamine e altri nutrienti di cui necessita il bambino per i primi sei mesi di vita, e anche tutta l’acqua di cui ha bisogno. Le sostanze nutritive sono di qualità specie-specifica (cioè adatte ai bebè della propria specie) e pertanto ogni altro cibo o latte fornirà sostanze meno digeribili. Quando crescono, i bambini non allattati sono più frequentemente sovrappeso rispetto a quelli allattati, hanno una maggiore incidenza di allergie e punteggi mediamente più bassi nei test intellettivi. Sostenibile: Ogni madre può assicurarsi una produzione continua di latte perfettamente adeguato nutrendosi con qualsiasi assortimento di cibi, per quanto semplici. Non c’è bisogno di preoccuparsi per il costo dei latti formulati o di altro latte. Quali sono i vantaggi dell’allattamento prolungato BENESSERE FISICO PER IL BAMBINO Per quanto riguarda il bimbo è sempre stato noto come il latte materno protegga i fragili neonati da pericolose infezioni, ma oggi sappiamo anche che riduce il rischio di insorgenza di numerose patologie immunomediate come la celiachia, il diabete, la sclerosi multipla, le allergie l’allattamento materno è particolarmente adatto per soddisfare i bisogni alimentari ed emotivi del bambino: - meno soggetti a malattie respiratorie,gastroenteriti, otiti, meno ricoveri ospedalieri rispetto ai bambini alimentati con latte artificiale; - l’allattamento al seno è associato ad una minore incidenza di allerigie e obesità. - poppare al seno favorisce nel bambino un più corretto sviluppo della struttura mandibolare e delle arcate dentarie; È purtroppo noto come la mortalità entro i 5 anni di vita sia uno dei problemi più gravi e vergognosi che il mondo si trova ad affrontare; Uno studio ha individuato gli interventi di tipo preventivo e i trattamenti fondamentali che dovrebbero essere messi in atto: fra i primi l’allattamento al seno figura come il principale mezzo per salvare vite umane; Come è possibile questo? Oltre agli effetti anti-infettivi dell’allattamento, di cui parleremo più avanti, è fondamentale il suo effetto contraccettivo. Il LAM è estremamente sicuro, potendo raggiungere un’efficacia del 98,4% durante i primi sei mesi di vita del bambino e fino al 92% nei successivi 6 mesi14. Come funziona? Per i primi sei mesi, i requisiti che devono essere soddisfatti riguardano la frequenza delle poppate e l’esclusività dell’allattamento: se il bambino non riceve altro cibo che il latte materno, se alla mamma non è ricomparso il ciclo e se gli intervalli fra le poppate non superano le trequattro ore, anche la notte (numero delle poppate non inferiore a 8-10 nelle 24 ore), la protezione è massima e raggiunge quella degli anticoncezionali orali. Successivamente, dal momento in cui il bambino inizia ad assumere i cibi solidi, il metodo non è più al massimo livello di efficacia, ma molte madri che allattano frequentemente senza lunghe pause durante la notte hanno potuto constatare come il ciclo mestruale possa ricomparire anche dopo un anno o due, e talvolta anche più. Come risulta evidente c’è un forte collegamento fra mortalità entro i 5 anni e numero di figli pro-capite. Aiutando a distanziare le nascite, l’allattamento può contribuire sensibilmente ad abbassare la mortalità dei bambini I motivi sono vari: - effetto preventivo delle infezioni, - ridurrebbe il rischio di SIDS (la sindrome della morte improvvisa che colpisce i lattanti) e - le mamme che allattano passano più tempo a stretto contatto con i loro bambini, dormendo spesso con loro per almeno parte della notte e tenendoli maggiormente in braccio; questo sembra avere un effetto protettivo BENESSERE FISICO PER LA MAMMA Innanzitutto l’allattamento riduce il rischio di patologie nella mamma come l’osteoporosi, ma anche il tumore al seno e all’ovaio e il livello di questa protezione è proporzionale alla durata complessiva degli allattamenti di quella donna. Non reggono ad un’analisi scientifica seria i timori che l’allattamento al seno sia nella donna causa di depressione dopo il parto. Per alcune donne l’allattamento al seno può implicare qualche problema fisico al seno o un disadattamento al nuovo ruolo materno, ma allo stesso tempo anche un documentato rafforzamento del ruolo materno e dell’autostima, in direzione contraria alla depressione. Da ultimo dobbiamo ricordare come allattare al seno è compatibile con un moderno stile di vita, che preveda l’attività fisica e sportiva (che aumenta la produzione di latte, senza impoverirne la composizione), le uscite sociali fuori di casa (il latte è sempre pronto ed alla giusta temperatura), l’attività sessuale senza rischio di nuova indesiderata gravidanza (è compatibile con l’assunzione della pillola), l’assunzione di farmaci quali antibiotici o antidolorifici per curarsi. Diversi benefici sussistono anche per la madre: - allattare subito dopo il parto favorisce il ritorno dell’utero alle sue dimensioni prima della gravidanza e previene le emorragie; - il latte materno non richiede preparazione né sterilizzazione. Gratis e dovunque, è sempre pronto alla giusta temperatura; - l’allattamento facilita la perdita dei chili in più presi durante la gravidanza; ASPETTI PSICOLOGICI Oltre ai vantaggi dal punta di vista strettamente medico, non dobbiamo dimenticare quelli di tipo emotivo e relazionale: il bimbo che ha bisogno di succhiare e di star vicino alla mamma si staccherà quando sarà pronto a farlo, portando con sé un bagaglio di esperienza e sicurezza impagabile. La nascita è un distacco dall’altro, simboleggiato dal taglio di un cordone che lega. E con la nascita non si sperimenta certo autonomia, bensì dipendenza, anzi attaccamento. Per continuare a vivere, è necessario che il bambino stia adagiato sul corpo caldo della madre e attaccato al seno che nutre,altrimenti senza latte e senza calore muore (Andreoli, 2007). Il Bonding è il termine inglese per indicare la costruzione di un LEGAME, un attaccamento, una relazione interpersonale intima tra i membri della famiglia o con gli amici. L’attaccamento serve al neonato per garantirsi la sopravvivenza, dato che nelle prime fasi dello sviluppo e nei primi anni di vita è completamente dipendente da una figura che sia in grado di fornire cibo e cura. L’attaccamento è una funzione primariamente emotiva. Nei primi giorni di vita le necessità del bambino sono legate principalmente alla soddisfazione delle esigenze corpore e quindi alla regolazione delle necessità biologiche di cibo, acqua e di una condizione ottimale di temperatura. Il bambino comunica attraverso gesti e suoni e fin dalle prime settimane di vita è in grado d’instaurare un legame attivo con la madre. Il pioniere della teoria dell’attaccamento è stato lo psichiatra inglese Bowlby e gli studi di Harlow sulle scimmie hanno dimostrato l’importanza di sviluppare un attaccamento sicuro con una figura di riferimento efficace ed accudente. Infatti, nel classico esperimento di Harlow venivano prese delle scimmie appena nate e venivano messe in una stanza in cui c’erano due figure metalliche con caratteristiche simili a quelle materne (occhi e viso) che fornivano il nutrimento al cucciolo attraverso un biberon posizionato all’altezza del seno. Le due figure metalliche si differenziavano dal fatto che una era rivestita da un panno simile alla pelliccia, che quindi dava anche calore, rispetto all’altra che era una semplice struttura metallica. I cuccioli di scimmia tendevano a scegliere la struttura con la pelliccia rispetto a quella metallica. L’importanza di sviluppare un attaccamento con una figura che oltre a fornire cibo e calore sia in grado di stimolare emotivamente il cucciolo viene evidenziata dall’osservazione successiva della crescita e dello sviluppo delle scimmie “cresciute” dalle madri-simulacro. Infatti le scimmie, divenute adulte, erano incapaci di socializzare come le altre scimmie, incapaci di formare coppie, anedoniche, letargiche, depresse, spesso isolate, ansiose e chiuse in se stesse, aggressive, impulsive e imprevedibili e incapaci di crescere altri cuccioli. L’allattamento al seno rappresenta un momento fondamentale nel bonding e nella costruzione di un legame di attaccamento in grado di soddisfare non solo le esigenze fisiche, ma anche quelle emotive, altrettanto necessarie per lo sviluppo sano di un bambino. L’allattamento al seno favorisce il contatto fisico, il contatto olfattivo ed anche il contatto visivo tra la madre ed il bambino; durante l’allattamento si sviluppa sincronia ed il bambino sente il battito cardiaco che l’ha accompagnato per nove mesi. L’allattamento materno rappresenta non solo una modalità nutritiva, ma anche una modalità di relazionarsi con il proprio bambino. Inoltre, durante l’allattamento il corpo della madre produce ormoni che favoriscono il rilassamento e la serenità, e che aumentano l'istinto materno e il legame affettivo con il bambino. Un attaccamento sicuro favorisce uno sviluppo sano del bambino caratterizzato da un progressivo distacco dalla dipendenza all’autonomia affettiva, dall’allattamento (nutrimento passivo) all’alimentazione (nutrimento attivo), attraverso il controllo degli sfinteri ed il prendersi cura del proprio corpo; inoltre il bambino sano passa dall’egocentrismo alla socievolezza e dal corpo al gioco allo studio/lavoro. Attraverso il legame madre bambino il bambino impara a socializzare ed a relazionarsi con l’altro. Un allattamento ben riuscito può accrescere la sicurezza della madre e l'adattamento al ruolo materno, oltre che favorire l’instaurarsi di un legame emotivo duraturo, “bonding”, con il proprio bambino. Britton et al. hanno suggerito, inoltre, la presenza di una correlazione tra allattamento materno ed attaccamento sicuro ad 1 anno di vita del bambino e comunque la presenza di una maggiore sensibilità nei confronti del bambino. Nei primi giorni di vita la relazione madre-bambino è una relazione esclusiva ed è la madre che ha in esclusiva la funzione di contenere ed orientare lo sviluppo psicoemotivo dei figli. Col passare dei mesi questa funzione diventa della coppia genitoriale e viene assolta anche dal padre. L’alimentazione, com'è noto, oltre a provvedere al soddisfacimento del bisogno fisiologico della fame, è carica di valenze psicologiche. Essendo il cibo il primo rapporto che il bambino ha con il mondo, particolarmente studiata è stata la modalità con la quale il neonato viene alimentato. Così, per Winnicott, l’allattamento al seno rappresenta la prima forma di comunicazione in grado di condizionare le successive esperienze comunicative e relazionali. Non si tratta semplicemente di offrire del latte ma di creare un legame. Tutto ha inizio dal neonato che necessita immediatamente di instaurare una relazione con la mamma durante l’esperienza della nutrizione. Si tratta in sostanza di piccole percezioni - il contatto con la pelle, il calore, l’odore, il suono della voce – che cominciano a dare un senso alla vita del bambino. Tanto più questo contatto si verifica in modo armonioso, lontano da situazioni caotiche e stressanti, tanto più il piccolo riceverà sensazioni di un mondo esterno sereno che vale la pena di essere esplorato e vissuto. Come in una specie di danza i due corpi si fondono fino a creare un ritmo, una musica alla quale non è dato accesso al mondo esterno. L’accudimento della prole, che esiste in tutti i mammiferi e che prende il nome di “cura parentale”, ha significati ben precisi nella nostra specie così come nelle altre, e il come queste cure avvengono avrà delle conseguenze a lungo termine sullo sviluppo e sulla salute psico-fisica dell’individuo. È noto che l’essere umano è, fra i mammiferi, quello che nasce più immaturo dal punto di vista neurologico, e che come molti primati partorisce cuccioli non autosufficienti, che nel passato (e ancora oggi in molte popolazioni), venivano portati in braccio, solitamente sul fianco dell’adulto, per mesi o anni. In più, il latte umano è a basso contenuto di proteine e facilmente digeribile, composizione ideale per un ritmo frequente di piccoli pasti. Per tutti questi motivi, il bebè, ogni bebè, si aspetta da parte della madre molto contatto fisico e poppate regolari (secondo la propria regola!), sia di giorno sia di notte, e questo lo aiuta a svilupparsi in maniera sana e a maturare l’apparato neurologico e il sistema immunitario, oltre che la stima di sé. Di fatto, allattare in modo naturale, e cioè a richiesta e a lungo, implica di per sé un tipo di interazione fra madre e figlio che risponde in maniera perfetta a tali bisogni fisiologici e psicologici di intimità e scambi reciproci continui. Abbiamo già accennato a come gli ormoni prodotti durante la lattazione aiutino la donna a vivere con serenità il rapporto così esclusivo che si forma fra mamma e neonato, rapporto che dura con quest’intensità per i primi sei mesi, e poi fino allo svezzamento, per evolvere in seguito con altre modalità, mentre il bambino cresce. In realtà, oggi la scienza riconosce che la mamma e il bebè costituiscono un insieme inscindibile dal punto di vista fisiologico. Sono cioè programmati dalla natura per stare a stretto contatto anche dopo la nascita almeno per i 12-24 mesi di vita, durante i quali la mamma rappresenta per il bambino inizialmente una parte di se stesso, e in seguito la mediatrice attraverso la quale inizia le proprie esperienze e costruisce la propria autostima e l’amore di sé, prerogative necessarie per imparare ad amare il mondo e rispettare gli altri. Allo stesso modo, tenere il bambino in braccio o dentro una fascia acquista un significato educativo profondo. Più che in una culla o in un passeggino, in braccio alla mamma il bambino ha infatti modo di imparare a conoscere il mondo esterno da una posizione privilegiata, potendo contare sul contenimento e la sicurezza che scaturiscono dalla presenza e dal calore del corpo di mamma o papà, vale a dire coloro che lo conoscono e lo amano più di qualunque altra persona. l papà spetta anche l’importante ruolo di proteggere la coppia madre-figlio, sostenen In una buona relazione di allattamento la mamma impara a cogliere, anche inconsapevolmente, i segnali del proprio bimbo – il tono muscolare, il tipo di respirazione, il livello di vigilanza, il calore del corpo, l’afflusso di sangue – e il bimbo può fare esperienza della realtà e del mondo che, nei primi giorni di vita, sono la madre stessa. Winnicott così sintetizzò questo legame: “Non lasciate che una persona prenda in braccio il vostro bambino, se capite che ciò non ha alcun significato per lei. Il latte della madre non affluisce come un’escrezione, ma è una risposta a uno stimolo e lo stimolo è la vista, l’odore e la sensazione del suo bambino e il suo pianto che segnala un bisogno. La madre è la sola persona che può in modo appropriato presentare il mondo al bambino in una forma che abbia un senso per lui. Essa sa come farlo, non perché sia addestrata e abile, ma solo perché è la madre”. Affinché questo sia possibile è importante che la madre si dedichi prevalentemente a osservare il proprio bambino. Osservare in una modalità non passiva è fondamentale per creare quel clima emotivo di interesse e favorevole al proseguimento della relazione. La scienza oggi è tornata a riconoscere l’importanza dell’allattamento come prima forma di relazione – vale a dire il modo in cui il bambino vive le sue prime esperienze sociali; esso getta le basi per un sano sviluppo psicologico, che passa dall’imparare a riconoscere i propri bisogni al vederli soddisfatti, dal costruire una sorta di fiducia in se stessi e nel mondo circostante. E' ormai riconosciuta l’importanza per il bebè di stare a stretto e prolungato contatto con colei che per 9 mesi l’ha portato nel proprio grembo, e questa necessità di fatto appartiene anche alla madre, come dimostra la fisiologia dell’allattamento Ecco che quindi la nostra società tende a sminuire il valore del tempo che la mamma passa con il bambino e/o a caricare di implicazioni negative l’accudimento che preveda come prassi l’allattamento frequente, indipendente dal fatto che “il bambino ha già mangiato”, il sonno condiviso, molto contatto fisico. Questi motivi culturali possono realmente mettere a repentaglio la serenità di molte mamme, minando la loro autostima e spesso portandole perfino ad abbandonare l’allattamento per il “più comodo” biberon (bambini che fanno meno pasti, dormono di più, si possono lasciare alle cure di qualcun altro e, tutto sommato, in alcuni casi tendono a essere più passivi). In realtà, come dimostra l’esperienza di numerosi gruppi di auto-aiuto in tutto il mondo, fra cui spicca la Leche League, Lega per l’Allattamento Materno, se una madre può contare sull’approvazione di chi le sta intorno (e quindi si sente sostenuta), allatterà più a lungo, con maggiore soddisfazione e incontrerà minori difficoltà sia nella gestione del bambino neonato che durante le tappe della crescita (introduzione dei cibi solidi, scuola materna, ecc). Un allattamento condotto secondo i bisogni fisiologici di mamma e bambino, con il sostegno intorno alla mamma, si conclude di solito naturalmente e spontaneamente e negli anni futuri verrà ricordato dalla mamma (e spesso anche dal bambino!) come un periodo particolarmente intenso e “magico”, una “danza a due”, fatta di tanti momenti belli e anche altri di confronto e di crescita, che lascia un segno indelebile nel cuore Ancora oggi, la maggior parte delle mamme è quindi restia ad allattare a richiesta nel reale significato del termine, cioè senza contare il numero delle poppate né di notte né di giorno, mentre l’attenzione è focalizzata, più che sulla crescita o sullo stato generale del bambino, su “quanto latte ha preso” e sul numero delle poppate giornaliere. Questo forse è anche il motivo per cui nelle società industriali è più diffusa la depressione post-partum fra le mamme che allattano, le quali si sentono incapaci per i motivi suddetti e anche a causa di aspettative sbagliate nei confronti di ciò che dovrebbe e non dovrebbe fare il bambino. Nella realtà, una mamma che allatta veramente a richiesta non sempre gode di approvazione e sostegno da parte di chi le sta intorno, quando non viene addirittura considerata fanatica oppure “schiava” del bambino, reputato un piccolo tiranno che mangia secondo i propri capricci, si addormenta quando vuole lui, e magari pretende pure di stare sempre in braccio… questi atteggiamenti di disapprovazione, più o meno espliciti, possono pesare come macigni sul cuore di una neo-mamma, facendola sentire inadeguata perché non all’altezza del compito che si trova ad affrontare. Quando si è madri da poco, più che in altri momenti della vita, il bisogno di essere accettate, sostenute, approvate da chi ci circonda è reale e forte quanto altre esigenze più tangibili, come il mangiare o il bere. Quanto è più facile allora passare al biberon, con pasti che avvengono ad orari prestabiliti, in dosi prestabilite non dalla mamma ma dal pediatra, e il bello è che si vede la bottiglia che si vuota sotto gli occhi, così si è sicure che il bambino ha mangiato e non morirà di fame! I bambini improvvisamente diventano più buoni, dormono di più, e anche le nonne sono più contente, perché possono dare loro il latte al bambino lasciando la mamma libera di dedicarsi a cose più importanti… Anche le madri che per qualche motivo non hanno potuto iniziare ad allattare o hanno smesso prima del tempo dovrebbero essere informate dell’importanza di cure parentali che rispondano ai bisogni del bambino di essere tenuto in braccio, nutrito dalla mamma, coccolato e tenuto vicino “pelle-apelle” (bisogni ancora maggiori in questo caso). Seguendo il loro istinto, alcune delle madri che non possono allattare (per uno dei rari motivi in cui ciò può avvenire), continuano ad attaccare i bambini al seno per nutrirli con un dispositivo che consente di dare un’aggiunta di latte formulato come se provenisse dal seno, oppure per consolarli e addormentarli: queste abitudini dovrebbero essere incoraggiate, come anche la rilattazione, cioè la ripresa dell’allattamento dopo un’interruzione o un mancato avvio, pratica auspicabile e possibile con molta pazienza, un po’ di collaborazione da parte del bambino e soprattutto con l’aiuto competente da parte di una persona qualificata. Di fatto, comunque, la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità da anni afferma che l’assistenza migliore alla donna gravida, alla partoriente e alla puerpera è quella che viene offerta fornendo le informazioni (ovviamente giuste e complete) in modo discreto, dando importanza all’ascolto dei sentimenti e dei bisogni che essa manifesta e soprattutto incoraggiandola a prendere le decisioni, quando possibile, conferendole così autonomia e lasciando a lei stessa la responsabilità finale nel prendersi cura di sé e del bambino. Tutto questo si chiama “empowerment”, ed è il contrario di quanto prima descritto, cioè della mamma oggetto passivo di consigli e non più padrona né capace di prendere le decisioni. Perché si afferma questo? Perché l’empowerment consente di ottenere, con i minori costi per il sistema sanitario e sociale, le massime ricadute per la coppia madre-bambino in termini di salute e sviluppo di un sano rapporto, molto più che non l’affidare a esperti le decisioni inerenti al parto o a come curare e nutrire il bambino. Riferimeti bilbiogafici Paola Negri Tutte le mamme hanno il latte, ed. Il leone verde John Bowlby Attaccamento e perdita: L'attaccamento alla madre, Collana Programma di Psicologia Psichiatria Psicoterapia, Torino, Boringhieri