Pagina 3 Editoriale Jakob Schoof

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Pagina 3 Editoriale Jakob Schoof
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∂Green
Traduzioni in italiano1
Testo in italiano
Traduzione:
George Frazzica
E-Mail: [email protected]
Potete trovare un’anteprima con immagine di tutti progetti cliccando su: www.detail.de
http://it.detail-online.com/architettura/temi/green-12012-018612.html
http://www.detail.de/architektur/themen/detail-green-12012-018541.html
http://www.detail-online.com/architecture/topics/green-12012-018611.html
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Editoriale
Jakob Schoof
“Make no little plans. They have no magic to
stir men’s blood” cioè non bisogna mai fare
programmi modesti perché non sarebbero
in grado di entusiasmare la gente. Così consigliava tempo fa l’architetto statunitense autore del piano urbanistico di Chicago, Daniel
Burnham. Il messaggio è ancora oggi attualissimo: solo chi riesce a superare la quotidianità e ragiona la complessità risolvendola
nel particolare sarà in grado di ottenere valori durevoli in architettura.
Anche in questo numero di DETAIL Green
offriamo spazio ad architetture che rappresentano un valido approccio ai problemi legati alle grandi sfide del nostro tempo. Nella
nostra casistica includiamo anche la trasformazione di città in fase di decrescita, così
come alcuni spazi abitabili economicamente
sostenibili per territori in rapido sviluppo, il
consolidamento delle costruzioni esistenti e,
naturalmente, la riduzione del loro bilancio
energetico al valore di (quasi) zero.
Tuttavia, ragionare la complessità tenendo
conto del particolare significa anche saper
guardare oltre la pura e semplice costruzione. Le strategie climatiche per le città, nel
loro complesso, sono tanto (ultra)vitali quanto lo sono le strategie che considerano sia
gli edifici sia la mobilità. Lo scorso dicembre, il Ministero federale per l’edilizia, i trasporti e lo sviluppo urbano (Bundesministerium für Bau, Verkehr und Stadtentwicklung,
BMVBS) ha conseguentemente portato a
compimento il progetto per una “Effizienzhaus Plus con mobilità elettrica”. All’interno di questo numero vi offriamo un’ampia
ed esaustiva documentazione relativamente
a questo edificio, o, più esattamente, sulla
sua pionieristica strategia di riciclaggio.
La costruzione è a bilancio neutro di CO2,
è completamente reversibile e produce una
quantità tale di energia solare da permetterne l’uso da parte degli abitanti oltre che per
il funzionamento dell’abitazione anche per
l’alimentazione della propria vettura elettrica.
­ unque, un modello per il futuro, a patto che
D
l’edificio non sollevi altre questioni di fondo.
Ma una casa unifamiliare con autorimessa –
anche se questa accoglie “solo” una vettura
elettrica – può rappresentare un modello di
edilizia sostenibile? Il mercato è certamente
assetato di case unifamiliari, e, quanto minore sarà l’energia di cui necessiteranno, tanto
meglio sarà per il loro successo. In futuro le
vetture elettriche svolgeranno anche la funzione di accumulatori di corrente, facilitando
il nostro passaggio nell’era post-fossile.
Altra domanda: perché la politica dovrebbe
limitarsi a seguire pedissequamente le regole del mercato e non dovrebbe invece aspirare a un ruolo attivo nella loro formulazione?
Anche quando tutti gli insediamenti di case
unifamiliari della Germania saranno formati
solo da Effizienzhaus Plus con auto elettrica,
non ci saremo certamente risparmiati la cementificazione di qualche ettaro di territorio,
né tanto meno avremo evitato di tagliare con
strade qualche chilometro quadrato di paesaggio, o ridotto di qualche metro le code
sulle autostrade tedesche. Per questo motivo la cultura della mobilità realmente sostenibile deve essere impostata sul piano
dell’urbanistica. Gli edifici Effizienzhaus Plus
con mobilità elettrica ne potranno rappresentare un componente, soprattutto se progettati secondo tipologie sostenibili dal punto di vista urbano e se verranno
commercializzati catalizzando l’attenzione
su tutti questi aspetti insieme. Lo scambio
di tecnologia nudo e crudo all’interno di un
contesto strutturale già esistente – dal motore Otto a quello elettrico, dalla caldaia a gas
alla pompa di calore ad alimentazione fotovoltaica – rischia solo di avere un’efficacia
molto limitata.
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Qualcosa di più di alcuni nuovi edifici:
strategie di sostenibilità per Londra 2012
Oliver Lowenstein
I Giochi Olimpici si svolgono per la terza volta a Londra e dal 27 luglio le manifestazioni
raggiungeranno il proprio apice. Si stima
che nel corso di due settimane le manifestazioni saranno seguite da 4 miliardi di persone, per la maggior parte attraverso il mezzo
televisivo. Gli organizzatori non dovranno
solo preoccuparsi del regolare svolgimento
dei Giochi, essi saranno anche chiamati a
tener fede alla promessa, già fatta, di rendere i Giochi Olimpici di Londra 2012 “i più
­sostenibili di ogni epoca”.
Il concetto di sostenibilità è stato uno dei
motivi principali per cui Londra 2005 ha ottenuto anche la possibilità di svolgere le Olimpiadi. Tutto è cominciato con il recupero
dell’area – in passato una delle zone industriali più inquinate della nazione – e terminerà con l’utilizzo per un lungo periodo delle
strutture appena insediate. Non è ancora
possibile esprimere un giudizio conclusivo
sul successo o l’insuccesso dell’operazione.
Vale tuttavia la pena passare in rassegna in
modo dettagliato gli obiettivi concreti prefissati e i risultati fino a oggi ottenuti.
I Giochi pi ù sostenibili della storia?
L’attenzione dei media si è fino a oggi concentrata sulle infrastrutture e sulle costruzioni visibili, prima di tutto sull’impianto
natatorio di Zaha Hadid e sul velodromo
di Michael Hopkins. Complessivamente, il
Parco Olimpico collocato nella zona urbana
di Stratford, a 6 km dal centro di Londra,
conta otto impianti sportivi, un centro media, e sei infrastrutture, tra cui due centrali
elettriche di cogenerazione, un impianto di
depurazione e due stazioni di pompaggio.
A ciò si aggiungono circa 30 ponti e una
rete di nuovi collegamenti stradali e piazze
che copre un’area di 2,5 km2. Non lontano
dal Parco Olimpico si erge il Villaggio
Olimpico attrezzato con la scuola appena
ultimata per 1800 alunni che, durante i
Giochi, sarà adibita a quartier generale
amministrativo, mentre nelle vicinanze sorge un nuovo centro sanitario. Tutti gli edifici
permanenti realizzati sull’area sono tenuti
a ottenere lo Standard BREEAM Excellent,
il livello più alto del sistema di certificazione
britannico BREEAM in vigore al momento
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Traduzioni in italiano
dell’avvio dei progetti. Tuttavia, gli edifici
sono solo la parte minore di un concetto
sovraordinato di sostenibilità che è alla
base dei Giochi.
Rivitalizzazione di East London
Fin dall’inizio la comunicazione pubblicitaria
delle Olimpiadi ha puntato sul recupero in
chiave ecologica dell’area oltre che sull’abbinamento tra la nuova rete infrastrutturale,
energeticamente efficiente, e la rivitalizzazione socio-economica della zona orientale
di Londra. Il Parco Olimpico si trova al centro di una delle zone più povere della Gran
Bretagna, che per lungo tempo ha vissuto
con la cantieristica navale prima che
quest’ultima subisse un trasferimento di
massa in direzione dell’Asia. Dopo quasi
mezzo secolo senza alcun investimento di rilievo, tre dei quattro quartieri urbani limitrofi
sono finiti nella lista dei sei quartieri più poveri della Gran Bretagna.
Fino a pochi anni fa al posto dell’odierno
Parco Olimpico c’era un paesaggio di vecchi capannoni e discariche abusive annoverato tra i complessi industriali più contaminati d’Europa. A seguito della decisione di
realizzare le Olimpiadi si è proceduto alla ricollocazione di circa 200 imprese e di 5 000
lavoratori al seguito. A ovest l’area è delimitata da un affluente del Tamigi, il Lea. Il masterplan dello studio EDAW (oggi A
­ ECOM)
si era posto l’obiettivo di prolungare la valle
del Lea verso sud, fino al congiungimento
con il Tamigi, conferendole l’aspetto di un
parco paesistico. Contemporaneamente si
procedeva al potenziamento della stazione
ferroviaria di Stratford, a est del parco, trasformandola in uno snodo di collegamento
internazionale. Dal 2009 la stazione ospita la
fermata dell’Eurostar che collega Londra al
continente.
Progettati per la demolizione
Il progetto di ognuno degli impianti sportivi
è stato preceduto da una valutazione del
fabbisogno sul lungo termine e delle possibilità di riutilizzo. Qualora le argomentazioni
a favore del mantenimento delle costruzioni
al termine dei Giochi non si fossero rivelate
sufficienti, le costruzioni stesse sarebbero
state progettate fin dall’inizio considerandone la successiva (parziale) demolizione.
L’Arena del basket e quella della pallanuoto
sono entrambe strutture totalmente temporanee, mentre lo Stadio Olimpico, quello
natatorio e gli impianti di Eton Manor potranno essere in gran parte smontati. La
strategia si palesa in modo evidente nello
Stadio Olimpico, la cui capacità sarà ridotta
da 80 000 a 25 000 visitatori al termine dei
Giochi. Il ridimensionamento prevede lo
smontaggio sia dell’anello delle tribune superiori sia della grande struttura di copertura delle tribune stesse. Per questo motivo
tutte le connessioni più importanti tra le parti di acciaio sono state realizzate con giunti
a vite e non saldati. La struttura reticolare
che costituisce l’anello compresso della
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copertura è stata costruita per due terzi
usando profili cavi a sezione tonda avanzati
da altri cantieri. Il peso complessivo dei tubi
di acciaio necessari alla costruzione dello
stadio ammonta a 3 850 tonnellate. In confronto, il “Bird’s Nest” di Pechino 2008 ha
sottratto una quantità di acciaio 10 volte
superiore, e oggi, pur essendo l’attrazione
più visitata, rimane inutilizzato per la maggior parte dell’anno.
L’eredità sociale
Da qualche tempo, l’opinione pubblica britannica si interessa sempre di più alle conseguenze a lungo termine delle Olimpiadi.
La domanda più urgente riguarda la trasformazione del Villaggio Olimpico in un complesso residenziale con circa 2 000 unità
abitative, 1 379 delle quali destinate a famiglie socialmente svantaggiate. è prevista
inoltre la costruzione di ulteriori 8 000 nuove
abitazioni in altre zone del Parco dopo il
2013. Il progetto implica due grandi sfide:
da una parte occorrerà trovare una logica
destinazione d’uso temporanea per le superfici da realizzare se il mercato immobiliare residenziale non dovesse riprendersi
nell’immediato, dall’altra non è affatto sicuro
che la zona si colori dell’auspicata miscela
sociale dopo il trasferimento delle prime famiglie nel 2015. Duncan Cowan-Gray, consulente per la sostenibilità presso Bioregional, fa notare come, a oggi, la vendita degli
alloggi del Villaggio Olimpico sia stata soprattutto rivolta verso una clientela cosmopolita e di professionisti in movimento, trascurando completamente il cittadino medio
proveniente dai quartieri vicini.
Le questioni di natura sociale sono inoltre
strettamente legate all’effetto occupazionale dei Giochi. Al termine delle manifestazioni, i centri stampa e media sono destinati a
trasformarsi in un parco industriale per le
imprese del settore tecnologico, ma gli abitanti del circondario, generalmente poco
qualificati, ne potranno approfittare solo in
esigua misura. L’unico nuovo e grande datore di lavoro possibile per costoro sarà lo
Shopping Centre Westfield vicino al margine orientale del Parco. Gli organizzatori dei
Giochi avevano originariamente promesso
la creazione di 20 000 nuovi posti di lavoro
nell’ambito delle opere di allestimento delle
Olimpiadi, quasi 5 000 per ogni quartiere
confinante. La Olympic Delivery Authority
(ODA) afferma che queste cifre sono veritiere, altri le contestano, ma un servizio
giornalistico della BBC riferisce che nell’estate del 2010 la parlamentare britannica
della Camera dei Comuni, Rushanara Ali,
ha formulato un’interrogazione per conoscere il numero dei residenti della sua circoscrizione che avessero trovato impiego,
fino a quel momento, nella preparazione
delle Olimpiadi. La risposta è stata: 201.
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Città nel cambiamento climatico
Jakob Schoof
I numeri sono impressionanti: Berlino vuole
ridurre del 40 % le proprie emissioni di CO2
entro il 2020. Londra ne prevede una riduzione del 60 % entro il 2025, Sydney del
70 % entro il 2030. Sia Melbourne sia Copenhagen vogliono raggiungere un bilancio
in pareggio nei confronti delle emissioni di
CO2 da qui al 2025. Vedremo se si tratta di
obiettivi realistici. In alcuni casi è molto forte
il sospetto che si tratti solo di fantasticherie
politiche. Non è raro infatti che i Comuni
prendano decisioni in materia di clima senza
neanche conoscere con precisione il proprio
margine d’azione e le proprie emissioni.
Ciononostante, in ogni parte del globo, le
città cominciano a prendere in mano le redini della battaglia contro il cambiamento climatico in modo diretto. Non si pongono più
in attesa di azioni da parte del governo centrale con continui richiami al raggiungimento
di un accordo internazionale sul clima. In
questo senso le città sono dotate di una formidabile forza decisionale: assecondando
una tendenza in continua crescita, quasi il
75 % della popolazione europea vive in aree
urbane densamente popolate e utilizza più
di tre quarti dell’energia complessivamente
consumata nella Comunità Europea. Le iniziative comunali sul clima, inoltre, sortiscono
effetti molto più diretti di quelle nazionali poiché sono più facilmente in grado di coinvolgere gli attori presenti sul territorio e di intervenire sulle specificità locali.
Emissioni e obiettivi di riduzione,
un primo bilancio
La base di qualunque iniziativa in campo climatico deve essere data dall’inventario delle
emissioni fino a quel momento registrate,
costituendo, per così dire, il livello zero a cui
far riferimento per ogni decremento futuro.
Negli anni scorsi molte città si sono dotate di
inventari di questo tipo, alcuni sono stati
pubblicati per la prima volta verso la metà
del 2011 nel “CDP Cities Report”, redatto da
C40 Cities Initiative in collaborazione con
Carbon Disclosure Project, un’organizzazione in realtà specializzata nella comunicazione dei bilanci climatici delle imprese.
Il “CDP Cities Report” aiuta a capire meglio
le misure pianificate dalle città. Il 57 % delle
metropoli, tra quelle che hanno preso parte
alla ricerca, si sono poste obiettivi concreti
per la riduzione del gas serra, ma solo una
su sette ha preparato anche un piano economico a lungo termine per il relativo finanziamento. Un altro punto altrettanto critico è
rappresentato dal fatto che, per metà di tutte
le città, il raggiungimento dell’obiettivo è
previsto in tempi estremamente lunghi (oltre
vent’anni e più). Se il raggiungimento degli
obiettivi non viene perseguito con costanza,
emerge il rischio che l’amministrazione cittadina attuale deleghi la responsabilità del
progetto al proprio successore senza le dovute precauzioni e attenzioni. Le finalità sono
in media rappresentate da una riduzione
delle emissioni del 2–3 % annuo, con questo
obiettivo le municipalità si muovono entro gli
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stessi margini di riduzione adottati da grandi
imprese come Boeing o IBM. Un altro dato
interessante è che quasi tutte le città (90 %)
temono, nel lungo periodo, ricadute negative
per sé stesse derivanti dalle m
­ utazioni del
clima; la metà circa di queste (43 %) è già
impegnata a contrastarne le conseguenze.
Campi d’azione di politiche climatiche
a livello comunale
Per migliorare il proprio bilancio climatico
le municipalità possono agire su tutti i settori
caratterizzati da una rilevante emissione di
CO2. Gli ambiti più promettenti sono:
• patrimonio immobiliare (costruzioni esistenti e nuove);
• processi industriali;
• trasporti e mobilità;
• approvvigionamento e gestione di energia
(calore e corrente elettrica);
• pianificazione urbana, per porre premesse
affinché non si generino più emissioni
­(riducendo la richiesta di mobilità con la
creazione di città più compatte).
In tutti questi ambiti le città possono, e devono, esigere e incentivare, organizzare e informare, mettere in comunicazione gli attori
e predisporre le infrastrutture. La protezione
del clima ha molte dimensioni, e tanto maggiore è il numero dei soggetti e delle discipline che una città è in grado di coinvolgere,
tanto migliore sarà il risultato. Le misure di
politica dei trasporti prive del supporto di
un’opportuna pianificazione delle superfici
sortiscono lo stesso effetto nullo dei programmi di incentivazione non adeguatamente pubblicizzati.
Provvedimenti nel settore delle ­costruzioni
nuove ed esistenti
Gli ambiziosi standard energetici per le nuove costruzioni hanno, per le città, il vantaggio di essere relativamente facili da mettere
in pratica dal punto di vista finanziario e di
garantire alla comunità una consistente attenzione dal punto di vista mediatico. Tuttavia, non bisogna mai incorrere nell’errore di
sottostimare l’impegno organizzativo e l’assistenza informativa e di consulenza da parte
della comunità.
Nel frattempo il Passivhaus Institut di
Darmstadt ha individuato in Europa 25 regioni pilota (tra esse le città di Norimberga,
Francoforte e Oslo oltre l’intero Land austriaco del Voralberg) che hanno introdotto, come minimo, l’obbligo dello standard Casa
Passiva per determinate nuove costruzioni
a uso pubblico. L’efficacia di queste misure
sulle emissioni di CO2 è tuttavia limitata: in
Germania si contano circa 40 milioni di abitazioni, ma quelle costruite ex novo ogni
anno sono solo 200 000. Questo dato corrisponde a una percentuale dello 0,5 %,
mentre, nello stesso Paese, la percentuale
di abitazioni che sono state oggetto di un risanamento energetico è quasi doppia.
Al contrario di quanto avviene per le nuove
costruzioni, la maggior parte delle amministrazioni locali incontra notevoli difficoltà
Rivista di architettura e particolari costruttivi
A proposito di DETAIL
Ogni numero, con particolare attenzione
­riservata alla qualità architettonica delle
­soluzioni costruttive, è dedicato all’approfondimento tematico di un argomento
tecno­logico (p.es. costruzioni in calcestruzzo, strutture di copertura, risanamento
e restauro etc.). La presentazione dei più
recenti progetti, realizzati in ambito
­nazionale e internazionale, è accompagnata da una serie di accurate riproduzioni
grafiche in scala e di selezionate immagini.
Le due edizioni annuali di DETAIL Concept
sono dedicate allo studio analitico delle
­fasi del processo costruttivo, mentre le
­edizioni speciali di DETAIL Green,
anch’esse con due uscite all’anno,
­informano su tutti gli aspetti della progettazione e della costruzione sostenibile.
Temi delle riviste del 2012
‡1–2 Legno
‡3
“Concept” Gastronomia
‡4
Interni (finiture)
‡5
Edifici a basso costo
+ DETAIL Green
‡6
Prefabbricazione
‡7–8 Facciate
‡9“Concept”
Residenza per la terza età
‡10
Strutture portanti
‡11
Cemento
+ DETAIL Green
‡12
Tema speciale
(Sono possibili eventuali modifiche.)
∂ Abbonamento
‡
Abbonamento classico € 148,–*
12 numeri all’anno
(compresi i due numeri DETAIL Green).
‡ Abbonamento studenti € 78,–*­
12 numeri all’anno. ①
(compresi i due numeri DETAIL Green).
‡ DETAIL Abbonamento test € 29,80
Due numeri attuali della rivista DETAIL al prezzo test
di soli € 29,80 incluse le spese di spedizione + imposta sull’entrata se non c’è una partita IVA.
*Costi di spedizione aggiuntivi (per 12 numeri) € 43,–
Per la consegna nei paesi dell’Unione E
­ uropea,
l’Imposta sul Valore Aggiunto per i non possessori
di partita IVA è del 7%.
① Sarà possibile usufruire del p
­ rezzo per studenti solo
a seguito della consegna di un documento valido
­attestante l’iscrizione.
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Traduzioni in italiano
nell’applicazione di misure efficaci da applicare al patrimonio immobiliare esistente. Un
problema è rappresentato soprattutto dall’estrema frammentazione della proprietà nei
quartieri già esistenti. I piccoli proprietari,
inoltre, sono spesso troppo poco informati
sulle possibilità di intervento o non dispongono di sufficiente liquidità per finanziare
una ristrutturazione.
Fornitura di energia rinnovabile:
quanta superficie serve?
Le comunità più piccole, soprattutto loro,
sono in grado di coprire completamente il
fabbisogno territoriale di energia attingendo
da fonti rigenerabili. La comunità di Jühnde,
in Bassa Sassonia, è ormai nota come
“paese bioenergetico”. Un impianto a biogas e una centrale termoelettrica e di riscaldamento a legna producono il 96 % del calore e quasi il doppio della corrente elettrica
consumati. Per ottenere questo risultato,
la comunità utilizza il 26 % della superficie
agricola complessiva delimitata dai propri
confini. Negli ultimi tempi, in Germania, più
di un progetto di ricerca si è posto l’obiettivo di chiarire in che misura il principio possa essere trasferito anche ad altre comunità. Lo studio sull’utilizzo di aree urbane non
edificate per la generazione di energie rinnovabili [1] conclude che alcune grandi città potrebbero essere quasi completamente
autonome nella produzione di corrente elettrica e calore avvalendosi solo di risorse
presenti sul proprio territorio. Senza sacrificare alcuna superficie agricola alla piantumazione di essenze energetiche, l’energia
solare, geotermica e lo sfruttamento del
potenziale di calore perduto (ricavato per
esempio da impianti industriali o miniere
abbandonate) sarebbero infatti più che sufficienti e in misura abbondante. Lo studio
non considera tuttavia il fabbisogno di calore e corrente elettrica per l’industria e non
offre spunti per avviare una valutazione
economica dell’impresa. Il modello si basa
inoltre sulla premessa che gli interventi di
risanamento energetico siano in grado di
sopperire a una quota estremamente alta di
fabbisogno energetico. Lo studio ammette
un fabbisogno medio di energia per il riscaldamento pari a 50 kWh/m2a per gli edifici
esistenti (70 kWh/m2a nei centri storici),
mentre il valore in realtà misurato in Germania nel 2010 è pari a 125 kWh/m2a [2].
Criteri per il successo
Di che cosa hanno bisogno le strategie climatiche a livello locale per avere successo?
Le esperienze di molti Comuni dimostrano
che i criteri che garantiscono il successo
nell’attuazione delle strategie d’intervento
climatico necessarie sono ovunque molto
simili: gli obiettivi non devono essere formulati idealmente sotto forma di cifre astratte
(“meno 30 % di CO2 entro il 2020”), ma devono risultare dalla sommatoria delle potenzialità di risparmio individuate sul campo.
Per mettere in atto queste potenzialità non
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basta informare i cittadini e le imprese, occorre coinvolgerli attivamente, in quest’ultimo caso, per esempio, adottando forme di
partnerariato pubblico-privato. Anche la collaborazione di strutture locali di ricerca può
rivelarsi molto utile, per esempio durante la
fase di sviluppo della strategia e per condurre la ricerca durante l’attuazione. E proprio nelle città dove la strategia climatica è
ancora alle prime fasi, è bene che gli sforzi
siano inizialmente concentrati sui progetti relativamente facili da attuare, così da diffondere una buona dose di fiducia. In ogni caso
è necessario che la protezione del clima sia
considerata una missione locale. Le città
possono e devono giovarsi dell’aiuto del
mercato, come risorsa in più, anche perché
la fiducia nel mercato come unico protagonista rischia di condurre molto rapidamente
nel vicolo cieco della politica climatica.
[1]Dieter D. Genske, Thomas Jödecke, Ariane Ruff,
Lars Porsche: Nutzung städtischer Freiflächen für
erneuerbare Energien; a cura di: Bundesministerium für Verkehr, Bau und Stadtentwicklung 2009
[2]vedi www.klimaktiv.de/article269_12150.html
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Complesso residenziale a Ingolstadt
Svolta energetica resa economicamente
accessibile
Gli edifici residenziali dello studio di architettura bogevischs fanno parte di un complesso abitativo di nuova costruzione che conta
142 unità residenziali e sorge nella periferia
occidentale di Ingolstadt. Le costruzioni sono state finanziate da St.-Gundekar-Werk,
una società immobiliare della chiesa cattolica fondata nel 1954. La missione che il
committente si è dato è soprattutto quella di
­“realizzare spazi abitativi a prezzo contenuto
per le categorie socialmente più deboli della
popolazione”. Nel caso di Ingolstadt, all’esigenza sociale si è aggiunto il desiderio di
conseguire un obiettivo ecologico di alto
profilo: il fabbisogno di energia primaria degli edifici è inferiore di due terzi rispetto al
livello prescritto dal Regolamento tedesco
sul risparmio energetico del 2007 (EnEV).
Più del 50 % del fabbisogno di calore degli
edifici viene coperto direttamente dal sole.
Le coperture piane e le facciate di testa
delle stecche di abitazioni sono rivestite
di lastre di fibrocemento grigio chiaro che
ben si discostano dal rivestimento in tavole
brune di larice dei fronti longitudinali. Gli
elementi in aggetto di queste facciate, che
gli architetti hanno denominato “staffe energetiche”, supportano non solo l’impianto solare-termico ma anche gli impianti centralizzati di ventilazione delle abitazioni e le
condotte di mandata e aspirazione che
distribuiscono l’aria orizzontalmente lungo
tutto l’edificio.
Nelle nuove costruzioni gli architetti hanno
dedicato particolare attenzione al sistema
dei collegamenti interni. Gli edifici sono do-
tati di ampi porticati-ballatoio collegati da
una varia serie di scale, a una o due rampe,
a cascata o sovrapposte. Sia la larghezza
sia il cambio di direzione servono, nelle intenzioni degli architetti, a creare zone di incontro e a rendere meno monotone le lunghe stecche.
Nonostante il contesto favorevole alla creazione di nuclei familiari, la tipologia della
“grande famiglia” è palesemente in via di
estinzione anche a Ingolstadt-Hollerstauden.
Le quattro stecche progettate dallo studio
bogevischs nascondono un gran numero di
alloggi di due e tre stanze. 66 delle 81 unità
abitative sono state finanziate con denaro
pubblico mentre le rimanenti 15, tra cui anche otto appartamenti duplex, sono state
realizzate con denaro privato.
Le pareti e i solai di questi condomini di due
e tre piani sono sostanzialmente formati da
elementi in legno compensato multistrato.
In corrispondenza dei balconi gli elementi
sono in aggetto e rivestiti solo con uno strato
di materiale termoisolante in pendenza sulla
faccia superiore. I ballatoi, al contrario
(e soprattutto per la normativa antincendio),
sono realizzati in calcestruzzo e termicamente separati dalle abitazioni.
Per le pareti esterne sono stati prefabbricati
elementi di compensato multistrato di spessore pari a 9 cm successivamente assemblati in laboratorio a formare setti di parete
completi di aperture; i serramenti sono stati
aggiunti invece in cantiere. Successivamente, la faccia esterna delle pareti massive in
legno è stata completata con vani per l’alloggio dello strato termoisolante e infine ricoperta con tavole di larice; al termine del
montaggio l’intercapedine è stata riempita
di isolante soffiato a base di cellulosa. Essendo completamente permeabile all’umidità verso l’esterno, la struttura della parete
offre una performance ottimale dal punto di
vista della fisica tecnica. L’unica eccezione
è stata fatta per le pareti divisorie tra gli appartamenti e i ballatoi che, nel rispetto delle
norme antincendio, hanno ricevuto un placcaggio in pannelli di gessofibra (a tenuta di
umidità) sotto lo strato di rivestimento in larice. Per questo motivo si è resa necessaria
la posa di una barriera al vapore sul lato interno della parete. Con uno spessore di isolamento di 24 cm, la parete esterna vanta
un valore U pari a 0,15 W/m2K.
Il sole nel serbatoio
Per riscaldare ampiamente l’edificio con il
calore del sole sono necessarie soprattutto
tre cose: grandi superfici di collettori,
­grande volume di accumulo e fabbisogno
di ­calore limitato. Quest’ultimo, per le
­nuove costruzioni di Ingolstadt, è solo di
22,5 kWh/m2a. Per ridurre le perdite di calore per ventilazione, tutte le abitazioni sono
dotate di un impianto centralizzato di aerazione di comfort con recuperatore di calore.
In media, gli 862 m2 di collettori solari sul
tetto dovrebbero coprire annualmente il
57 % circa del fabbisogno di calore per ri-
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scaldamento e acqua calda sanitaria; per la
quota rimanente di calore gli edifici si avvalgono della rete di teleriscaldamento. Per ottenere il migliore tasso di copertura solare,
i condomini sono stati integrati con due bollitori solari da 272 m3 complessivi che occupano ognuno la distanza tra il piano cantinato e la copertura. Con il tempo, all’interno dei
serbatoi si formerà una stratificazione termica continua, compresa tra 30 e 80 °C, e in
questo modo sarà possibile immagazzinare
nella posizione più corretta il calore ottenuto
sia dal teleriscaldamento sia dai collettori,
oltre a quello proveniente dal circuito di ritorno del riscaldamento.
Per l’alloggiamento dei bollitori è stato predisposto un locale, interno all’edificio, completamente chiuso e coibentato con cellulosa.
Dall’esterno sono accessibili solo i termorivelatori che controllano l’andamento della
temperatura nel serbatoio. Attraverso un codice di colori (rosso = caldo, blu = freddo) i
valori misurati sono visibili su alcuni display
a LED integrati nella facciata e alti come l’edificio, inoltre possono essere richiamati anche su uno schermo situato nella sala condominiale comune. Riguardo
all’approvvigionamento di calore i quattro
condomini a stecca sono compartimentati in
due settori, uno per ogni bollitore. Il sistema
di riscaldamento consegna acqua calda con
temperatura di mandata a 60 °C. Gli alloggi
sono dotati di corpi scaldanti, ogni abitazione possiede una stazione, completa di
scambiatore di calore, che distribuisce il calore nel circuito interno dell’alloggio e nelle
condutture di acqua calda di bagno e cucina. Il vantaggio di questo sistema è che non
è necessario predisporre alcun accumulo di
calore nell’abitazione e questo fa sì che il
problema della legionella si riduca consistentemente. In questo modo si ottengono
inoltre temperature di ritorno dell’acqua riscaldata inferiori a 30 °C implementando
l’efficienza complessiva dell’impianto solare.
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Edificio amministrativo a Krems
Un modello ufficiale
Promuovere, esigere e dare il buon esempio è la semplice formula che Stato, Regioni
e Comuni dovrebbero tenere sempre ben
presente quando si occupano di edilizia
energeticamente efficiente. In questa direzione, nel 2007, il Land della Bassa Austria
ha deliberato che da quel momento tutti gli
edifici pubblici dovessero essere conformi
allo standard Casa Passiva. Quello che fino
a questo momento è considerato il più importante frutto di questa politica – e fino a
oggi anche il più grande edificio per uffici
a tecnologia passiva dell’Austria – è visitabile dall’inizio del 2011 nel capoluogo di
distretto di Krems, circa 60 km più a ovest
di Vienna. Il Niederösterreichhaus raggruppa sotto un unico tetto l’Amministrazione
distrettuale, alcuni uffici regionali e la Camera di Commercio.
Traduzioni in italiano5
L’area edificata è a soli due minuti di cammino dalla stazione centrale, al margine
del centro storico di Krems. Confina a sud
con la Ringstrasse (che in questo caso non
forma alcun anello ma la principale arteria
di attraversamento del centro cittadino in
direzione ovest-est) e a nord con le mura
medievali.
Gli architetti hanno articolato il volume di
quasi 60 000 m3 in tre corpi, prolungando
quel tessuto urbano estremamente frazionato di stradine e piazzette che contraddistingue il centro storico. Più che con un edificio
ci si confronta con un tipico quartiere della
Bassa Austria; nessuno dei tre corpi di fabbrica è effettivamente isolato, tutti confinano
almeno per un lato con il tessuto esistente.
Nel complesso, il Niederösterreichhaus offre
spazio a 220 impiegati, il che non è effettivamente molto in confronto alla quantità di
superficie costruita; occorre tuttavia tenere
conto della lunga lista di destinazioni d’uso
particolari che sono state integrate, dalla
sala di diagnostica a raggi X dell’ufficiale
sanitario al rifugio di protezione civile per
la dirigenza del distretto. Ciononostante è
avanzato anche spazio per un atrio ad altezza di fabbricato all’interno del blocco A e
una corte interna nel blocco C. Gli uffici, su
richiesta della committenza, sono stati prevalentemente realizzati in cellule che ospitano uno o due impiegati.
Solo 25 % di superficie finestrata
L’uniformità estetica dei tre corpi di fabbrica
è stata fondamentalmente ottenuta con le
facciate bucate rivestite di intonaco beige
chiaro che includono anche i livelli dell’autorimessa. In seguito all’entrata in vigore della
delibera del 2007 in materia di case passive,
gli architetti sono stati costretti a riformulare
il progetto delle facciate, tra l’altro perché le
nuove norme di capitolato fornite dal committente richiedevano a questo punto un
massimo di superficie finestrata del 25 %.
Per non creare un edificio pubblico con le
caratteristiche di una fortezza, gli architetti
hanno optato per un ampliamento ottico della superficie finestrata integrando i serramenti trasparenti (fissi) con ante opache di
aerazione in alluminio coibentato. L’ombreggiamento delle aperture è garantito dalle veneziane esterne di alluminio; il terzo superiore delle stesse, separatamente regolabile, è
anche in grado di deflettere la luce diurna
verso l’interno degli ambienti. Tutti gli uffici,
inoltre, in base alle esigenze del committente, possono essere schermati dagli sguardi
indiscreti per mezzo di sobri tendaggi a
tutt’altezza che rivestono internamente la parete. Il piano terra esibisce una facciata in
montanti e traversi con tende alla veneziana
integrate nella vetrocamera per impedire
azioni vandaliche.
Un progetto impiantistico snello
Il complesso è servito da quattro centrali
di ventilazione che forniscono 43 000 m3 di
aria fresca all’ora. Prima di entrare nell’edifi-
cio, l’aria viene preriscaldata in due collettori terrestri lunghi complessivamente 2000
m. Durante le notti d’estate l’impianto di aerazione degli uffici garantisce un ricambio
orario raddoppiato per abbassare la temperatura interna nel modo più efficiente possibile. Il calore per il riscaldamento è fornito
dalla locale rete di teleriscaldamento e
giunge all’interno attraverso i corpi scaldanti installati negli ambienti: una soluzione
decisamente atipica per un edificio passivo.
Il raffrescamento attivo è invece previsto
solo nei locali che ospitano i server e nelle
sale riunione, tramite condizionatori a split,
e negli uffici della Camera di Commercio,
con macchina frigorifera a compressione
e soffitti refrigeranti.
In tutti gli altri uffici i picchi di calore della
stagione estiva vengono temperati grazie a
un sistema di raffreddamento adiabatico
dell’aria: prima di passare attraverso lo
scambiatore di calore l’aria viziata viene raffreddata da un sistema a spruzzo d’acqua.
In questo modo essa perde circa 4 – 5 gradi
di temperatura anche se ciò non garantisce
di restare al di sotto di determinate temperature massime. Tuttavia, grazie all’ombreggiamento reciproco dei corpi di fabbrica,
solo pochissimi ambienti sono soggetti
realmente a surriscaldamento.
Soffitti completamente liberi da impianti
La semplicità del sistema impiantistico si
riflette anche sul piano degli uffici. Solo i
corridoi sono equipaggiati di controsoffitti
per nascondere il passaggio dei canali di
mandata della ventilazione. L’aspirazione,
al contrario, avviene senza l’ausilio di canalizzazioni: l’aria viziata arriva nei corridoi grazie alle aperture in sovrapressione e da qui
viene aspirata verso i nuclei dei corpi scala.
I soffitti degli uffici sono completamente privi
di impiantistica, sotto il solaio di calcestruzzo verniciato di bianco pendono solo pannelli acustici senza alcuna altra funzione di
raffrescamento, ventilazione o illuminazione.
L’illuminazione artificiale è assicurata soltanto dalle lampade a stelo controllate da timer
e rilevatore di presenza.
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Riqualificazione residenziale a Egg
Futuro e tradizione
L’edificio, anno 1966, possedeva una copertura bassa con un ampio aggetto e una
pianta spigolosa. La coibentazione era quasi inesistente e le stanze, di conseguenza,
abbastanza difficili da riscaldare. Il sottotetto offriva molto spazio di risulta ma poco
volume abitabile. Il committente, Jos Simma, aveva acquistato la costruzione di
mattoni di un piano e mezzo dai parenti,
rendendosi immediatamente conto che non
era idonea a ospitare una famiglia con stile
di vita attuale.
Mantenuti solo il piano terra e la cantina
Dall’esterno è quasi impossibile riconoscere
la vecchia costruzione sotto il nuovo manto
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Traduzioni in italiano
di scandole. Il piano superiore è stato completamente rimosso per essere sostituito con
uno più alto realizzato in struttura a telaio di
legno. Persino il colmo della copertura è stato girato di 90 ° e ora corre in direzione nordsud invece che est-ovest.
Il tetto è formato da lunghi e snelli elementi
scatolari di legno, riempiti già nel laboratorio
di carpenteria con uno strato isolante di balle di paglia alto quasi 80 cm. Anche gli elementi intelaiati di legno che formano le pareti
del primo piano sono prefabbricati, ma, al
contrario dei primi, sono stati coibentati solo
in opera. La stessa cosa vale per le pareti
del piano terra, dove dietro allo strato isolante di paglia sono stati mantenuti i vecchi muri di mattoni.
Il rivestimento interno ed esterno delle pareti, i pavimenti e gli infissi sono realizzati in
legno di conifera del Voralberg, con alberi
abbattuti personalmente dal committente e
affidati alle mani di artigiani locali.
Per le facciate è stato usato l’abete rosso,
per gli interni l’abete bianco. Rispetto ai formati tradizionali, le scandole di legno sono
di dimensioni eccezionalmente maggiorate
e sono state realizzate anch’esse completamente a mano.
L’ingresso principale dell’abitazione non è
più a nord ma a sud. Una specie di armadio
da giardino resistente alle intemperie, in
pannelli di fibrocemento color antracite,
separa la zona dell’ingresso dalla vicina terrazza a sud e accoglie un ripostiglio per le
carrozzine, i mobili da giardino e la cassette
delle lettere.
Un capovolgimento è avvenuto anche nel
piano terra: la cucina con la zona pranzo è
stata spostata a est al posto della vecchia
camera da letto, mentre la posizione della
cucina è occupata da una stanza da lavoro.
Immediatamente dietro l’ingresso si apre
un volume vuoto di due piani che funge da
guardaroba e collega i due livelli della casa. Al piano superiore è collegato con la
zona di lavoro della padrona di casa tramite
un ballatoio.
Costruzione in legno senza purismo:
gli ambienti interni
Mentre dall’esterno la casa appare presumibilmente costruita soltanto di legno, all’interno la varietà dei materiali si fa molto più ampia. Le superfici sono state decorate
attingendo da una tavolozza di quattro colori: pareti, armadi e pavimenti del piano superiore sono in massello chiaro, i soffitti sono
in pannelli di cartongesso con rasatura bianca, la zona dell’ingresso è contrassegnata
da una pavimentazione nera in asfalto colato
che si intona con gli eccentrici telai intorno
alle finestre in pannelli di gessofibra smaltati
di nero. La stessa tonalità scura caratterizza
il blocco su due livelli dei servizi sanitari intorno al quale la scala si trasforma in un ballatoio. Il volume non tocca il soffitto, ma, nella parte superiore, termina con una lastra di
vetro ricevendo la luce da una finestra a tetto collocata sopra le scale.
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Con l’esclusivo intento di donare una nota
di colore, Georg Bechter ha scelto il verde
erba come quarta tonalità, di questo colore
sono alcuni tappeti, la porta scorrevole in
feltro che conduce in soggiorno e la voluminosa stufa di maiolica.
Le tre camere del piano superiore sono state intonacate in modo piuttosto grezzo con
malta di argilla che normalmente viene usata
per formare l’intonaco di fondo. Quasi ovunque sulle pareti sono visibili i fili di paglia
dell’impasto che servono a impedire la formazione di cavillature e il materiale naturale
mostra tutto il suo carattere in modo completamente sincero e chiaro.
Riqualificazione con componenti da
Casa ­Passiva
La stufa di maiolica del soggiorno è l’unica
fonte di calore di questa abitazione dotata
di termoisolamento con caratteristiche simili
a una casa passiva. Non vi sono corpi scaldanti né pavimenti radianti, il calore della
stufa a legna si distribuisce naturalmente
negli ambienti della casa. L’acqua calda sanitaria è assicurata da una pompa di calore
aria-acqua aggiuntiva che utilizza l’aria interna della cantina come sorgente di calore.
L’immissione e l’estrazione controllata dell’aria, con passaggio in recuperatore di calore,
contribuiscono ad abbattere al minimo le
perdite di calore per ventilazione. L’aria fresca viene aspirata in giardino, immessa in
uno scambiatore terrestre lungo 50 m e infine ulteriormente riscaldata con il calore proveniente dall’aria di smaltimento, all’interno
dell’unità centrale di ventilazione (scambiatore di calore a flussi incrociati con coefficiente di recupero del 75 %). D’estate il registro terrestre serve a raffrescare l’aria in
immissione facendo in modo che durante la
prima parte dell’estate la sua temperatura
non superi mai i 17 °C. La distribuzione
dell’aria all’interno della casa avviene attraverso i condotti a pavimento integrati nel
massetto di spessore fino a 22 cm. Le aperture di immissione sono nelle pareti esterne
a un’altezza poco inferiore a quella delle
ginocchia; l’aspirazione è concentrata nelle
toilette, in bagno e in cucina.
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Ristrutturazione di un blocco residenziale
a Halle/Saale
Progresso attraverso ridimensionamento
Una volta Halle-Neustadt era l’incarnazione
in calcestruzzo delle speranze del Socialismo reale. La “Città degli operai della chimica” fu fondata nel 1967: il materiale da costruzione fu fornito da una fabbrica di
elementi prefabbricati di calcestruzzo appositamente costruita sul posto. Alla fine degli
anni Ottanta la città contava 90 000 abitanti,
oggi il numero è dimezzato e in futuro è destinato a diminuire ulteriormente.
La realtà è tuttavia leggermente migliore di
quanto i numeri e la fama del quartiere, con-
quistata sui media, possano far pensare. Il
calo degli abitanti nel centro di Halle-Neustadt è nel frattempo rallentato, molti edifici
di pannelli prefabbricati sono stati riqualificati, gli spazi pubblici hanno un aspetto più
curato di quello riscontrabile in molte altre
grandi città della Germania.
Fino a oggi Halle-Neustadt ha conservato
la struttura urbana del periodo socialista.
­Nonostante la scala gigantesca degli interventi, le grandi stecche residenziali a L conferiscono al quartiere una struttura più o meno labirintica. Le riqualificazioni attuate fino
a questo momento hanno riguardato soprattutto l’isolamento termico di facciate e coperture, la sostituzione di impianti di riscaldamento e il miglioramento planimetrico
degli alloggi, modificando solo in rari casi
la volumetria degli edifici.
Il blocco di cinque piani Oleanderweg
21– 45 rappresenta tuttavia un’eccezione:
eretto nel 1971, prima della ristrutturazione
conteneva 125 alloggi distribuiti in 13 condomini. ­L’immobiliare municipalizzata per la
costruzione di alloggi GWG Halle-Neustadt,
proprietaria dell’immobile, aveva da tempo
programmato di eseguirvi una riqualificazione modello con uno standard migliore di
quello solitamente adottato.
Il progetto di Stefan Forster Architekten prevedeva la demolizione parziale dei piani
alti, la realizzazione di nuovi spazi privati
all’aperto e la riformulazione completa delle
planimetrie. A causa della demolizione parziale, la superficie abitativa è diminuita del
20 % e il numero degli alloggi si è ridotto di
un terzo.
Gli architetti hanno riservato particolare
attenzione agli spazi all’aperto a uso privato
che in passato erano eccessivamente
sottodimensionati: gli alloggi dell’ultimo piano si sono arricchiti di splendide terrazze
di 30 m2, gli altri livelli sono stati dotati di
­ampie balconate continue sul fronte sud
che offrono affaccio su un corridoio di verde urbano largo 50 m.
Oggi, gli undici blocchi contengono 81 appartamenti. Il taglio precedente da 60 m2,
tre camere con bagno e cucina non finestrati, è stato trasformato in 18 tipologie differenti, la più piccola delle quali misura 36 m2, la
più grande 130 m2. Solo un vano scale ogni
due è stato conservato. Date le caratteristiche del quartiere, i dieci alloggi duplex del
piano terra e piano primo rappresentano
un’altra particolarità: in questo caso sono
stati ricavati veri e propri alloggi tipo
“Townhouse” dotati di accesso e scala indipendenti, con quest’ultima che collega anche la cantina. Per quanto riguarda gli interni, gli architetti sono riusciti a ottenere
un’apertura assolutamente straordinaria partendo dalla tipica pianta del prefabbricato.
Oggi il piano terra è formato essenzialmente
da un unico grande soggiorno che si amplia
ulteriormente grazie al bow window aggiunto sul fronte sud. Lo stesso bow window si
ripete anche a tutti i piani superiori, le cui
piante, caratterizzate da stanze più piccole,
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hanno mantenuto una distribuzione molto
più simile all’originale. Dal punto di vista
strutturale, l’ampio svuotamento operato sul
volume esistente è equivalso a un vero e
proprio atto di forza. In molti punti si è resa
necessaria l’integrazione di travi di acciaio
per permettere la deviazione dei carichi
verso il solaio, mentre in precedenza la
stabilità era assicurata dai setti interni. La
maggior parte del costo della riqualificazione è per l’appunto attribuibile alle opere di
consolidamento statico.
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L’edificio come serbatoio di risorse:
la pratica dell’edilizia recycling-friendly
Werner Sobek, Valentin Brenner,
Petra Michaely
Il progetto pilota “Effizienzhaus Plus con
mobilità elettrica“, portato a compimento a
Berlino nel dicembre 2011 (in seguito denominato F87 per la sua posizione in Fasanenstrasse 87) rappresenta un notevole passo
avanti nella direzione di un’edilizia particolarmente attenta all’efficienza delle risorse.
Fin dalle origini, la fase del ciclo di vita di
fine vita (end of life) è stata parte integrante
del progetto. Nella scelta dei materiali da
costruzione, come nella progettazione delle
combinazioni tra gli stessi materiali, è stata
data la massima attenzione alle possibilità
di recupero differenziato dei singoli elementi in fase di demolizione e al loro reinserimento nel ciclo dei materiali. Il progetto F87
eseguito per conto del Ministero federale
per l’edilizia, i trasporti e lo sviluppo urbano
(Bundes­ministerium für Bau, Verkehr und
Stadtent­wicklung, BMVBS) produce più
energia di quella consumata mediamente
nel corso dell’anno dai suoi quattro abitanti
e dal veicolo elettrico abbinato all’abitazione. Attualmente la demolizione è prevista
dopo un utilizzo massimo di tre anni.
Il concetto dei materiali
Alla base di ogni processo di riciclo c’è l’impiego di componenti idonei a sostenere il
ciclo di recupero. Un requisito apparentemente banale che tuttavia, nella pratica,
rappresenta una vera e propria ragguardevole sfida. Molto spesso le informazioni sulle
possibilità di recupero di molti materiali da
costruzione sono scarse e le banche dati
comunemente in uso forniscono sovente
solo informazioni lacunose circa le caratteristiche di riciclabilità di un dato elemento o
materiale edilizio. Anche le molto promettenti
dichiarazioni ambientali (EPDs) non sono
necessariamente tenute a considerare la
fase di fine vita e, di regola, tendono a liquidarla in modo semplicistico.
L’ipotesi sui materiali espressamente elaborata per F87 si basa invece sull’assunto che,
in caso di demolizione, tutti i materiali impiegati nella costruzione dell’edificio possano
essere riutilizzati o rivalorizzati per quanto
concerne la materia. Lo studio in proposito,
che ha coinvolto produttori, esperti di mate-
Traduzioni in italiano7
riali e aziende di riciclaggio, ha richiesto notevole impegno da parte del progettista.
Una parte dei materiali da costruzione sarà
ritirata direttamente dai produttori e riciclata;
in funzione del tempo relativamente breve
di esercizio di F87, alcuni elementi e componenti impiantistici (come per esempio l’impianto fotovoltaico) potranno essere direttamente reimpiegati in altri progetti. Nella
scelta dei materiali è stata posta molta attenzione al fatto che essi fossero biodegradabili
o idonei a essere lavorati, con processi comunemente in uso, per ottenere materiali
da costruzione riciclati pregiati. Per esempio, data la premessa che i materiali metallici offrono infinite modalità di riciclaggio, la
scala e molti elementi da incasso e d’arredo,
compresa la cucina componibile, sono stati
realizzati in materiale metallico.
Costruzione
La struttura in pannelli di legno poggia su
fondazioni lineari di calcestruzzo armato e
non è ulteriormente ancorata al suolo, in
questo modo l’edificio può essere completamente demolito senza lasciare traccia sul
terreno. Una struttura ampiamente prefabbricata in legno, coibentata con cellulosa
soffiata e rivestita su entrambe le facce in laboratorio, rappresenta un sistema particolarmente adattato al riciclaggio e molto conveniente dal punto di vista del bilancio
ecologico, consentendo, oltre tutto, un’agevole realizzazione in tempi prestabiliti. Grazie all’elevato livello di prefabbricazione,
soprattutto per quanto riguarda l’involucro
esterno e la copertura, le particolari esigenze rispetto alla qualità esecutiva sono state
completamente soddisfatte in tempi molto
brevi. La pareti esterne opache sono rivestite di pannelli retroventilati e smontabili in vetro o moduli fotovoltaici; l’impianto fotovoltaico del tetto è appoggiato alla copertura con
una zavorra di pietrisco. Anche le grandi
facciate in vetro si distinguono per il sostenuto grado di prefabbricazione e i tempi
relativamente contenuti di montaggio.
Smontabilità e separabilità
Per garantire il reintegro completo dei componenti da costruzione nel ciclo dei materiali, sono state definite 20 unità di riciclaggio
che richiedono una raccolta in frazioni separate in caso di demolizione. In questo modo
sono state poste le basi di un processo di
riciclaggio di alto profilo. Ogni elemento della costruzione può essere scomposto nelle
20 frazioni citate, allo stato puro e libero da
qualunque apprezzabile residuo di altri materiali. Le tecniche di giunzione degli elementi costituiscono una premessa importante per il conseguimento del risultato. Si è
quasi completamente rinunciato alle unioni
incollate e non reversibili, mentre le unioni a
vite, a incastro e ammorsate si sono rivelate
molto utili, così come gli appoggi semplici
e i materiali sciolti. In nessun caso si è fatto
ricorso a schiume o tecniche di giunzione
non a secco. La possibilità dell’incollaggio
è stata presa in considerazione solo nei casi
in cui il fissaggio meccanico avrebbe prodotto risultati inaccettabili dal punto di vista
tecnico o estetico, come nel caso dei rivestimenti a parete in vetro nei bagni. In queste
situazioni eccezionali è stata tuttavia posta
particolare attenzione al fatto che gli adesivi
potessero essere rimossi, senza lasciare
impurità, dalle travi e dal fondo al momento
dello smontaggio.
Identificabilità e documentazione
Il miglior progetto di riciclaggio diventa inutile quando al momento di operare l’impresa
responsabile della demolizione e del riciclaggio non dispone delle informazioni necessarie. Considerando l’incalcolabile numero di materiali da costruzione differenti,
generalmente non è più possibile riconoscere e identificare i materiali attraverso il normale controllo a vista. Nel caso dell’edificio
pilota, il previsto periodo di utilizzo di tre
anni è molto breve ma richiede ugualmente
la fornitura di una documentazione esplicita
e completa relativamente a tutte le informazioni utili al riciclaggio. Per ognuno dei materiali impiegati nella costruzione tale documentazione deve contenere l’esatta
denominazione del prodotto insieme alla
scheda tecnica, la reale quantificazione
delle masse impegnate, il metodo di riciclaggio prefigurato e la descrizione di ogni
condizione di montaggio.
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Tecnologia solare nell’involucro
­dell’edificio
Roland Krippner
Sempre più spesso si sente dire che gli architetti non riescono ad applicare la tecnologia solare integrandola nell’edificio poiché
solo in rari casi essi sarebbero disposti a
progettare coperture e facciate con elementi
solari da costruzione. Attività come il concorso universitario internazionale “Solar Decathlon Europe 2010” mostrano tuttavia in
modo evidente che gli architetti si occupano
sempre di più di solare termico e fotovoltaico. Tra le tipologie edilizie, quella residenziale è costantemente la più gettonata, manel complesso l’orizzonte delle opere edilizie
da realizzare si è sufficientemente allargato.
Fortunatamente si stanno registrando evoluzioni dal punto di vista sia tecnologico sia
formale proprio nel campo delle costruzioni
mono- e bifamiliari.
Il solare termico esce dall’ombra
Nel campo delle tecnologie solari integrate
nell’edificio, quella fotovoltaica è più di ogni
altra al centro dell’attenzione, facendo sì che
il potenziale ecologico, economico e formale
del solare termico rimanga spesso nell’ombra. I sistemi solari termici fondamentali
(assorbitori e collettori piani o tubolari) hanno raggiunto un buon grado di maturazione
tecnica ed economica e offrono molte op-
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Traduzioni in italiano
portunità d’impiego, tecniche ed estetiche,
assumendo la forma di elementi da costruzione multifunzionali.
Al momento i produttori stanno affrontando
la sfida della riduzione dei costi attraverso
l’ottimizzazione della produzione. Il processo
riguarda la sostituzione dei materiali (assorbitore in alluminio invece che in rame o collettori completi realizzati in polimero), i miglioramenti costruttivi, come l’impiego
massiccio di giunti pressati (tra l’altro negli
assorbitori a serpentina) e i nuovi procedimenti di incollaggio. Il prossimo traguardo
è rappresentato dallo sviluppo di particolari
tipologie di collettore adattate per specifiche
applicazioni, dal riscaldamento dell’acqua
potabile, al supporto al riscaldamento ambientale, alla generazione di calore di processo per usi industriali.
Gli esempi riportati in questo saggio offrono
una panoramica degli elementi da costruzione a tecnologia solare termica, dall’assorbitore in metallo o plastica senza vetro di protezione, passando per un’ampia scelta di
collettori piani, fino ai collettori a tubi a vuoto
che possono dare un forte impulso alle produzioni dei prossimi anni.
Fotovoltaico tra accenti cromatici e schermi
per la comunicazione
L’orizzonte creativo e formale per il fotovoltaico è molto più ampio che per il solare
termico. Basta ricordare le sfumature cromatiche delle celle policristalline o a film
sottile, o le caratteristiche di trasparenza e
riflessione del rivestimento del modulo. Gli
attuali sistemi di montaggio per tetto e facciata offrono una vasta gamma di profili e
fissaggi che, oltre che per l’ottimizzazione
funzionale finalizzata alla messa in opera,
si caratterizzano per l’alta qualità formale
delle soluzioni. Le celle e i moduli flessibili,
inoltre, consentono la realizzazione pratica
di progetti assolutamente innovativi.
La disposizione e il dimensionamento del
generatore fotovoltaico (ovvero del campo di
moduli) rappresentano una sfida, soprattutto
per quanto riguarda le facciate. Una volta
Bruno Taut ha parlato dell’architettura come
“arte della proporzione” e la sua teoria
dell’architettura contiene una formulazione
ancor più ampia e completa dei concetti di
rapporto e relazione applicati all’oggetto architettonico. La gelungene Teilung (corretta
ripartizione) ha molta importanza anche nel
rapporto tra la lunghezza e la larghezza dei
componenti e degli elementi solari.
Da alcuni anni, inoltre, il progetto della facciata richiede anche la messa a punto di un
armamentario di tipo illuminotecnico e microelettronico, che trasforma la parte migliore dell’edificio in un supporto multimediale
per immagini e informazioni. Nel caso delle
facciate mediatiche esiste anche la possibilità di realizzare soluzioni a bilancio energetico neutro, come nel caso della Green Pix –
Zero Energy Media Wall realizzata a Pechino
nel 2008 dall’architetto newyorchese Simone
Giostra. La facciata vetrata forma un display
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di grande formato, alto 35 m e largo 60, con
2292 diodi luminosi RGB distribuiti sull’intera
superficie retrostante i moduli quadrati vetrovetro che contengono la lamina di cella fotovoltaica policristallina. Le celle fotovoltaiche
sono disposte con densità variabile in funzione dell’ombreggiamento e dello sfruttamento della luce diurna. Alcuni pannelli sono
inoltre leggermente ruotati rispetto al piano
della struttura, conferendo alla facciata un
andamento mosso che contribuisce a catalizzare l’attenzione.
Coperture e facciate energetiche
degli edifici esistenti
L’implementazione energetica degli edifici
esistenti presuppone una complessità delle
condizioni di partenza maggiore rispetto alle
nuove costruzioni, sia per quanto riguarda
l’edilizia residenziale di massa del dopoguerra sia per gli oggetti sotto tutela storicoarchitettonica. In quest’ultimo caso le resistenze e le limitazioni da parte della
Soprintendenza ai Monumenti sono più che
sorprendenti. La svolta energetica, in realtà,
non avviene sui tetti e sulle facciate di singoli
edifici e complessi tutelati, in questi casi si
tratta di singole iniziative di matrice culturale
volte soprattutto a ottenere grande visibilità
e risonanza presso l’opinione pubblica.
La riqualificazione di una storica fabbrica di
birra a Bad Tölz (2009; Fig. 9) dimostra che,
nonostante la complessità dei requisiti, anche la trasformazione di un tetto di laterizio
in una copertura energetica può riuscire con
discreto successo. L’obiettivo del progetto di
riqualificazione energetica è la fornitura totale di energia rinnovabile all’intero complesso
di edifici, ottenuta fondamentalmente con un
tetto completamente vetrato, integrato da sistemi per lo sfruttamento dell’energia solare.
Strategie architettoniche di fondo
Gli esempi illustrati dimostrano che i sistemi
solari sono nel frattempo diventati parte integrante di progetti innovativi e ambiziosi. In
molte situazioni tuttavia, mutate le condizioni
di approccio, le soluzioni tecniche e funzionali non sono applicabili. Le novità nello sviluppo delle celle, ma anche la diversificazione e l’aumento della scelta per quanto
riguarda le dimensioni di componenti, profili
per telai e fissaggi, oltre che sistemi di rivestimento, fanno presagire ulteriori potenzialità di sviluppo. Lo stesso discorso vale anche per l’efficienza economica degli
impianti: i rendimenti del solare termico, come del fotovoltaico, sono in continua ascesa
e i produttori contano sulla riduzione, in parte consistente, dei costi di produzione dei
componenti.
I progetti odierni si distinguono spesso per
le soluzioni generali di carattere impiantistico che ottengono risultati molto ambiziosi
sul piano sia ecologico sia energetico.
Tuttavia queste soluzioni dimostrano anche
che l’integrazione delle tecnologie solari
attive può condurre a risultati sostenibili
solo all’interno di un progetto generale e
complessivo, anche quando le potenzialità
del sistema tecnologico non vengono portate fino in fondo per tutte le casistiche. Se
nel frattempo si vogliono ottenere risultati
che siano contemporaneamente sensati dal
punto di vista energetico e rigorosi dal punto di vista formale, occorre sempre perseguire l’optimum per funzione, costruzione,
forma ed ecologia.
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Edificio a energia zero,
un concetto con molti significati
Eike Musall, Karsten Voss
Dall’inizio degli anni Novanta in tutto il mondo si assiste alla costruzione di edifici che
tendono a un bilancio energetico in equilibrio o positivo. Sono nate così alcune definizioni, come Casa energeticamente autarchica, Casa Energia Zero, “(net) zero
energy building” o “equilibrium building”.
Più di 300 di queste abitazioni sono note e
130 di esse si trovano in territori di lingua
tedesca. L’argomento è diventato più attuale in seguito al varo, nel maggio 2010, della
nuova stesura dell’Energy Performance in
Buildings Directive (EPBD) che prevede,
entro il 2020, che tutte le nuove costruzioni
sul territorio degli Stati membri della Comunità Europea siano “nearly zero energy buildings”. La molteplicità delle terminologie utilizzate lascia intuire la grande differenza di
impostazione e rende molto difficile l’orientamento. I concetti sono difficilmente confrontabili tra loro e, con poche eccezioni,
non trovano riscontro negli standard normativi o non riescono a essere adeguatamente
descritti in questi termini.
Differenze e affinità
I processi che conducono alla redazione del
bilancio energetico, illustrati in questo articolo, si differenziano per la scelta degli indicatori (energia finale, energia primaria, emissioni) e dei coefficienti di conversione, così
come per la definizione di limite di bilancio
e periodo di bilancio.
Indicatore
Nel caso dei cosiddetti Edifici-solo-corrente
l’indicatore è dato dall’energia finale poiché
non entra in gioco nessun altro vettore
energetico. La maggior parte dei piccoli
edifici (residenziali) a energia zero è basata
su un approccio tecnicamente ancor meno
complicato (fotovoltaico più pompa di calore). Nel caso di edifici (più grandi), che non
si avvalgono solo di corrente elettrica come
vettore di energia, si rende necessaria l’introduzione di coefficienti che consentano di
sommare fabbisogni e consumi di energia,
o cessione di energia, in base a valori di
energia primaria o emissioni CO2 equivalenti. I coefficienti di conversione dipendono in modo diretto dalle infrastrutture energetiche nazionali o locali. L’uso del pellet
di legno (fattore di energia primaria pari a
0,2 in Germania) può così essere confron-
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tato con un guadagno di energia solare
(fattore di energia primaria 2,6). Attualmente, di solito, i coefficienti di conversione
considerano solo la quota non rinnovabile
di energia primaria impiegata. Con le biomasse ciò comporta spesso un consumo
totale di energia primaria più basso, facilitando così il raggiungimento di obiettivi
normativi nazionali e l’accesso ai finanziamenti. Per questo motivo, in molti Paesi, si
preferisce l’uso di sistemi a biomassa per
gli edifici a energia zero.
Limite di bilancio
Mentre quasi tutte le procedure approvate
dal legislatore per il calcolo del bilancio
energetico (come EnEV 2009) rivolgono la
propria attenzione esclusivamente al fabbisogno energetico del sistema impiantistico,
alcune definizioni di bilancio per edifici a
energia zero considerano anche i consumi
relativi all’utilizzo dell’immobile, come quelli
di elettrodomestici, sistemi informatici, elevatori o macchine utensili, la cui percentuale di
consumo complessivo sale vertiginosamente in caso di edifici efficienti ma non viene
quasi mai conteggiata in modo separato per
mezzo di contatori. L’inclusione nel bilancio
è perciò più che sensata. I primi edifici Effizienzhaus Plus, inoltre, considerano anche
il consumo di energia relativo ai sistemi elettrici di trasporto o ne conteggiano l’energia
di produzione nel bilancio.
I più noti sistemi di valutazione del bilancio
o di etichettatura energetica considerano gli
impianti di produzione di energia collegati
all’edificio. Al contrario, nella pratica edilizia
e specialmente nel caso di edifici (a uso non
residenziale) di maggiori dimensioni, il bilancio finale viene redatto tenendo anche conto
di certificati energetici ottenuti da impianti
di generazione esterni, come impianti eolici,
o tramite investimenti nel settore delle infrastrutture energetiche.
Tuttavia, il fatto che l’energia così prodotta
sia già stata conteggiata tra i fattori primari
e di emissione delle reti non rende questo
metodo coerente. La stessa cosa vale per
gli impianti fotovoltaici che, per esempio,
sono installati sugli edifici per mano di utility
energetiche, ma che non hanno alcun rapporto con l’approvvigionamento energetico
degli edifici stessi.
Periodo di bilancio
Il periodo di bilancio, per la maggior parte
dei sistemi di marcatura energetica, corrisponde a un anno di esercizio. L’energia per
la costruzione dell’edificio, la sua manutenzione e il suo smaltimento (ciclo di vita) non
viene conteggiata e, fino a oggi, è stata solo
raramente presa in considerazione alla stregua di requisito collaterale, per esempio attraverso un valore massimo (MINERGIE-A)
o un punteggio di riferimento (CSH). Le prime stime dimostrano tuttavia che la differenza tra diverse tipologie costruttive (costruzione massiva o leggera) è maggiore di quella
tra gli standard energetici edilizi adottati.
Traduzioni in italiano9
Prospettive
Tenendo conto della scarsità di risorse e
della maggiore percentuale di consumi per
funzioni specifiche all’interno di edifici più
efficienti (per esempio corrente per uso domestico), i limiti di bilancio dovrebbero considerare anche il consumo delle apparecchiature. A favore di ciò depone anche la
facilità di rilevamento e controllo che non richiede installazione di sottocontatori. In questo contesto, anche l’inclusione della mobilità elettrica diventa praticabile, poiché il
veicolo può essere conteggiato alla stregua
di un qualunque fabbisogno di corrente.
Qualora si decidesse di compensare anche
l’energia di produzione all’interno del ciclo
di vita dell’edificio, si renderebbe necessaria
l’adozione di uno standard Energy plus per
il bilancio dell’energia di esercizio. Così come specificato anche nell’articolo 9 della
nuova versione dell’EPBD, la produzione
di energia per la copertura dei consumi dovrebbe primariamente limitarsi all’edificio
e al suo contesto immediato. Ciò consente
sicurezza di fornitura, evita trasporti dispendiosi e favorisce il raggiungimento della
massima efficienza energetica.
Per gli edifici di grandi dimensioni, residenziali e non, e per il patrimonio edilizio esistente, l’obiettivo della Casa Energia Zero
nel contesto climatico mitteleuropeo rappresenta una grande sfida. Gli impianti fotovoltaici non dovrebbero di norma essere sufficienti per equilibrare il fabbisogno locale.
Per cui, accanto alla massima efficienza
energetica, la chiave del successo è data
dal significativo miglioramento dell’approvvigionamento di energia (= minori coefficienti di energia primaria ed emissione per
l’energia consumata).
Tuttavia, anche nel caso di edifici Energy
plus o a energia zero, il fattore determinante
è sempre rappresentato dalla capacità di
estremizzare l’efficienza energetica, richiedendo altrimenti la creazione di grandi capacità di accumulo all’interno della rete per
bilanciare offerta e domanda di energia.