6 - Il Calitrano
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IL CALITRANO periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni Spedizione in abb. postale comma 20/C Legge 662/96 Filiale di Firenze ANNO XVII - NUMERO 6 (nuova serie) NOVEMBRE-DICEMBRE 1997 IN QUESTO NUMERO IL CALITRANO ANNO XVII - N. 6 n. s. La Speranza che non delude di Raffaele Salvante 3 Estate Calitrana Periodico quadrimestrale di ambiente - dialetto - storia e tradizioni dell’Associazione Culturale “Caletra” 4 Fondato nel 1981 Calitri nel Quattrocento 6 di P. Gerardo Cioffari Direttore Raffaella Salvante Calitri all’epoca di Consalvo De Cordova 10 Direttore Responsabile A. Raffaele Salvante POPOLARE 13 Segreteria Martina Salvante In memoria del giudice Del Franco 15 Direzione, Redazione, Amministrazione 50142 Firenze - Via A. Canova, 78 Tel. 055/78.39.36 di Emilio Ricciardi IN COPERTINA: Di Napoli Francesca classe 1901, meglio conosciuta come zia C’ccuzza r’ Vinn’mier’, sotto a l’Arch’ r’ li Zingar’ in una foto di oltre 20/25 anni fa, intenta a cernere legumi per separarli dalle scorie e con i noti arnesi del mestiere: lu cirnicch’ (setaccio), lu m’zzett’ (lo staio) e lu sacch’ (il sacco), documentazione di tradizioni e culture di un mondo che, proprio perchè va scomparendo, dona una particolare nobiltà e bellezza a questi gesti, rivestendoli di tonalità ricche di affetti. (foto Luigi Nicolais) DIALETTO E CULTURA Il Sileno di Contursi di Damiano Pipino 15 Spedizione in abbonamento postale 50% Il dottor Margotta commiato di Gerardo Melaccio C. C. P. n. 11384500 16 Erbe di casa nostra AD ANNA RAMZA Attrice polacca Un chiaro di azzurro o come quel bianco di luna nelle distese notti d’estate, così il suo viso. Quasi in volo sognando o nei campi se a primavera splende il verde sui prati. Ora è alito di vento nel fresco delle foglie, il mattino è di rugiada tra i suoi fiori a coglierne i profumi, ma la sua anima è fremito di fiamma nelle sue sere di scena le sue storie i dolci amori e il triste pianto e come in un dipinto è gioia imprimere nel vivo dei lunghi anni le sue immagini splendenti il suo nome, ed ha guardato gli orizzonti per avere il primo raggio di sole. Manfredi Del Donno di Giovanni Nicolais 17 REQUIESCANT IN PACE 18 MOVIMENTO DEMOGRAFICO 19 SOLIDARIETÀ COL GIORNALE 20 LA NOSTRA BIBLIOTECA 22 VITA CALITRANA 23 La collaborazione è aperta a tutti, ma in nessun caso instaura un rapporto di lavoro ed è sempre da intendersi a titolo di volontariato. I lavori pubblicati riflettono il pensiero dei singoli autori, i quali se ne assumono le responsabilità di fronte alla legge. Il giornale viene diffuso gratuitamente. Attività editoriale di natura non commerciale nei sensi previsti dall’art. 4 del DPR 16.10.1972 n. 633 e successive modificazioni. 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E la speranza non delude” (mons.Tonino Bello) P mediocrità: lo scetticismo prevale urtroppo ci stiamo adattando alla sulla speranza, l’apatia sullo stupore, l’immobilismo ci paralizza; manca l’entusiasmo, la volontà, la voglia di fare, e mentre ci lasciamo sedurre troppo facilmente dall’effimero, – chiusi nell’alterigia del nostro “io”, mascherando l’egoismo e camuffando l’incapacità, la povertà di iniziative – intristiamo nella banalità del quotidiano. Siamo riusciti a svuotare il Vangelo. E un Vangelo svuotato è estremamente utile per mantenere il mondo come è; perciò “niente di nuovo sotto il sole” i potenti comanderanno sempre! Ma non dobbiamo restare indifferenti; la nostra è una responsabilità che ci dobbiamo assumere in prima persona, ben sapendo che il dinamico è sempre più difficile da pensare che lo statico, perchè si lascia difficilmente racchiudere entro schemi determinati. Tutto questo perchè siamo sicuri che in questo ingrato compito abbiamo dalla nostra parte il sostegno e l’incoraggiamento dei cittadini, la solidarietà dei collaboratori, il rispetto di chi la pensa come noi, il consenso degli ultimi; non possiamo farci travolgere dallo scoraggiamento, ma vogliamo camminare “insieme” a tutti i fratelli, chiedendo al Cielo il dono di una genialità nuova che ci metta in grado di esprimere il vissuto e le ansie dell’uomo contemporaneo, affrontando i bisogni non con atti occasionali, ma con piani complessivi di intervento che, troppo spesso, la nostra pigrizia, leggerezza o incompetenza hanno lasciato scandalosamente inutilizzati. Giovani non demordiamo, ma scateniamoci nell’impegno di vera comunione e solidarietà con i fratelli, nella totale e piena disponibilità della nostra persona contro l’abbatti- mento, la delusione, la sfiducia, con l’impeto di quella Speranza che ci viene dalla fede e non delude, ma ci da la certezza che cambiare è possibile. Superiamo i nostri egoismi, rompiamo i nostri schemi, apriamoci alle attese, alle provocazioni che partono da tutti i punti del genere umano, educhiamo la nostra coscienza ad assumere come suo orizzonte il mondo intero, vivere in modo realistico la vocazione di cittadini del mondo, per cui tutto quel che avviene in Africa, America e Asia ci tocca direttamente; questo darebbe concretezza alla nostra vita e scuoterebbe le catene che ci condizionano. La legge dell’amore come imperativo deve essere la norma di tutte le nostre azioni; non soccombiamo mai alla tentazione di divenire amari… È molto facile – è vero – per chi vive nel privato, dire parole di pace, amore, carità; mentre poi ci rifugiamo nell’orto delle nostre soddisfazioni familiari ed alziamo un muro nei confronti del mondo – gravissima forma di dimissione morale – sordi alle invocazioni di chi, avvertendo l’impossibilità di dare un senso alla propria vita cade nello scoraggiamento più nero. In parole povere ci dobbiamo affrettare a smobilitare il fariseismo, cioè quell’atteggiamento dello spirito che considera legittima la distinzione tra giusti e ingiusti; rimettere a fuoco i nostri modi di vivere che superando pregiudizi, visioni particolaristiche e atteggiamenti soggettivi diano testimonianza dell’impegno concreto di ciascuno nella piena assunzione delle proprie responsabilità, per vincere ogni egoismo e suscitare sempre nuove generosità, per far ritrovare al paese il gusto dei valori che garantiscono autenticità di futuro, dignità, giustizia e pace. 3 È l’invito che facciamo anche ai nostri amministratori locali, ad impegnare cioè con dignità, senza risparmio e senza più complessi di subalternanza, tutte le risorse umane per risolvere i problemi nodali di un lavoro da garantire a tutti, della ricostruzione del paese, di una emigrazione di cui contenere l’emorragia, di una ripresa dell’agonizzante agricoltura, del turismo che fatica a imporsi, delle giuste rivendicazioni degli artigiani, del degrado che minaccia il nostro paese, dello sviluppo delle aree interne, dell’inquinamento ambientale che dà motivo di crescente preoccupazione; la gestione integrata dei servizi in una stessa area geografica è, infatti, la scommessa che i piccoli Comuni dovranno affrontare nei prossimi anni. Battersi vuol dire non chiudersi nel presente, dimenticando il passato e disinteressandosi del futuro, ma proprio il contrario e cioè liberare l’uomo dalla miseria, dalla imperante massificazione, dalle grinfie rapaci del potere, dalle seduzioni involutrici del falso benessere; perchè è oltremodo pericoloso, per l’intera società, chiudere gli occhi sotto la carezza di un’assuefazione che non ci scomoda più. Raffaele Salvante NATALE 1997 Rendici degni, o Signore, della tua santità che è l’amore. AUGURI Il CALITRANO N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997 ESTATE CALITRANA ne della Fiera, e se fosse stato pubblicizzato per tempo, avrebbe certamente avuto un gran numero di richieste da ogni parte d’Italia. Il Comitato Festa San Canio e Santa Lucia ha organizzato la 3ª edizione dei Dilettanti alla Ribalta che ha visto uno strepitoso successo del giovane cantante calitrano il diciottenne Maffucci Donato, che ha già avuto una prima “consacrazione” nazionale, classificandosi primo a Norcia al concorso musicale “Fantastica e…” cantando un famoso pezzo di Andrea Bocelli che ha ripetuto a Calitri. Decisamente un giovane talento che qualche intenditore già considera una vera e propria promessa. Il circolo Aletrium con una organizzata serie di visite guidate ci ha portato alla riscoperta degli angoli più reconditi del paese, e ci ha fatto assistere ad un’ottima rappresentazione teatrale. L’Associazione Romana dei Calitrani, anche quest’anno ha organizzato la Festa dell’Emigrante con una sfilata folcloristica in costumi antichi, con la scena madre sulla vita delle Q uesta estate Calitrana sarà consegnata alla cronaca per le numerose manifestazioni organizzate da vari gruppi di lavoro come Aletrium, la Pro Loco, Sipario, gruppi ambientali ecc. Anzitutto la Fiera Interregionale di Calitri, alla sua sedicesima edizione, promossa dall’EAPSAIM (Ente Autonomo Promotore e Sviluppo delle Aree Interne del Mezzogiorno) di cui è presidente il rag. Lucadamo Romeo, che è stata inaugurata domenica 31 agosto dal presidente del Senato On.le Nicola Mancino con la partecipazione del sindaco di Calitri prof. Vito Marchitto, delle autorità civili e religiose e di quasi tutti i Sindaci delle province di Avellino e Potenza. Per tutta la settimana, con un ricco ed articolato programma si sono succeduti nella sala convegni politici, studiosi, operatori commerciali, sindacalisti ed esperti in vari settori, per portare il loro contributo fattivo a questa XVI° rassegna che ha rappresentato un’immagine nuova e più creativa della nostra Irpinia. Fra le sale più frequentate della Fiera, senza dubbio è stata quella delle “Ruote Quadrate” mostra interattiva itinerante, exhitits di arte, scienza e percezione umana, allestita e diretta dal prof. Pietro Cerreta e l’ing. Canio Lelio Toglia dell’istituto tecnico di Calitri e reduci da un riuscitissimo programma televisivo sull’argomento. Abbiamo, inoltre, notato – finalmente! – uno sportello postale con uno speciale annullo in onore della XVI edizio- pecore dall’allevamento, la tosatura, il latte e la sua lavorazione in vari formaggi. Si è visto quest’anno una certa continuità nelle varie iniziative sostenute per lo più dal volontariato dei giovani che non sempre hanno la collaborazione della maggioranza della popolazione, ma crediamo e siamo fiduciosi che come inizio ci fa ben sperare. RICORDA CHE LA TUA OFFERTA È DECISIVA PER LA PUBBLICAZIONE DI QUESTO GIORNALE 4 Il CALITRANO N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997 DAL VENEZUELA DAL CANADA Caracas 27.04.1997, Festa dei Calitrani, da sinistra: Persichetti Giuseppe con la moglie, del Patronato pensioni - Petricone Maria vice console di Maracaj - Frabattoni Giorgio, console generale d’Italia a Caracas - Maria e Antonio Zazzarino - signora Frabattoni - Massitti Teodoro e la moglie, vice console di Los Teques. Montreal luglio 1997, Esterina Borea, al centro, con la famiglia del figlio Michele Lampariello e alcuni amici. DAGLI STATI UNITI DALLA SVIZZERA New Rochelle agosto 1997, Calitrani al matrimonio del figlio di Lucille e Donato Borea, seduti in prima fila da sinistra: Cerreta Giovanni - Borea Bernardette, moglie di Pietro - Capossela Maryanne, moglie di Franco - Fastiggi Pasqualina, moglie di Mario - Lucrezia Michelina, moglie di Salvatore - Manzoli Ascanio, da Genova. Seconda fila: Borea Pietro - Capossela Franco - Fastiggi Mario - Zarrilli Jackie, moglie di Vincenzo - Borea Donato e Lucille - Zarrilli Vincenzo - Di Milia Canio e Lori - Lucrezia Salvatore - Borea Flavia, da Genova. Balsthal 7 giugno 1997, Festa dei Calitrani da sinistra: Russo Giuseppe Cianci Antonio, segretario - Zarrilli Antonio, presidente - Martiniello Leonardo - Marchitto Vito, sindaco di Calitri - Ricciardi Maria Antonietta - De Nicola Vito - Cicoira Orazio - in prima fila Di Maio Leonardo - Fatone Canio - Fatone Vincenzo - Gautieri Giuseppe, cassiere. Calitri 1966/67 da sinistra: Fierravanti Pietro - Di Maio Luigi - Zampaglione Vincenzo - Roina - Nigro Giovanni - Briuolo Rocco; seduti: Mucci Michele - Maffucci Donato - Russo Michele - Rubino Michele - ? . 5 Gervasi Angelo Maria nato a Calitri il 19.09.1856, figlio di Gervasi Nicola e Nicolais Maria Luigia. Negli Stati Uniti ci sono i discendenti che vorrebbero conoscere i parenti calitrani. Il CALITRANO N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997 P. GERARDO CIOFFARI O. P. Calitri nel Quattrocento: la signoria di Luigi II Gesualdo (1436-1471) e Nicola III (1471-1480) La carenza documentaria riscontrata per il periodo di Sansone Gesualdo continua purtroppo anche per l’arco di tempo che vede come signore di Calitri il figlio Luigi II Gesualdo, anche se alquanto in minor misura. L’andamento della vita civile ed economica della nostra cittadina non può essere pertanto studiata direttamente ma solo di riflesso, tenendo conto cioè delle fortune del feudatario e dell’incremento demografico. 1. Luigi II Gesualdo: per Alfonso contro Renato Luigi II, primogenito ed erede di Sansone nel feudo di Calitri, anche Luigi II contrasse un matrimonio poco favorevole al partito di Giovanna II. Nel 1427, infatti, aveva sposato Emilia Mormile(1), figlia di quel Francesco Mormile che fu uno degli avversari più irriducibili della regina. Il rito aveva avuto luogo per cultellum flexum per eos (Luigi e Sansone) positum in manibus predicte Emilie, secundum consuetudinem Comitum et Baronum huius Regni. Nonostante il contesto alquanto ostile, la regina diede il suo assenso in data 2 marzo 1427(2). Un particolare interessante di questo contratto matrimoniale fu che il padre della sposa assicurò la dote della figlia di 500 once “sul castello di Calitri in terra beneventana”. In altri termini, Calitri veniva scelto dal nobile napoletano come controparte della dote di 500 once, pur sapendo che lo sposo era titolare di vari altri feudi che il padre Sansone gli aveva concesso. Di conseguenza, l’anno del matrimonio fu per Luigi II anche l’anno di inizio del suo diritto di signoria su Calitri, anche se fu ancora il padre Sansone ad amministrare il feudo per circa un decennio ancora. Questa menzione privilegiata del castello di Calitri nei patti matrimoniali di Luigi II ci consente di dedurre che la cittadina aveva fatto notevoli progressi e che forse Sansone non disdegnasse dall’abitarvi, sia pure per periodi limitati. Per lo stesso motivo è plausibile che la giovane Emilia volesse accompagnare il marito in visita a questo nuovo feudo. Tuttavia, si tratta solo di legittime congetture, in quanto, al momento, non si conoscono fatti o episodi che coinvolsero direttamente Luigi II né come signore di Calitri né come emergente feudatario nel Regno di Napoli. È probabile che Luigi politicamente si facesse guidare dal padre, mentre è certo, soprattutto alla luce degli avvenimenti successivi, che negli anni della rottura fra Alfonso il Magnanimo e la regina Giovanna II, Luigi II Gesualdo si schierò col primo e in questa fedeltà si mantenne sino alla morte della regina Giovanna, avvenuta nel 1435. Cosa che, come si è detto, salvò Calitri dalla rappresaglia militare operata dal principe di Taranto nella zona contro i fautori della regina Giovanna e poi di Renato. Con Alfonso d’Aragona che avanzava vittorioso, Luigi II non ebbe difficoltà a vedersi confermare signore delle terre dello zio Antonello, “ribelle” in quanto sostenitore di Renato(3). E molto probabilmente, per l’occasione, entrò anche nel possesso effettivo dei feudi lasciatigli dal padre, fra cui Calitri. Il suddetto Renato era fratello di Luigi III, che Giovanna II aveva chiamato dalla Provenza designandolo alla sua successione. Ma essa in precedenza aveva designato Alfonso d’Aragona a succederle, e questi era tutt’altro che disposto a cedere il trono al duca francese. La guerra fu favorevole all’Aragonese, e se Napoli gli aprì le porte solo nel 1442 (anno in cui si fa cominciare l’epoca aragonese del Regno di Napoli), in realtà in gran parte del Regno (specialmente in Puglia, per il sostegno del potente principe di Taranto) tale governo era cominciato già nel 1435. 2. Tra i primi signori del Regno L’appoggio del nuovo signore di Calitri ad Alfonso continuò, dunque, anche durante la guerra che questi si trovò a combattere contro Renato. A vittoria e regno acquisiti, il nuovo re di Napoli lo volle fra i nobili del regno al parlamento tenuto nel 1443(4). A proposito del suo conservare le terre durante la guerra in corso, è da rile6 vare la svista dell’Acocella che, pur riferendo al 1436 il compattamento dei beni di questo feudatario, aggiunge: Ed egli riuscì a conservare quelle “terre” attraverso tutte le contese e le gare che sorsero, quando tornò in Italia il partito angioino con Luigi III, successo a Luigi II nel 1418(5). È chiaro che lo storico di Calitri fa risalire la signoria di Luigi II su Calitri a diversi anni prima (forse al 1427). Eppure, egli stesso rileva che l’anno successivo è Sansone a trattare i problemi fra Calitri e Castelgrande. In ogni caso, il re Luigi III morì nel 1434, quando Luigi Gesualdo non aveva ancora i vasti possedimenti del cugino Antonello. Quindi, è vero che riuscì a mantenere i suoi feudi, ma non tanto durante le lotte di Luigi III, quanto piuttosto durante le contese sorte con l’arrivo di Renato, designato successore nel Regno da Giovanna II. Che il rapporto con Alfonso d’Aragona si mantenesse più che buono è dimostrato dalla sua partecipazione alle manifestazioni cavalleresche indette in occasione della nascita di re Ferrante (19 aprile 1452), essendo i giostratori i primi signori del regno(6). Luigi II fu un feudatario importante per il destino di Calitri che, avendo abitanti molto intraprendenti ed attivi, aveva soltanto bisogno di pace sociale per esprimersi al meglio. Ora, dopo più di settanta anni di guerre ed epidemie, con lui il feudo dei Gesualdo ritrovava un eccezionale compattamento. Il grosso dell’Alta Irpinia era ormai saldamente nelle mani di questo barone che si preoccupò di ridare nobiltà ad alcuni antichi feudi, come Conza. Il tutto alla luce di quanto detto a proposito di Antonello. Non si trattava, cioè, di semplici feudi, ma di territori su cui il signore di Calitri aveva il mero e misto imperio, praticamente il potere di vita o di morte sui suoi vassalli. Pochi mesi dopo Luigi si preoccupava di consolidare i titoli nobiliari nella sua famiglia, ottenendo dal re Alfonso (1 agosto 1452) il titolo di conte di Conza per il figlio Sansone (meglio noto come Sansonetto)(7). Col figlio Sansonet- Il CALITRANO N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997 to volle anche stipulare dei Capitoli, il cui tenore però al momento non ci è noto. Questi non comprendevano l’investitura del feudo di Calitri, almeno non in modo definitivo. Forse (come Sansone e il figlio Luigi nel 1427) si trattava di una investitura che avrebbe avuto conseguenze pratiche soltanto dopo la morte del padre. Infatti, in data 6 agosto 1458 il nuovo re, Ferrante, confermava pur sempre a Luigi (e non a Sansonetto) l’investitura di Calitri e altri feudi, il riconoscimento delle cause civili e criminali, nonché i suddetti Capitoli(8). In tal modo Ferrante si assicurava la fedeltà di un potente barone in un momento per lui molto critico a causa della ribellione di Giovanni Antonio del Balzo Orsini, il principe di Taranto, già fautore del padre Alfonso. Infatti, in quella difficile scelta (il ricordo delle devastazioni del principe nei territori di Ruvo e Pescopagano doveva essere ancora vivo), il signore di Calitri si schierò col re. 3. Re Ferrante a Calitri (7-13 luglio 1459) Nel corso di questa prima congiura dei baroni, capeggiata dal principe di Taranto Giovanni Antonio del Balzo Orsini, re Ferrante poté utilizzare tranquillamente l’Alta Irpinia come base delle sue operazioni militari. Anzi, sembra che tali operazioni avessero uno scopo diversivo, in quanto tutto sembrava che venisse fatto in vista di una spedizione in Calabria, mentre l’occhio era rivolto ai ribelli di Puglia. Tra il maggio ed il giugno 1459 si trovava, ad esempio, nel bosco Malliano, presso Lacedonia, e da qui il 28 giugno scriveva al tesoriere di Calabria, Giacomo Zumbo: Siamo deliberate andare personalmente, ca per questa cagione cray, duce Deo, parteremo de qua et volteremo nostre bandiere ad questo camino, et serà lo nostro alogiamento de cray appresso Calitri, da unde e da laltro proximo alogiamento spazzeremo la gente che manderemo ad loco(9). Il re, comunque, non poté trovarsi a Calitri se non il 7 luglio, dopo essersi fermato due giorni ad Andretta. È abbastanza agevole seguire le sue tracce perché da questi accampamenti partiva tutta una serie di lettere per meglio armonizzare le operazioni militari. La mattina del 5 luglio, ad esempio, da Andretta (Datum in nostris felicibus castris prope Andrectam) spediva una missiva per il suo comandante Giovanni Antonio de Foxa sulla necessità della riconquista di Trani, occupata da Simone Caccetta. La mattina del 7 il re scriveva sempre da Andretta (con la stessa dicitura) al duca di Milano Francesco Sforza, esponendogli brevemente i suoi provvedimenti a proposito di Trani (10). Lo stesso giorno, però, diretta al duca di Milano partiva un’altra lettera da parte del suo ambasciatore Antonio da Trezzo, lettera che terminava con Ex felicibus castris regiis apud Calitrum. È chiaro quindi che, durante la giornate del 7, l’esercito si era mosso da Andretta, portandosi a Calitri. La sosta del re a Calitri, di almeno 6 giorni, fu più lunga di quanto si potesse supporre, e la ragione (come si vedrà dalla prima lettera qui pubblicata) va vista nell’incertezza del momento, di conoscere cioè le intenzioni degli altri baroni e soprattutto del principe di Taranto che, nel mentre organizzava la guerra, continuava a dichiararsi suo fedele vassallo. È probabile che in questi “stati” del Gesualdo si sentisse più sicuro e che intendesse riflettere ed avere più elementi per giudicare la situazione. Come si vedrà, allora il centro delle operazioni militari era Trani, Bisceglie, Andria e Corato. La permanenza del re a Calitri almeno fino al giorno 13 si evince da una lettera che quel giorno spedì al patriarca di Aquileia(11). Non avendo a disposizione quest’ultima, è opportuno riportare almeno le due dell’ambasciatore del duca di Milano: Calitri, 7 luglio 1459. Illustrissimo Principi et Excellen.mo Domino meo sing.mo Domino Duci Mediolani. Illustrissimo Signore mio. Ceterum se debbe recordare la Ill.ma S.(ignorìa) V.(ostra) quanto l’anno passato finché eravamo alla Fontana del Piuppo gli scripse de la expulsione facta de la parte che era in Trani non benivola alla M.tà (Maestà) et come furono remessi in casa li zentilhomini Palagani et come essa M.tà haveva ordinato suo Castellano et Governatore in quella terra Iohanne Antonio de Fusa. Quelli talli che furono caciati, così li capi come loro sequaci tuti se redussero a Biselli (Bisceglie) et altre terre del Principe (di Taranto) dove so’ stati continuamente. Mo’ novamente dicti forussiti se sonno tuti radunati in Bisselli, de la quale terra a dui dì del presente tempo de nocte se parterono cum molto numero de persone et sonno intrati in Trani, in la quale havevano intelligentia come per la inclusa copia de le lettere del dicto Fusa la ex. V. vederà. In quella hora che vennero dicte lettere de Fusa al S. Re, quasi in quello instanti vennero lettere del Principe ad essa M.tà de questo effecto che la S. sua per lettere del suo officiale de Quarata (Corato) era stato avisato come questi forussiti erano rientrati in Trani del che haveva assai despiacere, et che inteso el caso li haveva facti bandire dalle terre sue, che se gli capitano siano impichati, volendo dimonstrare che questa cavalcata sia facta preter scientiam suam (senza che lo sapesse), che quanto questo sia vero né verissimile ogniuno lo po’ iudicare, che havendo dicti forussiti facta la adunatione loro in Bisselli et de quella terra usciti de nocte non l’have- IL SOGNO DELLA VITA Se spazi lo sguardo oltre la montagna nasce in te il desiderio di scoprire ciò che nasconde ti senti piccolo in questo mondo immenso, vorresti essere un uccello, volare lontano, scoprire i misteri di ciò che ti sta intorno. I tuoi pensieri fuggono nel passato, pensi al tempo dimenticato. Tra passato e futuro ti diverti a volare, ma il giro finisce, ritorni al tuo nido e ti accorgi che hai solo sognato… … è tutto finito. Galgano Irma Loredana Con questa delicata poesia la nostra concittadina ha conseguito il premio speciale-Medaglia al 3° Concorso Letterario “NOI E GLI ALTRI”. 7 Il CALITRANO riano potuto fare ch’el officiale non l’havesse saputo el quale non haveria consentito talle cosa senza participazione et voluntà del Principe. Ma la prefata M.tà, come savia, fingie de credere che così sia come esso Principe manda a dire, et da l’altro canto aciò che dicti forussiti non se habiano ad fortificare in la terra, li quali non è da dubitare che quando bisognasse sempre sequiriano più le voglie del Principe cum cui favore sonno intrati che de essa M.tà, subito ha spaciato una bona squatra de cavalli et li soi provisionati et ballestreri, li quali partirono heri per andare a Trani cum ordine de intrare de nocte e più secretamente che possano per la via del Castello et insieme cum l’altri de essa M.tà che sonno là, pigliare o caciare questi che sonno reintrati et punirli insieme cum quelli altri che se trovarano haver havuto intelligentia cum loro. S’el Principe starà ad vedere la cosa reesce secundo l’ordine dato, s’el se vorrà scoprire in favoregiare dicti forussiti et ch’el vada o manda in aiuto loro, essa M.tà similmente andarà et cognoserasse apertamente l’animo et voluntà d’esso Principe, el quale però assai se cognosce. Non passarano tre dì che se sentirà quello serà seguito per l’andata de queste gente, del che avvisarò vostra Celsitudine. Ex felicibus castris regiis apud Calitrum die VII Iulii 1459. Ex. Vestre. Servus Antonius de Tricio(12). Calitri. 9 luglio 1459. Illustrissimo Principi et Ex.mo Domino meo sing.mo Domino Duci Mediolani. Illustrissimo Signore mio. Per le alligate mie la Ill.ma S.V. intenderà come li forussiti de Trani erano reintrati et la provisione facta per la M.tà del Re in haverli mandate sue gente, etc. De poi sonno venute lettere de lo Illustre duca d’Andria de le quale mando la copia inclusa. Quello Misser Simone nominato in dicta copia era il capo principale de tutti li forussiti, del quale non è remaso figliolo né parente alcuno. Quello Loysi Capra è Milanese. So certo serà facto morire et crudelmente perché esso fo quello che amazò lo Governatore de Trani quando Re Alfonso stava infermo, et che la dicta terra se rebellò. Penso che le gente del Re andate a Trani procederano più oltra, cioè in pigliare le persone et sachegiare le case de quelli cittadini che se erano mossi in favore de dicti forussiti, del che s’aspecta nova de hora in hora. Ormai el S. Re po’ vivere bene securo de quella terra, perché gli N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997 resta dentro solamente li Pelagani suoi parciali et usciti non gli serano che cercano de reintrare. Vero è che la terra remane molto desfacta et depopulata, ma manco male e haverla così guasta che inimica: de quello che più oltra se haverà darò adviso ad V. Ex.ia. Dicti forussiti pare che pur intrassero cum el nome del Principe come appare per una lettera de uno suo officiale mandata a S. S.ria et per quella mandata qua, de la quale ve se manda la copia. Ex lelicibus castris regiis apud Calitrum die VIIII Iulii 1459. Ex V. Servus Antonius de Tricio(13). Antonio da Trezzo alla sua prima lettera allegava anche la lettera del Foxa, che comandava il contingente regio presso Trani. Nella seconda informa il duca di Milano dell’arrivo all’accampamento di Calitri delle lettere del duca d’Andria, che parteggiava per il re. Alla sua, poi, allegava un’altra lettera di un ufficiale del Principe di Taranto da cui si evinceva che quest’ultimo fosse in stretto contatto con i fuorusciti di Trani. 4. Ribellione, pentimento e morte Meno di un anno dopo dalla sua permanenza a Calitri, non del tutto inattesa giunse la notizia della sua pesante sconfitta a Sarno (7 giugno 1460). Il principe di Taranto, così abile a farsi propaganda, fu questa volta meno abile nello sfruttare il momento favorevole. Si preoccupò, cioè, di raccogliere attorno a sé un numero maggiore di alleati, invece di impedire al re la ricostituzione dell’esercito. In ogni caso, almeno inizialmente, molti pensarono che la partita fosse terminata e che il principe di Taranto usciva vincitore dallo scontro col re di Napoli. Tra le maggiori defezioni ci fu proprio quella del signore di Calitri, Luigi Gesualdo, dovuta alle pressioni del principe di Taranto. Questi, infatti, dopo la vittoria di Sarno, nel tornare in Puglia, passando per l’Irpinia volle allargare l’area della ribellione. E di là pigliando il cammino di Puglia, si venne a rendere al duca Matteo Stendardo Signore d’Arpaja, Francesco della Ratta Conte di Caserta, e Luigi di Gesualdo, che in Valle Beneventana possedea buon numero di Terre e Castella(14). La defezione di Luigi Gesualdo, proprio per il “buon numero di Terre e Castella”, fece un certo scalpore. Né vi è da meravigliarsi, visto che questo potente feudatario doveva la sua fortuna al padre di Ferrante, al quale era stato sempre fedele. A ricordare la sua defe8 zione fu il celebre umanista Giovanni Pontano nelle sue “Storie”. Ecco le sue parole: Avendo seguito il suo esempio la Lucania e quasi tutta la Calabria, inflissero una pericolosa ferita al re, anche perché sopravvennero defezioni come quella di Luigi Gesualdo, il quale, signore in Irpinia di parecchie città in posizione strategica, appena gli fu portata la notizia di ciò che era accaduto a Sarno, passò nel campo nemico(15). Il passaggio di Luigi Gesualdo nelle file dei baroni ribelli non fu senza conseguenze. Come il Pontano aveva sottolineato, i castelli del Gesualdo erano in posizione strategica (opportunis oppidis), per cui il principe di Taranto mise subito alla prova il nuovo alleato, chiedendogli di fare da tramite fra la Puglia e le città ribelli nei pressi di Napoli, in particolare con Nola. Ed infatti, questo corridoio divenne la via preferenziale per fare giungere gli aiuti dalla Puglia. Al riguardo ci sono pervenute notizie nell’opera storica di Enea Silvio Piccolomini (1405-1464), papa col nome di Pio II(16), il quale scriveva proprio nei giorni in cui tali avvenimenti avevano luogo. L’assedio dell’esercito regio a Nola andava per le lunghe a causa delle vettovaglie provenienti da Gesualdo e da altri castelli del Conte di Avellino. Il comandante dell’esercito ribelle era il Piccinino, che però era restio ad una battaglia campale. Per cui il re poté assediare Gesualdo, castello definito di molto momento. Fu così che fu combattuto Gesualdo con molto sforzo, finalmente essendo rotte le mura di quello dall’artiglierie, se diede al Re. Il presidio che v’era fu per la maggior parte spento di vita, dopo Paterno e molte altre castelle, ch’erano dell’istesso Conte, parte per forza, e parte per voluntari a deditione pervennero in potere del Re, ultimamente l’istesso Conte et alcuni altri Baroni della medesima maniera. Conte di Avellino era allora Giacomo Caracciolo, fratello di Giovanni Caracciolo, duca di Melfi, i quali insieme al signore di Calitri praticamente garantivano il corridoio suddetto tra la Puglia e la Campania. La sottomissione di Gesualdo, dunque, quasi certamente trascinò quella di Calitri, con la probabile cattura dello stesso Luigi II Gesualdo. È difficile dire se il ritorno nelle grazie del re avvenisse prima della sconfitta definitiva del principe di Taranto (1463), oppure dopo. Secondo il Ricca, avvenne già nel 1462, quando Il CALITRANO N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997 diversi baroni fecero pace col re. In ogni caso, Ferrante lo riammise nella sua amicizia e lo tenne in grande considerazione fino a che Luigi non venne a morte ai primi del 1471(17). 5. Nicola III Gesualdo (1471-1480). Alcuni anni prima era morto anche il primogenito di Luigi, quel Sansonetto che nel 1452 era stato insignito del titolo di conte di Conza. Forse il padre lo aveva in qualche modo accomunato nella signoria di Calitri, ma di questo non ci è pervenuta traccia. La data di morte di Sansonetto è alquanto controversa in quanto, dopo aver detto che prese nel 1452 il titolo di conte di Conza, il De Lellis riporta un’epigrafe che lo fa morire nel 1444. L’epigrafe si trovava alla base della statua di Costanza di Capua, sua moglie, nella chiesa di S. Maria, dei domenicani di Conza, nella cappella di S. Maria delle Grazie, che era appunto la cappella gentilizia dei conti di Conza: All’insigne matrona Costanza di Capua, che da giovane sposò il giovane Conte di Conza Sansone Gesualdo, al quale da vivo diede amore e pudicizia, da morte la fedeltà coniugale e le lacrime, i sette figli superstiti hanno eretto affinché negli Elisi, più che della nobiltà della stirpe, possa gloriarsi della pietà dei figli. Visse anni…, mesi… . Morì nell’anno della salvezza di Cristo 1444(18). Considerando che nel 1452 era stato insignito del titolo di Conte di Conza, si può pensare che l’incisore dell’epigrafe o il De Lellis abbiano preso una svista, nel senso che invece di cinque X (o L) ne abbiano riportato quattro. Si può ipotizzare, di conseguenza, che l’anno di morte del Sansonetto sia il 1454. I sette figli di Sansonetto, cui fa anche riferimento la lapide, erano: Nicola, Luigi, Cesare, Antonio, Fabrizio, Massenzio e Carlo. Le figlie, invece, Altobella ed Ippolita. Quando, inaspettatamente, nel 1454 venne a morte, il padre Luigi, cambiando testamento, destinò i feudi di Calitri, Castiglione e S. Maria in Elce a suo nipote Nicola, primogenito di Sansonetto(19). Questi, versando once 145, tarì 20 e grana 13 per il relevio, in data 30 marzo 1471 ottenne dal re il privilegio di investitura dei feudi suddetti(20). La stima che questo figlio di Sansonetto godeva a corte è dimostrata dal fatto che nel giugno 1477 fu scelto fra sei signori princi- pali del Regno per accompagnare in Catalogna il duca di Calabria Alfonso che andava a prendere la seconda moglie di re Ferrante(21). Anche se il suo nome non ritorna spesso nei documenti del tempo, la sua fu un’epoca di crescita per Calitri. Il decennio nel quale Nicola era signore di Calitri fu, infatti, un decennio di pace, garantita da un forte potere centrale. Il che, quasi certamente, dovette portare un certo benessere alla popolazione. NOTE (1) Cfr. Carlo De LELLIS, Discorsi delle Famiglie nobili del Regno di Napoli, parte II, p. 13. Questo autore la chiama Cornelia Mormile, ma è evidente che si tratta della stessa persona. (2) Reg. Ang. 377, f. 182 t. Citato da Nunzio Federigo FARAGLIA, Storia della regina Giovanna II d’Angiò, Lanciano 1904, p. 326. (3) ACOCELLA, Calitri Medievale, Napoli 1923, p. 72. (4) Cfr. Dell’Istoria del Regno di Napoli d’Incerto Autore, Gravier IV, Napoli 1769, lib. VIII, p. 213. Da notare che a questo parlamento sono presenti altri due Gesualdo sostenitori di re Alfonso, vale a dire Francesco e Antonio (al momento non saprei dire di quali feudi fossero detentori). Cfr. Giovanni Antonio SUMMONTE, Dell’Historia della città e regno di Napoli, t. III, Napoli 1675, p. 16. (5) Calitri medievale, p. 72. (6) Cfr. DE LELLIS, cit., p. 13; anche SUMMONTE, Dell’Historia, t. III, lib. 5, p. 135. (7) E. RICCA, La nobiltà del Regno delle Due Sicilie, Napoli 1859/79, I, p. 401-403 (vi è il documento della concessione del titolo); anche Arch. di Stato di Napoli, Reg. Privilegiorum, vol. I (14521454), f. 5v; e DE LELLIS, cit., pp. 13-14. (8) E. RICCA, La nobiltà, cit., p. 121. (9) D. GIAMPIETRO, Un registro aragonese nella Biblioteca Nazionale di Parigi, in Arch. Storico delle Pr. Napoletane, IX (1884), p. 277. (10) Archivio di Stato di Napoli, Copia del Registro di Parigi, f. 96v. Le due lettere sono edite da Vito VITALE, Trani dagli Angioini agli Spagnuoli. Contributo alla storia civile e commerciale di Puglia nei secoli XV e XVI, Bari 1912, pp. 688-689. Vedi anche A. MESSER, Le Codice Aragonese, Champion, Paris 1912, p. 262. (11) Cfr. A. MESSER, op. cit., ivi. (12) Archivio di Stato di Milano, Potenze estere, Napoli e Sicilia, 1459. Edito in V. VITALE, Trani, cit., pp. 690-691. La parte fra parentesi è mia. Si noti che la Fontana dello Piuppo di cui si parla in questo documento non è l’omonima località calitrana menzionata nella Visita di Marco Antonio Pescara (1582), ma era un castello presso Traetto, menzionato dal Summonte (III, lib. V, p. 157) come Fontana del Chioppo. (13) Ivi, pp. 691-692. (14) Cfr DI COSTANZO, Istoria di Napoli, lib. XIX, p. 554. (15) Cfr. Jo. Joviani PONTANI, Historiae Neapolitanae seu rerum suo tempore gestarum, Gravier V, Napoli 1769, lib. I, p. 36: Cuius exemplum Lucania, Brutiique fere universi secuti cum essent, periculosum Regi vulnus inflixere, additis etiam defectionibus Loysii Jesualdi, qui in Hirpinis cum aliquot opportunis oppidis, rerum ad Sarnum gestarum nuntio accepto desciverat. Anche SUMMONTE, Dell’Historia, cit., III, lib. V, p. 300. (16) Cfr. Commentarii rerum memorabilium quae temporibus suis contigerunt, citati dal SUMMONTE, Dell’Historia, III, lib. V, p. 364. (17) RICCA, cit., pp. 404-405. (18) Cfr. DE LELLIS, Discorsi, cit., p. 14. Il testo originale latino è il seguente: Constantiae de Capua matronae insigni, quae Sansoni de Gesualdo Comiti Compsano, iuveni olim iuvenis nupta, et vivo amorem, pudicitiamque, et mortuo vidui cubilis fidem, et lacrymas praestitit, septem superstites liberi, ut ea non tam genus formam, et mores, quam filiorum pietatem in Elisijs iacta benemerenti posuerunt, vixit ann… mens… obijt anno sal. Christi MCCCCXXXXIIII. Anche il Summonte (III, p. 230) riporta la nomina di Sansone a conte di Conza da parte di Alfonso, ma non specifica l’anno. (19) Arch. Stato di Napoli, Antichi processi della R. Camera della Sommaria, vol. 452, proc. 5282: Atti delli Magnifici Carlo, Massenzio ed Antonio Gesualdo…”; in ACOCELLA, Calitri moderna, p. 6. (20) Arch. Stato di Napoli, Quinternione III (già 4), f. 240v-243; citato da ACOCELLA, Calitri moderna, p. 6. (21) Cfr. Diurnali del duca di Monteleone, ed. Faraglia, Napoli 1895, p. 143. Lentate sul Seveso, 25 ottobre 1997, circondati dai figli, da un folto numero di nipoti, familiari ed amici, Zabatta Canio e Rubino Maria della famiglia “cient’capill’”, hanno festeggiato il 50° anno di matrimonio. Auguri vivissimi. 9 Il CALITRANO N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997 EMILIO RICCIARDI CALITRI ALL’EPOCA DI CONSALVO DE CORDOVA olte delle carte conservate nell’arM chivio di Stato di Napoli e utilizzate da Vito Acocella per scrivere la sua Storia di Calitri(1) sono andate distrutte durante l’ultima guerra, ma nuovi fondi attendono di essere studiati e promettono di offrire un notevole contributo alla conoscenza della storia urbana e sociale di Calitri in età moderna. Il documento che qui si pubblica(2) si riferisce al breve periodo di dominio feudale del “Gran Capitano” Consalvo di Cordova.(3) Dopo la battaglia di Cerignola, nel 1503, che sancì la definitiva vittoria degli spagnoli nella guerra per il possesso del regno di Napoli, Consalvo divenne il primo viceré del regno e nell’aprile del 1504 gli furono assegnati, come ricompensa per i servigi resi, feudi per una rendita complessiva di diecimila ducati, tra cui “la terra di Calitri col suo castello”,(4) confiscata dai re aragonesi a Luigi III Gesualdo, reo di aver parteggiato per la Francia. Nel 1507, in virtù del trattato di pace tra Francia e Spagna, la terra di Calitri e il castello furono restituiti a Luigi III Gesualdo, il quale nel frattempo si era sottomesso al re Ferdinando il Cattolico;(5) in cambio Consalvo ricevette un sostanzioso indennizzo.(6) Nel settembre 1504 la Regia Camera della Sommaria inviò un commissario per informarsi delle rendite dello “stato nuovo dell’Ill.mo Sig.r Gran capitano in le parti di Puglia”. Il rapporto del commissario, che raccolse le testimonianze dei camerari degli ultimi tre anni, descrive lo stato della terre di Calitri e Castiglione agli inizi del Cinquecento e testimonia delle durezze della vita di quegli anni; oltre alle notizie sull’economia calitrana, basata sull’agricoltura e sulla pastorizia, dalle parole dei camerari traspaiono le difficoltà dovute alle condizioni climatiche avverse e alla prepotenza dei feudatari: uno dei due mulini, semidistrutto dalla piena dell’Ofanto, “fu venduto per tomola mille di grano per forza”(7) da Luigi Gesualdo a un gruppo di agricoltori i quali, non potendo pagare il debito, furono successivamente incarcerati per ordine dello stesso conte. La relazione, scritta in una lingua ibrida fatta di termini latini, italiani e dialettali, offre, dietro le aride cifre delle rendite, una vivace descrizione della vita di Calitri in un periodo cruciale della storia patria. In quegli anni la città si trovava in piena zona di guerra, a poca distanza dall’avamposto francese di Atella;(8) così nel 1503 “non si pottè andare in Puglia”(9) e le vacche rinchiuse nella difesa di Castiglione “per star strette, tutte quasi ci morirno”,(10) mentre molti calitrani, preoccupati per la presenza di gruppi di briganti e di sbandati, rinunciarono ai loro investimenti a Castiglione. Qui di seguito si trascrive il documento con qualche breve nota esplicativa. Per una più agevole lettura si è ritenuto opportuno modernizzare la punteggiatura e l’uso delle maiuscole, e sciogliere la maggior parte delle abbreviazioni. * * * Infor(mazio)ne pigliata per me Antonio de Regalibus Comm(issio)nis mandato p(er) la R(eg)ia Cam(e)ra della Summ(a)ria in tutto lo stato nuovo dell’Ill.mo Sig.r Gran cap(itan)o in le parti di Puglia di quello che rendeno l’intrate delle terre di detto stato spettanteno a Barone cias(cu)no anno et presentim anni V.e VI.e et VII.e ind(ictioni)s proxime passati incominciando dalla T(er)ra di Calitri, et uno castello disfatto nominato Castiglione A di 3. 7bre VIII.e ind(ictioni)s 1504 Calitro Francioni de Vitamore erarius Terre Caletri et castri disabitati de Castiglione anni V.e ind.s testis medio iur(amen)to interrogatus ex parte R(eg)iae Cam(ar)ae Summ(a)riae debbia declarar tutti li membrj dell’intrate di detta T(er)ra, e di detto castello disfatto spettanteno a Barone, e quanto hanno fruttato in detto anno V.e ind(ictioni)s dixit che in detta T(er)ra la Corte ci have la bagliva, et have questi membri v(ide)l(icet) li danni 10 dati,(11) lo banco della giust(izi)a, la piazza, lo scannagio, e due gr(ana) p(er) sacramenti che se scrive inanzi lo cap.o e certi terratieri di grani, et altre vittovaglie, e certi renditi di vigne in vino, et in lo detto an(n)o V.e ind(ictioni)s fu venduta a bando ad Angelo Parrella mastro <ba>glivo, e suoi compagnj per onze quarantacinq(ue) netti alla Corte d’incanto che sono D. 270.0.0 (12) E più detta Corte tene in detta T.ra la colta del sig(no)re, et ne hebbe docati cinquanta duo e questo è costumato D. 52.0.0 E più detta Corte havea in detto anno due moline uno nominato la Ficocchia vicino la Terra dello detto Ofanto, e l’altro, dove se dice l’Ischa de Dorante, e tutti duo furono ven(du)ti in detto anno V.e p(er) tommola mille e ducento di grano scivto p(er) molino alla misura piccola di detta T(er)ra, e come fu a mezza vernata lo detto molino dell’Isca di Dorante p(er) la piena grande dell’Ofanto fò rovinato, e quasi tutto ne lo portò, et li molinari hebbero ricurso allo Conte di Conza all’hora sig(no)re et le fece defalco di tommola trecento, e così in detto anno p(er) lo ca(merari)o seu erario furno percepite tommola novecento; più per censo d’uno battendiero, et un’altra casa tutti alla fiumara dell’Ofanto docati due et t(arì) uno D. 2.1.0. di grano, e li tricento furno p(er) la detta causa defalcati, et in quello anno lo tommolo di grano all’aera valse grana diece alla detta misura, et infine della racolta valse grana quindeci, et alla vernata tarì uno, et al maggio tarì uno, e grana cinq(ue) dico D. 900.0.0 Verum in dette moline di mole et altro bisogno furono fatte di spesa docati venti. Et in più detta Corte tiene uno castiello disfatto nominato Castiglione et si esige per l’erario predetto di Calitri, et in detto anno V.e ind.s si vendì la defesa di Castiglione ad uno Simone Greco delli Lioni per onze venticinq(ue) dico D. 150 E più have lo passo, e fù venduto detto anno a Cola d’Andrea Guercio p(er) ducati dudeci D. 12 Il CALITRANO N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997 Et più detto erario affidò tanti buoi in detto terreno, che ne hebbe onze nove tari venti a tarì uno per bove D. 58 E più in detto anno affidò in detta defesa bacche quattrocento e diece a gr(ana) diece per una e devono entrare per Natale che sono D. 41 E più hebbe quindeci giumente di detti pastori à grana diece per una D. 1.2.10 E più hebbe da dette tre massarie tre carnali, che sono tre pecori cogliuti venduti a t(a)r(ì) duo l’uno D. 1.1.0 E più hebbe in detto anno di caso e recotte delle detta massarie pese otto secondo lo solito valeva a sei car(li)ni la pesa in q(u)ello anno dico D. 4.4.0 E più in detto anno hebbe di porci venduti in detta difesa di piazza docati 3 D. 3 E più hebbe da uno Angiolo di Zampaglione che fidò dopo scomputa la ghianna certi porci car(li)ni decessette D. 1.3.10 E più hebbe dicessette grutti da alloD. 1 ghi13 E più hebbe di terratico di grano del detto castello in detto anno et da certo Demanio di Calitri vicino de grano portato in casa tommola tricento e sedeci t(ommol)a 316 E de orgio tommola quaranta a gr(ana) otto lo tommolo t.a 40 E di fave tommola sei come lo grano t.a 6 E di lino fasci nove costano car(li)ni tre tutti. Nicolaus de Pietro Ungaro cam(erari)o seu erario della T(er)ra di Calitrj in anno VI ind(ictioni)s 1503 testis medio iur(amen)to interrogatus debbia declarare con verità quanto hanno fructato in detto anno l’intrate di Calitri, e Castiglione spettanteno a Barone, dixit che in detta T(er)ra ci è la bagliva, et in d(et)to anno fu venduta à Cola di Masuccio mastro baglivo, et compagni per onze cinquant’una nette di incanto con tutti li suoi membri sono D. 306 E detto Corte tene ogn’anno che deve la Un(iversi)tà predetta nominata la colta del Sig.re docati cinquanta duo D. 52 E di più hebbe dall’alloghi di tre grutti D. 1.0.10 E più hebbe da Petruzzo di Palazzo, che have censuato lo battendieri che stà alla fiumara D. 1.1.20 Et più hebbe de una Casa, che sta alla fiumara, che tene la herede di Nap. de Nanni p(er) censo D. 1.0.0 E più detta Corte have lo molino nominato la ficocchia della detta t(er)ra p(er)ché l’altro all’invernata dell’anno passato p(er) la piena della fiumara dell’Ofanto fù quasi in tutto rovinato in modo che per niente si può reducere a frutto, e detto molino in detto anno fù venduto ad Antuoni de Milia e compagni p(er) tomola mille di grano per forza (che così volse lo Conte) e lo tenne pregione più dì in modo che detto molinaro non le potté fare, perché la portata del molino non le compitava et in fine ne era disfatto con li compagni, e così recorsero al sig(no)r gran Cap(itan)o et sua S(ignori)a co(m)messe se ne facesse processo, e così fù fatto, et p(er) a sua S(ignori)a e suoi off(icia)li li furono defalcate tommola quattrocento superflue poste per lo detto Conte di Conza e così esso erario seu cam(erari)o ne have ricevute tommola sei cento, et in detto anno valse grana diece alla state, et gr(ana) quindeci alla vernata dico t(ommol)a 600 D. 90 a gr. 15 lo t.o E più detta Corte tene lo detto castello disfatto nominato Castiglione, et in lo detto anno VI.e ind(ictioni)s hebbe di terratico di grano to(m)mola quattrocento e diece netti t.a 410 D. 61.2.10 E più hebbe in detto anno de orgio da detto castello tommola trentacinq(ue) e valse a gr. sette gr.a 7 E più hebbe di lino sarcene dudeci e funno vendute car(li)ni dece E più hebbe detta Corte in detto anno della vendita della ghianna ad Angelo di Zampaglione e Pietro Zanco alli quali fu venduta onze ventiotto nette sono D. 168 E più hebbe di fida di 300 buoi a tarì uno per bove secondo suo ricordo, perché li suoi libri sono in Sum(ma)ria portati per Gasparre di S.ta Croce dico D. 60.0.0 E più hebbe di fida de bacche tanto de cittadini come di forastieri p(er) bacche settecento, perché p(er) la guerra non se potté andare in Puglia, et p(er) star strette, tutte quasi ci morirno, et traseno à Natale e paga gr(ana) 7 per bestia d(uca)ti setta(n)ta D. 70 E più hebbe della fida di pecore massarie sei, et una della Corte in num(e)ro circa 6m(ila) a 5 t(arì) p(er) centenaro sono D. 60 E più hebbe di giomente di dette massarie da circa dodeci, e due pagorno a t(arì) uno p(er) testa, e l’altre à gr(ana) dece sono car(li)ni quattordeci D. 1.2.0 E più hebbe di dette massarie pese sei di caso et recotta et valeva quando si recoglieva car(li)ni cinq(ue) la pesa D. 3 11 E più hebbe <sei> carnali di dette massarie che < > castrati sei che furono venduti a car(li)ni tre, e mezzo l’uno sono D. 2.10 Donatj de Vitamore cam(erariu)s seu aerarius T(er)rae Caletri anni VII.e ind(ictioni)s t(esti)s medio iuram(en)to int(erro)g(atu)s debbia declarare q(ua)nto hanno renduto l’intrate di Calitri, e del castello disfatto di Castiglione in lo detto anno VII.e ind(ictioni)s dixit che esso have rescossa come cam(erari)o et erario p(rede)tto la bagliva che in q(u)ello anno fù venduta a Vicenzo de Canda m(ast)ro baglivo et compagni per onze quarantaquatt(r)o nette de incanto che sono D. 264 E più hebbe dalla colta del Sig(no)re p(er) lo castello della Terra docati cinq(uan)ta duo D. 52 E più hebbe di alloghi di certe grutte D. 1.3 E più hebbe da Petruzzo di Palazzo p(er) uno battendieri(14) sta alla fiumara per censo car(li)ni 15 D.1.2.10 E più hebbe de una casa seu hosteria di Paolo Nenno docato uno D. 1 E più hebbe a censo da uno Angelo Perrone per una vigna D. 0.0.15 E più detta Corte tene uno molino dove si dice Ficocchia che l’altro è in tutto roinato, e fù venduto detto anno a Cola de < > et compagni p(er) tommola di grano seicento alla misura di detta T(er)ra et in detto anno lo tommolo del grano alla scogna valse tarì uno alla vernata à grana venticinq(ue) allo magio à car(li)ni tre p(er) essere la misura piccola di 2 a 20 et 23 so t.a 600 D.120 e t(arì) 1 E p(er)ché lo detto anno al detto molino fù fatta di spesa p(er) molti bisogni di quello docati diece E più have ricevuto dal detto Castello disabitato Castiglione che sta incorporato con Calitri delli terratichi di suo terreno di grano tummola duce(n)to tre(n)ta alla misura di detta T(er)ra netto t.a 3 t. 330 E d’orgio à grana dudeci lo tummolo come t(ummol)a 18 q.ti VII D. 2.1.5 E di fave to(m)mola cinq(ue) como lo grano D. 1 E di lino fasci nove et mezzo che ne sono pigliati car(li)ni tre E più have havuto dal passo di Castiglione docati sei tarì tre, e gr(ana) nove, perché fù venduto ad Ant(oni)o di Furia p(er) docati dudeci, et p(er) la suspittione di latri e guerra di Luisi d’Asti(15) lo renonsò, e così fu p(er)la Corte redutto a docati sei tarì tre, e gr(ana)nove D. 6.3.9 Il CALITRANO E più in detto anno have havuto dalla defesa di Castig(lio)ne della ghianna di porci venduta à Not(a)r Ber(nardi)no de Gervasi p(er) onze ventiquattr(o) t(arì) cinque dico D. 145 E per detta guerra di Luisi d’Asti p(er) li molti latri e perché Atella era nemica detto compratore non si potte finire detta defesa, et ne cacciò li porci per non perderli, della qual cosa hebbe ricurso à m. Gasparre S(an)ta Croce Comm(issa)rio mandato p(er) la R(eg)ia Corte sopra dette intrate dimandandoli lo debito escomputo come di dovere era p(er)ché così havea comprato e così p(er) lo detto m. Gasparro li fù fatto defalco di d(oca)ti quindeci, et non più, che si devono deducere dalla somma predetta. E più hebbe in detto anno la fida di buoi tricento sessanta cinq(ue) a t(arì) uno per boi che sono docati 73 D. 73 E più have havuto di fida di bacche tricento quara(n)ta quatt(r)o le quale traseno da Natale inanzi, e pagaro a gr(ana) diece p(er) testa p(er) < > alli otto di magio che sono docati 34 et t(arì) duo D. 34.2 E più have havuto dalla fida di sei massarie di pecore che sono state in num(er)o 6m(ila) novecento quara(n)ta cinq(ue) a t(arì) cinq(ue) p(er) cent(ina)ro docati setta(n)ta tarì 2 e gr(ana) D. 70.2.5 Et più have havuto di casi da dette massarie pese sei immescolato con ricot- N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997 ta che < > have valore tarì quatt(r)o la pesa sono D. 4.4.0 E più hebbe di dette massarie li carnali ch’è uno piecoro seu castrato p(er) massaria cogliuto a tre car(li)ni e mezzo l’uno duo ducati D. 2 Per anno V.e ind(itioni)s rende D. 801.1.0 Per anno VI.e ind(itioni)s rende D. 881.4.0 Per anno VII.e ind(itioni)s rende D. 829.2.4. le quali intrate di detti tre anni partiti per tre vene p(er) uno anno D. 836.4.1.1/3 NOTE (1) V. ACOCELLA, Storia di Calitri [1946], r.a., Calitri 1984. (2) Napoli, Archivio di Stato, Archivio Caracciolo di Torella, vol. 189, fasc. 9 [1504]. (3) Su Consalvo de Cordova (1453-1515) cfr. G. D’AGOSTINO, Il dominio spagnolo nell’Italia meridionale (Napoli dal 1503 al 1580) in Storia di Napoli, V/1, Napoli 1972, pp. 1- 159 (4) Corrispondencia de los Reyes catolicos con el Gran Capitan durante las campañas de Italia , in «Archivio storico per le provincie napoletane» XXXVII (1912), p. 485, riportato in V. ACOCELLA, Storia di Calitri , cit., p. 62 (5) «Mandavimus reintegrari, et restitui spectabili Ludovico de Gisualdo Comiti Consie Civitatem Consie cum titulo, et honore Comitatus Terram, et fortellicium Calitri, Terras Cayrani, Sancti Andree, S. Mennai, et Ligorii, et Civitatem Fricenti et eum baronia videlicet Gisualdi cum for- tellicio, Terram Paterni, Terram Fontanerose, et Feudum Castiglioni inhabitatum de Provincia Principatus Ultra ... » (Napoli, Archivio di Stato, Archivio Caracciolo di Torella, vol. 84, fasc. 6 [1507], atto di notar Altobello di Montefredane allegato all’istrumento in pergamena del ligio omaggio prestato da Luigi Gesualdo al re). (6) Cfr. Corrispondenza de los Reyes catolicos, cit., e N. CORTESE, Feudi e feudatari della prima metà del Cinquecento, I, Napoli 1931, pp. 15-16. (7) Napoli, Archivio di Stato, Archivio Caracciolo di Torella, vol. 189, fasc. 9 [1504]. (8) «Eccovi la terra [Atella], ove tanto sangue si versò tra Spagnoli e Francesi, questi nel difenderla come ad ultimo loro baluardo e quelli nel volerla ad ogni costo. Il re Ferdinando dopo prese le terre sopra mentovate [Gesualdo, Paterno e Andretta] fortificò gli alloggiamenti e prese un alto monte presso Calitri, dove si scovre Atella e le campagne sottostanti. Quivi più e più volte si azzuffarono...». (A.M. IANNACCHINI, Topografia storica dell’ Irpinia, II, Napoli 1894, pp. 148-149. (9) Napoli, Archivio di Stato, Archivio Caracciolo di Torella, vol. 189, fasc. 9 [1504]. (10) Ivi. (10) Sulla bagliva di Calitri e su «li danni dati » cfr. C. DE ROSA, La Bagliva a Calitri nel 1558, dattiloscritto conservato nella Biblioteca Comunale di Calitri, e G. CIOFFARI, Calitri. Uomini e terre nel Cinquecento, Bari 1996, pp. 105-112. (12) A proposito delle valute correnti nel Regno di Napoli si ricordi che: 1 oncia = 6 ducati; 1 ducato = 5 tarì; 1 tarì = 2 carlini; 1 carlino = 10 grana. (13) Grotte destinate ad abitazione. (14) Dal lat. BATANDERIUM = Mulino per la macerazione di lino, canapa e stracci. Cfr. C. DU CANGE DUFRESNE, Glossarium ad scriptores mediae et infimae latinitatis, I, Lutetiae Parisiorum MDCLXXXIII, coll. 1006-1007. (15) Luigi d’Asti (1462-1515), cioé Luigi XII, re di Francia dal 1498. VERDE Stringhe marrone di terra bruciata; in su la veste bianca, cangiante di pioppi, collana di fiume, argentata; cappello ricamato di gialla ginestra; sul monte sopito merletti di uccelli in volo di giostra; e lo sguardo radente, vola lontano, si sperde pei declivi dormienti in guancial d’erbe fluttuanti, e plana sul magico...VERDE. (Colle di Galiano agosto 1996) Ettore Cicoira Calitri 15 agosto 1997, Maffucci Donato, vincitore del concorso “Dilettanti alla ribalta” con la canzone “Con te partirò” di Bocelli. Ad Ettore Cicoira l’Accademia Universale “NEAPOLIS” via Sapienza, 6 - 80135 Napoli ha conferito il 1° Premio Medaglia d’oro per la sezione poesia singola in lingua. 12 Da sinistra seduti: Cerreta Angela 19.01.1901 / † 20.11.1972 - Cestone Salvatore 08.08.1917 / † 14.11.1977 - Cestone Celestina, classe 1928 Cestone Maria Angela, classe 1935 - Cestone Francesco, classe 1928. Il CALITRANO N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997 DIALETTO E CULTURA POPOLARE A CURA DI RAFFAELE SALVANTE L’UT’M’ R’ CARN’VAL’ Ciè, Franc’schì, r’v’gliat’v’, auzat’v’ n’ nfacit’ tard’, app’zzat’ bbon’ r’aurecchj’ e annas’lat’ quegghj’ chi v’ rich’: cu attan’ta n’ sciam’ for’ a Llient’ a chiantà r’ patan’. Osc’ eia l’ut’m’ r’ Carn’val’, quann’ assit’ ra la scola lavat’ r’ spangegghj’ e quegghia sciarengula r’ cot’ca chi m’ttiett’ a sp’nzà sera nda la vac’legghia; so sotta la seta ngimma lu mpastapan’, r’agg’ cumm’gliat’ s’nò si acchiana quacche ggagghina s’ r’ pp’zz’leia, p’gliat’ pur’ quigghj’ cap’tiegghj’ r’ sausicch’ r’ pr’mon’ appis’ a la pert’ca e mm’ttit’ a ccoc’ tutt’ cos’ nzemm’r’ nda la p’gnata hrossa r’ creta. V’rit’ ca add’ciett’ r’ sckarol’ ra for’ r’ ss’glit’, r’ llavat’ e r’ scallat’, quann’ sò mezz’ cott’ r’ lluvat’ ra nda la sciotta e r’ mm’ttit’ nda la p’gnata cu la carna, fr’nnisc’n’ r’ coc’ e piglian’ r’ cunz’ accussì m’sera quann’ n’ r’tram’ ra for’ facim’ Carn’val’. Lu juorn’ quann’ asserm’ ra la scola, una app’ccià r’ fuoch’ e pposs’ a mbuquà l’acqua, l’auta scì a l’acqua ca era f’rnuta nda la s’rola; ropp’ cu l’acqua calla lavarm’ la cot’ca e r’ spangeggh’ e cu quiggh’ picca sauzicch’ r’ poss’m’ a ccoc’ nnand’ a r’ ffuoch’. Na rocchia r’ criam’ sciuquava nda lu chian’ e ogn’ mpicca n’ v’nienn’ a chiamà a pp’ ggiuquà cu llor’; ropp’ chi n’aviemm’ mangiat’ n’ picca r’ pan’ e “ccosa” n’ scerm’ a ggiuquà. Ogn’ ttant’ n’ v’nija a mment’ r’ scì att’zzà r’ ffuoch’, ma facija la “mort’ cazzuta” r’aviemma add’mà semp’ cu lu fiammifar’ ca r’acchiavam’ st’tat’. Quann’ pars’ a nnuj n’ r’curdarm’ ca aviemma segl’ r’ sckarol’ e nn’ traserm’ hintr’; tott’ queggh’ criam’ n’ v’nern’ a ppr’hà r’ sciuquà n’at’ ppicca; ropp’ – riss’n’ – v’nim’ tutt’ quanta e vv’ajtam’ , chi la segl’, chi la lava e ssubb’t’ la mittit’ a ccoc’. Ammient’ chi sciuquavam’ v’nern’ quatt’ st’zzun’ e nn’ voz’m’ trasì hintr’ tutt’ quanta. Pur’ r’ ggagghin’ travers’ a pp’ lu p’rtus’ p’ s’ scampà. Probbia accussì, t’niemm’ na r’cina r’ hagghin’, a ffa gghiov’ nda la f’n’stregghia, nda lu mur’ e mmas’nà la sera s’ n’ scienn’ a la stagghia (a la casa r’ sotta) lu huviern’ a pp’ mmangià lu m’ttiemm’ a la casa r’ cimma ndo stemm’ nuj e a pp’ lu p’rtus’ trascienn’ sul’ p’ mangià e a pp’ s’ scampà quann’ ch’vija. Cum’ s’ sap’, prima tott’ r’ ccas’ t’nienn’ lu p’rtus’ p’ r’ ggagghin’ chi r’ tt’nija o a pp’ la hatta; si po’ n’ nz’ v’lienn fa trasì, s’ m’ttija na preta nda lu p’rtus’. T’rnam’ a nnuj, na vota chi hierm’ trasut’ tutt’ quanta accumm’nzarm’ a ssegl’ la m’nestra, cu quegghia muluina r’ criatur’, r’ ggagghin’ tott’ sckantat’ accumm’nzarn’ a scat’cà e abb’là p’ ccimma lu mbastapan’, lu liett’, la cascioa, quacche una scarav’n’sciava e pp’zz’liava pp’ terra nda r’ sckarol’ chi s’gliemm’. Mamma e tata s’ r’travan’ ra for’ semp’ a n’ora r’ nott’ ca era luntan’ a pp’ quess’ t’niemm’ tutt’ lu tiemb’ a pp’ ggiuquà e ffa li s’r’vizz’j; quegghia vota però n’ scì malamend’ la p’nzata: cu la quegghia ca era chiuopp’t’ tata e mamma n’ mp’tenn’ fa nient’ for’ s’ r’trarn’ cchiù bbietta e tr’varn’ quiggh’ pr’c’pizz’j tutt’ sc’gliat’, quegghia cummedia r’ criam’, senza coc’ la m’nestra, la cot’ca e r’ spangeggh’ sul “ aggragghiat’“, mamma n’ sciarrà e n’ fec’ “nov’ nov’” a ttott’ e ddoj, r’ criam’ v’renn’ la “mala parata” azz’ccarn’ la cora ngul’ e ss’ la squagliarn’; n’ rez’ tant’ r’ queggh’ bbott’ chi cu quegghia l’zzion’ n’ fec’ r’curdà p’ ssemp’ l’ut’m’ r’ Carn’val’. Cert’ ca quann’ ng’ penz’ n’ pozz’ fa a mmen’ r’ cunfr’ndà a qquann’ hierm’ criatur’ nuj a cum’ so’ mò; hierm’ abband’nat’ a nnuj stess’, ra la neura matina a la neura sera, aviemma p’nzà a ggì a la scola, aviemma huv’rnà lu puorch’ la matina e la sera e l’aviemma scì a ppasc’, aviemma scì a pasc’ pur’ la crapa quann’ assiemm’ ra la scola quann’ mamma e tata scienn’ luntan’ o si lu 13 tiemb’ era bbrutt’ e n’ ns’ la p’rtavan’, aviemma r’trà pur’ lu fasc’tieggh’ r’ frasch’ r’urm’ o r’auliv’ a pp’ la fa mangià la nott’ e la matina appriess’, aviemma scì a l’acqua e enchj’ la s’rola, aviemma segl’, lavà e coc’ la m’nestra, scupà la casa, fa li liett’, aviemma segl’ r’ nn’miccul’ (la cosa cchiù nn’iosa chi ij n’ mp’tia all’gg’risc’) m’ v’nia lu suonn’ quann’ avija segl’ la sp’regghia, li zirp’l’, la vezza e ttant’at’ f’ssarij chi s’ tr’vavan’ p’ hintr’. Rija cert’ capat’ ngimma a lu t’mpagn’ chi m’ttija ngimma la s’gg’legghia p’ r’ ssegl’, quacche bbota auzava cap’ e r’ nn’miccul’ s’ str’cchiavan’ e m’ m’ttia a chiang’ quann’ r’avia arr’nà ra terra; quann’ po’ r’ cuciemm’ e n’ stiemm’ attient’ att’zzà r’ ffuoch’ sul ca ngur’ndienn’ e n’ nsapienn’ bbon’cum’ “scazzass’ prucchj’” sotta a li rient’, ropp’ aviemma fa la cauzetta e nn’aviemma perd’ tiemp’,r’cija mamma. Li scritt’ po’ n’ r’ ffaciemm’ semb’ la sera tard’ quann’ mamma e tata s’ curquavan’, e n’ sciarravan’ ca n’ r’aviemma fa lu juorn’ ammegg’ r’ sciuquà; spiss’ e bb’l’ntier’ s’ n’ scija la luc’ afforfè e nn’ r’aviemma fa cu la luc’ r’ gghiuogl’ o r’ lu p’trolj. La sera po’ quas’ semb’ avija assì la p’lea a pp’ abb’sckà si n’ ierm’ scurdat’ r’ fa quacche ccosa. R’ criam’ r’ mo’ n’auzan’ nu spruocch’l’ ra terra, s’ mett’n’ attuorn’ a na television’ cu lu telecomand’ mman’ a cangià canal’ e ssì hanna mangià r’heia pur’ ammuqquà. Sciuquavam’ “lu vattis’m’” pur’ nuj quann’ hierm’ criatur’, ma semb’ cu lu cor’ sckantat’ ca aviemma fa li s’r’vizzij e si n’ nn’ r’ faciemm’ la sera eran “varrat’”. A pp’ ggì bbona mamma aviemma “quaglià” na sera si e na sera no, si la sera abb’sckavam’, la sera appriess’ acchiava tutt’ fatt’. Ma hierm’ p’cc’nenn’, cchè ppr’t’nnienn’ ra nuj, mo cu ttott’ r’ cumm’n’tà e r’amma serv’ nseggia! Lucia Fierravanti (da Olgiate Comasco) Il CALITRANO N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997 L’ULTIMO DI CARNEVALE (Traduzione del precedente testo dialettale) Lucia, Francesca svegliatevi, non vi alzate tardi, io e vostro padre andiamo in campagna a “Liento” a piantare le patate; aprite bene le orecchie e ascoltate quello che vi dico: oggi è Carnevale, quando ritornate dalla scuola, lavate le costine e quel pezzo di cotenna che ho messo a bagno ieri sera nella bacinella, vedete che è sotto il setaccio sull’impastapane, l’ho coperta altrimenti se sale qualche gallina se lo becca, prendete pure quel capo di salsiccia grasso appeso alla pertica e mettete a cuocere tutto insieme nella “pignata” grande di creta. Ci sono pure le sckarole che ho portato dalla campagna ieri sera, le scegliete, le lavate e le lessate, quando sono a metà cottura le togliete dall’acqua e le unite alle costine, salsiccia e cotenna ultimando la cottura e insaporendo il tutto, così questa sera quando ritorniamo dalla campagna festeggiamo il Carnevale. Il giorno, all’uscita della scuola, arrivate a casa una accese il fuoco e mise a scaldare l’acqua, l’altra andò a prendere l’acqua alla fontana, poiché nella giara era finita, dopo con l’acqua ben calda lavammo le costine, la cotenna e con quella poca salsiccia mettemmo a cuocere il tutto nella “pignata” davanti al fuoco. Parecchi bambini giocavano “nel piano” davanti a casa nostra ed ogni tanto venivano a chiamarci per giocare con loro; dopo aver mangiato un po’ di pane e cacioricotta andammo a giocare. Ogni tanto ci veniva in mente di andare ad attizzare il fuoco, ma ogni volta lo trovavamo spento e dovevamo riaccenderlo con i fiammiferi. Dopo un po’ di tempo ci ricordammo pure di scegliere le sckarole ed entrammo in casa, ma i nostri compagni di gioco vennero a pregarci di giocare ancora un po’, dopo tutti sarebbero venuti ad aiutarci a scegliere, lavare la verdura così l’avremmo messa subito a cuocere. Mentre giocavamo ancora fuori venne un temporale e dovemmo rientrare tutti per ripararci dalla pioggia. Anche le galline entrarono in casa dal buco in basso vicino alla porta per “scamparsi”. Proprio così, avevamo una decina di galline a fare le uova nella finestrella a muro e la sera andavano ad appollaiarsi nella stalla (alla casa di sotto) mentre il granoturco o l’avena per mangiare la mettevamo alla casa di sopra, cioè dove abitavamo, e per il buco entravano solo per mangiare e ripararsi dalla pioggia. Come si sa prima tutte le case di Calitri avevano “lu p’rtus’ “ per le galline, chi le aveva, o per il gatto; se poi non si volevano fare entrare, bastava mettere una pietra per ostruirne il passaggio. Torniamo a noi, una volta entrati tutti quanti cominciammo a scegliere le sckarole, ma con quella confusione di bambini, le galline spaventate cominciarono a schiamazzare, svolazzare sopra il letto, l’impastapane, la “cascia”, alcune con le zampe frugavano e beccavano per terra nella verdura che noi sceglievamo, insomma si era creato un gran baccano. I nostri genitori ritornavano dalla campagna sempre ad “un’ora di notte” poiché le terre erano molto lontano e per questo noi avevamo tutto il tempo per giocare e fare i mestieri. Quella volta però andò male la nostra “pensata”. Siccome era piovuto e non potendo fare i lavori in campagna i nostri genitori ritornarono prima del previsto e trovarono tutto quel “precipizio”, tutto sporco, tutti quei bambini per casa, senza cuocere la verdura, le costine e la cotenna solo scottate, poiché il fuoco era quasi sempre spento; mamma ci sgridò e ci picchiò severamente a tutte e due; i bambini, vedendo nostra madre infuriata, con la coda tra le gambe se ne scapparono senza fiatare, con quella lezione ci fece ricordare per sempre l’ultimo di Carnevale. Certo che quando ci penso, non posso fare a meno di confrontare quando eravamo bambini noi a quelli di adesso; noi eravamo abbandonati a noi stessi dalla “nera mattina alla nera sera”, dovevamo pensare ad andare a scuola, dovevamo governare il maiale la mattina e la sera andarlo a pascolare, dovevamo andare a pascolare anche la capra il pomeriggio, quando i genitori andavano lontano, oppure era brutto tempo e non se la portavano, dovevamo anche procurare dei rami di olmo o di olivo e fare un fascio per portarlo in paese e darle da mangiare la notte ed il mattino seguente, dovevamo andare a prendere l’acqua e riempire la giara. Dovevamo ancora scegliere, lavare e cuocere la verdura, spazzare, fare i letti, dovevamo scegliere e cuocere le lenticchie – la cosa più noiosa e odiosa per me – mi veniva il sonno quando dovevo scegliere quei semini diversi che si trovavano dentro, davo certe testate sull’asse con le lenticchie, appoggiato ad una sedia ed io seduta sulla seggiolina di fronte, spesso sonnecchiavo e l’asse in bilico sulla sedia bastava sfiorarlo che si rovesciavano tutte le lenticchie e piangevo quando dovevo raccoglierle da terra, essendo molto piccole e per giunta 14 si erano mischiate quelle già scelte e dovevo ricominciare di nuovo. Quando le mettevo a cuocere, bisognava attizzare il fuoco continuamente anche perché spesso erano rami di sarmenta e la fiamma durava poco e se non bollivano restavano dure e quando si mangiavano disgustavano.. Inoltre dovevamo fare la calza quando ci avanzava tempo invece di giocare, così diceva nostra madre; i compiti poi li facevamo la sera tardi, quando i genitori andavano a letto e ci sgridavano dicendo che li dovevamo fare il giorno. Molto spesso se ne andava la luce, bastava un po’ di vento, lampi o tuoni e dovevamo leggere e scrivere con una lucetta ad olio o a petrolio; quasi sempre la sera doveva esserci qualche scusa per prendere botte se avevamo dimenticato di fare qualcosa. I bambini di questa generazione stanno solo davanti ad un televisore con il telecomando in mano a cambiare canali e se devono mangiare si devono imboccare per non fare raffreddare il pranzo. Giocavamo tanto e con accanimento quando eravamo bambini anche noi, ma sempre col il cuore in gola pensando ai servizi da fare e se non li facevamo, la sera erano “varrate”. Per andare bene mamma, ci doveva picchiare una sera sì e una sera no, se la sera ci picchiava, la sera dopo trovava tutto fatto, ma eravamo molto piccole, cosa pretendevano da noi! Adesso con tutte le comodità si devono anche servire in seggio. Lucia Fierravanti (da Olgiate Comasco) Sull’Andrea Doria 1943, il tenete di vascello Bonocore di Sorrento e il sottocapo palombaro/sommozzatore Di Napoli Pio. Il CALITRANO N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997 IN MEMORIA DEL GIUDICE DEL FRANCO plice cordialità con cui offriva la sua amicizia e faceva superare barriere di età, ruolo, esperienza, sono le qualità – oggi tanto rare – che più ce lo fanno rimpiangere, e rendono anche nostro il dolore dei familiari; rimane per tutti noi un esempio chiaro di dedizione e di passione, una luce nell’incerto presente, un auspicio per le giovani generazioni. Alla sua figura di uomo e di magistrato vanno la riconoscenza e il rimpianto di quanti lo conobbero, e la redazione de “Il Calitrano”, anche a nome di tutti i concittadini, si associa al lutto della famiglia. sua casa di via Belgioioso a N ella Monte Olimpino si è spento, pre- maturamente, il giudice Mario Del Franco, onore e vanto del nostro paese che gli aveva dato i natali 72 anni fa, e dal quale era partito nel lontano 1949 per recarsi a Como, dove per trentasette anni ha lavorato alla Procura della Repubblica, gli ultimi diciassette anni come capo del prestigioso ufficio giudiziario; una carriera onorata, compiuta senza alcuna ostentazione, entro i limiti di un pacato riserbo, schiva di esteriorità. L’umanità larga e profonda, la sem- IL SILENO DI CONTURSI poradico pezzo di marmo bianco a S grana fina, rinvenuto in superficie nell’estate 1995, alla località Piana di Contursi (Sa); la parte superiore scolpita raffigura il lembo di quattro foglie e una voluta alla base destra, che danno l’idea di un capitello ionico. Nel riquadro sottostante, più o meno esagonale, è scolpito in rilievo il profilo destro della testa di un Sileno, poggiata su un rialzo che fa da cuscino. La tipologia di questo personaggio, del corteggio di Dionisio, nei suoi elementi caratterizzanti è costante: grossa testa cinta dal cercine, orecchio puntuto, occhio sporgente dalle palpebre leggermente socchiuse al di sotto dell’arcata sopraccigliare prominente, naso camuso, barba folta e inanellata che copre appena le labbra tumide. Il volto appare devastato dalla vecchiaia e l’ebrietà, non privo dei caratteri “socratici” che dalla ritrattistica del filosofo sono passati nell’iconografia silenica di epoca ellenistica, ma non la pensosità quasi malinconica che caratterizza alcune serie di questo tipo. Sull’altra faccia del pezzo di marmo è scolpito un volto di donna a destra con folta chioma ondulata e sciolta, sicuramente quello di una Baccante o Menade. L’esecuzione dei rilievi appena esposti risulta attenta e curata nei minimi particolari e, per il tipo di materiale prescelto (sembra marmo pentélico) fanno ritenere che si tratti di un’opera eseguita da maestranze itineranti vicine alla cultura attica e con materiale da esse importato. Potrebbe essere stata commissionata da un ottimale locale imbevuto di cultura greca e verosimilmente membro di quella ristretta cerchia oligarchica alleata di Roma. Il Sileno raffigurato trova raffronti col Sileno Marsia di Paestum, con quello di Herakleia ed altri esemplari dell’area tarantina e metapontina. Questo rilievo marmoreo a carattere votivo attesta la diffusione del culto di Dionisio al di fuori del mondo ellenico, non soltanto a Siracusa e Marsiglia, ma anche in ambito apulo - lucano, grazie a quella rete di contatti commerciali e culturali che Atene intratteneva con l’Occidente e che in Magna Grecia dovettero essere mediati da Taranto. Il Sileno della Piana di Contursi, sulla base iconografico - stilistica, sarebbe da collocarsi tra la fine del III e l’inizio del II secolo a.C., o in epoca comunque anteriore all’emanazione del “Senatus consultum de Bacchanalibus” 15 (186 a.C.), col quale si inibì ogni forma di culto dionisiaco per precisi intenti politico - ideologici. Damiano Pipino (Archeoclub Contursi Terme) Calendario Calitrano Anche quest’anno l’Associazione Romana dei Calitrani ha provveduto a stampare la seconda edizione del Calendario Calitrano; chi è interessato può telefonare al n. 06/69.94.06.52 oppure fare un fax alla cortese attenzione del dott. Antonio Cicoira 06/69.92.31.25 chiedendone la spedizione ed accollandosi la spesa postale che si aggira sulle 4.000 lire circa Il CALITRANO N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997 IL DOTTOR MARGOTTA COMMIATO ra tanto modesto quanto discreto che Eparlasse da vivo non avrebbe permesso che si di lui davanti a tante persone. Forse anche per questo ha preferito andarsene in silenzio, senza farcene accorgere se non a cose fatte, proprio come quando lasciò Calitri per trasferirsi a Roseto degli Abruzzi, dove aveva scelto di concludere il ciclo sempre ascendente della sua carriera di medico. Con la scomparsa del dottor Margotta si ha la sensazione che si sia conclusa un’epoca e sia venuta meno un’istituzione: l’epoca e l’istituzione dell’arte della medicina intesa come ricerca e come scienza, come servizio sociale alto e nobile, come dedizione totale, cioè, alla lotta contro le sofferenze fisiche e contro i mali che affliggono la vita dell’uomo. Don Alfonso Margotta è stato forse l’ultimo di quei medici all’antica che amava esercitare senza risparmiarsi, che ricorreva sia alla vasta e poderosa preparazione che possedeva, sia alle sue energie fisiche, a seconda delle circostanze. Per lui l’attività di medico non era un mestiere, ma un’arte da coltivare col massimo impegno e con grande serietà: di giorno prodigandosi per la cura delle malattie dei pazienti, di notte consultando testi e studiando casi difficili. Il dottore Margotta amava fare il medico a tempo pieno perché era disponibile in tutte le ore, specie nei casi più allarmanti. Però non tralasciava mai la sua dimensione umana, di applicare la deontologia alla medicina, l’etica alla dottrina, la sensibilità alla pratica, il conforto e la speranza alla disperazione e alla sofferenza. Con la dipartita di don Alfonso, dicevo, si conclude un’epoca, scompare un tipo particolare di medico, del medico, cioè, sempre attento, volto ad alleviare guai e malanni altrui, sconforti e fatalità. Comprensivo com’era, quando fiutava la gravità dei casi conservava l’espressione del viso e non alterava il tono della voce per non provocare sconforto, sapeva sdrammatizzare con l’ilarità delle sue battute, con la bonomia del suo carattere e col buonumore, strappando sorrisi al dolore e fiducia alla diffidenza. La semplicità, l’umiltà, l’altruismo, la passione viscerale per la pratica della professione di medico di vecchio stampo e non di routine erano di lui qualità rare e note a tutti. L’amore e l’impegno che profondeva nell’adempimento del suo dovere erano intensi e forti; la dimestichezza con la scienza medica era invidiabile, la caparbietà con cui lottava contro i mali del corpo era indomabile. Medico vero per destrezza e caratura professionale, oltre a guarire gli infermi, sapeva infondere coraggio anche ai più vili e ai più insofferenti. Nella sua azione non affiorava mai il senso della pietà e della commiserazione. Nell’esercizio delle sue funzioni si trasformava: l’ironia e la giovialità, che costituivano l’altro aspetto della sua natura, si dileguavano interamente, e sul suo volto traspariva il cipiglio di chi avvertiva il peso enorme della responsabilità che si assumeva e l’ansia dell’attesa di chi ricorreva alle sue cure. Nell’arco di tempo durante il quale ha operato a Calitri che non ha mai smesso di amare neanche da lontano, per tanti giovani laureati che si cimentavano nell’esercizio della professione, il dottore Margotta è stato un punto di riferimento, maestro ed esempio al tempo stesso. Personalmente lo ricordo sempre in giro, assorto, in visita agli ammalati nelle case. Con l’andare quotidiano per i vicoli di Calitri, la sua sospirata presenza era costante e puntuale, incoraggiante e liberatoria. Nonostante gli anni da quando 16 se ne andò in quel di Roseto, sono ancora vivi nella mia memoria quei suoi occhi da spiritato che scrutavano come un radar e affondavano lo sguardo come coltelli acuminati; la sua voce cavernosa, sentenziosa, quasi profetica; le sue parole ironiche, sferzanti, sottili, aspre, ma mai cattive; la sua figura alta, un po’ trasandata nel vestire, pensierosa e discreta, segnata da qualche acciacco, ma ancor più dal peso del lavoro che svolgeva per servire e aiutare il prossimo. Faceva capire che per lui la vita vera, la vocazione, il fine fossero unicamente lì, in quel suo soccorrere gli altri, soprattutto se in essi scorgeva l’accanimento di un male crudele. Dava l’impressione che il suo motto fosse solo uno “servire gli ammalati per servire la vita”. Però, dietro l’evidenza tangibile di tutte queste qualità, anche se non ne parlava che raramente, don Alfonso Margotta nascondeva un segreto dentro il suo cuore di marito e di padre, custodiva con gelosia lo scrigno di un tesoro prezioso che amava tenere tutto per sè: la sua vita privata, i suoi affetti, il suo essere uomo oltre che essere medico. Ricordo quella volta quando, dopo avermi visitato nel suo studio, discutendo d’altro, come era solito fare, infiammato da una particolare tensione interiore, si bloccò esclamando “le convinzioni politiche vanno e vengono a seconda degli uomini che le predicano, delle circostanze in cui ci troviamo e delle necessità che ci opprimono, ma le cose che hanno immutevole valore, almeno per me, sono la famiglia, la medicina e l’amicizia. L’altro è solo occasionalità, abitudine, quotidianità secondaria, che lasciano il tempo che trovano”. Questi era il dottore Margotta quando si spogliava del “camice” di medico e tornava ad essere e a sentirsi uomo. Oggi tutti quanti noi così vogliamo ricordarlo. I familiari che gli hanno voluto bene e gli sono stati vicino, amici e colleghi, vecchi pazienti ancora in vita, noi che lo conoscemmo, lo apprezzammo e beneficiammo della sua dottrina e della sua maestria non lo dimenticheremo; anzi porteremo sempre nella memoria il ricordo di lui, di chi è stato e di quanto ha fatto. Il CALITRANO N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997 Erbe di Casa Nostra a cura di Giovanni Nicolais IL PREZZEMOLO Petroselinum hortense. Famiglia delle Ombrellifere. Pianta erbacea biennale, comune e largamente coltivata ovunque in molte varietà; sporadicamente si trova spontanea ed inselvatichita, meglio non usare la pianta selvatica che si potrebbe confondere con altre ombrellifere tossiche. Il prezzemolo è conosciuto col nome di “Erbetta Romana” e a Calitri “P’tr’sin’”, largamente usato in cucina ed, a scopi medicinali, è una vera panacea; è ricco di principi attivi: in grande quantità vitamina C, A e B e molti sali minerali, ferro, calcio, potassio, fosforo, iodio, ecc. A scopi medicinali si usa la pianta intera, però le parti più attive sono il seme e la radice; per usarlo a scopi terapeutici è bene saggiarne la tolleranza individuale ed attenersi al dosaggio prescritto, perchè un iperdosaggio può provocare incresciosi inconvenienti e gravi intossicazioni. Fino a non molto tempo fa, in Calitri, donnicciuole prezzolate e senza scrupoli, a scopi abortivi, propinavano enormi quantità di decotto di prezzemolo a sprovvedute fanciulle restate incinte: alla morte del feto per grave intossicazione, talora seguiva la morte della gestante. Il prezzemolo si usa per curare molte malattie, sia per via orale che esternamente.I vecchi medici l’hanno sempre usato, con ottimi risultati, per curare affezioni renali, calcolosi, malattie delle vie urinarie, essendo potente diuretico ed antiflogistico, per curare la ipertrofia prostatica; da sempre viene usato per promuovere le regole che ritardano, nei gonfiori epatici, splenetici, addominali, viscerali. È ritenuto un buon vaso-dilatatore, un rigeneratore capillare ed ottimo per curare l’ipertensione e i vizi del sangue; la patrona degli erboristi Santa Irdegarda ci ha lasciato una miracolosa ricetta, a base di prezzemolo, per curare malattie cardiache anche gravi! Trova altresì impiego, sempre per via orale, per curare l’asma, l’ipotonia digestiva, l’ipotonia biliare, l’itterizia; per uccidere i parassiti intestinali (ossiuri), per allontanare i gas dallo stomaco e dall’intestino (azione carminativa); è inoltre indicato per curare l’ansia, lo stress, l’astenia fisica e psichica, l’anoressia e altri malanni. Nell’uso esterno, trova impiego per curare affezioni oculari, piaghe atone, ulcere torpide, cangrena, edemi, tofi gottosi, lombalgie, nevralgie, lentiggini, leucorrea e, a dire di Paracelso, non c’è niente di meglio del prezzemolo per guarire in poco tempo gravi contusioni, ematomi, distorsioni. Alcuni usi particolari: * ubriachezza: fare annusare intensamente all’ubriaco del prezzemolo fresco tritato; rinsavirà in breve tempo; * punture di vespe, api, ed altri insetti: strofinare la parte colpita con foglie fresche di prezzemolo, dopo aver estratto il pungiglione, o fare cataplasma; il dolore passa subito e si evita il gonfiore; * prostatite, infezione delle vie urinarie, blenorragia: un cucchiaino di prezzemolo (succo centrifugato) solo al mattino per 20 giorni¸ usare per lungo tempo; * dolori atroci di orecchie e di denti: formare una piccola pallottina con foglie di prezzemolo tritate finemente con l’aggiunta di poco sale fino e qualche goccia d’olio; introdurre nel meato auricolare corrispondente al dente dolente. * per curare la mastite e far cesare la mandata lattea: cataplasmi con prezzemolo fresco contuso. * pediculosi: ungere una sola volta la testa con olio essenziale di prezzemolo, i pidocchi moriranno. 17 CONCORSI Concorso Nazionale ADSINT di poesia e racconto La seconda edizione del Premio si articola in varie sezioni e le opere dovranno essere inviate entro il 14 febbraio 1998 a: Associazione Donatori di Sangue Istituto Nazionale Tumori Concorso Nazionale Adsint Via Venezian, 1 - 20133 Milano Chiedere informazioni a (tel. 02/70.60.08.48 - 23.90.390) XXVIII Premio di Poesia FORMICA nera Città di Padova Si partecipa con una poesia inedita a tema libero, da far pervenire entro il 6 aprile 1998 al segretario del concorso Luciano NANNI Casella Postale 1084 - 35100 PADOVA. La XXVII edizione è stata vinta da Liliana Boschetti. Segnalati: Narda Fattori - Ivan Fedeli - Giancarlo Interlandi - Girolamo Savoia. Per informazioni urgenti tel. 049/ 61.77.37. XXVIII Edizione “PREMIO SAN VALENTINO” Per le Lettere e per le Arti È stata indetta la XXVIII edizione del concorso letterario internazionale “Premio San Valentino”, articolata in tre sezioni: poesia, narrativa e saggistica, edita e inedita, in lingua e in vernacolo, con tema preferibilmente d’amore. Si svolgerà pure la XXVIII edizione del “Premio San Valentino” di pittura, scultura e grafica. Termine di scadenza 31 dicembre 1997, Segreteria del “Premio San Valentino” Viale Antonio Fratti, 7 - 05100 TERNI - Tel. e Fax 0744/42.82.33. Il CALITRANO N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997 R E Q U I E S C A N T I N P A C E Alessandro Di Mito Casoli 16.02.1922 † 18.07 1997 Michelantonio Rubino 05.09.1914 † 23.02.1997 La moglie Felicetta, i figli Domenico e Amalia, il genero Enzo e le nipotine Emma ed Alessandra, cristianamente rassegnati chiedono una prece per la sua anima. La moglie Maria Michela, il figlio Vitantonio con la moglie Rossana e la nipote Michela lo ricordano a quanti lo conobbero e lo amarono. Mariantonia Codella Giovanni Zarrilli 26.10.1912 † 15.07.1997 La tua morte ha lasciato nel nostro cuore una dolore profondo. Antonietta Zarrilli Maria Giuseppa Russo 29.06.1918 † 31.03.1997 09.10.1916 † 04.02.1997 19.11.1911 † 08.05.1997 Con rimpianto e tenerezza infinita ti ricordano i tuoi figli Lucia e Vincenzo, i nipoti e i parenti tutti. La tua morte ha lasciato una piaga profonda nel cuore di chi ti ha amata. Hai lasciato a noi tutti l’esempio della tua bontà e del tuo spirito di sacrificio. Giovanbattista Russo 09.01.1028 † 15.08.1996 Antonio Caruso Amato e stimato da tutti, lasci sulla terra le tracce luminose delle tue elette virtù. 18 9 8 Nicola Cubelli Mariantonia Zabatta 25.11.1923 † 07.06.1997 (R’zzonta) Il 16.07.1997 è mancato all’affetto dei suoi cari. Gabriele Del Cogliano 07.05.1922 † Toronto 10.07.1997 6 17.04.1912 † 20.06.1997 7 10 Riposi nella pace di Cristo, in cui profondamente credesti. Pasquale Cerreta Le moglie Vittoria, il figlio Antonio con la famiglia, la figlia Vincenza e i parenti tutti lo ricordano con l’amore di sempre. 07.11.1941 † 21.02.1997 Grande è il vuoto che hai lasciato nei nostri cuori! 4 5 17 L’onestà fu il suo ideale, il lavoro la sua vita, la famiglia il suo affetto. I suoi cari ne serbano nel cuore la memoria. Antonio Maffucci 22.03.1930 † 20.08.1996 Mariangela Galgano 22.01.1922 † 22.06.1996 Ti ricordano con l’affetto di sempre il marito Giuseppe, le figlie Teodora e Antonietta, i nipoti e i parenti tutti. Nel primo anniversario della morte, la moglie Michelina, i figli Giancarlo e Anna Maria, la nuora Sabrina, il genero Antonello, con la nipotina Marina lo ricordano e lo rimpiangono con immutato affetto. 18 Pietro Mazzeo (Pietr’ r’ lu pahanes’) 17.02.1914 † 11.10.1996 Nel primo anniversario i tuoi figli Vincenza e Michele ti ricordano immensamente. Il CALITRANO N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997 MOVIMENTO DEMOGRAFICO Rubrica a cura di Anna Rosania I dati, relativi al periodo 1.07.1997 al 30.09.1997, sono stati rilevati presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Calitri. NATI Senerchia Elena di Lorenzo e di Prisco M. Antonietta Piumelli Lucia di Giuseppe e di Cucciniello Michela Zarrilli Federica di Gaetano e di Tartaglia Michelina Guglielmo Giada di Antonio e di Tuozzolo Filomena De Santo Cristian di Luigi e di Romano Carmela Cubelli Umberto di Alfonso e di Maffucci Gaetana Borea Roberto di Giovanni e di Russo Concetta Sena Nico di Carmine e di De Lorenzo Annunziata Galgano Lorena di Francesco e di Iannolillo Maria Galgano Mattia di Michele Arcangelo e di Acocella A. Maria Depalma Clara di Nicola e di Sansone Maria Antonietta 01.07.1997 12.07.1997 14.07.1997 26.07.1997 30.07.1997 07.08.1997 15.08.1997 30.08.1997 29.09.1997 29.09.1997 30.09.1997 MATRIMONI Majorana Filippo e Lucrezia Giovanna Laurentini Fabio e Palumbo Emmanuela Rotonda Franco e Cestone Michela Di Roma Giuseppe e Di Napoli Pasqualina Maffucci Mario e Cubelli Silvana Comito Francesco e Armiento Giovanna Ammirati Francesco e Lucrezia Anna Maria Luongo Vito e Giorgini Maria Graziano Michele e Lembo Luigia Russo Francesco e Stanco Gaetanina Mazzeo Francesco e Metallo Cinzia Maffucci Michele e Caputo Giovanna Petrozzino Angelo e Beltrami Eleonora Del Cogliano Luciano e Scoca Eunice Cerreta Giuseppe e Di Milia Patrizia Tateo Vito e Iannolillo Antonella Maffucci Franco e Margotta Concetta 28.06.1997 16.07.1997 19.07.1997 26.07.1997 02.08.1997 07.08.1997 09.08.1997 16.08.1997 16.08.1997 20.08.1997 21.08.1997 23.08.1997 28.08.1997 30.08.1997 13.09.1997 20.09.1997 27.09.1997 Enza Di Milia 02.08.1939 † 26.10.1982 Nel 15° anniversario della tua morte “Enza cara” il tuo ricordo è sempre vivo nei nostri cuori. Le tue sorelle, tuo fratello e i nipoti tutti. Orazio Pietro Basile 02.01.1928 † U.S.A. 26.08.1997 MORTI Ruberto Giuseppe Simone Maria Angela Zarrilli Giovanni Cianci Lucia Di Mito Alessandro Miele Caterina Metallo Mario Bozza Canio Borea Michele Bartucci Antonio Margotta Alfonso Antonio Di Maio Canio Buglione Giovanna Strollo Antonio Donatiello Incoronata Capraro Giustina Araneo Carmela Maria Assunta Maffucci Domenico Maffucci Francesca Del Cogliano Giuseppe Trofa Vincenzo Fastiggi Giovanni Lucadamo Antonio 12.05.1920 - 02.07.1997 22.10.1903 - 04.07.1997 26.10.1912 - 15.07.1997 01.11.1912 - 17.07.1997 16.02.1922 - 18.07.1997 11.08.1928 - 22.07.1997 27.04.1929 - 23.07.1997 24.08.1899 - 31.07.1997 21.01.1945 - 02.08.1997 07.10.1921 - 07.08.1997 18.02.1925 - 07.08.1997 08.06.1914 - 10.08.1997 06.07.1900 - 26.08.1997 27.09.1919 - 28.08.1997 14.03.1921 - 01.09.1997 02.10.1938 - 01.09.1997 15.08.1907 - 12.09,1997 16.03.1979 - 13.09.1997 05.12.1912 - 14.09.1997 19.03.1929 - 15.09.1997 04.08.1910 - 16.09.1997 23.05.1920 - 27.09.1997 23.09.1920 - 27.09.1997 19 La tua immatura scomparsa ci lascia soli, ma il tuo ricordo ci sarà sempre di grande sollievo e di conforto. Angela Metallo † 18.10.1996 È trascorso un lunghissimo anno dal tuo crudele destino. Noi tutti viviamo dei tuoi ricordi, il tuo dolce sorriso è sempre in mezzo a noi e vivere nel cuore di chi resta significa non morire mai. I tuoi Cari. Il CALITRANO N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997 SOLIDARIETÀ COL GIORNALE Badia Mario - Cubelli Iolanda - Galgano Umberto - Balascia Gerardo - Vallario Luisa via Sottopittoli 32 - Metallo Giuseppe via F. De Sanctis 40 - Russo Canio - Zarrilli Giuseppe via Sottomacello 12 - Basile Aniello - Maffucci Lorenzo riav’l’ Cerreta Maria - Scilimpaglia Del Sole - Ziccardi Giuseppe - Di Cecca Romeo - Di Maio Giuseppe vico Cirminiello 13 Armiento Elisabetta - Maffucci Angelo Maria - Margotta Mario - Capossela Giovanni - Lettieri Enzo - Scoca Giovanni - Zarrilli Giuseppe via Marconi, 46 - Cerreta Alfonso - Scoca Vincenzo Contrada Sambuco - Cirminiello Vittorio - Bar Jolly - Cerreta Marianna - Melaccio Gerardo - Maffucci Giuseppe Mario Armiento Marianna - Scoca Vincenzo via Pittoli, 86 - Zabatta Vito - Di Guglielmo Michele e Angela - Cestone Bartolomeo Bruniello Giuseppina - Maffucci Filomena - Cianci Alessandro Cesta Giuseppe e Repole Giuseppina - Acocella Lino - Roina Nino - Di Cecca Angelo Contrada Serra Ferrata - Galgano Giovanni via Crocepenta - Di Maio Franco - Buldo Giovanni Lettieri Canio - Di Milia Michele - Di Milia Antonio - Di Roma Canio - Caruso Salvatore - Del Re Michele - Fierravanti Pasquale - Fastiggi Giuseppe - Di Roma Antonio via De Chirico - Simone Pasquale - Di Milia Maria - Tuozzolo Rosamaria e Raffaele - Di Muro Leonardo corso Garibaldi, 79 - Coppola Vincenzo via S. Martino, 12 - Nicolais Francesco - Maffucci Antonietta vedova Codella - Rainone Concetta Scoca Capossela Michele - Vallario Laonardo - Di Cairano Lucia Salvante Michele - Di Cecca Giovanni via F. Tedesco, 122 Ricciardi Antonio via Dante, 13 - Galgano Giuseppe - Cialeo Vincenzo via ten. Margotta, 54 - Stanco Giovanna - Maffucci Gerardo. DA CALITRI 5.000: Pastore Maria Rosa - Gervasi Giuseppe - Nicolais Angelo Maria via Guttuso 16. 10.000: Maffucci Lucia - Siconolfi Anna - Di Maio Giovanni Margotta Michele - Tancredi Giuseppe - Cestone Franchino Germano Michelantonio - Di Luzio Michelina - Polestra Vincenza via Maffucci 15 - Di Cairano Francesco Antonio Sperduto Giovanni - Di Napoli Giuseppe - Leone Giuseppe Giarla Michele - Lucrezia Pasquale - Zarrilli Rocco via Libertà 2 - Paolantonio Paolo - Zarrilli Giuseppe - Cianci Giuseppe Maffucci Giovanni via G. Tozzoli - Antolino Caterina - Acocella Giuseppe Nicola - Lucrezia Antonio via A. De Carlo 40 Maffucci Angelomaria via Concezione 145 - Marra Concetta in Marrese - Maffucci Giovanni via G. Verdi 27 - Quaranta Vincenzo - Fasulo Sergio - Fasulo Vito - Armiento Rocco - Di Guglielmo Francesco - Russo Vincenzo - Galgano Donato marmista - Panelli Peppino - Sicuranza Giovanni - Minichino Salvatore - Russo Giovanni - Briuolo Angela - Galgano Pasquale - Leone Vincenzo - Rubino Michele - Cubelli Giovanni - Errico Mario - Gautieri Vincenzo - Caputo Maria - Galgano Canio via Posterla, 58 - Acocella Irma - Covino Teresa Cestone Giuseppina - Gervasi Giovanni - Malanga Luciano Lucrezia Raffaele - Petito Rosa - Metallo Vito via L. Maffucci, 5 - Russo Antonio - Nivone Salvatore - Cesta Alessandro Lucadamo Vincenzo - Di Napoli Francesca via Circonvallazione, 82 - Gallucci Carmela - Germano Antonio - Immerso Lidia via G. Tozzoli, 109 - Di Salvo Michele - Cianci Rosa Lucrezia Luigi - Margotta Donato via Circonvallazione - Caputo Giuseppe barbiere - De Nicola Giovanni - Del Cogliano Luciano. 25.000: Fastiggi Giuseppe u’ piccul’ - Zabatta Michele via F. De Sanctis 2 - Zabatta Pietro via Macello 14 - Caruso Girolamo via A. Del Re 16 - Di Milia Antonio - Lucrezia Luigina - Di Milia Alfredo - Maffucci Giuseppina. 15.000: Cubelli Alessandro - Zarrilli Canio via De Sanctis 33 Toglia Nicolais Gaetanina - Vallario Vincenzo - Cestone Gaetano via A. Del Re - Metallo Giovanni via Leonardo Maffucci 30 Rabasca Michele Macchia Cestone - Sperduto Angelomaria Zabatta Vincenzo - Martiniello Michele - Maffucci Canio vico I S. Vito 6 - Cerreta Rosa Antonia - Tateo Vito - Strollo Antonio Rauseo Angela - Maffucci Eduardo Bar La Villa - Gervasi Benedetta - Racioppi Agostino - Zabatta Vincenzo via Macello, 12 - Di Maio Gaetano - Tornillo Giuseppe Nicola - Di Maio Michelina - Sacino Francesco - Maffucci Vincenzo via Macello, 46 - Lettieri Angelomaria vico Stanco, 14 - Cialeo Iolanda via I° Gagliano, 3. 30.000: Zabatta Francesco - Iannolillo Giovanni - Zabatta Rocco - Marra Ferdinando - Margotta Vincenzo Contrada Valle Pittoli - Zabatta Berardino - Delli Liuni Giulio - Sagliocco Antonio - Campana Francesca - Cicoira Romualdo - Cerreta Michele Roberto Marino - Di Milia Vito e Angelo via M. Cicoira 62 Metallo Giovanni via Gagliano - Melaccio Giovanni Paolantonio Vito - Gautieri Vincenzo - Maffucci Maria - Di Cecca Angelomaria - Petito Maria via Circonvallazione - Di Milia Vincenzo e Maria - Galgano Vincenzo via I° G. Marconi, 4 Nivone Michele - Metallo Michele - Di Napoli Donato - Zarrilli Lorenzo corso Rinascimento - Di Cairano Giuseppe via Circonvallazione, 126 - Maffucci Giuseppe patr’nett’. 20.000: Cooperativa di servizi “La Speranza” di Codella Francesco - Galgano Francesco - Pastore Raffaele - Margotta Concetta - Nappo Raffaele - Zarrilli Francesco via Verdi 35 Maffucci Eduardo - Sperduto Giovanni via Cicoira 48 - Cerreta Giuseppe - Di Maio Vincenzo - Armiento Orazio - Iannella Rodolfo - Cestone Giuseppe corso Garibaldi 29 - Strollo Salvatore - Cerreta Francesco -Armiento Canio - Di Cosmo Antonio - Cestone Benedetto frutta e verdura - Rubino Michelantonio - Cialeo Rosina - Fierravanti Gaetana - Vallario Lorenzo via Rabasca 1 - Zabatta Domenico - De Nicola Giuseppe - Di Milia Vincenzo via Circonvallazione - Del Re Nicola - Cicoira Vitantonio piazza Michelangelo d/2 - Zarrilli Vito via F. De Sanctis 86 - Cirminiello Francesco - Calà Pasquale - Tateo Angelo via Crocepenta 4 - Cerreta Antonio Delli Liuni Antonia - Santoro Angiolina - Rabasca Fortunato Metallo Giovanni - Zabatta Lucia - Pastore Antonio Raffaele Lucrezia Antonio via verdi 13 - Lucrezia Vincenzina - Di Carlo Felicetta - Buscemi Natale - Stanco Giovanna - Di Pietro Maria - Di Maio Maria Francesca - Zarrilli Canio via Libertà 9 - Cesta Maria - Cestone Canio via Marconi 16 - Fastiggi Canio Apicultura Di Maio Antonio via Circonvallazione 91 - Della 40.000: Raho Alberto. 45.000: Zarrilli Michelina e Vittorio. 50.000: Borea Esterina - Cicoira Vito Gaetano - Zarrilli Antonia - Fastiggi Giuseppe - Polestra Maria - Cicoira Vincenzo fu Nicola - Panniello Antonia - Codella Vito corso Garibaldi - Zampaglione Donato via F.Tedesco 6 - Polestra Fortunato corso Matteotti 10 Tartaglia Giuseppe - Cerreta Vito Alfredo - Cerreta Angelomaria - Lucadamo Ottavio - Circolo Aletrium - Di Napoli Pasquale Salvatore - D’Antuono Donato - Ramundo Salvatore - Di Maio Teresa - Maffucci Salvatore - De Nicola Armando - Rabasca Vittorio - Lettieri Angelo - Vallario Lucia via F. Tedesco,55 - Toglia Michele - Caputo Nicola - Cestone Francesco - Zabatta Franca Cicoira Osvaldo - Salvante Raffaella - Caruso Girolamo - Zarrilli Michele via Verdi, 1 Ricciardi Vitale - Armiento Giuseppe Girardi Giuseppe - Pasqualicchio Vincenzo tappezziere - Caruso Antonia - Lucev Donato - Galgano Maria Gaetana Fiori e Piante - Polestra Vincenzo. 100.000: Armiento Vincenzo (Mira). 20 Il CALITRANO N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997 (Roma) - Frucci Angelo (Roma) - Nicolais Canio Vincenzo (Roma) - Cestone Canio (Roma) - Saverino Vincenzo (Milano) - Ricciardi Emilio (Napoli) - Cestone Maria (Brescia) - Codella Gerardo (Brescia) - Toglia Franco (Roma) - Zarrilli Michele (Poggibonsi) Cestone Antonio (Pavia) - Scoca Angelo (S. Severo) - Di Gironimo Bruno (Salerno) - De Nicola Salvatore (Calenzano) Frucci Michele (Napoli) - Galgano Olinto (Pordenone) - Galgano Antonio (Milano) - Di Napoli Pasquale (Milano) - Metallo Vincenzo (Roma) - Del Re Emidio (Napoli) - Tellone Antonio (Avellino) - Leone Mario (Bari) - Mancino Elisa e Pasquale (Cerignola) - Russo Franco (Peschiera Borromeo) - Cianci Michele (Brescia) - Metallo Cesare (S. Giorgio a Cremano) - Acocella Vincenzo e Nicola (Bologna) - Santeusanio Giovanni (Napoli) Fierravanti Lucia (Olgiate C.sco) - Fierravanti Nicola (Ponte Tresa) - Cestone Pasquale (Busto Arsizio) - Acocella Mario (Napoli) - Lampariello Canio (Torre del Greco) - Lo Priore Giuseppe (Rimini) - Polestra Pasqualino (Milano) - Landi Lucia e Rocco (Grottaminarda). DA VARIE LOCALITÀ ITALIANE 10.000: Cerreta Giuseppe (Cambiano) - De Nicola Rosa (Avellino) - Di Napoli Rosanna (Bollate) -Di Napoli Alfonso (Bollate) - Briuolo Luigi (Alessandria) - Candarella Pasquale (Pontetresa) - Marra Sigismondo (Milano) - Scoca Pasquale (Bollate) - Galgano Luigi (Roma) - Nannariello Giuseppe (Milano) - Rubino Canio (Briosco) - N. N. (Caselle T.se). 15.000: Cicoira Lidia (Napoli) - Cicoira Ester (Roma) Maffucci Marco (Roma) - Ricciardi Vitale (Portici) - Romano Sabato (Bellizzi) - Zabatta Gerardo (Nova Milanese) - Zarrilli Giancarlo (Roma) - Metallo Gaetano (Roma) - Maffucci Mauro (Roma). 20.000: Corcione Achille (Caserta) - Di Napoli Giuseppe (Roseto Abruzzi) - Caprio Donato (Quarto) -Frasca Rosetta (Roma) - Maffucci Vito (Milano) - Cubelli Concetta (Avellino) Codella Pasqualina (Asti) - Ruggiero Angela (Giussano) Margotta Vincenzo (Roma) - Zabatta Giuseppe (Nova M.se) Cerreta Vincenzo (Torino) - Cubelli Orazio (Portici) - Maffucci Donato (Mariano C.se) - Lucrezia Raffaele (Cesano Maderno) - Ragazzo Angelo Canio (Pesaro) - Russo Michele (Roma) Capolongo Domenico (Roccarainola) - Fastiggi Michele (Salerno) - Maffucci Vincenzo (Vitinia) - Pasqualicchio Luigi (Figino Serenza) - Cianci Michele (S. Fermo della Battaglia) Zabatta Vito (S. Michele Crema) - Bozza Gaetano (Novedrate) - Codella Michele (Roma) - Di Carlo Francesca (Roma) - Di Cairano Antonio (Guidonia) - Lombardi Beniamino (Ordona) Gautieri Antonio (Mariano C.se) - Di Cecca Canio (Recale) Scoca Giuseppe (Roma) - Stanco Vito (Salerno) - Scoca Vincenzo (Mariano C.se) - Palermo Antonio (Arosio) - Cioffari Maria (Novara) - Rauseo Maria Francesca (Bologna) - Di Cosmo Canio (Ancona) - Miano Mario (Napoli) - Di Marco Antonio (Taranto) - Melaccio Giuseppe (Poggibonsi) - Di Cairano Vincenzo (Servigliano) - Galgano Amedeo (Melfi) Galgano Vittorio (Conversano) - Cerreta Vincenzo (Camnago) - Di Lisi Giuseppe (Taranto) - Cestone Michele (Roma) - De Luca Antonio (Rapone) - Nesta Rosetta Maria (Foggia) Mastronicola Vittorio (Frosinone) - Di Maio Antonio (Rho) D’Auria Giuseppe (Taranto) - Cianci Michele (Fornaci di Briosco) - Milano Nicola (Grugliasco). 60.000: Armiento Vincenzo (Casagrande). 100.000: Ippolito Fernando (Marano di Napoli) - Scoca Maretta (Roma) - Ferrara Michelina (Torino) - Cioffari Raffaele (Milano). DALL’ESTERO SVIZZERA: Maffucci Canio 20.000 - Vallario Pietro 30.000 Cestone Vincenza e Vito 50.000 - Landi Pompeo 50.000 Altieri Vito 25.000 - Gervasi Canio 100.000 - Metallo Vincenzina 60.000. BELGIO: Scoca Vittorio 50.000 - Galgano Antonio 25.000 Mignone Antonio 20.000 - Maloteau/Maffucci 30.000 Maffucci Pietro 10.000 - Melaccio Vito 25.000. FRANCIA: Fierravanti Pietro 20.000. GERMANIA: Lepre Raul e Tuozzolo Giacinta DM 50 - Tuozzolo Agostino DM 50 - Margotta Vincenzo 50.000 - Zarrilli Canio 50.000. 25.000: Sagliocco Francesco (Nichelino) - Sperduto Canio (Capriano di Briosco) - Bozza Michele (Ravenna) - Pasqualicchio Vincenzo (Salerno) - Senerchia Vincenzo (Casalgrande) Galgano Rosa (Chieti) - Farese Raffaele (Conza della Campania) - Maffucci Domenico (Pisa). U. S. A.: Frucci Costantino $ 100 - Di Napoli Antonio $ 50 Borea Donato 20.000 - Borea Peter 20.000 - Cianci Vincenzo $ 20 - Zarrilli Vincenzo 25.000 - Mauro Angelo 20.000 - Simone Giuseppe 50.000 - Maffucci Maria e Michele 20.000 - Cerreta Eleonor e Rose $ 25 - Ricciardi Frank $ 25 - Robertson Richard B. $ 20 - Casimiro Mary $ 20 - Jason Coffman $ 20. 30.000: Mucci Vito Michele (Sesto S. Giovanni) - Cerreta Luisa (Cormano) - Galli Alvaro (Capoliveri) - Zarrilli Giuseppe (Bollate) - Mollica Antonio (Novara) - Bonucchi Alfonso (Roma) - Margotta Franchino (Olgiate Comasco) - Miele Cesare (Mariano C.se) Carbone Luisa (Secondigliano) - Pastore Franco e Leonardo (Taranto) - Pastore Canio (Como) - Di Napoli Gaetano (Latina) Gallucci Donato (Ancona) - Bozza Canio (Robecco sul Naviglio) - Fratel Codella Vincenzo (Napoli) - Del Cogliano Berardino (Salerno) - Nicolais Luigi (Manfredonia) - Nicolais Luigi (Como) Cerreta Canio (Imperia) - Di Cairano Michele (Novate M.se) Cicoira Ettore (Napoli) - Armiento Giuseppina (Castellabate) Metallo Vito (Scandiano) - Stanco Salvatore (Salerno) - Codella Vito (Cremona) - Nannariello Rosellina (Genova) - De Nicola Giambattista (Como) - Galgano Giannino (Livorno) - Polidoro Berardino (Ariano Irpino) - Di Napoli Luigi (Latina) - Capossela Michelina (Scandiano) - Di Maio Gaetano (Salerno) - Aristico Antonio (Siena). CANADA: Lampariello Michele 100.000 - Lampariello Pietro 100.000 - Del Cogliano Maria Gaetana $ 50 - Rabasca Pasquale 50.000 - Di Ruscio Rocco e Angela $ 40 - Caruso Nicola e Enza $ 40. VENEZUELA: Zazzarino Antonio 1.000.000 (unmilione) Associazione Calitrani in Venezuela $ 100 - Di Napoli Vito 200.000 - Caputo Mario 50.000 - De Nicola Giuseppe 50.000 - Tuozzolo Rosetta 100.000 - Petito Antonio 100.000 - Gallucci Vito 20.000. ARGENTINA: Buldo Angelo $ 20 - Gallucci Antonio $ 20 Codella Vincenzo $ 20. URUGUAY: Metallo Antonietta 25.000. 35.000: De Nicola Vincenzo (Pavia). BRASILE: Aristico Canio Vincenzo 30.000. 40.000: Manzoli Flavia e Ascanio (Genova) - Caputo Antonio (Firenze). AUSTRALIA: Russo Michele 50.000 - Di Carlo Filomena $ 20. 50.000: Vigorita Vincenza (Uta) - Zarrilli Maria (Poggio a Caiano) -Di Milia Antonietta (Milano) -Stanco Angela (Lentate S.S.) - Vallario Giuseppe Nicola (S. Miniato Basso) -Messina Giuseppe (Roma) - Bonetti Anna (Bologna) - Galgano Margherita Chiediamo scusa e comprensione per qualsiasi involontaria omissione 21 Il CALITRANO N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997 QUEL NOSTRO ANDARE di Vitale Ricciardi - Libroitaliano - Editrice Letteraria Internazionale - Ragusa 1997. LA NOSTRA BIBLIOTECA uesto libro pubblicato nella collana di poesia contempoQ ranea, che ospita importanti poeti italiani e stranieri, e che ha vinto il “Premio Selezione 1997” contiene, come custodite in uno “scrigno” trentanove delicate poesie del giovane Vitale Ricciardi di Calitri, spirito acuto, fine e concreto. L’autore opera uno scandaglio profondo del proprio animo, tanto più efficace moralmente, perché culturalmente onesto e strutturalmente cosciente, e si riscopre poeta, perché la poesia è tutto quanto riguarda l’uomo, le sue cose, la sua storia, l’ambiente in cui vive, il paesaggio, le mura, il fiume, gli amici, insomma la piccola grande vicenda quotidiana del vivere e dell’essere, il tutto con un linguaggio che ci pare dominato dal di dentro, rivissuto ed espresso con padronanza. CONTURSI TERME Storia Fotografica: il centro storico di Vito Nello Pignata - Contursi Terme 1997. ito Nello Pignata, già noto per aver pubblicato un libro di V ricordi fotografici, cari a lui e agli amici, ora manda alla stampa un secondo libro fatto questa volta di foto che riportano i vicoli e le viuzze, in parte sconosciute. Questo tipo di letteratura esalta l’Autore, perché travolge anche i sentimenti più nobili, egli suggerisce che il passato storico del nostro paese (cinque porte, sei chiese, due piazze, un castello, dieci palazzi nobiliari) va tenuto presente come un ricco patrimonio a cui le generazioni future dovranno ispirarsi se dovranno costruire il presente. Siamo entusiasti verso Vito Nello perché questo lavoro come il precedente, è stato fatto senza pretese ma con tanta umiltà; mosso semplicemente dall’amore verso il suo paese natale. (Dalla presentazione dell’arciprete don Salvatore Siani) NONANTOLA E LA BASSA MODENESE - Studi in onore di mons. Francesco Gavioli - AA. VV. A cura del Centro Studi Storici Nonantolani e del Gruppo Studi Bassa Modenese Nonantola - San Felice sul Panaro 1997. all’iniziativa di monsignor Francesco Gavioli che si deve la Èla fondazione costituzione dei nostri due Gruppi, infatti all’anno 1982 risale del Gruppo Studi Bassa Modenese, che ebbe come sua prima sede la canonica di don Francesco a Villafranca di Medolla; all’anno 1987 si deve l’istituzione del Centro Studi Storici Nonantolani, nella sala verde dell’Abbazia di Nonantola. Ed è appunto per celebrare il XV anniversario di attività del Gruppo Studi e il X del Centro nonantolano, che i due Consigli direttivi hanno deciso di collaborare insieme alla realizzazione di questo volume di ben 326 pagine, in cui sono stati riuniti i contributi di coloro che, negli ultimi due decenni, hanno lavorato a fianco, ovviamente all’interno dei rispettivi Gruppi dello stesso don Francesco. Questa pubblicazione vuol inoltre essere presente tra le tante voci che, da più parti, si leveranno per festeggiare quanto prima i 60 anni di Sacerdozio di mons. Francesco Gavioli, sacerdote e studioso dal temperamento appassionato, profondamente legato al Modenese da vincoli di affetto, di tradizione e di cultura. Don Francesco ha dedicato gran parte della sua instancabile attività alla ricostruzione della “nostra” memoria storica: una vita, la sua, che è tutta trascorsa a cercare, raccogliere, leggere, catalogare le testimonianze del “nostro” passato. Risulta pertanto indubbio che, per merito anche di don Francesco e degli innumerevoli materiali, soprattutto d’archivio, da lui ritrovati e conservati, a tanti studiosi è stato poi possibile “fare storia”. Il “nostro” volume vuole essere, da parte di tutti noi, studiosi ed appassionati di storia locale modenese, un vivo e sentito grazie a don Francesco per quanto è riuscito a darci. (Dalla presentazione) FLORIANO DEL ZIO Patriota - Filosofo - Deputato e Senatore del Regno di Franco Cacciatore - Mediacom Melfi 1997. sembrare retorico e scontato contrapporre ad una Pqualeotrebbe visione strumentale e personalistica della politica, nella sempre più la dimensione etica sembra risultare superflua ed addirittura fastidiosa per ciò che è ormai solo mera tecnica di potere, l’alto esempio morale e civile di Del Zio. Eppure, resto convinto che è preferibile la retorica dei grandi esempi da far conoscere alle nuove generazioni (e di ciò va dato merito a questo libro), piuttosto che l’immoralismo dell’egoistico “vivi e lascia vivere” e il cinismo dell’ignoranza dei nostri valori storici, etici e culturali. Del Zio appartiene a quella eroica ed esemplare generazione di politici costruttori della “Nuova Italia” che fece le sue prove nell’opposizione clandestina e che riusciva a tradurre i concetti filosofici dell’eticità e dello Stato in azione politica con i suoi numerosi interventi come deputato al parlamento e senatore del Regno, e le sue costanti preoccupazioni per lo sviluppo delle terre meridionali, per la creazione di reti di trasporto e di condizioni di vita civili, uniche e reali armi per combattere, ad esempio, il brigantaggio. Franco Cacciatore, appassionato cultore di storia lucana e meridionale, ha saputo tracciare un efficace ed essenziale profilo dei molteplici aspetti che, armonicamente, confluiscono nella personalità di Del Zio patriota ed esponente di punta, insieme agli Spaventa e a De Sanctis, del liberalismo meridionale, corrispondente ed amico di Garibaldi, studioso ed insegnante di filosofia, figura di cui oggi, più che mai, si sente fortissima esigenza, dinanzi alle rovine di questo secolo al declino. (Dalla presentazione di Giuseppe Cacciatore) QUELLA RISATA CHE MI VESTIVA A FESTA di Mariella Loi Blu di Prussia Editrice - Piacenza 1997. ariella Loi è una poetessa vera e particolare. La poesia in M lei sgorga dall’animo come l’acqua sorgiva che inonda di luce e di purezza tutto quanto le sta d’intorno. La risata che la vestiva a festa era quella, allegra e spensierata di Norma. Era e 22 Il CALITRANO N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997 non è più, l’alunna della terza media, uccisa dal padre per un tragico equivoco. Mariella Loi racchiude il tempo, tutto il tempo del mondo in un attimo solo. Nulla passa inosservato o inascoltato alla sua anima gonfia di sensibilità. Il mistero del tempo è nelle sue mani, o che dorma o che vegli. A lei piacciono le cose semplici e vere che hanno il sapore del breve. Breve fu la vita di Norma, era appena cominciata la sua primavera… E a primavera non si può dire addio perché c’è ancora l’attesa, la giusta attesa del sole che vuol risplendere… Le sue sono pagine vere, sincere, che aprono il cuore di chi sa leggere in profondità il più nobile ed eterno dei sentimenti che è l’AMORE scritto e concepito sempre in maiuscolo, l’Amore il grande taumaturgo della vita degli uomini, l’amore indistruttibile anche dal finto fuoco dell’ipocrisia. Un libro piacevole, quindi, denso e a tratti affascinante. (Dalla prefazione di Mara FERLONI) Vita Calitrana A don Aurelio Scalona, canonico e dottore in diritto canonico, nativo di Castelvetere sul Calore è stata affidata la nostra Parrocchia S. Canio. Ai Calitrani vogliamo ricordare che i punti “forti” della religione non sono solo nei momenti di ascolto, ma anche nei tempi di celebrazione, di preghiera comune, di dialogo e di condivisione. A don Aurelio gli auguri più sinceri della redazione. Prestigioso riconoscimento a livello nazionale delle classi prima B e C del Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci” di Calitri che hanno vinto il quinto premio nazionale del concorso “Federchimica Giovani” indetto dalla Confindustria. Su proposta della professoressa Ilaria Veronesi, gli alunni si sono degnamente cimentati, per circa tre mesi, su vari aspetti della nostra civiltà; la premiazione si è tenuta nella Sala Colonne del Museo nazionale della Scienza e della Tecnica di Milano: un milione ai giovani, tre milioni per l’acquisto di strumentazioni scientifiche. ATERRANA DI MONTORO SUPERIORE a cura di Vincenzo D’Alessio -Edizioni G. C. “F. Guarini” - Patrocinio Comune di Montoro Superione 1997. TERRANA, è una frazione di Montoro Superiore, situata A lungo le pendici del Pizzo S. Michele (mt. 1.564), alla confluenza di due impetuosi torrenti, il Candelito a sud, l’Acquella a nord, luogo suggestivo e storicamente intatto della valle montorese. Il nome dell’antico insediamento d’Età Romana deriva da una famiglia ATER, o tribù degli ATER, e lungo il vallone Candelito, all’altezza della Ripa di Mezzocannone, ribattezzata Balzi del Guacci dal nome dello scopritore, è stata effettuata la più importante scoperta archeologica della valle: insediamenti dell’Uomo di Neanderthal risalenti a circa trentamila anni fa. Sono stati ritrovati utensili in selce, e resti di animali oggi scomparsi: l’orso bruno, la marmotta, il cervo, la capra selvatica, lo stambecco, la faina, il lupo, il cavallo selvatico e il rinoceronte (frammento di premolare); la cultura è associabile a quella Musteriana, della Preistoria, per i caratteri di lavorazione dei manufatti. Le grotte naturali sono state migliorate dall’Uomo di Neanderthal e riutilizzate nei millenni successivi in Età del Bronzo, circa quattromila anni fa, dai pastori della cosiddetta Cultura Appenninica; successivamente in Età Italica con le popolazioni riconosciute nel ceppo sannitico (tombe a cassa in tufo grigio) e in Età Romana, caratteristiche sono “le cisterne” sistemate lungo i percorsi pastorali, detti carrari o tratturi. (Dall’introduzione di Vincenzo D’Alessio) Con piacere segnaliamo la nascita della società Cooperativa “LA SPERANZA” che esegue lavori di pulizia – assistenza a domicilio agli anziani – servizi di baby-sitter – traslochi e trasporti – organizzazione convegni e congressi – vigilanza notturna e diurna. CU STAN’A DICE’? - IL DIALETTO CELANESE - a cura di Silvia Carusi - da un’idea originale di Liborio Merolli - Edizione a cura dell’Ass. Pro Loco di Celano - Celano 1992. fogliare un vocabolario spesso significa dialogare. Queste S mie “note”, questi vocaboli raccolti ed annotati per anni vogliono avere proprio il senso del dialogo soprattutto con la giovane generazione celanese, vogliono essere il punto di riferimento, di chiarimento, di ordine. Questo libro deve la sua pubblicazione, in un momento in cui la lessicografia sia italiana che dialettale hanno un nuovo impulso, all’impegno appassionato e alla competenza della Professoressa Silvia Carusi Moreschi alla quale vanno i miei ringraziamenti e la mia gratitudine insieme a quella dei celanesi di oggi e di domani. (Dalla presentazione di Liborio Merolli) 23 In caso di mancato recapito si prega rispedire al mittente che si impegna ad accollarsi le spese postali. Calitri SALCA 1967, ultima fila da sinistra: Leone Antonio, del 1922, pista pista - Cubelli Michele, fattor’ r’Tuozz’l’ - Dragone Antonio - Delli Liuni Pasquale, giacchett’, con camicia bianca - Zarrilli Michele, sckaranbia o pomposella - Nicolais Giovanni, p’chiuchj’ - Cerreta Antonio, travagliator’ - Galgano Giovanni, zampaglion’ - Maffucci Michele, m’scion’, con capelli bianchi - Di Cecca Emilio, solo testa, berretto con visiera - Bianchini Ciampoli Napoleone, comproprietario - Aristico Lorenzo Luciano, t’mpesta - Del Re Nicola, gimì - Tuozzolo Donato, pisciusc’ - Di Cosmo Mario, zizì, con canottiera bianca e berretto - Margotta Antonio, cumbatin’ - Scoca Donato, stuscè - Galgano Rosario, r’ gghiann’ - Dragone Francesco, con coppola nera - Lampariello Orazio, u’ piccin’ - Di Milia Michele, zi scisck’, solo testa con berretto - Galgano Angelo, tottacreta - Di Carlo Vito, cummar’...- Di Napoli Canio, zepparafor’ . Seconda fila: Galgano Vincenzo, ciaglion’ - Dragone Cosimo - Iannella Gerardo, con la piccola Concettina, figlia del guardiano Dragone Antonio - Metallo Michele, baccalaj - Bavosa Michele, buldo - Polidoro Berardino, ragioniere - signora Frontino Nunzia vedova Colonnello, proprietaria - Bachiddu Ugo, direttore - Cupido Domenico, capo operaio - Polidoro Pellegrino, col piccolo Raffaele, figlio di Dragone Antonio - Di Muro Canio, u’ pueta - Armiento Orazio, caram’zzett’ - Araneo Giovanni, man’ man’ - Galgano Vincenzo, r’nategghia - Zabatta Canio, u’ scign’ . Prima fila: Cesta Antonio, pal’striegghj’ - Di Carlo Vincenzo, cap’janch’ - Scoca Michele, scochett’ - la piccola Dragone Maria, figlia del guardiano - Zabatta Vito, mattaion’ - Galgano Vincenzo, mand’les’ - Rainone Alessandro, r’ la pastora - Metallo Gaetano, ntrant’la - Maffucci Canio, con coppola - Di Tore Donato