6 - Il Calitrano

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6 - Il Calitrano
IL CALITRANO
periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni
Spedizione in abb. postale comma 20/C Legge 662/96 Filiale di Firenze
ANNO XVII - NUMERO 6
(nuova serie)
NOVEMBRE-DICEMBRE 1997
IN
QUESTO NUMERO
IL CALITRANO
ANNO XVII - N. 6 n. s.
La Speranza che non delude
di Raffaele Salvante
3
Estate Calitrana
Periodico quadrimestrale
di ambiente - dialetto - storia e tradizioni
dell’Associazione Culturale
“Caletra”
4
Fondato nel 1981
Calitri nel Quattrocento
6
di P. Gerardo Cioffari
Direttore
Raffaella Salvante
Calitri all’epoca di
Consalvo De Cordova
10
Direttore Responsabile
A. Raffaele Salvante
POPOLARE
13
Segreteria
Martina Salvante
In memoria del giudice
Del Franco
15
Direzione, Redazione, Amministrazione
50142 Firenze - Via A. Canova, 78
Tel. 055/78.39.36
di Emilio Ricciardi
IN COPERTINA:
Di Napoli Francesca classe 1901, meglio
conosciuta come zia C’ccuzza r’ Vinn’mier’,
sotto a l’Arch’ r’ li Zingar’ in una foto di
oltre 20/25 anni fa, intenta a cernere
legumi per separarli dalle scorie e con i
noti arnesi del mestiere: lu cirnicch’ (setaccio), lu m’zzett’ (lo staio) e lu sacch’ (il
sacco), documentazione di tradizioni e
culture di un mondo che, proprio perchè
va scomparendo, dona una particolare
nobiltà e bellezza a questi gesti, rivestendoli di tonalità ricche di affetti.
(foto Luigi Nicolais)
DIALETTO E CULTURA
Il Sileno di Contursi
di Damiano Pipino
15
Spedizione in abbonamento postale 50%
Il dottor Margotta
commiato
di Gerardo Melaccio
C. C. P. n. 11384500
16
Erbe di casa nostra
AD ANNA RAMZA
Attrice polacca
Un chiaro di azzurro
o come quel bianco di luna
nelle distese notti d’estate,
così il suo viso.
Quasi in volo sognando
o nei campi se a primavera
splende il verde sui prati.
Ora è alito di vento
nel fresco delle foglie,
il mattino è di rugiada
tra i suoi fiori
a coglierne i profumi,
ma la sua anima
è fremito di fiamma
nelle sue sere di scena
le sue storie i dolci amori
e il triste pianto
e come in un dipinto
è gioia imprimere
nel vivo dei lunghi anni
le sue immagini splendenti
il suo nome,
ed ha guardato gli orizzonti
per avere il primo raggio di sole.
Manfredi Del Donno
di Giovanni Nicolais
17
REQUIESCANT IN PACE
18
MOVIMENTO
DEMOGRAFICO
19
SOLIDARIETÀ
COL GIORNALE
20
LA NOSTRA BIBLIOTECA
22
VITA CALITRANA
23
La collaborazione è aperta a tutti, ma in
nessun caso instaura un rapporto di
lavoro ed è sempre da intendersi a titolo
di volontariato.
I lavori pubblicati riflettono il pensiero dei
singoli autori, i quali se ne assumono le
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Chiuso in stampa il 16 dicembre 1997
Il CALITRANO
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997
NON ADATTIAMOCI ALLA MEDIOCRITÀ
LA SPERANZA CHE NON DELUDE
“Non demordete: la coerenza paga, anche se con qualche ritardo,
come paga l’onestà. E la speranza non delude” (mons.Tonino Bello)
P mediocrità: lo scetticismo prevale
urtroppo ci stiamo adattando alla
sulla speranza, l’apatia sullo stupore,
l’immobilismo ci paralizza; manca
l’entusiasmo, la volontà, la voglia di
fare, e mentre ci lasciamo sedurre
troppo facilmente dall’effimero, –
chiusi nell’alterigia del nostro “io”,
mascherando l’egoismo e camuffando l’incapacità, la povertà di iniziative – intristiamo nella banalità del
quotidiano.
Siamo riusciti a svuotare il Vangelo. E un Vangelo svuotato è estremamente utile per mantenere il
mondo come è; perciò “niente di
nuovo sotto il sole” i potenti comanderanno sempre! Ma non dobbiamo
restare indifferenti; la nostra è una
responsabilità che ci dobbiamo assumere in prima persona, ben sapendo
che il dinamico è sempre più difficile da pensare che lo statico, perchè si
lascia difficilmente racchiudere entro
schemi determinati.
Tutto questo perchè siamo sicuri
che in questo ingrato compito abbiamo dalla nostra parte il sostegno e
l’incoraggiamento dei cittadini, la
solidarietà dei collaboratori, il rispetto di chi la pensa come noi, il consenso degli ultimi; non possiamo
farci travolgere dallo scoraggiamento, ma vogliamo camminare “insieme” a tutti i fratelli, chiedendo al
Cielo il dono di una genialità nuova
che ci metta in grado di esprimere il
vissuto e le ansie dell’uomo contemporaneo, affrontando i bisogni non
con atti occasionali, ma con piani
complessivi di intervento che, troppo
spesso, la nostra pigrizia, leggerezza
o incompetenza hanno lasciato scandalosamente inutilizzati.
Giovani non demordiamo, ma
scateniamoci nell’impegno di vera
comunione e solidarietà con i fratelli, nella totale e piena disponibilità
della nostra persona contro l’abbatti-
mento, la delusione, la sfiducia, con
l’impeto di quella Speranza che ci
viene dalla fede e non delude, ma
ci da la certezza che cambiare è possibile.
Superiamo i nostri egoismi, rompiamo i nostri schemi, apriamoci alle
attese, alle provocazioni che partono da tutti i punti del genere umano,
educhiamo la nostra coscienza ad
assumere come suo orizzonte il
mondo intero, vivere in modo realistico la vocazione di cittadini del
mondo, per cui tutto quel che avviene in Africa, America e Asia ci tocca
direttamente; questo darebbe concretezza alla nostra vita e scuoterebbe le catene che ci condizionano.
La legge dell’amore come imperativo deve essere la norma di tutte le
nostre azioni; non soccombiamo mai
alla tentazione di divenire amari…
È molto facile – è vero – per chi
vive nel privato, dire parole di pace,
amore, carità; mentre poi ci rifugiamo nell’orto delle nostre soddisfazioni familiari ed alziamo un muro
nei confronti del mondo – gravissima forma di dimissione morale –
sordi alle invocazioni di chi, avvertendo l’impossibilità di dare un
senso alla propria vita cade nello
scoraggiamento più nero.
In parole povere ci dobbiamo
affrettare a smobilitare il fariseismo,
cioè quell’atteggiamento dello spirito che considera legittima la distinzione tra giusti e ingiusti; rimettere a
fuoco i nostri modi di vivere che
superando pregiudizi, visioni particolaristiche e atteggiamenti soggettivi diano testimonianza dell’impegno
concreto di ciascuno nella piena
assunzione delle proprie responsabilità, per vincere ogni egoismo e
suscitare sempre nuove generosità,
per far ritrovare al paese il gusto dei
valori che garantiscono autenticità di
futuro, dignità, giustizia e pace.
3
È l’invito che facciamo anche ai
nostri amministratori locali, ad
impegnare cioè con dignità, senza
risparmio e senza più complessi di
subalternanza, tutte le risorse umane
per risolvere i problemi nodali di un
lavoro da garantire a tutti, della ricostruzione del paese, di una emigrazione di cui contenere l’emorragia, di una
ripresa dell’agonizzante agricoltura,
del turismo che fatica a imporsi, delle
giuste rivendicazioni degli artigiani,
del degrado che minaccia il nostro
paese, dello sviluppo delle aree interne, dell’inquinamento ambientale che
dà motivo di crescente preoccupazione; la gestione integrata dei servizi in
una stessa area geografica è, infatti, la
scommessa che i piccoli Comuni
dovranno affrontare nei prossimi anni.
Battersi vuol dire non chiudersi
nel presente, dimenticando il passato
e disinteressandosi del futuro, ma
proprio il contrario e cioè liberare
l’uomo dalla miseria, dalla imperante massificazione, dalle grinfie rapaci del potere, dalle seduzioni involutrici del falso benessere; perchè è
oltremodo pericoloso, per l’intera
società, chiudere gli occhi sotto la
carezza di un’assuefazione che non
ci scomoda più.
Raffaele Salvante
NATALE 1997
Rendici degni,
o Signore,
della tua santità
che è l’amore.
AUGURI
Il CALITRANO
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997
ESTATE CALITRANA
ne della Fiera, e se fosse stato pubblicizzato per tempo,
avrebbe certamente avuto un gran numero di richieste da
ogni parte d’Italia.
Il Comitato Festa San Canio e Santa Lucia ha organizzato
la 3ª edizione dei Dilettanti alla Ribalta che ha visto uno
strepitoso successo del giovane cantante calitrano il diciottenne Maffucci Donato, che ha già avuto una prima “consacrazione” nazionale, classificandosi primo a Norcia al concorso musicale “Fantastica e…” cantando un famoso pezzo di
Andrea Bocelli che ha ripetuto a Calitri.
Decisamente un giovane talento che qualche intenditore
già considera una vera e propria promessa.
Il circolo Aletrium con una organizzata serie di visite
guidate ci ha portato alla riscoperta degli angoli più reconditi del paese, e ci ha fatto assistere ad un’ottima rappresentazione teatrale.
L’Associazione Romana dei Calitrani, anche quest’anno
ha organizzato la Festa dell’Emigrante con una sfilata folcloristica in costumi antichi, con la scena madre sulla vita delle
Q
uesta estate Calitrana sarà consegnata alla cronaca per
le numerose manifestazioni organizzate da vari gruppi
di lavoro come Aletrium, la Pro Loco, Sipario, gruppi
ambientali ecc.
Anzitutto la Fiera Interregionale di Calitri, alla sua
sedicesima edizione, promossa dall’EAPSAIM (Ente Autonomo Promotore e Sviluppo delle Aree Interne del Mezzogiorno) di cui è presidente il rag. Lucadamo Romeo, che è
stata inaugurata domenica 31 agosto dal presidente del Senato On.le Nicola Mancino con la partecipazione del sindaco di
Calitri prof. Vito Marchitto, delle autorità civili e religiose e
di quasi tutti i Sindaci delle province di Avellino e Potenza.
Per tutta la settimana, con un ricco ed articolato programma si sono succeduti nella sala convegni politici, studiosi, operatori commerciali, sindacalisti ed esperti in vari
settori, per portare il loro contributo fattivo a questa XVI°
rassegna che ha rappresentato un’immagine nuova e più creativa della nostra Irpinia.
Fra le sale più frequentate della Fiera, senza dubbio è
stata quella delle “Ruote Quadrate” mostra interattiva itinerante, exhitits di arte, scienza e percezione umana, allestita
e diretta dal prof. Pietro Cerreta e l’ing. Canio Lelio Toglia
dell’istituto tecnico di Calitri e reduci da un riuscitissimo
programma televisivo sull’argomento.
Abbiamo, inoltre, notato – finalmente! – uno sportello
postale con uno speciale annullo in onore della XVI edizio-
pecore dall’allevamento, la tosatura, il latte e la sua lavorazione in vari formaggi.
Si è visto quest’anno una certa continuità nelle varie iniziative sostenute per lo più dal volontariato dei giovani che
non sempre hanno la collaborazione della maggioranza della
popolazione, ma crediamo e siamo fiduciosi che come inizio
ci fa ben sperare.
RICORDA
CHE LA TUA OFFERTA
È DECISIVA
PER LA PUBBLICAZIONE
DI QUESTO GIORNALE
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Il CALITRANO
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997
DAL VENEZUELA
DAL CANADA
Caracas 27.04.1997, Festa dei Calitrani, da sinistra: Persichetti Giuseppe con la
moglie, del Patronato pensioni - Petricone Maria vice console di Maracaj - Frabattoni Giorgio, console generale d’Italia a Caracas - Maria e Antonio Zazzarino
- signora Frabattoni - Massitti Teodoro e la moglie, vice console di Los Teques.
Montreal luglio 1997, Esterina Borea, al centro, con la famiglia del figlio
Michele Lampariello e alcuni amici.
DAGLI STATI UNITI
DALLA SVIZZERA
New Rochelle agosto 1997, Calitrani al matrimonio del figlio di Lucille e
Donato Borea, seduti in prima fila da sinistra: Cerreta Giovanni - Borea Bernardette, moglie di Pietro - Capossela Maryanne, moglie di Franco - Fastiggi
Pasqualina, moglie di Mario - Lucrezia Michelina, moglie di Salvatore - Manzoli
Ascanio, da Genova. Seconda fila: Borea Pietro - Capossela Franco - Fastiggi
Mario - Zarrilli Jackie, moglie di Vincenzo - Borea Donato e Lucille - Zarrilli Vincenzo - Di Milia Canio e Lori - Lucrezia Salvatore - Borea Flavia, da Genova.
Balsthal 7 giugno 1997, Festa dei Calitrani da sinistra: Russo Giuseppe Cianci Antonio, segretario - Zarrilli Antonio, presidente - Martiniello Leonardo
- Marchitto Vito, sindaco di Calitri - Ricciardi Maria Antonietta - De Nicola
Vito - Cicoira Orazio - in prima fila Di Maio Leonardo - Fatone Canio - Fatone Vincenzo - Gautieri Giuseppe, cassiere.
Calitri 1966/67 da sinistra: Fierravanti Pietro - Di Maio Luigi - Zampaglione Vincenzo - Roina - Nigro Giovanni - Briuolo Rocco; seduti: Mucci Michele - Maffucci Donato - Russo Michele - Rubino Michele - ? .
5
Gervasi Angelo Maria nato a Calitri il 19.09.1856,
figlio di Gervasi Nicola e Nicolais Maria Luigia.
Negli Stati Uniti ci sono i discendenti che vorrebbero conoscere i parenti calitrani.
Il CALITRANO
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997
P. GERARDO CIOFFARI O. P.
Calitri nel Quattrocento:
la signoria di Luigi II Gesualdo (1436-1471)
e Nicola III (1471-1480)
La carenza documentaria riscontrata per il periodo di Sansone Gesualdo
continua purtroppo anche per l’arco di
tempo che vede come signore di Calitri
il figlio Luigi II Gesualdo, anche se
alquanto in minor misura. L’andamento
della vita civile ed economica della
nostra cittadina non può essere pertanto
studiata direttamente ma solo di riflesso,
tenendo conto cioè delle fortune del feudatario e dell’incremento demografico.
1. Luigi II Gesualdo: per Alfonso
contro Renato
Luigi II, primogenito ed erede di
Sansone nel feudo di Calitri, anche Luigi
II contrasse un matrimonio poco favorevole al partito di Giovanna II. Nel 1427,
infatti, aveva sposato Emilia Mormile(1),
figlia di quel Francesco Mormile che fu
uno degli avversari più irriducibili della
regina. Il rito aveva avuto luogo per cultellum flexum per eos (Luigi e Sansone)
positum in manibus predicte Emilie,
secundum consuetudinem Comitum et
Baronum huius Regni. Nonostante il contesto alquanto ostile, la regina diede il
suo assenso in data 2 marzo 1427(2).
Un particolare interessante di questo
contratto matrimoniale fu che il padre
della sposa assicurò la dote della figlia
di 500 once “sul castello di Calitri in
terra beneventana”. In altri termini, Calitri veniva scelto dal nobile napoletano
come controparte della dote di 500 once,
pur sapendo che lo sposo era titolare di
vari altri feudi che il padre Sansone gli
aveva concesso. Di conseguenza, l’anno del matrimonio fu per Luigi II anche
l’anno di inizio del suo diritto di signoria
su Calitri, anche se fu ancora il padre
Sansone ad amministrare il feudo per
circa un decennio ancora.
Questa menzione privilegiata del
castello di Calitri nei patti matrimoniali
di Luigi II ci consente di dedurre che la
cittadina aveva fatto notevoli progressi e
che forse Sansone non disdegnasse dall’abitarvi, sia pure per periodi limitati.
Per lo stesso motivo è plausibile che la
giovane Emilia volesse accompagnare il
marito in visita a questo nuovo feudo.
Tuttavia, si tratta solo di legittime congetture, in quanto, al momento, non si
conoscono fatti o episodi che coinvolsero direttamente Luigi II né come
signore di Calitri né come emergente
feudatario nel Regno di Napoli.
È probabile che Luigi politicamente
si facesse guidare dal padre, mentre è
certo, soprattutto alla luce degli avvenimenti successivi, che negli anni della
rottura fra Alfonso il Magnanimo e la
regina Giovanna II, Luigi II Gesualdo si
schierò col primo e in questa fedeltà si
mantenne sino alla morte della regina
Giovanna, avvenuta nel 1435. Cosa che,
come si è detto, salvò Calitri dalla rappresaglia militare operata dal principe
di Taranto nella zona contro i fautori
della regina Giovanna e poi di Renato.
Con Alfonso d’Aragona che avanzava vittorioso, Luigi II non ebbe difficoltà a vedersi confermare signore delle
terre dello zio Antonello, “ribelle” in
quanto sostenitore di Renato(3). E molto
probabilmente, per l’occasione, entrò
anche nel possesso effettivo dei feudi
lasciatigli dal padre, fra cui Calitri.
Il suddetto Renato era fratello di Luigi
III, che Giovanna II aveva chiamato dalla
Provenza designandolo alla sua successione. Ma essa in precedenza aveva designato Alfonso d’Aragona a succederle, e
questi era tutt’altro che disposto a cedere
il trono al duca francese. La guerra fu
favorevole all’Aragonese, e se Napoli gli
aprì le porte solo nel 1442 (anno in cui si
fa cominciare l’epoca aragonese del
Regno di Napoli), in realtà in gran parte
del Regno (specialmente in Puglia, per il
sostegno del potente principe di Taranto)
tale governo era cominciato già nel 1435.
2. Tra i primi signori del Regno
L’appoggio del nuovo signore di
Calitri ad Alfonso continuò, dunque,
anche durante la guerra che questi si
trovò a combattere contro Renato. A vittoria e regno acquisiti, il nuovo re di
Napoli lo volle fra i nobili del regno al
parlamento tenuto nel 1443(4).
A proposito del suo conservare le
terre durante la guerra in corso, è da rile6
vare la svista dell’Acocella che, pur riferendo al 1436 il compattamento dei beni
di questo feudatario, aggiunge: Ed egli
riuscì a conservare quelle “terre” attraverso tutte le contese e le gare che sorsero, quando tornò in Italia il partito
angioino con Luigi III, successo a Luigi
II nel 1418(5). È chiaro che lo storico di
Calitri fa risalire la signoria di Luigi II
su Calitri a diversi anni prima (forse al
1427). Eppure, egli stesso rileva che l’anno successivo è Sansone a trattare i problemi fra Calitri e Castelgrande. In ogni
caso, il re Luigi III morì nel 1434, quando Luigi Gesualdo non aveva ancora i
vasti possedimenti del cugino Antonello.
Quindi, è vero che riuscì a mantenere i
suoi feudi, ma non tanto durante le lotte
di Luigi III, quanto piuttosto durante le
contese sorte con l’arrivo di Renato, designato successore nel Regno da Giovanna
II.
Che il rapporto con Alfonso d’Aragona si mantenesse più che buono è
dimostrato dalla sua partecipazione alle
manifestazioni cavalleresche indette in
occasione della nascita di re Ferrante
(19 aprile 1452), essendo i giostratori i
primi signori del regno(6).
Luigi II fu un feudatario importante
per il destino di Calitri che, avendo abitanti molto intraprendenti ed attivi,
aveva soltanto bisogno di pace sociale
per esprimersi al meglio. Ora, dopo più
di settanta anni di guerre ed epidemie,
con lui il feudo dei Gesualdo ritrovava
un eccezionale compattamento. Il grosso
dell’Alta Irpinia era ormai saldamente
nelle mani di questo barone che si
preoccupò di ridare nobiltà ad alcuni
antichi feudi, come Conza. Il tutto alla
luce di quanto detto a proposito di Antonello. Non si trattava, cioè, di semplici
feudi, ma di territori su cui il signore di
Calitri aveva il mero e misto imperio,
praticamente il potere di vita o di morte
sui suoi vassalli.
Pochi mesi dopo Luigi si preoccupava di consolidare i titoli nobiliari nella
sua famiglia, ottenendo dal re Alfonso
(1 agosto 1452) il titolo di conte di
Conza per il figlio Sansone (meglio noto
come Sansonetto)(7). Col figlio Sansonet-
Il CALITRANO
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997
to volle anche stipulare dei Capitoli, il
cui tenore però al momento non ci è
noto. Questi non comprendevano l’investitura del feudo di Calitri, almeno non in
modo definitivo. Forse (come Sansone e
il figlio Luigi nel 1427) si trattava di una
investitura che avrebbe avuto conseguenze pratiche soltanto dopo la morte
del padre. Infatti, in data 6 agosto 1458 il
nuovo re, Ferrante, confermava pur sempre a Luigi (e non a Sansonetto) l’investitura di Calitri e altri feudi, il riconoscimento delle cause civili e criminali,
nonché i suddetti Capitoli(8).
In tal modo Ferrante si assicurava la
fedeltà di un potente barone in un
momento per lui molto critico a causa
della ribellione di Giovanni Antonio del
Balzo Orsini, il principe di Taranto, già
fautore del padre Alfonso. Infatti, in
quella difficile scelta (il ricordo delle
devastazioni del principe nei territori di
Ruvo e Pescopagano doveva essere
ancora vivo), il signore di Calitri si
schierò col re.
3. Re Ferrante a Calitri (7-13 luglio
1459)
Nel corso di questa prima congiura
dei baroni, capeggiata dal principe di
Taranto Giovanni Antonio del Balzo
Orsini, re Ferrante poté utilizzare tranquillamente l’Alta Irpinia come base
delle sue operazioni militari. Anzi, sembra che tali operazioni avessero uno
scopo diversivo, in quanto tutto sembrava che venisse fatto in vista di una spedizione in Calabria, mentre l’occhio era
rivolto ai ribelli di Puglia.
Tra il maggio ed il giugno 1459 si
trovava, ad esempio, nel bosco Malliano,
presso Lacedonia, e da qui il 28 giugno
scriveva al tesoriere di Calabria, Giacomo Zumbo: Siamo deliberate andare
personalmente, ca per questa cagione
cray, duce Deo, parteremo de qua et
volteremo nostre bandiere ad questo
camino, et serà lo nostro alogiamento
de cray appresso Calitri, da unde e da
laltro proximo alogiamento spazzeremo
la gente che manderemo ad loco(9).
Il re, comunque, non poté trovarsi a
Calitri se non il 7 luglio, dopo essersi
fermato due giorni ad Andretta. È abbastanza agevole seguire le sue tracce perché da questi accampamenti partiva tutta
una serie di lettere per meglio armonizzare le operazioni militari. La mattina
del 5 luglio, ad esempio, da Andretta
(Datum in nostris felicibus castris prope
Andrectam) spediva una missiva per il
suo comandante Giovanni Antonio de
Foxa sulla necessità della riconquista di
Trani, occupata da Simone Caccetta. La
mattina del 7 il re scriveva sempre da
Andretta (con la stessa dicitura) al duca
di Milano Francesco Sforza, esponendogli brevemente i suoi provvedimenti a
proposito di Trani (10). Lo stesso giorno,
però, diretta al duca di Milano partiva
un’altra lettera da parte del suo ambasciatore Antonio da Trezzo, lettera che
terminava con Ex felicibus castris regiis
apud Calitrum. È chiaro quindi che,
durante la giornate del 7, l’esercito si era
mosso da Andretta, portandosi a Calitri.
La sosta del re a Calitri, di almeno 6
giorni, fu più lunga di quanto si potesse
supporre, e la ragione (come si vedrà
dalla prima lettera qui pubblicata) va
vista nell’incertezza del momento, di
conoscere cioè le intenzioni degli altri
baroni e soprattutto del principe di
Taranto che, nel mentre organizzava la
guerra, continuava a dichiararsi suo
fedele vassallo. È probabile che in questi
“stati” del Gesualdo si sentisse più sicuro e che intendesse riflettere ed avere
più elementi per giudicare la situazione.
Come si vedrà, allora il centro delle operazioni militari era Trani, Bisceglie,
Andria e Corato. La permanenza del re a
Calitri almeno fino al giorno 13 si evince da una lettera che quel giorno spedì al
patriarca di Aquileia(11).
Non avendo a disposizione quest’ultima, è opportuno riportare almeno le due
dell’ambasciatore del duca di Milano:
Calitri, 7 luglio 1459. Illustrissimo
Principi et Excellen.mo Domino meo
sing.mo Domino Duci Mediolani.
Illustrissimo Signore mio. Ceterum
se debbe recordare la Ill.ma S.(ignorìa)
V.(ostra) quanto l’anno passato finché
eravamo alla Fontana del Piuppo gli
scripse de la expulsione facta de la
parte che era in Trani non benivola alla
M.tà (Maestà) et come furono remessi
in casa li zentilhomini Palagani et come
essa M.tà haveva ordinato suo Castellano et Governatore in quella terra Iohanne Antonio de Fusa. Quelli talli che
furono caciati, così li capi come loro
sequaci tuti se redussero a Biselli
(Bisceglie) et altre terre del Principe (di
Taranto) dove so’ stati continuamente.
Mo’ novamente dicti forussiti se sonno
tuti radunati in Bisselli, de la quale terra
a dui dì del presente tempo de nocte se
parterono cum molto numero de persone
et sonno intrati in Trani, in la quale
havevano intelligentia come per la
inclusa copia de le lettere del dicto Fusa
la ex. V. vederà. In quella hora che vennero dicte lettere de Fusa al S. Re, quasi
in quello instanti vennero lettere del
Principe ad essa M.tà de questo effecto
che la S. sua per lettere del suo officiale
de Quarata (Corato) era stato avisato
come questi forussiti erano rientrati in
Trani del che haveva assai despiacere, et
che inteso el caso li haveva facti bandire
dalle terre sue, che se gli capitano siano
impichati, volendo dimonstrare che questa cavalcata sia facta preter scientiam
suam (senza che lo sapesse), che quanto
questo sia vero né verissimile ogniuno lo
po’ iudicare, che havendo dicti forussiti
facta la adunatione loro in Bisselli et de
quella terra usciti de nocte non l’have-
IL SOGNO DELLA VITA
Se spazi lo sguardo oltre la montagna
nasce in te il desiderio di scoprire ciò che nasconde
ti senti piccolo in questo mondo immenso,
vorresti essere un uccello,
volare lontano,
scoprire i misteri di ciò che ti sta intorno.
I tuoi pensieri fuggono nel passato,
pensi al tempo dimenticato.
Tra passato e futuro ti diverti a volare,
ma il giro finisce, ritorni al tuo nido
e ti accorgi che hai solo sognato…
… è tutto finito.
Galgano Irma Loredana
Con questa delicata poesia la nostra concittadina
ha conseguito il premio speciale-Medaglia al 3°
Concorso Letterario “NOI E GLI ALTRI”.
7
Il CALITRANO
riano potuto fare ch’el officiale non
l’havesse saputo el quale non haveria
consentito talle cosa senza participazione et voluntà del Principe. Ma la prefata
M.tà, come savia, fingie de credere che
così sia come esso Principe manda a
dire, et da l’altro canto aciò che dicti
forussiti non se habiano ad fortificare
in la terra, li quali non è da dubitare
che quando bisognasse sempre sequiriano più le voglie del Principe cum cui
favore sonno intrati che de essa M.tà,
subito ha spaciato una bona squatra de
cavalli et li soi provisionati et ballestreri, li quali partirono heri per andare a
Trani cum ordine de intrare de nocte e
più secretamente che possano per la via
del Castello et insieme cum l’altri de
essa M.tà che sonno là, pigliare o caciare questi che sonno reintrati et punirli
insieme cum quelli altri che se trovarano
haver havuto intelligentia cum loro. S’el
Principe starà ad vedere la cosa reesce
secundo l’ordine dato, s’el se vorrà scoprire in favoregiare dicti forussiti et
ch’el vada o manda in aiuto loro, essa
M.tà similmente andarà et cognoserasse
apertamente l’animo et voluntà d’esso
Principe, el quale però assai se cognosce. Non passarano tre dì che se sentirà
quello serà seguito per l’andata de queste gente, del che avvisarò vostra Celsitudine. Ex felicibus castris regiis apud
Calitrum die VII Iulii 1459.
Ex. Vestre. Servus Antonius de Tricio(12).
Calitri. 9 luglio 1459. Illustrissimo
Principi et Ex.mo Domino meo sing.mo
Domino Duci Mediolani.
Illustrissimo Signore mio. Per le
alligate mie la Ill.ma S.V. intenderà
come li forussiti de Trani erano reintrati et la provisione facta per la M.tà
del Re in haverli mandate sue gente,
etc. De poi sonno venute lettere de lo
Illustre duca d’Andria de le quale
mando la copia inclusa. Quello Misser
Simone nominato in dicta copia era il
capo principale de tutti li forussiti, del
quale non è remaso figliolo né parente
alcuno. Quello Loysi Capra è Milanese. So certo serà facto morire et crudelmente perché esso fo quello che
amazò lo Governatore de Trani quando
Re Alfonso stava infermo, et che la
dicta terra se rebellò. Penso che le
gente del Re andate a Trani procederano più oltra, cioè in pigliare le persone
et sachegiare le case de quelli cittadini
che se erano mossi in favore de dicti
forussiti, del che s’aspecta nova de
hora in hora. Ormai el S. Re po’ vivere
bene securo de quella terra, perché gli
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997
resta dentro solamente li Pelagani suoi
parciali et usciti non gli serano che
cercano de reintrare. Vero è che la terra
remane molto desfacta et depopulata,
ma manco male e haverla così guasta
che inimica: de quello che più oltra se
haverà darò adviso ad V. Ex.ia. Dicti
forussiti pare che pur intrassero cum
el nome del Principe come appare per
una lettera de uno suo officiale mandata a S. S.ria et per quella mandata
qua, de la quale ve se manda la copia.
Ex lelicibus castris regiis apud Calitrum die VIIII Iulii 1459.
Ex V. Servus Antonius de Tricio(13).
Antonio da Trezzo alla sua prima lettera allegava anche la lettera del Foxa,
che comandava il contingente regio
presso Trani. Nella seconda informa il
duca di Milano dell’arrivo all’accampamento di Calitri delle lettere del duca
d’Andria, che parteggiava per il re. Alla
sua, poi, allegava un’altra lettera di un
ufficiale del Principe di Taranto da cui si
evinceva che quest’ultimo fosse in stretto contatto con i fuorusciti di Trani.
4. Ribellione, pentimento e morte
Meno di un anno dopo dalla sua permanenza a Calitri, non del tutto inattesa
giunse la notizia della sua pesante sconfitta a Sarno (7 giugno 1460). Il principe
di Taranto, così abile a farsi propaganda,
fu questa volta meno abile nello sfruttare il momento favorevole. Si preoccupò,
cioè, di raccogliere attorno a sé un
numero maggiore di alleati, invece di
impedire al re la ricostituzione dell’esercito.
In ogni caso, almeno inizialmente,
molti pensarono che la partita fosse terminata e che il principe di Taranto usciva vincitore dallo scontro col re di
Napoli. Tra le maggiori defezioni ci fu
proprio quella del signore di Calitri,
Luigi Gesualdo, dovuta alle pressioni
del principe di Taranto. Questi, infatti,
dopo la vittoria di Sarno, nel tornare in
Puglia, passando per l’Irpinia volle allargare l’area della ribellione. E di là
pigliando il cammino di Puglia, si venne
a rendere al duca Matteo Stendardo
Signore d’Arpaja, Francesco della Ratta
Conte di Caserta, e Luigi di Gesualdo,
che in Valle Beneventana possedea buon
numero di Terre e Castella(14).
La defezione di Luigi Gesualdo, proprio per il “buon numero di Terre e
Castella”, fece un certo scalpore. Né vi è
da meravigliarsi, visto che questo potente feudatario doveva la sua fortuna al
padre di Ferrante, al quale era stato
sempre fedele. A ricordare la sua defe8
zione fu il celebre umanista Giovanni
Pontano nelle sue “Storie”. Ecco le sue
parole: Avendo seguito il suo esempio la
Lucania e quasi tutta la Calabria, inflissero una pericolosa ferita al re, anche
perché sopravvennero defezioni come
quella di Luigi Gesualdo, il quale,
signore in Irpinia di parecchie città in
posizione strategica, appena gli fu portata la notizia di ciò che era accaduto a
Sarno, passò nel campo nemico(15).
Il passaggio di Luigi Gesualdo nelle
file dei baroni ribelli non fu senza conseguenze. Come il Pontano aveva sottolineato, i castelli del Gesualdo erano
in posizione strategica (opportunis
oppidis), per cui il principe di Taranto
mise subito alla prova il nuovo alleato,
chiedendogli di fare da tramite fra la
Puglia e le città ribelli nei pressi di
Napoli, in particolare con Nola. Ed
infatti, questo corridoio divenne la via
preferenziale per fare giungere gli aiuti
dalla Puglia.
Al riguardo ci sono pervenute notizie
nell’opera storica di Enea Silvio Piccolomini (1405-1464), papa col nome di
Pio II(16), il quale scriveva proprio nei
giorni in cui tali avvenimenti avevano
luogo.
L’assedio dell’esercito regio a Nola
andava per le lunghe a causa delle vettovaglie provenienti da Gesualdo e da altri
castelli del Conte di Avellino. Il comandante dell’esercito ribelle era il Piccinino, che però era restio ad una battaglia
campale. Per cui il re poté assediare
Gesualdo, castello definito di molto
momento. Fu così che fu combattuto
Gesualdo con molto sforzo, finalmente
essendo rotte le mura di quello dall’artiglierie, se diede al Re. Il presidio che
v’era fu per la maggior parte spento di
vita, dopo Paterno e molte altre castelle,
ch’erano dell’istesso Conte, parte per
forza, e parte per voluntari a deditione
pervennero in potere del Re, ultimamente l’istesso Conte et alcuni altri Baroni
della medesima maniera.
Conte di Avellino era allora Giacomo Caracciolo, fratello di Giovanni
Caracciolo, duca di Melfi, i quali insieme al signore di Calitri praticamente
garantivano il corridoio suddetto tra la
Puglia e la Campania. La sottomissione
di Gesualdo, dunque, quasi certamente
trascinò quella di Calitri, con la probabile cattura dello stesso Luigi II Gesualdo.
È difficile dire se il ritorno nelle
grazie del re avvenisse prima della
sconfitta definitiva del principe di
Taranto (1463), oppure dopo. Secondo
il Ricca, avvenne già nel 1462, quando
Il CALITRANO
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997
diversi baroni fecero pace col re. In
ogni caso, Ferrante lo riammise nella
sua amicizia e lo tenne in grande considerazione fino a che Luigi non venne a
morte ai primi del 1471(17).
5. Nicola III Gesualdo (1471-1480).
Alcuni anni prima era morto anche il
primogenito di Luigi, quel Sansonetto
che nel 1452 era stato insignito del titolo
di conte di Conza. Forse il padre lo
aveva in qualche modo accomunato
nella signoria di Calitri, ma di questo
non ci è pervenuta traccia.
La data di morte di Sansonetto è
alquanto controversa in quanto, dopo
aver detto che prese nel 1452 il titolo di
conte di Conza, il De Lellis riporta un’epigrafe che lo fa morire nel 1444. L’epigrafe si trovava alla base della statua di
Costanza di Capua, sua moglie, nella
chiesa di S. Maria, dei domenicani di
Conza, nella cappella di S. Maria delle
Grazie, che era appunto la cappella gentilizia dei conti di Conza:
All’insigne matrona Costanza di
Capua, che da giovane sposò il giovane
Conte di Conza Sansone Gesualdo, al
quale da vivo diede amore e pudicizia,
da morte la fedeltà coniugale e le lacrime, i sette figli superstiti hanno eretto
affinché negli Elisi, più che della
nobiltà della stirpe, possa gloriarsi
della pietà dei figli. Visse anni…,
mesi… . Morì nell’anno della salvezza
di Cristo 1444(18).
Considerando che nel 1452 era stato
insignito del titolo di Conte di Conza,
si può pensare che l’incisore dell’epigrafe o il De Lellis abbiano preso una
svista, nel senso che invece di cinque X
(o L) ne abbiano riportato quattro. Si
può ipotizzare, di conseguenza, che
l’anno di morte del Sansonetto sia il
1454.
I sette figli di Sansonetto, cui fa
anche riferimento la lapide, erano: Nicola, Luigi, Cesare, Antonio, Fabrizio,
Massenzio e Carlo. Le figlie, invece,
Altobella ed Ippolita. Quando, inaspettatamente, nel 1454 venne a morte, il
padre Luigi, cambiando testamento,
destinò i feudi di Calitri, Castiglione e
S. Maria in Elce a suo nipote Nicola,
primogenito di Sansonetto(19).
Questi, versando once 145, tarì 20 e
grana 13 per il relevio, in data 30 marzo
1471 ottenne dal re il privilegio di investitura dei feudi suddetti(20). La stima che
questo figlio di Sansonetto godeva a
corte è dimostrata dal fatto che nel giugno 1477 fu scelto fra sei signori princi-
pali del Regno per accompagnare in
Catalogna il duca di Calabria Alfonso
che andava a prendere la seconda moglie
di re Ferrante(21).
Anche se il suo nome non ritorna
spesso nei documenti del tempo, la sua
fu un’epoca di crescita per Calitri. Il decennio nel quale Nicola era signore di
Calitri fu, infatti, un decennio di pace,
garantita da un forte potere centrale.
Il che, quasi certamente, dovette portare
un certo benessere alla popolazione.
NOTE
(1) Cfr. Carlo De LELLIS, Discorsi delle
Famiglie nobili del Regno di Napoli, parte II, p.
13. Questo autore la chiama Cornelia Mormile,
ma è evidente che si tratta della stessa persona.
(2) Reg. Ang. 377, f. 182 t. Citato da Nunzio
Federigo FARAGLIA, Storia della regina Giovanna II d’Angiò, Lanciano 1904, p. 326.
(3) ACOCELLA, Calitri Medievale, Napoli
1923, p. 72.
(4) Cfr. Dell’Istoria del Regno di Napoli d’Incerto Autore, Gravier IV, Napoli 1769, lib. VIII,
p. 213. Da notare che a questo parlamento sono presenti altri due Gesualdo sostenitori di re Alfonso,
vale a dire Francesco e Antonio (al momento non
saprei dire di quali feudi fossero detentori). Cfr. Giovanni Antonio SUMMONTE, Dell’Historia della
città e regno di Napoli, t. III, Napoli 1675, p. 16.
(5) Calitri medievale, p. 72.
(6) Cfr. DE LELLIS, cit., p. 13; anche SUMMONTE, Dell’Historia, t. III, lib. 5, p. 135.
(7) E. RICCA, La nobiltà del Regno delle Due
Sicilie, Napoli 1859/79, I, p. 401-403 (vi è il documento della concessione del titolo); anche Arch. di
Stato di Napoli, Reg. Privilegiorum, vol. I (14521454), f. 5v; e DE LELLIS, cit., pp. 13-14.
(8) E. RICCA, La nobiltà, cit., p. 121.
(9) D. GIAMPIETRO, Un registro aragonese
nella Biblioteca Nazionale di Parigi, in Arch. Storico delle Pr. Napoletane, IX (1884), p. 277.
(10) Archivio di Stato di Napoli, Copia del
Registro di Parigi, f. 96v. Le due lettere sono edite
da Vito VITALE, Trani dagli Angioini agli Spagnuoli. Contributo alla storia civile e commerciale di Puglia nei secoli XV e XVI, Bari 1912, pp.
688-689. Vedi anche A. MESSER, Le Codice Aragonese, Champion, Paris 1912, p. 262.
(11) Cfr. A. MESSER, op. cit., ivi.
(12) Archivio di Stato di Milano, Potenze estere,
Napoli e Sicilia, 1459. Edito in V. VITALE, Trani,
cit., pp. 690-691. La parte fra parentesi è mia. Si
noti che la Fontana dello Piuppo di cui si parla in
questo documento non è l’omonima località calitrana menzionata nella Visita di Marco Antonio
Pescara (1582), ma era un castello presso Traetto,
menzionato dal Summonte (III, lib. V, p. 157)
come Fontana del Chioppo.
(13) Ivi, pp. 691-692.
(14) Cfr DI COSTANZO, Istoria di Napoli, lib.
XIX, p. 554.
(15) Cfr. Jo. Joviani PONTANI, Historiae Neapolitanae seu rerum suo tempore gestarum, Gravier V, Napoli 1769, lib. I, p. 36: Cuius exemplum
Lucania, Brutiique fere universi secuti cum essent,
periculosum Regi vulnus inflixere, additis etiam
defectionibus Loysii Jesualdi, qui in Hirpinis cum
aliquot opportunis oppidis, rerum ad Sarnum
gestarum nuntio accepto desciverat. Anche SUMMONTE, Dell’Historia, cit., III, lib. V, p. 300.
(16) Cfr. Commentarii rerum memorabilium
quae temporibus suis contigerunt, citati dal SUMMONTE, Dell’Historia, III, lib. V, p. 364.
(17) RICCA, cit., pp. 404-405.
(18) Cfr. DE LELLIS, Discorsi, cit., p. 14. Il
testo originale latino è il seguente: Constantiae de
Capua matronae insigni, quae Sansoni de Gesualdo
Comiti Compsano, iuveni olim iuvenis nupta, et
vivo amorem, pudicitiamque, et mortuo vidui cubilis
fidem, et lacrymas praestitit, septem superstites liberi, ut ea non tam genus formam, et mores, quam
filiorum pietatem in Elisijs iacta benemerenti posuerunt, vixit ann… mens… obijt anno sal. Christi
MCCCCXXXXIIII. Anche il Summonte (III, p. 230)
riporta la nomina di Sansone a conte di Conza da
parte di Alfonso, ma non specifica l’anno.
(19) Arch. Stato di Napoli, Antichi processi
della R. Camera della Sommaria, vol. 452, proc.
5282: Atti delli Magnifici Carlo, Massenzio ed
Antonio Gesualdo…”; in ACOCELLA, Calitri
moderna, p. 6.
(20) Arch. Stato di Napoli, Quinternione III
(già 4), f. 240v-243; citato da ACOCELLA, Calitri
moderna, p. 6.
(21) Cfr. Diurnali del duca di Monteleone, ed.
Faraglia, Napoli 1895, p. 143.
Lentate sul Seveso, 25 ottobre 1997, circondati dai figli, da un folto numero di nipoti, familiari ed amici,
Zabatta Canio e Rubino Maria della famiglia “cient’capill’”, hanno festeggiato il 50° anno di matrimonio. Auguri vivissimi.
9
Il CALITRANO
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997
EMILIO RICCIARDI
CALITRI ALL’EPOCA
DI CONSALVO DE CORDOVA
olte delle carte conservate nell’arM
chivio di Stato di Napoli e utilizzate da Vito Acocella per scrivere la sua
Storia di Calitri(1) sono andate distrutte
durante l’ultima guerra, ma nuovi fondi
attendono di essere studiati e promettono di offrire un notevole contributo alla
conoscenza della storia urbana e sociale
di Calitri in età moderna.
Il documento che qui si pubblica(2)
si riferisce al breve periodo di dominio
feudale del “Gran Capitano” Consalvo
di Cordova.(3) Dopo la battaglia di Cerignola, nel 1503, che sancì la definitiva
vittoria degli spagnoli nella guerra per il
possesso del regno di Napoli, Consalvo
divenne il primo viceré del regno e nell’aprile del 1504 gli furono assegnati,
come ricompensa per i servigi resi, feudi
per una rendita complessiva di diecimila
ducati, tra cui “la terra di Calitri col suo
castello”,(4) confiscata dai re aragonesi
a Luigi III Gesualdo, reo di aver parteggiato per la Francia.
Nel 1507, in virtù del trattato di pace
tra Francia e Spagna, la terra di Calitri e
il castello furono restituiti a Luigi III
Gesualdo, il quale nel frattempo si era
sottomesso al re Ferdinando il Cattolico;(5) in cambio Consalvo ricevette un
sostanzioso indennizzo.(6)
Nel settembre 1504 la Regia Camera
della Sommaria inviò un commissario per
informarsi delle rendite dello “stato
nuovo dell’Ill.mo Sig.r Gran capitano in
le parti di Puglia”. Il rapporto del commissario, che raccolse le testimonianze
dei camerari degli ultimi tre anni, descrive lo stato della terre di Calitri e Castiglione agli inizi del Cinquecento e testimonia delle durezze della vita di quegli
anni; oltre alle notizie sull’economia calitrana, basata sull’agricoltura e sulla pastorizia, dalle parole dei camerari traspaiono
le difficoltà dovute alle condizioni climatiche avverse e alla prepotenza dei feudatari: uno dei due mulini, semidistrutto
dalla piena dell’Ofanto, “fu venduto per
tomola mille di grano per forza”(7) da
Luigi Gesualdo a un gruppo di agricoltori i quali, non potendo pagare il debito,
furono successivamente incarcerati per
ordine dello stesso conte.
La relazione, scritta in una lingua
ibrida fatta di termini latini, italiani e
dialettali, offre, dietro le aride cifre delle
rendite, una vivace descrizione della vita
di Calitri in un periodo cruciale della
storia patria. In quegli anni la città si
trovava in piena zona di guerra, a poca
distanza dall’avamposto francese di
Atella;(8) così nel 1503 “non si pottè
andare in Puglia”(9) e le vacche rinchiuse
nella difesa di Castiglione “per star strette, tutte quasi ci morirno”,(10) mentre
molti calitrani, preoccupati per la presenza di gruppi di briganti e di sbandati,
rinunciarono ai loro investimenti a Castiglione.
Qui di seguito si trascrive il documento con qualche breve nota esplicativa.
Per una più agevole lettura si è ritenuto
opportuno modernizzare la punteggiatura
e l’uso delle maiuscole, e sciogliere la
maggior parte delle abbreviazioni.
* * *
Infor(mazio)ne pigliata per me Antonio de Regalibus Comm(issio)nis mandato p(er) la R(eg)ia Cam(e)ra della
Summ(a)ria in tutto lo stato nuovo dell’Ill.mo Sig.r Gran cap(itan)o in le parti
di Puglia di quello che rendeno l’intrate
delle terre di detto stato spettanteno a
Barone cias(cu)no anno et presentim
anni V.e VI.e et VII.e ind(ictioni)s proxime passati incominciando dalla T(er)ra
di Calitri, et uno castello disfatto nominato Castiglione
A di 3. 7bre VIII.e ind(ictioni)s 1504
Calitro
Francioni de Vitamore erarius Terre
Caletri et castri disabitati de Castiglione
anni V.e ind.s testis medio iur(amen)to
interrogatus ex parte R(eg)iae Cam(ar)ae
Summ(a)riae debbia declarar tutti li
membrj dell’intrate di detta T(er)ra, e di
detto castello disfatto spettanteno a
Barone, e quanto hanno fruttato in detto
anno V.e ind(ictioni)s dixit che in detta
T(er)ra la Corte ci have la bagliva, et
have questi membri v(ide)l(icet) li danni
10
dati,(11) lo banco della giust(izi)a, la piazza, lo scannagio, e due gr(ana) p(er)
sacramenti che se scrive inanzi lo cap.o
e certi terratieri di grani, et altre vittovaglie, e certi renditi di vigne in vino, et in
lo detto an(n)o V.e ind(ictioni)s fu venduta a bando ad Angelo Parrella mastro
<ba>glivo, e suoi compagnj per onze
quarantacinq(ue) netti alla Corte d’incanto che sono
D. 270.0.0 (12)
E più detta Corte tene in detta T.ra la
colta del sig(no)re, et ne hebbe docati
cinquanta duo e questo è costumato
D. 52.0.0
E più detta Corte havea in detto anno
due moline uno nominato la Ficocchia
vicino la Terra dello detto Ofanto, e l’altro, dove se dice l’Ischa de Dorante, e
tutti duo furono ven(du)ti in detto anno
V.e p(er) tommola mille e ducento di
grano scivto p(er) molino alla misura
piccola di detta T(er)ra, e come fu a
mezza vernata lo detto molino dell’Isca
di Dorante p(er) la piena grande dell’Ofanto fò rovinato, e quasi tutto ne lo
portò, et li molinari hebbero ricurso allo
Conte di Conza all’hora sig(no)re et le
fece defalco di tommola trecento, e così
in detto anno p(er) lo ca(merari)o seu
erario furno percepite tommola novecento; più per censo d’uno battendiero, et
un’altra casa tutti alla fiumara dell’Ofanto docati due et t(arì) uno D. 2.1.0.
di grano, e li tricento furno p(er) la
detta causa defalcati, et in quello anno lo
tommolo di grano all’aera valse grana
diece alla detta misura, et infine della
racolta valse grana quindeci, et alla vernata tarì uno, et al maggio tarì uno, e
grana cinq(ue) dico
D. 900.0.0
Verum in dette moline di mole et
altro bisogno furono fatte di spesa docati venti.
Et in più detta Corte tiene uno castiello disfatto nominato Castiglione et si
esige per l’erario predetto di Calitri, et in
detto anno V.e ind.s si vendì la defesa di
Castiglione ad uno Simone Greco delli
Lioni per onze venticinq(ue) dico
D. 150
E più have lo passo, e fù venduto
detto anno a Cola d’Andrea Guercio
p(er) ducati dudeci
D. 12
Il CALITRANO
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997
Et più detto erario affidò tanti buoi in
detto terreno, che ne hebbe onze nove
tari venti a tarì uno per bove
D. 58
E più in detto anno affidò in detta
defesa bacche quattrocento e diece a
gr(ana) diece per una e devono entrare
per Natale che sono
D. 41
E più hebbe quindeci giumente di
detti pastori à grana diece per una
D. 1.2.10
E più hebbe da dette tre massarie tre
carnali, che sono tre pecori cogliuti venduti a t(a)r(ì) duo l’uno
D. 1.1.0
E più hebbe in detto anno di caso e
recotte delle detta massarie pese otto
secondo lo solito valeva a sei car(li)ni la
pesa in q(u)ello anno dico
D. 4.4.0
E più in detto anno hebbe di porci
venduti in detta difesa di piazza docati 3
D. 3
E più hebbe da uno Angiolo di Zampaglione che fidò dopo scomputa la
ghianna certi porci car(li)ni decessette
D. 1.3.10
E più hebbe dicessette grutti da alloD. 1
ghi13
E più hebbe di terratico di grano del
detto castello in detto anno et da certo
Demanio di Calitri vicino de grano portato in casa tommola tricento e sedeci
t(ommol)a 316
E de orgio tommola quaranta a
gr(ana) otto lo tommolo
t.a 40
E di fave tommola sei come lo grano
t.a 6
E di lino fasci nove costano car(li)ni
tre tutti.
Nicolaus de Pietro Ungaro cam(erari)o seu erario della T(er)ra di
Calitrj in anno VI ind(ictioni)s 1503
testis medio iur(amen)to interrogatus
debbia declarare con verità quanto
hanno fructato in detto anno l’intrate di
Calitri, e Castiglione spettanteno a Barone, dixit che in detta T(er)ra ci è la
bagliva, et in d(et)to anno fu venduta à
Cola di Masuccio mastro baglivo, et
compagni per onze cinquant’una nette
di incanto con tutti li suoi membri sono
D. 306
E detto Corte tene ogn’anno che
deve la Un(iversi)tà predetta nominata
la colta del Sig.re docati cinquanta duo
D. 52
E di più hebbe dall’alloghi di tre
grutti
D. 1.0.10
E più hebbe da Petruzzo di Palazzo,
che have censuato lo battendieri che stà
alla fiumara
D. 1.1.20
Et più hebbe de una Casa, che sta
alla fiumara, che tene la herede di Nap.
de Nanni p(er) censo
D. 1.0.0
E più detta Corte have lo molino
nominato la ficocchia della detta t(er)ra
p(er)ché l’altro all’invernata dell’anno
passato p(er) la piena della fiumara dell’Ofanto fù quasi in tutto rovinato in
modo che per niente si può reducere a
frutto, e detto molino in detto anno fù
venduto ad Antuoni de Milia e compagni p(er) tomola mille di grano per forza
(che così volse lo Conte) e lo tenne pregione più dì in modo che detto molinaro
non le potté fare, perché la portata del
molino non le compitava et in fine ne
era disfatto con li compagni, e così
recorsero al sig(no)r gran Cap(itan)o et
sua S(ignori)a co(m)messe se ne facesse
processo, e così fù fatto, et p(er) a sua
S(ignori)a e suoi off(icia)li li furono
defalcate tommola quattrocento superflue poste per lo detto Conte di Conza e
così esso erario seu cam(erari)o ne have
ricevute tommola sei cento, et in detto
anno valse grana diece alla state, et
gr(ana) quindeci alla vernata dico
t(ommol)a 600
D. 90 a gr. 15 lo t.o
E più detta Corte tene lo detto castello disfatto nominato Castiglione, et in
lo detto anno VI.e ind(ictioni)s hebbe di
terratico di grano to(m)mola quattrocento e diece netti
t.a 410 D. 61.2.10
E più hebbe in detto anno de orgio
da detto castello tommola trentacinq(ue)
e valse a gr. sette
gr.a 7
E più hebbe di lino sarcene dudeci e
funno vendute car(li)ni dece
E più hebbe detta Corte in detto
anno della vendita della ghianna ad
Angelo di Zampaglione e Pietro Zanco
alli quali fu venduta onze ventiotto nette
sono
D. 168
E più hebbe di fida di 300 buoi a tarì
uno per bove secondo suo ricordo, perché li suoi libri sono in Sum(ma)ria portati per Gasparre di S.ta Croce dico
D. 60.0.0
E più hebbe di fida de bacche tanto
de cittadini come di forastieri p(er) bacche settecento, perché p(er) la guerra
non se potté andare in Puglia, et p(er)
star strette, tutte quasi ci morirno, et traseno à Natale e paga gr(ana) 7 per bestia
d(uca)ti setta(n)ta
D. 70
E più hebbe della fida di pecore massarie sei, et una della Corte in num(e)ro
circa 6m(ila) a 5 t(arì) p(er) centenaro
sono
D. 60
E più hebbe di giomente di dette
massarie da circa dodeci, e due pagorno
a t(arì) uno p(er) testa, e l’altre à gr(ana)
dece sono car(li)ni quattordeci
D. 1.2.0
E più hebbe di dette massarie pese
sei di caso et recotta et valeva quando si
recoglieva car(li)ni cinq(ue) la pesa
D. 3
11
E più hebbe <sei> carnali di dette
massarie che < > castrati sei che furono
venduti a car(li)ni tre, e mezzo l’uno
sono
D. 2.10
Donatj de Vitamore cam(erariu)s seu
aerarius T(er)rae Caletri anni VII.e
ind(ictioni)s t(esti)s medio iuram(en)to
int(erro)g(atu)s debbia declarare
q(ua)nto hanno renduto l’intrate di Calitri, e del castello disfatto di Castiglione
in lo detto anno VII.e ind(ictioni)s dixit
che esso have rescossa come
cam(erari)o et erario p(rede)tto la bagliva che in q(u)ello anno fù venduta a
Vicenzo de Canda m(ast)ro baglivo et
compagni per onze quarantaquatt(r)o
nette de incanto che sono
D. 264
E più hebbe dalla colta del Sig(no)re
p(er) lo castello della Terra docati
cinq(uan)ta duo
D. 52
E più hebbe di alloghi di certe grutte
D. 1.3
E più hebbe da Petruzzo di Palazzo
p(er) uno battendieri(14) sta alla fiumara
per censo car(li)ni 15
D.1.2.10
E più hebbe de una casa seu hosteria
di Paolo Nenno docato uno
D. 1
E più hebbe a censo da uno Angelo
Perrone per una vigna
D. 0.0.15
E più detta Corte tene uno molino
dove si dice Ficocchia che l’altro è in
tutto roinato, e fù venduto detto anno a
Cola de < > et compagni p(er) tommola
di grano seicento alla misura di detta
T(er)ra et in detto anno lo tommolo del
grano alla scogna valse tarì uno alla vernata à grana venticinq(ue) allo magio à
car(li)ni tre p(er) essere la misura piccola di 2 a 20 et 23 so t.a 600
D.120 e t(arì) 1
E p(er)ché lo detto anno al detto
molino fù fatta di spesa p(er) molti bisogni di quello docati diece
E più have ricevuto dal detto Castello disabitato Castiglione che sta incorporato con Calitri delli terratichi di suo
terreno di grano tummola duce(n)to
tre(n)ta alla misura di detta T(er)ra netto
t.a 3
t. 330
E d’orgio à grana dudeci lo tummolo
come t(ummol)a 18 q.ti VII
D. 2.1.5
E di fave to(m)mola cinq(ue) como
lo grano
D. 1
E di lino fasci nove et mezzo che ne
sono pigliati car(li)ni tre
E più have havuto dal passo di Castiglione docati sei tarì tre, e gr(ana) nove,
perché fù venduto ad Ant(oni)o di Furia
p(er) docati dudeci, et p(er) la suspittione di latri e guerra di Luisi d’Asti(15) lo
renonsò, e così fu p(er)la Corte redutto a
docati sei tarì tre, e gr(ana)nove
D. 6.3.9
Il CALITRANO
E più in detto anno have havuto dalla
defesa di Castig(lio)ne della ghianna di
porci venduta à Not(a)r Ber(nardi)no de
Gervasi p(er) onze ventiquattr(o) t(arì)
cinque dico
D. 145
E per detta guerra di Luisi d’Asti
p(er) li molti latri e perché Atella era
nemica detto compratore non si potte
finire detta defesa, et ne cacciò li porci
per non perderli, della qual cosa hebbe
ricurso à m. Gasparre S(an)ta Croce
Comm(issa)rio mandato p(er) la R(eg)ia
Corte sopra dette intrate dimandandoli
lo debito escomputo come di dovere era
p(er)ché così havea comprato e così p(er)
lo detto m. Gasparro li fù fatto defalco di
d(oca)ti quindeci, et non più, che si devono deducere dalla somma predetta.
E più hebbe in detto anno la fida di
buoi tricento sessanta cinq(ue) a t(arì)
uno per boi che sono docati 73 D. 73
E più have havuto di fida di bacche
tricento quara(n)ta quatt(r)o le quale traseno da Natale inanzi, e pagaro a gr(ana)
diece p(er) testa p(er) < > alli otto di
magio che sono docati 34 et t(arì) duo
D. 34.2
E più have havuto dalla fida di sei
massarie di pecore che sono state in
num(er)o 6m(ila) novecento quara(n)ta
cinq(ue) a t(arì) cinq(ue) p(er)
cent(ina)ro docati setta(n)ta tarì 2 e
gr(ana)
D. 70.2.5
Et più have havuto di casi da dette
massarie pese sei immescolato con ricot-
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997
ta che < > have valore tarì quatt(r)o la
pesa sono
D. 4.4.0
E più hebbe di dette massarie li carnali ch’è uno piecoro seu castrato p(er)
massaria cogliuto a tre car(li)ni e mezzo
l’uno duo ducati
D. 2
Per anno V.e ind(itioni)s rende
D. 801.1.0
Per anno VI.e ind(itioni)s rende
D. 881.4.0
Per anno VII.e ind(itioni)s rende
D. 829.2.4.
le quali intrate di detti tre anni partiti per tre vene p(er) uno anno
D. 836.4.1.1/3
NOTE
(1) V. ACOCELLA, Storia di Calitri [1946],
r.a., Calitri 1984.
(2) Napoli, Archivio di Stato, Archivio Caracciolo di Torella, vol. 189, fasc. 9 [1504].
(3) Su Consalvo de Cordova (1453-1515) cfr.
G. D’AGOSTINO, Il dominio spagnolo nell’Italia
meridionale (Napoli dal 1503 al 1580) in Storia
di Napoli, V/1, Napoli 1972, pp. 1- 159
(4) Corrispondencia de los Reyes catolicos
con el Gran Capitan durante las campañas de Italia , in «Archivio storico per le provincie napoletane» XXXVII (1912), p. 485, riportato in V.
ACOCELLA, Storia di Calitri , cit., p. 62
(5) «Mandavimus reintegrari, et restitui spectabili Ludovico de Gisualdo Comiti Consie Civitatem Consie cum titulo, et honore Comitatus Terram, et fortellicium Calitri, Terras Cayrani, Sancti
Andree, S. Mennai, et Ligorii, et Civitatem Fricenti et eum baronia videlicet Gisualdi cum for-
tellicio, Terram Paterni, Terram Fontanerose, et
Feudum Castiglioni inhabitatum de Provincia Principatus Ultra ... » (Napoli, Archivio di Stato, Archivio Caracciolo di Torella, vol. 84, fasc. 6 [1507],
atto di notar Altobello di Montefredane allegato
all’istrumento in pergamena del ligio omaggio prestato da Luigi Gesualdo al re).
(6) Cfr. Corrispondenza de los Reyes catolicos,
cit., e N. CORTESE, Feudi e feudatari della prima
metà del Cinquecento, I, Napoli 1931, pp. 15-16.
(7) Napoli, Archivio di Stato, Archivio Caracciolo di Torella, vol. 189, fasc. 9 [1504].
(8) «Eccovi la terra [Atella], ove tanto sangue
si versò tra Spagnoli e Francesi, questi nel difenderla come ad ultimo loro baluardo e quelli nel
volerla ad ogni costo. Il re Ferdinando dopo prese
le terre sopra mentovate [Gesualdo, Paterno e
Andretta] fortificò gli alloggiamenti e prese un alto
monte presso Calitri, dove si scovre Atella e le
campagne sottostanti. Quivi più e più volte si
azzuffarono...». (A.M. IANNACCHINI, Topografia
storica dell’ Irpinia, II, Napoli 1894, pp. 148-149.
(9) Napoli, Archivio di Stato, Archivio Caracciolo di Torella, vol. 189, fasc. 9 [1504].
(10) Ivi.
(10) Sulla bagliva di Calitri e su «li danni dati »
cfr. C. DE ROSA, La Bagliva a Calitri nel 1558,
dattiloscritto conservato nella Biblioteca Comunale di Calitri, e G. CIOFFARI, Calitri. Uomini e
terre nel Cinquecento, Bari 1996, pp. 105-112.
(12) A proposito delle valute correnti nel Regno
di Napoli si ricordi che: 1 oncia = 6 ducati; 1 ducato = 5 tarì; 1 tarì = 2 carlini; 1 carlino = 10 grana.
(13) Grotte destinate ad abitazione.
(14) Dal lat. BATANDERIUM = Mulino per la
macerazione di lino, canapa e stracci. Cfr. C. DU
CANGE DUFRESNE, Glossarium ad scriptores
mediae et infimae latinitatis, I, Lutetiae Parisiorum
MDCLXXXIII, coll. 1006-1007.
(15) Luigi d’Asti (1462-1515), cioé Luigi XII,
re di Francia dal 1498.
VERDE
Stringhe marrone
di terra bruciata;
in su la veste bianca,
cangiante di pioppi,
collana di fiume, argentata;
cappello ricamato
di gialla ginestra;
sul monte sopito
merletti di uccelli
in volo di giostra;
e lo sguardo radente,
vola lontano, si sperde
pei declivi dormienti
in guancial d’erbe fluttuanti,
e plana sul magico...VERDE.
(Colle di Galiano agosto 1996)
Ettore Cicoira
Calitri 15 agosto 1997, Maffucci Donato, vincitore del concorso “Dilettanti alla ribalta” con la
canzone “Con te partirò” di Bocelli.
Ad Ettore Cicoira l’Accademia Universale
“NEAPOLIS” via Sapienza, 6 - 80135 Napoli
ha conferito il 1° Premio Medaglia d’oro per
la sezione poesia singola in lingua.
12
Da sinistra seduti: Cerreta Angela 19.01.1901 /
† 20.11.1972 - Cestone Salvatore 08.08.1917 /
† 14.11.1977 - Cestone Celestina, classe 1928 Cestone Maria Angela, classe 1935 - Cestone
Francesco, classe 1928.
Il CALITRANO
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997
DIALETTO E CULTURA POPOLARE
A CURA DI RAFFAELE SALVANTE
L’UT’M’ R’ CARN’VAL’
Ciè, Franc’schì, r’v’gliat’v’, auzat’v’
n’ nfacit’ tard’, app’zzat’ bbon’ r’aurecchj’ e annas’lat’ quegghj’ chi v’ rich’: cu
attan’ta n’ sciam’ for’ a Llient’ a chiantà
r’ patan’.
Osc’ eia l’ut’m’ r’ Carn’val’, quann’
assit’ ra la scola lavat’ r’ spangegghj’ e
quegghia sciarengula r’ cot’ca chi m’ttiett’ a sp’nzà sera nda la vac’legghia;
so sotta la seta ngimma lu mpastapan’,
r’agg’ cumm’gliat’ s’nò si acchiana
quacche ggagghina s’ r’ pp’zz’leia,
p’gliat’ pur’ quigghj’ cap’tiegghj’ r’ sausicch’ r’ pr’mon’ appis’ a la pert’ca e
mm’ttit’ a ccoc’ tutt’ cos’ nzemm’r’ nda
la p’gnata hrossa r’ creta.
V’rit’ ca add’ciett’ r’ sckarol’ ra for’
r’ ss’glit’, r’ llavat’ e r’ scallat’, quann’ sò
mezz’ cott’ r’ lluvat’ ra nda la sciotta e r’
mm’ttit’ nda la p’gnata cu la carna, fr’nnisc’n’ r’ coc’ e piglian’ r’ cunz’ accussì
m’sera quann’ n’ r’tram’ ra for’ facim’
Carn’val’.
Lu juorn’ quann’ asserm’ ra la scola,
una app’ccià r’ fuoch’ e pposs’ a mbuquà
l’acqua, l’auta scì a l’acqua ca era f’rnuta nda la s’rola; ropp’ cu l’acqua calla
lavarm’ la cot’ca e r’ spangeggh’ e cu
quiggh’ picca sauzicch’ r’ poss’m’ a
ccoc’ nnand’ a r’ ffuoch’.
Na rocchia r’ criam’ sciuquava nda
lu chian’ e ogn’ mpicca n’ v’nienn’ a
chiamà a pp’ ggiuquà cu llor’; ropp’ chi
n’aviemm’ mangiat’ n’ picca r’ pan’ e
“ccosa” n’ scerm’ a ggiuquà.
Ogn’ ttant’ n’ v’nija a mment’ r’ scì
att’zzà r’ ffuoch’, ma facija la “mort’
cazzuta” r’aviemma add’mà semp’ cu lu
fiammifar’ ca r’acchiavam’ st’tat’.
Quann’ pars’ a nnuj n’ r’curdarm’ ca
aviemma segl’ r’ sckarol’ e nn’ traserm’
hintr’; tott’ queggh’ criam’ n’ v’nern’ a
ppr’hà r’ sciuquà n’at’ ppicca; ropp’
– riss’n’ – v’nim’ tutt’ quanta e vv’ajtam’ , chi la segl’, chi la lava e ssubb’t’
la mittit’ a ccoc’.
Ammient’ chi sciuquavam’ v’nern’
quatt’ st’zzun’ e nn’ voz’m’ trasì hintr’
tutt’ quanta. Pur’ r’ ggagghin’ travers’ a
pp’ lu p’rtus’ p’ s’ scampà. Probbia
accussì, t’niemm’ na r’cina r’ hagghin’, a
ffa gghiov’ nda la f’n’stregghia, nda lu
mur’ e mmas’nà la sera s’ n’ scienn’ a la
stagghia (a la casa r’ sotta) lu huviern’ a
pp’ mmangià lu m’ttiemm’ a la casa r’
cimma ndo stemm’ nuj e a pp’ lu p’rtus’ trascienn’ sul’ p’ mangià e a pp’ s’
scampà quann’ ch’vija.
Cum’ s’ sap’, prima tott’ r’ ccas’
t’nienn’ lu p’rtus’ p’ r’ ggagghin’ chi r’
tt’nija o a pp’ la hatta; si po’ n’ nz’
v’lienn fa trasì, s’ m’ttija na preta nda
lu p’rtus’.
T’rnam’ a nnuj, na vota chi hierm’
trasut’ tutt’ quanta accumm’nzarm’ a
ssegl’ la m’nestra, cu quegghia muluina
r’ criatur’, r’ ggagghin’ tott’ sckantat’
accumm’nzarn’ a scat’cà e abb’là p’
ccimma lu mbastapan’, lu liett’, la
cascioa, quacche una scarav’n’sciava e
pp’zz’liava pp’ terra nda r’ sckarol’ chi
s’gliemm’.
Mamma e tata s’ r’travan’ ra for’
semp’ a n’ora r’ nott’ ca era luntan’ a
pp’ quess’ t’niemm’ tutt’ lu tiemb’ a pp’
ggiuquà e ffa li s’r’vizz’j; quegghia vota
però n’ scì malamend’ la p’nzata: cu la
quegghia ca era chiuopp’t’ tata e
mamma n’ mp’tenn’ fa nient’ for’ s’
r’trarn’ cchiù bbietta e tr’varn’ quiggh’
pr’c’pizz’j tutt’ sc’gliat’, quegghia cummedia r’ criam’, senza coc’ la m’nestra,
la cot’ca e r’ spangeggh’ sul “ aggragghiat’“, mamma n’ sciarrà e n’ fec’
“nov’ nov’” a ttott’ e ddoj, r’ criam’
v’renn’ la “mala parata” azz’ccarn’ la
cora ngul’ e ss’ la squagliarn’; n’ rez’
tant’ r’ queggh’ bbott’ chi cu quegghia
l’zzion’ n’ fec’ r’curdà p’ ssemp’ l’ut’m’
r’ Carn’val’.
Cert’ ca quann’ ng’ penz’ n’ pozz’ fa
a mmen’ r’ cunfr’ndà a qquann’ hierm’
criatur’ nuj a cum’ so’ mò; hierm’
abband’nat’ a nnuj stess’, ra la neura
matina a la neura sera, aviemma p’nzà a
ggì a la scola, aviemma huv’rnà lu puorch’ la matina e la sera e l’aviemma scì a
ppasc’, aviemma scì a pasc’ pur’ la crapa
quann’ assiemm’ ra la scola quann’
mamma e tata scienn’ luntan’ o si lu
13
tiemb’ era bbrutt’ e n’ ns’ la p’rtavan’,
aviemma r’trà pur’ lu fasc’tieggh’ r’ frasch’ r’urm’ o r’auliv’ a pp’ la fa mangià
la nott’ e la matina appriess’, aviemma
scì a l’acqua e enchj’ la s’rola, aviemma
segl’, lavà e coc’ la m’nestra, scupà la
casa, fa li liett’, aviemma segl’ r’ nn’miccul’ (la cosa cchiù nn’iosa chi ij n’
mp’tia all’gg’risc’) m’ v’nia lu suonn’
quann’ avija segl’ la sp’regghia, li zirp’l’,
la vezza e ttant’at’ f’ssarij chi s’ tr’vavan’ p’ hintr’.
Rija cert’ capat’ ngimma a lu t’mpagn’ chi m’ttija ngimma la s’gg’legghia p’ r’ ssegl’, quacche bbota auzava
cap’ e r’ nn’miccul’ s’ str’cchiavan’ e
m’ m’ttia a chiang’ quann’ r’avia arr’nà
ra terra; quann’ po’ r’ cuciemm’ e n’
stiemm’ attient’ att’zzà r’ ffuoch’ sul
ca ngur’ndienn’ e n’ nsapienn’ bbon’cum’ “scazzass’ prucchj’” sotta a li
rient’, ropp’ aviemma fa la cauzetta e
nn’aviemma perd’ tiemp’,r’cija
mamma.
Li scritt’ po’ n’ r’ ffaciemm’ semb’ la
sera tard’ quann’ mamma e tata s’ curquavan’, e n’ sciarravan’ ca n’ r’aviemma fa lu juorn’ ammegg’ r’ sciuquà;
spiss’ e bb’l’ntier’ s’ n’ scija la luc’
afforfè e nn’ r’aviemma fa cu la luc’ r’
gghiuogl’ o r’ lu p’trolj.
La sera po’ quas’ semb’ avija assì la
p’lea a pp’ abb’sckà si n’ ierm’ scurdat’
r’ fa quacche ccosa. R’ criam’ r’ mo’
n’auzan’ nu spruocch’l’ ra terra, s’
mett’n’ attuorn’ a na television’ cu lu
telecomand’ mman’ a cangià canal’ e
ssì hanna mangià r’heia pur’ ammuqquà.
Sciuquavam’ “lu vattis’m’” pur’ nuj
quann’ hierm’ criatur’, ma semb’ cu lu
cor’ sckantat’ ca aviemma fa li s’r’vizzij
e si n’ nn’ r’ faciemm’ la sera eran “varrat’”. A pp’ ggì bbona mamma aviemma
“quaglià” na sera si e na sera no, si la
sera abb’sckavam’, la sera appriess’
acchiava tutt’ fatt’.
Ma hierm’ p’cc’nenn’, cchè ppr’t’nnienn’ ra nuj, mo cu ttott’ r’ cumm’n’tà e
r’amma serv’ nseggia!
Lucia Fierravanti
(da Olgiate Comasco)
Il CALITRANO
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997
L’ULTIMO DI CARNEVALE
(Traduzione del precedente testo dialettale)
Lucia, Francesca svegliatevi, non vi
alzate tardi, io e vostro padre andiamo
in campagna a “Liento” a piantare le
patate; aprite bene le orecchie e ascoltate quello che vi dico: oggi è Carnevale, quando ritornate dalla scuola, lavate
le costine e quel pezzo di cotenna che
ho messo a bagno ieri sera nella bacinella, vedete che è sotto il setaccio sull’impastapane, l’ho coperta altrimenti
se sale qualche gallina se lo becca,
prendete pure quel capo di salsiccia
grasso appeso alla pertica e mettete a
cuocere tutto insieme nella “pignata”
grande di creta.
Ci sono pure le sckarole che ho portato dalla campagna ieri sera, le scegliete,
le lavate e le lessate, quando sono a metà
cottura le togliete dall’acqua e le unite
alle costine, salsiccia e cotenna ultimando la cottura e insaporendo il tutto, così
questa sera quando ritorniamo dalla campagna festeggiamo il Carnevale.
Il giorno, all’uscita della scuola, arrivate a casa una accese il fuoco e mise a
scaldare l’acqua, l’altra andò a prendere
l’acqua alla fontana, poiché nella giara
era finita, dopo con l’acqua ben calda
lavammo le costine, la cotenna e con
quella poca salsiccia mettemmo a cuocere il tutto nella “pignata” davanti al fuoco.
Parecchi bambini giocavano “nel
piano” davanti a casa nostra ed ogni
tanto venivano a chiamarci per giocare
con loro; dopo aver mangiato un po’ di
pane e cacioricotta andammo a giocare.
Ogni tanto ci veniva in mente di
andare ad attizzare il fuoco, ma ogni
volta lo trovavamo spento e dovevamo
riaccenderlo con i fiammiferi. Dopo un
po’ di tempo ci ricordammo pure di scegliere le sckarole ed entrammo in casa,
ma i nostri compagni di gioco vennero a
pregarci di giocare ancora un po’, dopo
tutti sarebbero venuti ad aiutarci a scegliere, lavare la verdura così l’avremmo
messa subito a cuocere.
Mentre giocavamo ancora fuori
venne un temporale e dovemmo rientrare tutti per ripararci dalla pioggia. Anche
le galline entrarono in casa dal buco in
basso vicino alla porta per “scamparsi”. Proprio così, avevamo una decina di
galline a fare le uova nella finestrella a
muro e la sera andavano ad appollaiarsi
nella stalla (alla casa di sotto) mentre il
granoturco o l’avena per mangiare la
mettevamo alla casa di sopra, cioè dove
abitavamo, e per il buco entravano solo
per mangiare e ripararsi dalla pioggia.
Come si sa prima tutte le case di Calitri avevano “lu p’rtus’ “ per le galline,
chi le aveva, o per il gatto; se poi non si
volevano fare entrare, bastava mettere una
pietra per ostruirne il passaggio.
Torniamo a noi, una volta entrati tutti
quanti cominciammo a scegliere le sckarole, ma con quella confusione di bambini, le galline spaventate cominciarono a
schiamazzare, svolazzare sopra il letto,
l’impastapane, la “cascia”, alcune con le
zampe frugavano e beccavano per terra
nella verdura che noi sceglievamo,
insomma si era creato un gran baccano.
I nostri genitori ritornavano dalla
campagna sempre ad “un’ora di notte”
poiché le terre erano molto lontano e per
questo noi avevamo tutto il tempo per
giocare e fare i mestieri. Quella volta
però andò male la nostra “pensata”. Siccome era piovuto e non potendo fare i
lavori in campagna i nostri genitori ritornarono prima del previsto e trovarono
tutto quel “precipizio”, tutto sporco, tutti
quei bambini per casa, senza cuocere la
verdura, le costine e la cotenna solo scottate, poiché il fuoco era quasi sempre
spento; mamma ci sgridò e ci picchiò
severamente a tutte e due; i bambini,
vedendo nostra madre infuriata, con la
coda tra le gambe se ne scapparono senza
fiatare, con quella lezione ci fece ricordare per sempre l’ultimo di Carnevale.
Certo che quando ci penso, non
posso fare a meno di confrontare quando
eravamo bambini noi a quelli di adesso;
noi eravamo abbandonati a noi stessi
dalla “nera mattina alla nera sera”,
dovevamo pensare ad andare a scuola,
dovevamo governare il maiale la mattina
e la sera andarlo a pascolare, dovevamo
andare a pascolare anche la capra il
pomeriggio, quando i genitori andavano lontano, oppure era brutto tempo e
non se la portavano, dovevamo anche
procurare dei rami di olmo o di olivo e
fare un fascio per portarlo in paese e
darle da mangiare la notte ed il mattino
seguente, dovevamo andare a prendere
l’acqua e riempire la giara.
Dovevamo ancora scegliere, lavare e
cuocere la verdura, spazzare, fare i letti,
dovevamo scegliere e cuocere le lenticchie – la cosa più noiosa e odiosa per
me – mi veniva il sonno quando dovevo
scegliere quei semini diversi che si trovavano dentro, davo certe testate sull’asse con le lenticchie, appoggiato ad
una sedia ed io seduta sulla seggiolina di
fronte, spesso sonnecchiavo e l’asse in
bilico sulla sedia bastava sfiorarlo che
si rovesciavano tutte le lenticchie e piangevo quando dovevo raccoglierle da
terra, essendo molto piccole e per giunta
14
si erano mischiate quelle già scelte e
dovevo ricominciare di nuovo.
Quando le mettevo a cuocere, bisognava attizzare il fuoco continuamente
anche perché spesso erano rami di sarmenta e la fiamma durava poco e se non
bollivano restavano dure e quando si
mangiavano disgustavano..
Inoltre dovevamo fare la calza quando ci avanzava tempo invece di giocare,
così diceva nostra madre; i compiti poi li
facevamo la sera tardi, quando i genitori
andavano a letto e ci sgridavano dicendo
che li dovevamo fare il giorno. Molto
spesso se ne andava la luce, bastava un
po’ di vento, lampi o tuoni e dovevamo
leggere e scrivere con una lucetta ad olio
o a petrolio; quasi sempre la sera doveva
esserci qualche scusa per prendere botte
se avevamo dimenticato di fare qualcosa.
I bambini di questa generazione
stanno solo davanti ad un televisore con
il telecomando in mano a cambiare
canali e se devono mangiare si devono
imboccare per non fare raffreddare il
pranzo. Giocavamo tanto e con accanimento quando eravamo bambini anche
noi, ma sempre col il cuore in gola pensando ai servizi da fare e se non li facevamo, la sera erano “varrate”.
Per andare bene mamma, ci doveva
picchiare una sera sì e una sera no, se la
sera ci picchiava, la sera dopo trovava
tutto fatto, ma eravamo molto piccole,
cosa pretendevano da noi! Adesso con
tutte le comodità si devono anche servire in seggio.
Lucia Fierravanti
(da Olgiate Comasco)
Sull’Andrea Doria 1943, il tenete di vascello
Bonocore di Sorrento e il sottocapo palombaro/sommozzatore Di Napoli Pio.
Il CALITRANO
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997
IN MEMORIA DEL GIUDICE
DEL FRANCO
plice cordialità con cui offriva la sua
amicizia e faceva superare barriere di
età, ruolo, esperienza, sono le qualità
– oggi tanto rare – che più ce lo fanno
rimpiangere, e rendono anche nostro il
dolore dei familiari; rimane per tutti noi
un esempio chiaro di dedizione e di
passione, una luce nell’incerto presente,
un auspicio per le giovani generazioni.
Alla sua figura di uomo e di magistrato vanno la riconoscenza e il rimpianto di quanti lo conobbero, e la
redazione de “Il Calitrano”, anche a
nome di tutti i concittadini, si associa al
lutto della famiglia.
sua casa di via Belgioioso a
N ella
Monte Olimpino si è spento, pre-
maturamente, il giudice Mario Del Franco, onore e vanto del nostro paese che
gli aveva dato i natali 72 anni fa, e dal
quale era partito nel lontano 1949 per
recarsi a Como, dove per trentasette anni
ha lavorato alla Procura della Repubblica, gli ultimi diciassette anni come capo
del prestigioso ufficio giudiziario; una
carriera onorata, compiuta senza alcuna
ostentazione, entro i limiti di un pacato
riserbo, schiva di esteriorità.
L’umanità larga e profonda, la sem-
IL SILENO DI CONTURSI
poradico pezzo di marmo bianco a
S
grana fina, rinvenuto in superficie
nell’estate 1995, alla località Piana di
Contursi (Sa); la parte superiore scolpita
raffigura il lembo di quattro foglie e una
voluta alla base destra, che danno l’idea
di un capitello ionico.
Nel riquadro sottostante, più o meno
esagonale, è scolpito in rilievo il profilo
destro della testa di un Sileno, poggiata
su un rialzo che fa da cuscino.
La tipologia di questo personaggio,
del corteggio di Dionisio, nei suoi elementi caratterizzanti è costante: grossa
testa cinta dal cercine, orecchio puntuto,
occhio sporgente dalle palpebre leggermente socchiuse al di sotto dell’arcata
sopraccigliare prominente, naso camuso, barba folta e inanellata che copre
appena le labbra tumide.
Il volto appare devastato dalla vecchiaia e l’ebrietà, non privo dei caratteri
“socratici” che dalla ritrattistica del filosofo sono passati nell’iconografia silenica di epoca ellenistica, ma non la pensosità quasi malinconica che caratterizza
alcune serie di questo tipo.
Sull’altra faccia del pezzo di marmo
è scolpito un volto di donna a destra con
folta chioma ondulata e sciolta, sicuramente quello di una Baccante o Menade.
L’esecuzione dei rilievi appena esposti risulta attenta e curata nei minimi
particolari e, per il tipo di materiale prescelto (sembra marmo pentélico) fanno
ritenere che si tratti di un’opera eseguita
da maestranze itineranti vicine alla cultura attica e con materiale da esse
importato. Potrebbe essere stata commissionata da un ottimale locale imbevuto di cultura greca e verosimilmente
membro di quella ristretta cerchia oligarchica alleata di Roma.
Il Sileno raffigurato trova raffronti
col Sileno Marsia di Paestum, con quello di Herakleia ed altri esemplari dell’area tarantina e metapontina. Questo rilievo marmoreo a carattere votivo attesta la
diffusione del culto di Dionisio al di
fuori del mondo ellenico, non soltanto a
Siracusa e Marsiglia, ma anche in ambito apulo - lucano, grazie a quella rete di
contatti commerciali e culturali che
Atene intratteneva con l’Occidente e che
in Magna Grecia dovettero essere
mediati da Taranto.
Il Sileno della Piana di Contursi,
sulla base iconografico - stilistica, sarebbe da collocarsi tra la fine del III e l’inizio del II secolo a.C., o in epoca comunque anteriore all’emanazione del “Senatus consultum de Bacchanalibus”
15
(186 a.C.), col quale si inibì ogni forma
di culto dionisiaco per precisi intenti
politico - ideologici.
Damiano Pipino
(Archeoclub Contursi Terme)
Calendario
Calitrano
Anche quest’anno l’Associazione Romana dei Calitrani
ha provveduto a stampare la
seconda edizione del Calendario Calitrano; chi è interessato può telefonare al n.
06/69.94.06.52 oppure fare
un fax alla cortese attenzione
del dott. Antonio Cicoira
06/69.92.31.25 chiedendone
la spedizione ed accollandosi
la spesa postale che si aggira
sulle 4.000 lire circa
Il CALITRANO
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997
IL DOTTOR MARGOTTA
COMMIATO
ra tanto modesto quanto discreto che
Eparlasse
da vivo non avrebbe permesso che si
di lui davanti a tante persone.
Forse anche per questo ha preferito
andarsene in silenzio, senza farcene
accorgere se non a cose fatte, proprio
come quando lasciò Calitri per trasferirsi
a Roseto degli Abruzzi, dove aveva scelto di concludere il ciclo sempre ascendente della sua carriera di medico.
Con la scomparsa del dottor Margotta si ha la sensazione che si sia conclusa
un’epoca e sia venuta meno un’istituzione: l’epoca e l’istituzione dell’arte della
medicina intesa come ricerca e come
scienza, come servizio sociale alto e
nobile, come dedizione totale, cioè, alla
lotta contro le sofferenze fisiche e contro
i mali che affliggono la vita dell’uomo.
Don Alfonso Margotta è stato forse
l’ultimo di quei medici all’antica che
amava esercitare senza risparmiarsi, che
ricorreva sia alla vasta e poderosa preparazione che possedeva, sia alle sue energie fisiche, a seconda delle circostanze.
Per lui l’attività di medico non era un
mestiere, ma un’arte da coltivare col massimo impegno e con grande serietà: di
giorno prodigandosi per la cura delle
malattie dei pazienti, di notte consultando
testi e studiando casi difficili.
Il dottore Margotta amava fare il
medico a tempo pieno perché era disponibile in tutte le ore, specie nei casi più
allarmanti. Però non tralasciava mai la
sua dimensione umana, di applicare la
deontologia alla medicina, l’etica alla
dottrina, la sensibilità alla pratica, il
conforto e la speranza alla disperazione e
alla sofferenza.
Con la dipartita di don Alfonso, dicevo, si conclude un’epoca, scompare un
tipo particolare di medico, del medico,
cioè, sempre attento, volto ad alleviare
guai e malanni altrui, sconforti e fatalità.
Comprensivo com’era, quando fiutava la
gravità dei casi conservava l’espressione del viso e non alterava il tono della
voce per non provocare sconforto, sapeva
sdrammatizzare con l’ilarità delle sue
battute, con la bonomia del suo carattere
e col buonumore, strappando sorrisi al
dolore e fiducia alla diffidenza.
La semplicità, l’umiltà, l’altruismo,
la passione viscerale per la pratica della
professione di medico di vecchio stampo
e non di routine erano di lui qualità rare e
note a tutti. L’amore e l’impegno che
profondeva nell’adempimento del suo
dovere erano intensi e forti; la dimestichezza con la scienza medica era invidiabile, la caparbietà con cui lottava contro i mali del corpo era indomabile.
Medico vero per destrezza e caratura
professionale, oltre a guarire gli infermi,
sapeva infondere coraggio anche ai più
vili e ai più insofferenti. Nella sua azione
non affiorava mai il senso della pietà e
della commiserazione. Nell’esercizio
delle sue funzioni si trasformava: l’ironia
e la giovialità, che costituivano l’altro
aspetto della sua natura, si dileguavano
interamente, e sul suo volto traspariva il
cipiglio di chi avvertiva il peso enorme
della responsabilità che si assumeva e
l’ansia dell’attesa di chi ricorreva alle
sue cure.
Nell’arco di tempo durante il quale
ha operato a Calitri che non ha mai smesso di amare neanche da lontano, per tanti
giovani laureati che si cimentavano nell’esercizio della professione, il dottore
Margotta è stato un punto di riferimento,
maestro ed esempio al tempo stesso.
Personalmente lo ricordo sempre in
giro, assorto, in visita agli ammalati nelle
case. Con l’andare quotidiano per i vicoli di Calitri, la sua sospirata presenza era
costante e puntuale, incoraggiante e liberatoria. Nonostante gli anni da quando
16
se ne andò in quel di Roseto, sono ancora vivi nella mia memoria quei suoi
occhi da spiritato che scrutavano come
un radar e affondavano lo sguardo come
coltelli acuminati; la sua voce cavernosa,
sentenziosa, quasi profetica; le sue parole ironiche, sferzanti, sottili, aspre, ma
mai cattive; la sua figura alta, un po’ trasandata nel vestire, pensierosa e discreta,
segnata da qualche acciacco, ma ancor
più dal peso del lavoro che svolgeva per
servire e aiutare il prossimo.
Faceva capire che per lui la vita vera,
la vocazione, il fine fossero unicamente
lì, in quel suo soccorrere gli altri, soprattutto se in essi scorgeva l’accanimento
di un male crudele. Dava l’impressione
che il suo motto fosse solo uno “servire
gli ammalati per servire la vita”.
Però, dietro l’evidenza tangibile di
tutte queste qualità, anche se non ne parlava che raramente, don Alfonso Margotta
nascondeva un segreto dentro il suo cuore
di marito e di padre, custodiva con gelosia
lo scrigno di un tesoro prezioso che
amava tenere tutto per sè: la sua vita privata, i suoi affetti, il suo essere uomo oltre
che essere medico. Ricordo quella volta
quando, dopo avermi visitato nel suo studio, discutendo d’altro, come era solito
fare, infiammato da una particolare tensione interiore, si bloccò esclamando “le
convinzioni politiche vanno e vengono a
seconda degli uomini che le predicano,
delle circostanze in cui ci troviamo e
delle necessità che ci opprimono, ma le
cose che hanno immutevole valore,
almeno per me, sono la famiglia, la
medicina e l’amicizia. L’altro è solo
occasionalità, abitudine, quotidianità
secondaria, che lasciano il tempo che
trovano”.
Questi era il dottore Margotta quando
si spogliava del “camice” di medico e
tornava ad essere e a sentirsi uomo.
Oggi tutti quanti noi così vogliamo
ricordarlo. I familiari che gli hanno voluto bene e gli sono stati vicino, amici e
colleghi, vecchi pazienti ancora in vita,
noi che lo conoscemmo, lo apprezzammo e beneficiammo della sua dottrina e
della sua maestria non lo dimenticheremo; anzi porteremo sempre nella memoria il ricordo di lui, di chi è stato e di
quanto ha fatto.
Il CALITRANO
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997
Erbe di Casa Nostra
a cura di Giovanni Nicolais
IL PREZZEMOLO
Petroselinum hortense. Famiglia delle
Ombrellifere. Pianta erbacea biennale, comune
e largamente coltivata ovunque in molte varietà;
sporadicamente si trova spontanea ed inselvatichita, meglio non usare la pianta selvatica che si
potrebbe confondere con altre ombrellifere tossiche.
Il prezzemolo è conosciuto col nome di
“Erbetta Romana” e a Calitri “P’tr’sin’”, largamente usato in cucina ed, a scopi medicinali, è
una vera panacea; è ricco di principi attivi: in
grande quantità vitamina C, A e B e molti sali
minerali, ferro, calcio, potassio, fosforo, iodio,
ecc.
A scopi medicinali si usa la pianta intera,
però le parti più attive sono il seme e la radice;
per usarlo a scopi terapeutici è bene saggiarne la
tolleranza individuale ed attenersi al dosaggio
prescritto, perchè un iperdosaggio può provocare incresciosi inconvenienti e gravi intossicazioni.
Fino a non molto tempo fa, in Calitri, donnicciuole prezzolate e senza scrupoli, a scopi
abortivi, propinavano enormi quantità di decotto
di prezzemolo a sprovvedute fanciulle restate
incinte: alla morte del feto per grave intossicazione, talora seguiva la morte della gestante.
Il prezzemolo si usa per curare molte malattie, sia per via orale che esternamente.I vecchi
medici l’hanno sempre usato, con ottimi risultati, per curare affezioni renali, calcolosi, malattie
delle vie urinarie, essendo potente diuretico ed
antiflogistico, per curare la ipertrofia prostatica;
da sempre viene usato per promuovere le regole
che ritardano, nei gonfiori epatici, splenetici,
addominali, viscerali.
È ritenuto un buon vaso-dilatatore, un rigeneratore capillare ed ottimo per curare l’ipertensione e i vizi del sangue; la patrona degli erboristi Santa Irdegarda ci ha lasciato una miracolosa ricetta, a base di prezzemolo, per curare
malattie cardiache anche gravi!
Trova altresì impiego, sempre per via orale,
per curare l’asma, l’ipotonia digestiva, l’ipotonia
biliare, l’itterizia; per uccidere i parassiti intestinali (ossiuri), per allontanare i gas dallo stomaco
e dall’intestino (azione carminativa); è inoltre
indicato per curare l’ansia, lo stress, l’astenia
fisica e psichica, l’anoressia e altri malanni.
Nell’uso esterno, trova impiego per curare
affezioni oculari, piaghe atone, ulcere torpide,
cangrena, edemi, tofi gottosi, lombalgie, nevralgie, lentiggini, leucorrea e, a dire di Paracelso,
non c’è niente di meglio del prezzemolo per guarire in poco tempo gravi contusioni, ematomi,
distorsioni.
Alcuni usi particolari:
* ubriachezza: fare annusare intensamente
all’ubriaco del prezzemolo fresco tritato; rinsavirà in breve tempo;
* punture di vespe, api, ed altri insetti: strofinare la parte colpita con foglie fresche di prezzemolo, dopo aver estratto il pungiglione, o fare
cataplasma; il dolore passa subito e si evita il
gonfiore;
* prostatite, infezione delle vie urinarie,
blenorragia: un cucchiaino di prezzemolo (succo
centrifugato) solo al mattino per 20 giorni¸ usare
per lungo tempo;
* dolori atroci di orecchie e di denti: formare una piccola pallottina con foglie di prezzemolo tritate finemente con l’aggiunta di poco
sale fino e qualche goccia d’olio; introdurre nel
meato auricolare corrispondente al dente dolente.
* per curare la mastite e far cesare la mandata lattea: cataplasmi con prezzemolo fresco
contuso.
* pediculosi: ungere una sola volta la testa
con olio essenziale di prezzemolo, i pidocchi
moriranno.
17
CONCORSI
Concorso Nazionale ADSINT
di poesia e racconto
La seconda edizione del Premio si articola in
varie sezioni e le opere dovranno essere inviate
entro il 14 febbraio 1998 a:
Associazione Donatori di Sangue
Istituto Nazionale Tumori
Concorso Nazionale Adsint
Via Venezian, 1 - 20133 Milano
Chiedere informazioni a
(tel. 02/70.60.08.48 - 23.90.390)
XXVIII Premio di Poesia FORMICA nera
Città di Padova
Si partecipa con una poesia inedita a tema
libero, da far pervenire entro il 6 aprile 1998 al
segretario del concorso Luciano NANNI
Casella Postale 1084 - 35100 PADOVA. La
XXVII edizione è stata vinta da Liliana
Boschetti. Segnalati: Narda Fattori - Ivan Fedeli
- Giancarlo Interlandi - Girolamo Savoia.
Per informazioni urgenti tel. 049/ 61.77.37.
XXVIII Edizione
“PREMIO SAN VALENTINO”
Per le Lettere e per le Arti
È stata indetta la XXVIII edizione del concorso
letterario internazionale “Premio San
Valentino”, articolata in tre sezioni: poesia,
narrativa e saggistica, edita e inedita, in lingua e
in vernacolo, con tema preferibilmente d’amore.
Si svolgerà pure la XXVIII edizione del
“Premio San Valentino” di pittura, scultura e
grafica.
Termine di scadenza 31 dicembre 1997,
Segreteria del “Premio San Valentino” Viale
Antonio Fratti, 7 - 05100 TERNI - Tel. e Fax
0744/42.82.33.
Il CALITRANO
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997
R E Q U I E S C A N T
I N
P A C E
Alessandro Di Mito
Casoli 16.02.1922
† 18.07 1997
Michelantonio Rubino
05.09.1914 † 23.02.1997
La moglie Felicetta,
i figli Domenico e
Amalia, il genero Enzo e
le nipotine Emma ed
Alessandra,
cristianamente
rassegnati chiedono una
prece per la sua anima.
La moglie Maria
Michela, il figlio
Vitantonio con la moglie
Rossana e la nipote
Michela lo ricordano
a quanti lo conobbero e
lo amarono.
Mariantonia Codella
Giovanni Zarrilli
26.10.1912 † 15.07.1997
La tua morte
ha lasciato nel nostro
cuore una dolore
profondo.
Antonietta Zarrilli
Maria Giuseppa Russo
29.06.1918 † 31.03.1997
09.10.1916 † 04.02.1997
19.11.1911 † 08.05.1997
Con rimpianto e
tenerezza infinita ti
ricordano i tuoi figli
Lucia e Vincenzo,
i nipoti e i parenti tutti.
La tua morte
ha lasciato
una piaga profonda
nel cuore
di chi ti ha amata.
Hai lasciato a noi tutti
l’esempio della tua bontà
e del tuo spirito di
sacrificio.
Giovanbattista Russo
09.01.1028 † 15.08.1996
Antonio Caruso
Amato e stimato da tutti,
lasci sulla terra
le tracce luminose
delle tue elette virtù.
18
9
8
Nicola Cubelli
Mariantonia Zabatta
25.11.1923 † 07.06.1997
(R’zzonta)
Il 16.07.1997
è mancato all’affetto
dei suoi cari.
Gabriele Del Cogliano
07.05.1922
† Toronto 10.07.1997
6
17.04.1912 † 20.06.1997
7
10
Riposi nella pace
di Cristo,
in cui profondamente
credesti.
Pasquale Cerreta
Le moglie Vittoria,
il figlio Antonio
con la famiglia, la figlia
Vincenza e i parenti tutti
lo ricordano
con l’amore di sempre.
07.11.1941 † 21.02.1997
Grande è il vuoto
che hai lasciato
nei nostri cuori!
4
5
17
L’onestà fu il suo ideale,
il lavoro la sua vita,
la famiglia il suo affetto.
I suoi cari ne serbano
nel cuore la memoria.
Antonio Maffucci
22.03.1930 † 20.08.1996
Mariangela Galgano
22.01.1922 † 22.06.1996
Ti ricordano
con l’affetto di sempre
il marito Giuseppe,
le figlie Teodora e
Antonietta, i nipoti
e i parenti tutti.
Nel primo anniversario
della morte, la moglie
Michelina, i figli
Giancarlo e Anna Maria,
la nuora Sabrina, il
genero Antonello, con la
nipotina Marina lo
ricordano e lo
rimpiangono con
immutato affetto.
18
Pietro Mazzeo
(Pietr’ r’ lu pahanes’)
17.02.1914 † 11.10.1996
Nel primo anniversario
i tuoi figli Vincenza e
Michele
ti ricordano
immensamente.
Il CALITRANO
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997
MOVIMENTO DEMOGRAFICO
Rubrica a cura di Anna Rosania
I dati, relativi al periodo 1.07.1997 al 30.09.1997, sono stati rilevati
presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Calitri.
NATI
Senerchia Elena di Lorenzo e di Prisco M. Antonietta
Piumelli Lucia di Giuseppe e di Cucciniello Michela
Zarrilli Federica di Gaetano e di Tartaglia Michelina
Guglielmo Giada di Antonio e di Tuozzolo Filomena
De Santo Cristian di Luigi e di Romano Carmela
Cubelli Umberto di Alfonso e di Maffucci Gaetana
Borea Roberto di Giovanni e di Russo Concetta
Sena Nico di Carmine e di De Lorenzo Annunziata
Galgano Lorena di Francesco e di Iannolillo Maria
Galgano Mattia di Michele Arcangelo e di Acocella A. Maria
Depalma Clara di Nicola e di Sansone Maria Antonietta
01.07.1997
12.07.1997
14.07.1997
26.07.1997
30.07.1997
07.08.1997
15.08.1997
30.08.1997
29.09.1997
29.09.1997
30.09.1997
MATRIMONI
Majorana Filippo e Lucrezia Giovanna
Laurentini Fabio e Palumbo Emmanuela
Rotonda Franco e Cestone Michela
Di Roma Giuseppe e Di Napoli Pasqualina
Maffucci Mario e Cubelli Silvana
Comito Francesco e Armiento Giovanna
Ammirati Francesco e Lucrezia Anna Maria
Luongo Vito e Giorgini Maria
Graziano Michele e Lembo Luigia
Russo Francesco e Stanco Gaetanina
Mazzeo Francesco e Metallo Cinzia
Maffucci Michele e Caputo Giovanna
Petrozzino Angelo e Beltrami Eleonora
Del Cogliano Luciano e Scoca Eunice
Cerreta Giuseppe e Di Milia Patrizia
Tateo Vito e Iannolillo Antonella
Maffucci Franco e Margotta Concetta
28.06.1997
16.07.1997
19.07.1997
26.07.1997
02.08.1997
07.08.1997
09.08.1997
16.08.1997
16.08.1997
20.08.1997
21.08.1997
23.08.1997
28.08.1997
30.08.1997
13.09.1997
20.09.1997
27.09.1997
Enza Di Milia
02.08.1939 † 26.10.1982
Nel 15° anniversario della tua morte
“Enza cara” il tuo ricordo è sempre vivo
nei nostri cuori.
Le tue sorelle, tuo fratello e i nipoti tutti.
Orazio Pietro Basile
02.01.1928 † U.S.A. 26.08.1997
MORTI
Ruberto Giuseppe
Simone Maria Angela
Zarrilli Giovanni
Cianci Lucia
Di Mito Alessandro
Miele Caterina
Metallo Mario
Bozza Canio
Borea Michele
Bartucci Antonio
Margotta Alfonso Antonio
Di Maio Canio
Buglione Giovanna
Strollo Antonio
Donatiello Incoronata
Capraro Giustina
Araneo Carmela Maria Assunta
Maffucci Domenico
Maffucci Francesca
Del Cogliano Giuseppe
Trofa Vincenzo
Fastiggi Giovanni
Lucadamo Antonio
12.05.1920 - 02.07.1997
22.10.1903 - 04.07.1997
26.10.1912 - 15.07.1997
01.11.1912 - 17.07.1997
16.02.1922 - 18.07.1997
11.08.1928 - 22.07.1997
27.04.1929 - 23.07.1997
24.08.1899 - 31.07.1997
21.01.1945 - 02.08.1997
07.10.1921 - 07.08.1997
18.02.1925 - 07.08.1997
08.06.1914 - 10.08.1997
06.07.1900 - 26.08.1997
27.09.1919 - 28.08.1997
14.03.1921 - 01.09.1997
02.10.1938 - 01.09.1997
15.08.1907 - 12.09,1997
16.03.1979 - 13.09.1997
05.12.1912 - 14.09.1997
19.03.1929 - 15.09.1997
04.08.1910 - 16.09.1997
23.05.1920 - 27.09.1997
23.09.1920 - 27.09.1997
19
La tua immatura scomparsa ci lascia
soli, ma il tuo ricordo ci sarà sempre di
grande sollievo e di conforto.
Angela Metallo
† 18.10.1996
È trascorso un lunghissimo anno dal
tuo crudele destino. Noi tutti viviamo
dei tuoi ricordi, il tuo dolce sorriso è
sempre in mezzo a noi e vivere nel
cuore di chi resta significa non morire
mai. I tuoi Cari.
Il CALITRANO
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997
SOLIDARIETÀ COL GIORNALE
Badia Mario - Cubelli Iolanda - Galgano Umberto - Balascia
Gerardo - Vallario Luisa via Sottopittoli 32 - Metallo Giuseppe
via F. De Sanctis 40 - Russo Canio - Zarrilli Giuseppe via
Sottomacello 12 - Basile Aniello - Maffucci Lorenzo riav’l’ Cerreta Maria - Scilimpaglia Del Sole - Ziccardi Giuseppe - Di
Cecca Romeo - Di Maio Giuseppe vico Cirminiello 13 Armiento Elisabetta - Maffucci Angelo Maria - Margotta Mario
- Capossela Giovanni - Lettieri Enzo - Scoca Giovanni - Zarrilli
Giuseppe via Marconi, 46 - Cerreta Alfonso - Scoca Vincenzo
Contrada Sambuco - Cirminiello Vittorio - Bar Jolly - Cerreta
Marianna - Melaccio Gerardo - Maffucci Giuseppe Mario Armiento Marianna - Scoca Vincenzo via Pittoli, 86 - Zabatta
Vito - Di Guglielmo Michele e Angela - Cestone Bartolomeo Bruniello Giuseppina - Maffucci Filomena - Cianci Alessandro Cesta Giuseppe e Repole Giuseppina - Acocella Lino - Roina
Nino - Di Cecca Angelo Contrada Serra Ferrata - Galgano
Giovanni via Crocepenta - Di Maio Franco - Buldo Giovanni Lettieri Canio - Di Milia Michele - Di Milia Antonio - Di Roma
Canio - Caruso Salvatore - Del Re Michele - Fierravanti
Pasquale - Fastiggi Giuseppe - Di Roma Antonio via De Chirico
- Simone Pasquale - Di Milia Maria - Tuozzolo Rosamaria e
Raffaele - Di Muro Leonardo corso Garibaldi, 79 - Coppola
Vincenzo via S. Martino, 12 - Nicolais Francesco - Maffucci
Antonietta vedova Codella - Rainone Concetta Scoca Capossela Michele - Vallario Laonardo - Di Cairano Lucia Salvante Michele - Di Cecca Giovanni via F. Tedesco, 122 Ricciardi Antonio via Dante, 13 - Galgano Giuseppe - Cialeo
Vincenzo via ten. Margotta, 54 - Stanco Giovanna - Maffucci
Gerardo.
DA CALITRI
5.000: Pastore Maria Rosa - Gervasi Giuseppe - Nicolais
Angelo Maria via Guttuso 16.
10.000: Maffucci Lucia - Siconolfi Anna - Di Maio Giovanni Margotta Michele - Tancredi Giuseppe - Cestone Franchino Germano Michelantonio - Di Luzio Michelina - Polestra
Vincenza via Maffucci 15 - Di Cairano Francesco Antonio Sperduto Giovanni - Di Napoli Giuseppe - Leone Giuseppe Giarla Michele - Lucrezia Pasquale - Zarrilli Rocco via Libertà 2
- Paolantonio Paolo - Zarrilli Giuseppe - Cianci Giuseppe Maffucci Giovanni via G. Tozzoli - Antolino Caterina - Acocella
Giuseppe Nicola - Lucrezia Antonio via A. De Carlo 40 Maffucci Angelomaria via Concezione 145 - Marra Concetta in
Marrese - Maffucci Giovanni via G. Verdi 27 - Quaranta
Vincenzo - Fasulo Sergio - Fasulo Vito - Armiento Rocco - Di
Guglielmo Francesco - Russo Vincenzo - Galgano Donato
marmista - Panelli Peppino - Sicuranza Giovanni - Minichino
Salvatore - Russo Giovanni - Briuolo Angela - Galgano
Pasquale - Leone Vincenzo - Rubino Michele - Cubelli Giovanni
- Errico Mario - Gautieri Vincenzo - Caputo Maria - Galgano
Canio via Posterla, 58 - Acocella Irma - Covino Teresa Cestone Giuseppina - Gervasi Giovanni - Malanga Luciano Lucrezia Raffaele - Petito Rosa - Metallo Vito via L. Maffucci, 5
- Russo Antonio - Nivone Salvatore - Cesta Alessandro Lucadamo Vincenzo - Di Napoli Francesca via Circonvallazione, 82 - Gallucci Carmela - Germano Antonio - Immerso
Lidia via G. Tozzoli, 109 - Di Salvo Michele - Cianci Rosa Lucrezia Luigi - Margotta Donato via Circonvallazione - Caputo
Giuseppe barbiere - De Nicola Giovanni - Del Cogliano
Luciano.
25.000: Fastiggi Giuseppe u’ piccul’ - Zabatta Michele via F. De
Sanctis 2 - Zabatta Pietro via Macello 14 - Caruso Girolamo via
A. Del Re 16 - Di Milia Antonio - Lucrezia Luigina - Di Milia
Alfredo - Maffucci Giuseppina.
15.000: Cubelli Alessandro - Zarrilli Canio via De Sanctis 33 Toglia Nicolais Gaetanina - Vallario Vincenzo - Cestone Gaetano
via A. Del Re - Metallo Giovanni via Leonardo Maffucci 30 Rabasca Michele Macchia Cestone - Sperduto Angelomaria Zabatta Vincenzo - Martiniello Michele - Maffucci Canio vico I S.
Vito 6 - Cerreta Rosa Antonia - Tateo Vito - Strollo Antonio Rauseo Angela - Maffucci Eduardo Bar La Villa - Gervasi
Benedetta - Racioppi Agostino - Zabatta Vincenzo via Macello,
12 - Di Maio Gaetano - Tornillo Giuseppe Nicola - Di Maio
Michelina - Sacino Francesco - Maffucci Vincenzo via Macello,
46 - Lettieri Angelomaria vico Stanco, 14 - Cialeo Iolanda via I°
Gagliano, 3.
30.000: Zabatta Francesco - Iannolillo Giovanni - Zabatta
Rocco - Marra Ferdinando - Margotta Vincenzo Contrada Valle
Pittoli - Zabatta Berardino - Delli Liuni Giulio - Sagliocco Antonio
- Campana Francesca - Cicoira Romualdo - Cerreta Michele Roberto Marino - Di Milia Vito e Angelo via M. Cicoira 62 Metallo Giovanni via Gagliano - Melaccio Giovanni Paolantonio Vito - Gautieri Vincenzo - Maffucci Maria - Di Cecca
Angelomaria - Petito Maria via Circonvallazione - Di Milia
Vincenzo e Maria - Galgano Vincenzo via I° G. Marconi, 4 Nivone Michele - Metallo Michele - Di Napoli Donato - Zarrilli
Lorenzo corso Rinascimento - Di Cairano Giuseppe via
Circonvallazione, 126 - Maffucci Giuseppe patr’nett’.
20.000: Cooperativa di servizi “La Speranza” di Codella
Francesco - Galgano Francesco - Pastore Raffaele - Margotta
Concetta - Nappo Raffaele - Zarrilli Francesco via Verdi 35 Maffucci Eduardo - Sperduto Giovanni via Cicoira 48 - Cerreta
Giuseppe - Di Maio Vincenzo - Armiento Orazio - Iannella
Rodolfo - Cestone Giuseppe corso Garibaldi 29 - Strollo
Salvatore - Cerreta Francesco -Armiento Canio - Di Cosmo
Antonio - Cestone Benedetto frutta e verdura - Rubino
Michelantonio - Cialeo Rosina - Fierravanti Gaetana - Vallario
Lorenzo via Rabasca 1 - Zabatta Domenico - De Nicola
Giuseppe - Di Milia Vincenzo via Circonvallazione - Del Re
Nicola - Cicoira Vitantonio piazza Michelangelo d/2 - Zarrilli
Vito via F. De Sanctis 86 - Cirminiello Francesco - Calà
Pasquale - Tateo Angelo via Crocepenta 4 - Cerreta Antonio Delli Liuni Antonia - Santoro Angiolina - Rabasca Fortunato Metallo Giovanni - Zabatta Lucia - Pastore Antonio Raffaele Lucrezia Antonio via verdi 13 - Lucrezia Vincenzina - Di Carlo
Felicetta - Buscemi Natale - Stanco Giovanna - Di Pietro Maria
- Di Maio Maria Francesca - Zarrilli Canio via Libertà 9 - Cesta
Maria - Cestone Canio via Marconi 16 - Fastiggi Canio Apicultura Di Maio Antonio via Circonvallazione 91 - Della
40.000: Raho Alberto.
45.000: Zarrilli Michelina e Vittorio.
50.000: Borea Esterina - Cicoira Vito Gaetano - Zarrilli Antonia
- Fastiggi Giuseppe - Polestra Maria - Cicoira Vincenzo fu Nicola
- Panniello Antonia - Codella Vito corso Garibaldi - Zampaglione
Donato via F.Tedesco 6 - Polestra Fortunato corso Matteotti 10 Tartaglia Giuseppe - Cerreta Vito Alfredo - Cerreta Angelomaria
- Lucadamo Ottavio - Circolo Aletrium - Di Napoli Pasquale
Salvatore - D’Antuono Donato - Ramundo Salvatore - Di Maio
Teresa - Maffucci Salvatore - De Nicola Armando - Rabasca
Vittorio - Lettieri Angelo - Vallario Lucia via F. Tedesco,55 - Toglia
Michele - Caputo Nicola - Cestone Francesco - Zabatta Franca Cicoira Osvaldo - Salvante Raffaella - Caruso Girolamo - Zarrilli
Michele via Verdi, 1 Ricciardi Vitale - Armiento Giuseppe Girardi Giuseppe - Pasqualicchio Vincenzo tappezziere - Caruso
Antonia - Lucev Donato - Galgano Maria Gaetana Fiori e Piante
- Polestra Vincenzo.
100.000: Armiento Vincenzo (Mira).
20
Il CALITRANO
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997
(Roma) - Frucci Angelo (Roma) - Nicolais Canio Vincenzo (Roma)
- Cestone Canio (Roma) - Saverino Vincenzo (Milano) - Ricciardi
Emilio (Napoli) - Cestone Maria (Brescia) - Codella Gerardo
(Brescia) - Toglia Franco (Roma) - Zarrilli Michele (Poggibonsi) Cestone Antonio (Pavia) - Scoca Angelo (S. Severo) - Di
Gironimo Bruno (Salerno) - De Nicola Salvatore (Calenzano) Frucci Michele (Napoli) - Galgano Olinto (Pordenone) - Galgano
Antonio (Milano) - Di Napoli Pasquale (Milano) - Metallo
Vincenzo (Roma) - Del Re Emidio (Napoli) - Tellone Antonio
(Avellino) - Leone Mario (Bari) - Mancino Elisa e Pasquale
(Cerignola) - Russo Franco (Peschiera Borromeo) - Cianci Michele
(Brescia) - Metallo Cesare (S. Giorgio a Cremano) - Acocella
Vincenzo e Nicola (Bologna) - Santeusanio Giovanni (Napoli) Fierravanti Lucia (Olgiate C.sco) - Fierravanti Nicola (Ponte
Tresa) - Cestone Pasquale (Busto Arsizio) - Acocella Mario
(Napoli) - Lampariello Canio (Torre del Greco) - Lo Priore
Giuseppe (Rimini) - Polestra Pasqualino (Milano) - Landi Lucia e
Rocco (Grottaminarda).
DA VARIE LOCALITÀ ITALIANE
10.000: Cerreta Giuseppe (Cambiano) - De Nicola Rosa
(Avellino) - Di Napoli Rosanna (Bollate) -Di Napoli Alfonso
(Bollate) - Briuolo Luigi (Alessandria) - Candarella Pasquale
(Pontetresa) - Marra Sigismondo (Milano) - Scoca Pasquale
(Bollate) - Galgano Luigi (Roma) - Nannariello Giuseppe (Milano)
- Rubino Canio (Briosco) - N. N. (Caselle T.se).
15.000: Cicoira Lidia (Napoli) - Cicoira Ester (Roma) Maffucci Marco (Roma) - Ricciardi Vitale (Portici) - Romano
Sabato (Bellizzi) - Zabatta Gerardo (Nova Milanese) - Zarrilli
Giancarlo (Roma) - Metallo Gaetano (Roma) - Maffucci Mauro
(Roma).
20.000: Corcione Achille (Caserta) - Di Napoli Giuseppe
(Roseto Abruzzi) - Caprio Donato (Quarto) -Frasca Rosetta
(Roma) - Maffucci Vito (Milano) - Cubelli Concetta (Avellino) Codella Pasqualina (Asti) - Ruggiero Angela (Giussano) Margotta Vincenzo (Roma) - Zabatta Giuseppe (Nova M.se) Cerreta Vincenzo (Torino) - Cubelli Orazio (Portici) - Maffucci
Donato (Mariano C.se) - Lucrezia Raffaele (Cesano Maderno)
- Ragazzo Angelo Canio (Pesaro) - Russo Michele (Roma) Capolongo Domenico (Roccarainola) - Fastiggi Michele
(Salerno) - Maffucci Vincenzo (Vitinia) - Pasqualicchio Luigi
(Figino Serenza) - Cianci Michele (S. Fermo della Battaglia) Zabatta Vito (S. Michele Crema) - Bozza Gaetano (Novedrate)
- Codella Michele (Roma) - Di Carlo Francesca (Roma) - Di
Cairano Antonio (Guidonia) - Lombardi Beniamino (Ordona) Gautieri Antonio (Mariano C.se) - Di Cecca Canio (Recale) Scoca Giuseppe (Roma) - Stanco Vito (Salerno) - Scoca
Vincenzo (Mariano C.se) - Palermo Antonio (Arosio) - Cioffari
Maria (Novara) - Rauseo Maria Francesca (Bologna) - Di
Cosmo Canio (Ancona) - Miano Mario (Napoli) - Di Marco
Antonio (Taranto) - Melaccio Giuseppe (Poggibonsi) - Di
Cairano Vincenzo (Servigliano) - Galgano Amedeo (Melfi) Galgano Vittorio (Conversano) - Cerreta Vincenzo (Camnago)
- Di Lisi Giuseppe (Taranto) - Cestone Michele (Roma) - De
Luca Antonio (Rapone) - Nesta Rosetta Maria (Foggia) Mastronicola Vittorio (Frosinone) - Di Maio Antonio (Rho) D’Auria Giuseppe (Taranto) - Cianci Michele (Fornaci di
Briosco) - Milano Nicola (Grugliasco).
60.000: Armiento Vincenzo (Casagrande).
100.000: Ippolito Fernando (Marano di Napoli) - Scoca
Maretta (Roma) - Ferrara Michelina (Torino) - Cioffari Raffaele
(Milano).
DALL’ESTERO
SVIZZERA: Maffucci Canio 20.000 - Vallario Pietro 30.000 Cestone Vincenza e Vito 50.000 - Landi Pompeo 50.000 Altieri Vito 25.000 - Gervasi Canio 100.000 - Metallo
Vincenzina 60.000.
BELGIO: Scoca Vittorio 50.000 - Galgano Antonio 25.000 Mignone Antonio 20.000 - Maloteau/Maffucci 30.000 Maffucci Pietro 10.000 - Melaccio Vito 25.000.
FRANCIA: Fierravanti Pietro 20.000.
GERMANIA: Lepre Raul e Tuozzolo Giacinta DM 50 - Tuozzolo
Agostino DM 50 - Margotta Vincenzo 50.000 - Zarrilli Canio
50.000.
25.000: Sagliocco Francesco (Nichelino) - Sperduto Canio
(Capriano di Briosco) - Bozza Michele (Ravenna) - Pasqualicchio
Vincenzo (Salerno) - Senerchia Vincenzo (Casalgrande) Galgano Rosa (Chieti) - Farese Raffaele (Conza della Campania)
- Maffucci Domenico (Pisa).
U. S. A.: Frucci Costantino $ 100 - Di Napoli Antonio $ 50 Borea Donato 20.000 - Borea Peter 20.000 - Cianci Vincenzo $
20 - Zarrilli Vincenzo 25.000 - Mauro Angelo 20.000 - Simone
Giuseppe 50.000 - Maffucci Maria e Michele 20.000 - Cerreta
Eleonor e Rose $ 25 - Ricciardi Frank $ 25 - Robertson Richard
B. $ 20 - Casimiro Mary $ 20 - Jason Coffman $ 20.
30.000: Mucci Vito Michele (Sesto S. Giovanni) - Cerreta Luisa
(Cormano) - Galli Alvaro (Capoliveri) - Zarrilli Giuseppe (Bollate)
- Mollica Antonio (Novara) - Bonucchi Alfonso (Roma) - Margotta
Franchino (Olgiate Comasco) - Miele Cesare (Mariano C.se) Carbone Luisa (Secondigliano) - Pastore Franco e Leonardo
(Taranto) - Pastore Canio (Como) - Di Napoli Gaetano (Latina) Gallucci Donato (Ancona) - Bozza Canio (Robecco sul Naviglio)
- Fratel Codella Vincenzo (Napoli) - Del Cogliano Berardino
(Salerno) - Nicolais Luigi (Manfredonia) - Nicolais Luigi (Como) Cerreta Canio (Imperia) - Di Cairano Michele (Novate M.se) Cicoira Ettore (Napoli) - Armiento Giuseppina (Castellabate) Metallo Vito (Scandiano) - Stanco Salvatore (Salerno) - Codella
Vito (Cremona) - Nannariello Rosellina (Genova) - De Nicola
Giambattista (Como) - Galgano Giannino (Livorno) - Polidoro
Berardino (Ariano Irpino) - Di Napoli Luigi (Latina) - Capossela
Michelina (Scandiano) - Di Maio Gaetano (Salerno) - Aristico
Antonio (Siena).
CANADA: Lampariello Michele 100.000 - Lampariello Pietro
100.000 - Del Cogliano Maria Gaetana $ 50 - Rabasca
Pasquale 50.000 - Di Ruscio Rocco e Angela $ 40 - Caruso
Nicola e Enza $ 40.
VENEZUELA: Zazzarino Antonio 1.000.000 (unmilione) Associazione Calitrani in Venezuela $ 100 - Di Napoli Vito
200.000 - Caputo Mario 50.000 - De Nicola Giuseppe 50.000
- Tuozzolo Rosetta 100.000 - Petito Antonio 100.000 - Gallucci
Vito 20.000.
ARGENTINA: Buldo Angelo $ 20 - Gallucci Antonio $ 20 Codella Vincenzo $ 20.
URUGUAY: Metallo Antonietta 25.000.
35.000: De Nicola Vincenzo (Pavia).
BRASILE: Aristico Canio Vincenzo 30.000.
40.000: Manzoli Flavia e Ascanio (Genova) - Caputo Antonio
(Firenze).
AUSTRALIA: Russo Michele 50.000 - Di Carlo Filomena $ 20.
50.000: Vigorita Vincenza (Uta) - Zarrilli Maria (Poggio a
Caiano) -Di Milia Antonietta (Milano) -Stanco Angela (Lentate
S.S.) - Vallario Giuseppe Nicola (S. Miniato Basso) -Messina
Giuseppe (Roma) - Bonetti Anna (Bologna) - Galgano Margherita
Chiediamo scusa e comprensione per
qualsiasi involontaria omissione
21
Il CALITRANO
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997
QUEL NOSTRO ANDARE di Vitale Ricciardi - Libroitaliano
- Editrice Letteraria Internazionale - Ragusa 1997.
LA NOSTRA
BIBLIOTECA
uesto libro pubblicato nella collana di poesia contempoQ
ranea, che ospita importanti poeti italiani e stranieri, e
che ha vinto il “Premio Selezione 1997” contiene, come custodite in uno “scrigno” trentanove delicate poesie del giovane
Vitale Ricciardi di Calitri, spirito acuto, fine e concreto.
L’autore opera uno scandaglio profondo del proprio animo,
tanto più efficace moralmente, perché culturalmente onesto e
strutturalmente cosciente, e si riscopre poeta, perché la poesia
è tutto quanto riguarda l’uomo, le sue cose, la sua storia, l’ambiente in cui vive, il paesaggio, le mura, il fiume, gli amici,
insomma la piccola grande vicenda quotidiana del vivere e
dell’essere, il tutto con un linguaggio che ci pare dominato
dal di dentro, rivissuto ed espresso con padronanza.
CONTURSI TERME Storia Fotografica: il centro storico di
Vito Nello Pignata - Contursi Terme 1997.
ito Nello Pignata, già noto per aver pubblicato un libro di
V
ricordi fotografici, cari a lui e agli amici, ora manda alla
stampa un secondo libro fatto questa volta di foto che riportano
i vicoli e le viuzze, in parte sconosciute.
Questo tipo di letteratura esalta l’Autore, perché travolge anche
i sentimenti più nobili, egli suggerisce che il passato storico del
nostro paese (cinque porte, sei chiese, due piazze, un castello,
dieci palazzi nobiliari) va tenuto presente come un ricco patrimonio a cui le generazioni future dovranno ispirarsi se dovranno costruire il presente.
Siamo entusiasti verso Vito Nello perché questo lavoro come il
precedente, è stato fatto senza pretese ma con tanta umiltà;
mosso semplicemente dall’amore verso il suo paese natale.
(Dalla presentazione dell’arciprete don Salvatore Siani)
NONANTOLA E LA BASSA MODENESE - Studi in onore di
mons. Francesco Gavioli - AA. VV. A cura del Centro Studi
Storici Nonantolani e del Gruppo Studi Bassa Modenese Nonantola - San Felice sul Panaro 1997.
all’iniziativa di monsignor Francesco Gavioli che si deve la
Èla fondazione
costituzione dei nostri due Gruppi, infatti all’anno 1982 risale
del Gruppo Studi Bassa Modenese, che ebbe come
sua prima sede la canonica di don Francesco a Villafranca di
Medolla; all’anno 1987 si deve l’istituzione del Centro Studi
Storici Nonantolani, nella sala verde dell’Abbazia di Nonantola.
Ed è appunto per celebrare il XV anniversario di attività del
Gruppo Studi e il X del Centro nonantolano, che i due Consigli
direttivi hanno deciso di collaborare insieme alla realizzazione
di questo volume di ben 326 pagine, in cui sono stati riuniti i
contributi di coloro che, negli ultimi due decenni, hanno lavorato a fianco, ovviamente all’interno dei rispettivi Gruppi dello
stesso don Francesco.
Questa pubblicazione vuol inoltre essere presente tra le tante
voci che, da più parti, si leveranno per festeggiare quanto prima
i 60 anni di Sacerdozio di mons. Francesco Gavioli, sacerdote
e studioso dal temperamento appassionato, profondamente
legato al Modenese da vincoli di affetto, di tradizione e di cultura. Don Francesco ha dedicato gran parte della sua instancabile attività alla ricostruzione della “nostra” memoria storica:
una vita, la sua, che è tutta trascorsa a cercare, raccogliere, leggere, catalogare le testimonianze del “nostro” passato.
Risulta pertanto indubbio che, per merito anche di don Francesco e degli innumerevoli materiali, soprattutto d’archivio,
da lui ritrovati e conservati, a tanti studiosi è stato poi possibile “fare storia”.
Il “nostro” volume vuole essere, da parte di tutti noi, studiosi
ed appassionati di storia locale modenese, un vivo e sentito
grazie a don Francesco per quanto è riuscito a darci.
(Dalla presentazione)
FLORIANO DEL ZIO Patriota - Filosofo - Deputato e Senatore del Regno di Franco Cacciatore - Mediacom Melfi
1997.
sembrare retorico e scontato contrapporre ad una
Pqualeotrebbe
visione strumentale e personalistica della politica, nella
sempre più la dimensione etica sembra risultare superflua
ed addirittura fastidiosa per ciò che è ormai solo mera tecnica
di potere, l’alto esempio morale e civile di Del Zio. Eppure,
resto convinto che è preferibile la retorica dei grandi esempi da
far conoscere alle nuove generazioni (e di ciò va dato merito a
questo libro), piuttosto che l’immoralismo dell’egoistico “vivi
e lascia vivere” e il cinismo dell’ignoranza dei nostri valori
storici, etici e culturali.
Del Zio appartiene a quella eroica ed esemplare generazione di
politici costruttori della “Nuova Italia” che fece le sue prove
nell’opposizione clandestina e che riusciva a tradurre i concetti filosofici dell’eticità e dello Stato in azione politica con i suoi
numerosi interventi come deputato al parlamento e senatore del
Regno, e le sue costanti preoccupazioni per lo sviluppo delle
terre meridionali, per la creazione di reti di trasporto e di condizioni di vita civili, uniche e reali armi per combattere, ad
esempio, il brigantaggio.
Franco Cacciatore, appassionato cultore di storia lucana e
meridionale, ha saputo tracciare un efficace ed essenziale
profilo dei molteplici aspetti che, armonicamente, confluiscono nella personalità di Del Zio patriota ed esponente di
punta, insieme agli Spaventa e a De Sanctis, del liberalismo
meridionale, corrispondente ed amico di Garibaldi, studioso
ed insegnante di filosofia, figura di cui oggi, più che mai, si
sente fortissima esigenza, dinanzi alle rovine di questo secolo al declino.
(Dalla presentazione di Giuseppe Cacciatore)
QUELLA RISATA CHE MI VESTIVA A FESTA di Mariella Loi Blu di Prussia Editrice - Piacenza 1997.
ariella Loi è una poetessa vera e particolare. La poesia in
M
lei sgorga dall’animo come l’acqua sorgiva che inonda di
luce e di purezza tutto quanto le sta d’intorno. La risata che la
vestiva a festa era quella, allegra e spensierata di Norma. Era e
22
Il CALITRANO
N. 6 n. s. - Novembre-Dicembre 1997
non è più, l’alunna della terza media, uccisa dal padre per un
tragico equivoco.
Mariella Loi racchiude il tempo, tutto il tempo del mondo in un attimo solo. Nulla passa inosservato o inascoltato alla sua anima gonfia
di sensibilità. Il mistero del tempo è nelle sue mani, o che dorma o
che vegli. A lei piacciono le cose semplici e vere che hanno il sapore del breve. Breve fu la vita di Norma, era appena cominciata la sua
primavera… E a primavera non si può dire addio perché c’è ancora
l’attesa, la giusta attesa del sole che vuol risplendere…
Le sue sono pagine vere, sincere, che aprono il cuore di chi sa
leggere in profondità il più nobile ed eterno dei sentimenti che
è l’AMORE scritto e concepito sempre in maiuscolo, l’Amore
il grande taumaturgo della vita degli uomini, l’amore indistruttibile anche dal finto fuoco dell’ipocrisia.
Un libro piacevole, quindi, denso e a tratti affascinante.
(Dalla prefazione di Mara FERLONI)
Vita Calitrana
A
don Aurelio Scalona, canonico e dottore in diritto canonico, nativo di Castelvetere sul Calore è stata affidata la nostra
Parrocchia S. Canio. Ai Calitrani vogliamo ricordare che i
punti “forti” della religione non sono solo nei momenti di
ascolto, ma anche nei tempi di celebrazione, di preghiera
comune, di dialogo e di condivisione.
A don Aurelio gli auguri più sinceri della redazione.
Prestigioso riconoscimento a livello nazionale delle classi
prima B e C del Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci” di
Calitri che hanno vinto il quinto premio nazionale del concorso “Federchimica Giovani” indetto dalla Confindustria.
Su proposta della professoressa Ilaria Veronesi, gli alunni si
sono degnamente cimentati, per circa tre mesi, su vari aspetti
della nostra civiltà; la premiazione si è tenuta nella Sala Colonne del Museo nazionale della Scienza e della Tecnica di Milano: un milione ai giovani, tre milioni per l’acquisto di strumentazioni scientifiche.
ATERRANA DI MONTORO SUPERIORE a cura di Vincenzo
D’Alessio -Edizioni G. C. “F. Guarini” - Patrocinio Comune
di Montoro Superione 1997.
TERRANA, è una frazione di Montoro Superiore, situata
A
lungo le pendici del Pizzo S. Michele (mt. 1.564), alla confluenza di due impetuosi torrenti, il Candelito a sud, l’Acquella a
nord, luogo suggestivo e storicamente intatto della valle montorese.
Il nome dell’antico insediamento d’Età Romana deriva da una
famiglia ATER, o tribù degli ATER, e lungo il vallone Candelito, all’altezza della Ripa di Mezzocannone, ribattezzata Balzi
del Guacci dal nome dello scopritore, è stata effettuata la più
importante scoperta archeologica della valle: insediamenti dell’Uomo di Neanderthal risalenti a circa trentamila anni fa.
Sono stati ritrovati utensili in selce, e resti di animali oggi scomparsi: l’orso bruno, la marmotta, il cervo, la capra selvatica, lo
stambecco, la faina, il lupo, il cavallo selvatico e il rinoceronte
(frammento di premolare); la cultura è associabile a quella Musteriana, della Preistoria, per i caratteri di lavorazione dei manufatti.
Le grotte naturali sono state migliorate dall’Uomo di Neanderthal e riutilizzate nei millenni successivi in Età del Bronzo,
circa quattromila anni fa, dai pastori della cosiddetta Cultura
Appenninica; successivamente in Età Italica con le popolazioni riconosciute nel ceppo sannitico (tombe a cassa in tufo grigio) e in Età Romana, caratteristiche sono “le cisterne” sistemate lungo i percorsi pastorali, detti carrari o tratturi.
(Dall’introduzione di Vincenzo D’Alessio)
Con piacere segnaliamo la nascita della società Cooperativa “LA SPERANZA” che esegue lavori di pulizia – assistenza a domicilio agli anziani – servizi di baby-sitter – traslochi e
trasporti – organizzazione convegni e congressi – vigilanza
notturna e diurna.
CU STAN’A DICE’? - IL DIALETTO CELANESE - a cura di Silvia Carusi - da un’idea originale di Liborio Merolli - Edizione a cura dell’Ass. Pro Loco di Celano - Celano 1992.
fogliare un vocabolario spesso significa dialogare. Queste
S
mie “note”, questi vocaboli raccolti ed annotati per anni
vogliono avere proprio il senso del dialogo soprattutto con la
giovane generazione celanese, vogliono essere il punto di riferimento, di chiarimento, di ordine.
Questo libro deve la sua pubblicazione, in un momento in cui
la lessicografia sia italiana che dialettale hanno un nuovo
impulso, all’impegno appassionato e alla competenza della
Professoressa Silvia Carusi Moreschi alla quale vanno i miei
ringraziamenti e la mia gratitudine insieme a quella dei celanesi di oggi e di domani.
(Dalla presentazione di Liborio Merolli)
23
In caso di mancato recapito si prega rispedire al mittente che si impegna ad accollarsi le spese postali.
Calitri SALCA 1967, ultima fila da sinistra: Leone Antonio, del 1922, pista pista - Cubelli Michele, fattor’ r’Tuozz’l’ - Dragone Antonio - Delli Liuni Pasquale, giacchett’, con camicia bianca - Zarrilli Michele, sckaranbia o pomposella - Nicolais Giovanni, p’chiuchj’ - Cerreta Antonio, travagliator’ - Galgano Giovanni, zampaglion’ - Maffucci Michele, m’scion’, con capelli bianchi
- Di Cecca Emilio, solo testa, berretto con visiera - Bianchini Ciampoli Napoleone, comproprietario - Aristico Lorenzo Luciano, t’mpesta - Del Re Nicola, gimì - Tuozzolo Donato, pisciusc’ - Di
Cosmo Mario, zizì, con canottiera bianca e berretto - Margotta Antonio, cumbatin’ - Scoca Donato, stuscè - Galgano Rosario, r’ gghiann’ - Dragone Francesco, con coppola nera - Lampariello
Orazio, u’ piccin’ - Di Milia Michele, zi scisck’, solo testa con berretto - Galgano Angelo, tottacreta - Di Carlo Vito, cummar’...- Di Napoli Canio, zepparafor’ .
Seconda fila: Galgano Vincenzo, ciaglion’ - Dragone Cosimo - Iannella Gerardo, con la piccola Concettina, figlia del guardiano Dragone Antonio - Metallo Michele, baccalaj - Bavosa Michele, buldo - Polidoro Berardino, ragioniere - signora Frontino Nunzia vedova Colonnello, proprietaria - Bachiddu Ugo, direttore - Cupido Domenico, capo operaio - Polidoro Pellegrino, col piccolo
Raffaele, figlio di Dragone Antonio - Di Muro Canio, u’ pueta - Armiento Orazio, caram’zzett’ - Araneo Giovanni, man’ man’ - Galgano Vincenzo, r’nategghia - Zabatta Canio, u’ scign’ . Prima
fila: Cesta Antonio, pal’striegghj’ - Di Carlo Vincenzo, cap’janch’ - Scoca Michele, scochett’ - la piccola Dragone Maria, figlia del guardiano - Zabatta Vito, mattaion’ - Galgano Vincenzo, mand’les’ - Rainone Alessandro, r’ la pastora - Metallo Gaetano, ntrant’la - Maffucci Canio, con coppola - Di Tore Donato