fides ex auditu - Parrocchia di Caorso
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fides ex auditu - Parrocchia di Caorso
va OTTOBRE 08 1.FH11 30-09-2008 9:53 Pagina 1 oce Va m i c a OTTOBRE 2008 APPROVAZIONE DEFINITIVA DEGLI STATUTI DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE LA VACANZA ALTERNATIVA DI UN GIOVANE CAORSANO GMG 2008 LE FOTO DEL GREST E DELLA VACANZA ESTIVA IL REGISTA CLAUDIO MALAPONTI A CAORSO FIDES EX AUDITU va OTTOBRE 08 1.FH11 30-09-2008 15:25 Pagina 2 Scatti da Folgarida Dal 9 al 20 luglio si è tenuta la tradizionale vacanza estiva parrocchiale. 24 il numero dei giovani partecipanti, accompagnati dagli educatori e dal nostro parroco don Giuseppe, ospiti anche quest’anno dell’accogliente hotel Kapriol di Folgarida. Come ogni anno si sono succedute giornate ricche di divertimento, amicizia e condivisione, che hanno entusiasmato i nostri ragazzi. Il maltempo non ha rovinato il clima sereno che si è respirato in questa esperienza nella quale si sono come sempre ben amalgamati, momenti di gioco ed escursioni nella natura con altri di riflessione e preghiera. VOCE AMICA N° 3/ 2008 Periodico della parrocchia di Caorso fondato da mons. Lazzaro Chiappa l'8 dicembre 1923 Direttore responsabile Don Giuseppe Tosca Autorizzazione Tribunale di Piacenza del 26.01.2005 n. 605 Stampa Tipolitografia La Grafica Piacenza Impianti Fotolito Officina Foto Grafica Redazione Carlo Livera Davide Livera don Giuseppe Tosca Enrico Francia Marco Molinari Simona Chiesa Valentina Rossi Fotografie don Giuseppe Tosca Lino Pavesi Matteo Visentin Filippo Mancini Aldo Donelli Progetto grafico Silvia Bodini Impaginazione Emanuela Chiesa Santuario della Parola La Provvidenza, che ci aiuterà a compiere quest’opera, può volersi servire di te. Se vuoi aiutarci fai un versamento intestato a «Il Villaggio Celeste» Organizzazione di volontariato Onlus di diritto presso la Banca di Piacenza Ag. di Caorso IBAN IT50 Y051 5665 230C C044 0005 716. Il versamento non può essere fatto in contanti, ma attraverso: banca, ufficio postale, carte di debito, carte di credito, carte prepagate, assegni bancari, assegni circolari. Sarà rilasciata regolare ricevuta ai fini della deducibilità fiscale prevista dall’art. 13 Dlgs 460/97. va OTTOBRE 08 1.FH11 30-09-2008 9:53 Pagina 3 Editoriale N ella quiete insuperabile della mia splendida vacanza in Val di Fassa, ho avuto modo di notare una ragazzina quasi costantemente impegnata in conversazioni telefoniche, così lunghe ed appassionate che per me sarebbero risultate estenuanti. Alla mia richiesta di spiegazioni circa i costi di quelle maratone al cellulare, rispose dicendo che il suo contratto era "Timtribù" ed i costi del tutto irrisori. Il tema della tribù mi ha immediatamente rimandato ad una delle mie letture estive più appassionanti: la raccolta di scritti di Marshall McLuhan (1911-1980), pubblicata da Armando Editore col titolo «La luce e il mezzo». L'autore vi afferma che ormai siamo alle prese con la rilevanza e l'ineluttabilità della cultura “uditiva” a discapito di quella “visiva”. Nella prima, i concetti di ordine e di apprendimento sono orali, in essa ogni cosa accade all’improvviso e compenetra nelle altre, non c’è sequenzialità nei concetti e nei significati. L’uomo acustico vive nel mondo dell’immediato e la sua cultura arriva sin dove è ascoltabile, cioè nell’area cintata del villaggio, che sia quello rurale primitivo o quello globale, dove la cultura uditiva si può avvelere dei mezzi elettronici per aumentare il raggio della propria potenza vocale. L’ordine visivo, apparso con l’avvento della parola stampata, è, invece, detribalizzante, perché la parola scritta richiede una diversa attenzione e viene esaminata staticamente, permettendo di segmentare ed ordinare i movimenti della mente. Mentre nella società uditiva nessuno ha dubbi, in quella visiva, che ha caratterizzato l’uomo occidentale, trova spazio lo scetticismo. Terminata la mia lettura, mi sono trovato alle prese con l'allarme lanciato da Nanni Moretti per cui in Italia non ci sarebbe più non solo una vera opposizione al governo, ma neppure un' opinione pubblica. Leggendo poi l'editoriale di Avvenire (21.08.2008) sono stato informato dell’intelligente commento di Eugenio Scalfari: «Tante opinioni private senza più una visione del bene comune» (Repubblica 17.08.2008). E di nuovo viene in mente il cattolicissimo McLuhan con la sua drastica asserzione: «Ho passato parecchi anni a studiare gli effetti culturali della stampa e a sostenere che l'alfabeto nella sua forma stampata è la sola base della civiltà. Le forme elettroniche non alimentano la civiltà, ma la cutura tribale». Probabilmente è questa una delle ragioni più vere dell'attuale fortuna del federalismo e del localismo, che comportano una scarsa simpatia verso il bene comune di uno stato centralizzato (reso possibile dall'ordine visivo - la parola stampata) proprio perché rimangono immersi in un villaggio globale, in cui prevale l'ordine elettronico (che comporta il ritorno, in nuove forme, della cultura uditiva). Ed il pensiero ritorna a Timtribù, perché - secondo il grande sociologo - tipico della cultura tribale, che è di tipo uditivo, è essere frammentata, delocalizzata, variabile, elastica, mutevole. Forse è il passaggio dalla cultura visiva a quella elettronica, preconizzata da McLuhan, ciò con cui siamo alle prese e la politica e, a maggior ragione, la Chiesa, invece di fare dei moralismi sul bene comune, rimpiangendo il bel tempo passato, dovrebbero prenderne atto, perché, volere o volare, è con questa cultura che dovremo fare i conti. La forma elettronica sarà pure favorevole all'Anticristo, ma non bisogna dimenticare che mai, prima d'ora, tutti gli abitanti della terra hanno potuto accedere istantaneamente e contemporaneamente alla fede cattolica. Parola di Marshall McLuhan. DGT Editoriale In copertina: Kiko Argüello, iniziatore del Cammino Neocatecumenale 3 va ottobre 08 2.FH11 30-09-2008 15:29 Pagina 1 Il Papa, il Cammino, gli Statuti Approvazione definitiva degli Statuti del Cammino Neocatecumenale da parte della Santa Sede L' approvazione definitiva dello statuto - si legge in un comunicato diffuso alla vigilia dal Pontificio consiglio per i Laici - costituisce, senz'altro, un'importante tappa nella vita di questa realtà ecclesiale, sorta in Spagna nel 1964. Questo atto ha richiesto varie consultazioni a diversi livelli. Durante il periodo di approvazione ad experimentum dello statuto, il Pontificio consiglio ha avuto modo di constatare i numerosi frutti che il cammino neocatecumenale apporta alla Chiesa in vista della nuova evangelizzazione, mediante una prassi catechetico-liturgica accolta e valorizzata nei suoi ormai quarant'anni di vita. Pertanto in seguito a un'attenta revisione del testo statutario e all'inserimento di alcune modifiche che si sono ritenute necessarie, il Pontificio Consiglio per 4 i Laici è giunto a concedere l'approvazione definitiva dello statuto». In questi quaranta anni, come il Popolo di Dio nel deserto, il Cammino Neocatecumenale ha potuto sperimentare, dai frutti della fede adulta, la presenza di Dio, oggi suggellata dall’approvazione definitiva degli Statuti. Essa conduce i genitori ad aprirsi alla vita, e i figli che popolano le famiglie del Cammino sono un segno di contraddizione in una società che ha smarrito la fecondità. Gli anziani nel Cammino non sono mai soli. Accolti dai loro figli sono una ricchezza enorme per tutti i fratelli delle loro comunità. Non hanno bisogno di ospizi e ogni giorno con le sue difficoltà, con i dolori e le infermità, è pieno di senso. I malati sono accompagnati dai fratelli delle proprie comunità, pregano insieme, celebrano, camminano uniti verso il passaggio al Regno. La morte santa di tantissimi fratelli del Cammino, gli ultimi istanti vissuti accompagnati e contornati da tutta la comunità in preghiera, è un segno, un'azione sociale che non ha prezzo, in questa società che esige morti rapide, sfuggendo alla verità della vita, cercando in ogni modo di cancellarne il dolore e la fatica. I giovani, strappati dal vuoto assordante delle discoteche e dell'alcool del sabato sera, riuniti proprio nella notte tra il sabato e la domenica, con le proprie comunità a celebrare eucarestie partecipate, nelle quali la reale vita di ogni giorno, le ansie, i problemi, i fallimenti, trovano luce e senso, e redenzione nella comunione al corpo e al sangue del Signore. E fidanzamenti cristiani, vissuti sul filo del rasoio di una società ostile, nel combattimento quotidiano per difendere la castità ed il mutuo rispetto, camminando insieme nella fede, la roccia sulla quale fondare il matrimonio, chiamata e vocazione ancor prima che scelta passionale. E le più di seicento famiglie in missione in ogni fazzoletto, specie se molto sporco, di questo mondo. Papà, mamme, schiere di figli, ad annunciare, nella precarietà più totale, che Dio c’è, e ama ogni uomo, e che il suo Figlio è risorto e ha vinto al morte. Famiglie come comunità, per impiantare la Chiesa laddove non c’è mai stata o non c’è più, ad gentes, ad ogni uomo. Così il Cammino Neocatecumenale testimonia come cristiani ben formati in una fede adulta siano davvero luce, sale e lievito nella scuola, va ottobre 08 2.FH11 30-09-2008 10:08 Pagina 2 conosciuto" nella grande baia della Chiesa accanto ai tanti doni con cui lo Spirito Santo ha impreziosito, arricchito, fortificato, rinnovato la Sposa di Cristo nel corso della sua storia. Anche per il Cammino è stata ed è soprattutto storia di Grazia e di amore. Oggi, a quarant'anni dall'inizio nelle baracche di Palomeras Altas, si scorge l'orizzonte verso il quale lo Spirito sta dirigendo il Cammino: la missione totale, di ogni comunità, di ogni fratello. La missione Ad Gentes, ai deserti di questa generazione, partecipando della santa inquietudine di Cristo. Qui sopra: P. Mario Pezzi, Kiko Argüello e Carmen Hernandez con Mons. Rylko. Nella pagina accanto: Gli inizi del Cammino neocatecumenale a Palomeras Altas, Madrid - Spagna: Kiko Arguello con gli zingari "quinquilleros" che lo accolsero nelle baracche Don Antonello Iapicca (presbitero itinerante del CNC in missione in Giappone) Il Cammino Neocatecumenale arrivò a Caorso nella seconda metà degli anni ‘70 per iniziativa di Mons. Angelo Chiesa, allora Parroco di Caorso, che accolse la predicazione di una equipe di catechisti provenienti dalla Parrocchia di Cottolengo (diocesi di BS). Si formò una prima comunità che successivamente proseguì il cammino aggregandosi alle Parrocchie di Muradolo e Fossadello. Nella Quaresima del 1984 Don Riccardo Alessandrini, nel frattempo diventato Parroco di Caorso, proveniente dalla Parrocchia della SS. Trinità di Piacenza dove aveva conosciuto il Cammino Neocatecumenale, ripropose le catechesi per aprire nuovamente questa esperienza nella parrocchia. Le catechesi furono allora tenute da una equipe di catechisti provenienti proprio dalla Santissima Trinità di Piacenza: Gianni Beoni con la moglie Licia, Cesare Monici (salito al Padre il 16 settembre del 2007) con la moglie Rosanna. Da allora, le catechesi sono state proposte praticamente ogni anno, sia da Don Riccardo Alessandrini sia dal suo successore, l’attuale Parroco Don Giuseppe Tosca. Oltre trecento fratelli della Parrocchia hanno in questi anni seguito le catechesi, ed oggi sono presenti in Parrocchia quattro comunità, per un totale di circa centotrenta fratelli in cammino. Tanti sono i frutti di questa presenza, sia visibili che invisibili. Tra questi ricordiamo soprattutto la vocazione al presbiterato di Don Franco Cattivelli, oggi Amministratore della Parrocchia di Metti, che seguì le catechesi nell’Avvento del 1986 e dopo qualche anno maturò nel Cammino la vocazione che lo portò agli studi presso il Seminario Redemptoris Mater di Madrid e, dopo un’esperienza di itineranza nel nord della Spagna, a terminare la preparazione presso il Collegio Alberoni di Piacenza; fu quindi ordinato sacerdote il 13 giugno 1998 nella Cattedrale di Piacenza. Giorgio Pavesi Il Fatto negli uffici, al mercato, in vacanza, negli ospedali, nei cimiteri. Ovunque. Le stesse vocazioni sono curate, aiutate ad essere scoperte, gestate e poi vissute con gioia e fedeltà. L'opera svolta dai seminari Redemptoris Mater, la seria formazione impartita che vede le comunità intere con i loro catechisti contribuire alla crescita integrale dei seminaristi in modo decisivo e in collaborazione e comunione con i formatori del seminario. Il seminario, da solo, non è il luogo dove formare alla fede. Non si può dare per scontata la fede nei seminaristi. Per questo, accanto al seminario, dove certo la fede si approfondisce e dove si riceve una formazione specifica per il presbiterato, è necessario e fondamentale il cammino in una comunità concreta dove essere gestati alla fede. La comunità è determinante per i seminaristi, li aiuta nel rapporto con le persone, con le famiglie, con i giovani, con le ragazze, con i bambini. E' dentro la comunione concreta della Chiesa, attraverso la sua cura amorevole manifestata dai fratelli della comunità, che i seminaristi possono ricevere davvero una formazione integrale. Attraverso la mutua testimonianza tra famiglie e presbiteri anche i rischi di clericalismo diminuiscono. Il Cammino Neocatecumenale è ora "ri- 5 va ottobre 08 2.FH11 30-09-2008 10:08 Pagina 3 O protagonisti o nessuno Riflessioni attorno al Meeting di Rimini I l Meeting per l’amicizia tra i popoli, che dal 1980 si svolge ogni anno a Rimini nella seconda metà di Agosto, è attualmente la manifestazione estiva di incontri, mostre, musica e spettacolo più frequentata del mondo. Esso, tuttavia, non è il frutto di una qualche genialità organizzativa, ma di una posizione umana e culturale che ha origine nell’appartenenza all’esperienza cristiana. Come può accadere questo? La risposta più convincente io l’ho fisicamente incontrata partecipando al Meeting. Ma trovo che sia ben riassunta da queste parole tratte dal sito www.meetingrimini.org: “Al di sopra di ogni diversità, l’esperienza elementare dell’uomo si rivela come il terreno comune per l’incontro e il dialogo. Non il dubbio sull’identità, ma la certezza spalanca la persona alla scoperta e al riconoscimento di tutto ciò che è bello e buono, e così il Meeting è diventato un luogo dove l'altro non è innanzitutto qualcuno Giovannino Guareschi immortalato in riva al Po. Foto tratta dal catalogo della mostra “Non muoio neanche se mi ammazzano”, presentata quest’anno al Meeting di Rimini in occasione del centenario della nascita del grande scrittore e umorista. 6 da combattere, ma un aiuto a scoprire la verità che corrisponde alle esigenze più profonde dell'uomo.” Forse proprio per questa sua origine, il Meeting è un evento strano, che sfugge alle definizioni abituali, quelle con cui si catalogano spesso aspetti della realtà, avvenimenti e manifestazioni umane per avere l’impressione di capirli e di controllarne la portata. Accade quindi che la “stranezza” del Meeting irriti non poco molti giornalisti e intellettuali, che non riescono ad applicargli le categorie abituali: Festival della cultura? Manifestazione religiosa? Vetrina di politici o altra gente che conta? E’ interessante, a questo proposito, quello che ha scritto su “L’Espresso” uno stupito Gianpaolo Pansa subito dopo il Meeting di quest’anno: “Che scoperte ho fatto quella sera e il giorno successivo, nel vagare per il Meeting? La prima che lì c’era un popolo, ossia una folla sterminata di gente comune, però non qualunque. Spesso di condizioni modeste e a famiglie intere. E tutti avevano nel cuore il desiderio di stare insieme, ma anche di incontrare persone diverse da loro. La seconda scoperta è stata che questa gente non ti chiedeva da dove venivi, ma voleva soltanto comprendere dove stavi andando. (…) Era il mio percorso umano che volevano scrutare, con lo sguardo attento dell’amicizia: il mio viaggio alla ricerca della verità e di me stesso. E ogni volta mi sono sentito ascoltato e mai giudicato. Non mi era mai successo.” Sulla base di ciò che ho sperimentato partecipandovi, credo che la “stranezza” del Meeting sia dovuta a questo: che lì, innanzitutto, non si fanno discorsi, ma accadono fatti che eccedono ogni programmazione. Quest’anno, ad esempio, è accaduto che secondini e carcerati del carcere di Padova si ritrovassero insieme sommersi da migliaia di visitatori di una mostra che parlava proprio di loro, dell’opera della Cooperativa Sociale Giotto, di come anche nella situazione limite del carcere possa rifiorire, attraverso il lavoro, l’umanità e la speranza di persone che, pur nella piena consapevolezza del male fatto, si sentono guardate per quello che sono: uomini in costante confronto con i propri limiti e il proprio insopprimibile desiderio di vita e di verità. E’ stato impressionante l’abbraccio (in foto) fra uno dei carcerati di Padova, un ergastolano di nome Franco, e Vicky Aryenyo, una donna malata di AIDS la cui storia di morte è diventata una storia travolgente di speranza da quando un’infermiera di nome Rose Busingye, fondatrice di un’opera di accoglienza per donne sieropositive in Uganda, l’ha guardata come nessuno mai aveva fatto prima e le ha detto “Tu hai un valore. E questo valore è più grande della tua malattia e della morte”. “O protagonisti o nessuno” era il titolo del Meeting. Ed è emerso in modo potente che il vero protagonista non è chi ha successo, ma “l’uomo stupito che fa la scoperta commovente - che scaturisce sempre da un preciso incontro con la realtà - di avere un volto unico e irripetibile. Un uomo libero: libero perché, quasi per una sorta di paradosso, è consapevole di essere legato all’origine della vita stessa, a quel disegno misterioso da cui intuisce che ogni cosa dipende. (...) Un uomo che conosce perché ama: abbracciando le persone e le circostanze della vita, quelle felici e quelle dolorose, vuole giudicare tutto nella continua ricerca del significato ultimo per cui la realtà è fatta.” “E’ un dato di fatto ed è accessibile alla ragione” ha detto l’astrofisico Marco Bersanelli alle 14.000 persone che lo ascoltavano. “Io, in questo istante, non mi sto facendo da me. Il mio io è fatto da un Altro. Chi può negarlo?”. Nel momento in cui prendiamo coscienza che tutto ci viene dato “da una Presenza misteriosa e reale” nasce un’affezione nuova a tutto quello che c’è. Ed è proprio questo rapporto personale con il Mistero che lo crea che rende l’uomo irriducibile, pur nella sua debolezza e nello scandalo continuo dei suoi limiti. Tale irriducibilità è espressa in modo limpido dal nostro grande scrittore Giovannino Guareschi, che è riuscito, a cento anni dalla nascita e a quaranta dalla morte, ad essere uno dei più vivi protagonisti del Meeting. “...L’uomo è fatto così, signora Germania: di fuori è una faccenda molto facile da comandare, ma dentro ce n’è un altro e lo comanda soltanto il Padre Eterno. E questa è una fregatura per te, signora Germania.” La conclusione sorprendente è che il vero protagonista è un mendicante, uno che nel momento in cui riconosce di dipendere, di aver bisogno, di non costituirsi, si trasforma, perché spacca la prigione del proprio calcolo. E allora può dire come Don Aldo Trento, missionario in Paraguay il cui racconto di sofferenza e grazia ha commosso il Meeting: “Il mio unico progetto è fare quello che Dio mi mostra ogni giorno”. Giorgio Dieci La Riflessione va ottobre 08 2.FH11 30-09-2008 10:08 Pagina 4 7 va ottobre 08 2.FH11 30-09-2008 10:08 Pagina 5 Il racconto di un mese nella favela brasiliana Il viaggio di Filippo La vacanza "alternativa" di un giovane caorsano S crivere per me è molto semplice, ma per una volta lo trovo davvero complicato. Raccontare analiticamente il mio viaggio non ha senso, perché non è solo una stupida vacanza come tante altre, ma è un viaggio alla scoperta non solo di terre diverse ma anche di realtà di vita che l’Italia, sempre più senza stimoli, non conosce. La mia esperienza è stata a Fortaleza, quinto centro del Brasile, sulla costa nord orientale del paese, capitale dello stato del Cearà, a circa quattro gradi sotto l’equatore. Ho vissuto per un mese in una comunità per soli bambini a Pacotì, località a circa mezz’ora di macchina dalla grande città. Qui grazie all’opera dei missionari Piamartini e ad una missionaria laica Lieta Vallotti, c’è una scuola per i bambini dai 5 a 12 anni, 450 in tutto, provenienti dalle favelas ammassate attorno ai grattacieli all’americana dei ricchi di Fortaleza. Nella regione esistono anche altre tre realtà dei Piamartini: una scuola agricola per gli studenti 8 della profonda e sterminata campagna brasiliana, una scuola femminile e un centro professionale sempre a Fortaleza. A Pacotì la realtà è ben visibile, nonostante la zona sia una specie di oasi protetta, a cinque chilometri dalla prima strada asfaltata; i suoi abitanti più giovani portano i segni della dura vita di città, fatta di privazioni, delinquenza, violenza e ambiguità. I bambini sembrano un mosaico multirazziale: ci sono dai più caratteristici Indios ai brasiliani del sud con i capelli ricci, ai biondi, ai più europei, con tanto di occhi azzurri, segno evidente del lavoro della madre… La vita nella comunità è abbastanza ripetitiva, i 450 ospiti frequentano la scuola di mattina e di pomeriggio e alla sera sono accuditi dai “monitori” (i nostri educatori), fino alle otto e mezza, quando si spengono le luci e tutti vanno a letto. A Fortaleza il sole sorge alle sei del mattino e cala alle sei di sera, il caldo è meno umido di quello italiano, ma, credetemi, quando hai cinque o sei bambini intorno che ti chiamano, ti strapazzano, ti si appiccicano addosso, il caldo aumenta e di molto anche! Il lavoro che ho svolto nella comunità ha riguardato le cose più disparate, dal muratore, passando per l’imbianco fino ad arrivare al magazziniere. La comunità ha bisogno di tante cose e di tanti lavori differenti e con una dose di buona volontà bisogna fare tutto e in poco tempo. Le attività più urgenti da svolgere sono sempre due. Una è il servizio al refettorio, dove i 450 bimbi mangiano sempre le solite tre cose: riso e fagioli e pollo, con alcune varianti ma con sempre la stessa base. I bambini sono molto esuberanti e rendono sempre i pavimenti e i tavoli un campo di battaglia, tanto che è più duro ripulire i tavoli e il pavimento che lavare la moltitudine piatti che usano. L’altro servizio fondamentale è quello in lavanderia: i bambini si sporcano costantemente e hanno tutti un sacco di vestiti che usano quasi come fazzoletti; inoltre la natura del luogo e i costumi locali li portano a farsi almeno tre docce al giorno. Queste sono le attività di tutti i giorni, poi ci sono le manutenzioni che ho già esposto. Mi piacerebbe raccontare qualcosa di qualsiasi persona che ho conosciuto, ma è impossibile, sono così tante le esperienze e gli insegnamenti che mi porterò dietro da questo viaggio, non solo i bambini, ma anche i miei compagni di campo e soprattutto i 4 italiani che vivono tutto l’anno a Pacotì, Lieta e suo marito Angelo oltre che a Pinuccia e Piero, tutte persone che con veramente tanta dedizione e altruismo reggono questa realtà, che altrimenti non sarebbe la stessa. Nel mio mese di permanenza in questo angolo del Brasile ho anche visitato le favelas della città, dove con una piccola squadra e due incaricati dei missionari siamo stati a distribuire i pasti per i bambini. Questi quartieri hanno case d’accoglienza rette da donne che si occupano di tenere assieme i piccoli del quartieri che ricevono il cibo una volta al giorno. Raccontare quello che ho visto non è semplice. Li vedi questi bambini preadolescenti accompagnati da madri che avranno se va bene la mia età, madri che portano un bimbo per mano, l’altro in braccio e ne intravedi un altro pronto alla vita in grembo. I bambini li vedi tutti in fila, arrivi, ti fanno le feste e corrono con i loro piattini di plastica e i loro cucchiaini verso il riso, quel riso che i brasiliani tanto amano, e li vedi mangiare e ti sembra di non aver mai visto nessuno mangiare prima d’ora; tutti seduti per terra, i più grandi aiutano i più piccoli che ti guardano con gli occhi innocenti pieni di speranza e voglia di una vita migliore. Gli uomini stanno fuori, uomini duri segnati dal tempo e dall’alcool, sfregiati dai coltelli e senza speranze di un futuro migliore, vedono i loro figli lì a mangiare l’unico pasto giornaliero. Le strade non esistono, sono solo cumuli di sabbia con nel mezzo o su un fianco la fogna a cielo aperto, dove si prende l’acqua per fare da mangiare, l’acqua per pulire i vestisti e l’acqua per lavarsi, senza problema. Quando vedi una cosa del genere ti segna per tutta la vita; è diverso leggere, magari a molti non diranno nulla le mie parole, ma è così. Quando sei li, respiri quell’aria, ti siedi in quelle fatiscenti case, saluti tutte le persone che ti capitano a tiro, stringi mani e abbracci bimbi mai visti che ti sono grati magari anche solo perché gli sorridi e gli porti una caramella: allora capisci dove sta la vera vita. Allora chiedi scusa per tutte le volte che ti sei dimostrato intollerante o insensibile, allora cadi in ginocchio e ti senti disarmato. Certo la mia vita non per questo sarà diversa in Italia e i soldi li spenderò ancora e tante cose saranno le stesse, ma con una consapevolezza diversa, perché negli occhi ho quei bambini, le loro speranze e le loro gioie. I bambini di Pacotì sono gli stessi che vedi nelle favelas, solo un po’ più fortunati, perché possono studiare in pace ed essere protetti, e tu stesso sei felice per la fortuna che si ritrovano. Sono straordinari perché anche nella loro innocenza perduta, nelle loro false lusinghe per avere un regalo, nel loro continuo bisogno d’affetto capisci molto di più di quanto impari stando tra i tuoi quattro confini mentali. Avrei tante altre cose da raccontare, ma basta questo: io volevo lanciare ora un segnale, un segnale forte di quanto sia importante trovare la vera vita, cosa che io qui ho trovato. All’inizio ho detto a tutti che mi sentivo in debito con il Brasile, ma sono stato frainteso, perché il mio debito riguarda il fatto di avere avuto la giusta chanche di andare a stare bene e vivere in Europa in mezzo all’agiatezza. Per questo mi sento in dovere di saldare il conto ed aiutare chi non ha mai avuto la mia stessa fortuna, chi non sa neanche leggere né scrivere, ma per sopravvivere ruba magari 5 reais (2 euro circa) con i quali vive una settimana. Questo voglio fare, pur nel mio piccolo; voglio aiutare quelli ai quali la vita hai riservato sorprese poco piacevoli. Filippo Mancini L'esperienza va ottobre 08 2.FH11 30-09-2008 10:08 Pagina 6 9 va ottobre 08 2.FH11 30-09-2008 10:08 Pagina 7 Avrete forza nello Spirito Santo e mi sarete testimoni Anche un po' di Caorso alla Giornata Mondiale della Gioventù a Sidney D ella forza dello Spirito Santo se ne è davvero sentito il bisogno dato che non sono state poche le difficoltà incontrate in questo pellegrinaggio. Il mini-gruppo dei ragazzi di Caorso che vi hanno partecipato era composto da Aldo, Raffaello e Simone aggregatisi al pellegrinaggio delle Comunità Neocatecumenali di Piacenza. Siamo partiti con tre giorni di ritardo a causa di un disguido e il viaggio, scali compresi (Milano, Roma, Bangkok, Sidney, Brisbane), è durato almeno una trentina di ore. Dopo aver passato la notte in albergo abbiamo iniziato il facevamo le lodi e poi iniziavamo a cantare e ballare e chi voleva si staccava dal gruppo e andava in giro per la città fermando le persone che incontrava per annunciargli la Resurrezione e l’amore di Gesù Cristo. La cosa che mi ha più stupito è stata la disponibilità degli Australiani; quasi tutti si fermavano ad ascoltare, anche se molti dei nostri facevano fatica a parlare in inglese e 10 nostro itinerario: quasi tutti i giorni cambiavamo albergo alternando mezza giornata di viaggio in pullman a mezza giornata di “missione”. In tutte le città che abbiamo visitato andavamo in mezzo alle piazze o nei parchi, rimanevano colpiti dalle poche parole che riuscivamo a dire. In una delle città ci hanno addirittura invitati in uno ospizio per fare visita agli anziani. Man mano che ci avvicinavamo a Sidney la temperatura si abbassava di qualche grado, e siamo passati da pantaloncini corti e maglietta a pantaloni lunghi e felpa. Il 19 luglio, arrivati finalmente alla meta, si è svolta verso sera (il sole tramontava verso le 5/6 di pomeriggio) la veglia col Papa e il mattino seguente la messa. Finita questa, abbiamo vagato tre ore per Sidney alla ricerca del nostro pullman perché nessuno sapeva dove era il punto di ritrovo per poi tornare al nostro albergo, che distava 200 km. Il mattino seguente ci siamo alzati ancora una volta di buon ora per tornare a nella Capitale dove per noi ragazzi del Cammino Neocatecumenale era previsto l’ incontro con Kiko Argüello. Il 22 ci siamo dovuti dividere perché, a causa di alcuni problemi, alcuni sono dovuti partire subito (tra cui noi tre) mentre gli altri sono tornati nei giorni seguenti. La cosa che mi ha colpito più di tutte è che, nonostante che non avessimo visto praticamente nulla dell’Australia e che non ci fossimo affatto riposati in questi giorni, siamo tornati a casa con una gioia immensa ed una pace incredibile donataci dallo Spirito. Aldo Donelli La GMG va ottobre 08 2.FH11 30-09-2008 10:08 Pagina 8 11 va OTTOBRE 08 3.FH11 30-09-2008 10:12 Pagina 1 Con la fine della scuola ha preso il via anche quest’anno il Grest parrocchiale, guidato dai volontari del circolo A.N.S.P.I. "Casa dell’Amicizia" e realizzato con la collaborazione del Comune. Il tema di questa stagione è stato il ‘Baule parlante’, pieno di oggetti, segreti e storie da raccontare… Fra laboratori, escur sioni ed immersioni nella natura, il Grest 2008 ha concluso in bellezza il 20 Giugno con l’esposizione delle opere realizzate dai bimbi. 12 Il Grest va OTTOBRE 08 3.FH11 30-09-2008 10:12 Pagina 2 13 va OTTOBRE 08 3.FH11 30-09-2008 10:12 Pagina 3 7 km da Garusalemme L'incontro tra i nostri ragazzi ed il regista Claudio Malaponti D omenica 25 Maggio 2008 al Circolo Anspi Casa dell’Amicizia è stato proiettato il film “7 Km da Gerusalemme”. La particolarità di questo film è stata quella di porre delle domande sul senso della vita; su chi è l’uomo e cosa c’entrano Gesù e Dio nella In alto a destra: il regista Claudio Malaponti 14 nostra vita: insomma un film diverso. Alla proiezione, è seguito il dialogo con il regista del film Claudio Malaponti. Nelle risposte del regista alle nostre domande è emerso clamorosamente come un film che “aiuta” l’uomo a porsi delle domande, sia stato osteggiato, e boicottato dalla distribuzione cinematografica. Forse (parere personale di chi scrive) perchè questo film mostra anche delle risposte agli interrogativi citati prima; risposte che il mondo di oggi non accetta e vuole nascondere. Nel film, il protagonista compie un viaggio in Terra Santa per trovare risposte alla propria fede; e qui incontra Gesù che tra una prova e l’altra lo porta ad avere una fede “adulta” cioè incondizionata. Il regista, al termine della proiezione, ha posto delle domande ai ragazzi per capire cosa pensassero del suo film e se il messaggio che voleva trasmettere fosse “passato”. Lo stesso ha sottolineato che la figura del protagonista del film (Alessandro Forte interpretato da Luca Ward) viaggia in parallelo con la propria vita; che c’è stato un intreccio tra la crisi di fede del protagonista e la sua personale; però ha voluto lasciare la libertà allo spettatore di credere che i fatti che Gesù compie siano veri o delle invenzioni. E’ seguita poi la cena in cui si è presa più confidenza e si è parlato di tutto, dai problemi posti dal girare un film in una terra non Cristiana (Siria) alle difficoltà incontrate nelle sale cinematografiche. Andrea Chiesa va OTTOBRE 08 1.FH11 30-09-2008 9:53 Pagina 4 16 Caorso. La sala dell Cinema Fox gremita dii spettatori in occazione di una Caorsanissima negli anni 50. Il Il Cinema Fox, la cui costruzione iniziò nel 1947 ad opera della Ditta Podestà di Muradolo-Caorso su progetto dell'Arch. Pietro Berzolla di Piacenza, fu inaugurato nel ua. L'ideatore di 1949, il giorno di Pasqua. questa impresa fu il sig. Ettore Fochi, che diresse il cinema fino al 1966, quando passò in mano al sig. Leonardi di Piacenza e successivamente fu ceduto ai caorsani Braghè, Consolini e soci. La prima proiezione fu "Il richiamo del Nord"; chiuse definitivamente i battenti alla fine degli anni settanta.