Arch. Puglielli - Abbazia San Paolo d`Argon
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Arch. Puglielli - Abbazia San Paolo d`Argon
L' ”Arte del restauro” Un inquadramento storico La disciplina del restauro è una disciplina estremamente complicata e che non ha alla base una uniformità di vedute e di intenti per questo motivo ogni nuovo intervento presenta caratteristiche peculiari che lo rendono unico non solo nel tipo di intervento ma nella filosofia sottesa allo stesso. Nel caso del monastero di San Paolo d’Argon ciò che si palesa con estrema evidenza è la complessità di un recupero funzionale che deve mantenere intatta quella cifra di “storicità” fondamentale alla comprensione delle scelte architettoniche originali, delle tecniche esecutive e non per ultimo di quell’aspetto importantissimo quale il simbolismo sempre presente in edifici di questo tipo. Ad ogni progetto di restauro, ad ogni intervento sul patrimonio architettonico del passato è doveroso premettere un approfondimento teorico che chiarisca il contesto generale nel quale viene inquadrato il rapporto culturale con le architetture storiche. La premessa è fondamentale per ben due motivi: - il primo perché ci si confronta con la storia nei suoi risvolti più complessi ed è quindi fondamentale definire a priori il quadro critico all'intervento, - il secondo perché il restauro non viene inteso in modo univoco, non è una scienza esatta e quindi non esiste una sola linea di pensiero, non esistono tendenze che universalmente caratterizzano tutti gli operatori ma ci sono molti e contrastanti linee di condotta che possiedono basi teoriche e particolarità operative anche assai diverse fra loro. Quella che ci si appresta ad accennare non è una progressione lineare di eventi perché in ogni momento della disciplina coesistono molte tendenze, diverse interpretazioni spesso contraddittorie e di difficile interpretazione; il restauro è fatto di illuminati avanzamenti e di inspiegabili regressioni e questo in ogni epoca, compresa l'attuale nella quale è facile riconoscere quasi tutti gli orientamenti. Le planimetrie del monastero chiariscono appieno la necessità dello studio accurato del testo. Nel caso specifico ci troviamo di fronte a un edificio con sezioni storiche dal 1512 fino a oggi. La breve storia del restauro. Il‘700 La complessa disciplina del restauro muove i suoi primi passi nei primi anni del 1700 negli scavi di Ercolano e Pompei, prosegue con lo scavo delle antichità romane sul finire del secolo, nei quali si inizia a depurare monumenti antichi dalle superfetazioni delle epoche successive. In questa fase si riscopre il rapporto con l'antico, nasce l'interesse per l'archeologia scientifica e razionale, per la prima volta nella storia nasce il concetto di “monumento” come emergenza singola. È in questo clima che si cominciano a stendere le basi teoriche e il dibattito verterà soprattutto sulle tesi delle due grandi personalità che hanno segnato quel periodo storico, Eugène Violet le Duc e John Ruskin. È in quel complesso intreccio dove si sommano gli sconvolgimenti apportati da una logica demolitiva in Francia, l'eclettismo e lo storicismo che il restauro trova le sue prime teorizzazioni. In Italia, al contrario di Inghilterra e Francia, manca un serio dibattito sulle tematiche dell'architettura. I principi fondamentali ai quali si rifanno i restauratori non sono ancora ben definiti e ci si muove tra l'affermazione del valore documentario delle architetture, delle esigenze formali e una necessaria unità stilistica, della completezza dell'opera per la qualificazione del monumento come sintesi di un momento storico. Il restauro dipende quindi alla conservazione delle parti pervenute, alla rimozione di aggiunte stilistiche (spesso discordanti) alla ricostruzione soltanto di ciò che era sicuramente esistito e andato perduto, modificando solo sotto questo aspetto il pensiero di Eugène Violet le Duc. Si ricostruisce attraverso un processo analogico, si copiano i motivi di opere della stessa epoca e della stessa area culturale. Questo processo si diffonde in Italia tra il 1840 e il primo decennio del secolo successivo. 1) ATTIVITÀ STORICA E ARCHEOLOGICA: INDIVIDUAZIONE DEI PRINCIPI 2) ATTIVITÀ DI RESTAURO: ESPLICITAZIONE DEI PRINCIPI NEL MONUMENTO: IL MESSAGGIO DIDATTICO LE ROVINE COME NASCONDIMENTO E OBLIO DEL MESSAGGIO CHIARIFICAZIONE DEL MESSAGGIO “RESTAURARE È RIPRISTINARE L’EDIFICIO IN UNO STATO DI COMPIUTEZZA CHE POTREBBE NON ESSERE MAI ESISTITO” Liberazione Ricostruzione UNITA’ STILISTICA Completamento 3) ATTIVITÀ PROGETTUALE: COSTRUZIONE DI UN NUOVO MESSAGGIO Seconda metà dell'800 Appare in questo periodo in Italia un personaggio di fondamentale importanza per la disciplina, Camillo Boito, il quale comprende che gli interventi stilistici alterano profondamente la comprensione del documento di architettura rifiutando quindi la posizione di Viollet le Duc, allontanandosi dalle tesi della unità formale e stilistica affermando che ogni epoca del monumento deve essere rispettata anche se in apparente contrasto con l'apprezzamento estetico. L'architettura diventa quindi per Boito un documento non solo artistico ma anche di tecnica di costume e di volontà individuali e sostiene che anche le trasformazioni, le modificazioni e le integrazioni che le varie epoche sedimentano sull'opera sono elemento da conservare. Secondo questo punto di vista egli rifiuta ogni aggiunta ed elabora una serie di criteri fondamentali necessari al restauratore al fine da distaccarsi dallo stilismo e dall'analogia. Punti centrali della sua teoria sono: • Il rifiuto del restauro stilistico - nella versione proposta da Viollet Le Duc considerato come un inganno per i contemporanei, ma ancor più per i posteri ed una falsificazione del monumento, rendendo impossibile distinguere le parti originarie dalle successive modifiche. • La necessità di rispettare e tutelare i valori artistici e storici del monumento. Boito asserisce inoltre l'importanza della conservazione dei segni lasciati dal trascorrere del tempo sulle superfici architettoniche, ovvero della patina, definita «splendido sudiciume del tempo». • Boito redige una gerarchia fra i possibili interventi sui monumenti: "devono venire piuttosto consolidati che riparati, piuttosto riparati che restaurati". - Quando le opere di restauro si rendono indispensabili per il mantenimento dell’edificio, allora queste devono essere fatte in modo che le aggiunte non possano essere confuse con le parti originarie. Le aggiunte dovranno essere quindi rese distinguibili mediante la riduzione ai soli volumi essenziali eliminando o stilizzando gli elementi decorativi, senza però stonare con il complesso dell’edificio. Fu promotore, durante il IV Congresso degli ingegneri e architetti tenuto a Roma nel Gennaio 1883, della I Carta Italiana del Restauro: in essa confluiranno gran parte delle sue posizioni. La Carta contribuirà a definire in maniera concreta una via italiana al Restauro che si porrà a metà strada tra le posizioni Inglesi (the Anti-restoration Movement) e Francesi (Restauro Stilistico). Il documento afferma che è sempre da privilegiare la manutenzione sul restauro, la necessità dell'analisi preventiva del monumento, non solo storica ma anche tecnica, il rispetto di tutte le stratificazioni temporali dell'edificio. Stabilisce inoltre altri criteri quali il divieto di completare quelle parti del monumento che possiedono individualità artistica affermando però la possibilità di colmare le lacune quando esse siano parti ripetitive, precisando comunque l'epoca nella quale è stato realizzato l'intervento documentando esaustivamente oltre le vicende storiche anche lo stesso restauro. Boito sostiene quindi che il monumento deve essere conservato piuttosto che restaurato, mantenuto e non manomesso rifiutando al contempo le teorie ruinistiche di Ruskin che si stavano diffondendo allora in Italia. Il Novecento Il diciannovesimo secolo non ha proposto soluzioni definitive ma ciò che rimane sono i principi fissati da Camillo Boito nell'83. Questi verranno ripresi e ulteriormente approfonditi da una figura di spicco del restauro italiano, Gustavo Giovannoni che articola le tesi di Boito e le estende all'ambiente urbano, enunciando i principi del restauro scientifico che si fonda sulla storiografia filologica, sull'accertamento quindi della verità dei fatti storici. È di questi anni la formulazione delle prime leggi di tutela italiane del 1907, 1909 e 1912, purtroppo poco incisive per motivi legati alla proprietà privata. Esse però sono premessa fondamentale per la successiva costruzione di tutto l'apparato culturale e normativo italiano. Oltre a fondamentali documenti internazionali, quali la carta di Atene del 1931, nascono la “carta del restauro” elaborata nello stesso anno dal consiglio superiore per le antichità e belle arti, e tutte le premesse per la successiva legislazione del 1939. Dopo gli anni della ricostruzione e gli intensi dibattiti del periodo il restauro in Italia torna appannaggio degli storici e critici d'arte che fondano le loro azioni su valutazioni soggettive cioè sul giudizio a volte storico a volte artistico. Per tutti gli anni ‘60 e ‘70 i criteri enunciati del restauro critico influenzarono profondamente le azioni delle Soprintendenze e la didattica del restauro affermando che la storia dovesse essere guida al restauro e che quest'ultimo fosse fondamentale alle ricerche della storia dell'arte e dell'architettura. Un ulteriore passo si ha nel ‘64 quando viene elaborato a Venezia un documento fondamentale chiamato appunto, la carta di Venezia, che, dopo quella di Atene orienta e indirizza in tutto il mondo il pensiero sul restauro. Quest'ultimo e importantissimo documento estende il concetto di monumento ai centri minori e alle documentazioni che abbiano significato culturale, si esclude categoricamente il completamento e si riconosce come fondamentale il concetto di autenticità soprattutto in relazione agli apporti culturali e tutte le opere lasciano sull'edificio. Pochi anni dopo nel 1972 l’allora Ministero alla Pubblica Istruzione redige e pubblica la carta italiana del restauro corredata da allegati relativi al restauro architettonico, pittorico scultoreo, agli scavi e ai centri storici. È un documento molto chiaro che orienta il pensiero teorico e la operatività, manifesta chiaramente la volontà di superare il criterio estetico iconografico in favore di valori storici e strutturali degli insediamenti da proteggere. Per la prima volta si asserisce che il carattere storico va riferito all'interesse che detti insediamenti presentano quale testimonianza di civiltà del passato e quali documenti di cultura urbana indipendentemente dall'intrinseco pregio artistico o formale o dal loro particolare aspetto ambientale. Il monastero Benedettino di San Paolo D’Argon è un concentrato di storia, di aspetti tecnici, di riferimenti iconografici e culturali, uno scrigno di antico sapere, di armonia compositiva. Di fondazione cluniacense (XI secolo), fondato dal conte Giselberto nell'anno 1079 e soppresso nel periodo napoleonico fu radicalmente ristrutturato nel XVI secolo, e conserva ancora l'impronta di questi interventi nei due chiostri (uno del 1500 e l'altro del 1532). Arch. Gaetano Puglielli Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici – Milano [email protected]