T em a - Qualità Online

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T em a - Qualità Online
n.6
novembre/dicembre
2016
Poste Italiane s.p.a. – Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 – DCB Milano Contiene I.P.
Italian Journal
of Quality
& Management
Systems
IN PRIMO PIANO
Ostacoli culturali ed etici
sulla via dello sviluppo sostenibile,
nell’era della globalizzazione
Tito CONTI
QUALITÀ
& FUTURO
LA SICUREZZA
& LA QUALITÀ
La strategia Industria 4.0
per la produttività
e la competitività sostenibile
Stabilimenti a rischio incidenti rilevanti
semplici e complessi: norma volontarie
La natura giuridica
delle attività di accreditamento
Aicq & Industry 4.0
I sistemi di gestione ISO 39001: riduzione
del rischio stradale sul lavoro
La percezione del rischio,
prevenire con la formazione
STUDI & RICERCHE
La nuova normativa IATF 16949:
certificazione Qualità per l’Automotive
Economia e Qualità: una cultura di base
Spazio: laudato si’ e gestione
del rischio a lungo termine
Progetto Briks
Approfondimenti
& Rubriche
1
>>
«Omnia mea
mecum porto...»
a Qualità è un viaggio, non una destinazione; più si ottengono risultati, più servono miglioramenti» è la frase di
chiusura di un’interessante conversazione-seminario tenuta dal grande prof. Parasuraman nei primi anni Novanta
del secolo scorso); lo avevamo invitato per parlare ad un gruppo rappresentativo di “addetti alla Qualità” della più
grande azienda del Paese dell’epoca alla quale ho avuto l’onore di appartenere per quasi quaranta anni. Da questa frase nacque una interessante intervista che gli feci al termine per l’house organ aziendale, che intitolai proprio: «la Qualità
è lungo un viaggio …». Quando cito questa frase, per una associazione di idee, all’«sistematicamente un parallelismo tra “operatore della Qualità» si sovrappone l’immagine dei coraggiosi pellegrini medievali che si muovevano in territori sconosciuti e
che affrontavano mille pericoli portando con sé solo l’indispensabile bagaglio fisico e di “attrezzature intangibili” come: vision,
valori, determinazione e competenze metodologiche. Un modello questo riconducibile alla locuzione latina «Omnia mea
mecum porto» [attribuita a Biante di Priene; che in italiano diviene: “Tutto ciò che (di buono) è mio, lo porto con me!”] che
ho avuto la fortuna di apprendere sin da piccolo. Nella vita, infatti, non occorrono tanti accessori; nei passaggi più importanti, ciascuno deve poter contare quasi esclusivamente sul proprio “patrimonio personale” di conoscenze, competenze, valori,
principi e modelli di riferimento etici e metodologici che ha avuto la possibilità di acquisire e valorizzare quotidianamente sin
dalla più piccola età (e che si porta indissolubilmente con sé sino al termine dell’esperienza terrena). Il “patrimonio” di conoscenze e competenze personali va gestito con estrema saggezza ed in modo dinamico e reso utilizzabile «per modelli e traiettorie», senza fragili rigidezze. Questo paradigma realizza una interconnessione con le Lezioni americane dell’amato Italo
Calvino, con le quali ho iniziato il mio primo editoriale; mi sembra giusto richiamarle anche per il commiato. Nelle sue Lezioni
americane, Italo Calvino si chiede: «chi è ciascuno di noi se non una combinatoria di esperienze, di informazioni, di letture,
di immaginazioni? Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario di oggetti, un campionario di stili, dove tutto
può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili».
Al momento della morte improvvisa, sulla scrivania si trovarono le sei cartelline dedicate alle sei lezioni che Calvino avrebbe
dovuto tenere poco dopo nella prestigiosa Harvard University. Di queste solo cinque contenevano il testo completo della lezione; la sesta cartellina dedicata alla lezione sulla Consistency era ancora vuota. A questa desidero dedicare queste poche righe.
Ogni “lezione” prendeva spunto da un valore della letteratura considerato importante da Calvino per il nuovo millennio (cioè
l’attuale); l'ordine non era casuale e seguiva delle gerarchie valoriali complesse e partiva dalla caratteristica che riteneva più
importante, cioè la leggerezza. I sei titoli erano: Lightness (leggerezza), Quickness (rapidità), Exactitude (esattezza), Visibility
(visibilità), Multiplicity (molteplicità) e ’ultima lezione avrebbe dovuto essere dedicata alla Consistency (da tradursi con “coerenza”). Quest’ultima lezione non scritta avrebbe dovuto prendere lel mosse dal “modello di Bartleby”, un particolare personaggio (creato da Melville) che accettava solo un certo tipo di lavoro; a tutte le altre richieste, gentilmente ma inflessibilmente,
rispondeva: «I would prefer not to» (preferirei di no) perché estranee al proprio catalogo emozionale. Nell’approccio ossimorico alle lezioni, Calvino avrebbe contrapposto alla rigidezza della “coerenza istintiva” il concetto speculare di “resilienza” –
che aiuta a trovare soluzioni idonee ed efficaci, senza mettere in discussione principi e valori – e che protegge dalle rotture fragili. Sarebbe stato un capitolo bellissimo!
Nei “miei” 20 numeri di direzione di questa storica e prestigiosa Rivista ho cercato con passione, dedizione e plasticità di «ricostruire la fisicità del mondo attraverso l’impalpabile pulviscolo delle parole» [Calvino]; spero di esserci riuscito, accompagnando i lettori in un percorso di diversificazione delle conoscenze e di ampliamento degli orizzonti all’interno dell’affascinante e
caleidoscopico “universo” della Qualità. Ringrazio di cuore gli autorevoli colleghi che mi hanno affidato con fiducia i loro scritti e gli affezionanti lettori che mi hanno fatto sentire la loro presenza al mio fianco. Desidero, infine, far pervenire al mio successore i più sentiti ed affettuosi auguri di buon lavoro ed alla Rivista QUALITA’ di poter crescere ulteriormente per ottenere il
futuro che si merita. Buona lettura e buona Qualità.
Sergio BINI
«L
www.qualitaonline.it
novembre/dicembre 2016
Editoriale
Il Direttore
s o m m a r i o
IN PRIMO PIANO
questo
numero
novembre/dicembre
2
4 Ostacoli culturali ed etici
Tito CONTI
1
Editoriale
«Omnia mea mecum porto...»
Sergio Bini
12
Tema 1 - Qualità & Futuro
industria 4.0 per la produttività e la competitività
sostenibile
Francesco COSTAnTinO, Giulio Di GRAViO, Massimo TROnCi
17
La “natura giuridica” delle attività
di accreditamento
Emanuele RiVA, Emanuele MOnTEMARAnO
21
nasce: AiCQ inDUSTRiA 4.0
a cura della presidenza di AiCQ nazionale
Tema 2 - Sicurezza & Qualità
22 Stabilimenti a rischio incidenti: norme volontarie
Francesco TAURASi, Diego CERRA, Giuseppe D’AGOSTinO
27
i sistemi di gestione iSO 39001
Marco DE MiTRi
31
La percezione del rischio:
prevenire con la formazione
Catterina PASQUALin e Piero ViGUTTO
Tema 3 - Studi & Ricerche
34 La nuova normativa iATF 16949
Marco MAnTOAn
37 La Qualità come affascinante processo di scoperta
continua
Giovanni MATTAnA
43 Economia e Qualità: elementi per una cultura di base
Antonio CAnDiELLO
47 «Laudato si’» e gestione del rischio a lungo termine
Francesco Paolo CAnTELLi
50 il progetto BRiCKS
a cura della presidenza di AiCQ nazionale
Lo scaffale di Qualità
42 a cura della DiREZiOnE
novembre/dicembre 2016
L’IMMAGINE
DI
COPERTINA
«Il venditore di inchiostro fino».
L’incisione di Annibale Carracci della copertina
di questo numero che chiude l’annata
e l’intera esperienza “direzionale”
è dedicata ad un artigiano di strada della Bologna
del XVI secolo che vende porta a porta un prodotto
“prezioso” l’inchiostro fino; questo particolare
“professionista” ambulante occupa la 38^ posizione
nell’elenco degli 80 mestieri bolognesi immortalati
con una incisione. Non era possibile scegliere
un mestiere più evocativo di questo da parte di uno
che, sin da molto piccolo, colleziona penne stilografiche
con le quali preferisce scrivere. Con l’occasione,
torna alla mente il prezioso film «Uomini di Dio»
(versione italiana del film francese
“Des hommes e des dieux” del 2010);
soprattutto le scene nelle quali il priore
di una comunità cistercense in Algeria – padre Christian de
Clergé – scriveva nel silenzio della propria cella il
resoconto della giornata con una penna stilografica.
Si distingueva con nettezza il suono del pennino
che solcava il foglio per registrare sensazioni,
emozioni e momenti di vita
quotidiana in attesa della “fine”.
Le nostre ultime 20 copertine
L
a copertina di una Rivista è il “biglietto da visita” del progetto editoriale dalla direzione!
In questi ultimi 20 numeri, la direzione
ha cercato di realizzare un “modello” di
Rivista scientifica multidisciplinare,
multilivello e strutturato in modo da poter incontrare il più ampio spettro possibile di lettori interessati ad un approccio
olistico alla Qualità.
www.qualitaonline.it
La stella polare è rimasta la millenaria
storia italiana, con la sua ineguagliabile
cultura e la sua formidabile tradizione
artigianale.
Le ultime 20 copertine, meglio di tante
parole, rappresentano il processo di trasformazione graduale della Rivista in linea con il principio di Antoine-Laurent
de Lavoisier: «nulla si crea, nulla si distrugge; tutto si trasforma».
novembre/dicembre 2016
novembre/dicembre
3
In primo piano
4
y In primo piano y
>> di Tito CONTI
Ostacoli
culturali ed etici
Sulla via dello sviluppo sostenibile, nelll’era della globalizzazione
Le teorie tradizionali dell’organizzazione e del management hanno
dimostrato di essere inadeguate al governo delle grandi organizzazioni. Tale inadeguatezza è tragicamente evidente nel caso dei grandi organismi transnazionali creati per risolvere le crisi e i conflitti di
dimensione planetaria.
La situazione è oltremodo critica perché alla radice c’è un problema
di non facile soluzione: il pensiero analitico, per secoli pilastro delle
nostra cultura, entra in crisi col crescere della complessità. Il rimedio
c’è, e ha il nome di pensiero sistemico (“systems thinking”). Un
approccio scientifico alla complessità che stenta a prendere piede
per l’evidente difficoltà a cambiare paradigmi mentali radicati da
secoli.
Un secondo problema riguarda un pregiudizio etico talmente diffuso da essere considerato un principio immutabile: che il rapporto fra
esseri umani sia intrinsecamente e inevitabilmente di tipo conflittuale e che la competizione senza esclusione di colpi sia il motore del
progresso. Se la globalizzazione in atto, confusa e disordinata, assume e incorpora, anche inconsapevolmente, tale pregiudizio, è perdita di tempo e ipocrisia parlare di sviluppo sostenibile.
Nelle riflessioni che seguono si richiama il ruolo che la cooperazione ha nell’evoluzione naturale verso livelli sempre più alti di complessità e si sostiene che, se l’uomo pretende di sedersi al posto di
guida dell’evoluzione, deve conoscerne meglio le dinamiche e
domandarsi se non sia il caso di apprendere da essa.
Lo organizzazioni umane:
sistemi sociali caratterizzati dai propri fini
Le organizzazioni umane sono costruite per raggiungere fini che riguardano - e/o richiedono l’impegno collaborativo di – collettività
di persone. Tali fini possono consistere nella realizzazione di prodotti, materiali o immateriali, servizi, informazioni, contesti ambientali che accrescono il benessere di una collettività ecc. Scopo
comune di tutte le organizzazioni è generare il valore atteso dai
destinatari della propria attività (clienti, cittadini, soci), dai membri
dell’organizzazione stessa e da tutte le altre parti interessate.
La “fitness for purpose” (adeguatezza al fine) è perciò il requisito
assolutamente primario di ogni organizzazione. Si può anche chiamare “qualità dell’organizzazione”, essendo essa la madre delle
qualità di tutto ciò che essa realizza. E’ vano perseguire la qualità
novembre/dicembre 2016
dei risultati se la qualità del sistema è inadeguata.
La parola “sistema” è qui intesa nell’accezione specifica del moderno pensiero sistemico: «un insieme di parti che interagiscono fra
loro così da funzionare come un’unità».
La potenzialità di un sistema (in termini di generazione di valore)
non è la somma delle potenzialità delle sue parti ma è funzione sinergica di tale potenzialità e delle relazioni fra esse. Se c’è sinergia
positiva nelle relazioni, essa si manifesta con un effetto moltiplicativo sul valore generato. Capita anche che l’effetto moltiplicativo sia
incommensurabile, come succede in campo scientifico quando da
una squadra di creativi scaturisce l’invenzione singolare; e come è
successo in natura in certi punti singolari, come la comparsa della
vita e quella dell’uomo. Tali proprietà, che rappresentano una discontinuità qualitativa, vengono chiamate “proprietà emergenti”.
C’è da augurarsi che il progresso dell’umanizzazione (e quindi della collaborazione fra gli uomini) giunga a far prevalere un modello
di sviluppo più capace di garantire il successo dell’uomo nel nuovo
ruolo di pilota dell’evoluzione sul nostro pianeta. Sarebbe il più alto esempio di proprietà emergente generata dal sistema umano.
I sistemi umani vengono anche chiamati “sistemi sociali”, o meglio
“sistemi socio-culturali”. Si aggiunge spesso un altro attributo per
specificarne la natura. Ad esempio “socio-tecnico”, “socio-economico”, “socio politico”. E’ tipico del sistema l’essere parte di sovrasistemi e comprendere a loro volta sotto-sistemi. Il mondo in cui
viviamo è fatto di sistemi così interconnessi.
La figura 1 esemplifica il concetto. Nella sua parte inferiore sono
rappresentati sette sistemi. Tre di essi, S1, S2 e S3, entrano in collaborazione per formare il sovra sistema S.S.A. che comprenderà normalmente i tre sistemi cooperanti più il sistema di governo SG ed
eventualmente nuovi sottosistemi. Analoghe collaborazioni concorrono a formare i sistemi S.S.B e S.S.C. La figura 1 mostra anche come un sistema può far parte di sovra sistemi diversi (v. S1 e S3)..
L’applicazione all’organizzazione del modello
deterministico/meccanicistico
Le rivoluzioni industriali provocarono un’accelerazione degli studi
sull’organizzazione. Il modello che via via si sviluppava e perfezionava era quello della produzione di massa e l’obiettivo della nuova
cultura industriale era di competere, oltre che sulle caratteristiche
del prodotto, sull’efficacia e l’efficienza del modello produttivo. Tawww.qualitaonline.it
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y Ostacoli culturali ed etici sulla via dello sviluppo sostenibile y
la mente
il sistema
e le sue parti
componenti
La mente è fuori dal sistema (sopra) e stabilisce ciò che i componenti del
sistema devono fare - e come deve essere fatto.
Adatto ai sistemi meccanicistici in senso lato (inclusi i sistemi cibernetici).
Non applicasbile quando i componenti del sistema sono essere umani.
> Fig 1 - Sistemi al livelli inferiore cooperano per creare sistemi a livello superiore, dei qua-
> Fig 2 - Sistemi deterministico/quantistico
li essi divengono parte. Un sistema può divenire parte di più sistemi a livello superiore
le nuova cultura industriale non poteva non adottare i paradigmi
mentali del tempo, condizionati anche dalla specifica situazione
sociale. Dal campo della fisica a quello della cosmologia a quello
delle organizzazioni umane, il modello pressoché universale era
allora quello dei sistemi deterministici/ meccanicistici. Per questi la
mente che progetta e dirige è fuori dal sistema che esegue (figura n.
2)1. Quest’ultimo ha la mission di produrre moltitudini di oggetti
identici, secondo le specifiche ricevute.
Il modello meccanicistico applicato ai sistemi umani non nega l’intelligenza dell’uomo, ma l’asservisce all’unico fine di raggiungere
obiettivi prefissati attraverso processi rigidi.
Una conseguenza fu che la parola qualità divenne sinonimo di
conformità alle specifiche, mutilando un concetto bimillenario di
«attributo di persone, oggetti, situazioni», per sua natura dinamico
con una costante tensione al miglioramento. Ma non c’era – e non
ci fu per molto tempo ancora – la consapevolezza che si stava applicando – nelle nuove imprese come in tutte le altre organizzazioni umane – un modello inadeguato ai sistemi umani, nei quali ogni
componente del sistema è dotato di intelligenza e libertà. Soprattutto riguardo a quest’ultima il raggiungimento della consapevolezza
ha richiesto tempi lunghi e conflitti sempre più accesi e allargantisi
a macchia d’olio.
Il modello meccanicistico è ancora utilizzato, soprattutto nei paesi
dove l’eguaglianza di tutti gli esseri umani non è ancora un valore
condiviso e garantito. Ma anche là dove è negato in teoria, in pratica è ancora presente nel DNA di molti manager.
Quale modello - per quali organizzazioni
Nella seconda metà del secolo ventesimo, con l’aumentare delle
dimensioni e della complessità delle imprese operanti nei mercati
internazionali e del numero e della qualità dei concorrenti, studiosi
dell’organizzazione e manager cominciarono a rendersi conto che
l’organizzazione non è una macchina, bensì un sistema sociale
umano.
Se trattata come una macchina, oltre a perdere i frutti dell’intelligenza umana, si fomenteranno comportamenti passivi - ed anche
negativi e conflittuali – dovuti a insoddisfazione e carenza di motivazione.
La figura 3 fornisce una rappresentazione qualitativa della faccia
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negativa della moneta (l’emergenza di problemi; la faccia positiva,
non considerata nella figura ma ancor più importante, si riferisce
alla perdita di potenziali contributi al miglioramento). Mentre nella
piccola e media organizzazione i problemi tecnici prevalgono,
man mano che la dimensione e la complessità dell’organizzazione
cresce sono i problemi di origine organizzativa (e quindi dipendenti dalle persone e dalle loro relazioni) a prendere il sopravvento.
Ecco perché nuove teorie di management fiorirono in quel periodo
nell’occidente, mirate ad accrescere la motivazione e il coinvolgimento delle persone, che ebbero tuttavia scarso successo. Ciò perché esse non miravano alle cause-radice dei problemi. Le persone
continuavano ad essere trattate come “risorse” intercambiabili, non
come le membra vive di un sistema “neghentropico”2, in grado di
moltiplicare, attraverso la sinergia, le capacità individuali di generazione di valore. Il denaro continuava ad essere considerato come
il “motivatore” unico. Diversa la situazione in quei paesi asiatici in
cui è radicata l’etica confuciana delle relazioni interpersonali. In
essi il modello che spontaneamente prese piede, là dove avanzava
l’industrializzazione, fu molto più vicino a quello organico che a
quello meccanicistico (figura n. 4).
Il modello organico è cooperativo e nello stesso tempo paternalistico: la mente che governa deve poter contare sulla collaborazione
indiscussa delle menti governate. Non solo obbedienza, ma anche
interazione positiva, fornendo alla mente le informazioni necessarie per correggere il corso, quando necessario, o migliorare la performance. Tale modello attecchisce là dove il terreno culturale è
propizio. L’esempio più eclatante venne, negli anni 1970/1980, dal
Rilevanza dei problemi Organizzativi/Manageriali
(O/M) e Tecnici (T) nell’Organizzazione
(nella figura S1ÆS.S.A e S.S.B; S3ÆS.S.A e S.S.C
Piccole Organizzazioni
Grandi Organizzazioni
O/M
T
Complessità dell’Organizzazione
> Fig 3 - I problemi che hanno cause di tipo organizzativo/manageriale (O/M) crescono col
crescere della complessità dell’0rganizzazione
novembre/dicembre 2016
In primo piano
TIPI DI SISTEMA /1
In primo piano
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y In primo piano y
TIPI DI SISTEMA /2
TIPI DI SISTEMA /3
la mente
il leader
i componenti
del sistema
i membri
del sistema
Sistemi organici (esseri umani e animali a livello superiore).
La mente è parte del sistema, stabilisce le regole e controlla l’attività dei
membri/componenti. Questi ultimi hanno la capacità di agire e interagire
tra loro, ma seguendo le regole stabilite dalla mente.
Le organizzazioni umane - o sistemi sociali umani - comprendono una
molteplicità di menti (perciò sono dette anche multi-minded).
Deve esserci una mente che coordina e guida: il “leader”.
Costui ha il grave compito di guidare e far convergere un insieme
di essere liberi verso obiettivi comuni. Deve utilizzare al meglio
le potenzialità individuali e far crescere le relazioni in modo da attivare
sinergie che massimizzino il valore generato.
> Fig 4 - Sistemi organici
> Fig 5 - Sistemi sociali umani (multi-minded)
Giappone, che mise in crisi molte aziende occidentali grazie all’applicazione efficace di approcci sviluppati negli Stati Uniti (da J.
Juran e E. Deming) ma che là non avevano trovato l’humus culturale propizio (tipico esempio di cecità culturale causato da eccessiva
confidenza nella propria cultura).
La cultura giapponese risultò essere il terreno favorevole per l’elaborazione di una visione globale e dinamica della qualità (TQC,
Total Quality Control), in particolare del concetto di “miglioramento continuo”.
La reazione occidentale degli anni 1980/90 contribuì molto alla
“laicizzazione” dei nuovi concetti, per renderli indipendenti dalla
specifica cultura e quindi applicabili a tutti i contesti. Si realizzava
qui una prima iniezione di pensiero sistemico, riscontrabile in nuce
nel modello EFQM [Conti, 2007].
I nuovi approcci andarono sotto il nome di Total Quality Management (TQM) ed ebbero nel breve periodo notevoli successi. Si superava il concetto di conformità alle specifiche a favore del concetto di miglioramento continuo. L’accento si spostava dal prodotto ai
processi generatori e da questi all’intera organizzazione. Si era sulla strada della consapevolezza che le parti più importanti dei sistemi socio-culturali, anche quelli con rilevante contenuto tecnico e/o
economico, sono le persone. Per essi il modello sistemico è quello
multi-minded (figura 5). In tale modello tutte le menti sono chiamate a collaborare, ma il ruolo del leader è fondamentale. Egli/ella deve dedicarsi più alle relazioni che alle azioni. Dove le relazioni sono considerate il luogo assolutamente critico, in cui l’eccellenza
nella generazione del valore può essere perseguita.
facilmente. L’Occidente, salvo qualche eccezione, ha continuato a
perdere terreno nei campi dei beni di consumo e durevoli tradizionali. Ha invece mantenuto posizioni competitive nei campi della
tecnologia avanzata e dei servizi ad alto contenuto tecnologico.
Essendomi sempre battuto contro tale regressione, colgo anche
questa occasione per ribadire il mio punto di vista su cosa dovrebbe essere fatto - e con urgenza. Non solo per restituire al mondo
occidentale un ruolo significativo nel campo della qualità dei prodotti, dei servizi e delle pubbliche amministrazioni, ma soprattutto
per colmare un grave vuoto culturale.
Quale vuoto? Si tratta della carenza di conoscenze ed esperienze
sistemiche in coloro che pur governano organizzazioni complesse
o formano le persone che dovranno governarle. Sia nelle imprese,
sia nelle pubbliche amministrazioni, sia nelle facoltà universitarie
che le riguardano, il pensiero dominante è ancora quello analitico;
necessario, ma inadeguato a far fronte ai problemi derivanti dalla
complessità. Estremamente complessi sono i problemi relativi alla
protezione dell’umanità e dell’intero sistema Gaia dai rischi di uno
sviluppo selvaggio. Rischi particolarmente imputabili al fatto che
l’uomo si è di fatto seduto al posto di guida dell’evoluzione sul nostro pianeta, senza adeguate conoscenze e senza avere definito regole appropriate per la tutela dell’ecosistema Terra. Ma se l’uomo
rivendica tale diritto, ha il dovere di conoscere i modi di evoluzione seguiti dalla natura. E, facendo ciò, troverà suggerimenti e anche
piacevoli sorprese.
Il declino del TQM e l’esigenza di contrastarlo
Il declino del TQM nel mondo occidentale iniziò attorno all’anno
2000. Nel giro di pochi anni l’impulso innovativo portato da esso si
attenuò, sopraffatto dagli interessi commerciali di breve periodo. Le
«vecchie minestre riscaldate» si vendevano meglio, soprattutto nel
campo dei servizi, dove i prodotti domestici sono più protetti. In
Italia, purtroppo, la certificazione (spesso “certificazione facile”) ha
avuto un ruolo dominante. Inoltre, negli anni ’90, il mercato della
consulenza fu invaso da una moltitudine di tecnici della qualità,
carenti di esperienza organizzativa, che contribuirono pesantemente a riportare la qualità al livello di disciplina tecnica, svuotata di
ogni contenuto strategico.
Gli atteggiamenti culturali profondamente radicati non si estirpano
novembre/dicembre 2016
L’evoluzione guidata dall’uomo non può ignorare
i meccanismi dell’evoluzione naturale
La conoscenza dei meccanismi fondamentali dell’evoluzione naturale (che ha costruito il mondo in cui viviamo e noi stessi) e quindi
la capacità di cogliere le opportunità e identificare i rischi dell’evoluzione guidata dall’uomo3, sono dunque divenute cruciali. Ma
sembra che la consapevolezza della criticità del nuovo ruolo sia
ancora molto scarsa e che il cambiamento stia avvenendo nel segno di una giovanile spensieratezza, (per usare un eufemismo, sarebbe più corretto usare la parola incoscienza).
Con tempi incomparabilmente più brevi dell’evoluzione naturale e
senza aver stabilito alcuna etica condivisa, il rischio di imboccare
strade sbagliate e compiere scelte gravemente lesive o addirittura
distruttive per l’umanità e per l’ecosistema globale è alto. Sono
questi evidentemente temi tropo grandi per presumere di affrontarli
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Sistemi socio-culturali
Livelli di organizzazione
Homo sapiens
Eco-sistemi
Organismi
Protobionti
Macromolecole
Molecole
Atomi
Macroscopici Particelle
(Legami
fisici forti)
Tempo, anni
Big Bang
Oggi
(15 miliardi di anni)
> Fig 6 - Salendo le scale dell’evoluzione cresce la complessità organizzativa ma aumenta
la razionalizzazione/semplificazione attraverso la delega. I legami energetici tra le parti
via via si indeboliscono, ma emergono legami di nuovo tipo: quelli sociali e quelli socioculturali. da: Erwin Laszlo, Evolution, The General Theory, pag 26 (con piccole modifiche)
qui. Ma vorrei accennare ad alcuni concetti chiave, attingendo da
eminenti protagonisti dello sviluppo del pensiero sistemico [Gherajedaghi, 1999], [Ackoff, 1999] e, in modo particolare, da un protagonista di primo piano del pensiero evoluzionista moderno - Ervin
Laszlo - il principale artefice della Grand Evolution Theory (GET)
[Laszlo, 1996/1]. Due altri autori che ritengo interessanti, anche se
non utilizzati qui, sono riportati in bibliografia [Heylighen, 1999],
[Stewart, 2000/1], [Stewart, 2000/2].
La natura ha una passione per le relazioni4
L’evoluzione, dalle aggregazioni di particelle elementari che
hanno seguito il Big Bang ai sistemi culturali di oggi, con cui qui
ci confrontiamo, è caratterizzata dall’evoluzione delle relazioni.
La figura 6, derivata (con minimi cambiamenti) dal libro di Erwin
Laszlo “Evolution, The General Theory” [Laszlo, 1996/1, pag.
26], mostra la progressiva comparsa di sistemi sempre più grandi
caratterizzati da legami sempre più deboli e livelli di organizzazione sempre più alti.
Gli spazi sub-atomici e atomici sono il regno delle più alte energie
e dei legami più forti. Seguendo la scala dei tempi dal Big-Bang ad
oggi (asse orizzontale), notiamo una costante crescita dei livelli di
organizzazione (asse verticale), accompagnata da una parallela decrescita della forza dei legami fisici.
La crescita dei livelli di organizzazione ha portato agli atomi, alle
molecole e quindi alle macromolecole, la porta d’ingresso alla vita.
Entrando nel regno della vita, troviamo una sequenza che conduce
agli ecosistemi, all’uomo e finalmente alle organizzazioni umane.
Secondo Laszlo: «queste ultime sono destinate a divenire (se l’uomo agisce secondo ragione) il prossimo significativo stadio dell’evoluzione sul nostro pianeta, dopo la comparsa dell’uomo».
Per la nostra discussione sulle organizzazioni sono particolarmente
importanti i due stadi che, nella figura, sono posti in cima alla scala
dell’evoluzione: la comparsa dell’Homo sapiens e la creazione, da
parte di quest’ultimo, dei sistemi socio-culturali. In questi stadi i legami fisici diventano debolissimi, mentre un nuovo tipo di legame
appare: quello socio-culturale.
Legami sociali sono già presenti negli animali, ma lo sviluppo della
mente umana - con le sue capacità di pensare al di là e al di sopra
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della realtà e di cambiarla, di migliorare la comunicazione attraverso il linguaggio, di accumulare e condividere le esperienze passate
e di costruire su di esse – ha aggiunto la “dimensione culturale” a
quella sociale. E così facendo ha cambiato radicalmente la natura
delle relazioni.
La dimensione culturale è un prodotto della comunità, che la crea
ed è arricchita da essa. E’ fatta di storia, tradizioni, valori, conoscenza, credenze, sentimenti condivisi. Si può dire che la cultura è
il DNA dei sistemi sociali umani; la loro identità, il cemento che
integra i suoi membri in un tutto.
Il legame culturale era particolarmente forte nel clan quando questo era il tipico sistema sociale. Si è poi espanso a sempre più larghi
gruppi omogenei - tipici i gruppi etnici - normalmente con una
progressiva riduzione della forza del legame man mano che la dimensione del gruppo cresceva.
Il più rilevante cambiamento del profilo degli umani nel tempo
preistorico fu il passaggio dal nomadismo (uomo raccoglitore e
cacciatore) alla stanzialità (uomo coltivatore e allevatore). Tale
cambiamento favorì la crescita in dimensioni e benessere dei sistemi sociali umani, la comparsa di sistemi socio-politici: città,
nazioni.
Il tempo storico inizia, per definizione, con la comparsa delle scritture, che portano alla luce la vita reale all’interno dei sistemi sociopolitici e le relazioni fra di essi. Non si può negare che il conflitto
per la conquista di nuovi territori e per supremazie regionali emerga come la caratteristica dominante delle relazioni fra tali sistemi.
Anche le alleanze sono solitamente strumentali ai conflitti. Il potere
militare e i conflitti per la conquista di nuovi territori e la sottomissione di nuovi popoli hanno dunque dominato la scena per millenni, al punto che la convinzione che la violenza e i conflitti siano
connaturati con la natura umana - e perciò ineliminabili - fu e rimane tuttora largamente diffusa. Ma tale tesi appare superficiale se
si considerano i tempi dell’evoluzione.
La presenza dell’uomo sulla terra è un battito d’ali se confrontata
con i tempi dell’evoluzione. Si può perciò legittimamente controbattere tale tesi con la seguente: il processo di umanizzazione, cioè
di evoluzione dell’homo sapiens dallo stato infantile alla piena maturità, è lungo e faticoso e siamo ancora in mezzo al guado. E’
quindi comprensibile che l’umanità sia ancora divisa fra coloro che
vedono le relazioni come uno scambio arricchente per tutte le parti
coinvolte e coloro che le vedono come l’arena in cui si deve combattere per perseguire solo il proprio interesse, incuranti del danno
per gli altri.
Usando il linguaggio della qualità, si può dire che nelle relazioni
umane si può parlare di qualità solo se si persegue la soddisfazione
di tutte le parti interessate (stakeholder) o , in altri termini, se si mira
a una relazione “win-win” (tutte le parti vincono), non il purtroppo
tradizionale obiettivo “win-lose” (c’è chi vince e specularmente chi
perde), che nei conflitti d’oggi si traduce spesso in “lose-lose” (tutti
perdono). Poiché un sistema si regge solo se prevalgono le relazioni sinergiche positive - altrimenti prima o poi sparisce - è chiaro
che l’alternativa “cooperazione” è quella che esseri intelligenti dovrebbero perseguire. Essendo il processo di umanizzazione un processo di evoluzione culturale più che fisica, sta all’uomo assecondarlo o contrastarlo.
novembre/dicembre 2016
In primo piano
Macroscopici
(Legami
fisici deboli)
7
In primo piano
8
y In primo piano y
Siamo forse giunti a una biforcazione5 decisiva.
Il cambio di passo nella natura, violenza, estensione dei conflitti,
dovuto all’uso distorto dei progressi della scienza, ha cominciato a
manifestarsi in modo eclatante alla fine del secondo conflitto mondiale del secolo scorso. Di fronte all’evidenza dei rischi dell’uso di
armi di distruzione di massa, in particolare dell’energia nucleare,
per scopi bellici, vincitori e vinti, estenuati, convennero che, nella
biforcazione, occorreva imboccare la strada di un governo mondiale dei conflitti. A tale livello nacque l’Organizzazione delle Nazioni Unite. E per affratellare nazioni che da secoli si erano combattute nacque in Europa l’Unione Europea. Purtroppo l’una e l’altra
hanno subito un progressivo indebolimento a causa dei nazionalismi riemergenti.
L’idea recente di globalizzazione è ottima; ancor più, è storicamente necessaria. Purtroppo è stata ridotta e addomesticata da chi si
sente forte e ama le relazioni win-lose. La riduzione sta nel considerarne solo l’applicazione ai mercati, all’economia e alla finanza;
l’addomesticamento sta nel volerne fare ancora una volta strumento di conquista. Il significato pieno di globalizzazione è: passaggio
strutturato e governato dell’ecosistema Terra da un “non-sistema” a
un vero sistema. Fino a ieri infatti il nostro Globo era fatto da sistemi chiusi, non - o scarsamente - comunicanti, o addirittura in conflitto, fra loro.
Globalizzazione significa dar vita a un vero sistema, in cui, secondo la definizione di sistema, le parti cooperano per il bene comune
(non è un sistema di tal fatta l’organismo umano?). All’interno di tale sistema ogni parte persegue il proprio fine; e se lo fa bene rende
il sistema sano e anche competitivo rispetto agli altri similari.
Finora la globalizzazione non è stata così, perché “la vecchia guardia” che «muore ma non si arrende»6, fatta dai paladini dell’egocentrismo e del darwinismo sociale vi si oppone con tutte le sue
forze. Ecco perché la globalizzazione appare come la nuova grande discontinuità che il sistema Gaia si trova di fronte.
Se è vera l’affermazione di Laszlo citata sopra, che le organizzazioni umane sono lo stadio di evoluzione che segue la comparsa
dell’uomo; se è vero che proprio ora stiamo affrontando una fase
critica di tale evoluzione – la trasformazione di sistemi nazionali
praticamente chiusi in sistemi aperti; che, a differenza degli stadi di
evoluzione precedenti quella presente è governata dall’uomo; che
quest’ultimo è tutt’altro che preparato a tale governo; allora la situazione è grave, i rischi sono grandi, la responsabilità collettiva è
grande. L’uomo è responsabile della scelta fra il successo di un’integrazione difficile ma possibile e un catastrofico fallimento. La parola magica per tale successo è: cooperazione. L’evoluzione naturale ce lo insegna.
Cooperazione: il fattore critico di successo
nella evoluzione naturale e nell’evoluzione
guidata dall’uomo
I più eminenti studiosi dell’evoluzione sono concordi nell’affermare che: «c’è un modello invariante (una “logica”) nei processi evolutivi; e la cooperazione fra le parti coinvolte è il fattore critico di
successo» [Laszlo 1996/1 e 1996/2]. Modello invariante non significa che l’evoluzione abbia un carattere deterministico. Il percorso
evolutivo non è univocamente determinato. I sistemi che avviano
novembre/dicembre 2016
un tale percorso si trovano normalmente di fronte pluralità di scelte. Dice Laszlo: «L’evoluzione è sempre una possibilità. Mai un destino» [Laszlo, 1996/2, pagina 23]. Ma se c’è un modello invariante in ogni processo evolutivo naturale e questo è basato sulla cooperazione, allora è doveroso domandarsi: «perché non seguirlo
nei processi evolutivi pilotati dall’uomo, in particolare quelli relativi ai sistemi socio-culturali?». Con un vantaggio: che essendo l’uomo dotato di intelligenza creativa, può scegliere fra le alternative
(usando possibilmente i mezzi suggeriti dal pensiero sistemico) aumentando così le probabilità di successo e riducendo drasticamente i tempi.
Ma in una cultura che tende a ragionare solo in termini di competizione, la parola cooperazione non è molto popolare. Ciò che non
è compreso è che competizione e cooperazione non sono mutuamente esclusive. Sono ambedue necessarie e ciascuna ha il proprio
ruolo. La cooperazione deve servire a creare l’ambiente sistemico
all’interno del quale sane competizioni possono svilupparsi.
Cosa vuol dire “sana”? Vuol dire non selvaggia, ma adattata alla natura dell’essere umano, che è libero, intelligente e sociale. Ed è
proprio la dimensione sociale che richiede una definizione concordata dei diritti e dei doveri degli individui e delle loro aggregazioni,
avendo come fine il bene comune (vedere più avanti la “piramide
dei valori”). La competizione, in tale contesto, rappresenta il lievito, lo stimolo che porta gli individui (e quindi la collettività) a dare
il meglio di sé, migliorando continuamente l’intero sistema umano7.
L’evoluzione pilotata dall’uomo in questa fase di globalizzazione
dovrebbe avere come primo obiettivo una più equa distribuzione
delle risorse disponibili (“impronte ecologiche” non troppo diverse). Poiché tale obiettivo ha una scarsissima probabilità di essere
perseguito, perché vale il principio «chi ha avuto ha avuto», si dovrebbe per lo meno arginare la crescita degli squilibri. Accanto a
una maggiore equità fra i sistemi umani presenti, dovrebbe sempre
esserci l’obiettivo di non ipotecare il futuro delle generazioni che
seguiranno la nostra, cioè l’obiettivo della sostenibilità dello sviluppo. Ma in una gerarchia di sistemi aperti la sostenibilità parte sempre dall’alto, dal sovra-sistema che li contiene. Ad esempio: non ci
può essere sviluppo sostenibile a livello di nazione, se non c’è sostenibilità a livello mondiale. Questa però può essere raggiunta solo attraverso la cooperazione fra i sistemi componenti. E’ ciò che
sta avvenendo, a fatica, per il riscaldamento del Pianeta. Potrà mai
avvenire per l’economia e, soprattutto, per la finanza?
Il discorso della cooperazione vale per tutte le organizzazioni, a
tutti i livelli.
Solo la cooperazione nella generazione del valore può rendere le
organizzazioni efficaci ed efficienti ... Ancora una volta osserviamo
la natura, in particolare l’essere più sviluppato su nostro pianeta:
l’uomo.
Il corpo umano è un magnifico esempio di cooperazione fra tutte
le parti che lo compongono (vedere il famoso apologo di Menenio
Agrippa) [Wikipedia, 2015].
Carenze di cooperazione generano quelle che chiamiamo malattie.
Il corpo è organizzato per curarle e prevenirle. E la mente per inventare sempre nuove cure. Il corpo umano è un esempio da imitare anche riguardo alla “delega”. Pensiamo alla complessità che dowww.qualitaonline.it
y Ostacoli culturali ed etici sulla via dello sviluppo sostenibile y
9
In primo piano
> Fig 7 - Il “Value Generation Cluster”, il processo sinergico di generazione del valore nelle relazioni
> Fig 8 - Nella visione sistemica, l’organizzazione è una rete complessa di relazioni; e il centro delle realzioni con l’ambiente in cui è allocata. Nella figura l’organizzazione (ellisse interno) è schematicamente rappresentata come rete di reti.
vrebbe aver il cervello se dovesse controllare direttamente sottosistemi come quello della circolazione del sangue, o della termoregolazione, o quello immunitario. In natura, infatti, più alto livello di
organizzazione non significa maggiore complessità, ma semplificazione e delega8.
L’architettura organizzativa concepita e descritta
in termini di generazione di valore - e i “mattoni”
per realizzarla
L’architettura organizzativa è fondamentale per rendere l’organizzazione un sistema orientato ai fini, cioè alla generazione del valore atteso dai destinatari delle sue attività. Poiché la massimizzazione del valore si ottiene attraverso la sinergia dei gruppi, il mattone –
o cella base - dell’organizzazione sarà il gruppo.
Nel documento che introduceva questi concetti [Conti, 2005], tale
cella base è chiamata “Value Generation Cluster”; essa è rappresentata nella figura 7 nella sua forma più semplice: un triangolo
con ai vertici tre persone.
Chiaramente i gruppi saranno normalmente composti da più di tre
persone e in tali casi la figura sarà un poligono (figura 9).
La cella base è un “mattone a dimensione variabile”, dove la dimensione è limitata solo dall’esigenza primaria di avere una squadra coesa. L’edificio dell’organizzazione si presenterà come un cluster di cluster (una rete di reti), con una struttura “a scatole cinesi”
(tipica dei sistemi, a cominciare da quelli naturali). Ma lo scopo
principale della figura è evidenziare le caratteristiche che il cluster
deve avere per realizzare il suo fine: la massima efficacia nel generare il valore atteso.
Le linee continue nella figura indicano le relazioni e le frecce le direzioni dei flussi di valore in tali relazioni. La nota in alto a destra
avverte che la vitalità delle relazioni e l’intensità dei flussi di valore
dipende da quanto l’ambiente è permeato dai valori considerati indispensabili (vedere i tre rettangoli all’interno dell’elisse: la cooperazione, la trasparenza, la fiducia). La massimizzazione dei flussi
di valore dalle persone verso il blocco centrale è il fine primario,
per il quale l’organizzazione a cluster è creata.
Tale blocco rappresenta infatti il risultato dell’attività del cluster, il
contributo che esso dà al fine specifico dell’organizzazione. Tale
contributo è misurato da un fattore moltiplicativo K (fattore di siwww.qualitaonline.it
(Elaborazione da: J. Gharajedaghi, “sistems Thinking, pp. 30-32)
nergia) che rappresenta il rapporto fra il valore che il cluster è in
grado di generare e il valore che le stesse persone potrebbero generare in una normale situazione di parcellizzazione e suddivisione
del lavoro. Misura difficile, ma possibile se il cambiamento organizzativo viene adeguatamente monitorato.
Il flusso contrario, dal blocco centrale verso le persone e i flussi di
valore fra le persone sono i fattori critici per raggiungere l’effetto sinergico di cui sopra.
Non servono qui le tattiche, gli interventi formativi spot; serve poco
anche il denaro, motivatore di breve periodo.
L’esperienza dice che solo un ambiente sociale favorevole e leader
convinti, determinati e dotati di carisma possono riuscire nell’impresa di creare un “ambiente imbevuto di valori condivisi”. La parola chiave è sempre “cooperazione”. Ben poco si potrà fare in ambienti sociali in cui prevale ancora la cultura del conflitto.
E’ consuetudine rappresentare le organizzazioni tramite organigrammi. Ma questi sono atti a descrivere solo la distribuzione del
potere e le catene di comando. Dicono nulla delle dinamiche vitali
dell’organizzazione, di come essa è strutturata per raggiungere i
propri fini. Solo rappresentazioni che evidenzino le reti delle relazioni finalizzate alla generazione del valore possono evidenziare
tali dinamiche – e permettere di gestirle correttamente.
La figura 8 fornisce una visione sintetica dell’organizzazione (ellisse interno) vista come rete di reti, immersa nell’ambiente esterno.
Quest’ultimo è suddiviso in ambiente transazionale, quello su cui
l’organizzazione può influire; e ambiente indipendente, quello che
l’organizzazione deve comunque conoscere e tenere nella dovuta
considerazione. E’ rappresentata anche una rete composta da cluster interni e partner esterni.
La figura 9 prende dal mondo delle imprese un esempio di rete di
generazione di valore (declinabile in cluster di cluster): il macroprocesso di pianificazione-sviluppo-produzione-commercializzazione di un prodotto. Tutte le relazioni, per tutti i principali stadi del
processo, sono evidenziate.
La successiva figura 10 è focalizzata sulla fase 2 del macro-processo di figura 9 e a tal fine evidenzia, con lo spessore delle righe,
l’importanza e quindi l’intensità delle relazioni.
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10
In primo piano
y In primo piano y
> Fig 9 - La rete di “Value Generation Cluster”,
per lo sviluppo di nuovi prodotti
La piramide dei valori: da quelli individuali
a quelli sociali.
Abbiamo osservato sopra che, con il progresso del processo di
umanizzazione, le relazioni fra le persone sono sempre più influenzate da fattori culturali. Anche l’attrazione sessuale, il più forte fra i
fattori fisici attrattivi, può arricchirsi di fattori immateriali – emotivi,
intellettuali, artistici – così da raggiungere picchi inimmaginabili in
loro assenza (l’amore – e il suo opposto, l’odio – hanno ispirato
poemi e tragedie in tutte le culture).
Alla base dei comportamenti umani nelle relazioni ci sono da un
lato le aspettative e le percezioni di valore o non valore ricevuto rispetto ad esse; dall’altro l’attitudine morale, che spazia dall’egocentrismo all’altruismo.
Poiché il nostro focus è sull’adeguatezza dei sistemi sociali ai propri fini - e abbiamo visto come su tale adeguatezza pesino i comportamenti umani, in particolare la cooperazione verso la competizione - è opportuno concludere la nostra discussione con una breve riflessione su come le regole di convivenza sociale - per ogni tipo e livello di organizzazione - dovrebbero porsi in relazione ai valori individuali e ai valori sociali degli altri tipi e livelli di organizzazione. In fondo è una riflessione sui diritti e sui doveri, ancor oggi
materia di divergenze e anche di conflittiFaremo tale riflessione con l’aiuto di una “piramide dei valori”, rappresentata nella figura 11. [Conti, 2010]9.
Al vertice della piramide sono posizionati i valori personali, valori
intimi e profondi, che sono confinati negli spazi materiali e spirituali privati. Fino a che questi non collidono con i diritti altrui essi
dovrebbero essere del tutto rispettati. Scendendo lungo la piramide
troviamo diversi tipi di sistemi sociali (via via più complessi) ai
quali l’individuo può appartenere. Per ciascuno di essi si deve trovare il giusto compromesso fra valori individuali e valori sociali. Si
devono cioè individuare delle “regole etiche”, di convivenza civile.
La prima fascia che incontriamo è quella delle aggregazioni sociali
create per rispondere a esigenze individuali di valore, che per scelta libera diventano collettive.
Aggregazioni volontarie, basate su valori comuni, tipiche quelle religiose, culturali, sportive. La successiva fascia è quella delle imprese, delle pubbliche amministrazioni o altre organizzazioni che hanno come fine la creazione di valore per clienti o per cittadini. In tali
novembre/dicembre 2016
> Fig 10 - La figura mostra le relazioni attive e la loro intensità (rappresentata qualitativamente
dallo spessore delle righe) nella fase 2, nella quale il cluster Pianificazione e leader
aggregazioni comincia a emergere il rischio che il valore di cui si
tiene conto sia solo quello materiale, relativo ai prodotti e servizi.
Ciò che spesso manca è la cura del valore immateriale, della qualità del rapporto. Ma ancor più spesso manca la “qualità radice”,
cioè quella dell’organizzazione: la misura in cui l’organizzazione è
intrinsecamente capace di generare i valori attesi dai suoi stakeholder. Come sostenuto sopra, solo un sistema di valori condivisi, cominciando dalla cooperazione, è condizione per il successo nel
perseguire tale capacità.
Affinché il sistema di valori dell’impresa o della Pubblica Amministrazione sia corretto, è necessario che esso non sia in contrasto
con i valori e i diritti personali, né con i valori sociali di altri livelli
della piramide, in particolare quelli inferiori (organizzazioni sociopolitiche nelle quali il livello considerato è inserito). Inoltre esso deve essere chiaramente comunicato ai nuovi assunti - e praticato, in
primo luogo dal management10.
Scendendo ancora nella piramide, incontriamo i livelli delle organizzazioni sociopolitiche: governi locali, regionali, statali, federali.
A tali livelli i principi etici condivisi (diritti e doveri) prendono la
forma di costituzioni e leggi e diventano i codici etici dei cittadini.
L’ultimo passo ci porta al livello dell’intera umanità.
Il codice etico comprende i valori umani e sociali condivisi a livello mondiale e i conseguenti diritti e doveri. La situazione attuale
vede chiaramente un work in progress. Siamo ancora lontani da un
codice etico condiviso a livello mondiale soddisfacente e da un’organizzazione mondiale in grado di farlo rispettare da tutti i suoi
membri. I conflitti prevalgono ancora sulla cooperazione. Ma la via
da seguire è chiara a tutti gli uomini di buona volontà.
Conclusioni
Può sembrare strano, in un tempo in cui le crisi e i conflitti si moltiplicano e si estendono, sostenere che i problemi prioritari da affrontare siano oggi di tipo culturale ed etico. Eppure è così. Rientrano infatti nel quadro clinico delle crisi la carenza di strumenti culturali atti a comprenderle e affrontarle - e la capacità di sostituire
paradigmi mentali obsoleti con nuovi paradigmi.
Si allarga oggi il solco fra la tecnologia – sempre più asservita alle
esigenze di chi tiene le redini del potere finanziario e dei mercati –
e la scienza, che perde sempre più autonomia, proprio nel momenwww.qualitaonline.it
y Ostacoli culturali ed etici sulla via dello sviluppo sostenibile y
2
Valori condivisi dalle
Livello delle aggregazioni volontarie
persone che
basate sulla comunanza dei valori.
volontariamente
Esempi: le aggregazioni religiose e culturali
aderiscono all’organizzazione
Valori che le imprese o altre
Livello delle imprese o altre organizzasimili organizzazioni chiedono
zioni che hanno per fine la creazione di
alle persone che volontariamente
valore per clienti o cittadini.
scelgono di farne parte di condividere
Valori sociali basilari che i membri
Livello delle organizzazioni
di un sistema sociopolitico democratico
sociopolitiche: locali e regionali,
sono richiesti di condividere (normalmente
governi, stati, federazioni di stati.
formalizzati in costituzioni e leggi).
Valori umani e sociali fondamentali, che
Umanità
dovrebbero essere condivisi a livello mondiale
(v. proclamazioni dei diritti delle Nazioni Unite).
Sistema aperto in cui la freccia del tempo non punta verso il basso (aumento dell’entropia, maggior disordine) ma verso l’alto (diminuzione dell’entropia, maggior
ordine). I sistemi vivi sono gli esempi tipici di sistemi neghentropici; e l’evoluzione
naturale è il tipico esempio di processo in cui la freccia del tempo punta verso l’alto.
3
L’evoluzione guidata dall’uomo ha portato grandi benefici – ad esempio nei campi
della medicina e dell’agricoltura - ma ha anche causato grandi danni all’ecosistema,
come la sparizione di grandi quantità di specie vegetali e animali, o la cancellazione
irreversibile di risorse naturali non rinnovabili
4
Affermazione molto significativa di E. Laszlo.
5
L’evoluzione naturale mostra spesso lunghi (se misurati con il metro umano) periodi
di stabilità, seguiti da cambiamenti subitanei. Nei periodi di (apparente) stabilità
cambiamenti avvengono ma sono normalmente lenti, per cui la scienza umana era
arrivata a concludere che «natura non facit saltus» (la natura non fa salti). Ma in tali
> Fig 11 - La piramide dei valori: dal livello dei valori personali, intimi (vertice), al livello dei
lunghi periodi può avvenire l’incubazione del cambiamento, non predeterminato
valori umani e sociali fondamentali (base)
ma che può scatenarsi a fronte di “biforcazioni” anche drammatiche. Perciò «natura
to in cui si trova di fronte a cambiamenti radicali di metodo e di
strumenti; nel momento in cui il progresso tecnologico dovrebbe
cedere il passo al progresso umano, affinché quest’ultimo si ritrovi
in grado di gestire il primo.
Rientra nello stesso quadro clinico la sottovalutazione, per non dire il rifiuto, di un’etica sociale condivisa che sia posta a presidio
dell’integrità del pianeta e a salvaguardia dell’umanità. Nelle pagine precedenti si è voluto sottolineare, in chiave laica11, l’urgenza
di affrontare i temi critici dell’economia, dello sviluppo sostenibile, della globalizzazione, della qualità della vita, sulle solide basi
della dinamica dei sistemi socio-culturali; e di porre le basi etiche
per affrontare l’avventura di un’evoluzione pilotata dall’uomo. Un
uomo che si senta custode del pianeta di cui è di fatto divenuto
padrone.
facit saltus». Se si tratta di cambiamenti nel sistema umano che l’uomo può dominare, quest’ultimo dovrebbe usare l’intelligenza per evitare di imboccare vie sbagliate.
6
Tale orgogliosa risposta è attribuita a un generale della Vecchia Guardia di Napoleone.
7
Il vantaggio dei sistemi sociali basati sul binomio cooperazione-competizione
emerge anche dal confronto fra sistemi socio-politici. Là dove la cultura del “bene
comune” prevale sugli interessi di parte c’è anche maggior libertà e benessere individuale.
8
«Sistemi a un più alto livello organizzativo possono controllare sistemi più complessi a un livello inferiore grazie alla possibilità per il livello più alto di poter selezionare quali dinamiche di dettaglio possono essere trascurate …»… «L’emergenza di un
sistema a livello superiore non è una complessificazione ma una semplificazione
delle funzioni del sistema» .[Laszlo, 1996/1, pagine 27 e 28].
9
Chiaramente l’ispirazione viene dalla Piramide di Maslow, ma il fine – e quindi le
10
Adriano Olivetti (1900-1959), l’imprenditore italiano noto per la leadership persona-
conclusioni – sono diversi.
n RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI.
1
2
3
Ackoff, R.L. (1999), Re-creating the Corporation, Oxford University Press, New
le e la visione imprenditoriale che ha anticipato di gran lunga I tempi, sapeva tra-
York, NY.
smettere i valori fondanti della sua azienda non tanto attraverso messaggi altisonanti
Conti, T. (2005), Quality and value: convergence of quality management and systems
e pubblicazioni su carta patinata, ma cogliendo tutte le occasioni che la vita azien-
thinking, ASQ World Quality Congress, Seattle, 16-18 May 2005.
dale offriva, cominciando dal momento dell’assunzione. Egli personalmente richia-
Conti, T. (2010) The dynamics of value generation and their dependence on an orga-
mava tali valori negli incontri personali e collettivi, quando ne ravvisava l’opportuni-
nization’s internal and external value system. Total Quality Management Vol. 21,
tà. Ma, ancor più importante egli praticava i valori che predicava, e i collaboratori lo
No. 9, Pages, 885–901.
sapevano, così come sapevano che la stessa cosa era richiesta a loro. Risultato di
4
Gharajedaghi, J. (1999), Systems Thinking, Butterworth Heinemann, Boston, MA.
ciò, oltre che della costante attenzione dell’azienda al benessere degli impiegati e
5
Heylighen, Francis Paul (1999) The Global Superorganism: an evolutionary-cyberne-
delle loro famiglie, era l’atteggiamento collaborativo e la lealtà nei confronti dell’a-
tic model of the emerging network society. Social Evolution & History. 6 No. 1.
zienda. E la performance dell’azienda, sotto la leadership di Adriano Olivetti, fu ec-
6
Heylighen F., Bollen J, Riegler A. (1999): The Evolution of Complexity, Kluwer
Academic, Dordrecht.
cezionale.
11
La chiave laica è quella che consente, sulla base della ragione e del dialogo senza
7
Laszlo E. (1996/1), Evolution, the General Theory, Hampton Press, Cresskill, NJ.
pregiudizi, di giungere a conclusioni condivise quando è in gioco il bene comune.
8
Laszlo E, (1996/2), The Sistems View of the World, Hampton Press, Cresskill, NJ, pa-
Contributi importanti al dialogo sulla tematica della globalizzazione e dello sviluppo
ge 26.
sostenibile possono certamente venire dalle religioni che condividono un’etica basa-
Stewart J. (2000/1) Evolution's Arrow: the direction of evolution and the future of
ta sul rispetto del - e addirittura l’amore per il – prossimo, e che hanno per obiettivo
humanity, Kindle Books.
lo sviluppo pacifico dell’umanità. Esemplare a questo proposito è l’Enciclica “Lauda-
10
Stewart J. (2000/2) The Evolutionary Manifesto, Kindle Books.
to si’” emanata da Papa Francesco
11
Wikipedia, 2015. https://it.wikipedia.org/wiki/Agrippa_Menenio_Lanato
9
TITO CONTI
n NOTE
1
Le figure n. 2, n. 4 e n. 5 sono derivate da analoghe figure del testo di J. Gharajeda-
è uno dei massimi esperti mondiali della gestione per la Qualità
è stato, tra l’altro, presidente nazionale di AICQ
ghi segnalato nei riferimenti bibliografici al numero 4.
www.qualitaonline.it
novembre/dicembre 2016
In primo piano
Valori
personali
Livello degli individui, con i loro valori
personali, che dovrebbero essere sempre
rispettati, a qualunque organizzazione
essi appartengano
11
Tema
12
y Qualità & Futuro y
>> Francesco COSTANTINO, Giulio DI GRAVIO, Massimo TRONCI
Industria 4.0 per la produttività e la competitività sostenibile
Il contesto di riferimento
La struttura della società attuale sarà fortemente condizionata da 10 trend che ne
cambieranno in maniera significativa la fisionomia e contribuiranno a costruire una
nuova rivoluzione industriale:
1. la capacità delle imprese di gestire la
consumer experience intesa come
l’interazione tra l’azienda e il cliente
lungo tutto lo sviluppo della loro relazione;
2. la possibilità di realizzare la mass customization attraverso una riduzione
dei costi unitari propri della produzione di massa unita alla capacità di realizzare produzioni flessibili volte a ottenere prodotti fortemente personalizzati;
3. la capacità di conseguire la glocalization come conseguenza di un pensare
in termini globali e di una capacità di
agire sul piano locale;
4. la possibilità di realizzare l’internet of
things collegando a internet miliardi
di dispositivi (dai più complessi come
un aereo ai più semplici come un ago
per cucire);
5. attuando il remote control sia dei sistemi più semplici quali gli elettrodomestici di una casa, sia di un’intera
fabbrica;
6. sviluppando un 3D Printing capace di
modificare il modello di business delle imprese;
7. producendo smart objects capaci di
dialogare con i sistemi di controllo,di
ricevere e fornire informazioni sul loro
livello di prestazione ovunque e in
qualsiasi momento;
8. realizzando il reshoring manufacturing attraverso il bilanciamento di un
novembre/dicembre 2016
ampio spettro di fattori (costi di produzione e di trasporto, tassi di cambio, protezione della proprietà intellettuale e vicinanza al cliente);
9. attuando un approccio proattivo in
termini di regulation compliance anticipando i tempi di allineamento alle
modifiche normative nei diversi campi
della sicurezza e della sostenibilità
ambientale;
10. perseguendo la sustainability a 360°
nell’impiego delle risorse, nello sviluppo dei prodotti e dei processi produttivi, nella sostenibilità del business.
Gli elementi determinanti per la realizzazione di questi trend possono essere individuati nei Cyber-Physical Systems (CPS)
che rappresentano il risultato della sempre maggior convergenza tra il “mondo fisico” e il “mondo virtuale” (cyber spazio)
grazie all’introduzione del protocollo internet IPv6 capace di rendere disponibile
un numero di indirizzi IP sufficiente a
mettere in diretto collegamento tramite
internet gli smart objects ovvero dispositivi che misurano, analizzano, controllano
e comunicano.
Questo significa che, per la prima volta,
sarà possibile far dialogare e creare in internet un network di risorse, informazioni,
oggetti e servizi (Internet of Things and
Services – IoTS).
L’Internet of Things and Services e la conseguente trasformazione in atto determinerà lo sviluppo di smart grids in molteplici settori (figura 1):
•produzione e distribuzione di energia
(Smart Energy);
•mobilità sostenibile e logistica (Smart Mobility e Smart Logistics);
•costruzioni (Smart Buildings);
•sanità (Smart Health):
•produzione industriale (Smart Products
realizzati con uno Smart Manufacturing
in Smart Factories).
La Quarta Rivoluzione
Industriale
Nell’ambiente industriale si può ormai
parlare di una Quarta Rivoluzione Industriale (Industry 4.0 o Industrie 4.0) la cui
piena attuazione richiede lo sviluppo di
processi di integrazione:
•orizzontale attraverso la generazione di
network della catena del valore;
•verticale della supply chain di sistemi produttivi smart;
•delle tecnologie abilitanti;
•della progettazione interdisciplinare lungo l'intera catena del valore.
L’iniziativa “Industrie 4.0” è un’iniziativa
strategica del governo tedesco che è stata
adottata a novembre 2011 come parte del
più ampio High-Tech Strategy 2020 Action Plan nell’ambito del quale, con lo
scopo di definire le linea guida e le iniziative collegate, a gennaio 2012 è stato istituito l’Industrie 4.0 Working Group che,
sotto la presidenza di Siegfried Dais (della
Robert Bosch GmbH) e del Prof. Henning
Kagermann (della Acatech – Accademia
Tedesca di Scienze e Ingegneria), ha presentato le sue raccomandazioni sull’argomento con una relazione al governo tedesco e la predisposizione di un documento
tecnico di riferimento [Acatech, 2013].
L’obiettivo da raggiungere è quello della
Fabbrica Intelligente (Smart Factory) che,
grazie a CPS e IOTS, è caratterizzata da
flessibilità, efficienza nell’uso delle risorse
produttive, ergonomia e sicurezza, processi di integrazione dei clienti e dei busiwww.qualitaonline.it
y Industria 4.0 per la produttività e la competitività sostenibile y
13
Tema
> Fig 1 - Internet of things and Services
Fonte: Acatech et all., 2013
ness partner nella catena del valore e del
business.
Industria 4.0 potrà contare sui seguenti
driver tecnologi [Rubman et al., 2015;
MISE, 2016]:
•Industrial Internet of Things che già oggi
vede la presenza di un numero di dispositivi di processo (dispositivi embedded,
macchinari, sistemi di controllo, sensori,
altri dispositivi di campo) dotati di IPe capaci di identificazione, localizzazione, autodiagnosi, sensing e comunicazione in
internet che in futuro potranno essere collegati con dispositivi di prodotto in un sistema integrato di controllo grazie anche
alla comunicazione mobile.
•Cloud Manufacturing che rappresenta l’applicazione in ambito manifatturiero del
Cloud Computing che sta via via sostituendo i personal computer ma che sempre di più dovrà consentire lo scambio di
dati e informazioni tra diversi siti della
stessa impresa e tra imprese di differente
ragione sociale all’interno della supply
chain abilitando, tramite internet, l’accesso
diffuso a risorse IT per la gestione della
supply chain e dei relativi processi produttivi anche grazie alla virtualizzazione
delle risorse produttive su piattaforme dedicate.
•Broadband infrastruttura di rete per la condivisione, in tempo reale, di dati, informazioni, software e applicazioni tramite
internet.
•Big Data and Analytics in quanto i dati sono prodotti ed utilizzati ovunque con un
tasso di crescita esponenziale (il 90% dei
dati è stato generato negli ultimi due anni) e richiedono una sempre maggiore attenzione con riferimento alle 6 V del dato (Volume, Varietà, Velocità, Valore, Vewww.qualitaonline.it
> Fig 1 - La quarta rivoluzione industriale
ridicità, Volatilità). L’Industrial Analytics
consiste nello sviluppo di metodologie capaci di trattare ed elaborare velocemente
grandi quantità e varietà di dati (Big Data)
generati dalla supply chain.
•Cybersecurity in quanto la realizzazione
di smart grid nella produzione industriale renderà necessario proteggere le informazioni, i processi e i sistemi industriali critici da accessi non desiderati per tutelare
privacy e segreti industriali.
•Additive Manufacturing/3D Printing grazie all’impiego di strumenti innovativi per
il disegno, la modellazione solida (CAD
3D) e la produzione industriale con stampanti 3D che permettono la realizzazione economica di prototipi e la produzione, anche decentralizzata, di geometrie di
prodotto complesse, in piccoli lotti di prodotti personalizzati (anche uno) incidendo in maniera significativa sui tempi di
produzione, sui costi di trasporto e di stoccaggio.
•Artificial Intelligence/Machine Learning
che grazie allo sviluppo di algoritmi adattativi e capaci di autoapprendimento consentono lo sviluppo di una automazione
avanzata e la realizzazione di robot autonomi capaci di analizzare e correlare dati e informazioni, riconoscere forme, suoni e immagini con modalità sempre più
vicine a quelle umane.
•Advanced Automation and Autonomous
Robot disponibilità di macchine automatiche sempre più “intelligenti” e di robot
con rilevanti capacità cognitive in au-
toapprendimento che stanno diventando
sempre più flessibili, autonomi e cooperativi sia con altri robot, che con il personale con il quale lavorano fianco a fianco
in sicurezza e dal quale imparano.
•Advanced Human Machine Interface,
Wearable Devices, Augmented Reality
dispositivi e funzionalità digitali capaci di
integrare dati e informazioni alla visione
fisica in modo da supportare una notevole varietà di servizi quali ad esempio quelli logistici per guidare il prelievo della merce in magazzino, con indicazioni su quale prodotto prendere, in che quantità e dove si trova, nonché riconoscimento tramite telecamera integrata (e quindi tracking
del prodotto), quelli manutentivi con la
visione sovraimposta ai macchinari delle
fasi da svolgere per la manutenzione, con
il dettaglio di dove intervenire.
•Simulation da applicare nell’integrazione
verticale dell’ingegneria del prodotto, del
processo e dell’impianto e nella programmazione della produzione grazie alla disponibilità in tempo reale di dati relativi ai prodotti, alle macchine alle risorse umane.Ad esempio Enterprise Resource Planning (ERP) in grado di programmare i Manufacturing Execution System
(MES) in base ai segnali dinamici provenienti da POS e smart-product, con flessibilità di impianto automatizzata.
Il potenziale e le aree chiave
di Industria 4.0
Il potenziale della Quarta Rivoluzione Innovembre/dicembre 2016
14
Tema
y Qualità & Futuro y
> Fig 3 - La Smart Factory
dustriale può essere così sintetizzato;
•le fabbriche intelligenti (figura 3) saranno
capaci di realizzare lotti di produzione
molto piccoli e, in alcuni casi, addirittura
unitari;
•le dinamiche del business model e i processi di ingegneria consentiranno modifiche anche last minute dei piani di produzione e dei relativi processi per reagire a
qualsiasi problema produttivo dalle modifiche degli ordini dei clienti, alla disruption della supply chain dei fornitori e/o
a problemi manutentivi;
•lo scambio di informazioni e la trasparenza end-to-end sui processi produttivi
dell’intera supply chain diventerà praticabile favorendo il forecasting e la pianificazione evoluta della produzione, il monitoraggio in tempo reale della supply
chain e le scelte decisionali dei diversi
agenti della filiera;
•l’impiego efficiente di tutte le risorse produttive verrà abilitato lungo l’intera supply
chain e la catena del valore ne beneficerà garantendo ritorni adeguati sia al cliente finali, sia ai diversi agenti della filiera;
•l’organizzazione del lavoro potrà tener
conto dell’evoluzione demografica, dei
cambiamenti sociali e dello sviluppo della conoscenza.
L’implementazione della strategia Industria 4.0 si focalizzerà necessariamente su
alcune aree prioritarie di integrazione (figura 4):
•orizzontale attraverso la realizzazione di
reti del valore;
•verticale dell’ingegneria lungo l’intera catena del valore attraverso la completa digitalizzazione dei processi di ingegneria;
•verticale dei sistemi produttivi in filiera
che saranno chiamati ad operare in rete;
•dei nuovi modelli sociali e organizzativi
dell’ambiente di lavoro.
novembre/dicembre 2016
Fonte: MISE, 2016
> Fig 4 - La quarta rivoluzione industriale
I modelli di business delle aziende e le relative strategie, i nuovi network del valore
potranno ricevere nuovo supporto dallo
sviluppo dei CPS che renderanno possibili
nuovi modelli e forme di cooperazione
tra i diversi attori per lo sviluppo della
produzione sostenibile, la protezione della conoscenza, la standardizzazione, la
formazione del capitale umano.
I CPS potranno contribuire alla realizzazione dell’integrazione digitale end-toend di tutti i processi di ingegneria di
prodotto, di processo e di impianto attraverso la catena del valore che attraversa
tutte le aziende della suppy chain per
soddisfare le esigenze del cliente. In tale
ambito:
•un approccio olistico ai sistemi di ingegneria è la base per raccordare le diverse
discipline scientifiche e le relative metodologie e tecniche di progettazione;
•la simulazione gioca un ruolo chiave nella gestione della complessità crescente dei
sistemi tecnologici e produttivi;
•i sistemi informativi devono supportare
l’integrazione verticale dell’ingegneria lungo l’intera catena del valore dalla progettazione del prodotto, alla progettazione
dei processi produttivi e degli impianti, alla gestione della produzione, all’erogazione dei servizi post vendita.
Nell’integrazione verticale dei sistemi
produttivi i CPS consentiranno di realizzare ambienti produttivi flessibili e riconfigurabili per realizzare piani e processi
produttivi grazie alla disponibilità di modelli, algoritmi, dati e informazioni capaci
di delineare configurazioni specifiche per
le situazioni che di volta in volta si presenteranno e che saranno gestite dagli
ERP aziendali.
I CPS per assicurare il pieno sviluppo del
loro potenziale richiedono la realizzazione di nuove strutture dell’organizzazione
del lavoro per realizzare lo sviluppo dell’interdisciplinarietà delle competenze individuali, la collaborazione e il lavoro di
team, il lifelong learning, il miglioramento della produttività in un ambiente di lavoro che vedrà operatori e robot lavorare
fianco a fianco. L’impegno verso la responsabilità sociale delle imprese dovrà
aumentare per assicurare nuovi modelli di
contratti di lavoro, di socializzazione delle conoscenze, di job rotation.
Le aree chiave e i processi
per l’implementazione
della strategia Industria 4.0
Le tecnologie abilitanti per l’Industria 4.0
si stima possano raggiungere la piena maturità tecnologica e commerciale in un arco temporale di 10-15 anni con livelli di
investimento significativi sia a livello europeo che nazionale come evidenziato
dalle analisi del Ministero dello Sviluppo
Economico riportate in figura 5.
Data la complessità tecnologica e l’alto
impatto sull’impiego delle risorse, l'implementazione della strategia Industria 4.0 deve essere realizzata attraverso un'iniziativa
strategica del governo così come avvenuto
nel 2012 in Germania, accompagnata da
adeguate decisioni industriali e di politica
industriale, supportata da azioni specifiche
in aree chiave e guidata da una lettura attenta del tessuto industriale di applicazione a livello di sistema paese, di territorio,
di settore/filiera, di sistemi di aggregazione (cluster, reti di imprese, ecc.).
Le priorità degli interventi necessari a realizzare un sistema nazionale di Industria
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y Industria 4.0 per la produttività e la competitività sostenibile y
> Fig 5 - Stima del fabbisogno di investimenti per industria
4.0 possono essere individuate nelle aree
seguenti:
•definizione di Standard e Architetture di
Riferimento per reti di imprese e supply
chain;
•revisione dei modelli legislativi, normativi, di contrattualistica industriale e di protezione industriale;
•sviluppo delle capacità di pianificazione
e management dei sistemi complessi;
•sviluppo della capacità del sistema industriale nazionale a contribuire alla realizzazione e a utilizzare al meglio le tecnologie abilitanti di Industria 4.0;
•sviluppo della capacità di gestione e analisi dei Big Data;
•realizzazione di una robusta infrastruttura di banda larga per il sistema industriale che copra l'intero territorio nazionale;
•rafforzamento dell'attenzione per le tematiche di security, safety ed environment;
•revisione dei modelli di organizzazione e
progettazione del lavoro;
•sviluppo delle capacità di ricerca e innovazione;
•formazione (tecnica e universitaria) e sviluppo professionale.
Di particolare interesse è l’attenzione agli
standard e alle architetture di riferimento
che costituiscono il framework all’interno
del quale si potranno strutturare, sviluppare, integrare e operare i processi di sviluppo e produzione dei prodotti e dei servizi
offerti dalle diverse imprese della supply
chain realizzando la convergenza verso
un unico comune approccio dei differenti
approcci delle aziende partecipanti.
Lo sviluppo dell’architettura di riferimento
potrà essere sviluppata con diverse prospettive (figura 6):
•dei sistemi produttivi;
•dei dispositivi da interconnettere;
•del software;
•dell’ingegneria.
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Tema
Dal
15
Fonte: MISE, 2016
punto di vista dei sistemi produttivi
> Fig 6 - L’architettura di riferimento per Industria 4.0
Fonte: Acatech et all., 2013
questo significherà integrare i
prenditoriale italiano che, essendo caratprocessi produttivi e logistici.
terizzato dalla presenza di piccole e meDal punto di vista dei dispositivi da interconnettere all’interno dei sistemi produtti- die imprese con dimensioni molto ridotte
vi l’integrazione andrà sviluppata tenendo delle unità produttive, non ha adeguate
in considerazione le diverse tipologie e il capacità di investimento e di accesso al
livello di evoluzione tecnologica di: dis- credito, necessita di una maggiore stabilipositivi di automazione, dispositivi di tà delle politiche industriali e di promocampo, bus di campo, controllori logici zione ed incentivazione della ricerca e
programmabili, dispositivi operativi, dis- dell'innovazione, ha ancora difficoltà a
positivi mobili, server, workstation, dispo- collaborare (con le altre imprese e il sistema della ricerca).
sitivi di accesso Web.
Dal punto di vista degli applicativi soft- Il rischio reale per le di piccole e medie
ware è opportuno far riferimento alle ap- imprese è quello di anteporre l'adeguamento di impianti e sistemi informatici
plicazioni software per:
•l’ambiente di produzione per: acquisizio- ad una chiara definizione dei bisogni di
ne dati dai sensori, funzioni di controllo se- standardizzazione dei processi e delle informazioni da condividere nei processi di
quenziale, controllo continuo, interconnesso, dati operativi, dati macchina, dati rete/filiera, muoversi in maniera autonodi processo, archiviazione, analisi delle ma e non coordinata con la rete/filiera di
tendenze, funzioni di pianificazione e di appartenenza, non riuscire ad analizzare
in maniera critica l'offerta di tecnologia
ottimizzazione;
•la supply chain per: la definizione di SLA produttiva ed informatica.
(Service Level Agreements), la pianifica- Appare quindi fondamentale una forte sizione commerciale e di gestione, la logisti- nergia tra l’azione politica e quella induca interaziendale o delle reti di supporto, striale rivolta a:
incluse le interfacce rilevanti e l'integrazio- •costituire una Cabina di Regia/Piattaforne con i singoli ambienti di produzione
ma per assicurare un approccio trasverLa prospettiva dell’ingegneria in un sistesale all'implementazione delle azioni nelma di produzione seguirà necessariamenle aree chiave grazie al contributo di esperte la logica del Product Lifecycle Manageti dell'industria, delle professioni e del siment (PLM), integrando i diversi sistemi
stema della ricerca e dell'università;
propri dell’ingegneria di prodotto quali il •rafforzare l'azione di promozione delle
CAD (Computer Aided Design) e il CAE
aggregazioni delle imprese in rete per svi(Computer Aided Engineering) con quelli
luppare iniziative di Reti 4.0 (il Contratto
dell’ambiente di produzione CAPP(Comdi Rete è uno strumento molto appropriaputer Aided Process Planning), CAM
to per lo sviluppo di un Programma di Re(Computer Aided Manufacturing), CIM
te 4.0);
(Computer Integrated Manufacturing) e •favorire la collaborazione tra il Cluster
MES (Manufacturing Execution Systems).
“Fabbrica Intelligente”, le Reti IndustriaLo sviluppo dell'Industria 4.0 pone però
li e le Reti di Ricerca e Innovazione;
una serie di questioni per il tessuto im- •favorire la costituzione di network tra il
novembre/dicembre 2016
Tema
16
y Industria 4.0 per la produttività e la competitività sostenibile y
sistema di ricerca e formazione superiore (Istituti di Ricerca e Università) per fornire supporto alle imprese e alle Reti 4.0
anche attraverso la costituzione di Hub
Tecnologici che, a scala territoriale, favoriscano l’incontro di domanda e offerta di
innovazione tra il mondo delle imprese e
il mondo della ricerca e della consulenza
come di recente proposto da Unindustria
Lazio attraverso il progetto pilota Cicero
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World Economic Forum, ThE FuTurE oF Jobs 2016
Employment, skills and Workforce strategy for the Fourth industrial rev
Work Economic Forum ha presentato a gennaio scorso il Rapporto [Global Challange Insight Report] dedicato a «The Future of Jobs», con un
sottotitolo eloquentissimo: «Employment, Skills and Workforce Strategy for the Fourth Industrial Revolution».
La ricerca fornisce un quadro molto interessante circa le ricadute prodotte dalle scelte portate avanti dai “decisori” in termini di “mutamenti”
del mondo del lavoro fino al 2020. Il dati presentati costituiscono la rielaborazione delle risposte fornite dai responsabili delle Risorse umane
delle 350 principali aziende del mondo; l’analisi si riferisce ai 15 maggiori Paesi, compresa l’Italia. Negli anni che ci separano al 2020 le tecnologie, la demografia e la “flessibilizzazione” del lavoro influenzeranno sempre di più il mercato del lavoro
Soprattutto, spariranno più di 7 milioni di posti di lavoro mentre se ne creeranno 2 milioni (soprattutto in Asia e negli USA). Secondo il documento, in Italia la cifra in gioco di 200.000 posti di lavoro persi dovrebbe essere compensata da altrettanti posti creati; ma è chiaro che le persone espulse dal mercato del lavoro non potranno facilmente essere recuperate perché «cambieranno le competenze e le abilità ricercate» e
«il problem solving rimarrà la soft skill più ricercata e diventeranno più importanti il pensiero critico e la creatività». Al 2020, Ie 10 “top skills”
saranno nell’ordine: Complex Problem Solving; Critical Thinking; Creativity; People Management; Coordinating with Others; Emotional Intelligence; Judgment and Decision Making; Service Orientation; Negotiation; Cognitive Flexibility. Le due aree professionali che risentiranno maggiormente sugli effetti saranno: amministrazione (- 4,8 milioni posti) e produzione (- 1,6 milioni posti).
La maggior parte degli intervistati ritiene che «la chiave per gestire con successo queste dinamiche di lungo termine del mercato del lavoro sia
investire nelle competenze, più che assumere lavoratori a termine o telelavoratori», come sta accadendo nel nostro Paese.
Il Rapporto è così articolato:
parte 1ª - preparing for the Workforce of the Fourth Industrial Revolution
1. The Future of Jobs and Skills (Introduction; Drivers of Change; Employment Trends; Skills Stability; Future Workforces Strategy).
2. The Industry Gender Gap (The Business Case for Change; Gaps in the Female Talent Pipeline; Barriers to Change; Women and Work in the
Fourth Industrial Revolution; Approaches to Leveraging Female Talent).
parte 2ª - Industry, Regional and Gender Gap Profiles
User’s Guide: How to Read the Industry, Regional and Gender Gap Profiles; List of Industry, Regional and Gender Gap Profiles; Industry Profiles; Country and Regional Profiles; Industry Gender Gap Profile
novembre/dicembre 2016
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17
y Qualità & Futuro y
Tema
>> Emanuele RIVA, Emanuele MONTEMARANO
La “natura giuridica” delle
attività di accreditamento
è
da molti anni che si discute sulla natura giuridica delle attività di accreditamento e sulla possibile configurazione dei
valutatori o del personale coinvolto nel
processo di accreditamento quale incaricati di pubblico servizio, o pubblici ufficiali.
Il dibattito ha ricevuto poi un’inevitabile
accelerazione con l’entrata in vigore del
Regolamento UE 765/08 che, nel disciplinare a livello comunitario la materia,
espressamente qualifica tale attività come
espressione di pubblica autorità, anche a
prescindere dalla formale veste giuridica
dei singoli organismi nazionali di accreditamento.
ACCREDIA ha di recente impostato una
prima riflessione organica su questo tema,
costituendo a tale scopo un team di Avvocati1, i quali hanno elaborato un parere poi
approvato dal Consiglio Direttivo di ACCREDIA in data 2 maggio 2016.
Si precisa che il parere è relativo alle attività di accreditamento e non di certificazione, anche se alcune conclusioni del ragionamento potrebbero essere estese, quanto
meno per analogia, anche al settore della
valutazione della conformità.
A quanto premesso vanno poi aggiunte
due considerazioni:
a) la materia dell’accreditamento e della
valutazione di conformità è del tutto
nuova come oggetto di studio dal punto
di vista giuridico, sicché si tratta di uno
“studio pionieristico” che avrà bisogno
di consolidamento nei prossimi anni,
anche dal punto di vista, fondamentale
per il diritto vivente, delle interpretazioni giurisprudenziali;
b) già nelle settimane successive all’approvazione del parere si sono verificate alcune circostanze di cui si deve tenere
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conto ai fini delle considerazioni oggetto del presente articolo.
Alcuni dubbi e alcuni punti fermi
Pur nella complessiva incertezza dell’argomento, è possibile individuare alcuni punti
fermi (almeno allo stato attuale di normativa, dottrina e giurisprudenza), essenziali
per poi estendere ulteriormente la nostra
analisi.
1. ACCREDIA, in base al proprio Statuto, è
un soggetto di diritto privato senza scopo di lucro, che non riceve e quindi
non spende denaro pubblico;
2. ACCREDIA svolge un ruolo di Pubblica
Autorità nell’interesse generale, in base
al Regolamento n. 765/2008;
3. Opera sotto la vigilanza del Ministero
dello Sviluppo Economico;
4. In base all’attuale classificazione operata da ANAC sugli enti privati interessati
alla normativa anticorruzione, ACCREDIA risulta essere un ente partecipato (e
non quindi come Ente sotto controllo
pubblico). In quanto tale, ACCREDIA è
esonerata dal rispetto degli obblighi
previsti dalla normativa anticorruzione
per gli enti controllati dalla Pubblica
Amministrazione, con particolare riferimento a piano triennale anticorruzione,
piano per la trasparenza né devenominare un Responsabile per la Prevenzione della Corruzione;
5. ACCREDIA, proprio in quanto ente partecipato, è comunque tenuta ad adottare su base volontaria una serie di protocolli di legalità connessi all’effettivo rischio di corruzione riferibile alla sua attività, sotto la vigilanza del MISE e
ANAC (e già ha adottato nell’ultimo
biennio numerose azioni al riguardo);
6. ACCREDIA deve operare alle stesse
condizioni degli altri organismi di accreditamento nel rispetto del principio
del mutuo riconoscimento (IAF e EA
MLA);
7. le controversie relative ai processi di
certificazione ed accreditamento sono
di competenza del giudice ordinario
poiché riguardano diritti soggettivi e
non interessi legittimi, come chiaramente stabilito dalla recentissima giustizia
amministrativa;
8. Anche nel settore regolamentato, l’accreditamento è un presupposto di successivi provvedimenti amministrativi
che producono effetti giuridici di diritto
pubblico in capo ai loro destinatari (altro principio contenuto in recente sentenze del TAR Lazio).
Detto ciò, rimangono da risolvere alcuni
punti dubbi, di rilevante importanza, che si
vogliono a riassumere qui di seguito:
1. all’interno di ACCREDIA operano persone qualificabili come pubblici ufficiali o
incaricati di pubblico servizio? La differenza tra queste due categorie è significativa?
2. Il personale ACCREDIA ha l’obbligo, almeno in alcuni casi, di riferire ad altre
amministrazioni, comprese le forze
dell’ordine in caso di possibili illeciti di
cui venga a conoscenza, in merito ai
contenuti della propria attività di verifica?
3. In caso affermativo, tale obbligo (e la
connessa responsabilità in caso di omissione) grava sul singolo addetto dell’ente o solo su alcuni livelli apicali?
4. L’eventuale dovere di vigilanza e segnalazione di illeciti alle forze dell’ordine
riguarderebbe solo fatti commessi diretnovembre/dicembre 2016
Tema
18
y Qualità & Futuro y
tamente dai CAB o anche eventuali
comportamenti di soggetti terzi, quali
ed esempio le aziende presso le quali si
svolgono le verifiche in accompagnamento?
5. Il dovere di vigilanza sui destinatari dell’attività di accreditamento e di segnalazione in caso di presunti reati da costoro commessi a quali attività del soggetto
accreditato va riferita, essendo pacifico
che ACCREDIA non svolge una vigilanza di carattere generale sui CAB ma
specifica per certi ambiti?
6. Se l’accreditamento è un presupposto
per eventuali provvedimenti amministrativi, l’iter di accreditamento è un
procedimento amministrativo?
7. L’attuale organizzazione di ACCREDIA
è adeguata rispetto alle problematiche
esposte nei punti precedenti?
Per provare a dare una risposta a queste
domande, si deve innanzitutto ragionare su
quale sia la natura giuridica di ACCREDIA.
Duplice natura dell’attività
di accreditamento e dell’ente che
ne è preposto in Italia
Allo stato attuale della normativa sembra
difficile, se non impossibile, escludere che
l’attività di accreditamento sia caratterizzata, sia nel settore regolamentato che in
quello volontario, da un forte profilo pubblicistico (il che, come premesso, è perfettamente compatibile con la natura soggettiva di diritto privato che ACCREDIA possiede).
Alcuni riferimenti confermano facilmente
questa prima conclusione:
1. il Regolamento n. 765/2008 riconosce
la funzione pubblica dell’accreditamento «Qualora l’accreditamento non sia
effettuato direttamente dalle stesse autorità pubbliche, gli Stati membri incaricano il proprio organismo nazionale di
accreditamento di effettuare l’accreditamento quale attività di autorità pubblica e gli conferiscono un riconoscimento formale (Articolo 4 comma 5 del
Reg. 765/08)»;
2. il Decreto Interministeriale 22 dicembre
2009 con il quale ACCREDIA è stata
designata come Organismo Nazionale
Italiano di Accreditamento riporta che
l’accreditamento, indipendentemente
dall’utilizzo su base obbligatoria o vonovembre/dicembre 2016
lontaria previsto, sia effettuato come attività di interesse pubblico;
3. un autorevole magistrato della Corte dei
Conti ha chiarito, in uno scritto molto
puntuale relativo alla categoria degli enti privati che svolgono funzioni di pubblico interesse e proprio con riferimento
alle certificazioni ISO, che «appartiene
alla sfera pubblicistica qualunque atto,
posto in essere anche da parte di soggetti privati, che sia in concreto idoneo
a soddisfare interessi pubblici e collettivi»;
4. il Consiglio di Stato ha ricordato «la nozione di servizio pubblico nel suo significato giuridico potenzialmente più vasto, quale attività, di qualsiasi natura,
connessa alla cura di interessi collettivi,
sia essa svolta da Soggetti pubblici o
privati»;.
5. ACCREDIA opera con il riconoscimento
dello Stato e sotto la vigilanza istituzionale del Ministero dello Sviluppo Economico;
6. il Consiglio di Stato si è espresso in merito alle SOA: «l’attività espletata dalle
Società Organismi di Attestazione
(S.O.A.) integra una funzione pubblica
di certificazione, mediante emissione
degli attestati di qualificazione…».
Ciò non esclude comunque che ACCREDIA rimanga un ente di diritto privato e
che, stando all’attuale orientamento della
giustizia amministrativa, la giurisdizione
sulle controversie in materia di accreditamento appartenga al giudice ordinario (riguardando diritti soggettivi e non interessi
legittimi).
A supporto di tale, prevalente, natura privatistica soccorrono almeno i seguenti elementi:
1) ACCREDIA è una Associazione privata
con partecipazione pubblica;
2) I rapporti tra ACCREDIA e i CAB sono di
natura contrattuale e i provvedimenti di
ACCREDIA non sono autorizzazioni
amministrative;
3) La Sentenza del TAR (n. 2849 del 2016)
ha:
a. rimandato alla magistratura ordinaria
e non alla magistratura amministrativa una vertenza che ha visto coinvolta ACCREDIA;
b. affermato che «l’accreditamento di
ACCREDIA non costituisce un prov-
vedimento amministrativo»;
c. Aggiungendo che «l’atto di ACCREDIA può essere considerato un atto
preparatorio non autoritativo ponendosi, rispetto a quello autenticamente provvedimentale, come presupposto»;
d. La perdita dell’accreditamento non
genera in automatico il decadere di
una autorizzazione amministrativa,
anche se questa si sia basata sull’accreditamento come presupposto;
e. la legge n. 241/1990 individua i criteri ed i principi da Osservare nell’emissione del provvedimento amministrativo, anche da parte dei Soggetti privati che operano in regime di
pubblico servizio. ACCREDIA però
deve rispettare la ISO/IEC 17011, e i
suoi principi, e alla luce di questa
anche i principi della Pubblica Amministrazione (ad esempio: imparzialità intesa come garantire il contraddittorio in ogni fase del processo di
accreditamento, o principio di democraticità – le norme non sono basate sulla democrazia, ma sul processo normativo). Si chiarisce comunque che ACCREDIA rispetta i
principi di economicità, efficienza
ed efficacia, e imparzialità.
Da questa duplice natura non può che ricavarsi la seguente conclusione: in ACCREDIA la natura privatistica dell’ente ben può
convivere con l’interesse pubblico al corretto svolgersi dell’attività di accreditamento, garantito peraltro, senza necessità di
particolari modifiche alle procedure in vigore, dal puntuale rispetto della normativa
tecnica internazionale che presiede all’attività di accreditamento e che è alla base
del principio del mutuo riconoscimento.
Infatti:
1) Se ACCREDIA non rispettasse la
ISO/IEC 17011 (preferendo conformarsi
ai principi richiamati dalla legge 241),
perderebbe il riconoscimento di EA,
condizione essenziale per essere ritenuto Ente Unico nazionale di Accreditamento.
2) Il Regolamento n. 765/2008 riconosce il
mutuo riconoscimento delle certificazioni in ambito EA MLA, cosa ben diversa da quanto succede quando occorre riconoscere il valore giuridico di una
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y La “natura giuridica” delle attività di accreditamento y
19
Tema
sentenza straniera (Giudizio di delibazione: il magistrato italiano valuta se la
sentenza straniera non sia contraria ai
principi dell’ordinamento giuridico italiano).
Le conclusioni raggiunte valgono per tutti
gli ambiti, perché il Regolamento n.
765/2008 e la ISO/IEC 17011 si applicano
sia all’ambito cogente che regolamentato.
Ciò non toglie che ACCREDIA, sia su base
volontaria (anche nell’ambito del proprio
Modello Organizzativo adottato secondo il
D. Lgs. 231/01 fin dalla costituzione di ACCREDIA) che recependo le indicazioni dell’autorità nazionale anticorruzione e del
Ministero per lo Sviluppo Economico, abbia da tempo promosso l’impegno ad adottare protocolli di legalità, diretti a rafforzare gli strumenti del controllo interno proprio a garanzia dell’interesse generale all’affidabilità ed imparzialità del processo di
accreditamento ed all’assenza di qualunque interesse particolare in grado, anche
solo potenzialmente, di rendere meno corretta od efficace l’attività di ACCREDIA.
Discussione in merito
al possibile ruolo di chi opera per
Accredia quale pubblico ufficiale
e incaricato di pubblico servizio
Posto che, sul piano civilistico ed amministrativo, l’attività di accreditamento non
può che appartenere alle categorie del diwww.qualitaonline.it
ritto privato, il forte profilo pubblicistico
dell’attività rende necessario affrontare
un’ulteriore questione, vale a dire se sia o
meno possibile sostenere che il personale
che opera per conto di ACCREDIA possa
essere classificato, ai fini dell’applicazione
dagli articoli 357 e 358 del Codice Penale2, quale Pubblico Ufficiale3 e Incaricato
di Pubblico Servizio45.
Ciò provocherebbe due importanti conseguenze:
•obbligo di denuncia di reati procedibili d’ufficio conosciuti nell’esercizio della propria
attività;
•possibilità di commettere i reati propri dell’incaricato di pubblico servizio (corruzione, concussione, abuso d’ufficio, omissione d’atti d’ufficio, falso su atto pubblico...).
Utilizzando categorie proprie dell’attuale
dottrina e giurisprudenza di diritto penale,
pochi dubbi residuano al proposito, come
testimoniano i seguenti riferimenti:
•Anche se svolta all’interno di organizzazioni private: «la qualità di Pubblico Ufficiale, per i Componenti di un Organismo
collegiale cui la legge attribuisce l’esercizio di pubbliche funzioni, sussiste anche
quando la loro individuazione avvenga,
per disposizione normativa, a cura di Enti
di diritto privato ed in rappresentanza di
essi.» (Cass. Penale, sez. II, 12/11/2013,
n.9053);
•Se la funzione è pubblicistica: «la qualifi-
ca di Pubblico Ufficiale segue la destinazione pubblicistica delle attività svolte dall’Agente, anziché il nomeniuris dell’Ente
di appartenenza» (Cass. Penale, sez VI,
03/12/2012, n.1053);
•Anche se l’attività è accessoria o propedeutica: «è Pubblico Ufficiale non solo colui che con la sua attività concorre a formare quella dello Stato o di altri Enti Pubblici, ma anche chi è chiamato a svolgere
attività, avente carattere accessorio o sussidiario ai fini istituzionali degli Enti Pubblici, in quanto anche in questo caso si verifica, attraverso l’attività svolta, una partecipazione, sia pure in misura ridotta, alla formazione della volontà della Pubblica Amministrazione» (Cass. Penale, sez. VI,
20/10/2010, n.39351, nello stesso senso
anche Cass. Penale, sez. VI, 11/04/2014, n.
22707).
•Anche se svolta da personale non dipendente dalla PA: «riveste la qualifica di Incaricato di Pubblico Servizio il dipendente di una Società privata esercente un servizio pubblico che svolge attività di maneggio di denaro di pertinenza dell’Ente
con correlativi obblighi di compilazione
della documentazione contabile» (Cass.
Penale, sez. VI, 30/10/2014, n.7593).
Ciò premesso, va aggiunto che la qualifica
d’incaricato di pubblico servizio andrebbe
limitata alle persone fisiche che ricoprono
un ruolo decisionale rispetto al processo di
novembre/dicembre 2016
Tema
20
y La “natura giuridica” delle attività di accreditamento y
accreditamento in tutte le sue fasi (rilascio,
mantenimento, sospensione, revoca) o comunque diretto ad influenzare in modo significativo tali provvedimenti. Probabilmente chi collabora con le proprie azioni
al processo di accreditamento (Ispettori,
Funzionari Tecnici, Responsabili di area,
Direttori), limitatamente ai vari passaggi
dell’iter di accreditamento negli ambiti in
cui l’accreditamento svolge una funzione
pubblicistica (sicuramente per gli ambiti in
cui l’accreditamento è condizione essenziale per il rilascio di una autorizzazione
amministrativa; da valutare per gli ambiti
in cui l’attività di valutazione della conformità accreditata viene utilizzata in gare
pubbliche).
Il ruolo di incaricato di pubblico ufficiale
(che comunque, sul piano pratico, non determina responsabilità ulteriori rispetto ai
“semplici” incaricati di pubblico servizio)
andrebbe limitato a chi detiene il potere
«certificativo» (connesso solo all’attività di
accreditamento), cioè l’organo di delibera
(Comitati/Sottocomitati di Accreditamento);
gli ispettori o la struttura interna di ACCREDIA infatti si limitano a proporre, ma non
prendono decisioni in merito all’accreditamento.
Conclusioni
Alla luce delle considerazioni sopra riportate, si possono concentrare in quattro
punti le conclusioni del ragionamento, fermo restando che, come premesso, si tratta
di un “cantiere aperto”:
1) L’accreditamento rilasciato da ACCREDIA non è qualificabile come provvedimento amministrativo, quindi non rientra nella giurisdizione dei TAR e l’iter di
accreditamentonon è un procedimento
amministrativo ai sensi della legge n.
241/90;
2) Svolgendo comunque una funzione di
interesse pubblico in base alla normativa comunitaria, il personale ACCREDIA
potrebbe essere configurato come incaricato di pubblico servizio / pubblico
ufficiale ai sensi delle responsabilità
previste dal codice penale per tali figure
(responsabilità diretta per omessa denuncia, eventuale corresponsabilità nel
reato per l’articolo 40 del codice penale
a causa dell’omessa vigilanza);
3) Poco rilevante ai fini pratici la differennovembre/dicembre 2016
za tra incaricato di pubblico servizio e
pubblico ufficiale, sicché il ragionamento può essere svolto in modo unitario;
4) Il dovere di vigilanza (e quindi di segnalazione e d’impedimento di reati) va comunque ricondotto all’interno di due
chiari limiti, oggettivo (solo le attività
che rientrano nello scopo di applicazione dell’audit e le cui risultanze sono inserite nei rapporti di verifica) e soggettivo (solo per i CAB, essendo totalmente
precluso al personale ACCREDIA qualsivoglia sindacato sulle attività delle
aziende certificate dai CAB).
Sulla base di questa fotografia dello stato
dell’arte, la Direzione di ACCREDIA, anche in accordo con il proprio Organismo
di Vigilanza, procederà nei prossimi mesi a
definire specifici protocolli, differenziati
eventualmente per i vari Dipartimenti, diretti a regolamentare più in dettaglio l’iter
da seguire a fronte dell’evidenza, durante
l’attività di accreditamento, di comportamenti dei CAB che potrebbero configurare
illeciti penali procedibili d’ufficio, anche
con la possibile individuazione di una “casistica tipo” da condividere con l’intera
platea dei soggetti interessati.
In tale ambito, preziosi strumenti di lavoro
ed occasioni di riflessione potrebbero scaturire dalla possibilità, per il settore dell’accreditamento e della certificazione di conformità, di adottare, ed eventualmente far
certificare, il sistema di gestione a fronte
della nuovissima normativa internazionaleanticorruzione (ISO 37001).
- 361 c.p.: omessa denuncia di reato: solo per i reati
di cui abbia avuto notizia nell’esercizio o a causa
del servizio, se il reato è procedibile d’ufficio;
- 480 c.p.: falso ideologico commesso dal pubblico
ufficiale in certificati o uso di atto falso da parte di
chi non ha concorso alla falsificazione (481 c.p.).
3
La qualifica di Pubblico Ufficiale va attribuita a tutti
quei Soggetti che esercitano almeno una di queste
funzioni:
- Disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti
autoritativi;
- Caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della Pubblica Amministrazione;
- Che si svolge per mezzo di poteri autoritativi e certificativi.
4
Incaricato di Pubblico Servizio è colui che, a qualunque titolo, presta un pubblico servizio, ovvero
«un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei
poteri tipici di questa ultima, e con esclusione dello
svolgimento di semplici mansioni di ordine o attività
di carattere puramente materiale/esecutivo».
5
Questi alcuni dei reati applicabili a chi opera con il
ruolo di Pubblico Ufficiale
- 317 c.p.: concussione (riforma del 2012 e controriforma del 2015);
- 318 c.p. e 319 c.p.: corruzione per l’esercizio della
funzione;
- 319 bis. C.p.: induzione indebita a dare o promettere utilità (c.d. concussione per induzione)
- 323 c.p.: abuso d’ufficio: procurarsi un illecito vantaggio patrimoniale abusando della qualifica;
- 326 c.p.: rilevazione ed utilizzazione di segreti
d’ufficio: l’incaricato di pubblico servizio divulga
all’esterno notizie che devono rimanere riservate;
- 328 c.p.: omissione e rifiuto di atti d’ufficio;
- 361 c.p.: omessa denuncia di reato: solo per i reati
n NOTE
1
Avv. Emanuele Montemarano, Avv. Enrico Squintani,
Avv. Lorenzo Grisostomi Travaglini
2
Questi alcuni dei reati applicabili a chi opera con il
di cui abbia avuto notizia nell’esercizio o a causa
del servizio, se il reato è procedibile d’ufficio;
- 480 c.p.: falso ideologico commesso dal pubblico
ufficiale in certificati o uso di atto falso da parte
ruolo di Pubblico Ufficiale
di chi non ha concorso alla falsificazione (481
- 317 c.p.: concussione (riforma del 2012 e controri-
c.p.).
forma del 2015);
- 318 c.p. e 319 c.p.: corruzione per l’esercizio della
funzione;
- 319 bis. C.p.: induzione indebita a dare o promet-
EMANUELE RIVA
Direttore del Dipartimento Certificazione
ed Ispezione di ACCREDIA
[email protected]
tere utilità (c.d. concussione per induzione)
- 323 c.p.: abuso d’ufficio: procurarsi un illecito vantaggio patrimoniale abusando della qualifica;
- 326 c.p.: rilevazione ed utilizzazione di segreti
EMANUELE MONTEMARANO
avvocato; presidente Organismo di Vigilanza
d’ufficio: l’incaricato di pubblico servizio divulga
di ACCREDIA
all’esterno notizie che devono rimanere riservate;
[email protected]
- 328 c.p.: omissione e rifiuto di atti d’ufficio;
www.qualitaonline.it
21
y Qualità & Futuro y
Tema
>> di Claudio ROSSO, presidente AICQ Nazionale
nasce:
AICQ Industria 4.0
INDUSTRIA 4.0 è intelligente, innovativa, interconnessa,
efficiente, predittiva e sostenibile
«Indipendentemente dal nome che le si voglia
attribuire, la “fabbrica intelligente” rappresenterà il
paradigma tramite il quale le economie avanzate
potranno competere nel mercato globalizzato, grazie
alla coniugazione di nuovi modelli organizzativi e
produttivi con le tecnologie più innovative».
L
a corretta integrazione della robotica,
della cibernetica, dell’interfaccia uomo-macchina, della modellistica, dell'utilizzo di sensori e dell’intelligenza artificiale con l'Internet delle Cose e delle
Macchine e la gestione di “big data” e di
“cloud computing” permetteranno di realizzare processi produttivi e logistici flessibili, customer oriented, per produrre beni in grado di soddisfare le esigenze spe-
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cifiche e personalizzate di nicchie sempre
più piccole di consumatori. Sarà fondamentale saper sfruttare l’intensità di conoscenza, presente all'interno e all'esterno
delle organizzazioni, traducendola in dati
da poter utilizzare in entrata ed uscita durante tutta la catena del valore aziendale.
La Presidenza di AICQ Nazionale ha voluto una specifica Delega di Giunta su
Industria 4.0, che si concretizzerà con la
costituzione di un Gruppo di Lavoro che
opererà sull'intero territorio Nazionale,
con il coinvolgimento di tutte le Federate
AICQ: AICQ Industria 4.0.
Il Coordinamento di tale delega è stato
assegnato a Oliviero CASALE, già segretario Generale di AICQ Emilia Romagna.
AICQ Industria 4.0 sarà guidata da un
costituendo Comitato Tecnico, i cui candidati saranno autorevoli Associati provenienti dai Comitati e Settori AICQ e
rappresentanti del Mondo delle Associazioni, delle Università, della Ricerca e
del Lavoro.
AICQ Industria 4.0, grazie alle professionalità presenti nei Settori, Comitati Tecnici e nelle Federate territoriali di AICQ, si
pone l'obiettivo di essere di supporto alle
imprese italiane per limitare le minacce e
gestire i rischi della quarta rivoluzione
industriale e poterne così cogliere tutte le
opportunità, sia in termini di sviluppo
che di sostenibilità nel futuro, grazie ad
un’opera di “contaminazione” e di “diffusione”, a tutti i livelli, delle migliori tecniche ed esperienze presenti in Italia ed in
Europa.
Uno dei primi passi che AICQ Industria
4.0 muoverà, è costituito dall’organizzazione di un Convegno Nazionale, che si
svolgerà nel mese di gennaio 2017, in cui
affrontare, discutere e condividere le migliori esperienze e competenze, per produrre un Position Paper utile a fornire la
propria Vision alle Istituzioni coinvolte
nella realizzazione di politiche economiche, industriali, formative e di normazione su Industria 4.0 in Italia.
novembre/dicembre 2016
Tema
22
y Sicurezza & Qualità y
>> Francesco TAURASI, Diego CERRA, Giuseppe D’AGOSTINO
Stabilimenti a rischio incidenti:
norme volontarie
The Safety Management System for the prevention of major accidents (SGS) has to be effected for the establishment that fall into the field of application of the DLgs. 105/15
(usually called Seveso III), to prevent the “major accidents”, that are the accidental events
that can be likely to release the dangerous substances kept in industrial sites at high risk.
The Seveso directive states in a clear and evident way that the safety of an installation depends on the entire safety management system, that has to guarantee a systematic approach and has to be integrated with other industrial management systems to make accidents less likely to happen. The technical regulations “Quality, Safety, Environment” for the
activity at risk of major accidents, have the goal to provide reference points shared by managers, designers and control authorities, on the compatibility of activities at risk of major
accidents with safety, workers health, collettivity and environment protection. The ISO has
started in 2013 a revision of all the regulations about the Safety Management Sytems on
the base of an unique and shared method with the goal to semplify its integration.
Introduzione
Si configura come installazione a rischio
di incidente rilevante un’attività in cui sono presenti sostanze pericolose e ove sussistano condizioni operative tali da far ritenere possibile il rilascio all’esterno delle
sostanze stesse (o dell’energia in esse disponibile), in quantità pari o superiori alle
quantità limite previste nella parte 1 o
nella parte 2 dell’allegato 1 del DLgs.
105/2015 (cosiddetta Seveso III), per stabilimenti di:
•soglia Inferiore, sono presenti quantità pari o superiori a quelle elencate nella colonna 2 (parti 1 o 2) dell’Allegato I, ma in
quantità inferiori alla colonna 3; corrisponde alla previgente classe prevista dall’articolo 6 del DLgs. n. 334/99;
•soglia Superiore, sono presenti quantità
pari o superiori a quelle elencate nella colonna 3 (parti 1 o 2) dell’Allegato I; corrisponde alla previgente classe prevista dall’articolo 8 del DLgs n. 334/99.
La potenziale sorgente di rischio è individuabile, quindi è possibile definire la magnitudo (intensità massima sviluppabile)
novembre/dicembre 2016
ricorrendo ad opportuni modelli, si parla
di una stima e non di una misura, ovviamente la stima sarà tanto più accurata
quanto più sofisticati sono i modelli impiegati e precisi i dati di partenza per definire il sistema e le sue condizioni al
contorno. Se si fa riferimento ad una delle
definizioni classiche di Rischio (R), definito come R = P x M dove P rappresenta la
probabilità che si verifichi un determinato
evento incidentale (per esempio in termini di eventi/anno) ed M indica la magnitudo dell´evento cioè la sua gravità (per
esempio in termini di numero di morti,
numero di feriti ecc.), il rischio, per tali
stabilimenti, è definito da una bassa probabilità di evento incidentale ma da una
elevata magnitudo. Si parla quindi di
eventi poco probabili, ma dalle conseguenze disastrose, dovuti comunque a
sviluppi incontrollati.
I gestori degli stabilimenti di soglia superiore sono tenuti alla presentazione di un
Rapporto di Sicurezza che riporti tutta
una serie di informazioni necessarie a conoscere nel dettaglio lo stabilimento, le
sostanze pericolose detenute, gli eventi e
scenari incidentali e le relative probabilità
ed effetti; è prevista l’istruttoria sul Rapporto di Sicurezza, svolto dal Comitato
Tecnico Regionale (C.T.R.) presieduto dalla Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco.
I gestori degli stabilimenti RIR di soglia inferiore, sono tenuti, invece, alla presentazione di una Scheda Tecnica, che dimostri
l’avvenuta identificazione dei pericoli e la
relativa probabilità e gravità, approfondendo e fornendo dettagliate informazioni
sullo stabilimento, le sostanze, nonché
sugli eventi/scenari incidentali; anche per
la Scheda Tecnica viene svolta una istruttoria da parte del Comitato tecnico di Valutazione del Rischio (C.V.R.) presieduto
dalla Direzione Tecnica di ARPA.
Tali valutazioni hanno il grande valore aggiunto di essere interdisciplinari in quanto
in entrambi i Comitati vi è la presenza dei
Vigili del Fuoco, di ARPA e dell’INAIL,
nonché la partecipazione degli enti di valenza territoriale quali la Regione, le Province, i Comuni e le ASL; inoltre, per entrambe le tipologie di stabilimenti è redatto un Piano di Emergenza Esterno (PEE) da
parte della Prefettura.
L’aggiornamento della normativa comunitaria in materia di incidenti rilevanti è
scaturito principalmente dalla necessità di
adeguare la disciplina al cambiamento di
classificazione delle sostanze chimiche e
delle loro miscele. Tale cambiamento è
stato introdotto con l’esigenza di adeguare la direttiva al nuovo sistema di classificazione delle sostanze chimiche, recepito
nell’Unione Europea con il regolamento
CLP (Reg. 1272/2008, al fine di armonizzare il sistema di individuazione e catalowww.qualitaonline.it
y Stabilimenti a rischio incidenti: norme volontarie y
Sistemi di Gestione
e norme volontarie
L’esigenza di adottare i sistemi di gestione
è determinata in generale dalle dinamiche
del mercato, da quelle gestionali proprie
del tipo di società e da quelle che derivano dal contesto ambientale all’interno del
quale è inserita l’impresa. I Sistemi di Gewww.qualitaonline.it
stione, in generale, forniscono strumenti
di prevenzione; nella loro progettazione
si parte sempre da una valutazione dei rischi sulla base di specifiche fonti di pericolo identificate, che possono dare origine ad eventi dannosi. Nelle aziende a RIR
possono essere presenti Sistemi di Gestione Ambientale (ISO 14001, Reg. CE
1221/2009 “EMAS”), Salute e Sicurezza
(BS OHSAS 18001, Linea Guida UNI
INAIL), Qualità (ISO 9001), Responsabilità Sociale (SA 8000), e così via.
L’integrazione delle suddette norme con
la UNI 10617 (norma di riferimento per i
Sistemi di Gestione per le aziende RIR)
non è una operazione agevole, soprattutto
in quelle aziende con pochi lavoratori.
In Italia, infatti, a differenza di altri paesi,
è presente un tessuto di Piccole e Medie
Imprese (PMI), che hanno poche risorse
specialistiche e professionali, limitate risorse economiche. Le aziende a RIR non
sono escluse da questo circuito, anche se
talvolta risultano spesso affiliate a multinazionali. In genere, le aziende a RIR sono aziende di processo, con elevati livelli
novembre/dicembre 2016
Tema
gazione dei prodotti chimici all’interno
dell’Unione Europea con quello adottato
a livello internazionale in ambito ONU
(GHS - Globally Harmonised System of
Classification and Labelling of Chemicals).
Il DLgs. 105/15 ha recepito integralmente
gli allegati comunitari, tradotti da 1 a 6 e
sono stati quindi introdotti i decreti applicativi del DLgs. 334/99 oltre che i nuovi
standard tecnici come Allegati da “A” a
“M”. Sebbene la UNI 10617, la UNI
10616 e la UNI 10672 sono uscite nella
loro prima versione nel 1997, rappresentano ancora oggi le norme di riferimento per
quanto riguarda i Sistemi di Gestione per
la prevenzione degli incidenti rilevanti.
di automazione e per questo con poche
risorse umane necessarie.
Peraltro nei settori produttivi non RIR la
spinta all’utilizzo dei Sistemi di Gestione
è spesso data dal mercato o da obblighi di
legge (basti pensare che lo Standard BS
OHSAS 18001 si è sviluppato in Italia dal
2008 in poi, in seguito alla pubblicazione
del DLgs. n. 81/2008 che con l’articolo
30 ha riconosciuto i Sistemi di gestione
Sicurezza Lavoro (SGSL) quali Modelli di
Organizzazione e Gestione idonei ad
avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa.
Spesso la necessità di rispondere in modo
puntuale ai requisiti di tutte le norme cogenti (UNI 10617) e volontarie (BS OHSAS 18001 e ISO 14001) per una piccola
azienda, comporta un approccio burocratico e formale, poco adatto alla dinamicità dell’azienda.
La normativa tecnica riguardante i Sistemi
di Gestione della Sicurezza per la Prevenzione degli Incidenti Rilevanti (SGS-PIR)
nasce a seguito dell’evoluzione della legislatura, sia nazionale che europea, emanata a valle di un tragico incidente italiano, il disastro di Seveso: il DPR 175/88
recepì la Direttiva CE 84/501, in cui la
fuoriuscita di fluido (TCDD) dal reattore
della ICMESA (10 luglio 1976) contaminò
la popolazione. Tale Direttiva introduceva
la gestione dei Rischi di Incidente Rilevante, sostanzialmente differente dalla legislazione e dalla normativa riguardante
la sicurezza sul luogo di lavoro (SSL).
La SSL si occupa di infortuni alle persone
e incidenti con danni agli impianti, ovvero eventi con alta frequenza, ma conseguenze limitate, mentre la PIR si occupa
degli eventuali danni all’ambiente e degli
eventi che hanno basse frequenze, ma
conseguenze severe per le persone, gli
impianti e il territorio. La direttiva
96/82/CE “Seveso II”, attuata in Italia con
DLgs. 334/99 stabilì l’obbligo del Sistema
di Gestione della Sicurezza per la Prevenzione Incidenti Rilevanti (SGS-PIR) per
tutte le attività soggette a rischio di incidente rilevante.
Con continuità, il nuovo DLgs. 105/2015
“Seveso III” (attuazione della direttiva
2012/18/UE) prevede l’attuazione di un
Sistema di Gestione della Sicurezza (SGS)
in stabilimenti in cui sono presenti sostan-
23
Tema
24
y Sicurezza & Qualità y
ze pericolose in quantitativi superiori a
specifici limiti di soglia stabiliti dalla Direttiva stessa (articolo 14 - comma 5) allo
scopo di prevenire circostanze che possano dare luogo ad incidenti rilevanti e di
minimizzare il rischio per le persone, le
aziende e per l'ambiente circostante.
Il gestore dello stabilimento (sia di SS che
di SI) redige un documento che definisce
la propria politica di prevenzione degli
incidenti rilevanti, allegando il programma adottato per l’attuazione del sistema
di gestione della sicurezza, in conformità
all’allegato 3 e all’Allegato B del decreto,
proporzionato ai pericoli di incidenti rilevanti e alla complessità delle attività dello
stabilimento. Inoltre, nel definire la politica di prevenzione (articolo 14 - comma 1)
deve esserci l'impegno al continuo miglioramento e questo rappresenta il concetto chiave dal quale è scaturita la necessità di configurare quanto previsto
all’Allegato B (paragrafo 2.2.3) che richiama lo stato dell’arte in materia con i requisiti stabiliti dalla norma UNI 10617,
ovvero per gli aspetti attinenti alla prevenzione degli incidenti rilevanti, dalle norme BS OHSAS 18001, ISO 9001 e ISO
14001 (o dalla versione più aggiornata
del regolamento comunitario EMAS).
Il nuovo decreto rafforza il concetto di
SGS, oltre a basarsi sulla valutazione dei
rischi, come sistema integrato di Ambiente e Sicurezza per individuare all'interno
della struttura organizzativa aziendale le
responsabilità, le procedure, i processi e
le risorse per la realizzazione della politica aziendale di prevenzione degli incidenti rilevanti, nel rispetto delle norme vigenti.
Nell’ambito del SGS-PIR devono essere
trattati i seguenti aspetti:
•l’organizzazione e il personale addetto alla gestione dei pericoli di incidente rilevante con definizione delle responsabilità, dei ruoli, della formazione, con il coinvolgimento anche del personale delle
imprese esterne lavoranti in azienda e rilevanti sotto il profilo della sicurezza;
•l’identificazione e la valutazione dei pericoli rilevanti;
•l’adozione e applicazione di procedure e
istruzioni per il controllo operativo del sistema;
•la gestione delle modifiche;
novembre/dicembre 2016
•la pianificazione di emergenza;
•il controllo delle prestazioni;
•controllo e revisione.
Le linee guida per l’attuazione del SGSPIR vengono invece dettate dall’allegato
B. In tale allegato viene espressamente indicato che l’obiettivo da perseguire dal
gestore dello stabilimento è la salvaguardia della salute umana, dell’ambiente e
dei beni. La struttura di un SGS-PIR, per le
diverse fasi di vita di un impianto, deve
definire:
•la politica e conduzione aziendale per la
sicurezza;
•l’organizzazione tecnica, amministrativa
e delle risorse umane;
•la pianificazione delle attività interessate;
•la misura delle prestazioni conseguite;
•la verifica e il riesame delle prestazioni.
Le Norme volontarie
Il Comitato Termotecnico Italiano (CTI), in
collaborazione con UNICHIM, nel 1997
ha messo allo studio un pacchetto di norme (UNI 10616, UNI 10617, UNI 10672
e UNI/TS 11226) riguardante gli SGS-PIR.
In ambito volontario, la norma UNI
10617:2012, definisce i requisiti di base
per la predisposizione ed attuazione di un
sistema di gestione SGS-PIR, a prescindere dalla dimensione aziendale, tracciano
un quadro di responsabilità e autorità
pressoché identico per aziende di 20 e di
5000 lavoratori.
La UNI 10617 - Impianti a rischio di incidente rilevante, Sistemi di gestione della
sicurezza, Requisiti essenziali - specifica i
requisiti di base per la predisposizione e
attuazione di un sistema di gestione della
sicurezza, senza però definire in che modo tali requisiti possano o debbano essere
soddisfatti: non si è voluto costringere le
aziende a munirsi di regole identiche a
prescindere dal tipo di impianto in cui si
andava ad operare, indicando esclusivamente gli effetti che tali procedure devono imporre. Una buona parte del mercato, in particolar modo le piccole e medie
imprese, non avevano ancora adottato un
sistema di questo tipo (basti pensare a
piccole ditte che realizzavano fuochi d’artificio, o serbatoi di materiale infiammabile), non erano ancora abbastanza informate da poter implementare un sistema di
gestione della sicurezza di questa portata.
Per venire incontro alle richieste degli
operatori del settore, è stato deciso di
creare una linea guida alla UNI 10617
che spiegasse in maniera dettagliata e approfondita i diversi punti della norma.
La UNI 10616:2012 - Impianti a rischio di
incidente rilevante, sistemi di gestione
della sicurezza, Linee guida per l’attuazione della UNI 10617 - specifica le possibili modalità di attuazione dei requisiti
della UNI 10617 e, per ogni requisito di
questa, descrive le procedure e/o gli strumenti tecnici necessari al conseguimento
degli obiettivi specifici. Si applica all’esercizio di impianti a rischio di incidente rilevante, ovvero di unità tecniche all’interno di stabilimenti nelle quali sono prodotte, utilizzate, manipolate e depositate sostanze pericolose.
La UNI 10616 rimane sempre correlata,
per quanto attinente alla progettazione e
all’esercizio di un impianto, alla: UNI
10672:1997 - Impianti di processo a rischio di incidente rilevante, procedure di
garanzia della sicurezza nella progettazione - descrive le procedure da seguire
per assicurare la sicurezza durante tutte le
fasi del progetto di impianti industriali di
processo a rischio di incidente rilevante,
nuovi o ad essi equiparati ai sensi della
legislazione vigente. La norma prevede
una suddivisione del progetto di un impianto di processo nelle seguenti fasi: studio di fattibilità; ingegneria di base; ingegneria di dettaglio; costruzione; preparazione all’avviamento; avviamento. Inoltre,
la norma prevede per le varie fasi di un
progetto le seguenti attività: criteri e requisiti di sicurezza; programma di controllo dei rischi; studi di sicurezza; verifiche di sicurezza.
La norma UNI/TS 11226:2007 - Impianti
di processo a rischio di incidente rilevante, Sistemi di gestione della sicurezza,
Procedure e requisiti per gli audit - è stata
riconosciuta come riferimento per accertare la conformità del SGS-PIR ai requisiti
strutturali della UNI 10617 attraverso la
verifica dei contenuti tecnici specificati
dalla UNI 10616. Essa contiene una lista
di riscontro dei punti di verifica e una metodologia a punteggio per la valutazione
complessiva del SGS-PIR.
Dal 2013 è iniziata la revisione di tutti i
Sistemi di Gestione volontari, tra cui ISO
www.qualitaonline.it
y Stabilimenti a rischio incidenti: norme volontarie y
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golazioni, ecc.) ed a quelle di emergenza,
con le valutazioni dei cosiddetti “effetti
domino”.
La difficoltà che può insorgere in una
azienda RIR con poco personale (situazione molto diffusa) è quella di conciliare i
requisiti di tutte le norme adottate con
l’organizzazione snella e ridotta.
Infatti, le norme di riferimento prevedono
una serie di requisiti ed una serie di figure
che vi devono provvedere, che in queste
piccole imprese coincidono spesso con
poche persone e sempre le stesse.
E tipico, infatti osservare in una azienda a
RIR di 5-10 persone impiegate che il datore di lavoro sia anche una persona operativa, come anche il Responsabile del
Servizio di Prevenzione e Protezione e
magari il Responsabile del Sistema di Gestione.
E’ fondamentale quindi, per queste aziende il ricorso a professionisti esterni qualificati che però devono necessariamente
entrare nel merito dell’organizzazione
semplificata dell’azienda e costruire un sistema di regole ed una struttura organizzativa (sistema di gestione) che risponda
alle norme, ma che non ingessi l’azienda
in approcci essenzialmente formali e burocratici.
Sicuramente un primo suggerimento può
essere quello di considerare una valutazione del rischio unica per quanto riguarda i tre aspetti: ambiente tenendo conto
sia della ISO 14001 che della UNI 10617,
salute e sicurezza tenendo conto sia della
BS OHSAS 18001 che dalla UNI 10617,
continuità del business tenendo conto sia
della ISO 9001 che della UNI 10617. Tutto questo ovviamente in modo strettamente integrato con i requisiti cogenti dettati
dal DLgs 105/2015, dal DLgs 152/2006
(se soggetti) e dal DLgs 81/2008.
Ci sarà pertanto un’unica:
•valutazione dei rischi;
•politica;
•piano di miglioramento che includa obiettivi e traguardi;
•gestione degli audit;
•gestione delle riunioni periodiche e riesami;
e tanti altri documenti di sistema potranno
essere integrati, pur mantenendo a parte i
documenti specifici quali la notifica, il
rapporto di sicurezza (spesso confuso con
il documento di valutazione dei rischi che
invece va predisposto a parte), il piano di
emergenza e tutti gli altri documenti necessari richiesti dalla legislazione cogente.
Le nuove revisioni delle norme ISO (9001
e 14001 del 2105) sicuramente aiutano
ad andare in questa direzione, avendo
snellito l’approccio, semplificato la struttura organizzativa rendendola più coerente con la realtà delle aziende (ad esempio
sparisce il rappresentante della direzione,
ma si parla ormai di responsabilità distribuite ai vari dirigenti, concetto molto più
coerente con quello cogente di delega).
Sistema di Gestione della
Sicurezza negli impianti RIR
Il DLgs. 105/2015 (Seveso III), ha introdotto numerose novità indotte non solo dalla
direttiva da cui discende, ma anche e soprattutto dal fatto che il Legislatore ha colto l’occasione per legiferare su alcuni
aspetti attuativi della direttiva, così da produrre quello che viene identificato in ambito nazionale come Testo Unico per il Rischio di Incidente Rilevante (RIR), le norme tecniche attuative sono riportate negli
allegati (c.d. letterali). Il Rapporto di Sicurezza, che deve essere redatto e trasmesso
dai Gestori degli stabilimenti a maggior rischio, sono redatti in conformità alle specifiche dell’Allegato C che ha sostituito ed
esteso quanto richiesto dal DPCM 31/3/89
(emanato in regime di “Seveso I” - sono
stati aggiornati i contenuti).
Inoltre, il decreto indica la struttura con
cui deve essere definita la politica arrivando a tracciare gli elementi minimi che
questa deve contenere; è evidente come il
decreto impone in qualche modo quindi
che l’azienda si doti di una struttura organizzativa che sia adeguata alla natura della sua attività, alla sua dimensione, al livello dei rischi lavorativi, agli obiettivi
che si prefigge di raggiungere, nonché ai
relativi programmi di attuazione stabiliti.
Nei vari allegati del Dlgs. 105/2015 sono
stati riportati i contenuti delle varie norme, nonché i dettagli della linea guida
ministeriale per la conduzione delle verifiche ispettive SGS nelle aziende RIR. Tra i
contenuti della Politica viene introdotto
esplicitamente l’impegno da parte del gestore al miglioramento continuo (allineando l’SGS-PIR agli altri sistemi di gestione
novembre/dicembre 2016
Tema
9001:2015 e ISO 14001:2015 e lo sviluppo di un nuovo standard ISO 45001 che
doveva prendere il posto il BS OHSAS
18001:2007. Le norme ISO sono oggetto
di riesame a cadenza regolare, tipicamente ogni 5-10 anni. L’Organizzazione Internazionale per la Normazione (ISO) ha
messo a punto una Higher Level Structure
(HLS) “Struttura di Alto Livello” comune
per le norme di sistema di gestione, per
motivi di standardizzazione, ovvero:
•Identica struttura per tutti i sistemi di gestione;
•Stesso utilizzo di testi e terminologia;
•Standard più facili da capire;
•Applicazione più efficiente di sistemi di
gestione integrati.
Le nuove norme volontarie si presenteranno quindi come un corpo di strumenti per
il controllo di tutti i rischi di un’organizzazione, ivi compresi i rischi di incidente
rilevante.
Il DLgs. 105/15 incentiva l’adozione dei
sistemi di gestione e prevede una riduzione del 20% delle tariffe delle ispezioni
per gli stabilimenti soggetti a rilascio di
AIA (DLgs. 152/2006) che adottano un sistema di certificazione volontario (EMAS,
ISO 14001, BS OHSAS 18001) o un SGSPIR conforme alla UNI 10617 e sottoposto a verifica secondo la UNI TS 11226.
Altre fonti di incentivazione all’adozione
di sistemi di gestione arrivano dal DLgs.
152/2006. Ad esempi gli impianti industriali soggetti alla normativa relativa all’autorizzazione integrata ambientale
(AIA) hanno dei vantaggi tangibili in termini di maggiore durata dell’autorizzazione
e di costi ridotti delle fidejussioni, se sono
certificati secondo la norma ISO 14001 o
registrate secondo il regolamento EMAS.
In realtà in tutte le norme revisionate secondo il nuovo approccio dell’ISO (High
Level Structure) è evidente la necessità di
partire da una analisi del rischio in relazione al contesto ed allo schema di riferimento.
Nel caso specifico, le aziende a rischio di
incidente rilevante hanno a disposizione
una letteratura tecnico-scientifica consolidata per le analisi di rischio, che come
detto sopra, non sono orientate alla gestione delle condizioni ordinarie di esercizio ma soprattutto alla gestione delle condizioni anomale (avviamenti, fermate, re-
25
y Stabilimenti a rischio incidenti: norme volontarie y
Tema
26
volontari), ciò comporta la necessità della
concreta dimostrazione ai verificatori
ispettivi del suo rispetto. In caso contrario
resterebbe inapplicata una parte importante della Politica e quindi dell’attuazione del SGS.
All’interno dell’allegato H vengono inoltre specificate le modalità di controllo
delle aziende RIR con l’adozione delle linee guida ministeriali ISPRA e di una specifica «Check List -allegato 3». Vengono
inoltre introdotte le regole per la pianificazione delle ispezioni, chiarendo che le ispezioni sono svolte da Commissioni
ispettive composte da soggetti individuati
dal CTR per gli stabilimenti di soglia superiore, e dalla regione o dal soggetto da
essa designato per gli stabilimenti di soglia inferiore. Tali ispezioni sono programmate dal Ministero dell’interno, avvalendosi del CTR per gli stabilimenti di soglia
superiore e dalla regione, o dal Soggetto
allo scopo incaricato per gli stabilimenti
di soglia inferiore. I programmi annuali
prevedono che l’intervallo tra due ispezioni presso lo stesso stabilimento sia stabilito in base alla valutazione sistematica
dei pericoli di incidente rilevante relativa
agli stabilimenti RIR. Nel caso in cui tale
valutazione non sia stata effettuata, l’intervallo tra due ispezioni non è, comunque,
superiore a un anno per gli stabilimenti di
novembre/dicembre 2016
soglia superiore e a tre anni per gli stabilimenti di soglia inferiore. Il soggetto che
dispone le ispezioni potrà valutare nella
definizione dei mandati ispettivi (ad
esempio sulla base delle risultanze delle
ispezioni precedenti o dell’esperienza di
incidenti o quasi-incidenti) se richiedere
lo svolgimento di ispezioni mirate alla verifica di alcuni aspetti specifici del SGS (e
quindi solo di alcuni punti specifici delle
liste di riscontro 3.a e 3.b di cui all’appendice 3), oppure richiedere l’effettuazione di un’ispezione che copra tutti gli
aspetti del SGS.
Per quanto riguarda il rischio di incidenti
tecnologici innescati da fenomeni naturali
(rischio NaTech), la nuova norma sancisce
la libertà di scelta da parte dei Gestori
della metodologia di valutazione da adottare con riferimento allo stato dell’arte in
materia.
Conclusioni
L’adozione di un sistema di gestione della
sicurezza viene ritenuto fondamentale per
assicurare la prevenzione degli incidenti
rilevanti ed il principio ispiratore della Direttiva Seveso è che il funzionamento sicuro di una determinata installazione dipende dai criteri gestionali complessivi.
Nelle grandi aziende è naturale se non
necessario adottare sistemi di gestione in-
tegrati, decisione legata alla necessità
adottare comportamenti, regole e procedure coerenti ed omogenei anche in più
siti della stessa azienda magari sparsi in
diversi paesi nel mondo.
L’utilizzo quindi di sistemi di gestione integrati anche con quello relativo al Rischio di Incidenti Rilevanti è connaturato
con la dimensione aziendale.
Nelle aziende invece di piccole dimensioni l’adozione di sistemi di gestione può
apparire un peso se vissuto in modo assolutamente ed esclusivamente burocratico
e formale; è pur vero che nelle aziende
RIR vi sono una serie di adempimenti formali aggiuntivi rispetto alle altre aziende
di pari dimensione.
Un approccio sostanziale effettuato sulla
base innanzitutto della UNI 10617 e se
opportuno anche sulle altre norme (ISO
9001, ISO 14001 e BS OHSAS 18001),
calando sulla effettiva dimensione aziendale i requisiti della norma oltre quelli cogenti, è l’unica arma possibile che ha l’azienda per ridurre effettivamente il Rischio da Incidenti Rilevanti, basando l’implementazione della norma su tutte le risorse disponibili.
n BIBLIOGRAFIA
• D.Lgs.105 del 26/06/2015, pubblicato in G.U., del
14/07/2015
• Domenico Barone. http://www.apvvf.it/public/upload/
Dossier_CTI
• Riccardo Caracuta. http://www.apvvf.it/public/upload/
Dossier_CTI
n SITOGRAFIA
• http://www.amblav.it/
• http://www.uni.com/
• http://www.iso.org/
• http://www.isprambiente.gov.it/
• http://www.cti2000.it/
FRANCESCO TAURASI
INAIL - UOT CVR di Campobasso
[email protected]
DIEGO CERRA
Comitato Nazionale Salute e Sicurezza
[email protected]
GIUSEPPE D’AGOSTINO
Momentive Performance Materials Specialties srl
- Termoli (CB)
[email protected]
www.qualitaonline.it
27
y Sicurezza & Qualità y
Tema
>> Marco DE MITRI
Opportunità, strategie ed
indicazioni operative.
i sistemi di gestione
iSO 39001
I
l gruppo britannico FM CONWAY Ltd.,
uno dei primi a conseguire in Europa la
certificazione ISO 39001, ha ottenuto da
parte della sua compagnia di assicurazioni
una riduzione del premio annuo pari al
10%, a fronte del solo superamento dello
“stage 1” di certificazione. Quanti broker e
fornitori di flotte aziendali conoscono questa certificazione? E quanti fleet manager e
datori di lavoro?
Nel 2012 è stata pubblicata la norma “ISO
39001 - Road Traffic Safety Management
Systems”. Le organizzazioni che dimostrano di avere un sistema di gestione conforme ai requisiti di tale standard possono ottenerne la certificazione da parte un ente
accreditato, in analogia alle varie norme
“di sistema” (ISO 9001, ISO 14001, BS
OHSAS 18001, ecc.).
La norma ISO 39001 definisce i requisiti
che deve avere un sistema organizzativo
mirato alla riduzione del numero di morti e
del numero di feriti conseguenti agli incidenti stradali. Potenzialmente, tale sistema
può essere adottato da qualsiasi tipo di organizzazione: aziende private, gestori di reti stradali, Enti Pubblici, e così via. Tuttavia,
nella sostanza, i soggetti più indicati per
l’implementazione di un sistema di gestione del genere sono le aziende di una certa
dimensione che generano, direttamente o
indirettamente, un gran numero di spostamenti stradali per motivi di lavoro1.
Parlo quindi, in primis, di aziende che trasportano persone o merci, di aziende che
svolgono pubblici servizi (ad esempio: gestione strade, raccolta rifiuti, aziende del tipo “global service”, e così via) oppure di
aziende che hanno su strada una rete vasta
e capillare di persone con mansioni di natura commerciale o operativa (dalle case
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farmaceutiche alle compagnie di telecomunicazioni, dai gruppi bancari ai fornitori di
servizi di manutenzione, e così via).
Il contesto
L’inquadramento normativo
e gli studi di settore
La certificazione ISO 39001 non costituisce
un obbligo di legge. Lo è, invece, la valutazione del rischio stradale per i lavoratori
che abbiano, nella loro mansione, compiti
da svolgere su strada (con o senza l’uso di
veicoli aziendali).
Il Testo Unico sulla Salute e Sicurezza dei
Lavoratori (D.Lgs n. 81/2008 e s. m. e i.)
non cita nello specifico la valutazione del
rischio stradale, a differenza del caso di
tanti altri rischi, anche meno gravi in termini di danni associati, rispetto ai quali dedica invece ampia trattazione. Tuttavia, esso
prevede che i Datori di Lavoro individuino
tutti i rischi a cui possono essere sottoposti i
loro lavoratori, li valutino, ed adottino misure opportune per la riduzione di detti rischi.
Per i lavoratori aventi la strada come luogo
di lavoro, l’incidente stradale è una delle
più frequenti cause di infortunio, ed il “rischio stradale” è uno dei rischi preminenti.
Può quindi non essere sufficiente, da parte
del Datore di Lavoro, verificare la validità
della patente di guida e richiedere ai lavoratori il rispetto delle norme del Codice della Strada per poter dire di avere valutato e
trattato adeguatamente i loro rischi lavorativi.
Varie sentenze della Corte di Cassazione
hanno rafforzato negli anni questo concetto, aderente peraltro a quanto indicato dalla Direttiva Quadro 89/391/CEE, “madre”
dei successivi disposti di legge nazionalie-
manati per la tutela di salute e sicurezza
dei lavoratori (come il nostro D.Lgs. n.
81/2008).
L’importanza della questione emerge peraltro con forza considerando che, dai noti
dati diffusi annualmente da INAIL,circa il
50% delle morti sul lavoro sono dovute ad
incidenti stradali2 (avvenute in itinere o in
occasione di lavoro).
Il tema è peraltro molto sentito anche a livello europeo, come dimostra il recente
progetto “PRAISE” sviluppato dallo European Transport Safety Council (ETSC), relativo proprio allo studio della sicurezza stradale in ambito lavorativo3. Ma anche il
mondo anglosassone, con le numerose
pub blicazioni in materia da parte del l’Health and Safety Executive (HSE), ha
consentito di porre le basi per studiare la
materia in modo rigoroso, prima ancoradi
giungere alla stesura dello standard ISO
390014.
I costi aziendali
Tanto le fonti già citate, quanto diversi altri
studi, hanno poi evidenziato il problema
dei costi monetari derivanti dagli incidenti
stradali sul lavoro. Non entro nel dettaglio
dei numeri, che cambiano naturalmente in
base al tipo di organizzazione in esame.
Evidenzio però che un incidente stradale
sul lavoro non solo produce i costi ad esso
direttamente imputabili (spese di riparazione, penali per consegne o servizi ritardati, e
così via), ma sia anche causa di pesanti
oneri differiti (come i rincari assicurativi) o
indiretti (mancata disponibilità per un certo
periodo di persone o mezzi, danno di immagine aziendale, e così via). Per non parlare del sempre possibile rischio di lunghi
ed onerosi contenziosi legali.
novembre/dicembre 2016
Tema
28
y Sicurezza & Qualità y
La questione è ora studiata anche dai grandi gruppi assicurativi, o almeno da quelli
più innovatori, i quali assistono i loro principali clienti (specie quelli con flotte molto
numerose) con servizi che vanno al di là
della semplice copertura dei danni dovuti
ai sinistri ed arrivano ad agire quasi come
consulenti per la riduzione del rischio stradale. Nella giusta convinzione che una minore sinistrosità sia un obiettivo comune, a
cui sia gli assicuratori che gli assicurati debbano tendere. E, come detto, il gruppo britannico FM CONWAY Ltd., uno dei primi a
conseguire in Europa la certificazione ISO
39001, ha avuto una riduzione del premio
annuo del 10% da parte del suo assicuratore a fronte del solo superamento dello “stage 1” di certificazione.
Quali aziende devono muoversi?
La certificazione ISO 39001 è conseguibile
da organizzazioni di qualsiasi tipo e dimensione. Ma, in particolare, essa assume senso ed utilità per le aziende di dimensioni
medio-grandi, responsabili della presenza
su strada di un gran numero di persone (dipendenti o meno) e mezzi (di proprietà o
meno). Ed è inoltre particolarmente indicata per imprese già dotate di sistemi di gestione conformi agli standard ISO 9001 e
OHSAS 18001. Peraltro, l’approccio di un
sistema organizzativo conforme ai requisiti
della norma ISO 39001 è orientato alla tutela dell’incolumità non solo dei dipendenti
di una data organizzazione, ma anche di
tutti gli utenti della strada rispetto ai quali le
attività dell’organizzazione possono avere
un impatto. La certificazione di un sistema
di gestione conforme a questo standard,
quindi, si sposa bene anche con quelle associate ai modelli organizzativi orientati alla tutela ed al rafforzamento della responsabilità amministrativa e della responsabilità
sociale d’impresa (cfr. D. Lgs 231/2001,
certificazione SA8000, ecc.).
La scelta dei tempi
Le aziende del tipo descritto, in questo periodo, sono peraltro alle prese con la necessità di migliorare il proprio sistema di gestione seguendo le evoluzioni degli standard internazionali. Molti soggetti, infatti,
devono gestire la transizione del sistema organizzativo interno rispettoalle nuove versioni delle norme ISO 9001 ed ISO 14001
novembre/dicembre 2016
(pubblicate nel 2015), e magari puntare anche alla certificazione ISO 450015, di prossima pubblicazione. Ed è importante ricordare come tutte le norme citate, insieme alla ISO 39001, condividono la stessa struttura, facilitando con ciò l’integrazione delle
stesse e la snellezza del sistema6.
In questo contesto, la scelta per una azienda può essere duplice. Si può infatti dedicere diportare prima a termine la transizione
del proprio sistema alle nuove ISO 9001 ed
ISO 45001, prima di “estenderlo” per renderlo conforme anche allaISO 39001. Al
contrario, si può anche “approfittare del
momento”, procedendo con la riorganizzazione del sistema in una fase unica allo
scopo di integrare nello stesso anche i requisiti relativi alla sicurezza stradale e conseguendo la certificazione ISO 39001 in
tempi più rapidi. La scelta dipende, chiaramente, dalle specifiche condizioni aziendali. Un supporto consulenziale altamente
competente e la scelta di un ente di certificazione di spessore risultano decisivi allo
scopo di stabilire la tempistica più adeguata
ed evitare inutili appesantimenti nei processi aziendali.
L’implementazione del sistema
La situazione di partenza
Prendiamo il caso di una azienda con le seguenti caratteristiche: numero di dipendenti
operanti in maggioranza su strada, flotta
veicolare di proprietà, sistema di gestione
già conforme ai requisiti dello standard
OHSAS 18001.
È evidente come la presenza di un sistema
di gestione già certificato OHSAS 18001
costituisca un punto di forza per l’azienda,
dal momento che esso offre non solo una
“cornice” procedurale (con il ciclo di pianificazione, controllo operativo, gestione degli audit, riesame, ecc. già ben rodato e
funzionante), ma anche uno strumento
operativo fortemente orientato alla riduzione dei rischi su strada, con procedure già in
uso e specifiche di situazioni che richiedono attenzione alla sicurezza delle persone
ed all’efficienza dei veicoli. Non è quindi
esagerato ritenere, come peraltro ho direttamente riscontrato in varie realtà aziendali,
che questa condizione consenta all’azienda
di essere già “a metà strada” nel percorso di
certificazione ISO 39001. E comunque, in
ogni caso, il possesso della certificazione
OHSAS 18001 rappresenta per l’obiettivo
in questione un punto di forza, ma non una
condizione necessaria.
Occorre inoltre considerare che l’approccio
indicato dallanorma ISO 39001 non si limita al solo perimetro operativo aziendale,
ma spazia notevolmente, per prendere in
esame anche gli effetti che l’organizzazione
stessa produce nei confronti del contesto in
cui opera. Non basta quindi impostare il sistema solo con riferimento ai rischi a cui
sono esposti i lavoratori quando sono su
strada - tema che peraltro, si spera, sia già
trattato adeguatamente nel documento di
valutazione dei rischi(DVR) - ma anche con
riferimento ai rischi che l’azienda stessa
“porta” sulla strada. Rispetto a tali rischi, le
persone esposte sono costituite da tutti gli
“utenti della strada”. E questo, è uno dei
punti rispetto ai quali, in fase iniziale, la
maggior parte delle aziende si trova ad essere “scoperta”.
Altre lacune che riscontro spesso nella “gap
analysis”iniziale, oltre alla trattazione superficiale del rischio stradale nel DVR, sono date dalla approssimativa gestione della
manutenzione dei veicoli e, soprattutto,dall’assenza di una politica di monitoraggio e
sanzionamento dei comportamenti a rischio che i dipendenti tengono su strada.
Analisi del contesto e pianificazione:
Il rischio stradale nel DVR
e nella ISO 39001
Integrare le procedure aziendali vigenti allo
scopo di raggiungere la conformità ai requisiti ISO 39001 può essere per molte aziende un processo rapido, ma di certo non è
mai banale. È alto il rischio di duplicare informazioni o procedure esistenti, dimenticare lacune su aspetti decivisi e, soprattutto, appesantire il sistema di gestione vigente in modo disorganico e senza conseguire
reali benefici organizzativi, né tantomeno
risultati apprezzabili in termini di riduzione
del rischio e del numero di incidenti. Occorre dunque gestire la cosa con particolare accuratezza ed avvalendosi diriconosciuta competenza.
Partiamo dall’analisi del contesto, ricordando nuovamente che occorre guardare sia
“all’interno” che “all’esterno” del perimetro
aziendale.
“Guardare all’interno” significa approfondire la valutazione dei rischi effettuata in otwww.qualitaonline.it
29
y I sistemi di gestione ISO 39001 y
www.qualitaonline.it
inquadrare come “rischi sul lavoro da interferenza”,risultanosostanzialmente ineliminabili, anche se si può fare qualcosa per limitarne i danni. E ricordando inoltre come
il rischio, per il singolo addetto, può variare
sensibilmente in funzione delle specifiche
condizioni in cui egli si trova ad operare,
che possono cambiare giorno per giorno.
Fin qui, quello che si intende per “guardare
all’interno”.
“Guardare all’esterno” significa invece considerare i rischi che l’azienza “porta” sul
territorio in cui opera,cioè sulle strade sulle
quali avvengono i propri spostamenti. Ad
esempio: per una azienda di trasporto pubblico, si tratta della città o provincia in cui
svolge il servizio; per un corriere espresso o
un autotrasportatore si tratta dell’intera rete
stradale impegnata, ecc.In questo contesto,
occorre fare lo sforzo, per nulla banale, di
capire chi possono essere i propri interlocutori, i quali rientrano tra le cosiddette parti
interessate7: dagli enti locali (come nel caso del trasporto pubblico) ai gestori infrastrutturali, dalle associazioni di categoria
alle forze dell’ordine; dai servizi di emergenza alle compagnie di assicurazioni, ecc.
In funzione del contesto analizzato e dei rischi riscontrati, si passa poi alla fase di pianificazione delle azioni da attuare. La norma ISO 39001 richiede,a questo punto,che
si ragioni in termini di “fattori di prestazione”.
Impostazione del sistema ISO 39001:
i fattori di prestazione
L’individuazione dei fattori di prestazione è
uno dei punti più delicati ed importanti dell’intero processo. Essi si distinguono in “iniziali”, “intermedi” e“finali”8. La loro corretta definizione consente di impostare adeguatamente l’insieme degli indicatori nu-
merici da utilizzare per gestire correttamente le fasi di pianificazione, controllo operativo, analisi delle prestazioni e riesame del
sistema.
Nella sostanza, i fattori iniziali corrispondono ai fattori di esposizione al rischio. Ad
esempio, per i lavoratori, parliamo di tempi
trascorsi su strada odistanze percorse, tutto
ripartito il più possibile in base a mansione
e condizioni particolari di lavoro. Potendo
intervenire direttamente su tali fattori si
avrebbe un forte effetto di riduzione del rischio. Ad esempio, le riunioni condotte in
video-conferenza consentono di evitare
spesso un viaggio in auto, eliminando del
tutto l’esposizione al rischio derivante
dall’attività in questione. Spesso,però, eliminare la presenza delle persone su strada
non è possibile, come nel caso delle attività
derivanti da servizi contrattualizzati (es. trasporto di merci o persone, raccolta rifiuti,
pulizia o manutenzione stradale, ecc.). In
ogni caso, anche ove non fosse possibileintervenire sui fattori iniziali, occorre monitorare gli stessinel dettaglio, per consentire
poi analisi accurate in termini di esiti ed
evoluzione delle prestazioni.
I fattori intermedi sono le vere e proprie “leve” del sistema. Sono cioè dati dalle azioni
concrete che i Datori di Lavoro possono
mettere in atto per la riduzione del rischio
stradale. Non mi dilungo in questa trattazione proponendo l’ennesimo elenco di indicazioni operativesul tema (es. formazione, addestramento, ecc.); ribadisco però
che tali fattori devono essere individuati
con cura, in quanto la loro efficacia varia
molto in base alla tipologia dell’azienda ed
alla situazione di rischio per il lavoratore.
Vanno inoltre associati ad indicatori chiari
e “misurabili”, per poter impostare su di essi obiettivi e piani di miglioramento in modo adeguato(es. percentuale di conducenti
che hanno frequentato un corso di guida sicura, numero e periodicità degli audit interni sulla sicurezza stradale, infrazioni commesse alla guida, ecc.).
I fattori intermedi di prestazione vanno individuati in funzione del tipo di azienda,
cercando di coprire le tre aree fondamentali di intervento: “uomo”, “veicolo” e “spostamento”. Suggerisco qualche indicazione
specifica: per la componente “uomo” ci si
orienta su formazione, addestramento e
preparazione alle emergenze; per la comnovembre/dicembre 2016
Tema
temperanza agli obblighi derivanti dal Testo
Unico. Se quella del rischio stradale non
dovesse essere adeguatamente dettagliata,
come spesso avviene, occorre approdondirla con riferimento ad ogni singola mansione che preveda presenza su strada. Senzaperaltro trascurarele attività di chi ricopre
funzioni dirigenziali, molto spesso in autoper compiticommerciali o di rappresentanza.
Valutare il rischio stradale dei lavoratori
non è banale: la strada non è un ambiente
chiuso e delimitato come un ufficio o un sito produttivo, per i quali, invece, il datore
di lavoro ha pieno potere di stabilire regole
di comportamento o realizzare interventi
strutturali.Su ogni strada circolano, oltre ai
propri dipendenti, persone aventi motivi diversi (lavorativi o meno), con competenze
diverse (in termini di formazione ed addestramento) e su veicoli di tipo diverso (leggeri, pesanti, speciali, ecc.). E, su questa
miriade di soggetti che “interferiscono” con
lo spostamento di unproprio dipendente
(mettendolo anche a rischio), il datore di lavoro non può fare assolutamente nulla.
Quello che invece può fare attiene alla sua
specifica e limitata sfera di influenza, data
dai propri guidatori, dai veicoli che usano e
dagli spostamenti che vengono richiesti loro, come illustro nel seguito.
È evidente come, oltre all’ovvio rispetto
delle normative specifiche (ad esempio in
termini di patenti professionali, dispositivi
di controllo per i mezzi pesanti, norme su
alcool o tempi di guida, ecc.), la valutazione del rischio stradale debba portare datori
di lavoro e responsabili del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) a conclusioni
e misure di miglioramento adeguate. E quesot, pur tenendo presente che gli incidenti
causati da colpa altrui, che possiamo quasi
Tema
30
y I sistemi di gestione ISO 39001 y
ponente “veicolo” si cerca dimigliorarele
procedure di gestione e manutenzione dei
veicoli; per la componente “spostamento”
si ragiona su come ridurre o gestire il numero di spostamenti effettuati in condizioni
di rischio. Ma solo scendendo nel dettaglio
del contesto organizzativo è possibile pervenire alla definizione dell’insieme corretto
dei fattori intermedi, considerando spesso
che, peraltro, alcuni di tali fattori possono
essere già presenti come elemento del sistema di gestione vigenteo come misura di
miglioramento derivante dalla valutazione
dei rischi.
I fattori finali costituiscono infine il “risultato” delle prestazioni dell’azienda in termini
di sicurezza stradale. Parliamo quindi del
numero di incidenti avvenuti su base periodica (es. annuale), suddivisi per tipo di
mezzo, mansione lavorativa, esito (es. con
lesioni a persone o meno), giorni di lavoro
persi da persone e veicoli, ecc. Ed è bene
comprendere in tale elenco anche i tanti
fattori “sentinella”, come ad esempio il numero di avarie occorse ai mezzi, quello di
infrazioni al codice della strada commesse
dai lavoratori, o ancora,il monitoraggio e
l’analisi degli esiti di alcool e drug-test a cui
sono sottoposti i conducenti aziendali (sia
in occasione della sorveglianza sanitaria
chea seguito di controlli su strada da parte
delle forze dell’ordine). I valori relativi a tali
indicatori devono poi essere monitorati ed
analizzati periodicamente, per capire se le
azioni messe in campo (date dai “fattori intermedi”) sono efficaci o meno. E, allo scopo di una buona analisi, è opportuno rapportare tali valori a quelli dei fattori iniziali
(es. il numero di sinistri, infrazioni o avarie
mensili va rapportato alle percorrenze fatte
o alle ore trascorse su strada nello stesso
periodo, e così via).
Il sistema di gestione
Tutto quanto ho descritto va inquadrato e
gestito nel normale ciclo del sistema di gestione vigente, che non costituisce solo una
cornice formale ma è anzi lo strumento
operativo con cui eseguire le varie procedure individuate. In fase di avvio del sistema ISO 39001 sta poi al responsabile
aziendale del sistema (l’”HSE Manager”)
decidere se, nell’ottica dell’efficienza
aziendale e dell’integrazione delle varie
norme di sistema, possa essere utile eseguinovembre/dicembre 2016
re fin da subito audit interni congiunti sulle
diverse norme o procedere invece in prima
battuta con uno specifico approfondimento
sul tema del rischio stradale. E, in sede di
riesame delle prestazioni, è bene che la direzione si ponga obiettivi di miglioramento
adeguati su un orizzonte temporale di medio termine (ad esempio su tre anni), verificando però almeno annualmente l’andamento delle prestazioni ed il gap residuo rispetto agli obiettivi. Il tutto, senza dimenticare la necessità di un impegno fattivo e
convinto da parte delle figure dirigenziali9,
che sullo specifico tema corrono spesso il
rischio di ritenersi “al di sopra delle parti” e
quindi libere di comportarsi in difformità rispetto alle prescrizioni date ai loro stessi dipendenti e riportate nella politica aziendale. Una lacuna su tale aspetto può, in molti
casi, pregiudicare l’efficacia dell’intero sistema.
grazione dei sistemi di gestione.
Per le aziende più grandi il discorso è diverso. Quelle più avvedute stanno da tempo
implementando, all’interno dei loro sistemi
di gestione, azioni e procedure specifiche
per la riduzione del rischio stradale (dai
corsi di guida sicura alla formazione specificacon psicologi del traffico; dall’uso di sistemi GPS per il monitoraggio della guida
al sanzionamento dei dipendenti che commettono infrazioni al Codice della Strada, e
così via). Per tali organizzazioni, il conseguimento della certificazione ISO 39001 è
un passo ormai quasi inevitabile, oltre che
relativamenterapido. E quelle con datori di
lavoro e dirigenti dotati di competenzae
lungimiranza non potranno che percorrerlo
a breve.
n NOTE
1
Non faccio riferimento, in questa trattazione, agli spostamenti in itinere, che rientrano peraltro nella sfera di
Conclusioni
Con una implementazione adeguata del sistema e con azioni serie e convinte, in un
triennio è possibile arrivare ad una riduzione di incidenti, sinistri e costi ad essi associatiin misura pari al 50% ed oltre, come
dimostrano le migliori esperienze europee
nel settore. Ed ai vari benefici economici
(riduzione dei costi di riparazione e dei
tempi di indisponibilità di persone e veicoli, riduzione dei costi assicurativi, accesso
ad incentivi INAIL, ecc), si sommano quelli
gestionali (con una migliore efficienza
aziendale), giuridici (con tutele rafforzate riguardo alla responsabilità di impresa) e di
immagine (con un forte riconoscimento di
carattere innovativo e di responsabilità sociale da far valere rispetto alla concorrenza).
Per le aziende di dimensioni minori, e magari neanche dotate di un sistema conforme
ad OHSAS 18001, la strada può essere più
lunga ed i costi da sostenere più rilevanti. Il
consiglio, in questo caso, può essere quello
di far effettuare solo una rapida “gap analysis” da parte di una figura esperta, per verificare quanto i requisiti dettati dalla norma
ISO 39001 possano essere distanti o meno
dallo stato attuale, e decidere solo dopo se,
e con che tempi, procedere alla implementazione del sistema. Il tutto, tenendo presente quanto già detto in tema di evoluzione delle norme ISO ed opportunità di inte-
competenza dei mobility manager, almeno dal punto
di vista degli impatti ambientali.
2
In merito ai dati sui sinistri stradali lavorativi è inoltre
doveroso citare l’importante studio effettuato dal
gruppo di Lavoro “Provincia, ASL e INAIL di Mantova”, presentato nel novembre 2015, che ha avuto lo
scopo di correlare i dati provenienti dalle diverse fonti
per costruire un quadro conoscitivo completo ed accurato sul tema.
3
4
http://etsc.eu/projects/praise/.
Consiglio vivamente, a tale scopo, la consultazione
della guida “Driving at work - Managing work-related
road safety” (HSE, 2014).
5
La ISO 45001 è la nuova norma ISO dedicata alla salute e sicurezza dei lavoratori. E’ facile aspettarsi una
“migrazione” verso di essa da parte di molte aziende
oggi in possesso della OHSAS 18001.
6
Tutte le norme sui Sistemi di Gestione, in revisione o
in nuova emissione, sono ora allineate alla nuova
struttura comune obbligatoria ISO chiamata Struttura
generale di alto livello (High Level Structure, HLS),
definita nell’allegato SL delle Direttive ISO/IEC, 1a
parte.
7
cfr. punto 4.2 della norma.
8
cfr. punto 6.3 della norma.
9
Cfr. capitolo 5 della norma (“Leadership”).
MARCO DE MITRI
Ingegnere,esperto in sicurezza stradale sul lavoro
e sistemi ISO 39001
NIER Ingegneria SpA.
[email protected]
www.qualitaonline.it
31
y Sicurezza & Qualità y
Tema
>> Catterina PASQUALIN e Piero VIGUTTO
La percezione del rischio:
prevenire con la formazione
“Shit happens” is a vulgar though common way of saying that “Sometimes bad things
happen”. But, is it true or is it a simple way to explain something that we cannot understand? In this article we describe how our brain works when we are in danger, how operators put themselves at risk and why experts’ behaviour and choices are also sometimes
puzzling. This can often be explained not so much as an unlucky moment, but rather as
wrong data analysis made by our mental structures that sometimes seem to work against
us and not for us. It is what happened to Reinold Messner who climbed up all the biggest
mountains on Earth and broke his heel jumping over a fence. The question is: how can
we avoid these phenomena from occuring? The answer is: training, communication and a
correct mindset developed in a company setting which is used to endorse every safety
best practice.
A
lcuni incidenti accadono e non possiamo evitarli. Questa affermazione è
del tutto vera oppure in sé nasconde una
forma di giustificazione per la nostra incapacità di controllare e gestire le situazioni? Riflettiamo bene.
Quali sono i meccanismi mentali che ci
portano a compiere i più banali errori di
valutazione? Per quale motivo, anche con
anni di esperienza, possiamo incorrere in
incidenti particolarmente gravi? Per lo
stesso motivo per cui Reinhold Messner,
alpinista che per primo scalò tutti gli
“8000 metri” del mondo, pur essendo
abituato ad arrampicate pericolosissime si
ruppe il calcagno in un banale incidente
domestico. Le cause non sono univoche e
per nulla banali.
L’analisi del fenomeno della percezione
del rischio, ancorché tardiva nella storia
della sicurezza sul lavoro, ha coinvolto
decine di ricercatori producendo una letteratura cospicua. Ne parla Piero Vigutto
nel libro “La percezione de rischio”1 che
pone in evidenza come il pensiero industriale sia maturato nei decenni, passando
da un completo disinteresse per la sicurezza individuale tipico della rivoluzione
www.qualitaonline.it
industriale, alle analisi della percezione
del rischio del XX secolo, fino ad arrivare
ai Decreti Legislativi n. 81/2008 e n.
231/2001 che della sicurezza sono i cardini odierni. Forse come non mai proprio
il Decreto Legislativo n 81/2008 ha messo
al centro l’uomo che opera all'interno di
un ambiente e che da esso mai si slega
pur mantenendo la propria singolarità di
individuo che sceglie come agire in esso
ed interagire con esso. Ogni incidente, infatti, è diverso dall'altro tanto che la giurisprudenza, quando viene chiamata ad attribuire la responsabilità degli eventi, non
riesce e non può trovare un approccio individualistico che è invece proprio della
psicologia del lavoro.
Allora, se la soggettività e l’ambiente mutevole giocano una partita sempre diversa
nella gestione della sicurezza, come possiamo premunirci dagli incidenti o prevederli?
La risposta riguarda la capacità di previsione dell’evento ed è presto data: non si
può prevedere il futuro. Nessuno può.
Tutte le previsioni hanno un certo grado
di fallacità. Se potessimo prevedere il futuro non compiremmo errori, invece gli
errori sono parte integrante della nostra
vita. A determinare gli esiti nefasti di alcune scelte non ci pensa il fato. L'operatore
che si schiaccia le mani sotto la pressa,
l’alpinista esperto che si rompe una gamba e un comune risparmiatore che investe
nel mercato sbagliato, applicano lo stesso
meccanismo cerebrale del tacchino americano del ringraziamento (vedere: N. T.
Nassim, Il cigno nero). Il tacchino cresce
osservando ogni giorno della sua vita un
placido allevatore che gli offre il cibo con
le sue mani amorevoli. Un’azione ripetuta
per giorni e giorni che fa credere al tacchino di essere al sicuro, fino a quando
quelle stesse mani che lo hanno nutrito
afferrano l’ascia per tagliargli la testa e
cucinarlo al forno con le patate. Non so
cosa pensi un tacchino in quella situazione, ma un attimo di smarrimento deve
averlo di sicuro. Il suo mondo di certezze
crolla improvvisamente.
Così accade per l’investitore, l’operaio e
l’alpinista che, dopo aver ripetuto migliaia
di volte la stessa operazione in condizioni
di complessità elevata, cadono vittime di
un banale errore di valutazione.
La risposta alla prima parte della domanda, ovvero come possiamo premunirci
dagli incidenti, è più complessa. La prevenzione del rischio passa dall'educazione del personale, ovvero dalla cultura
aziendale. In parole povere, dalla formazione. Non sempre però le esperienze in
tal senso risultano dal punto di vista metodologico accattivanti: contenuti normativi, lezioni frontali... ascoltare, ascoltare,
ancora ascoltare. Spesso principalmente
con due effetti: la sonnolenza e il totale
oblio. Se davvero è così, qual è quindi la
loro utilità? Pressoché nulla!
novembre/dicembre 2016
Tema
32
y Sicurezza & Qualità y
Tenendo conto di questi feedback, quello
che dobbiamo chiederci come formatori
è: come possiamo promuovere le competenze sulla sicurezza affinché si traducano in azioni di prevenzione e cultura
aziendale?
Se la lezione frontale stimola la sonnolenza, ma soprattutto risulta inefficace, dobbiamo cambiare metodologia introducendo una componente esperienziale, per far
sì che questi concetti diventino, mano a
mano, parte dell’agito giornaliero. Solo
così le azioni e le proposte di prevenzione verranno interiorizzate e fatte proprie,
accolte quindi in maniera meno faticosa
e più motivante, non passivamente accettate, spesso infruttuosamente, perché imposte dall’alto. La formazione così strutturata, permetterà di valutare il più possibile
correttamente il rischio interagendo in
maniera intelligente con il pericolo. Smetteremo di definire l’incidente come evento sfortunato o fortuito, superando quelle
difficoltà e quei limiti mentali che spesso
hanno impedito comportamenti adeguati.
È quindi importante capire quali siano
questi atteggiamenti inappropriati. Ecco
qui alcuni esempi, di certo non esaustivi,
ma in cui qualcuno di voi si potrà riconoscere.
La banalizzazione dell’evento: Messner
non si aspettava di rompersi una gamba in
un incidente così sciocco proprio perché
aveva scalato tutte le montagne più alte
della terra. Probabilmente è stato vittima
di un eccesso di sicurezza. La frase più
pericolosa in questi casi è: «Cosa vuoi
che sia, ho fatto ben altro!?».
La ripetitività: l’operaio che incorre in un
incidente utilizzando un macchinario che
conosce benissimo, dopo aver replicato le
stesse azioni per anni, ha sempre compiuto correttamente la manovra e quindi l’incidente è stato un caso, oppure ha sempre
agito in maniera scorretta ma gli è sempre
andata bene? Probabilmente è stato vittima del «ho sempre fatto così (...e mi è
sempre andata bene)». Se hai sempre fatto così, chiediti se hai sempre agito correttamente. Confrontati con qualcun altro
per avere un diverso punto di vista, accettando anche la critica ad un modo di agire che si pensava corretto e che invece
non lo è. Se fosse stato corretto non ci sarebbe stato un incidente.
novembre/dicembre 2016
L’imprevedibile: il nostro investitore ha
analizzato attentamente il trend di mercato degli ultimi anni, individuando una
particolare azione che ha avuto un andamento costante e crescente. Punta i suoi
risparmi su quel titolo e … perde. Per
quale motivo? Nessuno, a questo mondo,
può prevedere il futuro (lo abbiamo già
detto) tuttavia ognuno di noi, almeno una
volta nella vita, ha agito come se potesse
farlo. Anche in questo caso nel cervello
dell'investitore è intervenuto il concetto
che «è sempre andata così» e non ha tenuto conto del fatto che non sempre si
può prevedere il futuro solo attraverso l'analisi dell'andamento del passato. Il prevedibile è sempre vittima dell'imprevedibile. Così è stato per l’operaio che ha
sempre effettuato una manovra rischiosa
valutandola diversamente. Ha utilizzato
l’esperienza passata per prevedere l’andamento del futuro e … ci ha rimesso una
mano o peggio.
Questo tipo di ragionamento non appartiene solamente a Messner, al tacchino,
all’investitore o all’operaio. È proprio di
ognuno di noi. Siamo fatti così, incapaci
di calcolare correttamente le probabilità
che gli eventi si verifichino. Non teniamo
presente che ogni evento è una singolarità
quasi completamente indipendente dal
resto e che include in sé la possibilità che
non succeda nulla ma anche il suo contrario. Facciamo un esempio per meglio
chiarire le modalità di ragionamento che
adottiamo.
Abbiamo detto che ogni nostra azione,
anche se ripetuta in serie e in maniera
sempre identica, equivale ad una serie di
singolarità. E’ come estrarre una pallina
da un vaso, le palline sono tutte di colori
diversi e una sola è nera.
Dopo ogni estrazione rimettiamo la pallina estratta nel vaso. Potremmo effettuare
1000 estrazioni trovandoci sempre in mano una pallina colorata, questo basterebbe a convincerci che non ci siano palline
nere, o che pur sapendo che c’è una pallina nera, la probabilità di estrarla è inesistente. Ma in realtà ci sbagliamo. La probabilità è bassa ma è sempre del 1% ad
ogni estrazione, paradossalmente la stessa
probabilità che ha ogni altra pallina del
vaso. Così funziona il nostro cervello.
Compiamo una manovra errata e non
succede nulla. La ripetiamo, 10, 100,
1000 volte e ci convinciamo che non succederà mai nulla, che abbiamo il controllo della situazione, e ci stupiamo quando
quella stessa manovra ripetuta decine e
centinaia di volte, comporta un incidente.
Lo chiamiamo caso sfortunato oppure,
ancor peggio, l’eccezione che conferma
la regola. Invece non è né sfortuna né
l’eccezione alla regola, è solamente la
conseguenze di un’azione che si è manifestata per quello che è sempre stata: un
errore procedurale.
Nella genesi degli accadimenti poco dovremmo credere alla fortuna o alla sfortuna, molto alla causalità data dalle nostre
azioni e alla casualità, definibile come incontrollabilità ed incomprensione delle
conseguenze che le azioni degli altri hanno su di noi. La causalità è soggettiva e riguarda i comportamenti che più o meno
consapevolmente mettiamo in atto in prima persona. Fortuna e sfortuna sono solo
i nomi che diamo alla causalità che si
somma alla casualità. Se il risultato ci è
favorevole lo chiamiamo fortuna, altrimenti sfortuna.
Fare formazione significa evitare tutto
questo. Conoscere il fatto ed analizzarne
le cause, confrontarsi su ciò e condividere, analizzare gli errori ed imparare da
questi. Comunicare, condividere, crescere
insieme, far tesoro delle esperienze e
competenze reciproche considerando il
collega, il compagno di lavoro una risorsa, un’opportunità per migliorare con
www.qualitaonline.it
33
y La percezione del rischio: prevenire con la formazione y
teggiamento può contribuire a mettere in
pericolo la propria incolumità e quella
degli altri. L’approccio formativo pertanto
assume un ruolo determinante ai fini della
prevenzione del rischio: l’unica risorsa
quindi non è il formatore che meglio si
configurerà come coach, ma tutte le persone che nel processo sono coinvolte perché, come si diceva, sono portatori di
esperienza, di competenze ma anche di
errori da cui imparare: lo psicologo Guido Petter parla di “errore produttivo” e nel
sistema Toyota, partendo dai pezzi mal riusciti, si apre l’analisi per porre in essere
il miglioramento continuo2. Si promuoverà così il protagonismo di ognuno da mettere in gioco a beneficio di tutti.
n NOTE
1
VIGUTTO P., La percezione del rischio, L’Orto della Cultura, 2016
2
MASAAKI IMAI, Gemba Kaigzen, il Sole 24 ORE,
1997
CATTERINA PASQUALIN
Componente del CD Aicq triveneto
[email protected]
[email protected]
PIERO VIGUTTO,
psicologo del lavoro e delle organizzazioni;
fondatore di HR&O Consulting e consulente
in ambito risorse umane;
scrittore, saggista e blogger
[email protected]
dro della qualità del lavoro nei vari paesi aderenti all’Organizzazione; l’Italia, purtroppo, è vicina alla media nelle remunerazioni, debole nelle
condizioni dell’ambiente lavorativo e agli ultimi posti per la protezione nel mercato del lavoro. Nel linguaggio della Qualità ci sarebbero enormi aree di miglioramento. Negli ultimi tempi, i dati su occupazione e disoccupazione hanno conquistato spesso le prime pagine dei giornali e
monopolizzato sovente i dibattiti politici, soprattutto dopo l’approvazione del Jobs Act. L’aspetto più difficile da misurare resta la qualità dei
posti di lavoro (esistenti e creati). Ma come si misura la qualità del lavoro?
L’OCSE ha elaborato un quadro di analisi per misurare con indicatori oggettivi la qualità del lavoro secondo tre dimensioni:
1. la qualità delle remunerazioni: per misurare se i redditi da lavoro riescano a portare il benessere dei lavoratori (salari medi a parità di potere
d’acquisto e loro distribuzione);
2. la protezione nel mercato del lavoro, per misurare la probabilità di perdere il proprio posto di lavoro e nell’eventualità di ricevere un sussidio per attutire le gravi ripercussioni economiche che ne conseguono;
3. la qualità dell’ambiente di lavoro, algoritmo utile per misurare gli aspetti non economici (natura e contenuto del lavoro svolto; orari di lavoro; relazioni lavorative).
Anche questi risultati registrano una notevole diversità tra paesi aderenti all’OCSE.
Se si considerano i tre indicatori insieme, i paesi con una qualità del lavoro più elevata sono quelli scandinavi, ma anche la Germania, l’Austria, la Svizzera e l’Australia. All’estremo opposto si trovano i paesi dell’Est e del Sud dell’Europa che risucchiano al loro interno anche l’Italia,
purtroppo; la posizione è soprattutto determinata dalla scarsa protezione nel mercato del lavoro e da una qualità non eccellente dell’ambiente
lavorativo. Più nel dettaglio, in Italia la qualità delle remunerazioni a parità di potere d’acquisto è vicina alla media OCSE: nonostante salari
medi inferiori, le disuguaglianze salariali sono relativamente più basse rispetto a molti altri paesi; questi due elementi insieme permettono di
collocare l’Italia nel gruppo intermedio, lontana dai paesi scandinavi.Molto più debole, invece, è il livello di protezione nel mercato del lavoro. L’Italia è terzultima, dopo Grecia e Spagna, allo stesso livello del Portogallo: il risultato è determinato da un aumento significativo delle
probabilità che hanno i lavoratori di perdere il posto di lavoro senza poterne trovare un altro in tempi brevi e da un sistema di sostegno al reddito per i disoccupati ancora parziale. Più in generale, il risultato riflette il dualismo del nostro mercato del lavoro, cioè lo scarto che esiste tra i
lavoratori con contratto a tempo indeterminato e gli altri, non solo in termini di regole per il licenziamento, ma anche di coperture previdenziali più basse. Per quanto riguarda invece la qualità dell’ambiente di lavoro, l’Italia è nella parte bassa della classifica dei paesi OCSE; risulta
infatti che quasi la metà dei lavoratori italiani è “sotto pressione”, cioè esposta a ritmi elevati e, in alcuni casi, a rischi per la salute non compensati da risorse adeguate per svolgere le mansioni richieste.
Si riporta di seguito la graduatorie di questa “dimensione”: 1) Finlandia (›); 2) Danimarca (›); 3) Irlanda (›); 4) Lussemburgo (=); 5) Regno Unito (=); 6) Estonia (Ø); 7) Svezia (›); 8) Belgio (›); 9) Repubblica Ceca (Ø); 10) Olanda (›); 11) Austria (=); 12) Germania (Ø); 13) Francia (Ø); 14)
Portogallo (Ø); 15) ITALIA (Ø); 16) Polonia (Ø); 17) Slovacchia (=); 18) Slovenia (›); 19) Ungheria (=); 20) Spagna (=) 21) Grecia (=).
La crisi ovviamente non ha migliorato la situazione: la qualità dei salari è scesa; il grado di protezione è peggiorato sensibilmente (l’Italia era a
due terzi della classifica OCSE nel 2007, è ora terzultima); la qualità dell’ambiente di lavoro è migliorata leggermente, in parte in conseguenza
del fatto che i posti di lavoro più “sotto pressione” sono andati persi, con un effetto meccanicamente positivo sulla media generale.
novembre/dicembre 2016
[sb]
Spigolature
PEr l’ocsE l’iTalia PrimEggia nEl «lavoro sEnza qualiTà»
Una recente indagine dell’OCSE «OECD - JOB QUALITY Database (2016)» ha fornito elementi molto interessanti per rappresentare un qua-
www.qualitaonline.it
Tema
quelle che oggi chiameremmo azioni di
cooperative learning o peer to peer modelli educativi e formativi che contribuiscono a diminuire la probabilità di reiterare comportamenti inappropriati e a
creare clima positivo interno attraverso
l’anatomia dell’esperienza vissuta.
La condivisione del sapere riduce la possibilità di catalogare come casuale l’evento, ci permette di prenderne atto e di informare gli altri sulle condizioni di rischio
che precedono l’evento nefasto.
Spesso, invece, l'evento nefasto viene nascosto. Il piccolo infortunio viene generalmente sottovalutato e catalogato come
evento casualmente negativo all'interno
di una serie di eventi positivi. Questo at-
Tema
34
y Studi & Ricerche y
>> Marco MANTOAN
La nuova normativa
IATF 16949
IATF 16949: the new international standard for Quality management in the automotive
industry, representing the evolution of ISO-TS 16949
Nearly 20 years have passed since the first ISO/TS 16949, the technical specification for
automotive sector quality management systems, was developed in 1999, and then followed by subsequent 2002 and 2009 editions. On 1st October 2016, the new IATF 16949
has been published, superseding and replacing the current ISO/TS 16949. Although the
new standard is no longer ISO branded - but designed as an autonomous document, with
the dual purpose of keeping a tight control of the worldwide scheme and manage updates in a short time - its structure remains aligned and refers to ISO 9001, the quality management systems standard updated in 2015.
A higher number of requirements can be found in IATF 16949 than in ISO/TS 16949,
which already contained about 60% more than the ISO 9001. Moreover, IATF 16949 includes some Customer Specific Requirements and is also strongly oriented to Risk Management.
D
opo un’intensa attività durata più due
anni, si è concluso il lavoro di aggiornamento della norma per i sistemi di certificazione Qualità dell’automotive, che ha
dato vita alla nuova IATF 16949, pubblicata il 1° ottobre 2016, erede dell’ISO/TS
16949. All’elaborazione del documento
hanno partecipato organismi di certificazione, OEM, fornitori e auditor da tutto il
mondo. In Italia, il gruppo di lavoro è stato
coordinato da ANFIA e costituito dai rappresentanti dei fornitori italiani, con la
partecipazione del Costruttore nazionale.
Numerosi e interessanti gli input raccolti e
le proposte di aggiornamento riconosciute
come valide ed efficaci, poi armonizzate e
confluite nella release finale della norma.
Sono passati quasi vent’anni dalla prima
edizione dell’ISO/TS 16949, nel 1999, a
cui hanno fatto seguito le successive edizioni del 2002 e del 2009 e chi le conosce, avrà immediatamente notato che la
nuova IATF 16949 non è più targata ISO.
Prima di addentrarci nei motivi che hanno
condotto a questa scelta e nell’analisi dei
novembre/dicembre 2016
contenuti della pubblicazione, un breve
excursus storico potrà essere d’aiuto per
comprendere il percorso evolutivo della
Qualità nell’automotive fino ad oggi.
L’ISO/TS 16949 nasce dall’esigenza di
uniformare i sistemi di valutazione e certificazione nella catena di fornitura del
mondo auto. Intorno alla metà degli anni
’90, infatti, i maggiori Costruttori europei e
le Associazioni nazionali dell’automotive
svilupparono, in maniera indipendente tra
le varie nazioni, i primi schemi di certificazione per i fornitori del mondo auto.
Prima di questa fase, esistevano già dei
documenti per la valutazione dei fornitori,
realizzati nell’ambito di specifici programmi per lo sviluppo della Qualità nel settore autoveicolistico, e utilizzati per le valutazioni di parte seconda. In particolare,
guardando all’Europa: la Guida francese
EAQF ’94, la Guida tedesca VDA 6.1 e la
Guida ANFIA AVSQ ‘94 “Valutazione Sistemi Qualità”. L’AVSQ ‘94 è stata elaborata attraverso il lavoro comune dei Costruttori e dei componentisti e, una volta
ottenuto il mutuo riconoscimento con le
corrispondenti altre due guide, diventò il
riferimento nazionale in materia. Sempre
in quegli anni, venne introdotto anche lo
standard di Qualità QS9000, nato dallo
sforzo comune dei tre Costruttori americani General Motors, Chrysler e Ford.
A fronte di una crescente internazionalizzazione dei fornitori e delle fonti di acquisto, si poneva, in quegli anni, per questi
fornitori, il problema della doppia certificazione: una secondo uno qualunque degli schemi europei, l’altra secondo lo
schema QS9000. I Costruttori, quindi, si
resero ben presto conto della necessità di
arrivare a un documento comune, condiviso, orientato alla certificazione e valido
in tutto il mondo, in grado di far risparmiare buona parte del tempo e delle energie
impiegati negli audit ripetuti secondo i diversi modelli.
La strada del mutuo riconoscimento fra
documenti difformi, infatti, non era più
percorribile, non solo per i differenti tipi di
approccio, ma anche perché sia i valutatori di parte seconda e terza, sia i referenti
delle aziende fornitrici, avrebbero dovuto
essere formati all’impiego di documenti
diversi, a loro volta passibili di modifiche
ed evoluzioni da ricondividere ad ogni occasione.
Allo stesso modo, affidarsi unicamente alla norma ISO 9001 – che, pure, nell’edizione del 1994, fungeva da base, nelle linee generali, anche per il mondo dell’auto
– non poteva rappresentare una soluzione,
essendo la norma necessariamente generalista e basata sul rispetto di requisiti molto elastici, mentre il comparto automotive
aveva già sviluppato, nel corso degli anni,
metodologie applicative specifiche per il
www.qualitaonline.it
35
y La nuova normativa IATF 16949 y
> Fig 1 - T2 in Italia
prodotto auto.
Di qui, la nascita dell’IATF (International
Automotive Task Force), i cui membri fondatori sono ANFIA e le Associazioni consorelle statunitense AIAG, inglese SMMT,
tedesca VDA e francese FIEV, nonché le
corrispondenti Case automobilistiche –
Fiat in Italia, Chrysler, Ford e General Motors in USA, BMW, Volkswagen e Daimler
in Germania, Peugeot, Citroen e Renault
in Francia – la quale, in circa 3 anni, elabora la specifica tecnica ISO/TS 16949,
pubblicata, alla sua prima edizione, a
marzo 1999. In sintesi, gli obiettivi del documento erano: garantire la fiducia nel
global sourcing, migliorare la qualità di
prodotti e processi – molto più di quanto
si potesse ottenere dall’applicazione dell’ISO 9001 – adottare un unico approccio,
riducendo, così, la variabilità e il numero
di valutazioni.
Si tratta di un documento innovativo, grazie ad uno spiccato orientamento al cliente, all’inserimento di requisiti specifici dei
clienti, e anche perché ha avuto il merito
di introdurre un set comune di particolari
tecniche e metodologie impiegate nell’ambito dello sviluppo prodotto/processo,
in produzione e per effettuare l’analisi dei
dati. Costruttori e Associazioni di settore
hanno quindi poi realizzato, nel tempo,
una serie di pubblicazioni tecniche di supporto alle aziende per lo sviluppo di una
cultura comune su molte metodologie.
Per rendere il documento ancora più ufficiale e di sostanza, l’IATF, in quegli anni
di sviluppo, prese contatti con l’ISO. Quewww.qualitaonline.it
decine di migliaia di fornitori certificati (figura n. 2). Non a caso, a testimonianza
del rilievo che ha progressivamente assunto negli anni, si tratta del terzo schema di
certificazione più diffuso nel mondo dopo
l’ISO 9001 e l’ISO 14001 (figura n. 3).
Tornando alla nuova IATF 16949 – oggi e
ancor più in futuro l’unico documento esistente per la certificazione dei sistemi di
gestione Qualità automotive – possiamo
dire che è stata concepita come documento autonomo con il duplice intento di
mantenere uno stretto controllo dello
schema a livello mondiale e di gestirne in
tempi rapidi gli aggiornamenti. E’ chiaro
che l’obiettivo che l’IATF si pone resta
quello di incrementare le prestazioni della
supply chain, portandole al livello e alle
aspettative dei clienti, punto dolente di
questi anni di applicazione. Pur non essendo più una pubblicazione ISO, la struttura del nuovo documento rimane quella
dell’ISO 9001, che ha visto un recente aggiornamento a settembre 2015 e, analogamente, IATF continuerà comunque a lavorare con ISO.
La nuova norma, quindi, è ora elaborata
con maggiore rapidità, essendo il frutto
del lavoro e dell’approvazione di un gruppo di referenti più ristretto. Aggiornamenti,
modifiche o interpretazioni autentiche avverranno, quindi, secondo un processo
più rapido che permetterà anche, ad
esempio, adeguamenti più frequenti laddove necessario in conseguenza dello sviluppo e dell’evoluzione del mercato, dei
prodotti e delle innovazioni tecnologiche
in genere, dei processi, delle condizioni
economiche.
E’ importante puntualizzare, in ogni caso,
che la norma IATF 16949, in ambito certificazione, non può essere impiegata da sola, ma unicamente e obbligatoriamente
con la norma ISO 9001. Pertanto, tutte le
organizzazioni devono sviluppare il proprio sistema qualità tenendo conto dei requisiti contenuti nell’ISO 9001 e nell’IATF
16949 e non può esistere un certificato rilasciato in accordo all’IATF 16949 ottenuto con la sola verifica dei requisiti contenuti nell’IATF 16949.
Venendo ai punti salienti della nuova norma, si rileva un maggior numero di requisiti rispetto all’ISO/TS 16949, che già ne
conteneva circa il 60% in più rispetto all’Inovembre/dicembre 2016
Tema
> Fig 1 - T2 nel mondo
sti contatti portarono alla decisione comune, IATF e ISO, di pubblicare lo standard
automotive come Specifica Tecnica sotto
l’ombrello ISO, motivo per cui parlare di
“documento” è riduttivo, in quanto lo
Schema comprende la realizzazione del
documento standard condiviso, la definizione di regole comuni per la certificazione dei fornitori, e la definizione degli organismi di formazione per la qualifica dei
valutatori di parte terza (auditor). L’IATF
definisce anche i profili di competenze
degli auditor: conoscenza dell’ISO/TS e
delle regole, conoscenza dell’approccio
per processi e delle metodologie di base.
Questo primo documento normativo rappresenta sostanzialmente un lavoro di armonizzazione e integrazione delle precedenti guide sui sistemi qualità automotive
sviluppati dalle singole nazioni e non una
costola o un aggiornamento di un qualche
singolo documento preesistente. E’ bene,
inoltre, sfatare un altro falso mito, con
buona pace dei cultori di questo o quel
documento.
Pur essendo vero, infatti, che nell’ISO/TS
16949 si fa riferimento ad alcune metodologie, ciò non significa che vengano indicati metodologie o documenti nazionali
specifici, mentre, spesso, si è fatto invece
riferimento ai requisiti del cliente. I fornitori, in altre parole, sono liberi di scegliere
un documento proprio, sviluppato internamente, per l’applicazione di metodologie
come SPC o FMEA, oppure di seguire uno
qualunque dei manuali sviluppati dalle
maggiori associazioni di settore (VDA,
ANFIA, e così via).
C’è da dire che, nella versione del 1999,
l’ISO/TS richiamava un numero relativamente ampio di metodologie – sempre in
maniera generica e senza riferimento a
documenti specifici – ma, a partire dalla
revisione del 2002, è stato scelto di mantenere solo tre metodologie fondamentali,
rendendole obbligatorie: FMEA, SPC ed
MSA. Fino ad oggi, le tre metodologie citate, di cui i Costruttori ritengono necessaria l’applicazione, hanno rappresentato il
cuore della norma.
Attualmente, in Italia, le aziende certificate ISO/TS 16949 sono circa 1.380 (dato di
giugno 2016 - figura n. 1) e la norma, richiesta da tutti i Costruttori occidentali, ha
piena applicazione in tutto il mondo, con
36
Tema
y La nuova normativa IATF 16949 y
ANFIA
Associazione Nazionale Filiera
Industria Automobilistica
> Fig 1 - T2 nel mondo
SO 9001, soprattutto riguardo alle fasi di
progettazione e di produzione. Nel passaggio dall’ISO/TS 16949 alla nuova normativa, acquista una centralità crescente,
infatti, il riferimento alle esigenze specifiche dei singoli Costruttori, tant’è che il
nuovo documento presenta, tra gli elementi di novità, proprio l’inserimento di
alcuni Customer Specific Requirements.
Da questo punto di vista, è stato fatto dagli
OEM un grosso sforzo di mediazione.
Questo ha permesso di ottenere un risultato più che soddisfacente, anche se alcune
parti direttamente interessate (fornitori),
avrebbero forse richiesto una maggiore integrazione di questi requisiti nella norma.
In generale, il messaggio che il nuovo documento porta con sé è forte, concentrandosi su un deciso orientamento al Risk
Management – uno dei tratti costituenti
anche della nuova ISO 9001:2015 – e
sull’imprescindibilità di un sistema di gestione per la qualità disegnato in ogni processo e sotto-processo secondo le esigenze dei clienti, orientato a una visione meno formale e più sostanziale, in cui i requisiti dei clienti sono armonizzati in modo strutturato e profondo nelle pieghe del
sistema e dei processi dell’organizzazione.
Importante è anche sottolineare il fatto che
l’IATF fa ampio riferimento alla Responsabilità Sociale dell’Impresa e all’etica.
Guardando alle novità di rilievo, tra i contenuti della norma rientra anche, per la prima volta, il software integrato nei prodotti
per l’automotive, nell’intento di rispondere
alle evoluzioni tecnologiche avvenute negli anni. Un’enfasi particolare, inoltre, è
novembre/dicembre 2016
stata posta su tutta l’attività di problem solving, non solo relativamente alle non conformità interne dei fornitori, ma soprattutto
a quelle che impattano sul cliente e sull’utente finale (ad esempio: analisi dei reclami cliente, gestione della garanzia).
C’è tutto l’interesse a far sì che il periodo
di transizione per le certificazioni ISO/TS
sia il più lungo possibile per permettere alle aziende di metabolizzare il cambiamento, fermo restando che queste certificazioni
dovranno essere aggiornate, in conformità
con il nuovo dettato normativo, entro il 14
settembre 2018, come già comunicato da
IATF. Nei prossimi anni, le aziende della filiera automotive dovranno quindi lavorare
per riallineare i propri sistemi qualità al
nuovo documento, come alcune hanno già
fatto per quel che concerne la nuova edizione della norma ISO 9001. Ricordiamo
che quest’ultima, rispetto alla precedente
edizione (ISO 9001:2008), è stata sottoposta a significative revisioni e si caratterizza
anche per l’introduzione di alcune novità,
tra cui, come già accennato, l’importanza
attribuita al concetto di rischio.
Questo con l’intento di sensibilizzare le
aziende sulla valutazione attenta del contesto in cui operano e sulla rilevanza delle
attività di risk management, elementi, questi ultimi, ripresi e sviluppati anche nella
nuova IATF 16949.
In ultimo, l’aggiornamento della norma ha
richiesto un lavoro di aggiornamento/adeguamento anche delle regole per la certificazione. L’IATF ha ufficialmente approvato l’edizione n. 5 delle regole che vedrà la
pubblicazione a novembre 2016.
ANFIA Service nasce nel 1996 come Società di Servizi di ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica); è
certificata ISO 9001. Opera in diversi settori di attività, tra cui i principali sono la
consulenza, la formazione, i convegni e
le pubblicazioni tecniche in ambito Qualità, Ambiente, Sicurezza ed Etica.
ANFIA, in qualità di membro IATF (International Automotive Task Force) in rappresentanza dell’industria nazionale, ha
contribuito allo sviluppo della Specifica
Tecnica ISO/TS 16949, poi diventata norma IATF 16949:2016, e ne monitora costantemente l’applicazione dello schema
di certificazione in Italia. E’ dunque anche
alla luce delle ultime e originali indicazioni fornite da IATF che ANFIA Service
progetta e aggiorna tempestivamente l’offerta formativa di in area Qualità.
Tutte le informazioni dettagliate e gli ultimi
aggiornamenti sulle attività di ANFIA Service sono disponibili sul portale www.anfia.it
Sedi:
10128 Torino Corso Galileo Ferraris, 61
Telefono 011 5546511
Fax 011 545464
E-mail: [email protected];
00144 Roma Viale Pasteur, 10
Telefono 06 54221493 (4)
Fax 06 54221418
E-mail: [email protected]
MARCO MANTOAN
Amministratore Delegato
di ANFIA Service
Responsabile italiano dell’IATF Oversight Office
[email protected]
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37
y Studi & Ricerche y
Tema
>> Giovanni MATTANA
La Qualità come affascinante
processo di scoperta continua
Cercando tra i miei libri ho ritrovato di recente un “raro” testo contenente gli atti del
Convegno su «I Circoli della Qualità nel contesto degli strumenti per la valorizzazione
delle risorse umane» tenutosi a Porto Marghera (Venezia) nel lontano 14 novembre 1991
ed organizzato dall’Associazione Triveneta per la Qualità - AICQ. [figura n. 1]
E’ un volume da rileggere con moltissima attenzione perché riporta delle importanti
esperienze sviluppate 25 anni fa da primarie realtà produttive del Nord-Est del nostro
comportamenti organizzativi in termini di
stili, di ascolto, di valori, di ruoli, di sistema premiante.
La Qualità Totale è una necessità per le
aziende, ma contemporaneamente, una
opportunità per le persone.
Paese e promosse – con un “approccio scientifico alla Qualità” – da specialisti che ruotavano attorno al mondo di AICQ.
Ma i processi di deindustrializzazione del sistema produttivo – del quale riusciamo, oggi,
a cogliere la drammatica ampiezza – e di semplificazione competenziale hanno di fatto
“cinturato” e “sterilizzato” gli sforzi dei non pochi valorosi e competenti Colleghi che
all’epoca popolavano numerosi il “sistema nazionale” di AICQ. La situazione odierna è il
risultato di un circuito vizioso aggravato dalla presenza di un’esogena “miscela esplosiva”: finanziarizzazione dell’economia; globalizzazione dei mercati; sregolata liberalizzazione di interi settori; banalizzazione delle professioni e delle competenze; precarizzazione dei lavoratori; introduzione di regole UE che privilegiano il PIL; e così via.
In quel Convegno di 25 anni fa, la prolusione era stata affidata al dott. Giovanni MATTANA, Presidente di AICQ nazionale dell’epoca. Mi ha colpito molto la visione sistemica e
scientificamente profetica dell’intervento che anticipava molto bene le “cose da fare”, o
meglio delle “cose” che avremmo dovuto fare. Dalla lettura attenta del testo traspare
chiaramente cosa sia accaduto (sciaguratamente e silenziosamente) nei successivi venticinque anni, grazie ad una sbrigativa e “pragmatica” applicazione delle teorie, delle tecniche e dei principi della Qualità.
Ho chiesto, pertanto, al mio “vecchio” amico Giovanni MATTANA di poter riprodurre
questo prezioso scritto nelle pagine di questo particolare numero della Rivista QUALITA’
in modo da poterlo condividere con i lettori più giovani e con coloro che non hanno
avuto l’opportunità di sentirlo all’epoca .
Desidero ringraziarlo, ancora una volta, per la sua squisita e signorile disponibilità.
[Sergio Bini]
L
’attuale scenario, caratterizzato da
una competitività forte, crescente, internazionale, costringe le aziende a migliorare fortemente le loro prestazioni.
Ciò non è possibile con i vecchi paradigmi organizzativi: i nuovi paradigmi organizzativi si stanno imponendo e in essi
emerge la centralità della risorsa umana.
La Qualità Totale è vettore fondamentale
di tale cambiamento. La Qualità attraverwww.qualitaonline.it
so le persone è una componente fondamentale della Qualità Totale. A livello
basso, medio ed alto della struttura organizzativa.
Come fare? Occorre conoscere e sperimentare nuovi strumenti operativi (gruppi
di miglioramento, Circoli della Qualità,
deployment degli obiettivi, emulazione,
premi, formazione, …); ma essi richiedono ed implicano un cambiamento dei
Qualità
e risorse umane:
il contesto
Mi è stato chiesto di “guardare avanti”.
Per capire il senso delle trasformazioni
necessarie nelle aziende, credo dobbiamo
partire dal contesto in cui esse operano.
Come sappiamo lo scenario appare oggi
caratterizzato da una competitività forte,
crescente ed internazionale.
Dalla esigenza primaria di competitività
conseguono:
•una maggiore attenzione al cliente;
•una maggiore flessibilità;
•un accorciamento drammatico dei tempi;
•un miglioramento dei propri processi, come efficacia e come efficienza;
•un ricorso a tutte le possibili sinergie.
Questa competitività obbliga, meglio condanna, le aziende a migliorare fortemente
le loro prestazioni. Ciò non è possibile
con i vecchi paradigmi organizzativi.
Nuovi paradigmi organizzativi si stanno
imponendo: in essi emerge la centralità
delle risorse umane:
a) occorre avere strutture che si misurino
costantemente sul risultato, e non solo
sul ruolo;
b) quindi gestione dei processi orizzontali,
in contrapposizione alla gestione per
funzioni differenziate (vendita, progetto, produzione, acquisti, …). E’ certo
che si tratta di una rivoluzione storica;
c) quindi enfasi nei confronti dell’integranovembre/dicembre 2016
Tema
38
y Studi & Ricerche y
zione piuttosto che della differenziazione (e anche questo richiede una serie di
coerenze e di strumenti);
d)quindi ricerca di sinergie anziché di
compromessi e bilanciamenti (tra qualità/tempi/costi, per esempio). Ieri si poteva giudicare una buona azienda che
avesse “buone” le sue singole funzioni
(spesso fisiologicamente antagoniste!); e
le singole funzioni si sono migliorate
sensibilmente negli ultimi anni. Oggi è
chiaro che la competitività si gioca su
come le funzioni sono tenute assieme.
E si sa che, nella connessione tra funzioni ci sono, per fortuna, enormi spazi
di recupero: oltre il 30%, qualche anno
fa nella migliore – profitti – azienda italiana;
e) Quindi gioco di squadra:
•perde la squadra, non il singolo;
•richiede condivisione degli obiettivi;
•lealtà di comportamento e collaborazione;
•informazioni diffuse e condivise;
•la fiducia come elemento fondamentale;
•capacità di ascolto e forte cultura organizzativa condivisa;
•diagnosi condivise per contromisure velocemente messe in atto.
f) Quindi innovazione (di prodotto, di servizio, di “know-how”, di strategie, di
soluzioni organizzative).
Tutto ciò non si fa contro e senza le persone a tutti i livelli. E si applica a tutte le
aree, con specifiche metodologie: progetto, acquisti, produzione, vendita, marketing, sistemi informativi, controllo di gestione e così via.
La Qualità Totale è un vettore privilegiato
per questo gigantesco processo di cambiamento e ne fornisce contemporaneamente:
•il quadro complessivo;
•molti dei metodi specifici.
Consentitemi di richiamare due definizioni-base:
a) Che cosa indichiamo oggi per Qualità?
La probabile definizione futura di Qualità
(nelle ISO 8402-1) è: «l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche di una “entità” che conferiscono ad essa la capacità
di soddisfare esigenze espresse o implicite”»1
Una “entità” può essere:
novembre/dicembre 2016
•il risultato di attività
o processi: prodotti
tangibili, prodotti intangibili (servizi);
•una attività o processo (ad esempio:
la fornitura di un servizio; l’esecuzione
di un processo);
•una combinazione
delle precedenti.
b) Che cos’è la
“Qualità Totale” o
il “Total Quality
Management”?
«Il Total Qualitty
Management è un
modo di governo
di un’organizzazione incentrato
sulla qualità, basao sulla partecipazione di tutti i
suoi membri, tendente alla redditività a lungo termine ottenuta attraverso la soddisfazione dei clienti e inclusiva di benefici sia per i membri dell’organizzazione, sia per la società».
Allora fare Qualità attraverso le persone
è una componente essenziale della
Qualità Totale. A ciascun livello della
struttura organizzativa e a tutti i livelli:
alto, medio, basso»-
Il maggior potenziale
della Qualità Totale:
la Qualità mediante
le persone
A parità di buon management vinceranno
(sopravviveranno?) le aziende che sapranno coinvolgere e valorizzare la maggior
quota del personale in tempo più breve.
Oggi – esistono statistiche – le aziende
utilizzano una minima parte del potenziale complessivo esistente nelle persone
che vi lavorano.
Questa affermazione, semplice ma inoppugnabile, spalanca una miriade di tematiche. Si comincia forse solo ora a capire
lo spessore del tema e la portata delle implicazioni. Si comincia a capire che non
si tratta più di operare in una logica di
gioco a somma zero, ma bensì in una lo-
gica “win-win”, vincente cioè sia per le
organizzazioni che per le persone.
Anche per questa tematica la Qualità ha
svolto una azione maieutica, dapprima
cauta (i Circoli della Qualità di cui si è
parlato molto a metà degli anni ’80), poi
esplorativa (ad esempio: in vari contratti
sindacali aziendali). Attualmente le esperienze di Qualità Totale sono l’occasione
di presa di coscienza del problema, e
contemporaneamente, l’occasione di
esplorazione e sperimentazione in molteplici direzioni.
Al riguardo, scrive:
•Crozier: «la disponibilità di materie prime, la vicinanza dei mercati, tutte le rendite di situazioni corrispondenti agli innumerevoli vincoli che strutturavano l’economia, perdono importanza se confrontati alla capacità di iniziativa degli uomini: competenza, know-how, spirito imprenditoriale, capacità di innovazione, capacità di collaborazione. La teoria dei vantaggi comparativi cambia totalmente senso in un ambiente che diventa più aperto».
•F. Guirrard [in E. Crozier]: «per affrontare l’incertezza, l’innovazione permanenwww.qualitaonline.it
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Come ottenere l’apporto
delle persone ad operare questa
gigantesca operazione?
Come farlo diventare un rapporto “winwin” vincente anche per le persone, non
solo per le imprese? Sembrano sfide impossibili se guardiamo alla prassi vigente,
alla drammatica carenza di sensibilità e di
ascolto, agli stili di conduzione esercitati
per moltissimi anni ed ancora vigenti, alle
tante coerenze che rafforzano l’attuale situazione; e alle frequenti obiezioni di chi
non ha capito lo spessore o di chi teme
manipolazioni …
Eppure … non solo sta crescendo la con-
sapevolezza della sfida, ma tanti piccoli
segnali, recepiti con sorpresa, confermano l’esistenza di un potenziale enorme,
assolutamente sottoutilizzato. Sorgono
immediatamente due aspetti:
•le singole persone debbono aver chiara la
prospettiva dei loro vantaggi;
•in quale modo, cioè con quali visioni e
quali strategie, costruire gradualmente questa gigantesca trasformazione.
E’ evidente che le prospettive dei vantaggi
personali coprono aspetti materiali ed immateriali, di breve periodo e di lungo periodo; che riguardano aspetti di crescita,
di autonomia, di responsabilizzazione;
che sono legati non solo alla comunicazione, ma alla elaborazione degli obiettivi
ed alla costruzione delle azioni.
Ma se, come nazione, abbiamo persone
giudicate più vitali ed intraprendenti di altre nazioni, potremo a lungo sottoutilizzare questo possibile punto di forza?
Lungo quali direttrici occorre operare?
Vorrei ricordare i cinque blocchi di aree
in base alle quali vengono valutate in
USA le aziende per il Malcolm Baldridge
Awards per l’area “Human Resources
Utilization”:
1)Quali sono i criteri applicati dall’azienda per il management delle risorse
umane? [in particolare: “come i piani
per le persone sono congruenti ederivati dagli obiettivi e piani/strategie aziendali per la Qualità, sul breve e medio
periodo?];
2)Il coinvolgimento delle persone [quali
mezzi sono stati predisposti perché ciò
avvenga (team, suggerimenti, empowerment, indicatori)];
3) Quality Education and Training [fabbisogni, metodi, argomenti, quantità, applicazione, …];
4) Riconoscimenti al personale e misure
delle prestazioni;
5) Stato del morale e del benessere dei dipendenti.
Essi corrispondono ai 6 capitoli del programma e Forum USA – ASQC del 1990:
1) L’empowerment [dare alle persone
l’autorità ed il supporto per fare il lavoro con efficacia];
2) Il coinvolgimento dei dipendenti [un
potente strumento per il cambiamento];
3) Il lavoro di gruppo [mettere le persone
insieme per risolvere i problemi];
novembre/dicembre 2016
Tema
te e la complessità, è necessario passare
dalla logica dell’obbedienza alla logica
della responsabilità».
«Non si riuscirà più a primeggiare razionalizzando astrattamente la gestione
e la promozione di attività disparate,
bensì concentrandosi sulle attività sulle
quali si può diventare migliori. E per
farlo è ancora determinante il knowhow».
•Du Roy: «il management diventa scienza
dall’azione collettiva; non semplicemente “assumersi le proprie responsabilità” –
l’immagine tradizionale del leader – ma
responsabilizzare a gestire il dinamismo
collettivo – il che, per noi è l’immagine
del manager».
•Carlyle e Parker: «Non si tratta solo di tendenze studiate a tavolino: basta pensare
alla fabbrica congiunta di Freemont tra Toyota e GM che, con la conduzione alla
giapponese della risorsa umana, è passata, dall’essere una delle meno efficienti
del Gruppo GM, all’essere del 40% più
efficiente di qualsiasi altro stabilimento
GM secondo uno studio del MIT»
La risorsa umana diventa “fondamentale”,
“decisiva”, “strutturante”.
Occorre allora anche:
a)dirigere attraverso
la cultura:
Non è possibile ottenere tutto ciò con regole ed ordini.
Come supplire? Soprattutto con una
crescita di atteggiamenti e valori di
consenso. Ma con
predeterminati:quelli
che si costruiscono
nell’azione: «un Circolo della Qualità riuscito permette di
elaborare un consenso limitato, ma
reale e significativo
intorno all’azione di
successo». Si cercherà di raccogliere gli
individui attorno a
valori comuni. Questi forniranno la cultura di base che si
sostituirà, almeno parzialmente alle regole ed agli ordini vincolanti. Il modello di professionalità si muove da quello
del bravo ed obbediente esecutore, a
quello del professionista (chirurgo,
scienziato, …).
b)si viene configurando una “diversa” visione dell’organizzazione:
• è la risorsa umana strutturante; spesso
scarsa;
• si ha un capovolgimento del “sociale
quantitativo” all’umano qualitativo.
39
Tema
40
y Studi & Ricerche y
4) addestramento e sviluppo professionale;
5) riconoscimento e premi per i risultati
positivi ottenuti;
6) pubblicizzare e replicare i successi.
Personalmente credo bisogna aggiungere
qualche altro “filone” essenziale:
a) la condivisione dei macro-obiettivi;
b) la comunicazione bidirezionale
come possono muoversi le persone ed
incrementare la loro iniziativa,
• se non sanno perché? (come troppo
spesso accade);
• se non hanno il quadro di riferimento
dei pesi e delle priorità?
• Se non sanno chi è il loro cliente – interno ed esterno – e non parlano (con
parole, ma anche con dati!) con lui?
E’ questo uno dei campi in cui occorrono sforzi ed investimenti grandissimi;
c) l’ascolto:
esso è indispensabile per la diagnosi,
anche perché la conoscenza di come
“sono” i processi reali è distribuita nelle
persone che operano.
Ma, afferma ancora Crozier: «l’ascolto,
l’attenzione al quotidiano, costituiscono una priorità assoluta in qualsiasi tentativo di mobilitazione delle risorse
umane o di modernizzazione dell’impresa». L’ascolto è fondamentale per i
problemi di cooperazione. «La mancanza di conoscenza è enorme, addirittura scandalosa; i gruppi privilegiati sono spinti a non ascoltare».
«L’ascolto è allo stesso tempo il mezzo
migliore, l’unico efficace forse, per superare la paura dell’altro che penalizza
il cambiamento e sterilizza qualsiasi
volontà “innovatrice”». «La grande opportunità che si apre alle imprese … in
una società come a nostra è quella di
coincidenza tra le richieste di ascolto
ed il bisogno di conoscenza indispensabile per l’apprendimento collettivo»;
d) la creazione di un clima adatto
le indagini fatte sul personale si rivelano, quasi sempre, dei mondi sconosciuti;
e) lo sviluppo K.H.
abbiamo idea di quale gigantesca miniera stiamo parlando?
f) i valori
Condividere i fini e rivalutare la professionalità sono, in modo particolare nei
novembre/dicembre 2016
servizi, due requisiti fondamentali. Ma
affermare questi orientamenti comporta
ridiscutere tutte le branche della cosiddetta «gestione delle risorse umane»
(solo gestione?):
• la formazione;
• l’addestramento;
• la leadership;
• la motivazione;
• l’emulazione;
• la “Quality Leadership”;
• i criteri di premio e remunerazione
[MBO o Measurement by Policies?; per
ruolo o per risultato?; incentivi collettivi e/o individuali?; crescita?];
• gli stili di conduzione;
• la selezione.
Mi debbo limitare solo a qualche cenno
esplicativo.
Con quali strumenti
attuare questo
cambiamento?
Quali sono le tecniche e le soluzioni
maggiormente utilizzate?
a) I Circoli della Qualità specie per favorire il miglioramento diffuso, ai livelli più
bassi; ma anche per mettere in comune
la saggezza della gente; ma anche per
condividere strumenti fondamentali di
diagnosi, comprensione, orientamento
all’azione.
b) I Gruppi di miglioramento specie per il
miglioramento dell’interfunzionalità;
per creare squadra; per risolvere problemi “cronici”. Per costruire direttrici
di miglioramento. Per creare, su metodi
comuni, una cultura condivisa.
c) Quality Deployment per impegnare la
linea nell’approvazione degli obiettivi,
allargando lo spazio propositivo e creativo.
d) Una rete di Council per condividere le
problematiche e per pilotare l’avanzamento del piano e delle iniziative.
e) Una informativa periodica a livello di
società, ma anche di divisione per:
• sensibilizzare;
• informare;
• confrontare;
• riconoscere.
f) Un incremento nelle diagnosi e nel
“benchmarking”;
g) I riconoscimenti;
h) La formazione (di chi?) non a pioggia,
ma mirata e collegata all’applicazione a
casi concreti utilizzando da un lato la
ricchezza degli strumenti tecnici ormai
disponibile, dall’atro una impostazione
che si basi sui criteri di formazione degli adulti per rinforzare l’apprendimento collettivo.
Le organizzazioni non sono mai la somma delle culture individuali e delle energia individuali; talvolta sono addirittura le
differenze.
Sappiamo ormai che le organizzazioni
imparano solo sperimentando e replicando il successo. Le organizzazioni rappresentano, in una visione evoluzionistica, le
specie che hanno continuato ad avere
successo.
Oggi le organizzazioni devono potenziare
la loro capacità di apprendere:
•con quale velocità la nostra organizzazione sta apprendendo?
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y La Qualità come affascinante processo di scoperta continua y
Qualità totale e risorsa umana:
occorre una strategia adeguata
alla dimensione della sfida
1.Il nuovo vigore, per insufficiente, convive con molta demagogia, approssimazione, incoerenza.
La spinta della Qualità ha innestato nuovo vigore nelle singole aree sopra indicate
e nei relativi strumenti. Tutto ciò costituisce un sensibile progresso, anche se non
possiamo ignorare che persistono situazioni fortemente antagonistiche alle direzioni prima indicate come necessarie: di
demagogia, di forti incoerenze, di mancanza di autonomia e deleghe … Come
non citare in proposito le grandi celebrazioni che finiscono in nulla nel giro di
qualche mese, perché non si sono assolutamente capiti i contenuti?
•I manifesti che esortano senza insegnare
come? [«buttateli via tutti» dice Deming];
•L’inflazione verbale sull’Eccellenza e suoi
principi (assoluti?) della Qualità Totale; i
tanti (troppi) che vogliono subito fare Qualità Totale, non Qualità!
2.Attenzione al cliente interno.
Se è vero il proverbio orientale che dice
che «Dio è nei dettagli», a maggior ragione potremmo dire che «Dio è nelle coerenze». La costruzione delle coerenze è
una faticosa e graduale conquista.
Senza lealtà poi, non c’è leadership e non
c’è gruppo durevole.
Tutto ciò non deve scoraggiare, ma piuttosto aiutare a capire lo spessore del problema.
3.La consapevolezza
Se è vero che la Qualità è la cosa più importante per i clienti, e che le nostre persone sono la risorsa interno più importante, questa congiunzione deve avere la
priorità assoluta.
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Molte organizzazioni non hanno ancora
capito né la dimensione della sfida né lo
spessore delle implicazioni. Alcune sono
ancora ferme alla “regola di Taylor”.
«Gli esecutori non sono pagati per pensare (anche a livello medio-alto); in fondo –
dice Crozier – la maggior parte di loro (gli
uomini di azione che abbiamo intervistato) non crede veramente che chi lavora
veramente nell’impresa sia disposto a seguirli». Tante altre operano ancora a compartimenti stagni.
Altre aziende, pur più aperte su questo
fronte, non hanno percepito il differenziale di competitività connesso alla capacità
di generare, in termini non più lunghi dei
concorrenti:
•un maggior numero di persone capaci di
progettualità organizzativa;
•un maggior numero di persone capaci di
responsabilità di conduzione;
•un maggior numero di persone capaci di
animazione.
Alcune organizzazioni però si stanno incamminando lungo direzioni assolutamente nuove.
La risorsa umana
diventa “cliente interno”
Affermazioni quasi impensabili fino a
qualche semestre fa, diventano oggi
obiettivo strategico della politica di importanti grandi gruppi, anche italiani.
Può essere interessante ricordare l’evoluzione dei termini: l’ufficio del personale
era diventato “fattore umano” contenendo
una denotazione passiva, da gestire. E’ diventata “risorsa umana” col significato di
una opportunità da utilizzare al meglio.
Farlo diventare “attore” significa riconoscergli in ambito maggiore di iniziativa.
Farlo diventare “cliente interno” significa
semplicemente offrire anziché chiedere.
Offrire occasioni. Significa ascoltare e capire. Non è una rivoluzione da poco.
In questa logica si possono anche interpretare:
•da un lato, la nuova attenzione verso le
opportunità di carriera espresse dal personale;
•dall’altro, tutte le nuove attenzioni verso
la Qualità della vita di lavoro; dall’ergonomia alla sicurezza, ai questionari sulla
soddisfazione relativa ai servizi (trasporti,
ambiente, comunicazioni): punti di par-
tenza, anche in questo caso, per iniziative di ascolto e miglioramento.
Per capire l’importanza di questi aspetti è
particolarmente illuminante il campo dei
servizi (ma vale anche per il cliente interno!): prestazioni scadenti fornite al personale di contatto si traducono in prestazioni scadenti fornite dal personale di contatto al cliente esterno.
Ad un più alto livello di elaborazione e di
astrazione tutte queste iniziative si trovano in notevole sintonia con le proposte
sull’ecologia dei sistemi di lavoro: ecologia strategica, ecologia tecnica, ecologia
organizzativa, ecologia sociale, ecologia
individuale. [Butera, 1990]
La sfida è apprendere il futuro!
E la strada? Quelle che abbiamo citate
non sono ricette; sono esplorazioni. Verrebbero in mente i versi del poeta Machado: «Viandante, son le tue orme la via, e
nulla più; viandante, non c’è via, la via si
fa con l’andare. Con l’andare si fa la via,
e nel voltare indietro la vista si vede il
sentiero che mai si tornerà a calcare.
Viandante, non c’è via, ma scie sul mare».
Ma esse sono per fortuna guidate, quasi
da una stella polare, verso una direzione
che ormai è ben precisa e chiara: verso
quella direzione è tempo di scoperta.
Solo muovendosi lungo quella direzione
ci si apre l’affascinante possibilità di accelerare nuove scoperte. E la Qualità è un
affascinante processo di scoperta!
n NOTE
1
Ovviamente questa è la “definizione” di QUALITA’
dell’epoca!
Solo per poter fare un confronto circa il cammino
concettuale percorso in questi 25 anni si riporta la
“nova definizione” di QUALITA’ di cui al punto
3.6.2 del recente standard UNI EN ISO 9000:2015:
«grado in cui un insieme di caratteristiche intrinseche di un oggetto soddisfa i requisiti». [N di SB]
GIOVANNI MATTANA
è uno dei massimi esperti italiani della Qualità.
Tra gli innumerevoli incarichi rivestiti, è stato presidente di AICQ nazionale e Direttore della Rivista QUALITA’.
Oggi lo si può seguire sul sito:
http://www.giovannimattanaperlaqualita.it
novembre/dicembre 2016
Tema
•quali e quanti strumenti utilizza abitualmente?
•quanti ne usano i concorrenti?
•siamo capaci di ingegnerizzare i nostri
successi?
•siamo capaci di diagnosticare la causa dei
nostri insuccessi?
Ecco il senso dell’estensione dei Gruppi
di miglioramento (quali diffusori del metodo prima ancora che di risultato delle
sperimentazioni locali, del management
per progetti).
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42
y Lo scaffale di Qualità y
Lo scaffale di Qualità
>>
Sergio Bini
Direttore
LA QUALITA’ DEL LAVORO
analisi e prospettive
Autore: Fabrizio PIRRO
Edizione: 2000
Editore: Edizioni PENSA Multimedia, Lecce
Pagine: 192
Prezzo: 15.000 Lire italiane
E’ un libro che non dovrebbe mancare nella biblioteca di un Qualitologo. E’ il frutto di un
approfondito lavoro di ricerca: «l’intensa stagione degli anni ’60 e ’70 di studi e interventi per migliorare il modo di lavorare non ha
ottenuto quei cambiamenti tanto auspicati ed
oggi il tema della qualità del lavoro risulta abbandonato. Eppure, i miglioramenti del modo di lavorare determinati … dai nuovi modelli post-fordisti impongono di riprendere il
percorso interrotto (…). Il testo, analizzando
le caratteristiche del paradigma di base di quegli studi cerca tra di esse le ragioni di una sconfitta. Fatti i conti con questi limiti propone un
nuovo modo di studiare il problema, capace
di sostenere una nuova stagione di ricerche».
Tra le citazioni richiamate se ne vuole riportare
quella del grande sociologo Émile Durkheim
che nel lontanissimo 1893 profetizzava: «la
divisione del lavoro è oggi un fenomeno generalizzato a un punto tale da colpire gli occhi di tutti. Non possiamo più farci illusioni
sulle tendenze dell’industria moderna, la quale procede sempre più verso l’impiego di possenti meccanismi, verso grandi raggruppamenti
di forze e capitali, e di conseguenza di un’estrema divisione del lavoro …»
Dopo un ampia panoramica scientifica introduttiva sull’intera tematica, il testo esamina in
5 parti: 1) il perché del fallimento del “problema” e propone un questionario; 5) bibliografia.
novembre/dicembre 2016
AGE MANAGEMENT
Teoria e pratica per la
gestione dell’età nelle
organizzazioni
Autore: Fondazione ISTUD (a cura di)
Edizione:2014
Editore: FrancoAngeli, Milano
Pagine: 170
Prezzo: € 21,00
E’ un libro molto interessante perché, oggi,
la questione anagrafica riveste un ruolo
complesso e critico nella vita delle organizzazioni. L’“Age management” si sviluppa a
partire da una serie di presupposti: «assumere l’età quale elemento chiave per interpretare in termini innovativi il rapporto tra
individuo e lavoro all’interno delle organizzazioni, tenendo in considerazione sia le
trasformazioni che interessano il processo
di invecchiamento stesso, sia quelle che attraversano il lavoro e intersecano il cambiamento organizzativo …». Questo libro costituisce sicuramente il primo manuale di
A.M. pubblicato in Italia, trattandosi di una
disciplina ancora molto giovane. Dal testo
emerge che le aziende che sapranno sostenere un’equa combinazione tra lavoratori
giovani e anziani potranno contare su un
valore aggiunto di cui beneficeranno tanto
le imprese quanto i lavoratori, perché da
sempre il mix tra esperienza ed innovazione
costituisce un’arma vincente. Il testo esamina: 1) l’invecchiamento delle forze di lavoro
nella prospettiva del corso di vita; 2) l’approccio alla gestione dell’invecchiamento
delle forze di lavoro e modelli di intervento;
3) l’Age management definizioni, modelli,
contaminazioni; 4) pratiche e strumenti a
supporto dell’Age management.
INDUSTRIA 4.0
uomini e macchine
nella fabbrica digitale
Autore: Annalisa MAGONE
e Tatiana MAZALI (a cura di)
Edizione: 2016
Editore: Edizioni Guerini e Associati, Milano
Pagine: 175
Prezzo: € 18,00
Il mondo delle fabbriche è interessato dalla
“quarta rivoluzione industriale” che è «un
cambiamento che travolge prodotti, servizi e
metodologie produttive, e ha a cuore una rottura tecnologica senza precedenti: la fusione tra mondo reale degli impianti industriali e mondo virtuale della cosiddetta “Internet
of Things”, un sistemo integrato di dispositivi intercomunicanti e intelligenti che mette
in contatto, attraverso la rete, oggetti, persone e luoghi. Secondo i teorici di questo paradigma in un futuro prossimo la facoltà di comunicazione tra le macchine, nelle fabbriche, apporterà alle linee di produzione la capacità autodiagnostica di rilevare gli errori e
correggerli … i robot lavoreranno a contatto
con l’uomo e da esso apprenderanno in modo naturale». Le autrici evidenziano di come cambieranno le mansioni e l’istruzione
del lavoratore; cambieranno le attese e le regole del mondo del lavoro. Entra in gioco la
figura dell’«operaio aumentato»: un lavoratore
propositivo, partecipativo e proattivo come
un manager, che nel lavoro metta anima e
corpo, un lavoratore che svolga mansioni
molto più interessanti ma sia anche più creativo, responsabile e coinvolto …., il testo si sviluppa in quattro parti: uomini e tecnologie;
il lavoro 4.0; la persona 4.0; interpretazioni
ed aperture; bibliografia.
www.qualitaonline.it
La voce delle autonomie
scolastiche - la ricerca SIRQ sul
cambiamento nelle scuole una
ricerca strategica
Antonio CANDIELLO
Economia e Qualità: elementi
per una cultura di base
Le criticità
della transizione
economica attuale
Il contesto economico all’interno del quale siamo immersi è in una fase altamente
critica, e questo breve elenco ne ripercorre gli aspetti più evidenti:
•il debito pubblico nazionale, attualmente
in zona 2.250 miliardi di euro, verso il
133% del PIL e sotto attenta osservazione da parte degli organismi internazionali per la sua insostenibilità, agisce come
un freno nei confronti delle aziende e come un disincentivo per i consumi delle famiglie, in quanto induce le amministrazioni centrali e locali a sottrarre ingenti risorse dal circuito produttivo per destinarli agli interessi;1
•come recentemente sottolineato dall’attuale presidente dell’INPS Tito Boeri, permangono ampi disequilibri nel sistema
previdenziale, che a sua volta provoca carichi impropri nei confronti delle imprese
e del personale e quindi un disincentivo al
lavoro e alla produzione a favore di privilegi e di “diritti acquisiti” improduttivi;2
•la congiuntura economica europea è in
una critica fase deflattiva e la crescita, già
ai livelli minimi in Europa, è attualmente
nulla nel nostro Paese;3
•la concorrenza globale (extraeuropea), oltre che un insieme di crisi sistemiche del
comparto bancario e finanziario, hanno
messo in discussione ogni certezza, inducendo anche un ripensamento dei modelli interpretativi – e predittivi – dei contesti economici;
•altri casi macroscopici come la durissima
crisi greca seguita ad alcune false attestazioni del bilancio statale alla Commissione Europea, l’inatteso #brexit del Regno
Unito con i suoi impatti sulla coesione europea o lo scandalo #luxleaks che evidenzia casi di concorrenza sleale via elusione fiscale di alcuni Paesi europei (in ultima si veda il caso Apple in Irlanda), stanno evidenziando le gravissime distorsioni
di una fiscalità disomogenea e senza regole
appropriate;
•il crack Parmalat in Italia ed altri fenomeni in ambito internazionale – ad esempio
il caso Madoff, con danni stimati pari a
65 miliardi di dollari per la finanza americana – hanno indicato con grande evi-
denza il danno che, in assenza di adeguati
controlli, deriva da condotte fraudolente.
Un quadro in così drammatica evoluzione non consente più a famiglie e ad imprese di trascurare il contesto esterno e le
connesse dinamiche di interrelazione
economica entro cui sono inserite.
Non è più il tempo delle certezze quanto
invece quello di profondi cambiamenti
che riguardano l’intera società, per cui le
conoscenze di base sull’economia – ormai “lingua franca” di riferimento globale
– da presidio di pochi dovranno divenire
patrimonio di molti, in modo che chiunque possa rapidamente cogliere i cambiamenti in atto ed attrezzarsi (in quanto famiglia, impresa, organizzazione) per assecondare le trasformazioni e magari trarne
vantaggio.
La compromissione
del rapporto di fiducia
tra imprese e consumatori
www.qualitaonline.it
novembre/dicembre 2016
44
Tema
y Studi & Ricerche y
> Figura 2 - Flussi di attività nelle organizzazioni per funzioni (sx) e per processi (dx)
Su di un altro piano, sono diversi gli elementi emersi che hanno compromesso il
rapporto fiduciario tra imprese e consumatori sulla qualità dei prodotti e sull’impatto ambientale. Vediamone solo alcuni
esempi eclatanti:
•il caso con maggiore risonanza è probabilmente il #dieselgate: una manipolazione dei test di laboratorio (indotta da un
software “intelligente” nella centralina) da
parte delle case automobilistiche tedesche
per mantenere i parametri emissivi dei motori diesel sotto le soglie di legge senza ridurre la vivacità dei motori;
•le dimostrate (ir-)responsabilità della dirigenza dell’ILVA in termini di emissioni nocive degli impianti, con i livelli fuori norma, e la pesante eredità in termini di inquinamento dei tanti siti petrolchimici disseminati nel nostro Paese;
•le tante irregolarità rilevate nel ciclo dei
rifiuti in diverse regioni (comprese le regioni del nord). Su questo problema, la
Commissione Parlamentare si è così appena espressa a proposito del territorio veneto: «[…] si verifica, cioè, che l’impresa
riceva rifiuti, anche pericolosi, ovvero, comunque, non compresi nel codice CER
per cui è stata autorizzata e provveda alla loro successiva miscelazione con i rifiuti per cui è autorizzata», e «un numero sempre più consistente di imprese trovano nelle pieghe di una norma o nelle
pieghe di alcune prescrizioni e, soprattutto, nelle pieghe dei controlli, un chiaro vantaggio economico, che si traduce
novembre/dicembre 2016
nella eliminazione e/o riduzione dei costi
di smaltimento dei rifiuti speciali, per cui
operano in maniera difforme da quella
prevista […]»;4
Anche una cultura della qualità – necessaria per valutare adeguatamente la rispondenza dei prodotti ed i servizi ai connessi requisiti – dovrebbe quindi appartenere al bagaglio dei consumatori consapevoli e dei cittadini in generale, in quanto fruitori di servizi pubblici.
Le imprese, d’altra parte, hanno la necessità di dimostrare a consumatori sempre
più informati la capacità di garantire gli
elevati standard di qualità dei prodotti e
dei servizi di assistenza che ormai sono
alla base del confronto competitivo. I
mercati, infatti, evolvono sempre più rapidamente entrando nella fase matura ove
la qualità diventa l’elemento distintivo per
le scelte da parte dei consumatori. La capacità di mantenere e incrementare tali
standard è possibile solo se una cultura
della qualità è consolidata nelle organizzazioni e da parte del personale.
L’Interazione tra economia,
organizzazione e qualità
Sulla base delle considerazioni appena
esposte, si è ritenuto di rendere fruibili,
semplici e disponibili su di un unico testo
argomenti che generalmente vengono affrontati in contesti diversi: economia (inclusa la macroeconomia), organizzazione, qualità/processi.
L’obiettivo è stato quello di fornire un in-
sieme autoconsistente di informazioni integrate in detti contesti oltre che di illustrare una selezione di best practice, al fine di comprendere i fenomeni e le dinamiche sottese per poter interagire con le
realtà aziendali con efficacia e cognizione di causa, adottando prassi consolidate.
E’ stato pertanto anche affiancato un insieme di strumenti a corredo degli elementi conoscitivi per offrire immediata
operatività e dare la possibilità di sperimentare tecniche di analisi, di management e di valutazione nelle realtà aziendali in cui si lavora, mantenendo sempre
un’attenzione di riguardo per le tematiche
connesse all’innovazione di prodotto, organizzativa e di processo.
Tali argomenti vengono presentati nel volume “Economia, organizzazione e qualità” (figura 1), utilizzato nel corso di Economia e Organizzazione Aziendale di
Scienze e Tecniche della Comunicazione
grafica e multimediale (STC) presso l’Istituto Universitario Salesiano Venezia (IUSVE) e sostanzialmente riguardano:
a) la consapevolezza di operare all’interno di un sistema con alcune ben precise regole di tipo economico, l’apprendimento degli elementi basilari sulle
aziende e la conoscenza di alcuni strumenti chiave come il bilancio (microeconomia);
b) la comprensione del linguaggio macroeconomico e delle modalità di comunicazione, oltre che un orientamento sul contesto internazionale ed eurowww.qualitaonline.it
y Economia e Qualità: elementi per una cultura di base y
peo a raffronto con le realtà nazionali
e locali;
c) la conoscenza degli elementi di base
delle principali teorie sull’organizzazione;
d) l’acquisizione del moderno approccio
per processi che facilita la comprensione del funzionamento dinamico delle
imprese e ne consente efficaci rappresentazioni e misurazioni delle prestazioni;
e) un insieme di “fondamenta strutturali”
quale è l’inquadramento delle ISO
9000 in termini di schematizzazione
del funzionamento delle aziende, dei
requisiti essenziali e degli strumenti
formali e tecnici per garantire efficacia
e miglioramento alle organizzazioni.
Ambiti di approfondimento
La comunicazione in economia
Tema di interesse del corso IUSVE-STC, la
comunicazione in economia si è profondamente evoluta grazie alle nuove tecnologie grafiche di presentazione e alla sempre maggiore disponibilità di dati statistici
(il big data nel quale siamo immersi). Tra
le “nuove competenze” vi è quella di saper estrarre informazioni dalle banche dati e saperle presentare in forma sintetica,
chiara e graficamente ricca. Infografiche,
sintesi, analisi, sono ormai comuni nei
quotidiani e nei settimanali.
L’information design è una competenza
sempre più richiesta nel mondo del lavoro, basti vedere tabelle, grafiche e risulwww.qualitaonline.it
tanze di sondaggi, talvolta associate a piccole animazioni e fumetti esemplificativi,
presenti nelle trasmissioni di attualità e
nei talk show quale premessa alle discussioni in studio.
La comunicazione riguarda inoltre scenari
macroeconomici di scala internazionale,
europea e nazionale ma sempre più spesso vi è l’esigenza di interazioni specifiche
su scale regionali, provinciali o di settore,
oramai divenuta la regola anche negli incontri tra aziende.
Nuovi circuiti comunicativi dedicati via
blog, newsfeed, Twitter ed altri social
mantengono aggiornati i cittadini e i professionisti più informati, sensibili e tecnologicamente avanzati, tanto che alcune
esperienze caratteristiche stanno dimostrando come un’adeguata comunicazione possa facilitare la comprensione del significato dei dati economici. L’esigenza
di dare un’informazione sui dati economici competente ma nel contempo semplice
ed efficace, si traduce pertanto in nuove
opportunità professionali.
L’organizzazione aziendale
Organizzazione aziendale, processi, formalizzazione e cura del cliente (che è
ben rappresentata dalla qualità) connotano un ulteriore ambito di approfondimento. Servizi e attività lavorative non possono prescindere dall’organizzazione nella
quale sono incardinati e dai processi in
essere: organigrammi, mansionari, flussi
di processo, procedure sono ormai dati
per scontato in ogni realtà aziendale e
Processi per l’azienda dinamica
L’analisi per processi è una metodologia
di scomposizione delle attività adatta ad
una comprensione dinamica del funzionamento aziendale che ha integrato e migliorato gli strumenti dell’analisi funzionale – tradizionalmente focalizzati sull’organizzazione statica.
L’impresa evolve il proprio modello gestionale, riducendo la centralità degli
schemi gerarchici che ne costituiscono la
struttura portante ed attribuendo maggiore
priorità alla più flessibile impostazione
per processi (figura n. 2).
Gli schemi strutturali, necessari per una
corretta assegnazione funzionale delle responsabilità, divengono in tale contesto il
corretto supporto per l’individuazione dei
processi.
La gestione d’impresa acquisisce una notevole capacità di adattamento al mercato, grazie al software organizzativo aziendale, rappresentato dai processi. La struttura gerarchico/funzionale rappresenta invece l’hardware organizzativo aziendale
e come tale è la garanzia dell’effettiva capacità di mantenere in adeguata operatinovembre/dicembre 2016
Tema
> Figura 3 - ISO 9001 in visione PDCA / ciclo del miglioramento (derivato da: ISO 9001:2015).
rappresentano un bagaglio necessario per
qualunque figura professionale che lavori
in contesti di collaborazione. Oltre a ciò,
qualità, monitoraggio dei processi ed attenzione al cliente integrano una buona
gestione dell’azienda tale da essere orientata al soddisfacimento delle esigenze del
cliente, alla ricerca del miglioramento
continuo e di prodotti/servizi all’altezza
delle aspettative del mercato. Tale visione
mira alla sostenibilità aziendale a medio e
lungo termine in contrapposizione alla visione strettamente contabile, che persegue una sostenibilità a breve-medio termine come equilibrio costi-ricavi.
Le logiche di comunicazione, peraltro,
spesso si intrecciano con le esigenze di
qualità per evidenziare gli aspetti di valore che le organizzazioni offrono ai loro
clienti. Su un piano più avanzato, obiettivi e indicatori misurabili possono aiutare
a portare un approccio scientifico/oggettivo nel contesto aziendale con l’obiettivo
di rilevare, ove possibile con misure non
solo economiche ma anche di processo,
l’incremento di efficienza e/o di efficacia
delle organizzazioni.
45
y Economia e Qualità: elementi per una cultura di base y
Tema
46
vità ed efficienza i processi.
Questo aspetto, denominato approccio
per processi, consente all’organizzazione
di pianificare i propri processi e relative
interrelazioni ed è una delle basi strutturali della norma Iso 9001:2015, insieme
al ciclo di Deming PDCA (cfr.), che garantisce che i processi siano alimentati e
gestiti e ne vengano identificate le opportunità di miglioramento. A questi si affianca il Risk Based Thinking (RDB), per determinare ex ante i fattori che potrebbero
rendere inefficaci processi e sistema di
gestione qualità e di conseguenza attivare
i controlli preventivi di competenza.
Qualità ed ISO 9000
E giungiamo infine alla qualità ed alla
norma ISO 9001 nella nuova edizione
2015. La maturità di questo schema normativo volontario consente alle aziende
che ne adottano le prescrizioni di acquisire un insieme di modalità e di metodologie che permettono di offrire ai clienti la
garanzia di un puntuale rispetto dei requisiti di prodotti e servizi. La disciplina della qualità fornisce un insieme di strumenti
e di tecniche che consentono alle organizzazioni di evolvere e migliorare – una
sorta di processo formativo collettivo – a
tutto vantaggio dei clienti ma anche delle
aziende stesse, che così sono in grado di
competere con maggiore efficacia sul
mercato, offrendo servizi più qualificati e
prodotti più controllati. Merita qui solo ricordare che, secondo i nuovi principi
HLS, la norma ISO 9001 si struttura in
dieci punti tra i quali è individuabile il ciclo di Deming plan-do-check-act di figura
3.
novembre/dicembre 2016
Conclusioni
L’economia ha dunque assunto una dimensione più ampia degli ambiti nei quali era originariamente delimitata. Non più
solo competenza di uffici contabili, del
controllo gestione o del management, il
possesso di una cultura economica è divenuta una necessità per chiunque operi
in azienda, come pure per il personale
della pubblica amministrazione e di fatto,
ormai, anche per le famiglie, continuamente sollecitate a comprendere come
agire in termini di lavoro e consumi in un
contesto in continuo cambiamento. La sostenibilità economica implicita nel bilancio tra entrate ed uscite, elemento primario di riferimento per le politiche europee
e nazionali, si riflette infatti in tutta una
serie di interventi che impattano su cittadini e imprese, per i quali è conveniente
essere adeguatamente informati e formati
per riuscire a valutarne gli effetti e identificarne opportunità e rischi sottesi. L’esigenza di comprendere la natura dei rapporti economici tra le aziende, i cambiamenti del mercato del lavoro o, ancora, di
saper identificare i portatori di interesse,
comporta la necessità, da parte di tutti i
soggetti coinvolti, di acquisire gli elementi di riferimento di una cultura economica.
Su un piano parallelo, nel ruolo di “consumatori consapevoli” i cittadini hanno
una crescente esigenza di disporre di una
cultura di base sulla qualità, in modo da
poter effettuare le tantissime scelte in termini di acquisto di prodotti, di fruizione
di servizi e di interazione con i complessi
processi di assistenza nelle modalità più
efficaci. A maggior ragione per quanto riguarda i lavoratori, per i quali la cono-
scenza dei sistemi di gestione della qualità, dei fondamenti della famiglia ISO
9000 ed in generale dell’approccio della
“scuola giapponese” alla total quality,
rappresenta spesso un requisito richiesto
già nelle fasi di recruitment iniziale. E naturalmente per quanto riguarda le imprese, che per mantenere ed incrementare le
quote di mercato in un quadro così variabile e competitivo non hanno altra scelta
che quella di rafforzare e rendere sempre
più strutturale la garanzia di qualità delle
proprie produzioni e dei propri servizi.
n NOTE
1
“Crescita moderata nel secondo trimestre 2016”, di
2
“INPS, il presidente Boeri: Anni di privilegi, anche
Rossella Bocciarelli, Il Sole 24 Ore, 16/4/2016.
per i politici. Il problema non è la sostenibilità, ma
l’equità’”, Il Fatto Quotidiano, 11/9/2016.
3
“PIL, ISTAT conferma la crescita zero nel II trimestre, ritocca a +0,8% il dato annuo”, di Vittorio Nuti, Il Sole 24 Ore, 2/9/2016.
4
Si veda la Relazione Territoriale sulla Regione Veneto Doc. XXIII, N. 17 della “Commissione Parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati” approvata il 15 settembre 2016 dalla Camera dei
Deputati.
ANTONIO CANDIELLO
consulente e formatore per i processi
di innovazione in informatica e tecnologia,
sistemi di gestione, qualità e ambiente presso
imprese e pubbliche amministrazioni.
Professore a contratto presso IUSVE-STC.
www.anthonycandiello.it
www.qualitaonline.it
47
y Studi & Ricerche y
Tema
>> Francesco Paolo CANTELLI
«Laudato si’» e gestione
del rischio a lungo termine
The risks associated with the future human expansion in the Outer Space require a new management, targeted to the
needs of the common home and life in
general.
Premessa
L’economia condiziona da sempre, più
che la tecnica, la locomozione spaziale.
Dalla fine dell’Ottocento questa è stata
interesse degli Stati leader, ma, con l’avvento del Mercato Globale (WTO), il sogno di Tsiolkovsky, Crocco, Sänger, Bredt,
von Braun e molti altri, è rimasto tale.
Con il WTO il mondo ha assunto un assetto ben diverso da quando due blocchi
si fronteggiavano.
WTO imperante, vi è chi pensa alla crescita del PIL, riducendo il ciclo di vita dei
beni venduti: una visione che non produce ricchezza a lungo termine ed impedisce all’Uomo di crescere in armonia con
il pianeta Terra.
K. E. Tsiolkovsky affermava che lo Spazio
é precluso a chi non lo ama e ciò porta a
domandarci: «se non si ama la casa comune sognata da Papa Francesco, siamo
in grado di espanderci nello Spazio? Abbiamo una visione umile, ma nel contempo solida del nostro futuro?».
Personalmente si dubita, visto che, per la
prima volta dalla rivoluzione scientifica
del Seicento, la spesa maggiore in ricerca
e sviluppo tecnologico avviene in Cina e
nei Paesi limitrofi. (41,5%).1
E’ un cambio epocale, con risvolti anche
nel rapporto Uomo-Pianeta Terra .
La rottamazione dell’Uomo
Arturo Crocco, da ingegnere aerospaziale
www.qualitaonline.it
> Figura n.1. - Umiltà e solidità
ed Ufficiale della Regia Aeronautica, vedeva la degradazione della ricchezza, per
similitudine termodinamica, come aumento dell’entropia.2
In un sistema isolato cresce giocoforza,
senza contenimento energetico. Similitudine ancora valida, specie nel nostro
mondo globalizzato 3 ove primeggia il
“mercante-politico”.
Questi vive in una interdipendenza intrigante tra politica, economia, tecnologia e
mercato. Interdipendenza ove la Qualità
percepita determina il prezzo, disgiungendolo dal costo ed il mercato non è alimentato da bisogni reali, ma da una accorta seduzione del bacino d’utenza, frutto di una pressante pubblicità, unificata a
livello mondiale.
Un falso lavoro che produce una falsa ricchezza. Aumenta il PIL, ma decresce la
ricchezza sia del singolo che dello Stato,
che non soddisfa i bisogni sociali e di
protezione dei propri cittadini. Tra l’ altro:
danneggia l’ecosistema.
Una situazione che Crocco non avrebbe
mai immaginato: si rottama anche l’ orgoglioso «Cogito ergo sum».4
La degradazione
Crocco affermava che la ricchezza economica era sorretta dal potere intellettuale e
dalla disponibilità energetica. Questa dovrebbe essere garantita dall’abilità diplomatica e dalle Forze Armate nazionali.
Cose a noi precluse da: Società offshore,
che impongono condizioni ai Governi,
Agenzie private di Rating, che votano le
performance degli Stati e da Eserciti senza
bandiera, che creano artatamente povertà.
Il potere intellettuale è annullato e per
novembre/dicembre 2016
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y Studi & Ricerche y
Tema
rotto affinché le lavoranti del
padre potessero tingere le stoffe 9, partecipa all’insofferenza
del Santo per una società che
cerca il lucro a tutti i costi. Il
mondo dei Decision men applauditi come Leader indiscussi.
> Figura n. 3 - Home mobile village [da Internet]
tuali in tutti i campi dello
Problema impostabile, già a fine Ottocento, come azioni e controreazioni,
dall’Ingegneria dei Controlli8, ma sempre disatteso da chi cerca plauso, tornaconto ed è congenitamente incapace a
valutare i rischi a lungo termine che dalla propria azione possano scaturire.
•la cultura dello scarto, per uomini e cose
[En 22], che scarta dal processo produttivo l’Uomo ed addirittura i beni appena
prodotti, pur di mantenere il ciclo produttivo. Uno stile di vita, dettato da un
modello finanziario, produttivo e distributivo, pieno di insicurezze, sfiducie e sospetti, sia nelle Aziende/ Organizzazioni,
che nei Lavoratori e nella cittadinanza,
quando non a timori forti per i propri risparmi e per il proprio futuro, anche pensionistico.
In definitiva la forza dell’Enciclica risiede
nel ribadire un messaggio nato ad Assisi:
«il cambiamento è qualcosa di auspicabile, ma diventa preoccupante quando si
muta in deterioramento del mondo e della qualità della vita di gran parte dell’umanità».
L’intensificazione dei ritmi decisionali, di vita e lavoro sono ormai nostra parte integrante, ma bisogna sempre
lasciare uno spazio per il «Cogito ergo
sum», altrimenti non resta differenza tra
noi ed i tre robot umanoidi di Isaac Asimov.
La dignità dell’Uomo è alla base dello
Stato di Diritto ed è un percorso di vita
esigibile in termini di governance della
res publica, ma soprattutto della res privata, senza la quale la prima è un non senso. Tra l’altro lo Stato di Diritto impone il
diritto all’Educazione, mentre la rapidación erode il gioco democratico, porta a
ragionare per preconcetti inculcati da terzi e, nelle Aziende, a progettare basandosi su brevetti, licenze e software altrui.
Il danno è evidente:
•si dimentica che la nostra vita biologica,
come specie terrestre dominante, è artificialmente allungata dalle tecnologie;
•si perdono risorse intellettuali a lungo termine;
•nascono, nei processi, perniciose burocratizzazioni e robotizzazioni.
In definitiva si accorcia la vita del genere
umano. Lo vogliamo veramente ?
Il messaggio antico
Un nuovo management
L’Enciclica è scritta nelle otto lingue più
usate dalle culture capaci di recepire il
messaggio del Dio misericordioso che il
Cantico delle Creature rappresenta. Tra
queste la nostra e, personalmente, credo
che, per noi, leggere l’Enciclica sia salutare. Perdiamo ricchezza sociale, familiare,
amicale ed individuale, mentre dai teleschermi e dai giornali la fantapolitica e la
pubblicità globalizzata ci promettono irreali futuri radiosi.
Siamo, di contro, i più pronti, credo, a recepire il messaggio, che viene da Assisi.
Chi ha visto la casa natale di San Francesco, a cavallo dell’acquedotto romano,
L’insofferenza al Management attuale dilaga, a tutti i livelli decisionali ed è lecito
domandarsi come l’Enciclica possa influire. In realtà non si vedono immediati effetti benefici, ma ricordando che per
Crocco il potere intellettuale crea ricchezza economica, si è convinti che la Laudato si’ porterà, con il tempo, i Decisori di
qualsiasi livello a :
•privilegiare, nei giovani, l’educazione piuttosto che l’ istruzione,
•tornare, nelle nostre Aziende ai tempi di
Adriano Olivetti e dei meno noti Attilio
Odero e Georges Henry Falck, quando
l’Architetto di Sistema, come dicono i fran-
scibile.7
> Figura n. 2 - Casa giapponese [da Internet]
molti vi è il pericolo che diventi “ricchezza”, a fine vita lavorativa, vivere in un
monolocale tipo giapponese od in un home mobile village tipo USA, con assistenza “garantita” da qualche assicurazione
privata. Ricchezza da trasferire alla prole:
nessuna.
Neppure quella intellettuale e culturale, a
valore differito, non monetizzabile al momento.5
La Forza della Lettera Enciclica
«Laudato si’»
Il Papa ritiene che «dopo un tempo di fiducia irrazionale nel progresso e nelle capacità umane, una parte della società sta
entrando in una fase di maggiore consapevolezza». Si rivolge, quindi, a tutti
quelli che «stanno costruendo il futuro
del pianeta [En,14], per orientarli al bene
comune ed ad uno sviluppo umano, sostenibile ed integrale, senza deterioramento del mondo, della qualità della vita
di gran parte dell’umanità» [En 18], arrogandosi, pochissimi, nella casa comune,
il diritto di scegliere per tutti, anche per le
generazioni che verranno.
L’Enciclica Laudato si’, chiede pertanto di
abbandonare:
•la rapidizzazione (rapidación rapidification) [En 18]6, la continua accelerazione
dei cambiamenti, per l’umanità ed il pianeta, accoppiato ad un ritmo di vita e lavoro sempre più intenso. Condizione che
fa agire tutti affrettatamente ed in contrasto la naturale lentezza dell’evoluzione
biologica e dello sviluppo umano, sostenibile ed integrabile.
Questo portando a storture socio-progetnovembre/dicembre 2016
Per il nostro futuro
www.qualitaonline.it
y «Laudato si’»
e gestione del rischio a lungo termine
ideal spouse, marry them, and have two children
that can grow up and do the same thing. Get a move on. Faster, faster, faster. Never mind that you will
get burned out, stressed out to the max, and you'll
never see your family. Go and do. Go and be the
n NOTE
star employee. No matter what the cost, you have to
1
do more and be more for everyone, all the time.
2
> Figura n.4 - Case popolari anni 20 (internet)
3
Pietro Greco, Sempre più asiatica la leadership della ricerca globale: parole di NSF. Scienza in rete. Il
What are you waiting for? GO!» [i-t-q.blogspot.com
gruppo 20003 per la ricerca. (Lettura consigliata)
/2015/06/rapidification.html]
Arturo Crocco, La degradazione della ricchezza,
7
sulle Staminali affidate a laboratori finanziati da
La Terra controlla la crescita dell’Entropia per man-
Fondazioni sopranazionali “senza scopo di lucro” il
tenere la vita nel tempo. Tutto è riciclato con pro-
cesi, aveva già in sé, nella sua educazione, i principi manageriali dell’ artigiano
fiorentino. Un cattolico, si è visto, ben capace di affermarsi nel mondo.
cessi a basso potenziale energetico o distribuiti su
www.qualitaonline.it
4
5
vasta scala. L’uomo è l’ unica specie che alteri l’
di algoritmi di controllo in retroazione, che consentano di mantenere il comportamento di un sistema
secondo i requisiti impostati.
9
Nella casa-opificio del padre di san Francesco si
pi ritenuti compatibili con la durata dell’Uomo tec-
può ammirare un arcaico esempio di Security indu-
nologico sulla Terra (30.000 anni ?).
striale. Su un muro vi sono graffiti che permetteva-
Si consiglia la lettura del libro di Mark Buchanan:
no alle donne di preparare le tinture per le stoffe
L’atomo sociale. Il comportamento umano e le leggi
senza tuttavia conoscere i nomi dei componenti
della fisica, Mondatori 2008.
che utilizzavano.
L’attuale concetto di ricchezza a valore differito
10Il
Mercato Globale, per ridurre i costi di produzione
non è connesso alla produzione (C. Marx), ma alla
produce merci a valenza globale nei posti a minor
predisposizione di un Asset oggi a valore nullo, ma
reddito, questo depaupera la ricchezza delle culture
che si ritiene possa essere utilizzato in un futuro,
locali che, invece, potrebbero produrre merci alter-
dando reddito; in pratica quanto facevano le Abbazie benedettine nell’Alto Medioevo elargendo servi-
6
Area dell’ingegneria che si occupa della definizione
equilibrio con rifiuti non riciclabili. Ciò abbatte la
anche i riciclabili aumentano l’entropia, ma in tem-
L’attacco alle Torri Gemelle ed il disastro
di Fukushima hanno messo in luce il bisogno di Sicurezza (Safety & Security) del
genere umano e del mercato, che a questo si conviene, ove le differenze culturali, anche tribali, lo esaltano e non lo appiattiscono.10
Personalmente credo che la Lettera Enciclica Laudato si’ permetta d’impostare,
per tutte le attività di punta, a cominciare
dall’aerospazio, un nuovo management in
cui l’individuazione dei pericoli (Hazard)
e la valutazione dei rischi, sia economici
che di Safety & Security, diventi opportunità per il reddito d’impresa. Lo Spazio,
non a caso, più di altri settori, ha bisogno,
in tutte le sue discipline, di perennizzare
l’onestà intellettuale; sia quella degli Architetti di sistema, che si avvicenderanno
rischio a lungo termine non è valutabile.
8
ricchezza della casa comune: il pianeta. Si noti che
Conclusioni
Tra le storture gli studi sulle cellule primordiali e
Accademia dei Lincei, 1925.
native, aumentando il circolante.
11«Space Transportation
System. All Earth, orbital and
zi ai sempliciones, ma mantenendo gli amanuensi
sub-orbital based facility and transportation assets,
per la predisposizione di un futuro sociale migliore.
engaged in the movement of passengers and/or
Pope Francis brought up a new term that I think he
goods in the Outer Space».
sort of made up: rapidification. This term refers to
the frenzied chaos that humans create for themselves. The never-ending drive to do more and be more
FRANCESCO PAOLO CANTELLI
to the tune of faster, faster, faster! Society pressures
Ingegnere aerospaziale
us to do this! Go to school now, full-time, while ba-
[email protected]
lancing a full-time job. While you're at it, find the
novembre/dicembre 2016
Tema
nel tempo, sia degli addetti a tutti livelli
operativi, oggi in Terra ed in un futuro non
troppo lontano, si spera, in qualche avamposto satellizzato11.
49
y
Tema
50
y Studi & Ricerche y
Co-funded by the Intelligent
Energy Europe Program of the
European Union
>> di Claudio ROSSO, presidente AICQ Nazionale
il progetto
BRICKS
B
UILD UP Skills BRICKS. Building Refurbishment with Increased Competences, Knowledge and Skills è un progetto europeo dell’iniziativa strategica
BUILD UP Skills - Pillar II co-finanziato
dal programma europeo Intelligent Energy
Europe (IEE), coordinata dall’ENEA cui
partecipano 15 organismi nazionali e oltre 40 partner associati, tra i quali 2
Ministeri, Regioni e Province Autonome,
con una formula variabile, aperta ad ulteriori adesioni.
Il progetto prevede lo sviluppo di strumenti e metodologie per realizzare un sistema di formazione che porti a migliorare le conoscenze, le abilità e le competenze dei lavoratori
impegnati nella riqualificazione energetica degli edifici e nell’uso di fonti rinnovabili di energia, al fine di avere entro il
2020 un parco edilizio ad energia quasi
zero.
BRICKS ha l’obiettivo chiave di gettare le
basi per la diffusione di un modello di certificazione delle competenze acquisiti in
ambiti formali, non formali e informali
che costituisca un unico sistema nazionale
di qualifica allineato al resto dell’Europa.
A questo scopo saranno utilizzati diversi
strumenti tra i quali l’adattamento al sistema italiano delle buone pratiche già collaudate in ambito europeo per la valutazione
delle competenze acquisite sia in ambito
formale che con l’esperienza lavorativa.
Saranno, inoltre, progettati nuovi percorsi
formativi di armonizzazione delle iniziative già attuate nelle diverse regioni e un sistema volontario di marchio di qualità
che identifichi le aziende con personale
qualificato.
novembre/dicembre 2016
Perché BRICKS?
•In Italia un alto numero di lavoratori non
ha frequentato corsi di formazione formale.
•Nel settore edile esistono 144 diversi profili con una vastissima differenziazione regionale.
•La scarsa qualità della formazione professionale e dell’innovazione, specialmente
rispetto alle risorse umane, pongono l’Italia a livelli molto bassi nelle classifiche
europee.
•Il sistema formativo, i formatori e i materiali didattici sono complessivamente poco aggiornati.
Principali azioni:
•Promuovere un nuovo sistema di qualifica VET (Vocational & Educational Training)
nazionale nel rispetto delle direttive RES
(promozione delle fonti rinnovabili di energia) e BPDP (Performance energetica degli edifici) rimuovendo gli ostacoli precedentemente individuati dalla roadmap italiana.
•Adottare buone pratiche già sviluppate e
testate in ambito europeo, adattandole al
sistema italiano, per la valutazione delle
competenze acquisite in ambito non formale ed informale.
•Promuovere azioni pilota per la formazione dei formatori e dei lavoratori in cantiere, sviluppando una buona prassi soprattutto per i lavoratori di basso profilo
che difficilmente potrebbero essere inseriti in percorsi formali sia per la mancanza delle conoscenze di base sia per la difficoltà di accesso a corsi fatti duranti durante l’orario di lavoro.
•Mettere a punto una procedura di certificazione di parte terza basata sulle norme
sviluppate in ambito UNI, definendo dettagliatamente le skill professionali come
previsto dal Quadro Europeo delle Qualifiche.
•Mettere a disposizione dei lavoratori già
occupati del settore gli strumenti e i materiali didattici creati all’interno di progetti nazionali e/o europei per colmare
eventuali lacune di conoscenze.
•Promuovere un percorso per l’ottenimento
di un “marchio di qualità” per le aziende
che impiegheranno personale qualificato.
www.qualitaonline.it
51
y Formazione & Education y
Modello
per la diffusione
•Indagare sulla possibilità di uno scambio
di buone pratiche e di mutuo riconoscimento tra le Camere di Commercio di paesi diversi.
•Coinvolgere tutte le Regioni e le Province autonome per promuovere e disseminare i risultati del progetto attraverso il sistema scolastico e della formazione professionale.
Il più importante contributo del progetto
BRICKS consiste nello sviluppo di un sistema nazionale di formazione professionale specialistica all’avanguardia in Europa e nella conseguente consapevolezza
dell’importanza assunta dalla professionalità della mano d’opera come garanzia
della qualità degli interventi e dei ritorni
dall’investimento.
•Avvio delle procedure di messa a punto
di norme e definizione degli schemi di
certificazioni UNI per tutti i lavoratori operanti nel settore dell’efficienza energetica
e dell’installazione/manutenzione di impianti di fonti rinnovabili di energia a partire dagli schemi EQF sviluppati in ambito europeo.
•Erogazione di almeno 4 processi formativi che comprendono sia la qualifica dei
formatori che quella degli operatori/tec-
Il modello BRICKS prevede che le Regioni
italiane, come partner associati, siano direttamente coinvolte nell’implementazione delle azioni sperimentali anche attraverso la collaborazione con gli stakeholder regionali per le dovute integrazioni
e/o modifiche che tengano conto delle
esigenze del proprio territorio.
Al di là dei singoli obiettivi, l’ampiezza della rete attivata contribuirà allo sviluppo di
un sistema nazionale di formazione professionale all’avanguardia in Europa.
n SITOGRAFIA
• www.bricks.enea.it - [email protected]
Risultati attesi:
•Coinvolgimento del maggior numero di
stakeholder e di organismi pubblici e privati per attuare politiche che incentivino
la formazione dei lavoratori sulle nuove
tecnologie per gli edifici ad energia quasi zero.
•Accesso diffuso per gli operatori del settore ad una formazione qualificata e certificata.
www.qualitaonline.it
marzo/aprile 2015
Tema
nici.
•Diffusione del modello di certificazione
delle competenze acquisite in ambiti formali, non formali e informali che porti ad
un unico sistema nazionale di qualifica
allineato al resto dell’Europa.
•Elaborazione di procedure per la certificazione dei centri di addestramento in
grado di trasferire le necessarie abilità pratiche.
•Realizzazione di un sistema volontario di
marchio di qualità che identifichi le aziende con personale qualificato/certificato secondo gli schemi di certificazione messi
a punto dal progetto.
In ultimo, non meno importante, si auspica una maggiore competitività delle imprese italiane e mobilità del personale
tecnico all’interno dei paesi Comunitari.
Per l’attività formativa, ove non indicata,
fare riferimento al sito internet delle Federate AICQ
52
ASSOciAziOnE iTALiAnA cuLTuRA QuALiTà
FEDERAZIONE
NAZIONALE
cell. 340 7406432 - [email protected]
Presidente: Ettore LA VOLPE
AICQ - Associazione Centro Insulare
Presidente: Claudio ROSSO
00185 Roma - via di San Vito, 17
Vicepresidenti: Sergio BINI, Giorgia
tel. 06 4464132
GAROLA, Ernesto SCURATI
fax 06 4464145 - [email protected]
Assemblea: Giorgia GAROLA, Maurizio
Presidente: Sergio BINI
CONTI, Antonio SCIPIONI, Andrea
AICQ - Associazione Meridionale
MINARINI, Ettore LA VOLPE, Sergio BINI,
c/o Laboratorio IDEAS, Dip. Ingegneria
Diego CERRA, Vittorio CECCONI
Industriale, P.le Tecchio, 80 80125 Napoli
Giunta esecutiva: Sergio BINI,
Tel: 081-2396503 - 3928857600
Giorgia GAROLA, Vincenzo MAZZARO,
Claudio ROSSO, Antonino SANTONOCITO, [email protected]
Presidente: Diego CERRA
Ernesto SCURATI
AICQ - Associazione Sicilia
Segreteria Nazionale: Annalisa ROSSI
90139 Palermo - via F. Crispi 108-120,
ASSOCIAZIONI TERRITORIALI DELLA c/o Ordine degli Ingegneri della Provincia di
Palermo
FEDERAZIONE
cell. 320 4376481 - fax 0919889355
AICQ - Associazione Italia Centronord
[email protected]
20124 Milano - via M. Macchi, 42
Presidente: Vittorio CECCONI
tel. 02 67382158fax 02 67382177 [email protected]
Presidente: Maurizio CONTI
SETTORI TECNOLOGICI
AICQ - Associazione Piemontese
Settore Alimentare
10128 Torino - via Genovesi, 19
Presidente: Simonetta GALLERINI
tel. 011 5183220
Settore Autoveicoli
fax 011 537964 - [email protected]
Presidente: Federico RIVOLO
Presidente: Giorgia GAROLA
Settore Costruzioni
AICQ - Associazione Triveneta
Presidente: Antonino SANTONOCITO
30038 Spinea (VE) - Via E. De Filippo, 80/1 Settore Elettronico ed Elettrotecnico
tel. 351 0800386 - [email protected]
Presidente: Giovanni MATTANA
Presidente: Antonio SCIPIONI
Settore Servizi per i Trasporti
AICQ - Associazione Emilia Romagna
Presidente: Luigi ZANNI
40129 Bologna - via Bassanelli, 9/11
Settore Turismo
tel. 3355745309 - fax 051 0544854
Presidente: Dianella MANCIN
[email protected]
Settore Trasporto su Rotaia
Presidente: Andrea MINARINI
Presidente: Gianfranco SACCIONE
AICQ - Associazione Tosco Ligure
Settore Education
Piazza di Sant’Ambrogio (snc)
Presidente: Paolo SENNI GUIDOTTI
50121 Firenze
MAGNANI
Settore Sanità
Presidente: Mauro TONIOLO
Settore Pubblica Amministrazione
Presidente: Giorgio GALLO
COMITATI TECNICI
Comitato Ambiente e Energia
Presidente: Antonio SCIPIONI
Comitato Salute e Sicurezza
Presidente: Diego CERRA
Comitato Metodi Statistici
Presidente: Egidio CASCINI
Comitato Metodologie
di Assicurazione della Qualità
Presidente: Francesco CARROZZINI
Comitato Normativa e Certificazione
dei Sistemi Gestione Qualità
Presidente: Cecilia DE PALMA
Comitato Qualità del Software e dei servizi
IT
Presidente: Valerio TETA
Comitato Risorse Umane e Qualità
del Lavoro
Presidente: Piero DETTIN
Comitato Laboratori di Prova e Taratura
Presidente: Massimo PRADELLA
Comitato Responsabilità Sociale
Presidente: Sergio BINI
Comitato Reti d’Impresa
Presidente: Luciano
Comitato Conciliazione Lavoro e Famiglia
Presidente: Michael GALSTER
ORGANISMO ACCREDITATO DI
CERTIFICAZIONE DI PERSONALE
AICQ – SICEV SRL
20124 Milano - via E. Cornalia, 19
0266713425 - [email protected]
Redazione: sede legale
In conformità al D.lgs. 196 del 30/6/2003 e fatti
Segreteria di redazione
salvi i diritti dell’interessato ex art. 7 del suddetto de-
AICQ - via Cornalia, 19 - 20124 Milano
creto, l’invio di Qualità autorizza AICQ stessa al
Tel. 02 66712484 - Fax 02 66712510
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n. 6 novembre/dicembre 2016
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zione di questa pubblicazione.
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COSTI
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e SPRECHI
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RISCHI
RISCHI
PRESSING
PRESSING
DEIDEI
CLIENTI
CLIENTI
COMPLESSITA’
COMPLESSITA’
COGENZE
COGENZE
NORMATIVE
NORMATIVE
oinsoono
s
i
c
c
o
o
d
d
n
n
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...qu...qu
roersrteisti
r
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EA.RE.
R
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L
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C
C
N
N
CACA
Piattaforma
Piattaforma
potente
potente
e flessibile
e flessibile
sintesi
sintesi
di oltre
di oltre
venticinque
venticinque
anni anni
di esperienze
di esperienze
in sistemi
in sistemi
informativi
informativi
per Qualità,
per Qualità,
Sicurezza
Sicurezza
e Ambiente.
e Ambiente.
F O L L FOOWL L U
OSW
US
SEMI
SEMI
SEGUI I NOSTRI
SEGUI WEBINAR
I NOSTRI WEBINAR
4 MAGGIO
4 MAGGIO
2017 2017
8 NOVEMBRE
8 NOVEMBRE
2017
2017
Giornata Mondiale
Giornata
della
Mondiale
Qualità
della Qualità
#BlulinkDay
#BlulinkDay
AR
AR
W E B W
I N EAB RI N A R
Q U A L I T YQFUOARL I I TT YA LF Y
OR ITALY
I T A L Y F O RI TQA L
O RI TQYU A L I T Y
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