per una cultura comune dell`educatore a scuola

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per una cultura comune dell`educatore a scuola
PER UNA CULTURA COMUNE DELL'EDUCATORE A SCUOLA
UNA SCHEDA DELL'EDUCATORE A SCUOLA
(preceduta da un breve racconto)
“Vieni a giocare con me” le propose il Piccolo Principe
“Non posso giocare con te” disse la Volpe “Non sono addomesticata”
“Ah, scusa”, fece il Piccolo Principe.
Ma dopo un momento di riflessione soggiunse: “Che cosa vuol dire addomesticare?”
“Vuol dire creare legami” (...)
“Che bisogna fare?” domandò il Piccolo Principe.
“Bisogna essere molto pazienti”, rispose la Volpe.
“In principio tu ti siederai un po’ lontano da me, così, nell’erba.
Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla.
Le parole sono fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino…”
(Il Piccolo Principe - Antoine De Saint-Exupéry)
Quando entro in classe per la prima volta, inizio una nuova esperienza con un
bambino o una bambina, ed avvio un cammino educativo che, attraverso le piccole e
grandi esperienze concrete e quotidiane che vivremo insieme a scuola, lo
accompagni in un percorso di maturazione e di crescita armoniosa dei suoi
sentimenti, dei suoi pensieri e delle sue relazioni; con positive ricadute sugli apprendimenti,
sull'inclusione nella vita della classe ed in generale sul suo diritto all'istruzione e allo studio.
Nel contesto della scuola, mi muovo gradualmente verso questo fine positivo e ambizioso,
considerando il bambino o la bambina nella sua interezza, fatta cioè di “testa, cuore e pancia”,
ossia di pensieri, ma anche di sentimenti, emozioni e corporeità, e nell'interezza del suo contesto
di vita che è fatto certamente di scuola ma anche di famiglia, di legami affettivi e dei suoi impegni
“la fuori”.
Il primo giorno a scuola, entro curioso e attento ed incontro per la prima volta, un po' in punta di
piedi, il bambino o la bambina (che magari è già un ragazzo o una ragazza) che accompagnerò nel
corso dell'anno. Si tratta di un momento sensibile, curioso ma anche delicato, cui presto
contemporaneamente attenzione e cura.
“Chi è questo bimbo che incontro? Com'è fatto, come mi accoglierà?” - “Che cosa sa di ciò che
faremo insieme? Mi starà aspettando?” mi chiedo silenziosamente.
Ma chissà, forse anche il bambino avrà iniziato a farsi un'idea di questa nuova persona che sta per
incontrare, magari avrà un'aspettativa o magari una preoccupazione: “Chi sarà costui? Cosa vorrà
da me? Come mi tratterà? Sarà simpatico? Oddio.. Mi metterà in imbarazzo davanti ai miei
compagni?!” potrebbe chiedersi silenziosamente. Inizia così una prima fase che richiede ben più di
un giorno per prendere fiducia e confidenza, da una parte e dall'altra. Da lì in poi, per un primo
periodo, si aprirà una fase di conoscenza, di stupore, di reciproca curiosità o anche di legittimo
sospetto.
Si tratta di una conoscenza e di un'osservazione che è già contatto, fatta di primi scambi, in cui da
parte mia colgo la sensibilità e i vissuti del bambino e lui, piano piano, sente la mia presenza, la
valuta, la comprende: il processo educativo ha dunque preso avvio e starà a me la responsabilità di
condurlo intenzionalmente e consapevolmente verso le mete immaginate.
Ben prima del mio arrivo a scuola, la Cooperativa di cui faccio parte mi aveva proposto la possibilità
di avviare questa nuova esperienza, raccogliendo i primi elementi sulla storia del bambino o della
bambina che avrei poi incontrato; i primi indizi sui suoi bisogni e le sue necessità.
Ho avuto così modo di incontrare insieme al mio coordinatore, i referenti scolastici e quelli del
Comune, da cui abbiamo ricevuto i primi racconti e le prime suggestioni utili ad avviare la relazione
educativa col minore: da quel momento mi preparo pensando e costruendo il mio incontro zero col
bambino o con la bambina, che ancora non conosco e che ancora non mi conosce; ancora non sa
chi io sia, che faccia abbia questo nuovo adulto che sarà con lui.
Entrando a scuola, magari per la prima volta, incontro un mondo ricco e articolato con la sua
storia, le sue abitudini e i suoi molti e diversi ruoli: insegnanti, insegnanti di sostegno, dirigenti,
personale ausiliario. Sono innanzitutto ospite di quel mondo e ci metterò del tempo e della cura a
comprenderlo e a sapermi muovere al suo interno, con agio e rispetto. Allo stesso modo, ci
metterò del tempo a presentarmi, a lasciarmi gradualmente conoscere e a far conoscere il mio
ruolo e il mio lavoro al loro fianco.
Immagino che anche il gruppo classe avrà le proprie domande e i propri dubbi: “Chi è questa
persona che non è un insegnante, che segue solo un nostro compagno, ma è qui con tutti noi?”
sembrano chiedersi i compagni e le compagne alla vista della mia presenza in aula. Anche di
questo mi prende cura, presto attenzione, mi muovo piano piano. E proprio alla classe getto uno
sguardo, ben sapendo che è li che desidero che il bambino che segue stia o, sempre più, possa
stare bene.
Ma ancora molto prima che tutto questo accada, un servizio sanitario, la Neuropsichiatria Infantile,
era stata attivata dalla famiglia (magari su suggerimento della scuola) e aveva stilato una diagnosi
funzionale. Qui sono tracciate le abilità e le disabilità del bambino, le sue modalità di
apprendimento particolari, le sue modalità emozionali e relazionali, non pienamente utili al suo
sviluppo e, naturalmente, ai suoi apprendimenti ed indicando così la necessità di un intervento
educativo che ne sostenga la crescita e la maturazione. E’ da qui che tutto prende inizio: per quel
bambino la presenza di un educatore a scuola che lo aiuti a ri-orientarsi può essere un’opportunità
positiva. E quell'educatore sarò proprio io.
Naturalmente non sarò per lui un ulteriore insegnante o un secondo insegnante
di sostegno in aula, bensì, proprio come indica la “casellina” barrata dalla
Neuropsichiatria, sarò soprattutto: “un operatore che lavora per favorire nel
minore la comunicazione e le relazioni sociali”.
Agisci sempre per aumentare il numero delle possibilità
(Divenire umano - Von Foerster)
“Se la relazione è un incontro di natura sociale che si compie in luoghi costruiti o spontanei,
la relazione pedagogica è un intento: c’è chi la pensa, la prepara,
la valuta e cerca di ridurre i margini di irrazionalismo, causalità, insuccesso”.
(Ragazzi in prova - Fernanda Rizzo)
CHI E'?
L’educatore è un professionista qualificato che svolge un’azione educativa in ambito scolastico a
beneficio del minore considerato nel suo contesto di vita: scuola, famiglia e territorio.
Tale azione mira al suo sviluppo armonioso sul piano psicologico, emozionale e relazionale con
positive ricadute sulla vita scolastica, il clima di classe, gli apprendimenti ed il diritto allo studio e
all'inclusione.
Nel suo bagaglio professionale, l’educatore ad personam porta competenze relazionali ed
educative legate all’area della pedagogia, della psicologia e dell’educazione, che gli permettono di
costruire percorsi educativi con il minore con disabilità, che comporta disturbi dell’apprendimento
e bisogni educativi speciali. Il professionista lavora con particolare riferimento alla dimensione
relazionale, emozionale ed espressiva del minore.
Ci vuole un villaggio per allevare un bambino
Proverbio africano
Se vuoi fare un passo avanti devi perdere l'equilibrio per un attimo
Gramellini
CHE AZIONI SVOLGE?
L’educatore ad personam avvia un processo educativo che ha delle fasi specifiche, delle evoluzioni
graduali e dei fini verso cui tendere. Concretamente, il lavoro dell'educatore professionale prevede
una gamma sinergica di azioni che concorrono all’efficacia dell’intervento e prevedono (quando
possibile):
Nel contesto scolastico:
 la relazione diretta col minore in aula (o fuori dall’aula, quando facilitante per il minore);
 i contatti, confronti e colloqui formali ed informali con gli insegnanti di riferimento e le
funzioni strumentali di riferimento;
 la condivisione con insegnante di sostegno e Consiglio di Classe, quando utile e richiesto,
per il Progetto Educativo Individualizzato;
 la partecipazione al Consiglio di Classe e Gruppo H;
 il contatto con i genitori, quando utile e richiesto, in affiancamento alla scuola.
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Nel contesto extra-scolastico:
la stesura periodica delle relazione educativa, con cui tiene traccia del lavoro svolto,
dell'iter educativo e dei movimenti della relazione con il minore;
il costante confronto e la supervisione pedagogica/psicologica sullo specifico caso
all’interno della propria cooperativa;
la disponibilità al contatto con i Servizi cui il minore è affidato e il rapporto con gli
specialisti: Neuropsichiatria Infantile, Servizi Riabilitativi, Servizi Sociali ed altri servizi
pubblici e privati;
la disponibilità al contatto con i luoghi territoriali in cui il minore è inserito nel tempo libero
(sport, attività ricreative, oratorio, ecc.) se la situazione lo richiede;
i momenti formativi specifici.
Le singole azioni dell’educatore a contatto col minore ed il suo contesto rientrano in un progetto
educativo ampio che è pensato, coordinato e continuamente rinnovato all'interno della
Cooperativa di appartenenza.
Questo progetto viene condiviso con i committenti comunali in fase di avvio, ed aggiornato
attraverso il monitoraggio periodico che tiene conto della continua emersione di dati e significati
sensibili.
Ciascun educatore ha un coordinatore operativo all'interno della propria Cooperativa che si occupa
di:
 monitorare l'andamento dell'intervento;
 mantenere i rapporti formali con i referenti scolastici e comunali;
 gestire le funzioni amministrative (ore svolte, banca ore accumulata, raccolta fogli firme,
stesura report, ecc).
Credere nei ragazzi vuol dire credere fortemente nelle possibilità e capacità positive
(anche se minime) proprio perché non ha senso occuparsi di quelle negative
per offrire una possibilità concreta di cambiamento.
(Ragazzi in prova - Fernanda Rizzo)
CON CHE FINE LO FA?
Il fine più ampio di ogni azione educativa è l’emersione del miglior potenziale del minore nel suo
contesto di vita su un piano psicologico, emozionale e relazionale e più in generale la promozione
di un suo benessere soggettivo e sociale.
Questa finalità si agisce attraverso la relazione costante e continuata con il minore considerato nel
suo contesto di vita; è questa relazione che, adattando le sue attuali capacità alle richiste
scolastiche, favorisce la graduale emersione delle sue risorse personali, sempre più responsabili e
libere.
In ambito scolastico significa accompagnare il minore attraverso le molteplici e variegate richieste
che la scuola propone sia sul piano relazionale, tra pari e verso gli adulti, che su quello degli
apprendimenti didattici, teorici e pratici.
L'educatore lavora nella consapevolezza che questi risultati si conseguono attraverso una piena
facilitazione della dimensione relazione ed emozionale del minore.
In tale senso, per l'educatore in ambito scolastico cambia il rapporto di priorità tra didattica ed
educazione: il fine è lo sviluppo educativo del minore, e la didattica è uno dei mezzi per
raggiungere questo fine, viceversa rispetto al corpo docente cui è chiesto fortemente il
raggiungimento degli obiettivi didattici, parallelamente alla dimensione educativa.
E' questa attenzione, da cui emergono gradualmente le risorse potenziali del minore, che
garantisce il reale diritto allo studio previsto per ogni categoria soggettiva, nell’ampia gamma che
sfuma gradualmente tra normalità e patologia.
Non c'è insegnamento astratto, ma ogni insegnamento è relazione e sperimentazione.
Non c'è apprendimento senza la partecipazione personale, senza il coinvolgimento emotivo di chi deve apprendere.
(Pedagogia scout. Attualità educativa dello scautismo -Piero Bertolini)
COME LO FA?
Attraverso le tante azioni che l'educatore svolge col minore, come fare i compiti, portarlo in
palestra, giocare o disegnare nei momenti liberi, seguire le lezioni, svolgere le verifiche, favorire la
didattica e gli apprendimenti con strategie pedagogiche, aiutarlo e sostenerlo nel suo
comportamento in aula e fuori, parlare e chiacchierare anche informalmente, fare merenda,
passare il tempo insieme ecc., l'educatore pone sul bambino uno sguardo particolare, portatore di
una intenzionalità educativa che va oltre la semplice azione considerata in se stessa.
Lo sguardo con cui l'educatore entra in contatto e lavora col minore, è uno sguardo molto
particolare, sensibile e fiducioso nei suoi confronti, per garantirne l'emersione del suo miglior
potenziale evolutivo, qualunque esso sia.
L’educatore in ambito scolastico pone particolare cura e attenzione alle dimensioni sensibili e
soggettive del minore, favorendo la continua accettazione della sua esperienza interna e
muovendosi così verso una reale inclusione scolastica e una graduale propensione agli
apprendimenti e all’adeguatezza al contesto didattico e relazionale.
L'educatore agisce privilegiando un continuo contatto relazionale con il minore, fondato sulla
comprensione del suo agire che va oltre l'inadeguatezza momentanea, sull’ascolto e
sull’intelligenza emozionale e, soprattutto, sulla momentanea sospensione del giudizio e di un
intervento normativo diretto ai comportamenti disfunzionali del minore; sapendo che tale
intervento, pur riportando a volte l'ordine nell'immediato, porterebbe inevitabilmente all'azione di
forza e all'impasse relazionale educativa; tutto questo in favore di una più efficace azione educativa
a medio e lungo termine.
«Volare mi fa paura» stridette Fortunata alzandosi.
«Quando succederà, io sarò accanto a te» miagolò Zorba leccandole la testa.”
…
“Bene, gatto. Ci siamo riusciti - disse sospirando - Sì, sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante - miagolò Zorba
"Ah sì? E cosa ha capito?"- chiese l’umano - Che vola solo chi osa farlo - miagolò Zorba.”
Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare – Luis Sepulveda