Progetto scolastico CALCIO 4D, per le Scuole.

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Progetto scolastico CALCIO 4D, per le Scuole.
Progetto scolastico CALCIO 4D, per le Scuole.
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Introduzione
CALCIO 4D è un metodo innovativo, evoluto e sperimentato in numerosi altri paesi
curato in Italia da Roberto Baggio e Adriano Bacconi, uniti dal comune intento di
“mandare in soffitta” il vecchio modo di insegnare non solamente il calcio, ma tutte
quelle discipline che insegnano una specializzazione precoce, seppur non richiesta
dall'attività sportiva stessa.
CALCIO 4D si pone alternativa alle classiche metodologie di avvicinamento allo sport in
quanto ormai obsolete, asettiche, decisamente inutili e improduttivi, quando non
“nocive” per il benessere psicofisico del giovane atleta, impegnato nel suo già di per sé
così complesso percorso evolutivo.
CALCIO 4D restituisce dignità all’individuo, prima ancora che all'atleta o al calciatore;
pone il suo focus sulle capacità cognitive, percettive e motorie, creando tecniche e
strategie di allenamento partendo sempre e comunque dal modello prestativo (ciò che
si fa in gara) e coniugando le sedute di allenamento in modo coerente con le fasi di
sviluppo del piccolo calciatore.
CALCIO 4D si occupa di movimento, di spazio costruito e articolato nelle sue tre
dimensioni e di tempo.
CALCIO 4D crea un sistema di lavoro coerente, partendo da dati oggettivi rilevati dalla
gara con utilizzo di importanti ed evolute tecnologie. Cosa succede durante una partita?
Come posso allenare al meglio il mio gruppo in modo da renderli preparati e sicuri per
affrontare le prove che incontrerò la domenica in campo, qualsiasi campo esso sia?
CALCIO 4D insegna “l’adattamento”. La partita, così come la vita di per sé, è un grande
insieme di variabili, spesso diverse e decisamente imprevedibili. Il valore aggiunto viene
dato dalla “mente”, dalla “migliore capacità di adattamento alla situazione”, da un
processo, denominato P.A.D.( Percezione-Analisi-Decisione), che, se allenato nel modo
corretto, viene in aiuto all'atleta “intelligente” donandogli la capacità di percepire gli
stimoli importanti (attenzione selettiva), esplorare in modo approfondito il contesto di
gioco ed elaborare, coadiuvato da componenti fondamentali come le emozioni e la
propria esperienza, la giusta scelta motoria e tecnica nel più breve tempo possibile.
CALCIO 4D è multidisciplinare: è attenzione al respiro, è cura dell’alimentazione, è
empatia e rispetto per l’altro, è capacità di agire, di scegliere e quindi di percepirsi
capaci, sicuri.
CALCIO 4D è prima di tutto "sport multidimensionale": il focus del progetto è lo spazio,
strutturato nelle sue tre dimensioni (larghezza, profondità e altezza) a cui però si
aggiunge la quarta componente fondamentale: il tempo.
CALCIO 4D è interazione spazio tempo, sinergia, sintonia e di conseguenza
comunicazione. Nel calcio, così come in tutti i giochi di squadra, “occupare uno spazio
libero” è fondamentale, ma il punto è: quando? Come suggeriva l’allenatore di un
emozionantissimo film: “la vita è questione di centimetri”...e di secondi; arrivare in
ritardo, o in anticipo, significa non arrivare. Questo non vuol dire che la tecnica smetta
di essere l’elemento portante dell’insegnamento sportivo in ambiente giovanile, ma una
metodologia evoluta e coerente non può fare a meno di “allenare la tecnica” in
situazioni vere, dinamiche, a volte complesse, in modo tale da rendere le tanto care
“sedute di allenamento” vere proprie “esperienze di gara”.
CALCIO 4D regala “esperienze di gara” in allenamento: piccoli spaccati di partita, in cui
però sono presenti davvero tutti gli elementi importanti che il bambino incontrerà
durante il match.
”I fantasisti del calcio sembrano addirittura il 2% superiori della media: capaci di
creatività, e "di trovare la soluzione a un problema in breve tempo e bravissimi nel
multitasking".
Questo pubblica una ricerca del Karolinska Institute di Stoccolma; e anche questo è
CALCIO4D. Per essere in grado di “fare una giocata importante” l'atleta, sintetizzando,
deve avere due capacità fondamentali: l’abilità tecnica per poter materialmente
effettuare il gesto atletico opportuno, ma soprattutto la capacità di immaginare la
mossa vincente, di scegliere i movimenti più adatti alla situazione che avrà già
opportunamente analizzato in frazioni di secondo in base ai propri successi e insuccessi
precedenti; per “fare una giocata importante”, il giocatore deve “vedere la giocata
stessa” dentro di sé, ma non solo. Deve essere abile a percepire il movimento del
compagno, dell’avversario, con i relativi messaggi verbali e non verbali che riesce a
captare. A calcio, come in qualsiasi altro contesto, è più efficace chi ha più informazioni.
CALCIO 4D è informazione che “forma” l’atleta. Tramite la “Match Analysis”, ovvero lo
studio prima concettuale e poi informatico della partita che permette oggi di identificare
con precisione il modello prestativo del calciatore moderno, si riescono a “isolare” le
informazioni interessanti che la gara restituisce per sviluppare esercitazioni(giochi)
propedeuticamente utili alla crescita del giovane atleta. Quando alle informazioni
oggettive derivate dal campo, si unisce la fantasia e la creatività del formatore dei
giovani calciatori, scatta la magia.
Questo sarà l'obiettivo a cui tendere negli anni sviluppando un percorso formativo che
abbia la specializzazione tecnico-tattica solo come punto di arrivo ma che elimini tutti
quei fenomeni deteriori del calcio come la ricerca esasperata del risultato, la selezione e
la ruolizzazione precoce
CALCIO 4D diviene dunque una presa di consapevolezza, da parte del bambino, del
mondo che lo circonda, esterno e interno: mondo esterno, costellato di stimoli sensoriali
e percettivi, elementi più o meno importanti di cui imparare a tener conto, elementi da
analizzare per produrre strategie adatte allo scopo, strategie da reiterare o
abbandonare in base alla loro efficacia; mondo interno, pregno di significati, di sogni, di
desideri e di istinti, di gioie e vittorie da condividere e di frustrazioni e sconfitte da
imparare a “digerire”, di efficacia personale, di coraggio, di percezione di sicurezza e di
autostima, ma anche di paure e ansie da gestire e superare per poter diventare ancora
più forti.
CALCIO 4D è un “sistema aperto” e proprio per questo valido, funzionale e mai stantio.
È in continua evoluzione, così come tutto ciò che ci circonda .
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Finalità
"Primum non nocere": così come in medicina questa locuzione latina è alla base della
guarigione del paziente e della scelta terapeutica più adatta al caso, quella che mostra
avere meno controindicazioni possibili, allo stesso modo "insegnare lo sport", o meglio
"educare allo sport" "dovrebbe" equivalere , il condizionale è d'obbligo in quanto
putroppo attualmente "non è", prima di tutto al "prendersi cura del bambino", delle sue
componenti biologiche, psicofisiche e relazionali.
Lo sport rappresenterebbe quindi un "laboratorio protetto", una palestra di vita, una
base sicura, un contenitore capace di lasciare al bambino gradi di libertà sufficienti per
esplorare il mondo che lo circonda, in tutta sicurezza; un contenitore "protetto-cheprotegge", che contenga ansie e paure, ma che al tempo stesso gli permetta di
"imparare a giocare con queste difficoltà" per poi goderne al momento del loro
superamento e ricavarne importanti elementi di crescita individuale e specifica, ma
anche relazionale e colletiva.
Nell'antichità lo stesso Aristotele accostò il gioco alla gioia e alla virtù, distinguendolo
dalle attività praticate per necessità. Ma è senza dubbio la psicologia che più di ogni
altra disciplina ha visto nel gioco il protagonista dello sviluppo psicologico e soprattutto
della personalità del bambino.
É allo stesso modo fuori di dubbio che il primo a occuparsene fu Sigmund Freud, il quale
rintracciò nei giochi del maschio il tentativo di imitare il padre e ricoprirne il suo ruolo,
mentre con i suoi giochi, la femmina cerca di attuare quell'autorità che le viene negata.
Sempre Freud segnalerà l'attivazione del processo di identificazione, durante i giochi dei
bambini.
Il gioco è in grado di aiutare i più piccoli (ma anche i più grandi..) a superare le proprie
paure perchè consente di trasferire l'oggetto del timore (persecutorio), su un altro
oggetto, più familiare e quindi non pericoloso, permettendo dunque di esperire
l'emotività a esso legata, comprenderla, contenerla bonificata e trasferirla in contesti e
situazioni esterni a esso.
Lo stesso Piaget riconosce al gioco una funzione centrale nello sviluppo di una sfera
cognitiva personale e della personalità.
Anche Vygotskij ritiene il gioco anche come forza attiva per l'evoluzione affettiva e
umana del ragazzo e critica fortemente le visioni del gioco come attività non finalistica e
non produttiva, in quanto, seppur atto totalmente gratutito, costituisce un eccezionale
elemento di crescita e di definizione della struttura di personalità in tutti i suoi aspetti.
Il gioco diviene dunque il mezzo principe per imparare a fare: il gioco è allenamento. E
non parlo solamente di allenamento fisico, ma certamente anche di questo: i formatori
più "illuminati" sanno benissimo come far apprendere le tecniche necessarie e i
movimenti propedeutici a qualsiasi disciplina sportiva, facendo divertire continuamente i
propri "allievi", motivandoli così, quasi senza accorgersene, al massimo impegno e alla
massima concentrazione.
Il gioco non è forse anche "allenamento mentale"? Con tutte le sue regole, dirette o
indirette, esplicite o implicite, non è forse largamente allenante per tutte le capacità
cognitive tra cui "visualizzazione", elaborazione di strategie, previsioni delle proprie e
altrui azioni, pianificazioni svariate, analisi del feedback e selezione e reiterazione di
quelle più opportune?
Il gioco è "allenamento fisico/biologico" in quanto giocare aiuta il bambino a mantenersi
in forma; i nostri corpi sono fatti per muoversi, ma putroppo molto spesso anche i più
piccoli vengono abituati a convivere con un stile di vita troppo lento e sedentario.
L'attività fisica è fondamentale per l'individuo, di qualsiasi erà e in qualsiasi momento
evolutivo. Essa rafforza e migliora l'organismo, incrementa il benessere psicofisico
riducendo lo stress. Una buona forma fisica aumenta la cpacità del corpo di assorbire e
utilizzare ossigeno; i muscoli si rafforzano, le articolazioni diventano più flessibili e la
quantità di grasso corporeo tende a diminuire.
Non per ultimo, il gioco è "allenamento emotivo-relazionale": con i numerosi ruoli che il
gioco richiede di impersonare, il bambino impara il "punto di vista dell'altro"; sto
pensando alla bambina che, con in braccio la sua bambola, emula i comportamenti della
mamma ipotizzandone così i suoi pensieri e sperimentandone le sensazioni e le
emozioni, e muovendo così i primi passi verso il concetto di empatia, elemento alla base
di tutte le relazioni significative.
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Analisi del contesto
Tendenza alla specializzazione precoce "voglio tutto e lo voglio subito"
Specializzazione precoce significa una "costruzione pianificata dell'allenamento che si
pone l'obiettivo di portare più rapidamente possibile bambini o adolescenti al successo
nell'ambito ristretto di un solo sport o di una sola disciplina sportiva e, per questa
ragione, in essa allenamento e gare vengono portati fino ai limiti della capacità di
prestazione e di carico dei giovani atleti" (cit. "Il problema della specializzazione precoce: YOG e
campionati mondiali giovanili").
La specializzazione precoce riguarda soprattutto sport e discipline sportive nelle quali si
possono raggiungere prestazioni elevate o massime, già molto precocemente. Istvan
Balyi dell'Istituto Nazionale degli allenatori della British Columbia Canada, afferma che
tra i modi di classificare gli sporti uno, fondamentale per l'allenamento a lungo termine,
è rappresentato dalla suddivisione in "sport specializzazione precoce e sport a
specializzazione ritardata".
Tale classificazione si basa sul fatto che alcuni sport come i tuffi, il pattinaggio di figura,
la ginnastica artistica, la ginnastica ritmica e il tennis tavolo, richiedono, soprattutto per
l'apprendimento delle abilità tecniche specifiche, una specializzazione specifica
nell'allenamento, mentre gli sport a ritardata specializzazione specifica, quali a esempio
l'atletica leggera, gli sport di combattimento, il ciclismo, gli sport di rimando, il
canottaggio, tutti i giochi sportivi richiedono un approccio più generale
all'allenamento giovanile. Ma per quale motivo questo non avviene? Per quale
ragione la si ricerca nel calcio o nella pallavolo, a esempio?
Tra l'altro negli sport a specializzazione precoce, ma anche negli altri, sussiste il rischio
che, la costruzione pianificata dell'allenamento, restringendosi a uno sport e al suo
inizio precoce – che talvolta si trova nell'età prescolare, se non nella prima età scolare –
non tenga sufficientemente conto degli aspetti di un allenamento adeguato all'età e allo
sviluppo, oppure sopravvaluti la capacità psicofisica di carico di un particolare bambino.
Ma quali sono i pericoli di una specializzazione precoce dal punto di vista della biologia
dello sport e della metodologia dell'allenamento?
I carichi e i contenuti d'allenamento, troppo spesso unilaterali, non tengono conto della
necessità di una formazione multilaterale e polisportiva, che rappresenta la base dei
successivi carichi, intensivi e voluminosi "burn out".
L'incremento troppo rapido di carichi unilaterali può condurre a eccessi di carico per i
sistemi interessati, in particolare per la capacità di carico del sistema osseo e
legamentoso dei giovani atleti, particolarmente a rischio nell'eta puberale di traumi e di
"drop out" per problemi fisici.
Carichi unilaterali monotoni e troppo intensivi oltre a problemi di ordine fisico possono
portare rapidamente a una saturazione o a un eccesso di carico non solo fisico, ma
anche psicologico di "drop out" per problemi psicologici.
Le ricerche dimostrano che, generalmente, i risultati elevati da adulti non sono raggiunti
dai bambini e dagli adolescenti che hanno iniziato più precocemente degli altri
l'allenamento di alto livello.
Per tutti questi motivi, nello sport di alto livello, non è necessaria una specializzazione
precoce, ma una specializzazione effettuata al momento giusto che tenga conto dei
principi fondamentali dell'allenamento giovanile, tra i quali è essenziale il principio della
multilateralità.
Dunque, ove possibile quando non sempre: la specializzazione deve essere ritardata
quanto necessario, si deve fondare su una costruzione della prestazione sportiva che sia
adeguata all'età evolutiva e soprattuto miri al risultato futuro, deve prevedere un
incremento misurato dal carico interno di una formazione multilaterale di base e
soprattutto garantire l'espansione ottimale delle capacità coordinative generali,
l'acquisizione al momento giusto delle abilità motorie e della capacità fisiche proprie di
uno sport, provvedere e promuovere la totalità del benessere psico/fisico/relazionale dei
soggetti coinvolti.
Da tutto questo, ne nasce una rapida esamina sul "sistema gare"; bisogna analizzare
se: esso non sia tale che vi ottengano successi soprattutto soggetti portatori di uno
sviluppo accelerato, allenati con metodi che puntano al risultato immediato e non
tengono conto delle esigenze di una costruzione della prestazione a lungo termine; sia
tale da costringere a dedicare attenzioni alla formazione di base multilaterale specifiche
e alla strutturazione di presupposti coordinativi e organico muscolari importanti in
prospettiva futura; esso non sia tale che scomparsi i vantaggi dovuti a uno sviluppo
accelerato, venuti meno i risultati per effetto di mezzi di allenamento troppo specifici,
l'esistenza di basi generali della prestazione troppo scarse, problemi di salute provocati
da una carico specifico unilaterale, l'eccessiva partecipazione a gare con l'eccessiva
tensione psicofisica che possono comportare per il giovane atleta, provocate spesso da
aspettative di allenatori e genitori non provochino problemi che impediscano le
possibilità di prestazione si sviluppino ulteriormente e, soprattutto, non creino problemi
motivazionali e rappresentino quindi un elemento che favorisca il "drop out" (Roma, 27
Ottobre 2012).
• Obiettivi
Traducendo in pratica le finalità, si ottengono gli obiettivi di questo progetto; fin qui si è
detto:
"primum non nocere" e "contenitore protetto che protegge", due elementi vitali che
sottendono la capacità, da parte dell'allenatore/educatore/formatore, di immaginare e
creare contesti sempre nuovi propedeutici all'ampliamento della conoscenza di sè stessi,
del proprio corpo, dell'interazione mente/corpo e tra individuo/individuo.
Questo in pratica significa creare delle condizioni di gioco "protette" coerenti e
relazionate a obiettivi motori, senso-percettivi, biologici e cognitivo/relazionali, in cui
ciascun bambino possa esplorare le sue differenti costituenti e crearsi in modo
totalmente autonomo, grazie all'esplorazione guidata, i propri prerequisiti necessari ad
avvicinarsi a qualsivoglia disciplina sportiva e in contemporanea contenere il "burn
out"(fenomeno di dispersione, disinnamoramento dello sport).
Il concetto di "specializzazione precoce" è inevitabilmente collegato agli obiettivi appena
citati; specializzarsi precocemente a una disciplina sportiva significa necessariamente
"nuocere al benessere psicofisico e relazionale del bambino". Esso non permette uno
sviluppo armonioso del proprio organismo, in quanto la necessità di un lavoro specifico
in relazione a un particolare tipo di gara da affrontare porta inevitabilmente a
direzionare l'allenamento, le esercitazioni e, nei migliori casi, i giochi verso il
potenziamento selettivo di ben precisi gruppi muscolari, ignorandone altri e provocando
così uno squlibrio, causa frequente di infortunii più o meno gravi nel periodo puberale.
La specializzazione precoce, la noia delle medesime proposte allenanti sport specifiche,
frequentemente porta all'abbandono dell'attività sportiva, in quanto troppo monotona,
ansiogena, pressante e esigente; sicuramente non compatibile e consona al percorso
evolutivo del giovane atleta. Questo fattore "nuoce" non solo alla componente
fisico/biologica del bambino, ma anche alla sfera cognitivo/emotivo/relazionale in
quanto lo sport, diventando fonte di frustrazione, ansia da prestazione e delle più
svariate pressioni, finisce con l'essere abbandonato, sottraendo così il piccolo sportivo a
molteplici occasioni di crescita individuale e numerosi contesti relazionali in cui mettere
in gioco le capacità e le attitudini da lui apprese per mezzo della sperimentazione.
Un approccio multidisciplinare, multilaterale, esplorativo, costituito da giochi e proposte
che hanno come focus "esplorare sè stessi, l'ambiente e la relazioni tra di essi", diviene
quindi obiettivo e, al tempo stesso, metodo di questo progetto, nonchè processo di
autoconoscenza: di conoscersi, per conoscere.
Il gioco guidato si trasforma quindi in veri propri "sentieri esplorativi" diretti verso un
maggiore controllo di sè: diviene dunque "allenamento mentale, fisico/biologico e
emotivo/relazionale".
CALCIO 4D: gioco con il mio corpo
La motricità è da un punto di vista neurofisiologico, l'insieme d'integrità del complesso
meccanismo di funzionamento degli apparati e delle strutture centrali e periferiche
dell'organismo umano. Essa trova fondamentalmente espressione nei molteplici schemi
motori coordinati dal cerve, che richiedono il sincroniscmo di una varietà di informazioni
sensoriali e motorie in relazione allo spazio che circonda il corpo.
Coordinare dei movimenti si presenta una fare estremamente intricato, ma funzionale:
innanzitutto il cervello deve analizzare e catalogare le informazioni che riceve dagli
organi di senso coinvolti, stabilendo così in maniera multipla, quale sia la posizione degli
oggetti esterni, contigui al corpo, e traducendo tali informazioni spaziali in comandi
opportunamenti inviati ai muscoli interesati, gli unici organi in grado di consentire
l'effettivo movimento. I principali organi di senso che forniscono al cervello informazioni
spaziali sono la vista, il tatto e l'udito, e le loro informazioni sono plurime anche in un
solo istante, in quanto l'integrità multisensoriale favorisce una più complleta
localizzazione degli oggetti e, dunque, di potenziali ostacoli.
La motricità è dunque una facoltà innata nell'essere umano: fin da quando è nel ventre
materno si muove, per continuare poi a farlo per il resto della sua vita. Entro i cinque
anni l'individuo ha già sviluppato un proprio schema corporeo, ossia quell'immagine
nitida che raffigura il proprio corpo, conferendo coscienza e consapevolezza del
movimento. Si chiamano schemi motori di base le principali forma di espressione della
motricità , i movimenti essenziali che l'uomo utilizza per spostarsi, relazionarsi con i
suoi simili e con l'ambiente circostante. A differenza degli schemi motori statici, questi
prevedono uno spostamento complessivo del corpo e, per questo motivo, sono anche
detti schemi motori dinamici. Sono esempio di schemi motori di base i movimenti più
consueti e spontanei compiuti dall'uomo, come camminare, correre, saltare,
arrampicarsi e rotolare.
Le abilità motorie sono invece degli schemi motori specializzati, finalizzato cioè al
raggiungimento di uno scopo, detto prestazione. Le abilità differiscono dalle capacità,
anche se i due termini vengono spesso utilizzati come sinonimi nel linguaggio comune,
in quanto le prime rappresentano, per antonomasia, l'essere in grado di apprendere e
mettere in atto una determinata combinazione di movimenti, uno schema motorio
specializzato: non solo esse consistono nella possibilità dii realizzare un dato
movimento, ma figurano anche l'attitudine di capirne le caratteristiche e saperlo
plasmare in accordo al contesto.
Le capacità, invece, non sono che le potenzialità di ciascun individuo; divergono dalle
abilità in quanto ereditarie, cioè determinate cospicuamente dal patrimonio genetico
dell'individuo, mentre le seconde posso essere acquisite con l'allenamento.
CALCIO 4D: gioco con i miei sensi
Gli organi i senso sono strutture fisiche presenti nei corpi degli esseri viventi che
servono a ricevere informazioni dal mondo circostante, per poi essere elaborate; sono
strutture più o meno complesse specializzate nella ricezione di stimoli provenienti
dall'esterno o dall'interno, di trasformarli in impilsi nervosi che potranno percorrere
differenti percorsi e dare eventualmente atto a una risposta, verso l'esterno, allo
stimolo.
A titolo del tutto informativo, tale stimolo è in realtà una variazione della polarità della
membrana cellulare; normalmente, l'interno del derma ha polarità negativa, questo
perchè gli ioni negativi Cl- (cloro) sono molti di più di quelli positivi K+ (potassio).
L'ambiente esterno è, invece, carico positivamente perchè ricco di ioni Na+ (sodio). In
presenza di uno stimolo, i Cl- escono e i Na+ entrano, invertendo la polarità
(depolarizzazione). I K+ escono molto più lentamente e quando ciò avviene,
ristabiliscono l'equilibrio riportando la polarità della pelle al negativo (ripolarizzazione).
Lo stimolo recepito si trasforma in potenziale recettoriale che si trasmette ai neuroni
sensoriali afferenti (che portano al sistema nervoso centrale). I neuroni prima di inviare
il messaggio lo trasformano in potenziale d'azione.
Nove sono i sensi umani canonici, nonostante spesso ci si limiti a citare solo i primi
cinque:la vista, l'udito, l'olfatto, il gusto, il tatto, la termopercezione, il dolore, la
propriocezione e l'equilibrio.
Questo progetto attua giochi propedeutici all'apprendimento della consocenza e del
corretto utilizzo di vista, udito, la propriocezione e l'equilibrio, ovvero quei sensi
costantemente applicati per lo svolgimento delle discipline sportive.
Mentre per i primi due sensi, vista e udito, non sono necessarie spiegazioni particolari,
due parole vanno spese per la propriocezione e per l'equilibrio.
La propriocezione è la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo
nello spazio e lo stato di contrazione dei propri muscoli, anche senza il supporto della
vista. La propriocezione assume un'importanza fondamentale nel complesso
meccanismo di controllo del movimento e, di conseguenza, nello svolgimento di attività
sportive.
Essa è resa possibile dalla presenza di specifici recettori, sensibili alle variazioni delle
posture del corpo e dei segmenti corporei, che inviano i propri segnali ad alcune
particolari aree encefaliche. I recettori propriocettivi sono costituiti dalle terminazioni
nervose che danno inizio al processo neurofisiologico della propriocezione. Tali recettori
inviano impulsi che, attraverso il midollo spinale, giungono alle aree cerebrali deputate
all'elaborazione delle informazioni sulla posizione e sul movimento, necessarie per
l'esecuzione corretta del movimento stesso.
L'apparato vestibolare è situato in profondità nell'osso temporale, dietro l'orecchio
interno. Il canale cocleare della coclea è infatti in collegamento con un rigonfiamento
colmo di endolinfa, il sacculo. Al suo interno sono presenti dei microcristalli che
consentono ai recettori sensoriali, posti nella parete del sacculo, di percepire
l'accelerazione verticale (quella, ad esempio, che si prova salendo in ascensore. Il
sacculo è a sua volta in comunicazione con un'altra vescicola, l'utricolo, che tramite lo
stesso meccanismo fornisce informazioni sull'accelerazione orizzontale (quella subita in
treno o in auto, a esempio). L'utricolo, inoltre, rappresenta lo sbocco comune dei tra
canali semicircolari del labirinto. I recettori sensoriali dei canali semicircolari
percepiscono i movimenti rotatori di testa e corpo (accelerazioni angolari).
Questi sistemi, tutti insieme, forniscono al cervello informazioni sulla posizione della
testa e del corpo nello spazio; in particolare, sembra che solo il sistema otolitico
(sacculo e utricolo) partecipi alla regolazione posturale fine (influenzando il tono
muscolare), mentre il sistema semicircolare intervenga esclusivamente nell'equilibrio
dinamico.
L'apparato vestibolare è predisposto per rispondere al meglio ad accelerazioni rapide e
di breve durata, mentre si lascia facilmente ingannare da accelerazioni lunghe o
inconsuete.
Vista e udito, propriocezione ed equilibrio sono componenti fondamentali per il
movimento, per la percezione e l'analisi dell'ambiente e di conseguenza indispensabili
per la pratica di qualsivoglia attività sportiva.
Tuttavia essi sono spesso messi da parte, causa "specializzazione precoce"; questo non
permette al "giovane uomo" di poter esercitare il proprio diritto di "totale e approfondita
conoscenza delle proprie capacità" e, conseguentemente, non gli dona strumenti
necessari per poter esplorare al meglio lo spazio intorno a sè.
CALCIO 4D: gioco con la mia mente e le mie emozioni
Il potere dell'imitazione: la bambola Bobo.
Il famosissimo psicologo canadese Albert Bandura ha realizzato un esperimento
sull'aggressività infantile per imitazione, dove un gruppo di bambini prendeva come
esempio, per capacità visiva, degli adulti che in una stanza, senza che il loro
comportamento venisse commentato, picchiavano il pupazzo Bobo; altri coetanei,
invece, vedevano degli adulti sedersi,sempre in assoluto silenzio, accanto a Bobo. Infine
tutti questi bambini venivano condotti in una stanza piena di giocattoli tra cui c'era
anche un pupazzo uguale a Bobo. Su 10 Bambini che picchiavano il pupazzo 8 erano
quelli che lo avevano visto fare in precedenza da un adulto.
Questo mostra come se un modello che noi seguiamo compie una determinata azione,
noi siamo tentati di imitarlo e questo accade soprattutto nei bambini che non hanno
ancora l'esperienza per capire da soli se quel comportamento è corretto o no.
Proprio per questo divengono fondamentali gli atteggiamenti e le strategie che
l'allenatore/l'educatore/il formatore decide di attuare nei momenti di contatto e di
giochi con il gruppo dei bambini. Non solo è necessario che faccia attenzione estrema
alla proposte ludiche che decide di mettere in atto, ma è altresì importante che sia lui
per primo conscio che, spesso, "ciò che farà" (ovvero il proprio comportamento
manifesto, spesso in parte inconscio) sarà ugualmente importante a "cio che dirà" ai
bambini.
L'aggressività si insegna in modo implicito, così come il rispetto, la tolleranza, la
socialità, l'empatia. Fin dal rapporto duale madre/bambino, la comunicazione più
efficace è fatta di gesti e "primi abbozzi di lettura" del bambino verso i comportamenti
materni.
Secondo l'autore, l'apprendimento non implica esclusivamente il contatto diretto con gli
oggetti, ma cha avvenga acnhe attraverso esperienze indirette, sviluppate attraverso
l'osservazione di altre persone. Bandura ha adoperato il termine modellamento
(modeling) per identificare un processo di apprendimento che si attiva quando il
comportamento di un individuo che osserva si modifica in funzione del comportamento
di un altro individuo che ha la funzione di modello.
Ma non solo: l'individuo è agente attivo e intenzionale. La "human agency" può essere
dunque definita come la capacità di agire attivamente e trasformativamente nel
contesto in cui si è inseriti. Tale funzione umana, che riguarda sia i singoli individui che i
gruppi, si traduce operativamente nella facoltà di generare azioni mirate a determinati
scopi. L'agenticità è intesa come una funzione riguardante gli atti compiuti
intenzionalmente, indipendentemente dal loro esito: la fondamentale convinzione
umana di poter esercitare attivamente una qualsivoglia influenza sugli eventi.
In particolare, la condotta è influenzata da tre classi di cause: i fattori personali interni
(elementi cognitivi, affettivi e biologici), il comportamento messo in atto in un dato
contesto e il suo relativo esito, gli eventi ambientali che circoscrivono l'individuo e la
condotta.
L'agenticità opera sempre entro una rete di influenze sociali e strutturali: componenti
modellabili e modificabili per renderle funzionali all'insegnamento sportivo. Le strutture
sociali sono elementi creati dagli stessi individui: quesi elementi spesso impongono
vincoli e forniscono risorse per lo sviluppo delle persone e dei gruppi che ne fanno
parte, anche se di norma tali vincoli e risorse non vengono monitorate nel corretto
modo da chi si occupa di "formare" l'aspirante atleta. Tali strutture sociali forniscono
regole e pratiche sociali, le quali possono essere corrette e modificate dall'operatore
attento, che però lasciano molto spazio all'agire umano individuale per quanto ne
concerne la loro applicazione. Di conseguenza, l'autore evidenzia come le perosne con
un altro grado di agenticità sappiano trarre vantaggio dalle opportunità offerte dalle
strutture sociali, e costruire modi per aggirare i vincoli istituzionali della stessa
struttura. Al contrario le persone inefficaci sono meno capaci di sfruttare le risorse
offerte dal sistema, e più soggetti a scoramenti in caso di problemi imposti da esso.
L'efficacia personale è, di nuovo, allenabile; è non è forse una delle componenti a cui
dedicarsi fin da subito, in modo da aiutare a far germogliare, nella mente del bambino,
la convinzione che ogni sfida sia possibile, in quanto ogni sfida è necessariamente
momento di crescita personale e, dunque, di vittoria?
Le azioni delle persone, e i loro effetti, danno forma alla competenze, ai sentimenti, alle
credenze su di sè.
Un ruolo centrale è ricoperto dalle capacità personali: attraverso queste capacità
l'individuo diviene in grado di conoscere sè stesse e il mondo, al fine di regolare in esso
il proprio comportamento. In particolare sono: la capacità di simbolizzazione(capacità di
rappresentare simbolicamente la conoscenza umana, su tutte: il linguaggio), la capacità
vicaria (acquisire competenze mediante l'osservazione di modelli), la capacità di
previsione, la capacità di autoregolazione (stabilire obiettivi e di valutare le proprie
azioni facendo riferimento a standard interni di prestazione), la capacità di
autoriflessione.
Queste capacità sono allenabili attraverso il gioco.
L'autore identifica inoltre nel senso di efficacia l'elemento chiave per l'analisi
dell'agenticità umana. Le credenze delle persone riguardanti la loro efficacia nel gestire
gli eventi, influenzano le scelte, le aspirazioni, i livelli di sforzo, di perseveranza, la
resilienza, la vulnerabilità allo stress e in generale la qualità della prestazione. L'efficacia
personale è intesa come una capacità generativa in cui le sottoabilità cognitive, sociali,
emozionali e comportamentali sonon coordinate e organizzate in maniera efficiente per
assolvere a scopi specifici. Le convizioni di efficacia esercitano la propria funzione
agentica in modo diverso a seconda del dominio d'azione e del contesto analizzato.
La percezione d'efficacia è incrementata da: esperienze dirette di gestione efficace,
esperienze vicarie di modelli, la persuasione verbale e opportuni stati fisiologici e
affettivi.
Tutto questo è, nuovamente, allenabile; anzi: "giocabile" fin da piccolissimi.
CALCIO 4D:gioco con gli altri, con le tre dimensioni dello spazio e con il tempo.
Cosa è un gruppo?
Si parla di gruppi quando gli individui che ne fanno parte hanno per lo meno la
potenzialità di avere tra loro delle interazioni, e quando tra i membri vi è
un'interdipendenza; non è dunque la somiglianza o la diversità che devide se due
individui appartengono allo stesso gruppo, ma l'interazione sociale.
Tali gruppi sociali sono distinguibili per grandezza, per scopi e valori. La struttura sociale
di ogni gruppo si basa sul fatto che ogni membro abbia al suo interno uno status,
ovvero una posizione più o meno duratura, lungo una scala gerarchica. In alcuni
organizzazioni lo status e i ruoli sono espliciti e definiscono in maniera chiave i
comportamenti possibili. A seguito di questa organizzazione, vengono create anche
delle norme sociali a cui tutti devono attenersi e ruoli fissi, tipici di ogni gruppo: il
nuovo arrivato, il capro espiatorio, il leader che è chiamato a svolgere due funzioni
principali,far procedere il gruppo in armonia e che sia centrato sul compito nell'interesse
del gruppo.
Secondo Bales e Slater, il leader è naturalmente una figura importantissima, ma
raramente svolge entrambe le funzioni sopracitate contemporaneamente. Di solito
infatti i leader svolgono solo la funzione socio-emozionale (leadership democratica) o
quella di essere centrati sul compito (leadership autoritaria).
La Hold scoprì che già nei gruppi di bambini la struttura del gruppo porta all'emergere
di un leader, che di solito è colui che più protegge gli altri, prende iniziative, organizza
giochi, distribuisce risorse e che sia più inventivo.
Il gruppo-gioco, la leadership, le relazioni attuate in tale contesto, i modi e i tipi di
comunicazione divengono degli elementi di importanza vitale per la crescita del
bambino; di conseguenza l'educatore/allenatore/formatore assume il ruolo di "garante e
tutore" del mantenimento dell'equilibrio del gruppo, in modo da ottenere il massimo
beneficio.
•
Target
Scuole per l'Infanzia e Scuole primarie del Piemonte, Ligura e Valle d'Aosta.
• Strategia d'intervento e pianificazione
L'intervento multidisciplinare proposto da CALCIO 4D è di durata annuale, articolato in
lezioni a cadenza settimanale della durata di un'ora, in cui i bambini, come descritto a
fondo nei capitoli precedenti, imparano "giocando" a conoscere tutti gli obiettivi
sopracitati, in un percorso strutturato ad hoc per il loro momento evolutivo.
Essi, al termine del proprio itineriario formativo annuale, svilupperanno e
consolideranno capacità importanti e soprattutto non "specifiche" per uno sport
particolare.
Diverranno, cioè, in grado di utilizzare al meglio il proprio corpo, saranno in grado di
percepire con maggiore cura gli stimoli che l'ambiente propone loro e di elaborarli in
modo ottimale, saranno in grado di risolvere situazioni più o meno complesse,
interagendo con gli altri e aiutandosi nei vari compiti utilizzando le proprie risorse
personali ottenute grazie alla sperimentazione, ai successi precedentemente ottenuti.
Conosceranno a fondo il proprio spazio di azione, elaboreranno strategie d'azione
affinate ed efficaci, relazionate continuamente al tempo e allo spazio di gioco.
I giochi/lezioni si svolgeranno alternativamente in "spazi chiusi" messi a disposizione
dalla Scuola aderente al progetto e in "spazi aperti" forniti da associazioni sportive
partners di CALCIO 4D. Tali attività potranno essere, in accordo con la Direzione
Didattica, sviluppate in momenti extrascolastici oppure durante il normale svolgimento
delle lezioni.
Tale intervento è rivolto a bambini frequentanti l'ultimo anno di Scuola per l'Infanzia e
per gli alulnni iscritti nelle classi prime, seconde e terze delle Scuole Primarie.
Il percorso formativo offerto da CALCIO 4D non porterà alcun tipo di spesa per l'Istituto
scolastico che se ne avvarrà in quanto totalmente autofinanziato.
•
Monitoraggio e Valutazione
Gli obiettivi a breve termine, ovvero gli scopi dei giochi che verranno proposti durante
ogni momento di "allenamento", rappresentano di per sè una valutazione immediata e
chiara dei progressi effettuati e delle capacità via via consolidatesi. Monitoraggio e
valutazione procederanno insieme ai miglioramenti conseguiti dal bambino e saranno
catalogati e ordinati in modo da poter essere restituiti e comunicati alla famiglie al
termine del percorso.
•
Bibliografia
"La storia della filosofia" di Nicola Abbagnano, UTET, Torino, 1994 (alla pagina. 432-433).
"Psicologia dello sviluppo ed educazione" di Orsola Coppola, Ediz. Simone, Napoli, 1999.
"Questo è un gioco", G. Bateson, 1996, Cortina Edizioni.
"I giochi e gli uomini", R. Caillois, Bompiani, 1981.
"Enciclopedia dei giochi", (3voll.), Giampaolo Dossena, UTET, Torino, 1999.
"Il problema della specializzazione precoce: YOG e campionati mondiali giovanili", Roma, 27 Ottobre 2012
"Autoefficacia: teoria e appplicazioni", Bandura A., 1997
"Principi di sociometria, psicoterapia di gruppo e sociodramma". Jacob L. Moreno, ETAS, 1980.
"Who shall survive?", Jacob L. Moreno, Di Renzo Editore, 2007.
"Toward a general theory of Leadership", W.E. Halal, tratto da "Human Relations", Aprile 1974.
"Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell'attaccamento, Bowlby J. (1989), Cortina, Milano.
"Introduzione alla psicologia sociale", Attili G., Edizioni Seam, 2002, Roma.
"Psicologia sociale", Palmonari A., Il Mulino, 2002, Bologna.
"L'errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano", Damasio A., Adelphi, 1995, Milano.
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