davide de paoli - Spazio Ostrakon
Transcript
davide de paoli - Spazio Ostrakon
DAVIDE DE PAOLI Opere (1972-2007) con testi di Chiara Gatti e Alessandra Quattordio Oggi rimangono varie tracce del mio lavoro, in parte inedite, sparse in vari studi di amici, avendo io chiuso il mio laboratorio da due anni. Tutte le opere che presento in questa mostra sono di mia proprietà, salvo alcuni degli anni ‘70, ‘80 e recenti concessimi da amici o collezionisti a me molto vicini. Una piccola antologica, piccola per ragioni pratiche dato lo spazio relativamente limitato della galleria, ma anche trovando molto complesso ristabilire contatti con vari collezionisti per chiederne il prestito. Nei vari periodi ho affrontato diversi materiali, dal metallo al legno alla terracotta. Mentre nel gioiello, attraverso la fusione la laminatura la saldatura si assiste ad un processo integrale, nella scultura ho sempre attinto a materiali semilavorati industriali, in particolare lamiere da me tagliate in forme prevalentemente geometriche e trasformate in forme bi-o-tridimensionali. Nel discorso della percezione ottica c’è spesso un inganno: dove si sottende il pieno, esiste il vuoto proiettato dall’ombra di una forma piegata. Le mie opere sono in gran parte così: volumi virtuali, percorsi topologici, composizione di moduli prefissi calcolando pieni e vuoti, ritmi alternati o simmetrie. Oggi il mio compito è di riordinare, archiviare, fotografare, esporre i vari temi e forme ricavate nei diversi periodi, in base a criteri innovativi e sperimentali. Le sculture spesso sono taglienti, simili ad armi arcaiche o volumi riferiti alla sfera e al quadrato, geometrie elementari da me predilette. Davide De Paoli, 2011 Davide De Paoli Opere (1972-2007) a cura di Dorino Iemmi testi di Chiara Gatti e Alessandra Quattordio si ringraziano: Fiorenza Roveda Irene Marasco Maddalena De Molinari e Anna Clerici Rita Colombo Nicola Coccioli Betty Gilmore foto foto foto foto foto foto foto foto foto a pag: 13, 15inf a pag: 44, 45 a pag: 19, 20, 21, 24, 27, 28, 46 a pag: 25, 26, 29, 30, 31, 32 a pag: 12dx, 15sup, 16, 22, 29, 36, 37, 39 a pag: 12sx, 14, 23, 34 a pag: 40 a pag: 42-43 a pag: 41 Via Pastrengo 15, Milano Orari: martedì-sabato, 15,30-19,30 tel: 3312565640, e-mail: [email protected] Claudio Gasparollo Giovanni Ricci Dorino Iemmi Stefano Buccino Davide De Paoli Sara Progressi Franco Viganò Walter Ghidini Roberta De Paoli Davide De Paoli Opere (1972-2007) con testi di Chiara Gatti e Alessandra Quattordio I cerchi nel ferro di Chiara Gatti Leggere o pesanti? Di fronte alla sculture di Davide De Paoli il dubbio è sempre legittimo. Perché le sue strutture di ferro a incastro mettono d’accordo la forza espressiva della materia con un gioco formale dove la creazione dell’opera avviene per sottrazione della materia stessa. Questo non significa che De Paoli proceda, come avrebbe detto Vasari, “per via di levare”, scavando, scolpendo, incidendo, limando, bucando lastre di rame, bronzo o titanio grandi come lenzuoli. Quello che fa, in realtà, è limitarsi a piegarle. Tagliandole a fette e ribaltandone gli angoli, in una direzione o in un’altra, ma senza mai staccarle dalla superficie del foglio originale che mantiene infatti la sua sostanza pur mutando nello spazio come un nastro in libertà. Arturo Martini diceva, riferendosi alle sue terre lavorate a pollice, da cui estraeva sospiri di bimbi e carni algide di donne sensuali che “la scultura va fatta come le antiche contadine facevano i ravioli”. Nel caso di De Paoli si potrebbe parlare di pasta sfoglia, pensando al suo ritmo di piani alternati e alla morbidezza delle sue pagine di metallo che si aprono, si dipanano, si srotolano e allungano le braccia, spiegano le ali nello spazio. Uscendo dalla metafora culinaria, il raffronto ideale con molta storia della scultura del Novecento viene spontaneo. Non con Martini, naturalmente, che pur aspirando a congiungere la materia con l’astrazione, fece della figurazione il suo viatico verso l’eternità della forma. Ma piuttosto con Lucio Fontana e le sue prime sculture spaziali, cerchi sospesi nel vuoto, linee volanti che lui diceva ispirate a un gesto libero della mano nell’aria, un disegno immaginario tracciato nello spazio e diventato materia leggera e impalpabile. Con il papà dello spazialismo De Paoli condivide, a dirla tutta, anche il suo sentirsi “informale a metà”. Per via di un lavoro difficilmente incasellabile. Che vanta una forte base progettuale, ma che poi procede sciolto e istintivo. “L’idea sta tutta nella testa, il taglio è solo l’esito di un processo puramente intellettuale” spiegava il maestro dei tagli. E De Paoli precisa meglio “la progettualità comunque è relativa. Parto da un modulo definito ma 5 l’intervento sulla lastra diventa quasi gestuale”. Immaterialità dell’idea e forza fisica vanno insomma di pari passo in una ricerca che vanta altri precedenti illustri. Di scuola anglosassone, per esempio. Come David Smith, lo scultore americano delle astrazioni geometriche. O come Antony Caro, cresciuto come assistente di Moore e presto condotto, proprio da David Smith, sulla strada della sospensione, a caccia della struttura perfetta, equilibrio di componenti, ritmi e simmetrie. Elementi che dominano infatti nelle opere di De Paoli miracoli d’armonia e proporzione dove ogni singolo peso è calcolato affinché la struttura galleggi stabile nello spazio. Con la differenza, tuttavia, che De Paoli, contrariamente a Smith e Caro, pur accostando piani geometrici semplici e ritagliando fogli d’acciaio prima di ripiegarli su se stessi, non salda fra loro elementi estranei. Esce, cioè, dalla logica del “pezzo per pezzo”, dell’assemblaggio, della combinazione di innesti vari, tipici della riflessione dell’americano e del suo allievo inglese, e definita a suo tempo da Rosalind Krauss “strategia formale della discontinuità”. De Paoli non è mai discontinuo, 6 infatti. Anzi, la continuità è la chiave di ogni suo intervento. Che si crea e si modifica nell’arco di un unico supporto. Che si taglia ma non si spezza. Che si squaderna, esce dal piano per conquistare la terza dimensione, ma potrebbe tranquillamente richiudersi come un libro di pop-up. Magia. È così che De Paoli gioca a sorpresa. Insinuando il dubbio sulla levità delle sue alabarde d’acciaio, satelliti fluttuanti, ritagli di cerchi nel ferro, dove il vuoto ha il medesimo peso della materia e che, con il loro effetto ipnotico hanno tutto il mistero dei geoglifi del deserto di Nazca. Un fascino arcaico che dialoga con uno studio formale impeccabile. Grande De Paoli. Nessuno, meglio di lui, saprebbe mescolare geometria ed enigma con la stessa armonia. Giusto il popolo di Nazca o qualche altra civiltà arcaica a cui, non per niente, sembra guardare l’artista quando intaglia le sue sculture da tasca, gioielli totemici da portare al dito o al collo con la sontuosità di una statua votiva. Che strizzano un occhio ai motivi ornamentali d’altre epoche e altri paesi, non ultimo l’Egitto, ma che sfuggono talora agli schemi modulari astratti della sua scultura, attingendo all’universo della natura e ai suoi temi ricorrenti. Nascono da queste suggestioni le nuove geometrie, più liriche, tipiche di opere legate alla ricerca di De Paoli degli anni novanta che, in risposta ai suoi modi minimalisti di due decenni prima, applicati sia nella dimensione palmare dei monili, sia nella scala monumentale dei cancelli-scultura, delle inferriate o dei portoni, piegano la ragione del modulo alla imprevedibilità di un segno morbido, a tratti sensuale, nelle curve inattese che evocano paesaggi lunari, profili di dune o limiti di foreste. “Sono affascinato da come si determinano le forme nella natura” dice lui, forse pensando a Cèzanne. Ma anche alla germinazione delle parti, che sbocciano le une dalle altre, sperimentata, per esempio, da Mirko Basaldella nel cancello del mausoleo delle Fosse Ardeatine, capolavoro di fioritura del metallo, che De Paoli cita e rilegge nelle sue grate dal ritmo serrato, nell’alternarsi scandito di zone d’ombra e di luce, di vuoti e pieni, dove lo spunto naturale è sublimato nella geometria e nella sua essenza spaziale. Ancora una volta, logica e poesia si incontrano ai confini della materia contribuendo insieme a smaterializzarla. Cavando peso all’acciaio o all’ottone senza intaccarli ma semplicemente librandoli in volo. Ecco allora corpi celesti dalla rotta calcolata, dischi in espansione che si smontano come navicelle spaziali in assenza di gravità e che paiono navigare nel cosmo al suono del valzer di Strauss come nell’incipit memorabile di Odissea nello spazio. Non stupisce che le sculture di De Paoli vivano anche in sospensione, mobiles senza corde o laccetti, ma solidi lievi e astri rotanti attorno ai quali l’aria frulla dando la sensazione che essi godano di un moto interno. Le sfere, quanto le lance, i “fiori” degli anni settanta schiusi su lunghi steli di ottone e ferro a volte più simili a biplani in ascesa, hanno, in questo senso un’anima cinetica, ma soprattutto futurista! Del futurismo storico firmato da Boccioni, mente teorica del gruppo che immaginava corpi alleggeriti da raffiche di vento capaci di penetrarli come fossero trasparenti. Corpi che “il movimento – diceva – ce l’hanno dentro”. Proprio come gli astrolabi di De Paoli o i suoi cancelli, canneti di ferro attraversati dalla luce e ondeggianti nella laguna. 7 LA POETICA DELL’ “ANTIGRAZIOSO” NEI GIOIELLI DI DAVIDE DE PAOLI di Alessandra Quattordio Da una superficie piana possono scaturire le più sorprendenti costruzioni spaziali: prova ne sono le creazioni dello scultore milanese Davide De Paoli (nato nel 1936), appassionato sperimentatore del metallo e di tutte le sue potenzialità espressive. Apprendista presso lo studio dello scultore Remo Pasetto, nel 1961 muove i primi passi nel campo della modellazione plastica, mostrando fin dagli esordi un vivace interesse per il gioiello. La casualità sembra dettarne le modalità compositive: lo scultore - suggestionato dall’influsso dell’informale - improvvisa, assemblando lastre e fili. Dalle sue mani prendono vita ornamenti pervasi del fascino del primitivo, piccoli totem africani. Poi, con gli anni Settanta, il suo lavoro si fa “progettato”, subentra la fase costruttivista che privilegia l’interpretazione geometrica delle forme, di suggestione neo déco, prevalentemente “modulare”, ma pone anche l’accento sul momento esecutivo, quello in cui l’artista affronta la materia e ne trae con spontaneità le espressioni a lui più congeniali. Tipico dell’approccio materico di De Paoli è la scelta del non finito: egli ama infatti trascurare le rifiniture, mostra le tracce delle saldature, rende le superfici delicatamente scabre. Alla lucentezza preferisce l’opacità, di ogni metallo evidenzia le caratteristiche intrinseche, trascurando la ricerca della preziosità e della perfezione, come chi, trasgredendo le regole codificate, voglia metterne in discussione rigidezza e infallibilità, ma sa ricavare dalla lastra di metallo magiche composizioni tridimensionali con lo stesso virtuosismo tecnico che un raffinato creatore di origami saprebbe dimostrare con il foglio di carta. Poi, con gli anni Ottanta e Novanta, subentra l’interesse per le forme naturali e vegetali che porta l’artista ad una ricerca morfologica del gioiello, approdando a soluzioni espressive in cui la geometria si coniuga con il naturalismo organico, secondo principi di libera associazione formale. Rapportandosi sempre a un’idea di portabilità e di funzionalità dell’ornamento, De Paoli studia per ogni sua creazione il concetto di variante applicato ad alcune 9 10 costanti compositive, facendone partecipi i numerosi allievi che frequentano il suo studio-laboratorio orafo di via Confalonieri a Milano, denominato “Primateria”. E con il trascorrere del tempo ancora più ampia si fa la varietà dei materiali adottati, spesso abbinati insieme per contrasto, o per consonanza: tutti i metalli, nobili e poveri, dall’oro al titanio; inoltre il corno, la tartaruga, il legno, il plexiglas. Applicati l’uno sull’altro “a lamine”, o articolati fra loro grazie a ricercati accorgimenti tecnici “a snodo”, rivelano l’attenzione dell’artefice costantemente rivolta alle loro innumerevoli qualità plastiche e cromatiche. Le superfici corrusche del ferro o cangianti del titanio, caldamente suadenti dell’ottone, del rame, del bronzo o algidamente opache dell’alpacca scandiscono volumi che assumono sempre più spiccate valenze architettoniche, dipanandosi nello spazio fino a sfidare le leggi di gravità. Come nel caso delle spille in titanio e argento del 1987 che agli occhi di alcuni possono trasformarsi in agili libellule “meccaniche”, pronte a spiccare il volo, ma a quelli di altri possono apparire soprattutto microstrutture realizzate secondo criteri rigorosi: simmetria geometrica, equilibrio dei pieni e dei vuoti, misurata distribuzione delle parti rispetto al tutto. Ecco inoltre l’ornamento a piastra datato al 1990, ancora una volta frutto della stratificazione di vari metalli, presentarsi come la trasposizione in nuce di uno degli elementi compositivi degli imponenti cancelli di respiro architettonico la cui costruzione De Paoli ha sempre condotto parallelamente allo sviluppo di opere di dimensioni minori. Tale gioiello si pone dunque come leit motiv dell’opera dell’artista poiché riassume in sé quel dialogo fra grande e piccolo, funzione e decorazione, ponderosità e leggerezza, progettazione e improvvisazione, che corre incessantemente nelle sue creazioni sia scultoree che orafe. Queste ultime sempre sintesi quanto mai eloquente dell’anelito verso la sperimentazione e la costruzione di “presenze” nello spazio che, per nulla appariscenti, brillano di luce interiore, catalizzando mente e cuore. gioielli Spille in titanio e argento, 1987 Bracciale in argento e rame, 2004 12 Pendente per collana, argento bronzo ferro, 1998 Pendente per collana, argento rame titanio, 1998 13 Spilla, argento e ottone, 1987 Bracciale, argento e bronzo, anni ‘80 Piastra in vari metalli, 1990 14 Bracciale in ottone, anni ‘70 Bracciale-scultura aperto in ottone, anni ‘70 Pendente per collana in argento-bronzo-rame-ferro, 1998 15 Scultura-gioiello in ottone, anni ‘70 Bracciali in argento bronzo e corno, 1990 16 sculture Scultura in rame a incastro e saldatura, 1972 19 Scultura-albero ricavata con piegature da un triangolo, 1985, 49x63x30 cm 20 Scultura in ferro ricavata da un quadrato con tagli alternati e stiramenti. 1991, 39x72x29 cm, 21 Fontana per terrazzo di casa Huber, 1991 modellino in scala 1:10, alpacca-ottone, 33x14 cm 22 Scultura piano inclinato in ottone-rame, 1992 23 Modello di scala per soppalco, scala 1:10, bronzo-ottone, 1995 24 Ferro a incastro, 1997, 42x39x39 cm 25 Ferro a incastro, 1997, diam.60 cm 26 Spirale equiangolare in bronzo, 1998, base 11x11 cm 27 Spirale e sfera in bronzo, 2000, 30x16x10 cm 28 Scultura a incastro in rame, 2000, 24,4x34 cm 29 Ferro con cornice, 2005, 39x42x30 cm, cornice 40x60 cm 30 Ferro a incastro, 2005, 49x48x50 cm 31 Ferro a incastro, 2005, 80x65x60cm 32 Sfera topologica in ferro (sfondo sostituito), 2005, diam. 300 cm 33 Scultura in ottone inserita in telaio quadrato, 2007, 15x15 cm 34 cancelli-sculture Cancello-scultura a Villa Camesasca, Trezzo d’Adda, 500x180 cm, 1975 36 Inferriata a Villa Camesasca, Trezzo d’Adda, 500x100 cm, 1975 37 Modello per un cancello-scultura, cartone e legno, 1979 38 Cancello di Bizzarone, particolare in officina, 1979 39 Studio di via Confalonieri con cancello da collocare a Canino, Viterbo. In primo piano modellino in scala e scultura in ferro, 1999 40 Cancello-scultura in rame e ferro, collocato a Canino, Viterbo, 1999, 40x290 cm, 41 42 Cancello-scultura, collocato a Lugano, 2004, 150x1600 +200 cm 43 Cancello-scultura in ferro verniciato, 320x290 cm, 2000 collocato a Milano, C.so Garibaldi 77 44 Cancello-scultura in ferro verniciato, via Ricordi, Milano, 2007, 2,50x1,50 mt 45 46 Modello del portone in ottone in scala 1:5 via Ricordi Milano, 2007 disegni Progetto cancello di C.so Garibaldi, Milano, 2000 48 Progetto di cancello, 2006 49 Progetto cancello di via Ricordi, Milano, 2007 50 Progetto cancello per Fondazione Catella, 2007 51 52 53 54 55 56 57 58 apparati MOSTRE PERSONALI 60 1965-Galleria Fiori Oscuri, Milano 1968- Galleria Il Discanto (con J. Rivière ), Milano 1969- Studio Chiarini, Sestri Levante 1970-Libreria di Dergano (Davide e Frara), Milano -Centro Arredamento C.A.S.A., Milano -Galleria Cortevecchia, Ferrara 1971-First National City Bank ( org. D’Ars Agency ) -Il Discanto, Milano -Galleria La Cave, Treviso 1972-Galleria Angolare, Milano -Circolo Artistico, Bologna 1973-Galleria Il Salotto, Como -Galleria de Il Giorno -Galleria Fumagalli ( con Marco Mirzan ), Bergamo -Galleria Cortevecchia, Ferrara 1974-Centro Culturale Renato Colombo ( con Livia Lucchini ), Serravalle Sesia 1975-Studio Sintesi, Chiasso ( CH ) 1976-Galleria Libreria La Carbonaia 1980-Galleria S.Marco, Seregno 1982-Magia Magic Meeting ( Artestruktura ) 1984-Libreria Il Castello, Milano 1986-Sala Comunale, ‘Dalla scultura alla Nuova Oreficeria”, Civenna 1987-Laboratorio di Beba Restelli, ‘20 anni di attività”, Milano 1989-Rocca Sforzesca, ‘Antologica con 120 lavori’, Soncino -Sala Comunale di Seregno, ‘Antologica 1970- 1989’ con presentazione di Marina De Stasio, Seregno -Associazione Culturale Primateria, ‘Materia Prima’, mostra didattica sui materiali, Milano 1990-Primateria, ‘I sette metalli’ tra alchimia e nuo va metallurgia, Milano -Galleria Spartaco (con Elena Mezzadra ), Mi lano 1991-Primateria, ‘Sculture degli anni ‘70 e multipli recenti, Milano 1992-Galleria Millenium, Milano 1993-Sala Il Centro ( con W. Mocenni ) del Comune di Nova Milanese -Comune di Carpenedolo, ‘Arte come mestiere’, sala personale di sculture, Carpenedolo 1994-Mostra di orafi italiani organizzata da I.C.E., vetrina personale con multipli e gioielli, Tokyo, Giappone 1995-Associazione A.R.T.E. , disegni e gioielli, Milano 1997-Parma in S. Lorenzo, spazio di design, sala personale nella mostra Frigoriferi e Rose, Par ma -Arianna Sartori Arte, mostra di sculture presentata da G. Giovannoni, Mantova -Spazio Primateria, ‘ Scultura tra didattica e progetto’, Milano 1998-Agalma Gioielli, personale con catalogo, Mi- lano 1999-Studio Jelmoni pernale di sculture ( pres. A. Quattordio ), mostra a tre di gioielli (M.L.Boscolo e L.Scamuzzi ), Piacenza 2001-Agalma Gioielli, mostra di gioielli, Milano -Studio d’Arte Guido Iemmi, sculture, Milano 2002-Galleria Anna Maria Consadori, personale di gioielli, Milano 2003-Sassetti Cultura, personale di sculture, Milano 2006-Presentazione Laboratorio in via Pastrengo con Guido Iemmi, Milano 2007-Teatro Verdi, esposizione di sculture, Milano 2007-Uroburo, mostra di gioielli, Milano 2011-Galleria Ostrakon, mostra personale di sculture, piccole sculture, gioielli, disegni e progetti con presentazione di Chiara Gatti, Milano MOSTRE COLLETTIVE (dal 1984) 1984-Centro Kohinoor, collettiva Spiragine, Milano -Castello di Sartirana, ‘Disegnare l’oro’, disegni di scultori, orafi e designers, Sartirana 1985-Internazionale d’arte contemporanea (gall. S.Marco), Milano -Benzoni Bijoux ( collezione di grafica e gioielli), Como -M.I.A. Internazionale d’Arredamento, Monza -Casa della Cultura, ‘ Gli artisti milanesi per Vitale Petrus’, Milano 1986-M.I.A. Internazionale d’Arredamento, Monza -La Camera Chiara, mostra e presentazione del catalogo ‘Nuova Oreficeria’, Milano 1987-Meeting Center Selvini ( sculture in titanio per Pederferri), Milano -Show Room Baleri, mostra Tetrametalli, Bergamo -Show Room Edifice, mostra Tetrametalli e presentazione di un oggetto di Philippe Stark, Parigi -Disegni di artisti nell’oreficeria italiana, Arezzo 1988-Atelier 585, mostra a tre con M. Castiglioni e N. Toyofuku, Helsinki -M.I.A. Internazionale d’Arredamento, Monza 1989-Vicenza Oro-Design Gallery, collezione personale su invito, Vicenza -Vicenza Oro-Design Gallery, Il Laboratorio Primateria, VC 1990-Milano Crea, artisti artigiani creativi (organizzata da Confartigianato), Milano 1992-Vicenza Oro-Design Gallery, invitato a concorso con altri nove artisti e designers, Vicenza -Palazzo della Gran Guardia, mostra Swatcher, Verona -Discovery of Italian Art of Living, New York 1993-21 anni di Artestruktura, formato 20x20, Milano -Bologna Artefiera (Galleria Millenium), Bologna 1994-Idar Oberstein, concorso su invito Deutcher Schmuck -Parma, Mercante in fiera, modernariato con Galleria Millenium, Parma 1995-Bologna Artefiera, Galleria Millenium, Bologna 1996 Milano Artestruktura, L’arte costruisce l’Europa, collettiva presentata da G.Segato, Milano -Milano Umanitaria, Arte da mangiare, mangiare l’arte, Milano 1997-Parma in S.Lorenzo, collettiva Frigoriferi e Rose, Parma -Alfa Centauri Estate (espone un’opera in ferro), Ragazzola, Parma -Spazio Laser, Transeuropa Art, mostra a quattro ‘Gioielli d’Autore’, Milano 1998-Galleria Il Salotto, Artisti in Vetrina, Como 1999-Spazio Laser, Transeuropa Art, mostra a quattro di sculture e quadri, Milano -Galleria Bijoux, ‘Art in Box’ (piccolo formato), Seregno -Permanente, invitato per una mostra di disegni e sculture, Milano 2004-Sudio del Portico di Fausta Huber 2005-Sassetti Cultura, collettiva da Sassetti, Milano 2006-Sassetti Cultura, (Chaplin), Milano -Studio del Portico di Fausta Huber 2008-Studio del Portico di Fausta Huber 61 Collettive di Scultura all’aperto Bibliografia 1974-Verbania, Scultori-incontro 1975-Cadorago -Comune di Seregno -Monza, M.I.A. 1978-Comune di Giussano (Campo Aperto) -Comune di Como -Locarno -Concorso pubblico Alberto da Giussano 1979-Museo Pagani di Legnano -Centro Kappa (Kartell,Binasco) -Catalogo Galleria Angolare, 1972 -Artisti Visivi Italiani a cura di Mario Monteverdi, 1974 -Catalogo mostra a Serravalle Sesia a cura di Lisa Bellotti, 1974 -Mostra Scultori Incontro, Verbania, 1974 -Artisti Visivi Italiani a cura di Mario Monteverdi, 1975 -Scultura all’aperto, Cadorago, 1975 -Catalogo mostra a Serravalle Sesia a cura di Lisa Bellotti, 1976 -Scultura all’aperto, Giussano, 1977 -Sculture in piazza, Como, 1978 -Scultura all’aperto, Museo Pagani, Legnano, 1979 -Disegnare l’oro, Sartirana, 1984 -Catalogo in proprio, a cura di Davide De Paoli, 1984 -Mostra Internazionale d’Arte Contemporanea, Milano, 1985 -Catalogo Nuova Oreficeria, Milano, 1986 -Disegni di artisti italiani, Arezzo, 1987 -Catalogo Design Gallery (di Gennaio), Vicenza Oro, 1989 -Catalogo Design Gallery (di Settembre), Vicenza Oro, 1989 -Catalogo mostra antologica, 1970-1989, Seregno, 1989 -Gioiellieri d’Europa, Inedita Editori, Milano, 1990 -Catalogo Mostra Ornamenta, Belgioioso, 1992 -Catalogo concorso Design Gallery, Vicenza Oro, 1992 -The art of living, New York, 1992 -Sculture Gioielli, Universalismo, Milano, 1994 -Catalogo a schede, mostra I.C.E., Tokyo, 1994 -L’arte costruisce l’Europa, Artestruktura, Milano, 1996 -Frigoriferi e rose, Parma, 1996 -Arte ambientale e monumenti a Milano, Taiwan, 1998 -Mostra Agalma, catalogo gioielli, Milano, 1998 -La seduzione degli oggetti, a cura di Titti Carta, -Esegue lavori in ferro integrati in architettura su comittenze private ( Trezzo d’Adda, 1975) di grandi dimensioni. -Esegue a Gorgonzola un lavoro in ferro verniciato -Cancello per una villa nei pressi di Como, 1981. -Una sua scultura è collocata presso il Comune di Seregno, in una zona verde. -Un suo lavoro in ferro è collocato nella collezione di scultura contemporanea presso il Museo Bonzagni di Cento (Fe). -Un’opera in ferro è collocata al Museo Pagani di Legnano. -Realizza un cancello in rame e ferro, 2,90x3,10 mt, per villa privata di Canino, Viterbo, 2000. -Realizza su commissione degli Arch. De Molinari/ Clerici un cancello in ferro, 3,20x2,20 mt, collocato in corso Garibaldi a Milano, 2000. -Realizza per conto di Arch. De Molinari/Clerici un cancello scorrevole in ferro, 16x1,50 mt, per condominio a Lugano Paradiso (CH), 2004. -Realizza, per conto dello stesso studio di architettura, un portone in ferro, 2,50x1,50 mt, in via Ricordi a Milano, 2007. 62 Mondadori,1998 -Catalogo di sculture in mostra, Studio Jelmoni, 1999 -Tesi di laurea, Università di Firenze, Facoltà di Architettura, Laura Notaristefano -Tesi di laurea, Accademia Nuova Milano, Valentina Grasso -Archivio Attivo Arte Contemporanea, htpp://www. caldarelli.it Hanno scritto di lui: M.Monteverdi, P.Fossati, L.Bellotti, Tiziana Fumagalli, G.Avogadro, Daniele Riva, M.Salvestrini, G.Segato, G. Giovannoni, Marina De Stasio, Alessandra Quattordio, G. Ravasi, Belloli, Titti Carta, Giovanni Pezzuoli, Chiara Gatti , M. Radice Esperienza didattica -Nel 1983, con il patrocinio di Enars Cultura vengono proposti i primi corsi di NUOVA OREFICERIA. -Successivamente viene costituita l’Associazione culturale PRIMATERIA che gestisce l’attività didattica, ormai attiva da oltre 15 anni. -Docente di laboratorio per una scuola privata di design: ARTE DESIGN TECNICA, coordinata dal Prof. Santero. -Nel 1997 viene incaricato di insegnare all’interno di un corso del Comune di Milano, TEMPO LIBERO (U.T.L.). -Nel 1996 presenta un progetto per un laboratorio artistico-sperimentale presso l’Accademia di Brera. -Dal 2002 al 2009 insegna oreficeria presso Uroburo Coop. Sociale per diversamente abili e normodotati. -Nel 2006 presenta prototipi in cartone funzionali al programma di un corso (non andato in porto) da tenersi a IsolaCasaTeatro, Milano 63 Biografia Nato a Milano nel 1936. Frequenta il Liceo Classico, la Scuola degli Artefici di Brera, la Scuola del Castello e nel 1961 inizia la carriera artistica come apprendista dal pittore e scultore Remo Pasetto. Quasi contemporaneamente comincia a sviluppare un interesse nel gioiello. Fondatore della tendenza “Nuova oreficeria in Italia”, valorizza il gioiello come opera artistica indipendentemente dai materiali. Sfruttando le sue ricerche come scultore su forma e materia, crea linee di gioielli riconoscibili per le forme geometriche e naturali, l’uso e l’abbinamento di materiali inconsueti, la sperimentazione sulle possibilità cromatiche dei metalli. 64 È quasi impossibile pensare a De Paoli senza evocare l’immagine dell’artigiano-artista chiuso nel laboratorio circondato dai suoi attrezzi e dal materiale che aspetta il suo intervento. Prima di avere il proprio laboratorio ha lavorato nel laboratorio di suo padre. Suo padre era un artigiano dei bottoni, con un laboratorio abbastanza redditizio, ragione per cui, finito il servizio militare, nonostante che il padre fosse un uomo piuttosto difficile, De Paoli decise di aiutarlo nell’attività. Durante sette anni ha imparato praticamente tutto quello che serviva per gestire un laboratorio: dalla produzione al lavoro amministrativo. Suo padre era contento di caricarlo del lavoro che non gli piaceva fare ed è stata proprio questa sua durezza che ha finito per dare al giovane Davide, oltre a una profonda conoscenza del mondo artigianale, l’abitudine a una disciplina lavorativa che non ha mai perso. Il laboratorio si trovava in piazza del Carmine, nella zona intorno a Brera. All’epoca era una zona popolare dove si trovavano piccole botteghe, fabbriche, bar e osterie a buon mercato dove gli artisti, conosciuti e non, si mescolavano con gli studenti dell’Accademia e con la gente del quartiere facendo le ore piccole. De Paoli non era nato con l’aspirazione di diventare artista ma fu inevitabile che venisse contagiato dall’ambiente. Cominciò a provare le sue capacità artistiche come apprendista del pittore e scultore Remo Pasetto che aveva lo studio lì vicino. Scoprì presto che non era portato alla pittura e nemmeno alla scultura figurativa. Parlando di quest’esperienza De Paoli dice: “... avendo lavorato vicino a uno scultore figurativo cercavo ugualmente di apprendere da lui le basi tecniche e la conoscenza della materia. Mi affascinava invece il discorso dell’architettura, del design e della scultura astratta, mondo razionale e irrazionale, di armonia ma anche improvvisazione e trasgressione...” Parole che illustrano bene la direzione artistica che poi ha seguito lungo gli anni. Nel 1965 tiene la prima mostra di gioielli in una piccola galleria di Brera. La mostra suscita apprezzamento e attira sufficiente attenzione per lanciarlo senza interruzione nella carriera artistica, sostenuto soltanto dal passaparola sulla sua originalità. All’inizio i suoi gioielli hanno un’impronta che oggi si definirebbe etnica e di questo stile De Paoli è stato senz’altro un precursore. Dice: “ ...non avevo ancora svolto ricerche e i miei primi disegni erano in- tuitivi. Che i miei disegni assomigliassero in qualche modo a disegni di culture che non conoscevo era sorprendente e stimolante. Cominciai ad approfondire in quella direzione...” Nella sua prima esposizione non vendette un solo gioiello ma alla successiva, tenutasi alla galleria Il Discanto, vendette tutti i gioielli e con il ricavato fece il suo primo viaggio a Parigi. Nel 1969 è invitato a partecipare a una mostra nella show room di Pierre Cardin insieme ad artisti di fama internazionale e gli viene richiesto di produrre una serie di gioielli sotto il marchio di Cardin. Nel frattempo De Paoli si trasferisce in un laboratorio tutto suo in via Pontevetero. Uno spazio che gli aveva trovato suo padre nella prospettiva che il figlio, dopo che avesse cessato di inseguire chimere, vi avrebbe continuato a fare bottoni. Ma la sua reputazione continua a crescere nell’ambiente milanese. Lo inorgoglisce ricordare quando, a una mostra collettiva del 1971, il noto architetto Ettore Sottsass osservò: “I gioielli più belli sono quelli di De Paoli”. Nello stesso periodo decide di misurarsi nel campo della scultura e del design. Nel 1971 tiene la sua prima personale di scultura alla National City Bank, affermandosi anche come scul- tore. In una recensione del 1973 il critico Paolo Fossati scrive: “ De Paoli è uno scultore sperimentale...il suo sperimentalismo è così caratteristico e pungente da meritare una sottolineatura...dunque De Paoli non nasconde che la scultura per lui è una sorta di luogo intermedio fra pressioni diverse (l’architettura, il design, la scultura, appunto) come un progetto che abbraccia spazi e motivazioni dissonanti tra loro...” Ferro e rame, le sue materie preferite, ma anche legno e terracotta. Il passaggio alle grandi dimensioni richiedeva un senso dello spazio completamente diverso. È più facile per uno scultore passare a disegnare gioielli che per un orafo passare alla scultura. Invece De Paoli riuscirà ad esprimersi con uguale maestria nei due campi. Nel 1970 fa già parte dell’ “Unione Scultori” e le sculture diventano protagoniste delle sue esposizioni, i gioielli assumendo sempre di più l’aspetto di piccole sculture. Ma non si limita: nel 1975 realizza il suo primo cancello-scultura per una villa a Trezzo d’Adda, un lavoro impressionante in ferro, ancora visibile dalla strada. Nel 1980 ha esposto opere basate sull’incastro, uno dei suoi punti fermi, alla galleria San Marco a Seregno, insieme a Nado Canuti e Carmelo Cappello. 65 66 Se negli anni ‘70 i suoi lavori erano influenzati dal costruttivismo alla Rodchenko, negli anni ‘80 avvia una ricerca sulle forme in natura, esplorando l’evoluzione delle geometrie naturali in rapporto alle forme puramente astratte. Ma la mano è sempre la sua, egli privilegia l’intervento diretto senza contare sulla riproduzione industriale. Persino la maggior parte dei suoi cancelli sono tagliati a mano, al fabbro lascia il telaio. L’originalità dei suoi lavori sta anche nelle sue forme impossibili, difficili da realizzare in serie. Oltre alla sfera, una forma che lo attrae è la spirale che lo porta a interessarsi allo sviluppo del volume partendo da una lastra piatta. De Paoli disegna direttamente sui metalli, prima tagliando l’opera e poi ridisegnandola a matita e a pastello creando magnifiche seconde opere su carta per il book e l’archivio. Dal 1983 intraprende anche la strada dell’insegnamento, spinto a questo dall’amico Piervito Antoniazzi che gli suggerisce di organizzare dei corsi per Enars Cultura delle Acli. Nasce così la Nuova Oreficeria alla cui base sta il concetto che un gioiello non è necessariamente fatto in un metallo prezioso. Occorre valorizzare le proprietà del rame, dell’ottone, del tita- nio, del bronzo e usarli in modo da creare degli abbinamenti formalmente e cromaticamente originali. La conoscenza delle loro proprietà, quali la durezza, la reazione al contatto, permette mescolanze ardite e improbabili. E poi si deve porre l’accento sulla manualità più che sulla tecnologia. Nel 1989, poco dopo essersi trasferito in un nuovo laboratorio in via Alserio, allestisce una mostra antologica a Soncino nella Rocca Sforzesca, con 120 pezzi fra sculture e gioielli. In questo periodo divide il laboratorio con due ex-allievi, figli d’arte, Monica Castiglioni e Natsuko Toyofuku, con cui forma un’associazione culturale, chiamata Primateria, che svolge attività didattica e promuove mostre. Nel 1990, Monica e Natsuko si mettono in proprio. De Paoli, con la consulenza di Grazia Chiesa della galleria D’Ars, allestisce mostre personali di altri artisti fra cui F.Daleffe, F.Succa, C.Calzolari, Myung Og. L’attività didattica riceve nuovo impulso dalla disponibilità di nuove attrezzature offerte da una ditta di oreficeria che lo invita a partecipare dei corsi di fusione a Valenza Po. Nel 1992 espone a VicenzaOro. Partecipa con un anello e un paio di orecchini, rielaborato in oro e brillanti da due ditte di Vicenza. Nello stesso anno allestisce una personale a Milano presso la galleria Millenium di Fausta Huber progettando anche gli espositori per i gioielli. In questo periodo i corsi sono frequentati anche da architetti e artisti, fra cui stranieri, alcuni da Giappone e Corea. Nella mostra ‘I sette metalli’ De Paoli espone e illustra i legami fra metallurgia e alchimia. E’ anche il periodo dei gioielli fatti in plexiglas e delle sculture totemiche. Nel 1993 trasferisce il laboratorio al quartiere Isola in via Confalonieri, uno spazio ampio dove può realizzare i lavori di grandi dimensioni quali i cancelli artistici (di Milano, Seregno, Viterbo, Svizzera) e svolgere attività didattica a classi più numerose di allievi, estendendo i contenuti anche al cesello e all’incisione con l’apporto di altri maestri d’arte. Nelllo stesso anno, attraverso la galleria Millenium, è il primo artista a esporre gioielli alla mostra internazionale Artefiera di Bologna. In questo periodo Vogue Gioiello pubblica una serie di articoli sui suoi lavori e sulla fama oltreconfine della sua scuola. Quando nel 1994 partecipa a una mostra a Tokyo su invito dell’Istituto per il Commercio Estero (I.C.E.), sarà un suo allievo giapponese, Atsushi Takaoka, a curare, in sua assenza, l’allestimento. Dice De Paoli: ‘...un giorno, una coppia peruviana si presenta nel mio laboratorio chiedendomi se potevano prenotare lezioni per la loro figlia. Bene, dissi, ma come siete arrivati a me? Mi spiegarono che erano stati a Barcellona a un convegno di architetti e fu lì che gli segnalarono il mio nome...’. Nel 2002 avvia una collaborazione con Piervito Antoniazzi e Fiorenza Roveda per dare vita a corsi di oreficeria negli spazi della cooperativa Città e Salute. Ben presto i corsi si configurano come una attività indipendente dal laboratorio di via Confalonieri. Tanto da sfociare nella creazione di un nuovo laboratorio autonomo, dal mitico nome di “Uroburo”. La collaborazione con Uroburo continua fino al 2009. 67 Finito di stampare Novembre 2011 8 Galleria Ostrakon, via Pastrengo 15, Milano [email protected], tel.3312565640 Orari: Martedì-Sabato 15,30-19,30