davide de paoli - Spazio Ostrakon

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davide de paoli - Spazio Ostrakon
DAVIDE DE PAOLI
Opere (1972-2007)
con testi di Chiara Gatti e Alessandra Quattordio
Oggi rimangono varie tracce del mio lavoro, in parte inedite, sparse in vari
studi di amici, avendo io chiuso il mio laboratorio da due anni. Tutte le opere
che presento in questa mostra sono di mia proprietà, salvo alcuni degli anni ‘70,
‘80 e recenti concessimi da amici o collezionisti a me molto vicini. Una piccola antologica, piccola per ragioni pratiche dato lo spazio relativamente limitato della galleria, ma anche trovando molto complesso ristabilire contatti con
vari collezionisti per chiederne il prestito. Nei vari periodi ho affrontato diversi
materiali, dal metallo al legno alla terracotta. Mentre nel gioiello, attraverso
la fusione la laminatura la saldatura si assiste ad un processo integrale, nella
scultura ho sempre attinto a materiali semilavorati industriali, in particolare
lamiere da me tagliate in forme prevalentemente geometriche e trasformate in
forme bi-o-tridimensionali. Nel discorso della percezione ottica c’è spesso un
inganno: dove si sottende il pieno, esiste il vuoto proiettato dall’ombra di una
forma piegata. Le mie opere sono in gran parte così: volumi virtuali, percorsi
topologici, composizione di moduli prefissi calcolando pieni e vuoti, ritmi alternati o simmetrie. Oggi il mio compito è di riordinare, archiviare, fotografare,
esporre i vari temi e forme ricavate nei diversi periodi, in base a criteri innovativi e sperimentali. Le sculture spesso sono taglienti, simili ad armi arcaiche o
volumi riferiti alla sfera e al quadrato, geometrie elementari da me predilette.
Davide De Paoli, 2011
Davide De Paoli
Opere (1972-2007)
a cura di Dorino Iemmi
testi di Chiara Gatti e Alessandra Quattordio
si ringraziano:
Fiorenza Roveda
Irene Marasco
Maddalena De Molinari e Anna Clerici
Rita Colombo
Nicola Coccioli
Betty Gilmore
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a pag: 13, 15inf
a pag: 44, 45
a pag: 19, 20, 21, 24, 27, 28, 46
a pag: 25, 26, 29, 30, 31, 32
a pag: 12dx, 15sup, 16, 22, 29, 36, 37, 39
a pag: 12sx, 14, 23, 34
a pag: 40
a pag: 42-43
a pag: 41
Via Pastrengo 15, Milano
Orari: martedì-sabato, 15,30-19,30
tel: 3312565640, e-mail: [email protected]
Claudio Gasparollo
Giovanni Ricci
Dorino Iemmi
Stefano Buccino
Davide De Paoli
Sara Progressi
Franco Viganò
Walter Ghidini
Roberta De Paoli
Davide De Paoli
Opere (1972-2007)
con testi di Chiara Gatti e Alessandra Quattordio
I cerchi nel ferro
di Chiara Gatti
Leggere o pesanti? Di fronte alla sculture di Davide
De Paoli il dubbio è sempre legittimo. Perché le sue
strutture di ferro a incastro mettono d’accordo la
forza espressiva della materia con un gioco formale
dove la creazione dell’opera avviene per sottrazione
della materia stessa. Questo non significa che De
Paoli proceda, come avrebbe detto Vasari, “per via
di levare”, scavando, scolpendo, incidendo, limando,
bucando lastre di rame, bronzo o titanio grandi come
lenzuoli. Quello che fa, in realtà, è limitarsi a piegarle.
Tagliandole a fette e ribaltandone gli angoli, in una
direzione o in un’altra, ma senza mai staccarle dalla
superficie del foglio originale che mantiene infatti
la sua sostanza pur mutando nello spazio come un
nastro in libertà. Arturo Martini diceva, riferendosi
alle sue terre lavorate a pollice, da cui estraeva sospiri
di bimbi e carni algide di donne sensuali che “la
scultura va fatta come le antiche contadine facevano
i ravioli”. Nel caso di De Paoli si potrebbe parlare di
pasta sfoglia, pensando al suo ritmo di piani alternati
e alla morbidezza delle sue pagine di metallo che
si aprono, si dipanano, si srotolano e allungano le
braccia, spiegano le ali nello spazio. Uscendo dalla
metafora culinaria, il raffronto ideale con molta
storia della scultura del Novecento viene spontaneo.
Non con Martini, naturalmente, che pur aspirando a
congiungere la materia con l’astrazione, fece della
figurazione il suo viatico verso l’eternità della forma.
Ma piuttosto con Lucio Fontana e le sue prime sculture
spaziali, cerchi sospesi nel vuoto, linee volanti che lui
diceva ispirate a un gesto libero della mano nell’aria,
un disegno immaginario tracciato nello spazio e
diventato materia leggera e impalpabile. Con il papà
dello spazialismo De Paoli condivide, a dirla tutta,
anche il suo sentirsi “informale a metà”. Per via di un
lavoro difficilmente incasellabile. Che vanta una forte
base progettuale, ma che poi procede sciolto e istintivo.
“L’idea sta tutta nella testa, il taglio è solo l’esito di un
processo puramente intellettuale” spiegava il maestro
dei tagli. E De Paoli precisa meglio “la progettualità
comunque è relativa. Parto da un modulo definito ma
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l’intervento sulla lastra diventa quasi gestuale”.
Immaterialità dell’idea e forza fisica vanno insomma
di pari passo in una ricerca che vanta altri precedenti
illustri. Di scuola anglosassone, per esempio. Come
David Smith, lo scultore americano delle astrazioni
geometriche. O come Antony Caro, cresciuto come
assistente di Moore e presto condotto, proprio da
David Smith, sulla strada della sospensione, a caccia
della struttura perfetta, equilibrio di componenti, ritmi
e simmetrie. Elementi che dominano infatti nelle
opere di De Paoli miracoli d’armonia e proporzione
dove ogni singolo peso è calcolato affinché la struttura
galleggi stabile nello spazio. Con la differenza,
tuttavia, che De Paoli, contrariamente a Smith e Caro,
pur accostando piani geometrici semplici e ritagliando
fogli d’acciaio prima di ripiegarli su se stessi, non
salda fra loro elementi estranei. Esce, cioè, dalla
logica del “pezzo per pezzo”, dell’assemblaggio, della
combinazione di innesti vari, tipici della riflessione
dell’americano e del suo allievo inglese, e definita
a suo tempo da Rosalind Krauss “strategia formale
della discontinuità”. De Paoli non è mai discontinuo,
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infatti. Anzi, la continuità è la chiave di ogni suo
intervento. Che si crea e si modifica nell’arco di un
unico supporto. Che si taglia ma non si spezza. Che
si squaderna, esce dal piano per conquistare la terza
dimensione, ma potrebbe tranquillamente richiudersi
come un libro di pop-up. Magia.
È così che De Paoli gioca a sorpresa. Insinuando
il dubbio sulla levità delle sue alabarde d’acciaio,
satelliti fluttuanti, ritagli di cerchi nel ferro, dove il
vuoto ha il medesimo peso della materia e che, con il
loro effetto ipnotico hanno tutto il mistero dei geoglifi
del deserto di Nazca. Un fascino arcaico che dialoga
con uno studio formale impeccabile. Grande De Paoli.
Nessuno, meglio di lui, saprebbe mescolare geometria
ed enigma con la stessa armonia. Giusto il popolo di
Nazca o qualche altra civiltà arcaica a cui, non per
niente, sembra guardare l’artista quando intaglia le
sue sculture da tasca, gioielli totemici da portare al
dito o al collo con la sontuosità di una statua votiva.
Che strizzano un occhio ai motivi ornamentali d’altre
epoche e altri paesi, non ultimo l’Egitto, ma che
sfuggono talora agli schemi modulari astratti della
sua scultura, attingendo all’universo della natura e ai
suoi temi ricorrenti. Nascono da queste suggestioni le
nuove geometrie, più liriche, tipiche di opere legate
alla ricerca di De Paoli degli anni novanta che, in
risposta ai suoi modi minimalisti di due decenni prima,
applicati sia nella dimensione palmare dei monili,
sia nella scala monumentale dei cancelli-scultura,
delle inferriate o dei portoni, piegano la ragione del
modulo alla imprevedibilità di un segno morbido,
a tratti sensuale, nelle curve inattese che evocano
paesaggi lunari, profili di dune o limiti di foreste.
“Sono affascinato da come si determinano le forme
nella natura” dice lui, forse pensando a Cèzanne. Ma
anche alla germinazione delle parti, che sbocciano le
une dalle altre, sperimentata, per esempio, da Mirko
Basaldella nel cancello del mausoleo delle Fosse
Ardeatine, capolavoro di fioritura del metallo, che De
Paoli cita e rilegge nelle sue grate dal ritmo serrato,
nell’alternarsi scandito di zone d’ombra e di luce,
di vuoti e pieni, dove lo spunto naturale è sublimato
nella geometria e nella sua essenza spaziale.
Ancora una volta, logica e poesia si incontrano ai confini
della materia contribuendo insieme a smaterializzarla.
Cavando peso all’acciaio o all’ottone senza intaccarli
ma semplicemente librandoli in volo. Ecco allora corpi
celesti dalla rotta calcolata, dischi in espansione che si
smontano come navicelle spaziali in assenza di gravità
e che paiono navigare nel cosmo al suono del valzer
di Strauss come nell’incipit memorabile di Odissea
nello spazio. Non stupisce che le sculture di De Paoli
vivano anche in sospensione, mobiles senza corde o
laccetti, ma solidi lievi e astri rotanti attorno ai quali
l’aria frulla dando la sensazione che essi godano di un
moto interno. Le sfere, quanto le lance, i “fiori” degli
anni settanta schiusi su lunghi steli di ottone e ferro a
volte più simili a biplani in ascesa, hanno, in questo
senso un’anima cinetica, ma soprattutto futurista!
Del futurismo storico firmato da Boccioni, mente
teorica del gruppo che immaginava corpi alleggeriti
da raffiche di vento capaci di penetrarli come fossero
trasparenti. Corpi che “il movimento – diceva – ce
l’hanno dentro”. Proprio come gli astrolabi di De
Paoli o i suoi cancelli, canneti di ferro attraversati
dalla luce e ondeggianti nella laguna.
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LA POETICA DELL’ “ANTIGRAZIOSO”
NEI GIOIELLI DI DAVIDE DE PAOLI
di Alessandra Quattordio
Da una superficie piana possono scaturire le più
sorprendenti costruzioni spaziali: prova ne sono le
creazioni dello scultore milanese Davide De Paoli
(nato nel 1936), appassionato sperimentatore del
metallo e di tutte le sue potenzialità espressive.
Apprendista presso lo studio dello scultore Remo
Pasetto, nel 1961 muove i primi passi nel campo della
modellazione plastica, mostrando fin dagli esordi un
vivace interesse per il gioiello.
La casualità sembra dettarne le modalità compositive:
lo scultore - suggestionato dall’influsso dell’informale
- improvvisa, assemblando lastre e fili. Dalle sue
mani prendono vita ornamenti pervasi del fascino
del primitivo, piccoli totem africani. Poi, con gli anni
Settanta, il suo lavoro si fa “progettato”, subentra
la fase costruttivista che privilegia l’interpretazione
geometrica delle forme, di suggestione neo déco,
prevalentemente “modulare”, ma pone anche l’accento
sul momento esecutivo, quello in cui l’artista affronta
la materia e ne trae con spontaneità le espressioni a
lui più congeniali. Tipico dell’approccio materico
di De Paoli è la scelta del non finito: egli ama
infatti trascurare le rifiniture, mostra le tracce delle
saldature, rende le superfici delicatamente scabre.
Alla lucentezza preferisce l’opacità, di ogni metallo
evidenzia le caratteristiche intrinseche, trascurando la
ricerca della preziosità e della perfezione, come chi,
trasgredendo le regole codificate, voglia metterne in
discussione rigidezza e infallibilità, ma sa ricavare
dalla lastra di metallo magiche composizioni
tridimensionali con lo stesso virtuosismo tecnico che
un raffinato creatore di origami saprebbe dimostrare
con il foglio di carta. Poi, con gli anni Ottanta e
Novanta, subentra l’interesse per le forme naturali e
vegetali che porta l’artista ad una ricerca morfologica
del gioiello, approdando a soluzioni espressive in cui
la geometria si coniuga con il naturalismo organico,
secondo principi di libera associazione formale.
Rapportandosi sempre a un’idea di portabilità e di
funzionalità dell’ornamento, De Paoli studia per ogni
sua creazione il concetto di variante applicato ad alcune
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costanti compositive, facendone partecipi i numerosi
allievi che frequentano il suo studio-laboratorio orafo
di via Confalonieri a Milano, denominato “Primateria”.
E con il trascorrere del tempo ancora più ampia si
fa la varietà dei materiali adottati, spesso abbinati
insieme per contrasto, o per consonanza: tutti i
metalli, nobili e poveri, dall’oro al titanio; inoltre il
corno, la tartaruga, il legno, il plexiglas. Applicati
l’uno sull’altro “a lamine”, o articolati fra loro grazie
a ricercati accorgimenti tecnici “a snodo”, rivelano
l’attenzione dell’artefice costantemente rivolta alle
loro innumerevoli qualità plastiche e cromatiche. Le
superfici corrusche del ferro o cangianti del titanio,
caldamente suadenti dell’ottone, del rame, del bronzo
o algidamente opache dell’alpacca scandiscono
volumi che assumono sempre più spiccate valenze
architettoniche, dipanandosi nello spazio fino a sfidare
le leggi di gravità. Come nel caso delle spille in titanio
e argento del 1987 che agli occhi di alcuni possono
trasformarsi in agili libellule “meccaniche”, pronte a
spiccare il volo, ma a quelli di altri possono apparire
soprattutto microstrutture realizzate secondo criteri
rigorosi: simmetria geometrica, equilibrio dei pieni e
dei vuoti, misurata distribuzione delle parti rispetto al
tutto. Ecco inoltre l’ornamento a piastra datato al 1990,
ancora una volta frutto della stratificazione di vari
metalli, presentarsi come la trasposizione in nuce di uno
degli elementi compositivi degli imponenti cancelli di
respiro architettonico la cui costruzione De Paoli ha
sempre condotto parallelamente allo sviluppo di opere
di dimensioni minori. Tale gioiello si pone dunque
come leit motiv dell’opera dell’artista poiché riassume
in sé quel dialogo fra grande e piccolo, funzione e
decorazione, ponderosità e leggerezza, progettazione
e improvvisazione, che corre incessantemente nelle
sue creazioni sia scultoree che orafe. Queste ultime
sempre sintesi quanto mai eloquente dell’anelito
verso la sperimentazione e la costruzione di
“presenze” nello spazio che, per nulla appariscenti,
brillano di luce interiore, catalizzando mente e cuore.
gioielli
Spille in titanio e argento, 1987
Bracciale in argento e rame, 2004
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Pendente per collana, argento bronzo ferro, 1998
Pendente per collana, argento rame titanio, 1998
13
Spilla, argento e ottone, 1987
Bracciale, argento e bronzo, anni ‘80
Piastra in vari metalli, 1990
14
Bracciale in ottone, anni ‘70
Bracciale-scultura aperto in ottone, anni ‘70
Pendente per collana in argento-bronzo-rame-ferro, 1998
15
Scultura-gioiello in ottone, anni ‘70
Bracciali in argento bronzo e corno, 1990
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sculture
Scultura in rame a incastro e saldatura, 1972
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Scultura-albero ricavata con piegature da un triangolo, 1985, 49x63x30 cm
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Scultura in ferro ricavata da un quadrato con tagli alternati e stiramenti. 1991, 39x72x29 cm,
21
Fontana per terrazzo di casa Huber, 1991
modellino in scala 1:10, alpacca-ottone, 33x14 cm
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Scultura piano inclinato in ottone-rame, 1992
23
Modello di scala per soppalco, scala 1:10, bronzo-ottone, 1995
24
Ferro a incastro, 1997, 42x39x39 cm
25
Ferro a incastro, 1997, diam.60 cm
26
Spirale equiangolare in bronzo, 1998, base 11x11 cm
27
Spirale e sfera in bronzo, 2000, 30x16x10 cm
28
Scultura a incastro in rame, 2000, 24,4x34 cm
29
Ferro con cornice, 2005, 39x42x30 cm, cornice 40x60 cm
30
Ferro a incastro, 2005, 49x48x50 cm
31
Ferro a incastro, 2005, 80x65x60cm
32
Sfera topologica in ferro (sfondo sostituito), 2005, diam. 300 cm
33
Scultura in ottone inserita in telaio quadrato, 2007, 15x15 cm
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cancelli-sculture
Cancello-scultura a Villa Camesasca, Trezzo d’Adda, 500x180 cm, 1975
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Inferriata a Villa Camesasca, Trezzo d’Adda, 500x100 cm, 1975
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Modello per un cancello-scultura, cartone e legno, 1979
38
Cancello di Bizzarone, particolare in officina, 1979
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Studio di via Confalonieri con cancello da collocare a Canino, Viterbo.
In primo piano modellino in scala e scultura in ferro, 1999
40
Cancello-scultura in rame e ferro, collocato a Canino, Viterbo, 1999, 40x290 cm,
41
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Cancello-scultura, collocato a Lugano, 2004, 150x1600 +200 cm
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Cancello-scultura in ferro verniciato, 320x290 cm, 2000
collocato a Milano, C.so Garibaldi 77
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Cancello-scultura in ferro verniciato, via Ricordi, Milano, 2007, 2,50x1,50 mt
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Modello del portone in ottone in scala 1:5 via Ricordi
Milano, 2007
disegni
Progetto cancello di C.so Garibaldi, Milano, 2000
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Progetto di cancello, 2006
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Progetto cancello di via Ricordi, Milano, 2007
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Progetto cancello per Fondazione Catella, 2007
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apparati
MOSTRE PERSONALI
60
1965-Galleria Fiori Oscuri, Milano
1968- Galleria Il Discanto (con J. Rivière ), Milano
1969- Studio Chiarini, Sestri Levante
1970-Libreria di Dergano (Davide e Frara), Milano
-Centro Arredamento C.A.S.A., Milano
-Galleria Cortevecchia, Ferrara
1971-First National City Bank ( org. D’Ars Agency )
-Il Discanto, Milano
-Galleria La Cave, Treviso
1972-Galleria Angolare, Milano
-Circolo Artistico, Bologna
1973-Galleria Il Salotto, Como
-Galleria de Il Giorno
-Galleria Fumagalli ( con Marco Mirzan ), Bergamo
-Galleria Cortevecchia, Ferrara
1974-Centro Culturale Renato Colombo ( con Livia
Lucchini ), Serravalle Sesia
1975-Studio Sintesi, Chiasso ( CH )
1976-Galleria Libreria La Carbonaia
1980-Galleria S.Marco, Seregno
1982-Magia Magic Meeting ( Artestruktura )
1984-Libreria Il Castello, Milano
1986-Sala Comunale, ‘Dalla scultura alla Nuova
Oreficeria”, Civenna
1987-Laboratorio di Beba Restelli, ‘20 anni di attività”, Milano
1989-Rocca Sforzesca, ‘Antologica con 120 lavori’,
Soncino
-Sala Comunale di Seregno, ‘Antologica 1970-
1989’ con presentazione di Marina De Stasio,
Seregno
-Associazione Culturale Primateria, ‘Materia
Prima’, mostra didattica sui materiali, Milano
1990-Primateria, ‘I sette metalli’ tra alchimia e nuo
va metallurgia, Milano
-Galleria Spartaco (con Elena Mezzadra ), Mi
lano
1991-Primateria, ‘Sculture degli anni ‘70 e multipli
recenti, Milano
1992-Galleria Millenium, Milano
1993-Sala Il Centro ( con W. Mocenni ) del Comune
di Nova Milanese
-Comune di Carpenedolo, ‘Arte come mestiere’,
sala personale di sculture, Carpenedolo
1994-Mostra di orafi italiani organizzata da I.C.E.,
vetrina personale con multipli e gioielli, Tokyo,
Giappone
1995-Associazione A.R.T.E. , disegni e gioielli,
Milano
1997-Parma in S. Lorenzo, spazio di design, sala
personale nella mostra Frigoriferi e Rose, Par
ma
-Arianna Sartori Arte, mostra di sculture presentata da G. Giovannoni, Mantova
-Spazio Primateria, ‘ Scultura tra didattica e progetto’, Milano
1998-Agalma Gioielli, personale con catalogo, Mi-
lano
1999-Studio Jelmoni pernale di sculture ( pres. A.
Quattordio ), mostra a tre di gioielli
(M.L.Boscolo e L.Scamuzzi ), Piacenza
2001-Agalma Gioielli, mostra di gioielli, Milano
-Studio d’Arte Guido Iemmi, sculture, Milano
2002-Galleria Anna Maria Consadori, personale di
gioielli, Milano
2003-Sassetti Cultura, personale di sculture, Milano
2006-Presentazione Laboratorio in via Pastrengo
con Guido Iemmi, Milano
2007-Teatro Verdi, esposizione di sculture, Milano
2007-Uroburo, mostra di gioielli, Milano
2011-Galleria Ostrakon, mostra personale di
sculture, piccole sculture, gioielli, disegni e progetti con presentazione di Chiara Gatti, Milano
MOSTRE COLLETTIVE (dal 1984)
1984-Centro Kohinoor, collettiva Spiragine, Milano
-Castello di Sartirana, ‘Disegnare l’oro’, disegni
di scultori, orafi e designers, Sartirana
1985-Internazionale d’arte contemporanea (gall.
S.Marco), Milano
-Benzoni Bijoux ( collezione di grafica e gioielli), Como
-M.I.A. Internazionale d’Arredamento, Monza
-Casa della Cultura, ‘ Gli artisti milanesi per
Vitale Petrus’, Milano
1986-M.I.A. Internazionale d’Arredamento, Monza
-La Camera Chiara, mostra e presentazione del
catalogo ‘Nuova Oreficeria’, Milano
1987-Meeting Center Selvini ( sculture in titanio per
Pederferri), Milano
-Show Room Baleri, mostra Tetrametalli, Bergamo
-Show Room Edifice, mostra Tetrametalli e
presentazione di un oggetto di Philippe Stark,
Parigi
-Disegni di artisti nell’oreficeria italiana, Arezzo
1988-Atelier 585, mostra a tre con M. Castiglioni e N. Toyofuku, Helsinki
-M.I.A. Internazionale d’Arredamento, Monza
1989-Vicenza Oro-Design Gallery, collezione personale su invito, Vicenza
-Vicenza Oro-Design Gallery, Il Laboratorio
Primateria, VC
1990-Milano Crea, artisti artigiani creativi (organizzata
da Confartigianato), Milano
1992-Vicenza Oro-Design Gallery, invitato a concorso
con altri nove artisti e designers, Vicenza
-Palazzo della Gran Guardia, mostra Swatcher,
Verona
-Discovery of Italian Art of Living, New York
1993-21 anni di Artestruktura, formato 20x20, Milano
-Bologna Artefiera (Galleria Millenium), Bologna
1994-Idar Oberstein, concorso su invito Deutcher Schmuck
-Parma, Mercante in fiera, modernariato con Galleria Millenium, Parma
1995-Bologna Artefiera, Galleria Millenium, Bologna
1996 Milano Artestruktura, L’arte costruisce l’Europa,
collettiva presentata da G.Segato, Milano
-Milano Umanitaria, Arte da mangiare, mangiare
l’arte, Milano
1997-Parma in S.Lorenzo, collettiva Frigoriferi e Rose,
Parma
-Alfa Centauri Estate (espone un’opera in ferro),
Ragazzola, Parma
-Spazio Laser, Transeuropa Art, mostra a quattro ‘Gioielli d’Autore’, Milano
1998-Galleria Il Salotto, Artisti in Vetrina, Como
1999-Spazio Laser, Transeuropa Art, mostra a quattro di sculture e quadri, Milano
-Galleria Bijoux, ‘Art in Box’ (piccolo formato), Seregno
-Permanente, invitato per una mostra di disegni
e sculture, Milano
2004-Sudio del Portico di Fausta Huber
2005-Sassetti Cultura, collettiva da Sassetti, Milano
2006-Sassetti Cultura, (Chaplin), Milano
-Studio del Portico di Fausta Huber
2008-Studio del Portico di Fausta Huber
61
Collettive di Scultura all’aperto
Bibliografia
1974-Verbania, Scultori-incontro
1975-Cadorago
-Comune di Seregno
-Monza, M.I.A.
1978-Comune di Giussano (Campo Aperto)
-Comune di Como
-Locarno
-Concorso pubblico Alberto da Giussano
1979-Museo Pagani di Legnano
-Centro Kappa (Kartell,Binasco)
-Catalogo Galleria Angolare, 1972
-Artisti Visivi Italiani a cura di Mario Monteverdi, 1974
-Catalogo mostra a Serravalle Sesia a cura di Lisa Bellotti, 1974
-Mostra Scultori Incontro, Verbania, 1974
-Artisti Visivi Italiani a cura di Mario Monteverdi, 1975
-Scultura all’aperto, Cadorago, 1975
-Catalogo mostra a Serravalle Sesia a cura di Lisa Bellotti, 1976
-Scultura all’aperto, Giussano, 1977
-Sculture in piazza, Como, 1978
-Scultura all’aperto, Museo Pagani, Legnano, 1979
-Disegnare l’oro, Sartirana, 1984
-Catalogo in proprio, a cura di Davide De Paoli, 1984
-Mostra Internazionale d’Arte Contemporanea, Milano,
1985
-Catalogo Nuova Oreficeria, Milano, 1986
-Disegni di artisti italiani, Arezzo, 1987
-Catalogo Design Gallery (di Gennaio), Vicenza Oro,
1989
-Catalogo Design Gallery (di Settembre), Vicenza Oro,
1989
-Catalogo mostra antologica, 1970-1989, Seregno, 1989
-Gioiellieri d’Europa, Inedita Editori, Milano, 1990
-Catalogo Mostra Ornamenta, Belgioioso, 1992
-Catalogo concorso Design Gallery, Vicenza Oro, 1992
-The art of living, New York, 1992
-Sculture Gioielli, Universalismo, Milano, 1994
-Catalogo a schede, mostra I.C.E., Tokyo, 1994
-L’arte costruisce l’Europa, Artestruktura, Milano, 1996
-Frigoriferi e rose, Parma, 1996
-Arte ambientale e monumenti a Milano, Taiwan, 1998
-Mostra Agalma, catalogo gioielli, Milano, 1998
-La seduzione degli oggetti, a cura di Titti Carta,
-Esegue lavori in ferro integrati in architettura su
comittenze private ( Trezzo d’Adda, 1975) di grandi
dimensioni.
-Esegue a Gorgonzola un lavoro in ferro verniciato
-Cancello per una villa nei pressi di Como, 1981.
-Una sua scultura è collocata presso il Comune di
Seregno, in una zona verde.
-Un suo lavoro in ferro è collocato nella collezione
di scultura contemporanea presso il Museo Bonzagni
di Cento (Fe).
-Un’opera in ferro è collocata al Museo Pagani di
Legnano.
-Realizza un cancello in rame e ferro, 2,90x3,10 mt,
per villa privata di Canino, Viterbo, 2000.
-Realizza su commissione degli Arch. De Molinari/
Clerici un cancello in ferro, 3,20x2,20 mt, collocato
in corso Garibaldi a Milano, 2000.
-Realizza per conto di Arch. De Molinari/Clerici un
cancello scorrevole in ferro, 16x1,50 mt, per condominio a Lugano Paradiso (CH), 2004.
-Realizza, per conto dello stesso studio di architettura, un portone in ferro, 2,50x1,50 mt, in via Ricordi a
Milano, 2007.
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Mondadori,1998
-Catalogo di sculture in mostra, Studio Jelmoni, 1999
-Tesi di laurea, Università di Firenze, Facoltà di
Architettura, Laura Notaristefano
-Tesi di laurea, Accademia Nuova Milano, Valentina
Grasso
-Archivio Attivo Arte Contemporanea, htpp://www.
caldarelli.it
Hanno scritto di lui:
M.Monteverdi, P.Fossati, L.Bellotti, Tiziana Fumagalli, G.Avogadro, Daniele Riva, M.Salvestrini,
G.Segato, G. Giovannoni, Marina De Stasio, Alessandra Quattordio, G. Ravasi, Belloli, Titti Carta,
Giovanni Pezzuoli, Chiara Gatti , M. Radice
Esperienza didattica
-Nel 1983, con il patrocinio di Enars Cultura vengono proposti i primi corsi di NUOVA OREFICERIA.
-Successivamente viene costituita l’Associazione
culturale PRIMATERIA che gestisce
l’attività didattica, ormai attiva da oltre 15 anni.
-Docente di laboratorio per una scuola privata di
design: ARTE DESIGN TECNICA, coordinata dal
Prof. Santero.
-Nel 1997 viene incaricato di insegnare all’interno di
un corso del Comune di Milano, TEMPO LIBERO
(U.T.L.).
-Nel 1996 presenta un progetto per un laboratorio
artistico-sperimentale presso l’Accademia di Brera.
-Dal 2002 al 2009 insegna oreficeria presso Uroburo
Coop. Sociale per diversamente abili e normodotati.
-Nel 2006 presenta prototipi in cartone funzionali
al programma di un corso (non andato in porto) da
tenersi a IsolaCasaTeatro, Milano
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Biografia
Nato a Milano nel 1936. Frequenta il Liceo Classico, la Scuola
degli Artefici di Brera, la Scuola del Castello e nel 1961 inizia
la carriera artistica come apprendista dal pittore e scultore Remo
Pasetto. Quasi contemporaneamente comincia a sviluppare un
interesse nel gioiello. Fondatore della tendenza “Nuova oreficeria in Italia”, valorizza il gioiello come opera artistica indipendentemente dai materiali. Sfruttando le sue ricerche come
scultore su forma e materia, crea linee di gioielli riconoscibili
per le forme geometriche e naturali, l’uso e l’abbinamento di
materiali inconsueti, la sperimentazione sulle possibilità cromatiche dei metalli.
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È quasi impossibile pensare a De Paoli senza evocare
l’immagine dell’artigiano-artista chiuso nel laboratorio circondato dai suoi attrezzi e dal materiale che
aspetta il suo intervento. Prima di avere il proprio laboratorio ha lavorato nel laboratorio di suo padre. Suo
padre era un artigiano dei bottoni, con un laboratorio
abbastanza redditizio, ragione per cui, finito il servizio militare, nonostante che il padre fosse un uomo
piuttosto difficile, De Paoli decise di aiutarlo nell’attività. Durante sette anni ha imparato praticamente tutto quello che serviva per gestire un laboratorio: dalla
produzione al lavoro amministrativo. Suo padre era
contento di caricarlo del lavoro che non gli piaceva
fare ed è stata proprio questa sua durezza che ha finito per dare al giovane Davide, oltre a una profonda
conoscenza del mondo artigianale, l’abitudine a una
disciplina lavorativa che non ha mai perso. Il laboratorio si trovava in piazza del Carmine, nella zona
intorno a Brera. All’epoca era una zona popolare dove
si trovavano piccole botteghe, fabbriche, bar e osterie
a buon mercato dove gli artisti, conosciuti e non, si
mescolavano con gli studenti dell’Accademia e con
la gente del quartiere facendo le ore piccole. De Paoli
non era nato con l’aspirazione di diventare artista ma
fu inevitabile che venisse contagiato dall’ambiente.
Cominciò a provare le sue capacità artistiche come
apprendista del pittore e scultore Remo Pasetto che
aveva lo studio lì vicino. Scoprì presto che non era
portato alla pittura e nemmeno alla scultura figurativa. Parlando di quest’esperienza De Paoli dice: “...
avendo lavorato vicino a uno scultore figurativo cercavo ugualmente di apprendere da lui le basi tecniche
e la conoscenza della materia. Mi affascinava invece
il discorso dell’architettura, del design e della scultura astratta, mondo razionale e irrazionale, di armonia
ma anche improvvisazione e trasgressione...” Parole
che illustrano bene la direzione artistica che poi ha seguito lungo gli anni. Nel 1965 tiene la prima mostra
di gioielli in una piccola galleria di Brera. La mostra
suscita apprezzamento e attira sufficiente attenzione
per lanciarlo senza interruzione nella carriera artistica, sostenuto soltanto dal passaparola sulla sua originalità. All’inizio i suoi gioielli hanno un’impronta che
oggi si definirebbe etnica e di questo stile De Paoli è
stato senz’altro un precursore. Dice: “ ...non avevo
ancora svolto ricerche e i miei primi disegni erano in-
tuitivi. Che i miei disegni assomigliassero in qualche
modo a disegni di culture che non conoscevo era sorprendente e stimolante. Cominciai ad approfondire in
quella direzione...” Nella sua prima esposizione non
vendette un solo gioiello ma alla successiva, tenutasi alla galleria Il Discanto, vendette tutti i gioielli e
con il ricavato fece il suo primo viaggio a Parigi. Nel
1969 è invitato a partecipare a una mostra nella show
room di Pierre Cardin insieme ad artisti di fama internazionale e gli viene richiesto di produrre una serie
di gioielli sotto il marchio di Cardin. Nel frattempo
De Paoli si trasferisce in un laboratorio tutto suo in
via Pontevetero. Uno spazio che gli aveva trovato suo
padre nella prospettiva che il figlio, dopo che avesse
cessato di inseguire chimere, vi avrebbe continuato a
fare bottoni. Ma la sua reputazione continua a crescere nell’ambiente milanese. Lo inorgoglisce ricordare
quando, a una mostra collettiva del 1971, il noto architetto Ettore Sottsass osservò: “I gioielli più belli
sono quelli di De Paoli”. Nello stesso periodo decide di misurarsi nel campo della scultura e del design.
Nel 1971 tiene la sua prima personale di scultura alla
National City Bank, affermandosi anche come scul-
tore. In una recensione del 1973 il critico Paolo Fossati scrive: “ De Paoli è uno scultore sperimentale...il
suo sperimentalismo è così caratteristico e pungente
da meritare una sottolineatura...dunque De Paoli non
nasconde che la scultura per lui è una sorta di luogo
intermedio fra pressioni diverse (l’architettura, il design, la scultura, appunto) come un progetto che abbraccia spazi e motivazioni dissonanti tra loro...”
Ferro e rame, le sue materie preferite, ma anche legno
e terracotta. Il passaggio alle grandi dimensioni richiedeva un senso dello spazio completamente diverso. È
più facile per uno scultore passare a disegnare gioielli
che per un orafo passare alla scultura. Invece De Paoli
riuscirà ad esprimersi con uguale maestria nei due campi. Nel 1970 fa già parte dell’ “Unione Scultori” e le
sculture diventano protagoniste delle sue esposizioni,
i gioielli assumendo sempre di più l’aspetto di piccole
sculture. Ma non si limita: nel 1975 realizza il suo primo cancello-scultura per una villa a Trezzo d’Adda,
un lavoro impressionante in ferro, ancora visibile dalla strada. Nel 1980 ha esposto opere basate sull’incastro, uno dei suoi punti fermi, alla galleria San Marco a
Seregno, insieme a Nado Canuti e Carmelo Cappello.
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Se negli anni ‘70 i suoi lavori erano influenzati dal
costruttivismo alla Rodchenko, negli anni ‘80 avvia una ricerca sulle forme in natura, esplorando
l’evoluzione delle geometrie naturali in rapporto
alle forme puramente astratte. Ma la mano è sempre
la sua, egli privilegia l’intervento diretto senza contare sulla riproduzione industriale. Persino la maggior
parte dei suoi cancelli sono tagliati a mano, al fabbro
lascia il telaio. L’originalità dei suoi lavori sta anche nelle sue forme impossibili, difficili da realizzare
in serie. Oltre alla sfera, una forma che lo attrae è la
spirale che lo porta a interessarsi allo sviluppo del volume partendo da una lastra piatta. De Paoli disegna
direttamente sui metalli, prima tagliando l’opera e poi
ridisegnandola a matita e a pastello creando magnifiche seconde opere su carta per il book e l’archivio.
Dal 1983 intraprende anche la strada dell’insegnamento, spinto a questo dall’amico Piervito Antoniazzi
che gli suggerisce di organizzare dei corsi per Enars
Cultura delle Acli. Nasce così la Nuova Oreficeria
alla cui base sta il concetto che un gioiello non è necessariamente fatto in un metallo prezioso. Occorre
valorizzare le proprietà del rame, dell’ottone, del tita-
nio, del bronzo e usarli in modo da creare degli abbinamenti formalmente e cromaticamente originali. La
conoscenza delle loro proprietà, quali la durezza, la
reazione al contatto, permette mescolanze ardite e improbabili. E poi si deve porre l’accento sulla manualità più che sulla tecnologia. Nel 1989, poco dopo essersi trasferito in un nuovo laboratorio in via Alserio,
allestisce una mostra antologica a Soncino nella Rocca Sforzesca, con 120 pezzi fra sculture e gioielli. In
questo periodo divide il laboratorio con due ex-allievi, figli d’arte, Monica Castiglioni e Natsuko Toyofuku, con cui forma un’associazione culturale, chiamata
Primateria, che svolge attività didattica e promuove
mostre. Nel 1990, Monica e Natsuko si mettono in
proprio. De Paoli, con la consulenza di Grazia Chiesa della galleria D’Ars, allestisce mostre personali
di altri artisti fra cui F.Daleffe, F.Succa, C.Calzolari,
Myung Og. L’attività didattica riceve nuovo impulso dalla disponibilità di nuove attrezzature offerte
da una ditta di oreficeria che lo invita a partecipare
dei corsi di fusione a Valenza Po. Nel 1992 espone
a VicenzaOro. Partecipa con un anello e un paio di
orecchini, rielaborato in oro e brillanti da due ditte di
Vicenza. Nello stesso anno allestisce una personale a
Milano presso la galleria Millenium di Fausta Huber
progettando anche gli espositori per i gioielli. In questo periodo i corsi sono frequentati anche da architetti
e artisti, fra cui stranieri, alcuni da Giappone e Corea.
Nella mostra ‘I sette metalli’ De Paoli espone e illustra i legami fra metallurgia e alchimia. E’ anche il
periodo dei gioielli fatti in plexiglas e delle sculture
totemiche. Nel 1993 trasferisce il laboratorio al quartiere Isola in via Confalonieri, uno spazio ampio dove
può realizzare i lavori di grandi dimensioni quali i
cancelli artistici (di Milano, Seregno, Viterbo, Svizzera) e svolgere attività didattica a classi più numerose di allievi, estendendo i contenuti anche al cesello
e all’incisione con l’apporto di altri maestri d’arte.
Nelllo stesso anno, attraverso la galleria Millenium, è
il primo artista a esporre gioielli alla mostra internazionale Artefiera di Bologna. In questo periodo Vogue
Gioiello pubblica una serie di articoli sui suoi lavori
e sulla fama oltreconfine della sua scuola. Quando
nel 1994 partecipa a una mostra a Tokyo su invito
dell’Istituto per il Commercio Estero (I.C.E.), sarà
un suo allievo giapponese, Atsushi Takaoka, a curare,
in sua assenza, l’allestimento. Dice De Paoli: ‘...un
giorno, una coppia peruviana si presenta nel mio laboratorio chiedendomi se potevano prenotare lezioni
per la loro figlia. Bene, dissi, ma come siete arrivati
a me? Mi spiegarono che erano stati a Barcellona a
un convegno di architetti e fu lì che gli segnalarono il
mio nome...’. Nel 2002 avvia una collaborazione con
Piervito Antoniazzi e Fiorenza Roveda per dare vita a
corsi di oreficeria negli spazi della cooperativa Città
e Salute. Ben presto i corsi si configurano come una
attività indipendente dal laboratorio di via Confalonieri. Tanto da sfociare nella creazione di un nuovo
laboratorio autonomo, dal mitico nome di “Uroburo”.
La collaborazione con Uroburo continua fino al 2009.
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Finito di stampare
Novembre 2011
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Galleria Ostrakon, via Pastrengo 15, Milano
[email protected], tel.3312565640
Orari: Martedì-Sabato 15,30-19,30