Sanità: errani, il governo taglia sette miliardi di euro

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Sanità: errani, il governo taglia sette miliardi di euro
Organo ufficiale d’informazione della Federazione dei Verdi
Anno IV - n.105  lunedì 14 luglio 2008
Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB - Roma • Direttore resp.: Enrico Fontana • Comitato edit.: Giuseppe Trepiccione, Gianpaolo Silvestri (inserto Mappe) • Caporedattore: Valerio Ceva Grimaldi • Editore: undicidue srl, via R. Fiore, 8
Roma Stampa: Rotopress, via E. Ortolani, 33 - Roma • Reg. Trib. di Roma n. 34 del 7/2/2005 • Redazione: via A. Salandra, 6 - 00187 Roma - tel. 0642030616 - fax 0642004600 - [email protected] • Stampato su carta ecologica • La testata fruisce dei contributi di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 250
Incendi, migliora la prevenzione
Presentato da Legambiente e dalla Protezione Civile il dossier del 2008. Nelle Marche i Comuni più meritevoli
Serena Di Natali
[email protected]
 Cogliati Dezza: “Il
fatto che da un anno
all’altro sia praticamente
raddoppiato il numero
dei Comuni che realizza
il catasto delle aree
bruciate è senza dubbio
un dato fondamentale,
raggiunto anche grazie
alle ordinanze emanate
dal Governo su sollecito
della Protezione Civile
che supportano i
Comuni ad applicare una
volta per tutte quello che
prevede la legge dal 2000”
 a pagina 2 
Morti bianche, un’altra vittima
A morire stavolta è un ragazzo napoletano di 17 anni, caduto mentre montava un condizionatore
Cleto Romantini
[email protected]
A
Speciale
XXIX
Assemblea
Nazionale
della
Federazione
dei Verdi
2
“S
ncora un morto sul
lavoro. L’ultima vittima in ordine di tempo è un ragazzo di 17 anni,
Raffaele C., residente nel
quartiere di Scampia, a Napoli. Il minore è precipitato
da un’altezza di circa quindici metri, mentre con altri
due operai di una piccola
ditta di Napoli, la “Top Edil
Project”, stava montando un
condizionatore sulla terrazza di un edificio in Corso
Umberto, a Casalnuovo. Secondo quanto è stato accertato dalle forze dell’ordine, il
giovane era stato da qualche
tempo regolarmente assunto
dalla ditta, il cui titolare era
presente sul posto al momento dell’incidente. Dalle prime
verifiche però, risulterebbe
che il ragazzo non aveva né
casco né imbracatura. Sull’incidente sono state aperte due
inchieste, una della magistratura e una dell’Ispettorato del
ui tagli alla sanita’ negare l’evidenza rappresenta un pessimo
inizio”: cosi’ il Presidente della
Conferenza delle Regioni, Vasco Errani,
replica alle dichiarazioni di alcuni esponenti del Governo (da ultimo il Ministro
del welfare, Maurizio Sacconi). “La battaglia contro gli sprechi, per i risparmi e
per l’efficienza - prosegue Errani - va concordata assieme, prima di tutto fra Governo e Regioni, come si fece per il patto
triennale sulla salute 2007-2009. Ora la
manovra del Governo, promossa unilateralmente, sottostima la spesa tendenziale
ed opera un ulteriore taglio, assumendosi cosi’ la grave responsabilita’ di riportare tutte le regioni ad un deficit sanitario,
interrompendo quel percorso virtuoso,
recentemente riconosciuto anche dalla
Corte dei conti. L’effetto combinato di
sottostima e tagli, secondo i nostri calcoli, togliera’ alla sanita’ italiana 7 miliardi
di euro da qui al 2011. Per quanto riguar-
lavoro. Il caso è solo l’ultimo
in ordine di tempo di una
sequenza drammatica che
sembra non fermarsi mai e
che pare accanirsi soprattutto sul Sud. Proprio a Napoli
lavoro lo scorso 7 luglio, ancora al Sud: un operaio edile
di 47 anni, morto cadendo
da un’impalcatura mentre
stava restaurando la facciata
di un’abitazione a Bitritto, in
Si continua a morire di lavoro,
soprattutto al Sud. Ma il direttore
comunicazione dell’Inail sostiene
che il trend degli infortuni sul lavoro
sarebbe “in netta diminuzione e in
linea con la media europea” e che
solo “la grande attenzione dei media
dà l’impressione che gli infortuni
siano aumentati”
la settimana si era aperta con
un altro incidente mortale
sul lavoro: a San Paolo Belsito il 7 luglio un operaio edile
42enne di origine marocchina
era stato investito dal crollo
di un vecchio muro di contenimento. Altri due morti sul
Sanità: Errani,
il governo taglia
sette miliardi di euro
da i ticket - conclude il Presidente della
Conferenza delle Regioni - sostenere che
verranno coperti con il taglio degli stipendi di direttori generali e sanitari e’ per
un verso una sciocchezza e per l’altro una
provocazione nei confronti delle regioni
e dei cittadini. Siamo ancora in attesa
dell’incontro con il Presidente del Consiglio dei ministri da cui auspico vengano
risposte sostanziali. Diversamente nessuna propaganda o demagogia potra’ nascondere la responsabilita’ del Governo
per quel che riguarda la reintroduzione
del ticket, la ripresa del deficit sanitario e
lo scontro istituzionale”. 
provincia di Bari e un bracciante agricolo di 35 anni,
morto schiacciato dal proprio trattore a Sant’Onofrio,
un Comune nei pressi di Vibo
Valentia. Ed è passato appena
un mese dalla terribile strage
di Mineo, in provincia di Catania, dove trovarono la morte per asfissia sei operai nella
vasca del depuratore consortile. La strage di Mineo è stata
ricordata sabato 12 luglio con
una giornata di riflessione nel
piccolo centro della provincia
etnea organizzata dall’Associazione costruttori edili di
Catania e del Comune, dal
titolo “Morire di lavoro... perché”. Mariella Maggio della
segreteria regionale della Cgil
ricordando la strage di Mineo
ha esortato il presidente di
Confindustria Sicilia Ivan Lo
Bello ad “avere sui temi della
sicurezza e delle condizioni
di lavoro lo stesso coraggio
che ha avuto nella battaglia
contro il pizzo” e a “schierare
dunque la sua organizzazione
a tutto campo contro il lavoro
nero e sul terreno della legalità”. Eppure, nonostante tutti
i drammatici casi riportati
dai media, c’è chi, come il direttore della comunicazione
Inail Marco Stancati, sostiene
che il trend degli infortuni
sul lavoro sarebbe “in netta
diminuzione e in linea con la
media europea” e che quindi,
proprio “la grande attenzione
che i media dedicano al fenomeno dà l’impressione che
gli infortuni siano aumentati”. Stancati ha espresso il
suo pensiero a margine di un
convengo dal titolo “Salute:
come comunicarla?”, tenutosi
a Roma nei giorni scorsi. “In
realtà - ha spiegato Stancati - dal dopoguerra a oggi gli
infortuni sono nettamente
diminuiti. Nel periodo del
miracolo economico morivano circa 13-14 persone al
giorno.Negli anni ‘90 si era
sull’ordine di 7-8 persone al
giorno mentre oggi si è scesi
a 3-4”. Forse ci sarebbe da rallegrarsene, ma chissà perché,
noi non ci riusciamo. 
La sicurezza senza lampadine 3
In barba alle
promesse elettorali
Tremonti ha
tagliato 3 miliardi
di euro per le forze
dell’ordine
Verso
il congresso
Valerio Ceva Grimaldi
[email protected]
In questo numero di Notizie
Verdi troverete in allegato un
utile inserto dove abbiamo
pubblicato tutte e sei le mozioni politiche nazionali (le trovate
anche sul sito www.verdi.it)
presentate in vista del congresso della Federazione dei Verdi
che si terrà a Chianciano terme
il 18, 19 e 20 luglio prossimi.
Abbiamo ritenuto importante
e doveroso veicolare e far conoscere quanto più possibile le
mozioni attraverso la diffusione
garantita dall’organo ufficiale
di partito; inoltre, nei giorni di
martedì, mercoledì e giovedì,
pubblicheremo dei contributi
scritti inviati dai primi firmatari dei documenti, nei quali
ciascuno illustrerà il contenuto della relativa mozione e le
prospettive ritenute necessarie
in vista dell’assemblea. Nei
giorni successivi al 20 luglio
riporteremo su Notizie Verdi
tutti i documenti ufficiali, le
modifiche statutarie approvate
e quanto sarà utile per garantire informazione a tutti e la
massima pluralità informativa.
Il rilancio dell’idea verde è una
priorità per la politica italiana,
sempre più stretta in una morsa
che vede da un lato un’autoreferenzialità montante e dall’altro
grandi emergenze economiche,
sociali e culturali che stanno segnando il nostro paese, su cui il
governo attuale sembra inerme,
se non colpevolmente disinteressato. La gestione personalistica dell’esecutivo pensata solo
per risolvere i propri affari, gli
stipendi che languono, le morti sul lavoro che continuano, la
scandalosa sparizione di qualsivoglia riferimento a Kyoto dal
Dpef (con il rischio 2,5 miliardi
di multe dall’UE), i prezzi dei
carburanti e dei generi alimentari alle stelle, il paventato ritorno al nucleare, la Robin tax che
si scaricherà sui consumatori, la
cancellazione della class action,
l’allargamento delle maglie del
41 bis: tutte iniziative drammatiche per l’Italia, che dovranno
essere osteggiate con fermezza
e contrastate con altre proposte, quelle davvero utili a tutti i
cittadini e non solo alle potentissime lobby economiche che,
indebitamente e sottotraccia,
stanno orientando le scelte
politiche fondamentali per il
futuro energetico, ambientale
ed economico dell’Italia. Forse
l’antipolitica è questa, intesa
come malapolitica: un ceto autoreferenziale, che malgoverna
e prende in giro gli italiani; non
lo sono certo le grandi e pacifiche manifestazioni di piazza di
migliaia di cittadini che chiedono legalità e tutela per i loro
diritti. Sarà naturalmente l’assemblea nazionale ad indicare
strategie e percorsi tout court
politici per il futuro dei Verdi:
Notizie Verdi, nel suo piccolo,
continuerà ad informare quanto più puntualmente di tutte
le iniziative dei Verdi, a livello
locale e nazionale, cercando
di ampliare l’orizzonte informativo ad una prospettiva che
consideri l’ambiente e l’ecologia
come due capisaldi ispiratori
dell’agire politico e chiavi interpretative di una cultura innovativa che guardi al futuro,
concentrandosi sulle soluzioni,
plausibili, concrete ed efficaci, ai piccoli e grandi problemi
del nostro tempo. Una svolta
culturale di cui l’Italia avrebbe
davvero bisogno.
2
lunedì 14 luglio 2008
Ecosistema Incendi 2008. Ecco le novità
Le campagne di sensibilizzazione hanno permesso di diminuire il numero dei roghi dovuti ad imprudenza
dalla prima
I
l 2007 è stato un anno
“nero” per gli incendi boschivi, quasi raddoppiati
rispetto al 2006, ma è cresciuta l’attenzione dei Comuni più colpiti dalle fiamme.
Uno su due, infatti, ha realizzato il catasto delle aree percorse dal fuoco, strumento
fondamentale nel contrasto
alla speculazione che spinge
gli incendiari ad appiccare i
roghi, mentre sono ancora
poche le amministrazioni
che applicano pienamente la
legge quadro in materia d’incendi boschivi (353/2000)
ferme al 6%. Il Sud e le isole
conquistano il primato delle amministrazioni virtuose
con il 56% dei Comuni che
svolgono complessivamente
un lavoro positivo di prevenzione dei roghi mentre
il Nord Italia, con il 44% dei
Comuni meritevoli, viene
superato anche dal Centro a
quota 47%. E’ questo in sintesi il quadro tracciato da “Eco-
sistema Incendi 2008”, l’indagine sulla mitigazione degli
incendi boschivi di Legambiente e Dipartimento della
Protezione Civile presentata
a Roma dal presidente nazionale di Legambiente Vittorio
Cogliati Dezza, insieme al
un dato fondamentale, raggiunto anche grazie alle ordinanze emanate dal Governo
su sollecito della Protezione
Civile che supportano i Comuni ad applicare una volta
per tutte quello che prevede
la legge dal 2000. Un dato –
e decisivo, ma che non può
bastare di fronte ad una piaga tanto devastante”. Se da
un lato, infatti, le campagne
di sensibilizzazione hanno
permesso di diminuire gli incendi dovuti ad imprudenza,
scesi dal 15 al 13%, restano
vampati quasi 5.000 incendi circa la metà di quelli di tutta
Italia - che hanno bruciato
quasi 60 mila ettari di boschi.
Critico l’intervento del Capo
della Protezione Civile che
ha chiesto alle amministrazioni locali più attenzioni e
Anche per il 2007 sono 15 i Comuni che ottengono da
Legambiente la bandiera “Bosco Sicuro” per la piena applicazione
della legge quadro 353/2000, e a quattro di questi il riconoscimento
viene assegnato per il terzo anno consecutivo: Vico Equense (NA),
Airola (BN), Monfalcone (GO) e Camaiore (LU)
capo della Protezione Civile
Guido Bertolaso e al capo
del Corpo Forestale dello
Stato Cesare Patrone.“Il fatto
che da un anno all’altro sia
praticamente raddoppiato il
numero dei Comuni che realizza il catasto delle aree bruciate – ha detto il presidente
di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza – è senza dubbio
UN PO’ DI PEPE
ha aggiunto Cogliati Dezzache sorprende soprattutto
in quelle regioni più colpite
dai roghi interessate dall’ordinanza e che negli anni passati risultavano spesso più in
ritardo, come la Campania, il
Lazio, la Puglia e la Calabria.
Segnali positivi – conclude
- che indicano finalmente
un cambio di rotta concreto
gravi quelli di origine dolosa, aumentati rispetto allo
scorso anno dal 60% al 66%.
Incendi per lo più di grandi
dimensioni (21,3 ettari la superficie media per ogni rogo
nel 2007, la più alta mai registrata dal 1970) che hanno
colpito soprattutto la Calabria, la Campania e la Sicilia
dove l’anno scorso sono di-
dinamismo nel rispetto della
legge quadro in materia di
incendi e nell’attività di prevenzione. “Se si pensa di affrontare questa estate come
l’anno scorso faremo il bis
della tragedia, ma quest’anno non ci prenderemo la
responsabilità di chi non ha
fatto il proprio dovere” ha
detto Bertolaso prometten-
do che saranno segnalate le
carenze delle amministrazioni e che in caso di difficoltà
“arriveremo anche a chiedere
al Parlamento di cambiare la
legge per evitare ambiguità
nelle attribuzioni delle competenze tra Stato, regioni
e Enti locali”. Tornando invece al lavoro dei Comuni,
sono nelle Marche, in media,
quelli più meritevoli nella
lotta agli incendi boschivi.
L’86% delle amministrazioni
marchigiane svolge, infatti,
un lavoro complessivamente positivo, seguito dall’82%
dei Comuni della Campania
e dal 78% delle amministrazioni molisane. Anche per il
2007 sono 15 i Comuni che
ottengono da Legambiente la
bandiera “Bosco Sicuro” per
la piena applicazione della
legge quadro 353/2000, e a
quattro di questi il riconoscimento viene assegnato per il
terzo anno consecutivo: Vico
Equense (NA), Airola (BN),
Monfalcone (GO) e Camaiore (LU). 
La sicurezza senza lampadine
In barba alle promesse elettorali Tremonti ha tagliato 3 miliardi di euro per le forze dell’ordine
Antonio Barone
[email protected]
L
ENERGIA
Floriana Bulfon - [email protected]
Finanziamenti
per il fotovoltaico
Anche le banche propongono strumenti per rendere possibili gli investimenti di risparmio energetico. Con l’obbligo
a partire da luglio 2009 della certificazione energetica per
la compravendita di tutte le abitazioni nuove o ristrutturate l’avvio di alcuni lavori si renderà necessario. Spesso però
gli interventi di riqualificazione sono costosi. Parlando di
fotovoltaico si parla di circa 20 mila euro per un abitazione
media e così molte persone seppur interessate, non sono
in grado di sostenere questa spesa. La finanziaria del 2007
e anche quella del 2008 prevede il “Conto Energia” ossia alcune delle opere che puntano al risparmio energetico sono
agevolate per la detrazione fiscale al 55% se si raggiungono
precisi standard di abbattimento dei consumi. Per i pannelli fotovoltaici l’installazione è a carico dell’utente ma nei
successivi 20 anni questi è pagato secondo la quantità di
Kwh prodotti. (circa 50 centesimi a Kwh). Per intervenire
nell’esborso iniziale le banche si sono attivate con strumenti finanziari ad hoc per l’energia. Vengono proposti
sistemi di rimborso che seguono le fasi di realizzazione
dell’impianto e così il cliente inizia a pagare quando inizia a
ricevere i contributi per l’energia prodotta. Il finanziamento viene mediamente rimborsato in quindici anni, mentre
il Conto energia paga per venti anni, quindi avremo cinque
anni di utile oltre ad una riduzione sostanziale della bolletta. L’offerta è varia e la gran parte arriva a finanziare fino al
100% a tasso fisso o variabile.
a sicurezza è una priorità per
il nostro paese? Si, ma lo è solo
in campagna elettorale. Fino
allo scorso 14 aprile sembrava che
l’Italia fosse sotto l’assedio di pericolosi stupratori, rapinatori e ladri. La
percezione diffusa era quella di vivere in un paese dove non c’era ordine
pubblico, un paese a rotoli in cui si
poteva morire mentre si andava a
fare la spesa. Anche su questa ennesima suggestione lo schieramento di
Silvio Berlusconi ha costruito il suo
successo. A sentire i telegiornali un
cittadino italiano avrebbe potuto
tranquillamente pensare che Roma
assomigliasse più alla Sarajevo
dell’assedio che non alla Capitale di
uno Stato democratico e occidentale. Alimentare ed esasperare le fobie
e convogliarle in percezioni irrazionali è sempre stata l’arma del populismo a buon mercato, quello che
da anni invade il dibattito politico
condizionandone le decisioni. Così
il male di tutti i mali sono diventati
i piccoli rom che vivono nei campi
da marchiare e schedare, onde prevenirne future derive criminali. Pazienza se l’Europa e il buon senso dicano il contrario. E’ diventato questo
l’unico provvedimento sulla sicurezza della destra, oltre all’annunciata
A sentire i telegiornali
un cittadino italiano
avrebbe potuto
tranquillamente pensare
che Roma assomigliasse
più alla Sarajevo
dell’assedio che non
alla Capitale di uno
Stato democratico e
occidentale
militarizzazione delle nostre città
con 2-3000 soldati. Annunci, nulla
di più. I soldati per strada farebbero
assomigliare l’Italia più all’Argentina
dei colonnelli che non ad un paese
democratico e di sicuro non risolverebbero il problema. Ma si sa la destra fa le cose in grande ed allora ha
pensato bene di bloccare centomila
processi per stupro, rapine e crimini
ambientali solo per mettere al riparo
l’onnipotente, ed ingiudicabile, Berlusconi dai suoi guai giudiziari e di
ridurre in maniera consistente le risorse per le forze di polizia.
La scure di ‘Harry Potter’ Tremonti, che con la sua bacchetta ha fatto
scomparire ben 3 miliardi di euro
in tre anni per Carabinieri, Polizia
e Guardia di Finanza, si è abbattuta impietosa sulle forze dell’ordine,
nell’assordante silenzio dei tanti
esponenti di An che nella scorsa
legislatura presenziavano ad ogni
incontro dei sindacati di polizia promettendo cospicui aumenti di dotazioni e mezzi, e che ora, da ministri,
hanno ben altro da fare. Ma si sa le
promesse fatte in campagna elettorale sono ‘promesse da marinaio’.
A prescindere dai tagli annunciati
nella manovra finanziaria, i conti in
rosso delle forze dell’ordine già fanno sentire i loro effetti. Nel giugno
scorso il Direttore centrale dei Servizi tecnico-logistici e della gestione
patrimoniale del ministero dell’Interno, ha inviato una circolare a tutte
le prefetture, questure e al comando
generale dei carabinieri in cui si legge: ‘Gli accreditamenti predisposti da
questo ufficio per le manutenzioni
ordinarie degli immobili demaniali
e privati adibiti a sedi delle caserme
dei carabinieri e della polizia di Stato sono stati sospesi, poiché l’ufficio
centrale di Bilancio ha comunicato
che sono in corso di istituzione i
nuovi capitoli di spesa. Nonostante
la consapevolezza del disagio provocato dal ritardo delle aperture di
credito al momento risulta impossibile provvedere all’emissione degli
accreditamenti. Si prega pertanto di
sospendere gli affidamenti dei lavori
e delle manutenzioni”.
Tradotto dal burocratichese significa che per le caserme dei Carabinieri, per i commissariati di Polizia
e per la Guardia di Finanza non è
più possibile provvedere nemmeno
a cambiare le lampadine fulminate
o a riparare eventuali guasti alle apparecchiature in dotazione. Per le
pattuglie non va meglio: un agente
della Guardia di Finanza, che lavora
in un’area ad alto rischio di criminalità, mi confidava che per la carenza di fondi possono effettuare
spostamenti di soli 10 km al giorno.
Addirittura sono stati ridotti alla
metà i fondi per la squadra navale di
Porto Empedocle, ossia alle motovedette impegnate sul fronte caldo
dell’immigrazione clandestina e che
rischiano di rimanere in porto con i
motori spenti.
Tutto questo mentre il ministro Maroni annuncia un nuovo patto per la
sicurezza a Roma. Magari tra qualche mese annunceranno che servono anche i ‘caschi blu’ dell’Onu ed
intanto continueranno ad umiliare
carabinieri e polizia che quotidianamente devono fare i conti con la
criminalità. 
MOZIONI
POLITICHE
NAZIONALI
MOZIONI POLITICHE NAZIONALI
RITORNO AL FUTURO
“Gli stati generali dell’ambientalismo”
Premessa
I risultati delle elezioni politiche del 13 e
14 aprile, con il fallimento della coalizione La Sinistra L’Arcobaleno, la sconfitta
elettorale del PD, con il dilagare della
Lega Nord e, quindici giorni dopo, con la
vittoria della destra a Roma, evidenziano
la crisi profonda di tutto il centrosinistra
italiano.
L’elettorato italiano si è spostato a destra,
ma abbiamo il dovere di individuare e
comprendere le ragioni di questo profondo distacco rispetto ai risultati che appena due anni prima, nel 2006 portarono
l’Unione, sia pure per poche migliaia di
voti, alla vittoria del governo Prodi.
La proposta della coalizione de La Sinistra L’Arcobaleno non è stata riconosciuta come un progetto politico alternativo
capace di legami e radici con la società
italiana e in grado di guardare al futuro.
Condizionata in maniera ambivalente
dal giudizio sulla partecipazione al Governo: accusata di troppa rissosità oppure di troppa subalternità nei confronti
del Governo Prodi.
Non a caso la campagna elettorale de La
Sinistra L’Arcobaleno, assieme alla scelta del leader della coalizione, ha messo
ancor più in evidenza vecchie categorie,
interpretazioni superate, apparati ideologici vecchi.
L’intero tema della crisi ecologica è
scomparso, non solo dall’agenda politica, e difficilmente è stato percepito nelle
proposte de La Sinistra L’Arcobaleno,
che si è dimostrata essere un mero cartello elettorale e non il progetto politico
che avrebbe potuto essere.
Allo stesso tempo è stata decisiva nel
condizionare i risultati delle elezioni
politiche una campagna elettorale caratterizzata dal voto “utile”, con la determinazione del PD di correre da solo:
una decisione che ha indubbiamente
influenzato le nostre scelte. Alla luce dei
risultati delle elezioni, possiamo dire che
la decisione di correre da solo è servita al
Pd per nascondere la frana dei consensi,
cannibalizzando l’elettorato di sinistra,
ma rimane un errore strategico e tragico
per il Paese.
In più, la crisi di consenso del Governo
Prodi e, assieme, il venir meno di uno
spirito di coalizione all’interno del centrosinistra ha demotivato tanti elettori a
fronte di una coalizione di centro destra
strutturata e certamente più convincente
agli occhi dei cittadini.
Va anche detto che lo stesso percorso de
La Sinistra L’Arcobaleno, deciso all’unanimità dal Consiglio Federale dei Verdi,
ha rivelato tutti i suoi limiti in termini di
proposta politica che, infatti, non è riuscita a parlare nemmeno al suo elettorato, sicuramente più motivato nell’esprimere un voto “utile” contro Berlusconi e
la destra.
L’Italia e l’Europa vanno
a destra
Per la prima volta in Italia la destra ha
una fortissima maggioranza sul piano
politico ed esercita un ruolo egemone
nella società e sul piano culturale.
Il risultato elettorale italiano si inserisce in un contesto di crisi delle forze
politiche di centro-sinistra in Europa.
La Francia va a destra, alle comunali
in Inghilterra i conservatori vincono e
conquistano Londra, nell’est Europa i
governi sono prevalentemente a guida
conservatrice.
La situazione di crisi politica della sinistra e degli ecologisti in Europa si inseri-
sce in un quadro in cui la globalizzazione
insieme ai cambiamenti climatici cominciano in modo strutturale a far sentire i
propri effetti negativi nelle economie
mondiali e nella vita di milioni di europei, i quali vivono sempre di più in “società basate sull’incertezza“: incertezza
del lavoro, negli affetti, delle identità. Gli
stessi effetti si mostrano devastanti nelle vite di centinaia di milioni di persone
nei Paesi in via di sviluppo che vengono
privati dei diritti fondamentali dell’uomo
come il cibo e l’acqua.
L’Europa sembra aver paura del futuro e
per la prima volta i giovani europei sono
più poveri dei loro genitori. Con l’inflazione in aumento, i prezzi delle case
alle stelle, la crisi dei mutui, gli stipendi fermi e il mercato del lavoro sempre
più deregolamentato, vi sono decine di
milioni di europei che a prescindere dai
loro titoli di studio, vivono in condizioni
di vita alla soglia della povertà. Questa
è una crisi sociale e culturale profonda
con forti conseguenze anche dal punto
di vista demografico. Abbiamo architetti
che guadagnano 1000 euro al mese che
in Spagna vengono chiamati mileuristas
“la generazione che vive con mille euro”,
in Francia ci sono i “ baylosers”. E’ questa
la generazione dell’incertezza che vive
una condizione di ansia anche negli affetti e nelle relazioni sociali, una generazione che secondo il sociologo Zigmunt
Bauman vive un “amore liquido”.
In Europa la sinistra e gli ecologisti, a
fronte di queste paure, non sono stati
in grado di saper proporre un modello
alternativo e credibile di governo locale
e globale che desse risposte alle loro ansietà.
La sinistra in Europa, il centrosinistra in
Italia, non ha saputo e non ha voluto elaborare elementi di critica, quanto meno
correttivi di quella globalizzazione basata solo sulle merci. Gli ecologisti hanno
saputo sottolineare i pericoli connessi a
questa globalizzazione che ha prodotto
guasti alle democrazie di molti Paesi in
via di sviluppo, all’ambiente e calpestato i diritti umani. Gli ecologisti, d’altra
parte, non sono riusciti a realizzare le
alleanze necessarie per fare in modo che
quel punto di vista diventasse determinante.
L’analisi della società ci racconta di un
processo di individualizzazione e frammentazione sociale senza precedenti,
un fenomeno che liquida il valore della
solidarietà. E’ invece a partire dalla solidarietà che deve dipanarsi una comune
narrazione politica, capace di far sentire
i propri bisogni come comuni ai bisogni
altrui. Questa crisi di senso ha ripercussioni non solo sulle culture politiche
che fanno dell’agire collettivo il centro
della propria azione politica, ma anche
sull’ambientalismo e sull’ecologismo,
che non sono una fede o una religione,
ma una cultura politica che deve basarsi
su una solidarietà proiettata nel tempo.
Le contraddizioni ambientali si danno
in due forme estreme: o hanno una collocazione assolutamente stringente nel
tempo e nello spazio (qui ed ora, nel mio
territorio), ma isolate da una riflessione
più generale, oppure hanno una dimensione di vastissima proiezione spaziale (il
globo) e temporale ( i prossimi decenni),
dove l’unico vincolo è la solidarietà tra
gli uomini e tra l’uomo e il vivente. Quella crisi di senso produce effetti xenofobi
e tecnocratici di enorme rilievo. Se ciascuno si vive come in conflitto con l’altro:
il primo altro che si incontra è il diverso,
lo straniero, che diventa il nemico. E se
ciascuno vive isolato dall’altro, le aspet-
tative dei potenti, che hanno più forza e
più strumenti per determinare l’agenda
sociale, mediatica e politica, diventano
temi egemoni nel senso comune.
Oggi si apre uno scenario nuovo e drammatico allo stesso tempo : la crisi alimentare ed energetica che il pianeta sta
vivendo a cui come Verdi ed ecologisti
siamo chiamati ad assumere un ruolo
principale per indicare una via di uscita.
La crisi alimentare,
energetica del pianeta
e deforestazione
Presto verrà il giorno in cui dovremo scegliere tra una pagnotta e un pieno di biocarburanti per la nostra auto?
Sommosse contro il caro vita in Burkina
Faso e in Camerun, manifestazioni contro l’aumento del prezzo del pane a Dakar, in Marocco e in Egitto e così di seguito. Le popolazioni africane subiscono
le conseguenze dell’aumento dei prezzi
mondiali dei cereali. Il costo del riso importato dall’Asia cresce pericolosamente, mentre quelli degli altri semi battono
i record sui mercati internazionali e le
quotazioni del grano e del riso vengono
sospese in borsa per eccesso di rialzo.
Durante l’estate 2007 mentre gli agricoltori dell’emisfero Nord stavano mietendo, alla camera di commercio di Chicago, sede del commercio mondiale dei
semi, il prezzo del grano passa da 200
dollari a 400 dollari la tonnellata. A Parigi il grano molitorio raggiunge un picco
all’inizio del mese di settembre di 300
euro la tonnellata. Un record storico, al
punto che in un anno, il prezzo del grano
è aumentato del 130%.
Si apre all’inizio del terzo millennio un
grande problema legato all’insicurezza
alimentare del pianeta che dà il via a forti
conflitti sociali.
La crescita economica dei paesi emergenti ha modificato profondamente il
comportamento alimentare dell’umanità: si mangia di più, e soprattutto più
carne. I cinesi, ad esempio, nel 2005 ne
hanno consumata cinque volte di più che
nel 1980. Ora per produrre un chilo di
pollame servono tre chili di cereali, e più
del doppio per ottenere un chilo di carne
bovina.
Il nostro invito è anche quello di mangiare meno carne. Modificare gli stili di vita
è ormai necessario se vogliamo dare un
contributo per garantire cibo per tutti alle
future generazioni, promovendo e valorizzando le produzioni tipiche locali.
L’attuale boom dei prezzi dei prodotti
agricoli sta ulteriormente aggravando le
condizioni di vita di centinaia di milioni di persone, non solo nei paesi in via
di sviluppo e più poveri, ma persino in
Europa. La speculazione finanziaria, che
è tra le cause principali di questo incredibile rialzo dei prezzi, sta ancor di più
concentrando potere e profitti nelle mani
di pochissime multinazionali del settore
agricolo e della grande distribuzione.
Queste grandi company del settore registrano un primato mai visto sugli utili,
mentre le guerre del pane si propagano
nei Paesi in via di sviluppo.
Eppure le superfici coltivate a cereali a
scopo alimentare rischiano di essere erose dai semi destinati agli agrocarburanti.
La scala dei cambiamenti è sbalorditiva. Il governo indiano dice di voler seminare 14 milioni di ettari di colture per
biocarburanti. L’Africa del Sud è vista
come il futuro Medio Oriente dei biocarburanti, disponendo di 405 milioni di
ettari di terre pronte a essere convertite a
colture come la Jatropha Curcas, pianta
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tropicale che riesce a crescere in terreni
semiaridi. L’Indonesia intende superare
la Malesia e incrementare la propria produzione di olio di palma da 6,5 milioni a
26 milioni di ettari entro il 2025.
La domanda travolgente di biocarburanti come l’etanolo sta danneggiando seriamente i poveri e l’ambiente. La UN
World Food Programme, che alimenta
circa 90 milioni di persone per la maggior parte con mais USA, stima che attualmente 850 milioni di persone siano
già in stato di denutrizione. Presto ce ne
saranno altre, perchè il prezzo degli aiuti alimentari è aumentato del 20% in un
solo anno. Nel frattempo, il cibo indiano
è rincarato del 11% in un anno, il prezzo
della tortilla è quadruplicata in Messico.
Il Sud Africa ha visto aumentare i prezzi
quasi del 17%.
“La competizione tra gli 800 milioni
di automobilisti, che vogliono mantenere la loro mobilità, e i 2 miliardi di
poveri, che cercano semplicemente di
sopravvivere, si sta rivelando una questione epocale.”
E’ a rischio la sovranità alimentare.
L’agricoltura risponde a logiche globali
di mercato errate e lo dimostra il fatto,
ad esempio, che il Messico sia costretto a
importare l’85% del riso e il 75% del grano, come conseguenza del Nafta, (North
American Free Trade Agreement - Accordo nordamericano per il libero scambio) che a partire dal 1994 ha reso totalmente dipendente dall’estero il Messico.
Gli Ogm non sono la soluzione. E’ necessario investire le stesse somme destinate
alla produzione degli organismi geneticamente modificati per aiutare i contadini attraverso l’uso di nuove tecnologie,
potenziando i sistemi di irrigazione. Invece, con gli Ogm, i contadini vengono
resi sempre più dipendenti, non solo dalle sementi a marchio registrato ma anche
dai pesticidi e dai fertilizzanti, attivando
anche un processo di distruzione della
biodiversità.
In questo quadro i processi di abbattimento delle foreste primarie avanzano
inesorabilmente dall’Amazzonia, all’Indonesia, alla Malesia e all’Africa subsahariana. Solo la foresta amazzonica
depura 600 milioni di tonnellate di Co2
all’anno ma gli abbattimenti per far posto alle coltivazioni di soya procedono a
ritmi fortissimi.
Contestualmente, il prezzo del petrolio,
sotto gli effetti della speculazione, ha superato il prezzo di 120 dollari ed alcuni
analisti prevedono che si possa arrivare
a 200 dollari al barile. In questo contesto
il governo Berlusconi rilancia l’opzione
nucleare da fissione con un approccio
per nulla scientifico, superficiale e vecchio. Sappiamo che le attuali 436 centrali
termonucleari che esistono nel pianeta,
forniscono il 6% dell’energia mondiale a
fronte del 12% fornita dal solare, dall’eolico e dall’idroelettrico.
I dati ci dicono anche che le riserve
mondiali di uranio sarebbero sufficienti
solo per i prossimi 35 anni. Passeremo
quindi da una crisi dettata dal caro petrolio a quella del caro uranio senza aver
risolto il problema energetico e con costi
economici elevatissimi senza risolvere il
problema della gestione delle scorie.
Noi Verdi dobbiamo rafforzare il lavoro
politico con i Verdi europei e i Global
Greens nella società e nei governi. Proporre insieme un manifesto dell’ ecologismo nel terzo millennio e lavorare per
anticipare la terza rivoluzione industriale basata su una nuova politica energetica costruita sulle rinnovabili, sviluppando tecnologie di accumulazione di
MOZIONI POLITICHE NAZIONALI
RITORNO AL FUTURO
energia per assicurare in modo stabile
la fornitura di energia elettrica, attraverso l’utilizzo dell’idrogeno e realizzando
reti energetiche intelligenti. Insieme a
questo bisognerà sviluppare un piano
di efficienza e risparmio energetico che
coinvolga l’edilizia, in primo luogo, e l’industria.
In Italia disponiamo di 88.000 Mw di
energia installata a fronte di un consumo
di picco registrato nell’estate scorsa di
56.000 Mw: si pone dunque il problema
di una distribuzione dell’energia più razionale e della necessità di un controllo
pubblico delle reti del gas.
L’inarrestabile aumento del prezzo del
petrolio e dei generi di prima necessità,
scontano significativamente quella dimensione inquietante e prevalente del
processo di globalizzazione che si chiama
finanziarizzazione dell’economia. Fondi
sovrani, hudge fund e private equity, le
icone del capitalismo finanziario hanno
determinato non solo la gravissima crisi
finanziaria, ma anche la distruzione delle riserve di materie prime per cercare
sostituti del petrolio.
I Verdi possono in quest’impari battaglia
assumere le vesti di Davide con Golia,
dove la fionda è rappresentata dalla battaglia locale e globale di computazione
di quote di gas climalteranti nei costi di
produzione delle merci, al fine di indurre la rottura del paradigma energetico
fondato sui fossili, proteggere il clima e
sottrarre al capitalismo predatorio della
finanza dei derivati finanziari la sua stessa ragione d’essere.
I Verdi in Europa
A partire dal 2002 siamo stati fra i promotori del Partito Verde Europeo, fondato poi a Roma nel febbraio del 2004.
Avevamo intuito prima di altri che la costituzione di un soggetto politico di livello continentale costituisse una risposta
adeguata alle sfide del nuovo millennio,
nella consapevolezza che gli enormi problemi del nostro tempo non possono che
essere affrontati con politiche che vanno
oltre le elaborazioni nazionali. L’inquinamento ambientale non rispetta i confini nazionali, ed un incidente nucleare
in Slovenia comporta problemi in Italia,
in Austria e in tutt’Europa; i cambiamenti climatici sono un fenomeno globale, e
solo l’Unione Europea può avere la capacità d’influenzare positivamente lo
sviluppo di accordi internazionali come
Kyoto, o di negoziare politiche comuni
con altre potenze come gli Stati Uniti o
la Cina. Nell’era della globalizzazione i
singoli Stati hanno sempre meno capacità per contrastare il potere dei mercati
finanziari internazionali e delle multinazionali, così come sono incapaci di difendere i propri cittadini dalle conseguenze
di una feroce competizione globale sulle condizioni di lavoro e sui sistemi di
protezione sociale. Ancora, solo un’Europa politicamente unita ed autorevole
può far sentire la propria voce in difesa
dei diritti umani e della democrazia,
impegnandosi anche in operazioni di
mantenimento della pace nelle regioni
devastate dai conflitti. Purtroppo, però,
nonostante grandi valori come la sostenibilità, la democrazia, i diritti umani, la
giustizia sociale, la solidarietà siano incardinati nei trattati europei e nella Carta dei Diritti fondamentali, l’Europa è
una promessa ben lungi dall’essere mantenuta. Ecco perché un partito ecologista
di livello europeo è più che mai necessario. Dal 2004 i partiti Verdi dei 27 Paesi
dell’Unione hanno incominciato un percorso di costruzione di un progetto politico innovativo e dirompente, navigando
dentro difficoltà, crisi, risultati elettorali e di consenso vari ed altalenanti; in
modo particolare vi è oggi una oggettiva
difficoltà per i Verdi del Mediterraneo, in
Italia, Francia, Spagna e Grecia a tradurre in consensi e in rappresentanza parlamentare l’esperienza e le proposte politiche che per più di vent’anni sono state
determinanti ai singoli livelli nazionali.
E’ per questo che sarà necessario, anche
per i Verdi italiani, partecipare con maggiore impegno alla costruzione del Partito Verde Europeo e allo sviluppo del
programma elettorale dei Verdi europei
per il 2009, disegnando un nuovo corso
per l’Europa, sui cambiamenti climatici
e sull’ambiente, sulla giustizia sociale e
la globalizzazione, sui diritti umani e la
democrazia.
primi investimenti sull’idrogeno; il rilancio dei parchi e delle aree protette ridotti
alla fame nella legislatura precedente;
l’approvazione del decreto su Sic e Zps;
la proposta in sede europea per riformare la normativa sulle autorizzazioni degli
OGM; lo sblocco dei lavori di bonifica
dei siti inquinati; la ripresa di investimenti nella salvaguardia del territorio.
Così come la lotta ai cambiamenti climatici è un’azione concreta, improcrastinabile e ben definita, così noi non
dobbiamo agire per mera testimonianza
ma perché sentiamo la responsabilità di
quanto sia urgente e necessario cambiare l’attuale modello di sviluppo.
Si tratta di lanciare una nuova sfida che
ci caratterizzi per la capacità che abbiamo nel saper proporre soluzioni ai gravi
problemi locali e quotidiani strettamente
connessi a quelli di dimensione globale.
Per questo sarà utile prevedere, entro il
2008, una Conferenza Programmatica
dei Verdi aperta a tutti gli ambientalisti.
Un Conferenza che, fra i tanti temi, possa proporre un nuovo modello energetico, dalla riduzione dei consumi alle fonti
rinnovabili, all’ abbandono dei combustibili fossili e alla rivoluzione dell’idrogeno. Una conferenza che ridisegni con
la politica e con gli strumenti della scienza e del sapere il volto nuovo delle città, sommerse dai rifiuti, dilaniate dallo
smog e dall’insicurezza sociale, dall’urbanistica selvaggia e dal traffico privato,
che sappia parlare di tutela della biodiversità e difendere e promuovere i diritti
di tutti gli esseri viventi, che riconosca la
strada per sconfiggere le ingiustizie che
disegnano la geografia dei paesi più poveri del mondo in una politica agricola
più equa, per l’uomo e per l’ambiente, e
nella tutela dei diritti sociali e civili.
I Verdi rilanciano con forza una moderna
ed efficiente gestione del ciclo dei rifiuti
basata sulla riduzione, la raccolta differenziata, privilegiando il porta a porta,
il riciclo ecoefficiente, promuovendo i
materiali post-consumo e il trattamento
meccanico-biologico come sistema innovativo per gestire il residuo secco non
riciclabile con l’obiettivo finale di rifiuti 0.
Va rilanciato e rafforzato il carattere pacificista e nonviolento della forza ecologista dei Verdi in un quadro politico in
cui la spesa militare ha raggiunto livelli
inaccettabili: la spesa procapite per un
italiano è di 514 dollari contro i 447 della Germania. L’Italia è l’ottavo paese al
mondo per spese militari.
“ Svuotare gli arsenali e riempire i granai “, mai questa frase di Sandro Pertini
è stata così attuale in una fase in cui la
crisi alimentare del pianeta sta affamando intere popolazioni.
La lotta a tutte le mafie per liberare l’economia del sud dal cancro della criminalità organizzata è una nostra priorità, ecco
perché riteniamo che vadano potenziati
gli strumenti che portino in modo più
veloce alla confisca dei beni dei mafiosi
da rassegnare per fini sociali.
Alla lotta alla mafia va associata una riforma della politica che metta al centro
la questione morale e comporti anche in
tutti noi una profonda riflessione etica
che porti a rinnovare in questa direzione
le azioni dei singoli e delle forze politiche.
Noi Verdi dobbiamo essere quelli della
trasparenza, dell’etica in politica, della
coerenza nelle scelte.
La cultura di governo dei nuovi Verdi
deve fare i conti con il grande tema della
transizione post fordista, ove al centro
della scena c’è l’attore cruciale dello sviluppo, rappresentato dal detentore delle reti immateriali, dei servizi collettivi,
della creatività e delle reti fisiche (digitali, satellitari, infrastrutturali). I detentori di questa vera e propria gateway tra
sistemi locali e reti per la competizione
globale devono necessariamente essere
Una nuova fase per i Verdi
Questi fatti, le analisi e approfondimenti
in corso impongono una riflessione profonda e articolata all’interno dei Verdi,
che, a partire anche dalla nostra mancata
rappresentanza parlamentare, coinvolga
il nostro pensiero, il nostro modo di far
politica, di organizzarci, di strutturarci,
di creare alleanze. Il rilancio dei Verdi
italiani passa inevitabilmente attraverso
una costruzione di una politica comune
con i Verdi europei e i Global Greens.
Siamo consapevoli però che l’’autonomia dei Verdi italiani non va quindi intesa come autosufficienza elettorale ma
come capacità di esercitare un legittimo
ruolo politico per costruire le necessarie
alleanze e creare le condizioni per un riscatto politico della sinistra e degli ecologisti..
Si debbono delineare i contorni per l’inizio di una fase rigeneratrice che innovi
i Verdi, che sappia recuperare le radici
profonde del pensiero ecologista, parlando alle coscienze dei cittadini, che
sia capace di superare le nostre inadeguatezze politiche e di organizzazione
e che, sul piano politico, deve diventare
un processo capace di includere e mai di
escludere.
È necessario che si lavori perché nel nostro Paese si strutturi una rete del sapere
ecologista, che sappia ritrovare alleanze
con il mondo ambientalista storico e costruirne di nuove con quello più recente,
che dialoghi con il mondo della scienza,
della ricerca, della nuova economia, che
si confronti con quello della cultura seguendo quella strada che ha già dato esiti
positivi con l’esperienza del Patto per il
clima.
L’emergenza della crisi ecologica è lo stimolo per la ricerca di nuove tecnologie,
di nuovi modelli di evoluzione della società e dell’ambiente. Ecco perché, per la
ricostruzione dei Verdi, un partito che
comunque immaginiamo più snello e
veloce, sarà necessario costruire e individuare luoghi, fisici e immateriali, dove
questo sapere ecologista possa manifestarsi e crescere, dove possa divenire patrimonio comune anche per chi si vorrà
aggregare. Una rete del sapere che divenga parte costitutiva di una nuova e più
larga comune cultura della sinistra.
Ma è necessario anche un cambio di passo nella politica per segnare la svolta.
L’ecologia per i Verdi deve diventare la
politica delle soluzioni, ovvero un ambientalismo che coltivi insieme la visione
del futuro e la concretezza del quotidiano. Per questo, con serenità e saggezza,
è giusto rivendicare le azioni positive
dei Verdi in maggioranza e al Governo
in questi due anni, respingendo con forza l’etichetta di ci vuole ridurre a quelli
del “No” e basta, anche perché, oggi, col
nuovo governo Berlusconi, rischiano di
andare perduti i tanti “Sì” del nostro impegno Parlamentare e di Governo. Solo
per citare alcuni risultati: l’aver realizzato una rivoluzione storica nel settore
energetico con l’avvio di un vero mercato
dell’energia solare e delle rinnovabili con
l’abolizione del Cip 6 e con la creazione
della borsa delle emissioni e ancora con i
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interlocutori privilegiati per le finalità
perseguite dai Verdi sul piano delle politiche di sostenibilità. E’ su tale terreno,
infatti, che si gioca il conflitto tra territorio e flussi, tra luoghi e merci. E’ preoccupante su questo terreno il ruolo esercitato dalle multiutilityes comunali che
gestiscono servizi. E’ molto probabile
che la battaglia per la rinascita del nucleare italiano avverrà attraverso i “cavalli di
Troia” delle imprese di public utilities, le
uniche che avendo la proprietà pubblica
possono fornire quelle garanzie di chiusura del ciclo del combustibile, di alti
investimenti di capitale e di assunzione
di rischio che mai un soggetto privato
potrebbe assumere.
In questo contesto va quindi rilanciata la
politica di tutela e valorizzazione dei beni
comuni, che non deve rispondere a logiche stataliste ma va collocata all’interno
di quel federalismo che privilegi le espressioni locali a partire dalle municipalità.
L’ecologia sociale come visione politica
dei problemi globali sociali e ambientali
deve diventare uno strumento di interpretazione e di azione politica dei Verdi.
Ricominciare dai Verdi.
Le alleanze
Dobbiamo ricominciare dai Verdi e
prendere atto che il progetto della sinistra arcobaleno non è stato né riconosciuto né premiato dagli elettori. Proprio
per questo è necessario costruire una
proposta politica ecologista che sappia
interloquire e costruire una nuova intesa con le altre culture della sinistra, delle
esperienze del cattolicesimo democratico, dei movimenti, del mondo dell’altra
economia, delle associazioni ambientaliste e assieme ad esse dar vita a una
costituente dei valori, dei desideri, delle
lotte di ciascuno di noi, come persone,
militanti, con le esperienze politiche e
sociali di cui ognuno è portatore.
Da qui bisogna ripartire per provare
a tessere un nuovo quadro di alleanze
e rapporti politici finalizzati alla ricostruzione di un nuovo centrosinistra nel
quale tutti abbiano pari dignità.
E’ in gioco l’interesse generale del Paese.
Non possiamo, quindi, eludere la questione della riapertura di un dialogo con
il PD, che fermo restando il rapporto politico e programmatico con le altre forze della sinistra, dia l’avvio ad un nuovo
confronto politico.
I Verdi non possono limitarsi a “rinnovare la sinistra”. Devono rinnovare la
cultura politica di un Paese nel quale il
senso del limite, la critica allo sviluppo
indiscriminato e illimitato, e la critica del
suo totem, il PIL, non meno che la critica
dello stesso consumismo, non sembrano
più così scontate come sembrava solo
qualche tempo fa. Lo dimostra il tipo di
cultura imperante nella maggioranza di
governo, che in nome di tale cultura –
successivamente, per di più, appesantita
dal rilancio dell’opzione nuclearista, oltre che di una politica sociale di indebolimento e stravolgimento delle politiche
di welfare, nel quadro di una ulteriore
precarizzazione del lavoro - si è apertamente proposta alla guida del paese
e che, in quanto tale, ha conquistato la
netta maggioranza dei voti.
Lo dimostra, però, anche la stessa campagna elettorale del PD, condotta in
nome del rilancio della “crescita”, in
modo acritico. Il rilancio di un rapporto,
pur necessario, con il PD non può che
cominciare da una comune riflessione
che superi questi vecchi luoghi comuni e
apra la strada a una presenza nuova della
sinistra e degli ecologisti che, in primo
luogo, deve essere una presenza di critica culturale e politica ai fondamenti di
una società ingiusta, dissipatrice, ecologicamente insostenibile che considera
materia da sfruttare la vita stessa con il
MOZIONI POLITICHE NAZIONALI
RITORNO AL FUTURO
Una nuova organizzazione
lavoro umano e con le risorse energetiche e le materia prime.
Una critica biopolitica dell’esistente, e
del suo meccanismo di sfruttamento
biopolitico del vivente, è il punto di ripartenza per una riflessione e per una
prassi ecologista all’altezza dei problemi
del XXI secolo.
La necessità del rilancio di un nuovo
centrosinistra dimostra l’inadeguatezza
dell’opzione perseguita dal PD del Partito unico del centrosinistra.
Dunque, anche il rapporto con le forze
politiche del centrosinistra, non può che
partire da qui. L’esperienza dell’Arcobaleno ha in gran parte sottovalutato, soprattutto nella dimensione della comunicazione pubblica, questo aspetto cruciale.
La ricostruzione di una rete di rapporti
stringenti con tale area non può che ripartire da una condivisione di questo approccio. Così, la ricostruzione di un’alleanza col PD, necessaria a ogni prospettiva
di alternativa in Italia e nelle singole realtà
locali e regionali, non può che includere
un confronto su questi temi.
Oggi non siamo in grado, in nessun
modo, neanche di dire se esiste una tale
disponibilità al confronto su questi temi.
è quindi necessario, in primo luogo, accertare questa disponibilità, dichiarando, da parte nostra, che questo è il terreno privilegiato del confronto e che, al
contempo, la nostra scelta strategica è
quella di una ricostruzione di un tessuto
di rapporti positivi all’interno del centrosinistra e della sinistra in particolare.
Nostra scelta di fondo, per certi versi
prioritaria, resta tuttavia un approccio
trasversale, che guarda appunto alla condivisione di contenuti e che, nel quadro
recente di molte realtà soprattutto locali,
vede la stimolante e confortante presenza di esperienze civiche che proseguono
sul piano anche elettorale e amministrativo i percorsi di molte pratiche associative e di movimento, pratiche di base,
reti collettive che, dall’insufficienza della
politica, anche della nostra, hanno tratto
volontà, disponibilità, idee ed energie,
per continuare a lavorare sulla realtà, per
incidere sul presente e aprire spazi nuovi
di partecipazione e di conflitto, opportunità di consenso e dinamiche politiche
nuove alle quali, nelle circostanze difficili attuali, possiamo ben guardare con
speranza.
è necessario lavorare per una nuova ed
innovativa elaborazione culturale che
passi anche attraverso la costruzione di
una rete del sapere ecologista e che chiami a raccolta tutti gli ecologisti italiani indipendentemente dalla loro collocazione
partitica e che condividano ad esempio
i principi programmatici del patto per il
clima. Costruire luoghi di confronto del
sapere ecologista costruendo Istituti di
ricerca ambientale e cultura politica o
recuperare l’antica idea dell’ Università
Verde. In questo contesto, si colloca la
necessità di rilanciare e costruire una
nuova autonomia dell’informazione ecologista, utilizzando strumenti innovativi
e razionalizzando le opportunità offerte
dalle leggi sull’editoria e dalle norme per
gli organi di partito. In questi anni è infatti mancata quella capacità di informazione ecologista di cui invece dobbiamo
dotarci non solo per orientare e facilitare
l’iniziativa politica, ma anche per diffondere le occasioni di quel nuovo sapere
ecologista che è base fondativa, culturale
e programmatica per una proposta verde
nel XXI secolo.
Abbiamo il compito difficile ma necessario di costruire una nuova organizzazione dei Verdi e un’innovazione culturale e
politica dell’ecologismo in Italia. I Verdi
di fronte ai prossimi appuntamenti elettorali dovranno verificare fino in fondo
la possibilità di forme di alleanze e aggregazione, che non si basino sui meccanismi elettorali ma su un comune sentire
in termini di programmi e valori.
I Verdi propongono la convocazione
degli Stati generali dell’ambientalismo
con l’obiettivo di costruire un’unità di
azione di tutti gli ecologisti impegnati
in politica e nella società.
Per tutte queste ragioni, quindi, dobbiamo costruire le condizioni per una nuova fase storica per i Verdi, rivolgendo lo
sguardo con attenzione a quanto accade
nel resto della politica e della società,
con il difficile ma necessario compito
di far progredire la cultura e la politica
ecologista in Italia e di costruire una
nuova organizzazione.
Elemento imprescindibile per la risalita è la riorganizzazione del partito che
deve passare attraverso una selezione
del gruppo dirigente sia locale che nazionale che non sia basata sul meccanismo delle tessere. Per questo bisogna
eliminare la figura del presentatore degli
aderenti per un’iscrizione individuale
che passi attraverso i livelli dei circoli
locali, delle federazioni regionali e del
nazionale. Vanno ripensate le modalità
di partecipazione politica interna anche
nei meccanismi elettorali, privilegiando
la partecipazione dell’espressione diretta, legate all’impegno territoriale e/o
tematico. Per raggiungere questo obiettivo potrebbe essere utile rivedere le
modalità di partecipazione alle Assemblee. L’assemblea indicherà un gruppo
di lavoro per la riforma generale dello
statuto, che verrà presentata in occasione della conferenza programmatica.
Ci impegniamo a promuovere in questo
contesto nuove regole che evitino la cumulabilità delle cariche ed una migliore
e più efficace accessibilità agli atti interni della federazione. Non è il caso di entrare nei dettagli, ma sono tutti obiettivi
che dobbiamo porci e conseguire entro
un anno. I Verdi dovranno, configurarsi come un convinto e compiuto partito
federale, riprendendo nella sostanza e
nella forma statutaria l’ispirazione originaria, quella che ha favorito prima il
radicamento territoriale, poi la diffusione e infine la crescita a una dimensione
nazionale di una cultura e di una forza
politica ecologista.
Oggi la federazione ha bisogno di un
nuovo inizio e, appunto, di un ritorno
Primi Firmatari
Luigi Marrello
Riccardo Mastrorillo
Mariangela Acunzo
Aldo Agnello
Sabrina Albanese
Ines Barone
Maria Boncompagni
Ferdinando Bonessio
Gianluca Cavino
Alessandro Cardente
Antonio Castaldo
Angela Ciaccia
Gianni Cianci
Elisabetta Daddese
Fabio D’Alessio
Mariagrazia Di Ielsi
Claudio Fiorani
Vincenzo Galati
Antonio Libardo
Claudio Magagna
Alberta Maranzano
Antonio Nigro
Marco Tulli
Marzia Mazzone
Pinuccia Montanari
Marilena Palmisano Franco Perone
Nicola Pizzulli
Silvana Rocco
Vincenzo Sorrentino
Roberto Sparagio
Cesareo Troia
Alfredo Vigarani
Fiorella Zabatta
Francesco Alemanni
Arianna Bianchi
Franco Borrescio
Mario Bria
Antonio Buffone
Antonio Canino
Daniele Caprino
Daniela Caramel
Giampaolo Capisani
Daniela Chiavarini
Luciano Colletta
Giuseppe Digilio
Anna Maria Fiori
Grazia Francescato
Angelo Bonelli
Marco Lion
Mimmo Lomelo
Gianfranco Bettin
Loredana De Petris
Gabriella Meo
Cristina Morelli
Tommaso Pellegrino
Dino Di Palma
Gianluca Carrabs
Oliviero Dottorini
Daniela Guerra
Peppe Mariani
Filiberto Zaratti
Paolo Cento
Luana Zanella
Marco Pecoraro Scanio
Erasmo Venosi
Paola Cardinali
Innovare i Verdi
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al futuro: abbiamo bisogno, cioè, di tornare alle fonti della nostra presenza, ai
modi e ai tempi nei quali abbiamo annunciato che il futuro ormai prossimo
era gravido di rischi e di nuove ingiustizie, prodotte dai modelli dominanti di
produzione e consumo, dagli stili di vita
e dalle forme di potere e di gerarchizzazione sociale prevalenti. Tornare al
futuro significa oggi anche tornare alle
radici della nostra presenza. Esse stanno, in primo luogo, nei territori e nelle
città, nei paesi e nelle regioni. Attribuire
a queste presenze una nuova centralità politica e statutaria, nuove risorse e
nuova vitalità, non significa destrutturare e cancellare il centro – Roma, la federazione – significa bensì attribuirgli la
giusta e cruciale dimensione e la giusta,
necessaria forza e autorevolezza. Federalismo, infatti, non è né l’assenza di un
centro né la mera prevalenza del locale:
è un patto tra ambiti ognuno sovrano
nel proprio campo, in una virtuosa ed
efficiente ripartizione delle competenze
e dei poteri.
Questo salto di qualità e di natura organizzativa non può che essere oggetto
di una proposta condivisa, e l’assemblea
di Chianciano dovrà incaricare un apposito organismo di elaborarla insieme
al nuovo gruppo dirigente. Ci interessa
qui, tuttavia, ribadire la linea di marcia
della nostra “autoriforma”. La scelta di
tornare alle origini, infatti, non significa
che si ricomincia da zero. Ricominciamo
da molto di più, perché le sconfitte politiche ed elettorali non possono cancellare comunque il lavoro di oltre vent’anni
e perchè la fuoriuscita dal Parlamento,
così come il rilancio della presenza territoriale, non possono significare la rinuncia a un ruolo e a una struttura nazionale. Radicarsi, ricostruire presenze,
e federarsi, cioè unire forze capaci di autonomia locale e di pensiero globale, solidali in un progetto nazionale ed europeo, portatrici di una visione planetaria
e di una coscienza di specie: nella scelta
federalista dei Verdi italiani c’è questa
complessità e questa ambizione.
Luigi Gallo
William Gatto
Riccardo Germani
Rosanna Labonia
Giovanna Laguarangela
Flavio Longo
Luigi Lorio
Maria Francesca Lucanto
Francesco Mendicino
Pietro Mezzotero
Giuseppe Napolo
Matteo Nicoletti
Nicola Pace
Nunzia Paese
Carmine Quintiero
Giuseppe Restifo
Italo Sapia
Giampaolo Schiumerini
Giovanni Spedicati
Stefano Via
Seguono altre firme
MOZIONI POLITICHE NAZIONALI
Per un nuovo inizio
“Madri servili, abituate da secoli a chinare senza amore la testa,
a trasmettere al loro feto l’antico, vergognoso segreto d’accontentarsi dei resti della festa.”
(Pier Paolo Pasolini: Ballata delle madri)
È un tempo che chiede capacità inedite alle
persone, sia come singoli individui, sia nel
loro organizzarsi, e dunque le chiede anche
al nostro ri-organizzarci come forza politica.
Si tratta di capacità che conoscevamo, o che
conoscevano coloro che sono vissuti prima
di noi, ed abbiamo dimenticato quando non
deliberatamente rimosso. Il nostro è un universo di fili spezzati. Decine, centinaia di fili
spezzati che penzolano nel vuoto: nel nostro
paese, nel mondo e in quello che fu il nostro
partito (o Federazione). Sale il prezzo del petrolio, abbiamo difficoltà energetiche prossime alla crisi, arrivano gli immigrati, si aggrava drammaticamente la situazione alimentare nel sud del mondo, si aggrava anche lo
status economico di molti italiani (famiglie e
singoli). Nessuno connette i fatti: allora vogliamo che la benzina costi meno (si defiscalizzi, e intanto la diamo quasi gratis al trasporto su gomma), vogliamo più energia
(magari con il nucleare o con le agroenergie),
vogliamo barriere protettive e la guerra ai
clandestini, vogliamo più reddito e più servizi. Tutte le forze politiche hanno un solo
obiettivo: rilanciare la crescita al fine di ridistribuire la ricchezza. Nessuno connette i
fatti: nessuno dice che più crescita vuole più
energia, che più energia significa ulteriore
dissipazione delle risorse, maggiore accentramento della ricchezza e gestione
socialmente diseguale della stessa (dunque
meno redistribuzione, meno servizi), che
biocarburanti significano più fame e dunque
più immigrati, più clandestini. Nessuno dice
che ci stanno rubando tramite aziende quotate in Borsa la gestione dell’acqua, che perderemo il controllo pubblico di un bene essenziale, come abbiamo già perso quello della
salute e della cura delle malattie, del diritto di
invecchiare e – spesso - di morire con decenza. Nessuno connette i fatti, nessuno annoda
i fili per dar loro un senso invece di lasciarli
penzolare. Così nessuno vede che il problema, la pompa che alimenta la crisi è proprio la crescita. Ecco la capacità di cui oggi
abbiamo bisogno, congiuntamente alle persone che sappiano praticarla e a un partito
(Federazione) che ne faccia la sua ragione di
vita: la capacità di annodare i fili, di connettere i fatti, di tessere una rete di risposte
non riduttive, comode e brutalmente ovvie. Ci serve la capacità degli annodatori di
tappeti, quelli che hanno mani sfruttate di
donna e di bimbi. Ci serve la capacità di una
lunga pazienza, di un esercizio articolato
quotidiano, costante nell’evitare le semplificazioni, le prove di forza, le spallate. Ci serve
una struttura a rete, con dei nodi che la
tengano insieme, non dei “centri”. Ci serve
una rete per ricostruire il senso di appartenenza ad una comunità. In questo senso ci
serve una federazione di federazioni che a
loro volta federino, nell’agire e sentire comune, persone pensanti e non tesserati
muti. Non ci serve una macchina politica da
incarichi con gli iscritti come gasolio che l’alimenta. Ci serve tutta la diversità che abbiamo smarrito nel corso degli anni e che era la
nostra forza. Altrimenti non serviamo noi,
non servono i Verdi. Cinque partiti sono già
troppi se si somigliano al punto che diventa
difficile stabilire cosa li divida davvero. Un
altro in più gli elettori hanno tutto il diritto di
rifiutarlo. Infatti lo hanno già rifiutato. Per
questo la separazione dal nostro passato
recente dev’essere netta, inequivoca, an-
che nelle apparenze esteriori. Se noi, sottoscrittori di questa mozione, ci proclamiamo
Verdi che ambiscono al governo è perché
sappiamo che solo nel confronto quotidiano
con la gestione dei problemi la capacità di
annodare, tessere, legare le risposte può affinarsi. Sappiamo che così possiamo forse evitare che gli ideali di partenza si mutino in
pratiche declamatorie vuote e sostanzialmente parassitarie delle umane (e non soltanto umane) sofferenze che abbiamo la pretesa di alleviare. Certo siamo consapevoli che
le pratiche di governo spesso possono implicare derive opportunistiche, un nefasto adeguamento alla gestione dello stato di cose
esistente, un ottundimento della percezione
della crisi in atto: sono cose che abbiamo visto benissimo durante il periodo dell’Unione
e della titolarità del Ministero dell’Ambiente.
Ma abbiamo imparato anche che quella è la
sfida, che nel merito di come la si affronta si
viene giudicati. Invertendo i fattori potremmo dire che oggi, da come siamo stati giudicati possiamo sapere con quale adeguatezza
l’abbiamo affrontata. Vogliamo costruire le
condizioni per riprovarci, senza velleitarismi
e protagonismi, senza imitare i modelli berlusconiani, senza rincorrere la comunicazione, senza ripercorrere il percorso che ci ha
resi uguali agli altri e dunque inutili. Coniugare governo e cultura del limite è il problema che attende non noi, ma chiunque non
sia così folle che - per la ricerca del consenso
- voglia avallare il nucleare, le infrastrutture
per il trasporto su gomma, le agroenergie, la
militarizzazione della politica estera ed eccitare la paura contro la libertà. Coniugare
governo e cultura del limite è il problema che
attende non noi, ma chi non vuole incoraggiare la devastazione del pianeta, la folle corsa da lemming che stiamo praticando giorno
dopo giorno. Coniugare governo e cultura
del limite è il problema che attende una risposta che ci candidiamo a dare. Per quella
risposta, con questo nuovo inizio, vorremmo
attrezzarci come comunità nuova. Il dna di
una forza politica non è negli ideali conclamati. Se fosse così avremmo tutti da stupirci
dell’ovvio: ovvero che i nobili ideali della sinistra storica abbiano dato concretamente luogo ad abissi di violenza concentrazionaria e
di negazione della realtà. I nostri professati
nobili ideali ecologisti non ci rendono migliori degli altri con un meccanismo automatico, anzi possono costituire la foglia di fico
per pessime pratiche quali quelle che ci hanno condotto al giudizio giusto dell’elettorato.
Il dna di una forza politica è costituito dalle
sue azioni nella vita in comune, nei comportamenti dei suoi organismi e dei suoi iscritti.
Da ciascuno di noi. È importante, molto importante l’attenzione che dedicheremo agli
aspetti statutari in questo congresso. È importante purché non si dimentichi che con
uno statuto apparentemente democratico
abbiamo volontariamente vissuto una vita
interna di conformismo, di espulsione del
dissenso, di banalizzazione dell’intelligenza,
di assopimento nella percezione della realtà.
è importante se lo consideriamo strumento
per allargare l’orizzonte anziché restringerlo,
per sperimentare un modello organizzativo
realmente federativo dove scelte, risorse,
simbolo siano patrimonio condiviso; uno
statuto come strumento di democrazia,
autonomia e partecipazione, non di potere. Non ci sarà tuttavia statuto che possa ri-
spondere a una domanda semplice: Siamo
credibili nella pretesa di voler cambiare il
mondo se non siamo capaci di cambiare
noi stessi? Sta a noi, anche attraverso lo statuto ma in primo luogo a noi, confrontarci
con tale questione. La pratica del principio di
sussidiarietà, del rispetto delle differenze,
dell’equilibrio fra maggioranza che governa e
minoranza che critica… La pratica della valorizzazione delle capacità individuali, dei
saperi delle persone, del lavoro – tanto –
compiuto da molti verdi sui territorio, nonostante tutto, il rifiuto dell’obbedienza stolida
come criterio meritocratico: queste pratiche
ancorché sancite nello statuto sono affidate
in primo luogo al nostro cuore e al nostro
cervello. è molto importante che questo
Congresso inauguri una stagione nuova,
basata su nuove regole di adesione e funzionamento che impediscano con norme
rigide l’indegno mercanteggiamento delle
tessere; una stagione basata su un nuovo
gruppo dirigente di transizione che assieme
alle realtà locali prepari le prossime scadenze
elettorali e il Congresso del 2009. è venuto il
tempo di un metodo visibilmente diverso di
gestione delle risorse, che ponga al centro
l’iniziativa e l’azione politica – diversa da
quella degli altri partiti e imperniata sulla
cultura del limite e della responsabilità - e
pratichi la trasparenza e la condivisione, la
chiarezza e l’equità. è davvero il tempo di
una nuova capacità di iniziativa e di presenza
sul territorio, a partire da precise priorità di
azione; che sono quelle di tutti i partiti ecologisti, dalla lotta ai cambiamenti climatici, al
contrasto alla criminalità organizzata e all’illegalità in tutte le sue forme, dalla mafia alla
microcriminalità diffusa, al rifiuto di una visione del mondo che vede gli uomini e le
donne in guerra perenne fra loro, con la natura e gli altri animali, al testardo convincimento che un mondo più giusto è possibile,
passando per una nuova campagna contro il
nucleare, per la riscoperta dopo tanti anni di
pigrizia e un po’ di opportunismo delle rivendicazioni femministe, per la riaffermazione
intransigente dei diritti dei migranti, dei diversi, dei deboli e le libertà di tutti. Pesa una
cappa di piombo sul pianeta e sul futuro.
Può sembrare a dir poco velleitario che una
forza politica che deve cominciare a ricostruirsi e a riconquistare un livello minimo di autorevolezza si proponga di essere protagonista nel dissiparla quella cappa di piombo, ma
è proprio questo che ci piacerebbe fare. E
dunque proviamo a farlo. Non per nostalgia,
non irriducibile logica identitaria, ma perché
c’è un terribile bisogno di questa differenza:
fare ciò che è giusto e ciò che ci piace. Fare
una scelta non perché è utile, come per anni
abbiamo sentito sostenere dai nostri esponenti, ma perché è giusto e ci piace. Se nel
nostro quadro politico, nell’evoluzione bipartitica (nelle forme storiche e contingenti
assunte in Italia oggi), non c’è più spazio per
il giusto e il bello - ma solo per i consumi e la
crescita – l’autonomia dei verdi si fonda sulla
necessità inderogabile di riconquistarlo
quello spazio, per la salute civile del paese.
Riconquistare, e allargare quello spazio
trovando consenso e mobilitando anche tutti
gli altri ecologisti sparsi per l’Italia e oggi divisi e delusi prima di tutto dai loro partiti.
Uno spazio per cambiare questo modello
di sviluppo sociale ed economico, i sistemi
di produzione, la gestione del territorio,
gli stili di vita individuali. Siamo consapevoli che la cultura ecologista di interpretazione e trasformazione della realtà ha trovato
nel tempo continue conferme, ma, in Italia,
non ha invece trovato una forza politica Verde sufficientemente coraggiosa, coerente e
intelligente da raccogliere pienamente la sfida ambientale e da delineare un orizzonte
possibile di cambiamento. Eppure quello
spazio non è scomparso. Con la necessità di
riconquistare quello spazio deve confrontarsi anche la questione delle alleanze. Le alleanze le costruiremo in base alle affinità con
quelle scelte politiche che fanno del nostro
un ecologismo libertario, non giustizialista,
attento alla connessione tra questione ambientale e conflitto sociale. Ma soprattutto
le sceglieremo in base alla loro funzionalità
alla partecipazione al governo reale del paese, delle regioni, dei comuni, in un rapporto
costante con le comunità locali. Le sceglieremo in base alla praticabilità di quello spazio
politico autonomo che proprio in questa assemblea andiamo a definire. Riconnettere,
annodare, collegare, tessere, ricostruire
sul territorio assieme alle persone che lo
vivono, questo è il lavoro che ci attende,
quello che deve dettarci l’agenda politica.
Ogni tentativo di fingere di essere ancora
parte del mondo da cui il 13 aprile ci ha
espulso ci renderebbe ridicoli. Prima di esercitare la nostra autorevolezza dobbiamo riguadagnarcela. E sono molte le cose che possiamo fare da subito per cominciare. Siamo
liberi, liberi di dire cose sgradite ai più, di non
vellicare la pancia del blocco sociale che ha
portato la destra al governo, di lavorare per
sgretolarlo. Nella sciagurata vicenda che abbiamo appena attraversato è ben vero che si è
scatenato un fuoco infernale contro i verdi
che davano fastidio, il nostro torto è stato
quello di non essere nemmeno vagamente
all’altezza del conflitto in cui ci eravamo lanciati da protagonisti. Vogliamo ricominciare
da subito a dire e a praticare le verità scomode, sia che riguardino il quartiere in cui
viviamo sia che riguardino la politica estera
(la situazione in Iran, i rapporti con la Cina,
con la Russia, con gli Usa) e sempre nella
consapevolezza dei fili da riannodare per restituire orizzonti ampi al nostro operare.
Agire perché a livello locale la proprietà e la
gestione dell’acqua siano interamente
pubbliche significa (per fare un solo esempio) orientare anche le scelte di governo nazionale in un quadro internazionale; spostare
risorse regionali e locali sul trasporto pubblico significa costruire una risposta concreta non solo al problema inquinamento, ma a
quell’esigenza di mobilità che in breve tempo
sarà problema sociale; organizzare il risparmio energetico e garantire la proprietà pubblica delle reti del gas sono solo le prime risposte da contrapporre al nucleare e alle
agroenergie. Solo se da noi muove un fermo
richiamo al concetto di responsabilità, e - accanto alla lunga elencazione di indiscutibili
diritti conculcati – un fermo richiamo ai doveri individuali e collettivi (verso il pianeta,
gli ultimi che in esso vivono, le atre specie,
ma anche verso la necessità di cambiare radicalmente la nostra sciagurata e sciatta, tutta
italiana, rimozione verso il bene pubblico e il
rispetto degli altri), la speranza di un nuovo
inizio può da qui smettere di essere uno dei
tanti fili che penzolano nel vuoto.
Per un nuovo inizio cominciamo a tessere.
Primi Firmatari
5. Pino Finocchiaro (consigliere fed. nazionale, fed. Trento)
6. Raffaela Vanzetta (consigliera fed. nazionale, fed. Bolzano)
7. Paolo Galletti (consigliere fed. nazionale,
fed. Emilia Romagna)
8. Guido Ligazzolo (consigliere fed. nazionale, fed. Bolzano)
9. Stefano Costa (consigliere fed. nazionale,
fed. Milano)
10, Mario Pavesi (consigliere fed. nazionale,
fed. Mantova)
11. Vincenzo Falco (consigliere fed. nazionale)
12. Giuseppe Di Girolamo (consigliere fed.
nazionale, fed. Napoli)
13. Massimo Molteni (consigliere fed. nazionale, fed. Lombardia)
14. Alberto Ronchi (assessore Verdi Regione
Emilia Romagna, fed. Ferrara)
15. Titta Vaddia (federazione Verdi Roma)
16. Sauro Turroni (presidente fed. provinciale Forlì)
17. Pamela Meier (consigliera fed. nazionale, fed. Bologna)
18. Ilaria Ferri (consigliera fed. nazionale,
fed. Roma)
SEGUONO FIRME
1. Maurizio Pieroni
2. Barbara Diolaiti (consigliera fed. nazionale, capogruppo Verdi Comune di Ferrara)
3. Marcello Saponaro (esecutivo nazionale,
consigliere Verdi Regione Lombardia)
4. Caterina Di Bitonto (consigliera fed. nazionale, assessore Comune Ancona)
5
MOZIONI POLITICHE NAZIONALI
Progetto Ecologista e Federalista
Andare in profondità, ricostruire una squadra verde
All’indomani della sconfitta elettorale,
i Verdi italiani devono per prima cosa
evitare sia lo scoraggiamento e lo sfilacciamento, sia il ricorso a facili capri
espiatori, così come la ricerca, una volta
abbattuto il vecchio leader, in una sorta
di rito tribale e taumaturgico, di un nuovo principe di cui innamorarsi, o a cui
dimostrare innamoramento, sperando di
poter delegare a lui, o a lei, la soluzione
di tutti i mali.
Proprio oggi che la politica mass-mediatica impone alcuni standard, che
potrebbero sembrare ineludibili, come
la ricerca immediata di un leader riconoscibile, di tempi rapidi per risolvere
le crisi interne e ridarsi un assetto presentabile – a mo’ di cipria o di belletto
-, la negazione o la minimizzazione dei
problemi e delle sconfitte, proprio oggi,
che sembra non si possa sfuggire a queste logiche, è invece necessario riscoprire quelle virtù langheriane, la lentezza, la
profondità e la dolcezza, che potrebbero
sembrare tanto impraticabili e perdenti,
nella politica, e in generale nella società,
di oggi, ma che invece costituiscono la
nostra forza, la nostra diversità, la nostra
carta vincente.
Non possiamo essere come gli altri, accettare le logiche dominanti.
Non possiamo rinunciare al senso della
complessità, alla gradualità, al rispetto
del pluralismo, a quel metodo ecologista
prescindendo dal quale non siamo niente, e non abbiamo senso di esistere e di
permanere sulla scena politica.
Analizzare in profondità i
motivi della sconfitta. Cosa
è cambiato nella società
Dobbiamo analizzare in profondità, con
i tempi dovuti, senza rimozioni, i motivi
del nostro distacco dai cittadini, i motivi
della nostra bruciante sconfitta.
Dobbiamo capire come mai il nostro
messaggio non è mai riuscito a passare
compiutamente nella società, e come
mai proprio oggi che le nostre tematiche
sono diventate urgenze non più rinviabili, non solo non cresce la percezione della nostra necessità, ma addirittura essa
crolla ai minimi storici.
Gli autori di questa mozione sono militanti e dirigenti verdi, con impostazioni
e sensibilità diverse, sia nell’analisi delle
nostre lacune, storiche e recenti, sia nelle
soluzioni a cui tendenzialmente si orientano.
Ma sono accomunati dalla coscienza che
è necessario non rimuovere il problema, ricostruire un’analisi approfondita e
condivisa, non tornare immediatamente
a dividersi sull’identità del nuovo o della
nuova leader, valutandone colpe e meriti
passati, adesione o meno alla cordata di
riferimento di ognuno di noi, oppure la
telegenicità e la capacità di rispondere a
tono a Bruno Vespa.
Non siamo interessati a questo, non siamo interessati alla lotta per il controllo
della tesoreria del partito, della rappre-
Firmatari
Fabio Roggiolani
Diego Antonio Tommasi
Felicita Cinnante
Sandra Giorgetti
sentanza legale del simbolo, a creare una
cordata di maggioranza per escludere
questo o quello.
Vogliamo costruire le condizioni per valorizzare tutte le forze emergenti: i giovani, le donne, i territori che da sempre
si impegnano, … vogliamo promuovere
un gruppo dirigente ampio, ricostruire
una nuova squadra verde, che si doti di
meccanismi trasparenti, e che operi secondo i principi della divisione del potere e della rotazione delle cariche.
Bisogna aprire una sede in ogni provincia, farne centro di aggregazione e di servizio per le tante realtà a noi affini, dai
Gas, al mondo della difesa degli animali,
alle realtà delle energie rinnovabili, ai
comitati civici, del commercio equo, dei
diritti.
Per questo proponiamo che ogni forma
di finanziamento pubblico che oggi perviene al partito a livello nazionale, sia ridistribuito prioritariamente ai territori,
e che le Provincie trattengano - invece di
aspettarne, come oggi accade, la restituzione – almeno la metà della quota del
tesseramento.
Un partito confederale,
con la piena autonomia
finanziaria e politica delle
Regioni, per rimettere al
centro i territori
Gli iscritti
Gli iscritti sono la base della partecipazione alla vita democratica del nostro
partito.
Le assemblee in cui essi partecipano e
votano in urne segrete, senza il meccanismo della delega, informati da lettere
che ragguagliano su come presentare
una lista e sui regolamenti congressuali,
sono il massimo della forma democratica possibile, e sono uno degli elementi
anzi di cui dovremmo andare fieri, e da
conservare.
Questo fino ad un livello in cui l’osservanza delle regole è fisicamente controllabile.
Per un livello nazionale, e per determinare il numero dei delegati che ogni provincia potrà portare a decidere delle sorti dei verdi italiani, il tesseramento non
potrà essere però il meccanismo principale di valutazione, ma dovrà prevalere il
fattore del consenso elettorale, secondo
noi misurato sui risultati delle elezioni
regionali.
Oggi non abbiamo bisogno di un leader
unico.
E’ quello che aspettano i nostri nemici,
i mass media controllati dai potentati
economici che vogliono darci il colpo di
grazia.
Una nuova vittima sacrificale di cui spulciare ogni contraddizione, ogni dettaglio
privato, ogni ingenuità, per massacrarlo
sistematicamente.
Abbiamo bisogno di un partito confederale, basato su di un gruppo dirigente
nazionale, che sostituisca l’attuale esecutivo, e che sia costituito dalle rappresentanze regionali, con la funzione di
portavoce (non di presidente) attribuita
a rotazione, ad una coppia di militanti di
genere differente.
Nel dettaglio, potrebbe essere un’assemblea eletta per metà al Congresso nazionale, e per metà dalle Regioni, a definire
il nuovo comitato di gestione nazionale.
In prospettiva noi vogliamo due portavoce di genere diverso, eletti dall’assemblea, e coadiuvati da un esecutivo confederale.
Oggi, in questa prima fase di rinascita,
vogliamo che la funzione dei due portavoce sia svolta a rotazione, così come la
gestione della tesoreria.
Comprendiamo l’audacia di questa proposta: valutiamo quanto essa sia controcorrente rispetto a come funzionano
oggi tutti gli altri partiti.
Ma comprendiamo anche, e lo abbiamo
davvero chiaro, quanto oggi sia vitale per
noi, indispensabile, riscoprire e scommettere, coraggiosamente, sulla nostra
diversità.
Questo è in realtà il senso forte, principale, di questa mozione: fare un appello
a tutti i Verdi italiani, a non dividersi sugli assetti di potere.
Senza eludere la politica e le differenze,
dobbiamo iniziare un percorso che ci
conduca nei tempi giusti alle scelte migliori, rispettando chi la pensa diversamente, e costruendo condivisioni ampie.
lobby economico politiche che hanno
avvelenato l’ambiente, l’economia e le
Istituzioni Italiane.
Ma oggi l’Italia che si permette di fare a
meno dei Verdi in Parlamento è una Italia che, sotto molti punti di vista, abbiamo cambiata in meglio.
Abbiamo realizzato un Conto Energia
che funziona e che ha fatto esplodere in
Italia il mercato del solare.
Molti diritti degli animali sono stati riconosciuti, è aumentata la superficie
boschiva, la raccolta differenziata, molte
specie di uccelli sono tornati a nidificare, sono stati isolate, scoperte e messe al
bando innumerevoli sostanze cancerogene, si sono svelati e in parte mitigati gli
effetti dell’inquinamento elettromagnetico, siamo il paese con la più importante
e diffusa agricoltura biologica al mondo.
Siamo ad oggi ogm e nuclear free.
La giusta enfasi che abbiamo messo sulla
urgenza di agire sui cambiamenti climatici e la gravità del problema da noi indomabile nel breve periodo a causa dell’apparire sulla scena delle economie asiatiche non ci può far dimenticare quanto di
buono e di concreto abbiamo fatto.
Le prospettive, i contenuti
Anche i livelli locali devono avere più
valorizzazione, devono liberare le loro
energie.
Se ci affacciassimo dalla finestra di
vent’anni fa e osservassimo quanto abbiamo cambiato il paese ci abbracceremmo dalla gioia, renderemmo finalmente
merito a Gianni Mattioli, ad Anna Donati, a Paolo Galletti, a Massimo Scalia,
ad Anna Maria Procacci, a Maurizio Pieroni, a Franco Corleone, a Edo Ronchi, a
Luigi Manconi, a Sergio Andreis, a Gianni Tamino, a Michele Boato oltre agli
indimenticabili Alex Langer, Adelaide
Aglietta, Pasquale Cavaliere (e insieme
a questi ne dimentichiamo certamente
molti), delle straordinarie conquiste fatte e di quanto l’intero paese e non solo
noi dobbiamo esser loro grati.
E assieme a loro dobbiamo essere grati a
quelle decine di migliaia di semplici militanti che da eletti nelle amministrazioni
locali hanno contribuito ai nostri straordinari successi.
Verrebbe da dire che occorre un monumento al verde ignoto, negletto dai
media, costretto a “navigare su fragili
vascelli” contro corrente subendo ogni
giorno l’opposizione e gli attacchi delle
Dovremo in prospettiva fare delle scelte,
stare da protagonisti all’interno del riassetto che il quadro politico italiano subisce in questa fase e subirà nei prossimi
anni.
Ma la fretta è cattiva consigliera: ricostruiamo la nostra identità, riprendiamo,
nei territori, i rapporti e le alleanze più
funzionali ai nostri contenuti, e a livello nazionale avviamo un percorso di riflessione, rimettendo le scelte sui nostri
assetti di alleanza sui livelli più alti, a
percorsi collegiali e largamente condivisi, all’interno dei nuovi organismi confederali.
Centrali e irrinunciabili dovranno però
essere i nostri contenuti.
La svolta economica delle energie rinnovabili, dell’economia del risparmio
energetico e della ricchezza diffusa, di
un’economia libera ma sociale, che avversa ogni monopolio.
La pace, l’inclusione sociale e tra i popoli, la difesa della biodiversità e dei diritti
degli altri animali, la laicità.
E soprattutto l’attitudine mentale di una
sinistra riformista che indica le soluzioni
e non denuncia solamente i problemi.
Un’ottica di governo, che non sia governista, ma basata su una radicalità assoluta che scaturisce dalla convinzione,
scientifica, culturale, di avere davvero
le giuste chiavi di lettura, oggi, in mano,
e che quindi rifiuta il minoritarismo,
la protesta come stile, ma bensì vuole,
anela, scalpita, per tradursi in pratica di
governo, al servizio del bene comune,
ma che sa rinunciare al governo stesso,
quando esso non fornisce le condizioni
per applicare tali soluzioni, ma diventa
puro esercizio del potere, e ricerca del
personale privilegio.
Mario Lupi
Silvestro Scalamandrè
Leo Autelitano
Annalisa Pratesi
Marco Betti
Giuseppe Rugolo
Raffaele Suppa
Maria Grazia Campus
Angiolino Sabatini
Mario Marchio
Enzo Pascuzzi
Saida Grifoni
Tommaso Grassi
Alessandro Giordano
Giuseppe Giraldi
Elena Braccini
Egidio Pastore
Stefano Boco
La rivoluzione verde già
compiuta e quella ancora
da compiere
I municipi, le Province
6
MOZIONI POLITICHE NAZIONALI
ECOLOGISTI E RIFORMISTI
«Io credo particolarmente doveroso
esprimere la propria amarezza e il
proprio dissenso, quando si ha paura
che avvenga uno snaturamento di ciò
che si spera, che si ama e che, quindi,
in qualche misura si riconosce anche
proprio.» Così Alexander Langer, in
una dichiarazione virtuosamente visionaria di quello che sarebbe stato il futuro, esprimeva il proprio premuroso
disaccordo; e da questa dichiarazione
di profondo amore verso i Verdi che abbiamo bisogno di ripartire. Il tentativo è
quello di offrire un contributo politico
alla complessa dialettica di cui necessita
la prossima assemblea nazionale, per la
quale è indispensabile un rinnovamento
dei metodi e delle strategie nella gestione
organizzativa e nella direzione politica.
La tornata elettorale è stato l’apice di un
sentore diffuso che si è riportato nei crudi numeri di un fallimento. Si è concretizzato quello che si temeva; la sinistra
politica, unificata all’ultimo momento, incancrenitasi nelle divisioni, nelle
competizioni interne e nel retropensiero dell’assurda idea dell’autosufficienza
di ciascun gruppo, ha subito lo smacco
di essere inevitabilmente condannata
ad un ruolo marginale e a scomparire dal parlamento. Un effetto presente
che scaturisce, in parte, da paradossali
errori del passato, risalenti al mancato
processo di unificazione della sinistra in
concomitanza dello svilupparsi del movimento pacifista e ultramondista; ed in
parte dall’incapacità oggettiva di creare
un alfabeto nuovo della politica, capace
di essere in sintonia con il linguaggio dei
tempi moderni. Inoltre, nell’Italia di oggi
si è attuato il perfetto schema storicistico
heideggeriano che prevede, nei momenti di maggiore crisi economica, il netto
spostamento a destra dell’elettorato, che
si va rifugiando all’interno delle certezze rappresentate da religione e famiglia,
quali entità oggettivizzate e riconoscibili alla tradizione popolare. Il fenomeno
della paura del diverso da sé, su cui le
destre hanno notevolmente spinto, ha
fatto il resto. Non c’è che dire, la sconfitta elettorale è stata netta e disarmante;
in molti ha, inevitabilmente, lasciato scivolare nello sconforto lo spirito propositivo; in altri è sopraggiunta, altrettanto
fortemente, la sindrome dell’isolamento
politico, per cui si sono lanciati nell’accreditamento personale presso altre forze politiche.
Innovazione e rinnovamento
Oggi, però, è finito il tempo di piangersi addosso. È arrivato il momento delle
responsabilità, di chi ha la voglia e la capacità di proporre e realizzare l’innovazione necessaria al cambiamento. È arrivato il momento di lasciarsi andare
all’ottimismo della volontà.
C’è bisogno non di un rilancio dell’esistente oramai corrotto, ma della costruzione di una nuova sostanza e di
una nuova forma di partito che, in una
società così complessa, sia in grado di
prodigarsi a favore del sacrosanto impegno per l’ambiente, non solo in nome dei
giusti ideali di cui si fa portatore, ma
anche attraverso un approccio pragmatico. Bisogna superare il concetto di battaglia particolare per l’ambiente con
quello più complessivo di estensione
dell’esigenza della difesa ambientale,
quale aspetto fondamentale della prassi quotidiana di qualsiasi essere umano.
C’è bisogno di adottare un metodo di
lavoro che trasporti il piano dialettico e
della operatività dalla semplice sensibi-
lizzazione relativa ai problemi, alla capacità di fare proposte comprensibili e
compatibili con le difficilissime realtà in
cui si opera. Il nuovo approccio ai problemi deve tenere conto della necessità
di governare i processi per riuscire a risolverli, senza temere le scelte che possano portare ad una radicalizzazione dello
scontro politico.
Un metodo che sia univocamente ecologista, riformista e federalista. Questo orientamento tiene conto del fatto
che i Verdi hanno molte cose da dire ma
soprattutto da fare; e si badi bene, non
perché in questi venti anni non ci sia un
bilancio positivo da presentare, anzitutto, a noi stessi. I Verdi hanno avuto il
merito di innovare il linguaggio politico,
immettendo nel tessuto sociale l’ambiente, nelle sue molteplici angolazioni,
come priorità trasversale agli schieramenti partitici; hanno sviluppato e regolamentato aspetti della vita quotidiana che, sotto l’influenza dei poteri forti,
rappresentavano un tabù assoluto nella
prassi politica. Temi quali l’investimento
sul trasporto pubblico, i parchi e le aree
protette, la sicurezza alimentare, il cambiamento climatico, l’elettrosmog, la raccolta differenziata, il risparmio energetico, il randagismo sono oggi priorità nella
nostra società. Se su molti di questi temi
si è legiferato il merito è prioritariamente dei Verdi; se su altri temi non è stato
possibile, la colpa va ricercata nella mancata determinazione di parte dei nostri
alleati, pronti a consumare lo strappo nei
nostri confronti, come nell’emblematica
vicenda dei CIP6.
dell’industria agro-alimentare mondiale ha visto accrescere, in concomitanza
della crisi, in modo incredibile i suoi
profitti. I vantaggi sono arrivati per le
compagnie che fabbricano fertilizzanti,
come la Potato Corp che ha aumentato
il suo fatturato del 72% rispetto al 2006.
Yara ha avuto un aumento dell’utile del
44%. I profitti di Sinochem sono saliti del
95%, mentre quelli di Mosaic del 141%;
altri profitti sono arrivati per i commercializzatori di grano come Adm, che
guadagna il 67% sul 2006; Conagra che
guadagna il 30%, Bunge il 49% e Noble
Group il 92%. È questa l’economia con la
quale dobbiamo dialogare? È quella che
condanna milioni di bambini allo sfruttamento del lavoro nel mondo o quella
che ha disseminato su tutto il nostro
territorio nazionale, e soprattutto nelle
regioni del Sud e nel Veneto, scorie di
ogni tipo grazie alla complicità con le organizzazioni criminali? È quella che approfitta delle leggi-vergogna del mercato
del lavoro per reintrodurre il caporalato
ed implementare l’usa e getta del lavoratore, in nome del mercato o quella che
permette la strage della Tyssen? È quella che costruisce inceneritori con i soldi
dei cittadini grazie alla truffa dei CIP6 o
è quella che vuole speculare anche sui
beni essenziali e comuni, come l’acqua?
Se tanto dà tanto, risulta necessaria la
mancanza di ogni tipo di concessione al
dialogo operato da parte dei Verdi verso
questo modo di fare lucro. È nel nome
dell’ecologia della politica che non si
può recedere di un passo dinanzi al dilagare incontrollato degli interessi degli speculatori; è nel nome dell’ecologia
della politica che, di contro, debbono
essere amplificate le ragioni del mondo
del commercio equo e solidale, di Banca Etica, della cooperazione sociale,
dell’Università del bene comune, di chi
da anni promuove l’introduzione della
Tobin Tax, degli imprenditori che decidono di investire nella bioarchitettura,
nelle agricolture tipiche e le biodiversità,
nell’ innovazione tecnologica per le fonti
rinnovabili.
Economia solidale
Da anni, i Verdi continuano a predicare
il giusto connubio tra ecologia ed economia, a condizione che le dinamiche
dello sviluppo capitalista, da un lato,
non prevalgano sulle aspettative del rispetto dell’ambiente e della salute e,
dall’altro, debbano trovare l’inossidabile limite nella difesa dei diritti acquisiti
dei lavoratori e nell’estensione dei diritti dei precari. L’economia deve essere
sottoposta al controllo dell’etica e non
può essere considerata solo in termini
di PIL o secondo i criteri stabiliti dalla
Banca Mondiale e dal Fondo Monetario
Internazionale. Bisogna credere in un
profondo cambiamento dell’economia,
che può paradossalmente trasformarsi
da longa manus della rapina individuale
sulla collettività a strumento di connessione tra l’imprenditore consapevole del
concetto di limite e l’insieme della realtà.
C’è bisogno di una nuova era dell’economia che si possa definire sociale, in
cui il predominio dell’uomo sugli uomini
e sulla natura venga censurato; in cui sia
solo un atroce ricordo l’attuale impazzimento del mercato del cibo, a causa del
quale il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite stima che, a partire dalla crisi attuale, ci saranno oltre 100
milioni di persone ridotte alla fame. Una
catastrofe globale che, secondo la Fao, è
esplosa contemporaneamente in 37 paesi e che non troverà un argine nel 2008,
anno in cui le nazioni più povere pagheranno tra il 65% ed il 74% in più per le
loro importazioni di cereali. Jean Ziegler,
relatore speciale all’ONU per il Diritto al
Cibo, ha sostenuto che siamo di fronte
ad un “assassinio di massa silenzioso”,
consumato nel voltafaccia di chi si arricchisce. Se da un lato, infatti c’è la fame
di molti popoli, dall’altro c’è il bilancio
di chi deve badare solo al profitto. La
crescente concentrazione monopolistica
La verità sul nucleare
A tal proposito sono ineludibili alcune
osservazioni sulla nuova ventata nucleare che sta investendo l’Italia. È evidente
la necessità di fare nel merito un’opera di
ristabilimento della verità, prima che
le uscite impropriamente inesatte degli
esponenti pro-nucleare divengano opinione diffusa e che la disinformazione
abbia il sopravvento. Prima di tutto bisogna soffermarsi sui reattori di «quarta
generazione». Questi dovrebbero essere
in grado di generare al loro interno altro combustibile nucleare, fertilizzando
determinati nuclei; inoltre, dovrebbero
ridurre la produzione di scorie e bruciare quelle prodotte fino ad oggi; infine,
dovrebbero basarsi su un ciclo del combustibile resistente ai rischi di proliferazione dell’uso militare. Tanti dovrebbero
che, secondo la lezione di Wittgenstein,
stanno ad indicare in che modo la lingua
possa segnare la differenza tra le possibilità dell’essere e l’esserci. Infatti, questa
fantomatica «quarta generazione» non
esiste ancora e non si prospetta alcuna
possibile commercializzazione prima
del 2040, tanto più che il primo prototipo francese di «quarta generazione»,
lo Sperphoenix, è stato clamorosamente
bocciato. In realtà, le imprese energetiche ed i politici che si fanno promotori
del ritorno al nucleare si riferiscono agli
impianti di «terza generazione», che si-
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curi non sono (vedi l’incidente sloveno,
quelli giapponesi del 1999 e del 2007, o
ancora quello dell’Ohio) e che non abbattono alcun costo. I filo-nuclearisti,
infatti, vogliono farci credere che l’energia nucleare, oggi, è più conveniente rispetto ad altre scelte energetiche sia per
gli investitori che per i cittadini, ma non
è così; se l’investimento fosse così certo,
perché persino le banche americane per
concedere un prestito finalizzato alla
costruzione di centrali, ricercano la garanzia di copertura finanziaria dallo stato federale e non vengono erogati mutui
dati allo scopo di nuove centrali da trenta anni? Secondo il Wall Strett Journal,
che è tornato sull’argomento con due articoli dell’8 e del 12 maggio scorso, i costi
di una centrale atomica viaggiano attorno ai 12 miliardi di dollari ed i tempi di
costruzione non risultano mai certi. In
tal senso, è eloquente l’andamento della
costruzione del primo reattore francese
Epr di «terza generazione», ad opera del
consorzio Areva-Siemens, ad Olkiuoto,
in Finlandia. Il 28 dicembre 2007 è stato
annunciato un ulteriore ritardo nella costruzione (per un ritardo complessivo di
2 anni e mezzo) con un impressionante
aumento dei costi di 3 miliardi di euro.
Se questo vale per gli eventuali investitori, i cittadini partono dalla considerazione empirica dell’aumento del costo
della vita. Si sta diffondendo, sempre
più velocemente, l’idea che l’Italia sia un
paese nel quale la dipendenza energetica
sia dovuta all’assenza dell’energia nucleare; ma questa è la bugia più grossa con
la quale si sostiene la politica dell’atomo.
Il vero problema si concretizza nel fatto
che un terzo del petrolio che importiamo, viene divorato da un sistema di trasporti assolutamente folle e completamente sbilanciato a favore del trasporto
su gomma; e che un ulteriore 20% è usato da un’agricoltura altrettanto sbilanciata, costretta a subire una aumento dei
costi di produzione del 6,1%, derivante
in gran parte dall’aumento della bolletta petrolifera dell’agricoltura del 38%
dal 2005 al 2007. Il problema, dunque, è
nella mancanza di consumo consapevole e non nell’assenza di nucleare. Anche
perché, in primo luogo, in Italia la capacità di produzione elettrica installata eccede notevolmente la domanda (88.300
megawatt contro 55.600) ed, in secondo
luogo, l’energia derivante da fonti nucleari viene acquistata dall’Italia a prezzi
bassissimi, a causa delle eccedenze in
gran parte francesi, e rappresenta meno
del 20% dell’energia consumata. La verità è che fino a quando l’industria
energetica italiana è stata pubblica,
le nostre tariffe erano paragonabili a
quelle francesi e che, forse, il prezzo di
oggi non è causato dal tipo di fonte,
ma dalla logica del profitto di chi ne
detiene la proprietà.
Garanzia ed estensione
dei diritti
L’azione riformista dei Verdi deve continuare a svilupparsi su tematiche che, comunque, vanno oltre l’ambiente. Bisogna
continuare a lottare per l’ampliamento
dei diritti civili individuali e collettivi e a favore dell’autodeterminazione
della donna nella salvaguardia del
proprio corpo, per il diritto di cittadinanza dei migranti e a favore della laicità dello Stato e della scuola pubblica,
per la libera ricerca scientifica nelle
Università e all’interno degli Istituti pubblici e a favore della pace e della
cooperazione internazionale, per una
MOZIONI POLITICHE NAZIONALI
ECOLOGISTI E RIFORMISTI
migliore gestione del sistema sanitario
nazionale e per una maggiore tutela
dei diritti del malato.
Federalismo e prospettive politiche
Bisogna rielaborare una visione complessiva della società italiana nelle sue articolazioni politiche, sociali, associative, di
movimento e bisogna essere nuovamente preparati ad intervenire nel magma
delle sue contraddizioni. Da questa analisi e da questa concreta esigenza, nasce
l’urgenza di tornare a valorizzare all’interno dell’organizzazione verde l’aspetto
federalista. Purtroppo, nell’attuale realtà verde, a tutti i livelli associativi, si assiste ad un sempre maggiore inasprimento
dei conflitti, che, talvolta, non si limitano
a rapporti esclusivamente politici; in altri
casi, si è bloccati da un tappo che non accetta alcun ricambio nella direzione politica del partito. In questo clima, anche
le realtà più vivaci dei Verdi, quelle che
possono contare su un consenso concreto, perché da sempre presenti e attive sul
territorio, sono mortificate o espropriate
del loro ruolo e della loro identità. Molti, in questi anni, hanno abbandonato il
partito amareggiati e delusi, allontanatisi
a causa della sua conduzione miope. Le
buone pratiche che i Verdi hanno saputo mettere in atto nelle esperienze
locali non solo sono state scarsamente
valorizzate, ma sono state, addirittura,
discriminate dagli stessi dirigenti che,
nelle sedi istituzionali, perdevano quotidianamente forza e credibilità. È ora di
dire basta al partito autoreferenziale dei
veti, dei commissariamenti e del mercato delle tessere, che ha costretto i Verdi a
diventare un partito per pochi in grado
di sostenerlo. Questa dicotomia, nella
nuova visione federalista, è da ribaltare
completamente; questa è la strategia che
bisogna attuare sul territorio nazionale
nella valorizzazione delle realtà locali, per non rimanere sospesi nell’oblio
della testimonianza e della mancanza
di consenso sociale e di rappresentanza politica ed istituzionale. Dare parola
e sostegno a chi vive il territorio – a tal
proposito proponiamo che ogni forma di
finanziamento pubblico per il partito a
livello nazionale, sia ridistribuito prioritariamente ai territori, e che le Province
trattengano alla fonte, almeno, la metà
della quota del tesseramento – risulta,
pertanto, indispensabile; come, in eguale
misura, risulta indispensabile dare, fin
Primi Firmatari
Vignone Maria Cristina
La Marca Teodolinda
Festa Gianluca
Cangelli Fabrizio
Onorati Francesco
Magaldi Enzo Rosario
Ragosta Michele
Buono Stefano
da ora, al partito nazionale una nuova
classe dirigente ed una nuova guida, un
gruppo non più ristretto, ma rappresentativo dell’intero Paese, che sappia dotare il partito di un sistema di regole condivise a garanzia di una reale democrazia
e di un reale rispetto per le minoranze
interne. Oggi, i Verdi non hanno bisogno di un leader unico: questo è quello
che aspettano i mass media controllati
dai potentati economici per continuare
ad attaccare sistematicamente le nostre
proposte attraverso l’attacco all’eventuale
uomo o donna soli al comando. Noi crediamo che i Verdi possano essere rappresentati da due portavoce di genere
diverso. Siamo coscienti dell’audacia di
questa proposta, valutando quanto essa
sia controcorrente rispetto all’organizzazione di tutti gli altri soggetti politici.
Ma comprendiamo anche quanto oggi
sia vitale per noi scommettere, coraggiosamente, sulla nostra diversità.
I Verdi necessitano, pertanto, di una
nuova classe dirigente che dia vita alla
fase costituente di un soggetto unitario e plurale, che, partendo dai Verdi,
abbia l’aspirazione ad andare oltre in
un arricchimento condiviso tra culture
Visone Mario
Mollo Stefano
De Pietro Walter
Calabrese Gerardo
Tafuro Ignazio
Lombardi Cuono
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politiche. Un soggetto che deve essere
fondato grazie al protagonismo e alla titolarità piena e paritaria di associazioni,
di singoli e di tutte le forme dell’agire
politico. “Senza scambio di idee, non
ci sono che povere idee” scriveva Federigo Verdinois; questo deve essere l’imperativo categorico della nuova buona
pratica e deve essere rivolto ai tanti cittadini e militanti di tutte quelle formazioni politiche riformiste e solidali, che
condividono le nostre preoccupazioni,
i nostri ragionamenti ed obiettivi; che
credono nella dialettica interna ai partiti e ai movimenti, come momento di
aggregazione e di crescita democratica. Bisogna ripartire da un’assemblea
costituente per dar vita ad un nuovo
soggetto, progressista, ecologista, laico e plurale; un’assemblea che deve discutere e proporre i riferimenti di valore e progettuali, i percorsi dell’ulteriore
elaborazione programmatica, della sperimentazione sociale e politica e del suo
radicamento, sulla base dei quali possa
riconoscersi, farsi attiva e partecipe, nei
nostri territori, l’insieme delle donne e
degli uomini che rivendicano la nostra
stessa scelta di parte.
Montoro Giovanni
Iannelli Dino
Riccio Domenico
Romanelli Davide
Torri Adriano
De Fabrizio Pasquale
MOZIONI POLITICHE NAZIONALI
CAMBIARE I VERDI PER DARE UN FUTURO
ALL’AMBIENTALISMO E AL NOSTRO PAESE
Alla fine degli anni ‘70 nascevano i Verdi
in Germania, aprivano le loro prime cooperative di consumo e dell’ agire verde,
dove, oltre alla critica ai modelli di uno
sviluppo industriale indiscriminato, vi
era la consapevolezza che per riscrivere
la storia, partendo da quella personale, si
doveva cominciare dalle azioni concrete.
Dall’osservazione di questo approccio
innovativo e delle realtà tedesche che ne
derivavano, nascevano i Verdi italiani,
che volevano porsi al di fuori della tradizionale dialettica “destra/sinistra”, per
superare le ideologie totalizzanti ma anche la logica dell’industrialismo e della
crescita indiscriminata, che portasse ad
una migliore qualità della vita promuovendo la conversione ecologica della
società che prevedesse uno stop all’idea
del progresso senza limiti e dello sfruttamento indiscriminato delle risorse.
Occorrerebbe a questo punto fare una riflessione seria sugli sconvolgimenti che
hanno ripetutamente ribaltato il sistema
politico italiano a partire dai primi anni ‘90
e sui sistemi elettorali che si sono via via
succeduti e sovrapposti in modo creativo;
ma il dato che comunque emerge evidente,
e che qui preme sottolineare, è che i Verdi
hanno avuto grandi possibilità ed occasioni che non hanno saputo cogliere.
Quello che si avverte ora è un senso di
sconfitta, perché oggi essere Verdi significa essere percepiti come una casta in
tutto simile alle altre caste politiche.
Una piccola nomenklatura che rincorre
le tematiche altrui, che viene percepita
come l’anello debole del sistema politico
e certo non più come elemento di innovazione.
La scelta che abbiamo preso nell’aderire
a “la Sinistra - l’Arcobaleno”, anche se obbligata perché purtroppo gran parte della
nostra politica degli ultimi anni portava
in quella direzione e l’accelerazione della
crisi de “l’Unione” e la scelta del PD, ci
ha colto impreparati e non ci ha lasciato
altre possibilità.
Adesso dobbiamo ripartire avendo il coraggio di affermare che è stata una posizione innaturale per i Verdi, e da non
ripetersi nel futuro perché come dimostrano i fatti, questa esperienza è finita.
Nostro compito non è quello di contribuire a ricostruire la sinistra in Italia, ma
di rafforzare e allargare una forza ecologista aperta e propositiva.
Tra un anno dovremo affrontare una
tornata elettorale difficile con le Elezioni
per il rinnovo del Parlamento europeo e
di migliaia di amministrazioni locali.
Per i Verdi saranno lo spartiacque, o sapremo tornare ad essere utili ai cittadini
o rischieremo di essere cancellati dal panorama politico.
Occorre fare una scelta coraggiosa a partire dalle elezioni europee presentando
il simbolo dei Verdi anche in presenza
di un possibile sbarramento e a ricaduta riproporlo in tutte le elezioni locali,
proponendoci come il perno per alleanze con programmi chiari e condivisi,
che siano credibili e puntino a vincere le
elezioni e non a fare testimonianza dai
propri fortini.
Torniamo a cambiare la politica anziché
farci cambiare dalla politica.
Questa è la sfida che dobbiamo accettare, a partire da subito e con l’impegno di
tutti ed è il segnale più chiaro che dobbiamo lanciare ai milioni di elettori.
Un punto imprescindibile da cui ripartire
prevede il ricambio della classe dirigente: dobbiamo promuovere un ricambio
generazionale che garantisca la parità di
genere e valorizzi la qualità e le capacità
e non l’appartenenza a “clan”.
Ripartire significa rinnovare, valorizzando le intelligenze e l’impegno delle donne verdi, in modo che possano assumere
ruoli di responsabilità e dirigenziali ad
ogni livello all’interno del nostro partito
Abbiamo il dovere morale per alimentare
e dar forza al nostro partito di condividere conoscenze e saperi tra noi e di valorizzare le tante e valide persone “ vecchie
e nuove” che con entusiasmo “contaminino” e ci aiutino a superare le “secche interne” in cui è finito il nostro partito.
Abbiamo bisogno di cambiamenti interni strutturali che producano un reale rinnovamento del partito per questo
dobbiamo dotarci anche di uno statuto
che esprima nelle regole una struttura
federale tutta tesa alla crescita sul territorio, al sostegno politico pratico ed
economico delle associazioni territoriali,
alla democrazia, alla partecipazione alla
trasparenza.
I nuovi principi ispiratori devono essere:
- Il rafforzamento per i livelli territoriali
delle capacita’ decisionali in merito alle
candidature per coinvolgere tutte le persone valide che lavorano sul territorio.
-il rinnovamento delle cariche istituzionali
elettive anche attraverso un limite ai mandati, la distinzione tra cariche elettive, di
partito e istituzionali , con possibili deroghe decise dalle assemblee competenti.
- un tesseramento che passi anzitutto attraverso il livello territoriale competente
e i cui tempi e modalita’ vengano fissati
in modo chiaro ed univoco.
- il superamento degli attuali criteri
per il riconoscimento delle associazioni provinciali e comunali , che vadano
da modificare gli sbarramenti attuali e
consentano ai Verdi , ovunque essi siano
presenti, esistere , crescere e partecipare
alla vita del partito.
Guardiamo in faccia la realtà: siamo
scomparsi, annichiliti e confusi all’interno
di un’alleanza innaturale e perdente, incapaci di porci domande sul nostro futuro.
C’è il rischio di aver perso il contatto
con la realtà”, e per questo non possiamo
continuare a vivere in un mondo che non
c’è più.
Il problema non è nemmeno più nelle
cose che diciamo e nelle posizioni che
assumiamo, ma come siamo ormai percepiti e vissuti dalla gente. La cosa certa
è che, è stato comodo per tutti gettare
sui Verdi le responsabilità delle nonscelte o del disastro dei rifiuti campani,
anche ben al di là delle nostre reali colpe,
omissioni, e anche delle nostre effettive
possibilità di incidere. Ma quanto abbiamo contribuito noi a farci precipitare in
un abisso di discredito ed antipatia, cavalcando tutto ed il contrario di tutto?
Non si tratta di ritornare al passato - il
mondo, l’Italia, la politica sono cambiati
e non si torna indietro - ma di leggere il
futuro, rimettendo in discussione il nostro modo di essere.
In ogni caso, non ci sono più rendite di
posizione: occorre una svolta profonda,
anche perché i Verdi in queste elezioni
amministrative sono scomparsi da ogni
luogo: dal consiglio comunale di Roma, a
quello di Brescia, dal consiglio regionale
del Friuli a quello della Valle d’Aosta (da
tre consiglieri a zero).
Anche se c’è distinzione di responsabilità sulle politiche tra le realtà locali e il
livello nazionale se un vero rinnovamento deve esserci, questo deve riguardare
tutto il corpo dei verdi, a cominciare ovviamente dal livello nazionale, ma senza
che nessuno si illuda di farlo trincerato
nel proprio castello.
Se non reagiamo immediatamente saremo costretti ad abdicare e ad abbando-
nare la nostra storia, le nostre passioni e
la nostra volontà di costruire un mondo
migliore, cominciato 25 anni fa e proseguito anche se con difficoltà con il lavoro dei nostri gruppi parlamentari e del
ministero in questi due anni di governo
Prodi, dove abbiamo ottenuto, su molte questioni ambientali ed energetiche,
molte più cose che nei 20 anni precedenti della nostra presenza istituzionale.
Chiunque conosca le tematiche ambientali, deve necessariamente riconoscere
che sul risparmio energetico, sugli incentivi alle fonti rinnovabili, alle politiche
sul trasporto pubblico, agli interventi di
riduzione del danno ambientale si sono
fatte importanti azioni che, avrebbero
dovuto/potuto portarci l’8% dei voti.
Non basta affermare che siamo stati inadeguati, ne si può confondere la buona
amministrazione con la politica, occorre
riflettere seriamente sul nostro modo di
agire sulle scelte di carattere generale.
Soprattutto in una situazione dove i temi
ambientali hanno ormai raggiunto un
grado di consapevolezza in tutto il pianeta e dove c’è una presa d’atto delle varie
emergenze ambientali, e qualsiasi governo sta affrontando e cercando soluzioni.
Il successo ottenuto dalle iniziative
di Al Gore è sotto gli occhi di tutti. La
centralità della questione ambientale,
l’importanza di uno stretto rapporto tra
economia ed ecologia, la promozione dei
diritti umani e la tutela dei diritti delle
biodiversità, la cultura della convivenza,
la battaglia per la giustizia e lo stato di
diritto, sono temi sempre più attuali e in
tutto il mondo i Verdi sono l’unica forza
che da sempre si propone per risolvere
e dare risposte scientifiche ed efficaci al
superamento del concetto dello sviluppo
illimitato, e per questo spesso ottengono
un forte riconoscimento elettorale.
In Italia, purtroppo, siamo spariti dal dibattito politico ma non perché sia arrivata al capolinea la questione ambientale e
la necessità di una avere una cultura ecologista di governo, ma perché abbiamo
sbagliato messaggio e collocazione.
Per cambiare questo trend, i Verdi devono prendere decisioni drastiche e condivise.
Non una resa dei conti interna, ma una
svolta per dare vita ad un vero e proprio
“nuovo inizio”
Devono pazientemente riprendere la
strada del confronto e del dialogo a tutto
campo, individuando gli interlocutori e
ragionando con tutti a partire dal Partito
Democratico ma senza perdere le proprie prerogative e proponendosi come
protagonisti per la costruzione di coalizioni allargate e vincenti.
Occorre parlare con la gente, vivere con
le persone, concentrandosi sulle urgenze
della vita quotidiana, facendosi percepire come una forza di governo che non
guarda “con chi” si fanno le cose, ma “per
chi” le si fanno.
Un nuovo inizio dei verdi significa dialogare con tutti, senza subalternità.
Questa sarà una delle discriminanti fra
chi vuole davvero un “nuovo inizio” per
i verdi italiani, e chi invece pensa a percorsi alternativi. Ricostruire una sinistra
italiana, seppur moderna, non è e non
deve essere il nostro obiettivo.
Pensiamo che i Verdi, con la loro autonomia ed identità, abbiano ancora molte
cose da dire e molte cose da fare
I Verdi non devono fare solo testimonianza, ma devono governare i processi. Occorre quindi cambiare la nostra
politica, privilegiando i contenuti piuttosto che le appartenenze. Nella nostra
casa deve entrare chiunque voglia porsi
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l’obiettivo della sostenibilità ambientale,
ed abbia come metodo il “pensare globalmente ed agire localmente”.
Quante volte abbiamo trovato al nostro
fianco persone che pur non pensandola
come noi sul piano strettamente politico,
ma inseguendo, come noi, gli interessi di
una comunità e di un territorio, hanno
condiviso e praticato le nostre scelte!
Non dobbiamo chiedere “da dove vieni”,
ma “dove vuoi andare e in che modo vuoi
raggiungere gli obiettivi che ti prefiggi”.
Noi dobbiamo essere uomini liberi: liberi
dai condizionamenti, liberi dagli interessi delle imprese, liberi nelle scelte degli
schieramenti e liberi di agire con chi lavora nell’interesse dell’intera collettività.
E’ indispensabile riprendere il gusto dello
studio e dell’apprendimento e riportare al
centro del nostro agire politico i concetti
della sostenibilità ambientale e della conservazione del territorio. Il nostro essere
contro lo sfruttamento delle risorse non
deve e non può riferirsi solo al sistema di
produzione, ma deve portarci soprattutto
ad intervenire sui consumi individuali.
Dobbiamo contribuire perché si creino
nuove imprese, un nuovo mercato e una
nuova “occupazione” di qualità e una
sostenibilità ambientale, perché anche i
profitti siano meglio distribuiti per i bisogni della collettività.
Nostro obiettivo è combattere tutte le
povertà con il contributo di tutti, perché
ognuno abbia l’opportunità di accedere
alle risorse.
Alla base del nostro modo di agire deve
esserci la volontà e la capacità di proporre una politica di decremento dei consumi sul piano quantitativo e che sia orientata ad una forte crescita qualitativa.
Crediamo che “l’Ambiente è il buon governo”: siamo nati per governare i processi e non per subirli e fare pura testimonianza, non serve.
Dobbiamo toglierci il peso dell’ideologismo e del dogmatismo che hanno troppo condizionato il nostro agire e che ci
hanno portato ad essere percepiti come
una propaggine dei residuati dell’antagonismo esasperato in servizio permanente effettivo, dimentichi dello slogan
dei tempi d’oro “l’ambiente è di tutti gli
esseri viventi”.
Dalle “navi dei veleni”, alla politica estera, sino alla variante urbanistica per
l’ampliamento di una caserma, i Verdi
si sono trincerati dietro un muro di “no”
che ne caratterizza l’immagine e persino
la denominazione:
No Dal Molin, No Mose, No Inceneritori, No Discariche, No TAV, No Carbone,
No rigassificatori, No Ogm ecc.
Su alcune di queste battaglie che abbiamo sostenuto, permangono delle valide
ragioni, ma l’effetto finale, è stato come
un boomerang ed ha creato nella società un’insofferenza diffusa verso qualsiasi
critica ambientalista, anche fondata nel
merito, e ancor più nei confronti dei
Verdi, percepiti come pura sommatoria
di tutti questi “No”.
In questo modo è divenuto impossibile
un serio dibattito sulle opzioni fondamentali: quali opere infrastrutturali sono
necessarie? Di quanto eolico abbiamo veramente bisogno e a quali condizioni? Ma
è utile produrre il biocarburante? Il solare
fotovoltaico, partendo solo dalla tecnologia del silicio, è davvero compatibile con
l’ambiente? Come difendere efficacemente il paesaggio senza cadere in tentazioni
dirigistiche? Come conciliare lo sviluppo
economico con consumi più sobri?
Occorre creare una sede di dibattito che
elabori delle “tesi ambientali” chiare e
precise che possano essere declinate a
MOZIONI POLITICHE NAZIONALI
CAMBIARE I VERDI PER DARE UN FUTURO ALL’AMBIENTALISMO E AL NOSTRO PAESE
livello nazionale e contestualmente applicate a livello locale. Non è più possibile dire tutto e il contrario di tutto. Se
in un partito del 30% le dicotomie programmatiche possono essere considerate anche un valore aggiunto, in piccolo
partito vengono solamente considerate
confusione e quindi percepite in maniera del tutto negativa.
Non è più possibile pensare che le nostre
posizioni si ribaltino completamente se
governiamo o stiamo all’opposizione.
Questo non vuol dire chiudere a priori
i canali di ascolto verso i vari comitati
locali, ma dobbiamo essere sufficientemente capaci, tecnicamente preparati ed
intellettualmente onesti per valutare le
istanze e fare delle scelte, talvolta anche
impopolari essendo in grado di gestire la
complessità.
Per ogni sacrosanto “No” che diciamo,
dobbiamo proporre contestualmente un
“Si” con relativa proposta.
I “se” e i “ma” non possono essere più la
sola base del nostro agire politico. Affermazioni del tipo ” se in Italia ci fosse la
raccolta differenziata al 100%, non occorrerebbe nessun sistema industriale di
smaltimento”, sono forse giuste a livello
di principio ma “pericolose” non solo
quando si è chiamati ad un’azione di governo, ma anche quando si fa opposizione perché non supportate dai fatti.
Possiamo dire giustamente no agli inceneritori, ( se costruiti in luoghi sbagliati
o per fare solo speculazioni) ma contestualmente dire si alla sostituzione del
carbone, attraverso la produzione e l’uti-
lizzo di c.d.r. di qualità (combustibile dai
rifiuti, ottenuto dopo la raccolta differenziata) nelle cementerie e nelle centrali di
produzione energetica, oppure favorendo l’utilizzo di tutte le nuove tecnologie
per lo smaltimento che in questi ultimi
anni si sono sviluppate.
Se siamo contro al trasporto su gomma
e al proliferare di quello aereo dobbiamo
dire si al miglioramento della rete ferroviaria e in essa valutare anche le linee ad
alta velocità.
I Verdi devono misurarsi con la realtà e
non bearsi nelle presunzioni e d nelle attese millenaristiche, altrimenti si è solo degli
irresponsabili, altro che “pessimismo della
ragione ed ottimismo della volontà”!
Per realizzare tutto questo occorre un
grande lavoro sul territorio, spendere
tempo e fatica per costruire momenti
di approfondimento e di studio. E’ finita l’epoca delle passerelle, in cui ognuno
dice quello che gli passa per la testa e poi
ognuno a casa propria!. Dobbiamo fare il
contrario: partire dalle esperienze significative delle regioni e delle realtà locali
esistenti, dalle loro autonomia e dalle
esigenze, elaborare delle tesi condivise,
verificarle approfondirle con il confronto.
Solo così si crea una realtà politica verde
credibile e autorevole.
Per i Verdi è giunto il momento di rimettersi in gioco, iniziando a discutere e a
decidere principalmente su alcuni punti
programmatici che caratterizzino le attività e il futuro del nostro partito noi ne
abbiamo individuati alcuni e li alleghiamo alla mozione.
Consiglieri nazionali
firmatari:
2. Apuzzo Stefano – Lombardia
3. Bosco Giusy – Sicilia
4. Brugarino Noemi – Sicilia
5. Cerea Veronica – Lombardia
6. De Clario Clara – Lombardia
7. Del Regno Rossana - Lombardia
8. Diaco Maurizio – Lombardia
9. Facchinetti Luciana Bruna – Lombardia
10. Lo Rito Daniela – Sicilia
11. Mannelli Massimiliano – Sicilia
12. Pantano Paolo – Sicilia
13. Patelli Elisabetta – Lombardia
14. Pugliesi Luigi Carlo – Sicilia
15. Repossi Roberto – Lombardia
16. Riva Loris – Lombardia
irrisolto il problema dei rifiuti radioattivi, materia tuttora di ricerca, dopo il
fallimento della prospettiva di utilizzare
strutture saline.
Questi problemi sono alla base della lievitazione del costo dell’energia prodotta e
della situazione di crisi nei paesi più avanzati, che pure avevano perseguito con decisione nel passato questa produzione di
energia.
Si aggiunge a questo il rischio di proliferazione e di terrorismo.
Si alla ricerca sul nucleare collegata
alla fusione, alla ricerca sull’utilizzo
delle tecnologie dell’ antimateria per
produrre energia pulita e sul nucleare del progetto Rubbia dell’amplificatore di energia che usa torio al posto
dell’uranio.
portata ( le percentuali si riferiscono alla
energia primaria espressa in tep.
Nella generazione elettrica l’olio policombustibile , diminuisce di 42 punti e il metano cresce di 35.
Allora considerata che la transizione alle
fonti rinnovabili, che realisticamente avverrà sui tempi lunghi , diventa necessario
il potenziamento delle infrastrutture di
trasporto del gas.Recentemente il gigante
russo Gazprom ha stipulato un accordo
con la Sonatrech algerina , monopolizzando tutta la fornitura di gas all’Europa e
quindi diventa strategico la realizzazione
dei rigassificatori finalizzati alla sicurezza
energetica attraverso la differenziazione
della offerta.
Bisogna prendere coscienza che le fonti
rinnovabili in particolare quelle discontinue come eolico e solate fotovoltaico necessitano per svilupparsi anche e prioritariamente del potenziamento della rete di
distribuzione e anche di trasmissione.
Rispetto al tema dei costi di produzione
dell’energia, le nostre industrie pagano la
bolletta più cara
d’Europa: 12,08 e per 100KWh nel 2006.
Per quanto riguarda le utenze civili siamo
secondi solo alla Danimarca (23,62e) con
21,08 e, contro 12,05 e/100KWh della vicina Francia. E’ vero che a questi prezzi
non sono inseriti i costi dell’inquinamento
atmosferico, ma è un problema che dobbiamo affrontarlo e cercarlo di risolverlo.
Gli accordi di Kyoto prevedono per l’Italia una riduzione delle emissioni del 6.5%
rispetto ai valori del 1990 mentre, sempre
rispetto alla stessa data, il nostro Paese
ha superato del 15% i livelli di emissione,
se ne deduce che entro il 2012 il taglio
delle emissioni dovrà essere almeno del
21.5%. Per rispettare tale target saranno
necessari investimenti pari a oltre 5 bne.
(L’obiettivo imposto all’Italia dalle direttive comunitarie (2001/77/CE) in base agli
accordi di Kyoto è il 22% di produzione di
energia elettrica da fonti rinnovabili entro
il 2010: per rispettare tale target saranno
necessari investimenti pari a oltre 5 bne).
Solo per Enel sono stimati investimenti per 1 bne in fonti rinnovabili e sono
previste nuove installazioni per 300 MW
(60% eolico, 20% idro, 20% geotermico)
nei prossimi quattro anni.
Sulla questione della produzione dei biocarburanti, i Verdi sono contrari all’utilizzo dei cereali e a tutte quelle coltivazioni
destinate all’alimentazione umana e animale.
Sulla questione dell’utilizzo delle biomasse vegetali, i Verdi, sono contrari alle biomasse che sono destinati all’alimentazione, se non proveniente da scarti di lavora-
zione; sono critici sull’utilizzo del Legno,
se non proviene dalla manutenzione dei
boschi e dagli scarti di lavorazione dell’
industria del legno e, in generale, sono
contrari all’utilizzo di qualunque fonte
rinnovabile che non proviene da una filiera corta ( raggio di 50 km). Sono favorevoli all’utilizzo di qualunque fonte vegetale e non proveniente da materiali non destinati all’alimentazione ed in particolare
all’utilizzo di materiali che possono creare
problemi di decomposizione anaerobica (
alghe marine, emendante, ecc).
In considerazione del fatto che l’Italia è
particolarmente ricca di vulcani e di rocce vulcaniche profonde, i Verdi sono favorevoli all’ utilizzo dell’energia geotermica.
Sono per la ricerca e lo sfruttamento
energetico delle roccie vulcaniche profonde, in considerazione che in L’Italia c’è
una vasta presenza.
In particolare i Verdi s’impegnano a favorire la riduzione degli inquinanti nel
settore della produzione energetica entro
l’anno 2015 del:
- 25% di anidride carbonica
- 60% di NOx
- 30% di Polveri sottili
Per raggiungere queste percentuali occorre:
- incrementare il rendimento medio e l’efficienza energetica del 20% degli impianti
esistenti;
- trasformare o eliminare tutti gli impianti
che utilizzano olio combustibile pesante;
- sostituire parzialmente e compatibilmente il combustibile fossile con combustibile rinnovabile (CDRq e biomasse a
filiera corta);
- Rinnovare l’illuminazione pubblica,
attraverso l’installazione regolatori di
flusso luminoso, sostituzione completa
delle lampade a vapore di sodio (e a vapore di mercurio) con lampade ad alta
efficienza e sostituzione entro il 2015 di
tutti gli apparecchi di illuminazione esistenti con apparecchi a LED (il comulato
al 2015 potrebbe essere pari a 850.000 t.
di CO2) ;
(Ad esempio il comune di Padova ha ottenuto un risparmio annuo di quasi 1,5
milioni di euro intervenendo su quattro
macrosettori di sua proprietà: impianti
di illuminazione pubblica (risparmio di
870000 euro), impianti semaforici (risparmio di 135000 euro), patrimonio edilizio
(risparmio di 400000 euro) e parco automezzi (risparmio di 20000 euro).
- Sole in tutte le case. Abolizione di qualsiasi vincolo architettonico che impedisca
l’istallazione di pannelli solari termici e
fotovoltaici su tutti gli edifici della città.
- Case a basso consumo di energia. Ob-
1. Fundarò Massimo – Sicilia
PUNTI PROGRAMMATICI
I Verdi sono per la riduzione dei consumi collettivi ed individuali e sono
per la re-distribuzione dei beni e delle
ricchezze su base planetario, incentivando la produzione, commercializzazione e utilizzo sostenibile delle risorse
e dei prodotti in loco.
Nel 1986 il reddito pro-capite italiano era
del 6% superiore alla media europea. Nel
2003 si è ridotto a circa la metà come negli anni 70.Eguale tendenza la riscontriamo verso gli S.U., il cui reddito pro-capite
è ora del 40% superiore a quello italiano,
mentre nel 1980 era superiore del 25%.
La causa di tutto questo? Un PIL che mediamente è cresciuto negli ultimi 30 anno
dell’1%e una quota del commercio mondiale passata dal 4,8 al 3,8% negli ultimi
6 anni. La premessa serve unicamente dimostrare che si registra attraverso la crisi
fiscale dello Stato conseguente alla bassa
crescita anche una regressione sul piano
della finanziabilità dei diritti che diversamente da quanto si pensa, sono formazioni storiche e non dati immodificabili.
Se questo è vero, allora il nostro ambientalismo deve essere non quello del fare
ma sicuramente delle possibili compatibilizzazioni con lo sviluppo economico del
Paese. Allora vanno ridefinite, selezionate e gerarchizzate le sequenze tematiche
del nostro programma : energia , rifiuti ,
mobilità, miglioramento della qualità ambientale, infrastrutture di comunicazione
Nucleare
No al Nucleare. La decisione assunta dal
Governo Berlusconi di procedere alla realizzazione di un programma nucleare si
presenta innanzi tutto scientificamente
inconsistente e irrazionale.
Essa viene motivata per riparare il danno
fatto al Paese con il referendum del 1987,
che ha privato l’Italia di energia abbondante, pulita e a basso costo.
L’energia nucleare non è abbondante: essa
fornisce oggi un contributo al fabbisogno
mondiale di energia pari ad un modesto
6,4%, ma a questo ritmo c’è uranio solo
per 30 anni. Se essa dovesse rappresentare l’alternativa al petrolio, ci scanneremmo per l’uranio come ci scanniamo per il
petrolio.
L’energia nucleare non è pulita: dosi comunque piccole di radiazioni, aggiungendosi al fondo naturale di radioattività,
possono causare eventi sanitari gravi sui
lavoratori e sulle popolazioni, nel funzionamento “normale” degli impianti e,
ovviamente, nel caso di incidenti; resta
Energia
La questione energetica rientra nella politica di sicurezza e difesa nazionale , di
politica estera oltre che ambientale ed
economica. Se questo è vero allora diventa necessario un ripensamento complessivo della nostra impostazione strategica.
Operativamente vuol dire ridefinire la
posizione su rigassificatori, rivisitazione
della liberalizzazione del mercato del gas
e della elettricità con depotenziamento
dei cosidetti “campioni nazionali”, ricerca
, risparmio ed efficienza energetica.
Le due discontinuità prodottasi a livello
planetario è che il mondo dell’energia si
sta orientando sempre più a Oriente e che
il dogma di risolvere il problema energetico attraverso i meccanismi di mercato si
sta rivelando una pura illusione. Le parole
d’ordine come sicurezza,diversificazion
e,sostenibilità,competitività non hanno
trovato applicazione. Le emissioni di gas
climalteranti sono continuate a crescere. Gli investimenti in ricerca e sviluppo
sono diminuiti in S.U., Canada,Europa e
Giappone. Dai 9 mld di $ correnti di 35
ani fa a 10 mld di $ del 2005.
Il fabbisogno che emerge dagli scenari
energetici (interrelando crescita economica, demografica e pil pro capite) del World
Outlook Energey dell’Agenzia Internazionale dell’Energia fino al 2030 , è incrementato del 55% rispetto al 2005.I settori che
fanno aumentare la domanda sono quello
della mobilità e quello della produzione
di elettricità. Le caratteristiche poi del sistema energetico italiano evidenziano dal
lato della offerta una dipendenza da foni
fossili variabile dall’85% di 30 anni fa a 80
%di oggi. Il rimanente 20 è composto da
un 15% di fonti innovabili , idrico in particolare e un 5% di energia elettrica im-
10
MOZIONI POLITICHE NAZIONALI
CAMBIARE I VERDI PER DARE UN FUTURO ALL’AMBIENTALISMO E AL NOSTRO PAESE
bligo per gli edifici pubblici di provvedere
a interventi strutturali che portino a considerevoli risparmi di energia (es. coibentazione, doppi vetri, pannelli solari termici e fotovoltaici).
- Meno CO2 dalle nuove costruzioni.
Obbligo per le nuove costruzioni di sostituire il 30% del “fabbisogno energetico
globale” con energia ottenuta da fonte
rinnovabile. La quota di energia rinnovabile dovrà salire al 50% nel caso dei consumi di acqua calda.
- Incentiviamo il sole e la sostenibilità.
Incentivi ai cittadini a favore di qualsiasi
intervento strutturale volto al risparmio
energetico (es. coibentazione, doppi vetri, pannelli solari termici e fotovoltaici).
L’entità del contributo dovrà essere stabilito in base all’aderenza dell’intervento ai principi dell’edilizia bioecologica,
alle tonnellate equivalenti di petrolio
annui risparmiati (Tep/anno) e quindi
alla quantità di CO2 (Tonn./anno) non
immessa in atmosfera. Basti pensare che
il consumo termico annuo di una casa
in Germania è circa 70 kWh / m2 . anno,
mentre in Italia tale consumo va dai 150
ai 210 kWh / m2 . Anno.
- Migliorare l’efficienza energetica
della rete, attraverso l’impiego di trasformatori a media e bassa tensione a
perdite ridotte rispetto a quelli attualmente utilizzate, costruzioni di nuove
cabine primarie e rifacimento delle linee
MT e BT della rete elettrica (il comulato
al 2015 potrebbe essere pari a 1.640.000
t. di CO2);
- Fotovoltaico: conferma dell’obiettivo
nazionale di 3.000 MW di potenza installata al 2016 utilizzando e potenziando lo strumento del “conto energia”.
- Istallazione e produzione di 1.000
MWp derivanti da impianti fotovoltaici.
( 350.000 t. CO2)
- Installazione di 100.000 mq di impianti solari termici, che porterebbero
ad una produzione annua di 70 GWht e
una riduzione di 11.000 t. di CO2
- Installazione di impianti di coogenerazione presso le grandi utenze per un
totale di 2.000 MW; e microgenerazioni
in ambito residenziale e terziario.
- Installazione di 5.000 MW di nuova capacità eolica;
- Installazione di 2.500 MW con impianti che utilizzano biomasse non alimentari (alghe marine);
- Produzione di 1.000 MW con l’utilizzo
delle rocce vulcaniche.
- Accordi di programma con Paesi africani del Mediterraneo per l’installazione
e scambio energetico per la produzione
di energia solare e eolica.
Rifiuti
La produzione di RSU è cresciuta del 2,7
% ( circa 860 mila tonnellate).La percentuale di differenziata è del 25,8 % , quindi
abbastanza lontana dal 40% che si sarebbe
dovuto raggiungere entro il 2007. Il dato
preoccupante riguarda i rifiuti speciali e
i rifiuti da demolizione e costruzione che
arrivano a superate i 110 milioni di tonnellate annui. Ribadiamo che la nostra
politica di chiusura del ciclo integrato,
si basa sulle raccolte differenziate con
l’esclusivo obiettivo del loro riuso e trasformazione. I verdi sono contrari alle
raccolte differenziate che non sono finalizzate al recupero e sono critici nella costruzione d’impianti che non servono alla
chiusura del ciclo dei rifiuti.
In Italia sono presenti impianti tecnologici per lo smaltimento e trattamento dei
rifiuti civili ed industriali, solamente per
circa il 70% rispetto al quantitativo emesso sul mercato. Situazione che ha portato
ad un degrado costante del territorio e
alla non chiusura del ciclo integrato dei
rifiuti, consegnando la gestione della filiera dei rifiuto all’improvvisazione e, molto
spesso alla rete capillare delle cosiddette
Ecomafie.
Per affrontare seriamente il problema, i
Verdi ritengono che occorre fare queste
iniziative:
- Obbligo alle regioni di autorizzare tutti gli impianti necessari rispetto alla loro
produzione dei rifiuti urbani (soprattutto la frazione organica) ed in particolare
quelli industriali, la vera emergenza in
Italia.
- Applicare immediatamente le procedure
per l’eliminazione dei sacchetti di plastica, che diventa obbligatorio a partire dal
2010. Incentivare l’utilizzo di materiale
biodegradabile in tutti i settori possibili.
- Attuare tutte le politiche, compresi gli
incentivi economici, per la prevenzione a
monte della filiera della produzione dei rifiuti. ( riduzione degli imballaggi, riduzione della percentuale della materia prima
utilizzata, vendita alla spina di prodotti a
consumo individuale, ecc.)
- Censimento della produzione dei rifiuti
industriali in Italia, suddivisi per regioni,
attraverso il coinvolgimento delle camere
di commercio e dell’APAT.
- Cambiare rotta sulle raccolte differenziate: svolgerle solamente quelle che hanno, attraverso la tracciabilità del rifiuto,
un reale utilizzo. I cittadini sono stufi di
vedere che i loro sforzi non portano quasi a niente e, contestualmente, si vedono
aumentare, ogni anno, la tassa o la tariffa
per lo smaltimento dei rifiuti urbani.
- Passare dalle raccolte differenziate dei
soli imballaggi a quella di tutti i materiali
della stessa catena merceologica.
- Creare un vero mercato delle materie
seconde, attraverso la creazione di una
“borsa telematica” centralizzata che operi
sul libero mercato. La Consip deve creare
le condizioni per tradurre questo meccanismo in scelte consapevoli per le pubbliche amministrazioni.
- Diminuire, nell’arco del prossimo biennio, del 25% la tassa o la tariffa pagata dal
cittadino e dall’imprese per lo smaltimento dei rifiuti urbani e assimilabili. Per far
questo occorre: razionalizzare le raccolte
differenziate, produrre del CDRq e far pagare il conferimento dei rifiuti presso gli
impianti energivori.
- Dare la possibilità a tutti le cementerie
( sono diverse decine presenti in Italia )
e le 13 centrali di produzione energetica
che utilizzo il carbone ( 13 impianti per
una potenza di 9.507 MW installati) di
sostituire parzialmente il carbone con
il CDR di qualità ( Per le cementerei,la
sostituzione può arrivare agevolmente al 50% del carbone utilizzato, per gli
impianti di produzione energetica siamo
nell’ordine del 15%). Il costo attuale del
carbone sul libero mercato ha superato
i 120 euro a tonnellata, pertanto se le
aziende, le quali si sono dichiarate disponibilissime, paghessero il CDR intorno
alle 20-25 euro a tonnellata, considerando che il costo di produzione di cdr è di
40 euro a tonnellata, il costo finale dello
smaltimento si aggira intorno alle 15-20
euro a tonnellata, rispetto agli attuali
100-150 euro che pagano le pubbliche
amministrazione. Stesso discorso vale
per gli impianti alimentati a gas naturale.
In questo caso, attraverso la tecnologia
della Gassificazione (progetto quasi ultimato a malagrotta R), si potrebbe arrivare a quantitativi di molto superiori
alla produzione annuale di tutti i rifiuti
urbani prodotti, ma il costo di produzione del singas è ancora troppo elevato.
La proposta sopradescritta porterebbe a
tre grandi benifici: riduzione di impianti
da costruire ex novo (forni inceneritori,
i quali costano troppo e creano ancora
dissensi locali), riduzione della tassa dei
rifiuti pagata dai cittadini e riduzione
complessiva degli inquinanti prodotti.
porre un programma che parte dall’uomo
e dalle sue attività, e ha come unico obiettivo la tutela ed il benessere degli individui e dell’ambiente. I Verdi vogliamo un
servizio sanitario pubblico che sia in grado di raggiungere tutta la popolazione ed
effettuare forme di prevenzione reali.
Per questo i Verdi chiedono un ambiente
urbano salubre, luoghi di lavoro e attività
produttive sane, aree industriali bonificate, ambienti naturali recuperati e protetti,
a godimento del benessere dei cittadini,
della fauna e della flora.
Vogliamo ricordare che molte malattie
infettive sono state sconfitte con un adeguato smaltimento dei rifiuti, con la disponibilità di acqua potabile, di alimenti
sicuri, di case riscaldate e non dagli antibiotici.
Altre malattie, disabilità o morti, possono
essere controllate con un adeguato sviluppo armonico del territorio.
Non è possibile che non si produca
una politica per ridurre l’impatto delle
onde elettromagnetiche. I verdi chiedono che vengono interrate tutte le
linee aeree di alta tensione che attraversano centri abitati superiori ai 5.000
abitanti
Altri inquinanti oggi devono essere fronteggiati: le polveri sottili, le aldeidi alifatiche (che si formano dalla combustione
delle “benzine verdi”), i trialometani (prodotti cancerogeni che si sviluppano a seguito dell’indiscriminata clorazione delle
acque), lo stress.
In un Paese moderno, all’interno del quale sono disponibili tecnologie di comunicazione e consultazione di banche dati
allo stato dell’arte, è inconcepibile che la
gestione delle malattie rare sia lasciato
al caso, quando magari già la sola attivazione di uno sportello per ogni Distretto/
Azienda eviterebbe pellegrinaggi estenuanti, anche fuori regione.
Pertanto, analogamente a quanto già avviene in altri Paesi, il Servizio Sanitario
ed i singoli operatori, devono ragionare in
termini non più di diagnosi e terapie, ma
in termini di disease management, ovvero
gestione globale ed integrale della persona ammalata.
Bisogna superare il rigido dualismo fra
medicina convenzionale e medicina non
convenzionale. I nostri ammalati hanno
bisogno di sicurezza, di terapie personalizzate e non di decidere fra laceranti
posizioni non già scientifiche, ma ideologiche.
Risulta pertanto importante l’istituzione
di una Commissione atta alla valutazione
ed alla promozione delle medicine non
convenzionali, al fine di rendere sicura e
verificabile tali attività assistenziali, tutelando il cittadino da operatori impreparati o da ciarlatani che si improvvisano
guaritori.
In un concetto di presa in carico globale,
non può essere trascurata la riabilitazione, che oltre che ad essere una disciplina
scientifica, è una visione della vita. Una
filosofia che accoppia elementi di tipo
solidaristico, ad elementi di tipo utilitaristico.
Ricerca e educazione:
L’Italia è uno dei paesi che spende meno
per la ricerca e soprattutto non è stato in
grado di indirizzare i finanziamenti sulle
iniziative che potevano integrare lo sviluppo dell’innovazioni tecnologica con la sostenibilità ambientale. I verdi chiedono:
Sostegno al solare termodinamico per la
produzione di energia elettrica,
Sostegno alla ricerca sul sequestro del
biossido di carbonio,
Sostegno alla ricerca per l’utilizzo di nuovi materiali nel settore del solare fotovoltaico e tutti gli interventi per aumentare
la resa energetica.
Sostegno alle imprese automobilistiche
per la ricerca di motori e tecnologie a basso impatto ambientale.
Salute
La Federazione dei Verdi è forse una delle
poche forze politiche in grado di mettere
in atto una strategia complessiva e di pro-
11
I verdi s’impegnano a presentare una proposta di legge popolare per introdurre
nelle programmazione scolastica la materia di educazione ambientale.
Diritto ambientale
Ci sono due emergenze che impongono
una serie di riflessione sulla gestione delle
politiche ambientali.
La prima è l’introduzione nel codice penale di alcuni reati ambientali a tutt’oggi
esclusi e lo snellimento delle normative in
materia ambientale, per poter ottenere un
reale stato di diritto e le giuste pene per
chi inquina il territorio.
La magistratura in questo momento ha pochi strumenti per intervenire con successo
nella prevenzione e nella riduzione del
danno ambientale. Molti processi si chiudono per prescrizione dei termini e soprattutto non soddisfano l’esigenza di dare
delle certezza della pene a chi commette
reati contro l’ambiente. Occorre procedere
immediatamente all’approvazione del progetto di legge sull’introduzione dei reati
ambientali nel codice penale.
Contestualmente occorre prevedere alla
sintesi, attraverso leggi quadro, e allo snellimento delle leggi a carattere ambientali,
le quali, hanno causato enormi problemi
di interpretazione e soprattutto hanno
permesso, molte volte, l’inserimento della
criminalità organizzata nella gestione del
ciclo dei rifiuti.
I verdi sono contro ad una giustizia che si
basa solamente sulle forme pubbliche di
comunicazione del reato, hanno sempre
piena fiducia dell’operato della magistratura di ogni ordine e grado, ma ritengono che sia sbagliato condannare a priori,
senza nessuna sentenza, chi è sottoposto
ad indagine.
Un programma ‘verde’ sulla giustizia dovrà tenere in prioritaria considerazione
la nuove forme di tutela giurisdizionale
modellate sulle ‘class actions’, finalmente
approvato anche nel nostro ordinamento,
che consentono a soggetti portatori di
un danno effettivo e personale di unire le
forze nelle proprie pretese riparatorie. Le
nuove istanze di tutela non possono essere rimesse alla giurisprudenza illuminata,
ma hanno bisogno di risposte normative.
I verdi devono essere promotori e sostenitori delle cause civili e penali, attraverso
il sistema della Class action.
Bisogna invece rimediare all’inflazione
penalistica, anche nel campo ambientale,
introducendo reati certi e che danno delle
certezza della pena: la moltiplicazione eccessiva delle punizioni penali, combinata
al principio di obbligatorietà dell’azione
che non consente selezione delle notizie
di reato porta al fallimento della risposta
penale, ossia ad azioni penali infruttuose:
oltre una certa misura, l’eccesso del carico giudiziario porta ineluttabilmente alla
prescrizione. In secondo luogo riteniamo
che vadano guardate con interesse le prospettive della giustizia riparativa, particolarmente adatte proprio per le nuove
aggressioni ai beni collettivi (si pensi alla
eliminazione o riduzione dei danni ambientali con effetto estintivo o diminuente della punibilità fuori e oltre le modalità
in cui è oggi già consentito). Non bisogna
spaventarsi della civilizzazione del diritto
penale, se questa aumenta i livelli di tutela
dei cittadini.
Acqua
La situazione è quindi completamente
diversa in ogni zona del pianeta: i dati
dell’ONU evidenziano che circa due milioni e mezzo di persone all’anno muoiono per problemi legati alla qualità dell’acqua e si pensa che intorno al 2025 si arrivi
ad una situazione dove più di due miliardi
e mezzo di persone subiranno la mancanza della risorsa idrica.
La disponibilità dell’acqua, essendo un
bene primario, deve essere garantita a
MOZIONI POLITICHE NAZIONALI
CAMBIARE I VERDI PER DARE UN FUTURO ALL’AMBIENTALISMO E AL NOSTRO PAESE
tutti e senza distinzione di reddito: i Verdi
devo sempre essere contro ogni forma di
privatizzazione del patrimonio e dell’approvvigionamento dell’acqua potabile.
La scarsità di questa risorsa nel mondo
porta ad una situazione non più sostenibile e dobbiamo chiedere con forza a tutti
i governi occidentali di investire molto di
più in progetti di cooperazione internazionale, per fornire a tutti e gratuitamente
la disponibilità di acqua potabile ad uso
alimentare.
L’acqua, come l’aria e il suolo, è un patrimonio vitale e deve essere resa disponibile a tutti gli essere viventi e conservata,
con le stesse caratteristiche, per le generazioni future. Su questo aspetto occorre
che i verdi siano sempre chiari: noi siamo
e saremo sempre contro la vendita ai privati dei pozzi, delle reti, delle fognature e
degli impianti di depurazione.
Il patrimonio “acqua” deve essere mantenuto pubblico e siamo contro ad ogni
forma di mercificazione di questo bene:
l’acqua non è, e non dovrà mai essere,
una merce da scambiare.
la situazione dell’acqua e i modi di gestione della stessa sono molto complessi, ogni
realtà è completamente diversa dall’altra,
e non può esistere la “ricetta magica” che
possa andare bene in ogni situazione.
In questi anni la cosiddetta gestione pubblica dell’acqua ha portato a dei disastri
immensi, soprattutto in regioni come la
Sicilia e la Puglia, dove in alcuni zone,
l’acqua potabile è presente solo per alcune ore e non tutti i giorni della settimana,
nonostante dal punto di vista geologico e
ambientale la Sicilia, ad esempio, sia una
regione dove l’acqua è presente anche in
abbondanza.
Purtroppo, ma questo discorso vale anche
per altri settori della vita pubblica (il ciclo
dei rifiuti), quando si gestisce un patrimonio pubblico che riguarda il benessere
individuale delle persone e i beni primari
per la sopravivenza, le infiltrazioni mafiose trovano un terreno molto disponibile,
come è avvenuto in Sicilia nel settore delle acque.
In generale, comunque, si può affermare
che in Italia l’acqua non manca, il problema è collegato soprattutto alla totale non
manutenzione degli impianti e alla mancanza di programmazione degli interventi idraulici e soprattutto ad una totale
mancanza di gestione coordinata del ciclo
integrato degli enti pubblici.
L’emergenza idrica in Italia è da collegarsi
in particolare alla mancanza di sistemi di
fognatura e di depurazione delle acque,
che provoca un inquinamento cronico
della prima e, a volte, delle seconda e terza falda acquifera. Soprattutto al Nord si
spendono diversi milioni di euro per la
depurazione a monte dell’acqua destinata al consumo umano, attraverso sistemi a carboni attivi e\o osmosi inversa, e
la totale mancanza di controlli da parte
dell’ASL, alle aziende private e soprattutto alle aziende agricole, ha portato ad un
inquinamento irreversibile delle acque di
prima falda. I verdi devo chiedere il reale completamento, su tutto il territorio
nazionale, dei sistema di fognatura e di
depurazione per tutti gli insediamenti
civili ed industriali esistenti. In questo
momento la copertura è di poco più del
50% sull’intero territorio nazionale.
La situazione della gestione del ciclo integrato delle acque in Italia è peggio della
torre di Babele: ci sono in questo momento circa 7.000 enti gestori e 1.100 municipalizzate che si occupano del ciclo delle
acque.
Anche sulle tariffe non siamo messi meglio: variano da luogo e luogo in maniera
consistente. Si passa dalle 221,42 £/m3 di
Milano alle 1763 £/ m3 di Forlì. In verità in
altri paesi dell’Europa costa molto di più:
3.416 £/m3 a Berlino, 2.606 £/m3 a Lione,
2.533 £/m3 a Vienna, anche in considerazione che, di norma, nel resto dell’Europa,
la captazione della acqua potabile avviene
dai corsi d’acqua superficiale, e occorre
pertanto un enorme investimento per
renderla potabile ai consumi umani.
Siccome la situazione dell’acqua cambia
in ogni zona, non è possibile pronunciare
un discorso generale sul sistema tariffario,
ma in linea di massima, si possono fare i
seguenti ragionamenti:
- occorre introdurre il concetto che
l’acqua potabile non è un bene infinito.
- occorre chiedere ai comuni di prevedere nelle norme tecniche di attuazione dei P.R.G la costruzione preventiva di una doppia rete di erogazione
dell’acqua in tutte le nuove costruzioni:
una destinata al consumo alimentare (il
2% dell’acqua distribuita) e una destinata
agli altri usi (il 98% dell’acqua distribuita).
Con questo sistema si potrebbe benissimo utilizzare anche acqua della prima
falda non più potabile per gli altri usi, anche diminuendo le tariffe in vigore e invece garantire un acqua eccellente per il
consumo alimentare, anche aumentando
sensibilmente le tariffe in vigore.
Sui sistemi di gestione, fermo restando
i principi enunciati in premessa, ovvero
che siamo contro ogni forma di privatizzazione del patrimonio e di conseguenza
ad una delega esterna dall’ente pubblico,
della definizione delle politiche tariffarie
e degli investimenti per completare il ciclo integrato delle acque, riteniamo che
sul piano gestionale occorre trattare il
ciclo integrato delle acque come quello
dei rifiuti, anche se il paragone potrebbe
sembrare un’esagerazione (in questo momento stiamo parlando dei sistemi di gestione e non della proprietà).
Noi non dobbiamo spaventarci se il servizio di gestione dell’ erogazione e della
depurazione dell’acque è affidato a delle
società per azioni, anche con la partecipazione di capitale privato. Ovviamente
la creazione di società di gestioni non può
essere considerata una finalità, ma deve
essere preceduta da un’attenta analisi del
fabbisogno reale, delle politiche d’indirizzo strategico degli investimenti e della
distribuzione dell’entrate ottenute sulle
politiche tariffarie. Si deve partire sempre
dagli obiettivi da raggiungere e mai dagli
strumenti di attuazione. L’importante è
che il patrimonio e la definizione delle politiche tariffarie rimango esclusivamente
sotto il controllo pubblico e il privato si
occupi solamente del servizio tecnicogestionale. In altri termini, i verdi devono preferire, a parità di prestazioni, una
gestione pubblica del servizio, attraverso
la creazioni di società sovracomunali,
che possono garantire, in un’economia
di scala maggiore, una maggiore ridistribuzione dei profitti nell’ambito pubblico,
rispetto a dei servizi che notoriamente
sono in perdita (trasporto collettivo, servizi sociali e cimiteriali, gestione dell’illuminazione pubblica). Se non fosse possibile sviluppare questo tipo di sinergia,
sarebbe comunque errato ostacolare per
una mera questione di principio ed ideologica l’intervento dei privati.
Anche se potrebbe essere superfluo, ritengo utile ricordare che la trasformazione in società di azione delle ex aziende
municipale e dei consorzi intercomunali,
come previsto dalle legge Bassanini, non
può vedere i verdi ideologicamente contro e trattare queste aziende come se fossero dei Privati. Sono società di patrimonio pubblico e utilizzano solamente un
sistema gestionale diverso, ma il controllo pubblico è esercitato in ugual misura
dall’ente pubblico di riferimento.
In qualunque caso, anche per non permettere che le grandi multinazionali dell’acqua (Suez des Eaux, Lyonees des Eaux e
R.W.E), comprino il mercato disponibile
dell’acqua in Italia, occorre favorire l’integrazione e la fusione strutturale e di
scopo delle società pubbliche di gestione
presenti sul territorio nazionale.
In Italia la tariffa del ciclo integrato è
unica, non suddivisa tra le singoli voci
del ciclo. Ognuno di noi paga in un’unica
tariffa la distribuzione dell’acqua potabile, la raccolta in fognatura della acque
reflue e il sistema di depurazione. La tariffa per la fognatura e la depurazione è
costruita in base all’ utilizzo dell’acqua
prelevata dall’acquedotto Da parecchi
anni i cittadini sono obbligati a pagare la
tariffa della fognatura e della depurazione, anche se sul proprio territorio non è
del tutto esistente. ( l’obiettivo del legislatore era quello di utilizzare queste risorse
aggiuntive per costruire e completare il
ciclo dell’acqua). In nessuna parte d’Italia esiste una cartografia reale della rete
della fognatura e nessuna è a conoscenza
dove questa rete ha il suo naturale sbocco.
Ancora oggi, impunemente, molte reti di
fognatura, anche pubbliche, finiscono nei
corsi d’acqua superficiale o nei mari, provocando inquinamenti significativi. Per
prima cosa occorre chiedere con forza
l’acquisizione dei dati reali della rete di
raccolta del acque reflue e verificare, in
ogni comune, dove finisce la propria
fognatura.
Nello specifico occorre favorire:
- Una maggiore possibilità di riutilizzo
dell’acqua potabile utilizzata, anche attraverso la creazione di una doppia rete di
fognatura, quella civile e quella industriale e stradale, in modo che l’acqua civile,
in alcuni casi, possa essere utilizzata per
altri scopo.
- Finanziare l’industrie che prevedono il
ricircolo dell’acqua consumata
- Prevedere il recupero energetico, la
produzione di biogas e l’utilizzo per il
teleriscaldamento utilizzando l’enorme
quantità di fanghi prodotti dagli impianti
di depurazione. A regime in Italia si produrranno circa 3.000.000 di tonnellate
all’anno di fanghi. In qualche casi e previa
verifica della qualità dei fanghi prodotti
dagli impianti di depurazione delle acque
prevalente civile, la possibilità di un loro
utilizzo in agricoltura.
Acque in Bottiglia: In Italia il permesso
ai privati di prelevare l’acqua di tutti, di
imbottigliarla e di commercializzarla ha
dei costi ridicoli. Le tariffe applicate alle
maggior società di commercializzazione
di acque in bottiglia sono di poche migliaia di euro rispetto al prelievo di milioni di
m3 di acqua prelevata. Anche se in alcuni
casi l’acqua dell’acquedotto è imbevibile,
nella maggior parte dei casi, l’acqua che
sgorga dai rubinetti non ha nulla da invidiare alle acque in bottiglia, anzi, alcune
acque in bottiglia sarebbero fuori dei parametri di potabilità se fossero distribuite
dall’acquedotto pubblico.
Occorre chiedere che la situazione si normalizzi su tutto il territorio nazionale, ma
nel frattempo denunciare la speculazione
enorme che la maggior parte dell’imprese
(la nestlè è la più forte) svolgono a discapito anche delle fasce sociali meno ricche.
I verdi devono impegnarsi per:
- Far comprendere che l’acqua potabile è
una risorsa limitata e deve essere conservata per le future generazioni.
- Impegnare i governi occidentali a rendere disponibile a tutta la popolazione
mondiale questo bene primario, anche
attraverso interventi idraulici e di depurazione dell’acqua non potabile.
- Intervenire contro ogni forma di privatizzazione del patrimonio pubblico del
ciclo integrato dell’acqua.
- Intervenire per completare tutta la rete
di fognatura e di depurazione dell’acqua
post-consumo in ogni insediamento industriale e civile.
- Intervenire per un controllo reale degli
inquinamenti industriali ed agricoli ai
corsi d’acqua superficiali e alla falda freatica.
- Intervenire preventivamente per un
utilizzo diversificato dell’uso alimentare
dell’acqua potabile rispetto ad altri usi.
12
- Favorire il recupero dell’acqua post-consumo per usi agricoli.
- Intervenire per una razionalizzazione
dell’utilizzo dell’acqua potabile.
- Favorire la gestione pubblica del servizio integrato dell’acqua, anche attraverso
la creazione di società pubbliche multiservizi che reinvestono gli utili d’esercizio
in attività e servizi non remunerativi.
- Non permettere lo sfruttamento incondizionato delle acque del sottosuolo da
parte delle imprese private che commercializzano l’acqua in bottiglia.
- Prevedere un sistema tariffario attento
alle fasce sociali più deboli e diversificato
rispetto all’utilizzo.
- Intensificare i controlli sull’acqua potabile e favorire la comunicazione pubblica.
- Definire che l’intervento del privato è
solamente consentito nella fase di gestione di alcuni aspetti del ciclo integrato e la
loro partecipazione non può essere consentita nelle società pubbliche che hanno
l’usufrutto del patrimonio dei beni pubblici (pozzi, fognatura, impianti di depurazione).
- Vietare la pubblicità delle Acque in bottiglia.
Agricoltura
I Verdi vogliono promuovere un’agricoltura di qualità, rispettosa della biodiversità, che crei prospettive economiche di sviluppo in un quadro di sana imprenditoria
nel settore agroalimentare e che valorizzi
il ruolo dell’agricoltore semplicemente
attuando quella “multifunzionalità”, stabilimmo come svolta epocale di un sistema
economico che era stato ormai trascurato
e abbandonato da troppo tempo.
I Verdi credono che difendere l’ambiente
debba assolutamente intrecciarsi con la
tutela dell’agricoltura, naturale, tipica,
rurale. Non vogliamo più rischiare di
trovarci di fronte ai problemi affrontati
in passato come quello della “mucca pazza” e per questo che riteniamo importante il ruolo delle Regioni nella difesa della
tipicità agroalimentare e in un quadro di
promozione e innovazione nel settore
agricolo e zootecnico. Sono tanti i giovani e le donne che hanno riscoperto l’agricoltura, che accedono ai finanziamenti
europei erogati dalle Regioni per la Pac,
lo Sviluppo rurale e l’agricoltura biologica ed è a loro e alle future generazioni,
che occorre garantire una politica agricola legata allo sviluppo sostenibile del
territorio. Questo deve necessariamente
partire dall’azione di buon governo.
Questi i temi principali:
No agli OGM, sostegno dell’AGRICOLTURA BIOLOGICA, promozione dei
PRODOTTI TRADIZIONALI, sviluppo
della FILIERA CORTA, strategie per la
PAC e i Piani di Sviluppo Rurale, recupero dell’ENERGIA dall’ AGRICOLTURA.
OGM
Gli o.g.m. (organismi geneticamente modificati) sono un rischioso salto nel buio,
in particolare per il nostro modello agricolo e la nostra economia, che in una fase
di recessione mondiale ha trovato proprio
nella produzione agroalimentare, legata
alla tradizione ed alla qualità, un confronto capace di crescere. Gli o.g.m. appaiono
pertanto sempre più uno strumento della
guerra commerciale scatenatasi tra le due
sponde dell’Atlantico, oltre che uno strumento delle multinazionali per spostare
sempre più valore dai bilanci degli agricoltori a quelli dell’industria.
è necessario scongiurare il pericolo della diffusione di piante ed alimenti o.g.m.
nelle nostre Regioni.
La convivenza tra biologico ed o.g.m. è
tecnicamente impossibile, così come è
economicamente folle pensare che il consumatore sia disponibile a mantenere elevati i consumi di prodotti biologici (spesso caricandosi di maggiori costi rispetto
MOZIONI POLITICHE NAZIONALI
CAMBIARE I VERDI PER DARE UN FUTURO ALL’AMBIENTALISMO E AL NOSTRO PAESE
al convenzionale) se il biologico non saprà garantire l’”o.g.m. free”.
I Verdi ritengono che l’introduzione di
qualsivoglia soglia di tolleranza per gli
ogm significa distruggere l’enorme valore
costruito negli anni dagli agricoltori del
biologico.
I VERDI chiedono:
1) Legge d’iniziativa popolare nazionale per un “Italia Ogm Free”
2) Leggi regionali per raggiungere
l’obiettivo di raggiungere la totalità
delle Regioni “OGM Free”
3) Prosieguo degli investimenti nella
ricerca scientifica nazionale con il supporto delle Regioni
4) Sistema di controlli: rafforzare le attività degli organismi di controllo pubblici e avviare un coordinamento tra gli
Enti competenti del processo di filiera
5) Banca dati del germoplasma regionale e rete di conservazione in situ della biodiversità vegetale e animale.
IL RUOLO DELL’AGRICOLTURA
BIOLOGICA
L’agricoltura biologica è da sempre il
modello di sviluppo rurale che i Verdi
reputano prioritario. Il no alla chimica
si ritrova con i valori della tipicità e della
biodiversità, con altrettante battaglie care
alla politica Verde. Biologico e Tipico,
dunque, obiettivi strategici dell’agroalimentare italiano.
E’ necessario rafforzare la filiera corta
tanto come vendita diretta quanto come
presenza di produttori biologici nei mercati rionali. Negli appalti per la refezione e
somministrazione alimentare andrebbero
incentivate le imprese che garantiscono la
valorizzazione del biologico e del tipico.
Anche supportare le organizzazioni commerciali dei produttori attraverso la creazione di piattaforme logistiche e commerciali rappresenta un buon esempio di
intervento pubblico (società miste).
Oggi è quanto mai opportuno finalizzare
il sostegno al settore favorendo anzitutto
le esperienze associative dei produttori
anche di natura. Nell’ambito dei Piani regionali di Sviluppo Rurale per le misure
che riguardano l’agricoltura e la zootecnia
condotte con metodo biologico occorre
dare priorità effettiva al settore nell’ambito del sostegno alle produzioni di qualità
ed ecocompatibili attraverso gli strumenti
ordinari di sostegno al comparto agroalimentare nazionale.
I VERDI chiedono:
1) Priorità al settore delle produzioni
biologiche nell’ambito dei PSR
2) Rafforzare la filiera corta come vendita diretta e presenza di aziende biologiche nei mercati cittadini
3) Incentivare la scelta del biologiche
nelle mense scolastiche
4) Creare piattaforme logistiche e commerciali con la presenza delle istituzioni pubbliche (società miste)
5) Aumento dell’azione di promozione
e informazione anche all’estero
6) Nascita o potenziamento di Osservatori sull’agricoltura biologica regionali
7) Approvare e finanziare adeguatamente il Piano nazionale d’azione per
l’agricoltura biologica
FILIERA CORTA: DAL
PROUTTORE AGRICOLO AL
CONSUMATORE:STRATEGIE ALTERNATIVE AL SISTEMA DISTRIBUTIVOAGRO-ALIMENTARE ITALIANO
Nell’affrontare questioni inerenti le attività agricole, le produzioni, gli alimenti dell’
agricoltura biologica, non si può oggi non
tener conto dell’organizzazione e delle
strategie del sistema distributivo alimentare italiano.
è un dato, che la GDO nel comparto agroalimentare italiano controlli attualmente
più del 60% dell’offerta complessiva na-
zionale. Ovviamente con forti differenziazioni tra aree geografiche. E nei prossimi anni il trend di crescita e di espansione
delle grandi superfici commerciali (super
e ipermercati) sarà tra i più veloci e aggressivi in tutte le regioni.
a) le strategie della GD puntano a prodotti standardizzati, in grandi quantità,
di media qualità, che vengono reperiti
attraverso le principali piattaforme nazionali ed estere. Solo pochi produttori
agricoli italiani sono in grado di rifornire
direttamente i marchi delle grandi superfici commerciali. Visto anche le richieste
di servizio che queste impongono (quantitativi, frequenze, imballaggio, etichettatura, confezionamento, trasporto).
I prodotti tipici e di qualità hanno già oggi
uno spazio molto marginale.
b) i gruppi stranieri (detentori di marchi
come GS, Auchan, Conad, Rewe), oltre a
questa generale impostazione, tendono
ovviamente a privilegiare e a far penetrare
prodotti alimentari provenienti dai propri
paesi. Espellendo progressivamente i prodotti italiani, di qualità e non.
Queste strategie applicate già da diversi anni dalla GDO pesano non poco sul
sistema di collocazione delle merci dei
produttori agricoli italiani. Soprattutto le
medie e piccole imprese agricole registrano sempre maggiori difficoltà nell’inserirsi in questo circuito distributivo.
Per questi motivi appare opportuno cercare di delineare nuovi percorsi commerciali che possano valorizzare le produzioni locali, essere fruibili ai consumatori del
territorio d’origine delle merci, bypassando la serie di intermediazioni che portano
a speculazioni ed aumenti, dove il produttore e il consumatore diventano i soggetti
più spremuti.
In questo scenario, e in considerazione
delle caratterizzazioni sociali e territoriali, può risultare più utile prospettare
più strategie, affinché siano facilmente
adeguabili alle diverse realtà.
I VERDI consigliano di sviluppare:
tivi. Questo modo di acquistare favorisce
la costruzione di relazioni all’interno del
gruppo, con i produttori, sul territorio,
con altri gruppi. Questo tipo di relazioni
sono appunto “solidali”.
I GAS si possono aggregare intorno ad
una cooperativa di consumo, possono essere un gruppo informale che usa come
base un negozio attraverso il quale effettuare tutti insieme gli ordini.
Questo tipo di organizzazione facilita un
modello di sviluppo locale dove si intrecciano questioni legate alla produzione del
territorio, alle produzioni biologiche, ad
un’economia più equa sia per il produttore che per il consumatore.
3) ACCORDI LOCALI CON LA GDO
In determinati contesti possono esserci
realtà agricole particolarmente importanti che hanno comunque bisogno di
collocare le proprie produzioni in ambiti
distributivi più apprezzabili come i canali di super-ipermercati. Questo, come
precedentemente accennato, non risulta
sempre di facile accesso per le aziende
agricole. Ciò è determinato essenzialmente da meccanismi di funzionamento
molto rigidi e codificati delle grandi superfici commerciali.
In questi casi, è opportuno che le amministrazioni locali, attraverso i suoi rappresentanti politici, si facciano carico di
creare accordi tra le società della GD presenti in quel territorio e le aziende agricole locali.
Al momento solo La Coop Italia attua
questa politica. E’ auspicabile spingere
questa strategia su tutto il territorio anche a difesa delle produzioni agricole nazionali.
I VERDI chiedono che nei casi di nuova
concessione o di ampliamento di strutture commerciali della GDO, sia riservato almeno il 10% di spazio espositivo
per le produzioni regionali all’interno
dell’area definita “Food”.
Pac e Piani di Sviluppo Rurale
Attraverso gli interventi previsti nei
Piani di Sviluppo Rurale va dato un indirizzo all’agricoltura regionale per offrire una certa sicurezza nel medio-lungo
periodo alle attività agricole favorendo
la strutturazione delle aziende agricole
non tanto e non soltanto nella produzione della materia prima, quanto nella
trasformazione e commercializzazione
dei prodotti e nello sviluppo delle multifunzionalità aziendali.
Le nuove scelte produttive vanno orientate in direzione della qualità delle produzioni biologiche, della salvaguardia della
biodiversità, della tracciabilità delle produzioni e le risorse del PSR vanno indirizzate prioritariamente alle aziende che
all’interno di progetti di filiera scelgono
questi indirizzi.
E’ superata la fase che i fondi europei vadano distribuiti a pioggia pur di essere
spesi, la loro completa utilizzazione va
conseguita su progetti di sviluppo con
investimenti che nel tempo consentono
all’agricoltore di trarre maggiore profitto
del frutto del proprio lavoro.
La multifunzionalità aziendale va incoraggiata in tutte le sue forme, anche per
quelle produzioni, le cui materie prime
provengono dall’agricoltura
Per quello che riguarda la zootecnia risulta indispensabile prevedere misure eccezionali che favoriscano la ripresa di un
settore attualmente in forte crisi anche a
causa della riforma della PAC che garantirà agli agricoltori un premio indipendentemente dal mantenimento dell’allevamento che sta creando le premesse per
una delocalizzazione di buona parte delle
produzioni zootecniche nazionali. Solo
aziende zootecniche valide potranno garantire una futura presenza umana nelle
aree dell’entroterra e nelle aree montane,
dove la zootecnia è una delle poche atti-
1) MERCATI DIRETTI
Istituire aree commerciali (comunali)
riservate esclusivamente alla vendita diretta dei produttori agricoli del territorio
interessato.
I produttori sono direttamente coinvolti
nella commercializzazione al dettaglio;
possono offrire prodotti freschi, di stagione e di origine verificabile (tracciabilità azienda del territorio), e spuntare una più
equa remunerazione.
I consumatori possono acquistare prodotti locali, freschi, a prezzi calmierati. I
prodotti offerti dovrebbero andare dall’ortofrutta ai prodotti di prima trasformazione (olio, vino, formaggi, conserve), ai
prodotti tipici, al biologico.
Un rapporto diretta tra produttori e consumatori che conviene ad entrambi. Le
aziende agricole possono prevedere anche forme associative per gestire al meglio l’offerta dei prodotti in relazione ai
cicli produttivi.
Questi mercati, per avere un peso in termini di servizio verso i consumatori (fidelizzazione), dovrebbero esser funzionanti
più giorni a settimana.
Insomma permanenti e non saltuari o occasionali.
• La vendita diretta per gli imprenditori
agricoli dei propri prodotti aziendali è in
parte regolamentata dal D. L.vo 18 maggio 2001, n.228.
• La regolamentazione dei mercati
permanenti(autorizzazioni, spazi, turni)
è di competenza dei Comuni interessati.
2) I GRUPPI di ACQUISTO SOLIDALI
(GAS)
I GAS sono gruppi spontanei di consumatori che si organizzano per rifornirsi
direttamente da piccoli produttori (singoli o associati) attraverso acquisti collet-
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vità compatibili con le caratteristiche del
territorio.
I VERDI chiedono:
Qualificare il Piano di Sviluppo Rurale
attraverso:
1) Iniziative a sostegno dell’imprenditoria femminile e giovanile
2) Investimenti per la tutela della biodiversità, della tracciabilità e per il rilancio delle attività di tipo zootecnico
nei distretti rurali
3) Leggi regionali che prevedano aiuti
di stato per il rafforzamento delle filiere
regionali controllate dagli agricoltori
Energia e Agricoltura
Rilanciare l’energia da agricoltura in questi giorni è tra l’altro fondamentale visto
l’aumento del prezzo del greggio che ha
causato un incremento del 40% del prezzo del gasolio agricolo, con conseguente
crisi verticale delle colture in serra ad alta
incidenza energetica e la perdita di competitività di tutto il settore agricolo in genere.
Quindi è ora delle fattorie energetiche,
non più gasolio agricolo ma libertà di
prodursi il biodiesel in proprio da varie oleaginose e in particolare da scarti
di produzione locale, multifunzionalità
dell’azienda agricola nella produzione di
energia elettrica da biomasse non solo per
l’autoproduzione, ma come produttori
per il mercato.
Il pellets, il cippato insieme alle nuove
caldaie che producono calore e frigorie
(aria condizionata) rappresentano una
rivoluzione ormai disponibile e un abbattimento dei costi radicale.
Le positive esperienze di leggi regionali come quella in Toscana per la coltura
industriale della canapa possono essere
sviluppate anche in altri territori, soprattutto dove è necessario sostituire colture
non più produttive e non sostenibili.
I VERDI chiedono:
1) l’applicazione della multifunzionalità dell’azienda agricola, anche come
autoproduttore di energia, creando le
“fattorie energetiche”
2) Non utilizzo delle materie prime ad
uso alimentare per la produzione di
biodiesel, ma solo materie di scarto
3) Incentivazione alla produzione di
biomasse non alimentare a filiera corta per la produzione di energia ( alghe,
scarti della manutenzione del patrimonio boschivo, ecc)
Mobilità
Dare la priorità alla mobilità urbana, al
riequilibrio del trasporto merci ed alle
infrastrutture che servono
I Verdi propongono di dare priorità alla
soluzione dei problemi di mobilità urbana, dove si concentrano traffico, congestione ed inquinamento, ribaltando la
logica di solo infrastrutture extraurbane
adottata fino a questo momento. Una
priorità questa che non viene riproposta
soltanto dai Verdi, ma è una esigenza irrinunciabile avanzata anche dalle Aziende
di Trasporto Pubblico Locale e dalle Amministrazioni delle principali città italiane, che dal 1 gennaio 2005 stanno attuando la nuova direttiva europea per la qualità dell’aria, con limiti più restrittivi delle
emissioni per benzene e polveri sottili.
Anche le città e le Amministrazioni locali, debbono ovviamente assumere
provvedimenti coraggiosi di limitazione
del traffico motorizzato, offrire alternative per il trasporto collettivo, riorganizzazione il trasporto merci in ambito
urbano, incrementare corsie riservate.
aree pedonali, ZTL, ampliare le piste
ciclabili e sostenere la promozione della
bicicletta. Invece, purtroppo, dobbiamo
MOZIONI POLITICHE NAZIONALI
CAMBIARE I VERDI PER DARE UN FUTURO ALL’AMBIENTALISMO E AL NOSTRO PAESE
sottolineare la debolezza di molte Amministrazioni locali in materia di traffico
e mobilità, preoccupati dalla presunta
impopolarità delle misure di regolazione del traffico motorizzato privato, che
sommata all’assenza totale del Governo,
amplierà uteriormente il problema per il
futuro.
L’altra emergenza che deve essere affrontata nel nostro Paese, secondo i Verdi,
riguarda il trasporto delle merci, visto
che il trasporto su strada non solo è dominante, ma tende a crescere e non solo
per come si è configurato il sistema di
produzione e distribuzione diffusa. Ma
anche a causa di misure di sostegno attivo messe in atto dai Governi come le
agevolazioni al prezzo del gasolio e dei
pedaggi autostradali.
Bisogna governare questi processi con
la revisione dei sistemi tariffari e degli
incentivi, che abbiamo come obiettivo
lo sviluppo del cabotaggio, dell’intermodalità e della logistica, la crescita del
trasporto ferroviario, mediante la promozione di comportamenti virtuosi che
coinvolgano anche i lavoratori dell’autotrasporto.
Infine anche nel campo delle infrastrutture e coerentemente con una strategia
dei trasporti sostenibile, i Verdi propongono di realizzare ed accelerare le
infrastrutture che servono. Come gli
interventi di adeguamento e la messa in
sicurezza della rete viaria esistente, che
sono la vera infrastruttura strategica ed
inadeguata per servire il traffico esistente, risolvengo i nodi più congestionati,
senza alimentare con nuove autostrade il
traffico di transito.
Per i Verdi, opere strategiche sono anche
gli investimenti per le reti metropolitane
e tranviarie, la realizzazione ed il potenziamento della rete ferroviaria con priorità ai nodi metropolitani, alla messa in
sicurezza della rete esistente sul piano
tecnologico, all’ammodernamento del
materiale rotabile.
Quindi le scarse risorse pubbliche disponibili dovrebbero indurre ad una selezione delle opere ed un cambiamento reale
di strategia nella politica dei trasporti a
sostegno delle modalità a minore impatto
ambientale e per il riequilibrio verso trasporti collettivi , ferrovia e cabotaggio.
Le soluzioni dei Verdi per una mobilità
sostenibile
1) Soluzioni concrete e risorse per la
mobilità urbana sostenibile
Si tratta di un set di proposte che partono
dal rilancio del trasporto pubblico locale
(innovazione di servizio e di prodotti agli
utenti), alla promozione delle alternative
praticabili come la bicicletta, il carpooling,
il car sharing, il taxibus, il mobility manager, trasporto scolastico, estensione di aree
pedonali e zone a traffico limitato. Allo stesso modo punta sui sistemi di regolazione e
controllo telematico del traffico, alla riorganizzazione del trasporto merci in città, alla
realizzazione di sistemi di pagamento della
sosta su strada, di parcheggi per residenti e
di interscambio, alla accelerazione e rifinanziamento delle reti tranviarie
Allo stesso modo le città debbono affrontare in modo contestuale le scelte in
materia di traffico ed in materia di pianificazione urbanistica, con l’obiettivo di
risparmiare territorio e frenare la crescita del traffico motorizzato, ed alimentando l’uso del trasporto collettivo. Occorre
inoltre delocalizzare fuori dall’abitato,
alcuni servizi di pubblica utilità
2) Sicurezza stradale e qualità urbana
Altro tema che per i Verdi deve avere la
priorità per contrastare morti e feriti sulle
nostre strade e per migliorare accessibilità e sicurezza per muoversi in città. Accelerare gli interventi di moderazione del
traffico in città (marciapiedi, attraversamenti, dissuasori, semafori sonori, spazi
di sosta). Interventi di adeguamento sulle
strade esistenti per eliminare i punti neri
e gli incroci pericolosi con l’accelerazione
degli interventi del Piano per la sicurezza
stradale, con una programmazione dei
veicoli autorizzati a circolare.
3) Accelerare le opere strategiche utili
e sostenibili.
Si tratta di realizzare celermente tutte
quelle infrastrutture per il trasporto utili
a riequilibrare l’uso di sistemi a minore impatto ambientale: metropolitane,
tramvie, investimenti ferroviari con priorità per il trasporto passeggeri nei nodi
metropolitani, per aumentare la capacità
di trasportare merci e per migliorare il
servizio ai cittadini. Anche l’adeguamento dell’accessibilità ai porti mediante ferrovie, strade ed autostrade sono utili per
il sostegno al cabotaggio.
L’adeguamento delle strade statali esistenti deve essere la soluzione per decongestionare le aree urbane dal traffico e per
aumentare la sicurezza, per migliorare e
snellire il traffico che già c’è sulle nostre
strade senza realizzare nuove autostrade che attirano nuovi flussi di traffico di
transito
In alternativa alla nuova E55 RavennaVenezia si dovrebbe puntare sul cabotaggio, mentre i Verdi ritengono devastanti
per l’ambiente progetti come il terzo traforo del Gran Sasso, il raddoppio del tunnel del Monte Bianco, compreso l’inutile
ed impattante progetto di Ponte sullo
Stretto di Messina. Anche nel campo degli investimenti ferroviari riteniamo che
dopo aver deciso la realizzazione dell’alta
velocità tra Torino-Milano-Napoli ( in
cantiere) sia preferibile investire in potenziamenti e velocizzazioni della rete
esistente, anche se i verdi non sono ideologicamente contro l’Alta velocità:
4) Sostegno alle autostrade del mare ed
al cabotaggio.
Si tratta di far adottare misure concrete
per incentivare e rendere conveniente il
trasporto via mare rispetto al trasporto
su strada. Le misure (ammesse anche in
sede europea) sono la detassazione della
attività delle imprese armatoriali (previste ma in misura limitata) e gli incentivi per l’intermodalità che devono essere
rifinanziati. Infine, utili e fondamentali
sono gli aiuti all’ammodernamento del
naviglio con mezzi più veloci e sicuri, con
il doppio scafo per evitare possibili inquinamenti del mare e dismettere le carrette
del mare.
5) Riconversione dell’autotrasporto
merci
La frammentazione e l’elevato numero
di imprese di autotrasporto, strettamente connesse alla struttura industriale del
nostro Paese basata prevalentemente
su piccole e medie imprese, combinata
alla trasformazione dei processi produttivi verso il “just in time” (magazzino
viaggiante) ha aumentato la crescita del
trasporto su strada, alimentando inefficienza, congestione, consumi energetici
ed una domanda diffusa di nuove infrastrutture autostradali.
Servono quindi azioni mirate per governare questa crescita, puntando sul riequilibrio modale e l’efficienza del sistema,
dialogando in modo serrato con il mondo dell’autotrasporto. A questo scopo
servono misure fiscali per promuovere
l’aggregazione delle imprese ed incentivi
economici per costituire sistemi logistici
in grado di integrare complessivamente
la mobilità su strada, in cooperazione sia
con le imprese di autotrasporto e sia con
le imprese artigianali ed industriali. Per il
traffico merci di lunga percorrenza, oltre
alle misure fiscali ed economiche per promuovere efficienza ed aggregazione delle
imprese, serve anche una politica tariffaria mirata che disincentivi il trasporto su
strada e premi comportamenti virtuosi di
conversione verso ferrovie e cabotaggio.
6) Traffico aereo, riduzione dell’inquinamento e miglior efficienza del
sistema. Il Governo non ha adottato una
politica credibile di razionalizzazione
del trasporto aereo con le altre modalità
di trasporto, in termini di integrazione
e di alternative (vedi l’accessibilità agli
aeroporti e la concorrenza treni veloci/
aereo e la proliferazione degli aeroporti
regionali). I Verdi propongono politiche
che puntino a ridurre l’impatto negativo
del trasporto aereo, che attualmente è il
sistema che ha più elevati consumi procapite di energia ed emissioni in atmosfera, ed il cui carburate non è tassato. A
questo scopo è indispensabile:
- non potenziare l’hub di Malpensa,
non solo per l’impatto ambientale, ma
anche perché la strategia di sostegno a
due grandi hub italiani, è già stata riconosciuta fallimentare anche sul piano
commerciale
- non potenziare ulteriormente gli aeroporti regionali sia per l’impatto ambientale, sia per non creare concorrenza
al mezzo ferroviario (a minore impatto
ambientale) e introdurre limiti severi per
i voli privati
- aumentare la sicurezza del volo, con
tecnologie, riorganizzazione dei sistemi
di controllo ed assistenza al volo, formazione del personale, per evitare che
accadano nuove tragedie come quella
dell’aeroporto di Linate.
- introdurre misure di mitigazione del
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rumore, dei sorvoli, degli orari di decollo
ed atterraggio per tutelare la popolazione circostante. Investire in tecnologie
per migliorare l’efficienza dei velivoli, il
risparmio energetico ed il rumore.
- introdurre a livello europeo un sistema
di tassazione del carburante, che riconosca il peso ambientale negativo del trasporto aereo
7) Ricerca e promozione su veicoli e
carburanti a basso impatto ambientale
Dopo aver affrontato obiettivi di riequilibrio modale e di governo della crescita
della domanda è opportuno affrontare
anche le possibili soluzioni per ridurre
l’impatto sulle emissioni atmosferiche
dei veicoli e dei carburanti.
Non solo cresce la mobilità, ma nel corso
degli ultimi anni la cilindrata media delle
autovetture in circolazione è andata crescendo. Se poi calcoliamo che il ciclo di
produzione e rottamazione di un veicolo
pesa per il 25% sull’impatto ambientale
complessivo, non è da una semplice rottamazione dei veicoli che possono derivare benefici ambientali significativi.
Quello che serve sono politiche di incentivo per veicoli a ridotte emissioni, di piccola cilindrata, che utilizzano carburanti
puliti come il metano, e veicoli innovativi per le aree urbane come biciclette a
pedalata assistita, scooter e quadricicli
elettrici e che possono essere indotte
prevalentemente mediante politiche di
regolazione del traffico, ad esempio nel
campo delle limitazioni per il superamento dei limiti sulla qualità dell’aria e
di regolazione del traffico.
Occorre prevedere una tassa sull’acquisto di autoveicoli che superano i 130
grammi di co2 al km.
In questo senso è certamente promettente la ricerca sulle Fuel Cell e sul solare, applicate all’Idrogeno, che potrebbero costituire una alternativa in futuro al
motore a scoppio. Senza quindi farci illusioni che l’ Idrogeno possa costituire da
solo una credibile alternativa al petrolio,
perché non si tratta di un combustibile,
ma di un elemento che ha bisogno di una
fonte energetica per essere prodotto ed
utilizzato.
Quindi i Verdi propongono di rivedere
il sistema delle accise sulla benzina e sul
gasolio, in modo da sostenere l’uso dei
combustibili attualmente disponibili a
minore impatto ambientale come il metano e destinare risorse ed agevolazioni per
sostenere la ricerca su veicoli e carburanti
a minore impatto ambientale.
Territorio e Parchi
Da sempre ci siamo caratterizzati come il
partito della difesa e della salvaguardia del
territorio e dovunque amministriamo siamo riusciti ad ottenere grandi risultati.
Dobbiamo favorire l’istituzione di nuovi
parchi che in accordo con le popolazioni locali siano fonte di sviluppo ecocompatibile e non “riserve indiane” e dove le
attività del turismo siano fonte di lavoro
e occupazione.
MOZIONI POLITICHE NAZIONALI
VERDI, DIRITTO AL FUTURO
Preso atto del risultato delle ultime elezioni politiche, i firmatari della presente
mozione ritengono necessario dare avvio ad un momento di analisi e riflessione approfondite. La constatazione che la
questione ecologica è oggi una priorità
per la sopravvivenza della specie umana
sul pianeta, unita alla circostanza che, ad
oggi, non esiste una forza politica che affronti in modo adeguato tale questione,
ci induce a non vanificare elaborazione
politica e di buone pratiche avviate sul
fronte della conversione ecologica (dalla riduzione dei consumi e dei rifiuti
alla raccolta differenziata, dal risparmio
energetico alla diffusione delle energie
rinnovabili, dai cantieri utili alla politica
dei parchi, dai diritti civili ai diritti degli
animali, dai diritti umani alla pace…).
Occorre, tuttavia, una seria autocritica
sulla gestione del partito degli ultimi
anni, sull’abbandono dell’ecologia della
politica, sulla superficialità della politica delle alleanze elettorali, sulla ricerca
spasmodica dell’immagine a scapito di
un reale radicamento e della sostanza
politica della nostra azione. Sentiamo
profondamente la necessità di rifondare
il nostro partito, affinchè si faccia interprete e difensore dei valori dell’ecologia.
Per questo è indispensabile svolgere
un’intensa azione di educazione alla cultura ambientale, ponendoci come interlocutore privilegiato dei movimenti e
della società civile; occorre costruire una
rete di interrelazioni ampia ed una deburocratizzazione degli apparati attraverso
la valorizzazione delle strutture territoriali, degli iscritti e di coloro che iscritti
non sono. Per fare questo crediamo che
sia necessario azzerare le logiche di potere, dare spazio a persone ed energie
nuove, rispristinare l’originario progetto
culturale del Sole che ride. Solo in questo modo i Verdi potranno lavorare per
il futuro sostenibile del paese. Non dobbiamo ripetere gli errori del passato, non
dobbiamo farci travolgere dalla fretta
per le prossime scadenze elettorali, con
soluzioni pasticciate all’ultimo momento, figlie di una logica da resa dei conti o
di una eccessiva depressione post elettorale. Non è il momento di dividersi.
Primi Firmatari
Massimiliano Di Gioia
Anna Maria Procacci
Gabriele Volpi
Daniela Pasini
Antonio Fiorenzani
pari passo con un’economia legata al
territorio, dove la produzione, destinata
a soddisfare i bisogni della popolazione,
avviene in massima parte a livello locale
ed è finanziata dal risparmio locale; praticamente, una produzione a km zero.
Un nuovo stile di vita
è ormai di palese evidenza l’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, con
i suoi continui attentati alla sicurezza
dell’ambiente e degli esseri viventi; un
obiettivo indefinito e infinito di crescita è incompatibile con un pianeta dalle
risorse limitate. Ciononostante, ancora
pochi riescono a vedere e accettare che
l’unica via percorribile è quella di produrre meno e consumare meno per assicurare un futuro sostenibile. è ormai
irrinunciabile un nuovo stile di vita che
passi attraverso la riduzione del consumo delle risorse, la filiera corta, le produzioni locali e biologiche, la partecipazione alle scelte, l’abbandono dei combustibili fossili e dell’incenerimento dei
rifiuti a favore delle energie rinnovabili.
La globalizzazione non ha portato benefici, ma ha accelerato i danni all’ambiente e favorito la violazione dei diritti dei
lavoratori, specie nei paesi più poveri: è
necessario recuperare un modello di vita
più semplice, più sano, più felice, basato
sul senso del limite. Questo deve essere
il criterio alla base di un intelligente e responsabile utilizzo delle risorse.
Verdi, verso un soggetto
politico moderno
Le considerazioni finora svolte sono sufficienti a confermare l’utilità dell’esistenza di un soggetto politico ecologista. Il
soggetto politico che vogliamo non intende monopolizzare l’ecologismo, ma
aprirsi all’esterno per costruire una rete
del sapere ecologista, con l’apporto essenziale di quanti fanno della salvaguardia dell’ambiente, della tutela dei diritti e
dei beni comuni una pratica quotidiana.
Il soggetto politico che vogliamo costruire deve avere un’organizzazione di tipo
federale, in linea con una forte vocazione territoriale; deve ispirarsi a principi di
democrazia e di moralità nella gestione
(ad esempio stabilendo l’incompatibilità di importanti cariche istituzionali
con quelle dirigenziali di partito e con
quelle significativamente retribuite in
enti, società, ecc, garantendo il ricambio
della dirigenza, limitando a due i mandati consecutivi); deve avere una precisa
identità ed una chiara linea politica. Gli
iscritti al partito che rivestono incarichi
politico-istituzionali dovranno partecipare responsabilmente alla vita del partito e assicurare un congruo contributo
economico, la cui misura dovrà essere
definita tenendo conto delle esigenze finanziarie della struttura e, quindi, recepita nello statuto.
Un’economia a “km zero”:
ecologica, partecipata,
decentrata
Il nuovo stile di vita che proponiamo
deve essere “ecologico” e perciò partecipato e decentrato. La partecipazione è il
presupposto per la creazione di una società federale e attenta ai bisogni di tutti,
anche dei più deboli; tutti - dai cittadini,
ai movimenti, alle associazioni - debbono essere messi in grado di partecipare direttamente alle scelte strategiche
che riguardano la gestione del proprio
territorio, utilizzando le tecnologie di
comunicazione che comportino il minor dispendio di risorse. Abbandonare
l’obiettivo della crescita illimitata va di
verdi, subito all’opera
Noi Verdi abbiamo lavorato per anni
per un ideale, contribuendo a cambiare
la coscienza di questo paese sui temi a
noi cari: la pace, i diritti civili e sociali, le
energie rinnovabili, la sicurezza alimentare, la lotta alla precarietà, l’afferma-
è essenziale riprendere l’iniziativa politica il più presto possibile, perché la tutela
del territorio, dell’ambiente, della pace
e della giustizia sociale non hanno paladini nel parlamento. L’ondata di ritorno al nucleare ed il recente allarme per
l’incidente avvenuto a Krsko in Slovenia
sono a testimoniare ancora una volta che
i Verdi hanno un compito nobile e importante, quello di fornire alla comunità
un ausilio culturale fondamentale nelle
scelte riguardanti l’ambiente e il futuro
del nostro pianeta.
Lorena Marzini
Tullio Berlenghi
Matilde Spadaro
Walter Caporale
Pietro Del Zanna
Seguono altre firme
Verdi, riorganizzazione
e azione
15
zione del biocentrismo e dei diritti degli
animali, che da sempre fanno parte del
nostro patrimonio politico e culturale.
Abbiamo, purtroppo, tradito le aspettative conformandoci agli altri partiti,
centralistici oligarchici, e dimenticando
i nostri valori. Dobbiamo ripristinare
un’immagine “pulita”, dando coerenza
alla nostra organizzazione e ai nostri
comportamenti. Dobbiamo, pertanto,
ricominciare da un forte confederalismo
che metta al vertice le realtà locali, le federazioni provinciali e le federazioni regionali. è necessario organizzare e supportare gruppi di lavoro tematici aperti
che si riuniscano periodicamente, così
come sono necessari incontri periodici
per le associazioni e che con coloro che
nella società civile promuovono cambiamento e innovazione. Dovremo, ognuno di noi, praticare uno stile di vita più
ecologico e coltivare la difficile virtù della coerenza. Garantire sedi dei Verdi in
ogni capoluogo di provincia dando ospitalità ai gruppi d’acquisto solidale, alla
promozione della finanza etica, a sportelli d’informazione sulle energie rinnovabili, a corsi di formazione ecologista,
a seminari di approfondimento tematico
per eletti e nominati. Dovremmo cercare
adesioni chiedendo un contributo senza
praticare esclusioni, un contributo proporzionale al reddito e che sia investito
per lo più a sostenere le strutture e iniziative locali.
PROPOSTE DI MODIFICA STATUTARIA
MODIFICA STATUTARIA PER
L’ASSEMBLEA DI CHIANCIANO
PROPOSTA DAL CONSIGLIO FEDERALE
NAZIONALE (15/06/2008)
Norma transitoria
L’Assemblea Nazionale straordinaria della Federazione dei Verdi riunita a Chianciano il
18-19-20 luglio 2008 decide l’apertura di una
fase di confronto politico programmatico che
coinvolga i Verdi in tutte le articolazioni e che
porti anche all’elaborazione delle necessarie
modifiche statutarie e organizzative con spirito
condiviso e aperto verso l’esterno.
A tal fine stabilisce che:
- questa Assemblea è abilitata alla elezione degli
organi dirigenti nazionali;
- questa Assemblea eleggerà un/a Portavoce, con
le stesse attribuzioni e compiti stabiliti nell’attuale Statuto per il Presidente, e un Coordinamento
Nazionale formato da 14 membri, con parità di
genere, con le stesse attribuzioni e compiti stabiliti nell’attuale Statuto per l’Esecutivo;
- la durata di detti organi è limitata ad un anno,
a tal fine, sin da ora, viene convocata, per delegati, una Assemblea Nazionale dopo le Elezioni
Europee 2009;
- l’attuale Consiglio Federale Nazionale rimane
in carica e verrà rinnovato in occasione della As-
semblea Nazionale convocata dopo le Elezioni
Europee 2009;
- viene altresì convocata sin da ora una Assemblea Straordinaria Politico-Programmatica da
tenersi nei primi mesi del 2009 in previsione delle scadenze relative alle elezioni amministrative
e europee del prossimo anno;
- gli articoli dello Statuto e/o dei regolamenti, o
parti degli articoli di essi, in contrasto con queste norme transitorie sono sospesi sino alla Assemblea Statutaria già convocata nel 2009.
Non vi sono altre proposte di modifica statutaria
per l’Assemblea nazionale.
INFORMAZIONI
L’ASSEMBLEA NAZIONALE DEI VERDI SI SVOLGERà A Chianciano Terme (SI) IL 18 - 19 e 20 luglio 2008
PRESSO IL “Palacongressi Montepaschi” sito all’interno del parco Fucoli delle Terme di Chianciano
ingresso da Viale delle Terme
Come arrivare a Chianciano Terme
Con la macchina/il pullman
Autostrada del Sole tra Firenze e Roma, uscita di Chiusi - Chianciano Terme. Dal casello a destra e poi a sinistra, imboccando la SS 146
e seguendo le indicazioni per Chianciano Terme. Si entra nella località dalla parte sud, la Rinascente. Distanza ca. 12 km.
Con il treno
Linea principale tra Firenze e Roma con stazione ferroviaria a Chiusi (“Chiusi - Chianciano Terme”).
Dalla stazione di Chiusi, servizio regolare di autobus (ca. 15/20 minuti di percorso) fino alle 22.00 h ca.
Per Consultare gli orari dei treni: www.trenitalia.com
PRENOTAZIONI ALBERGHI
Per i partecipanti all’Assemblea abbiamo stipulato una convenzione alberghiera con la Clante Hotels Tours
Per ogni informazione:
Clante Hotels Tours - tel. 0578/63360 - 0578/63037 - fax 0578/64675 - e-mail: [email protected]
FEDERAZIONE DEI VERDI
Via Salandra, 6
00187 Roma
tel. 06/4203061
fax. 06/42004600
[email protected]
www.verdi.it
3
lunedì 14 luglio 2008
MUSICA
Dario Parascandolo - [email protected]
Coldplay – Viva la Vida
Difficile stabilire
di fronte a quale
artista ci si trovi;
difficile stabilire se
“Viva la Vida” sia
un disco dei Coldplay o di quel genio di Brian Eno.
La sua influenza in
sede di produzione
è forte, evidente e,
come al solito, mai
invadente. Eno, già
storico “artefice”
del suono degli U2,
dei Talking Heads e di David Bowie (come dimenticare “Heroes”?), ha condotto la band per mano verso
territori sonori impensabili dopo la delusione del precedente disco. E l’ispirazione scorre fluida in questo
“Viva la Vida”, con il leader Chris Martin finalmente
consapevole delle proprie potenzialità liriche, coinvolgente e convincente in ogni passaggio, con una sezione
ritmica in stato di grazia dal punto di vista creativo e
con un campionario di arrangiamenti mai così vasto
in passato. Nulla di realmente nuovo in queste dieci
tracce che compongono il disco, ma un bel compendio di gran parte della storia del pop britannico, con
molte citazioni: dal John Lennon più intimo di “42”,
gran bel pezzo spezzato da un’apertura di chiara matrice Radiohead, agli U2 di “Joshua Tree” in “Lovers in
Japan”, che non nasconde vaghi riferimenti al Robert
Smith più innamorato. Ma la grande sorpresa dell’album è “Violet Hill”, spiazzante singolo di lancio, ovvero quanto di più distante potessimo aspettarci dalla
band britannica: un riuscitissimo tentativo di rileggere
il brit pop trasportandolo direttamente nel 1969, con
una perfezione sonora che ha dell’invidiabile, moderna e perfettamente indossata dalla canzone. Una gran
bella sorpresa questo “Viva la Vida”, con “La Libertà
che Guida il Popolo” del pittore romantico Eugène Delacroix in copertina. In un marasma di uscite discografiche usa e getta, in cui nulla più appare degno della
storicizzazione, sarebbe un vero peccato se il pubblico
rock trascurasse questo piccolo gioiello di emozioni
e ispirazione, dovute allo stato di grazia di una band
giovane e del più grande musicista-produttore che le 7
note abbiano mai avuto il piacere di incontrare.
Il Paese del Turpiloquio
Ci indignamo per le battute di Guzzanti e Grillo e non per Berlusconi che manda baci alle ragazze
Alessio Postiglione
[email protected]
www.politiche.wordpress.com
S
i è da poco conclusa
la manifestazione No
Cav e non accennano a
spegnersi le polemiche. Non
quelle che riguardano le leggi ad personam, si badi bene,
ma quelle che ineriscono la
deriva coprolalica che ha assalito alcuni protagonisti della
stessa manifestazione. Lo stesso Di Pietro, dopo aver dato
dello sfruttatore a Berlusconi,
sbotta inorridito contro questo profluvio di turpiloqui. Le
anime belle insorgono contro
due comici e gli elementi più
prettamente politici della manifestazione vengono espunti
dal dibattito mediatico. Peccato. Soprattutto perché le
parolacce sono state utilizzate
da comici, non da politici. E
da quando mondo è mondo,
esistono comici che ricorrono
alla parolaccia per suscitare
ilarità. Stranamente lo stesso
scandalo non viene suscitato
dal celodurismo eletto a sistema di comunicazione politica.
Già.
Siamo passati dalla metafora
del corpo politico di Menenio
Agrippa a quella dei “membri
politici” di Bossi che, con il suo
“la Lega ce l’ha duro”, guidava
i suoi novelli priapi secessionisti, sorretti da un’acqua del Po
più taumaturgica del Viagra.
Contemporaneamente al No
Cav Day, poi, il nostro premier
pavoneggiava nella terra del Sol
Levante. Sotto braccio a Sarkozy, mandava baci alle bellezze locali, fra il divertimento e lo
sconcerto del presidente francese che lo rimbrottava. Ma il
cipiglio da tombeur de femme
di Berlusconi “trascende ogni
suo controllo”, come ammette
il libertino delle Relazioni Pericolose di Choderlos de Laclos.
Ed ecco che il Nostro, alla vista
della fulgida bellezza teutonica del cancelliere Merkel, si
lanciava in un balletto, dopo
averla omaggiato di un salame
(avete letto bene!) avvolto nel
tricolore. C’erano gli estremi
per vilipendio di bandiera! E
intanto Angela era divertita
e sconcertata. Divertimento
e sconcerto che assale chi, da
altri Paesi, deve pesare il carattere guascone ultraitaliano
del Nostro che sguazza nei più
beceri stereotipi machisti.
è l’evoluzione della specie.
Il berlusconismo piacione e
seduttore sta al celodurismo
di Bossi, come il socialismo
scientifico a quello utopistico.
è un passo avanti, figlio – e che
figlio! – di una grande tradizione italica che ha assunto la
più grande sistematizzazione
estetica con i film di “genere”
di Pierino degli anni 70. Mentre la sinistra, noiosa, senile e
pure impotente se non checca,
si esprimeva nei capolavori di
Fellini, Antonioni, Pasolini – e
che palle! – l’italiano ruspante e
maschio finalmente poteva rispecchiarsi in “quel gran pezzo
dell’Ubalda tutta nuda e tutta
“Caro picciotto ti scrivo...”
I sistemi per violare il 41bis utilizzati dai padrini delle cosche più spietate d’Italia
Simone Di Meo
M
[email protected]
ai, come in questi giorni, si
è parlato dell’importanza
del 41bis per contrastare
lo strapotere della criminalità organizzata in Italia e della necessità di
inasprire i controlli nei confronti dei
detenuti in regime di massima sorveglianza, ai quali un trattamento
penitenziario comune offrirebbe la
possibilità di continuare a gestire gli
affari illeciti delle proprie organizzazioni anche dal carcere, senza alcun
tipo di problema. E il ministro della
Giustizia Angelino Alfano ha promesso una riforma legislativa proprio
in questa direzione, dopo che molti
padrini di Cosa nostra hanno potuto
– grazie a permissive interpretazioni
di diritto – chiedere l’annullamento
dell’applicazione del 41bis e tornare
a essere detenuti normali, con tutti
i rischi che ne derivano. Ma molto
spesso, anche dall’isolamento, i capi
delle cosche criminali più spietate del
Paese sono riusciti a comunicare con
l’esterno e a mantenere i contatti con i
propri affiliati e con i propri familiari,
trasmettendo loro ordini e intessendo
strategie di morte e di terrore. A parlarne per primo è stato il pentito Luigi
Giuliano, ex boss del rione Forcella di
Napoli, passato nel settembre 2002 a
collaborare con la giustizia dopo un
lungo travaglio esistenziale che l’ha
portato, un paio di volte, a un passo
dal suicidio. Nel corso di uno dei suoi
primi interrogatori, Giuliano raccontò ai giudici come si riesce a eludere
il regime di sicurezza assicurato dal
41bis, svelando trucchi e tecniche di
una trasmissione delle informazioni
che dovrebbe essere vietata, ma che
– invece – nelle sue parole appare
di una semplicità disarmante, sostenendo inoltre che da tempo, nelle
cosiddette sezioni “differenziate”, è in
corso una frenetica attività criminale
- da parte di Cosa Nostra, camorra e
‘ndrangheta – con l’obiettivo di ottenere, se non la formale abrogazione,
prima l’attenuazione e poi lo svuotamento sostanziale del 41bis. Questo
sarebbe il primo di un elenco di priorità del programma malavitoso, seguito dalla campagna contro i pentiti
e dalla abolizione dell’ergastolo. Tale
linea - secondo Giuliano - sarebbe
stata elaborata da alcuni boss della
mafia (Leoluca Bagarella, Totò Riina e
Piddu Madonia) e poi condivisa dalle
altre organizzazioni. Per raggiungere
l’obiettivo, soprattutto i camorristi
avrebbero portato all’esterno le nuove direttive, ovvero la necessità di
imporre una sorta di pax mafiosa su
tutto il territorio nazionale, per offrire
all’opinione pubblica e alla politica un
segnale di buona volontà da parte del
mondo del crimine e ottenere così benefici altrimenti impensabili. Durante
i suoi lunghi colloqui con i magistrati,
Giuliano affermo che “risulta agevole
ai detenuti passarsi di mano i bigliettini oppure calare i messaggi scritti
nelle celle utilizzando delle cordicelle”.
In altri casi, i messaggi sarebbero stati
nascosti in punti strategici: a tale proposito il pentito accennò a un termosifone del settore docce del carcere di
Parma. Un’altra tecnica svelata fu la
partecipazione dei detenuti alle videoconferenze nello stesso sito. Il collaboratore parlò, inoltre, di una potente
colla con la quale venivano chiuse le
lettere, rendendole impossibile da
aprire senza distruggerle, realizzata
artigianalmente attraverso la manipolazione di un medicinale lassativo. Ma
in altre circostanze i mafiosi avrebbero comunicato con segnali attraverso
le celle con persone che si affacciavano dalle finestre di edifici prospicienti
al carcere. Secondo Giuliano, ciò è
accaduto a Secondigliano dove un
camorrista è riuscito in questo modo
a trasmettere messaggi. Giuliano ha
raccontato anche che a lui si rivolsero
due boss della mafia, Pietro Vernengo
e Salvatore Enea, che gli chiesero se
era possibile utilizzare l’appartamento attraverso il quale comunicava il
camorrista. Il collaboratore raccontò
infine che egli stesso riuscì a conversare a Parma con il boss camorrista
Luigi Vollaro, per discutere del programma di eliminazione dei pentiti,
dei loro familiari e degli avvocati che
li assistono. [1. continua]
Il regime di massima sicurezza detentiva è pieno
di buchi, come dimostrano le tante indagini della
magistratura. Il pentito di camorra Luigi Giuliano
racconta le tecniche e gli strumenti per comunicare
con l’esterno: dalla colla-lassativo ai pizzini calati dalle
finestre dei penitenziari con le cordicelle
Il celodurismo non ci scandalizza
più. Perché lo Strapaese sogna le
veline e chi se le rimorchia merita
ammirazione. Questa è l’Italia allattata
dalla tv commerciale. Ragazzotti
playboy a rimorchiare bionde con il più
improbabile inglese. Sono simpatici.
Solo che qua non stiamo a Rimini.
Stiamo in politica
calda”. Gouaches carnali, non
freddo erotismo intellettuale,
dove si palpeggiavano glutei, si
consumavano con lo sguardo,
dai buchi della serratura, turgidi seni, il tutto sonorizzato
dalle musicali flatulenze di Alvaro Vitali.
Già. Perché, in fin dei conti, la
sinistra, oggi, viene percepita
come una “setta penitenziale”.
Predica austerità: monetaria
e anche morale. E’ la provocazione lanciata da Raffaele
Simone nel “Mostro mite”. In
un mondo consumistico, del
“tutto e subito”, della tv spazzatura, che senso ha predicare
uguaglianza, redistribuzione,
“emancipazione delle donne e
dei proletari”?, quando le ragazze vogliono fare le veline e
i proletari aspirano ad accompagnarsi alle prime?
Resta, però, la malafede di chi
fa da cassa di risonanza alle
esternazioni della Guzzanti
e di Grillo. Ci si indigna per
battute – sicuramente volgari
e grossolane – di due comici e
non per il manomortismo verbale del nostro premier o per
aver incardinato una soubrette
nel dicastero delle pari opportunità. Fantastico!
è la normalizzazione di una
cultura machista per la quale
un uomo – non importa il suo
stato civile – può e deve essere
sempre seduttivo, malizioso
CINEMA
e ammicante. Poco importa
che, obnubilati dal testosterone, aumenti il rischio gaffe;
né il ritegno, né l’importanza
dell’ufficio fanno desistere il
“cuccador” dal mandare bacetti, o scherzar in modo da
attirare l’attenzione femminile, come nel celebre caso della corna fatte con la mano da
Berlusconi.
E’ l’italianità. O meglio: quell’italianità provincialotta che manda in visibilio la stampa estera e
nel quale si riconosce la cultura
nazionalpopolare, lo Strapaese,
alieno dalla temperanza professata dagli intellettuali di sinistra, vil razza dannata; e che si
identifica in un’iconografia pop
ricca di belle macchine e di belle donne ridotte, quest’ultime,
come gli altri beni di consumo,
ad una pura funzione ornamentale. Chi ha i soldi, tromba:
soprattutto belle donne. Gli altri? Sono sfigati.
Il celodurismo non ci scandalizza più. Perché lo Strapaese
sogna le veline e chi se le rimorchia merita ammirazione.
Questa è l’Italia allattata dalla
tv commerciale. Ragazzotti
playboy con i capelli fonati a
rimorchiare bionde con il più
improbabile inglese. Sono simpatici. Solo che qua non stiamo
a Rimini. Stiamo in politica.
Ma forse sono solo un altro
moralista di sinistra. 
D.P.
Wanted – Scegli il tuo destino
Un perdente che lavora tutti i giorni nell’ufficio gestione clienti di un’azienda, con una fidanzata petulante
che lo tradisce con il suo migliore amico e collega di
lavoro, una caporeparto cicciona e autoritaria, una vita
tutta Ikea e sicurezza (“Fight Club”?), la giornata scandita da ansiolitici e un bancomat che lo schernisce. Abbandonato dal padre all’età di sette giorni, Wesley (la
stellina nascente James McAvoy) sembra proprio vivere una vita inconsistente, finchè l’incontro con la bella
e magrissima Fox (Anjelina Jolie), ipertatuata pistolera
di un futuro alla Matrix, lo porta a conoscenza della
sua reale identità. Figlio del più esperto killer di una
confraternita di giustizieri guidati dal fato e guidata dal
carismatico Sloan (Morgan Freeman), di cui fa parte la
stessa Fox, Wesley sarà da loro addestrato per diventare un perfetto killer-giustiziere ed eliminare così uno
“scissionista” che, oltre ad avergli brutalmente ammazzato il padre, è deciso a porre fine con la violenza
all’esistenza della confraternita. Spacciato come l’adattamento cinematografico dell’omonimo fumetto di
Mark Millar, “Wanted” in realtà ne prende largamente
le distanze, trasformando l’originaria associazione di
killer spietati con fini esclusivamente egoistici in una
confraternita di giustizieri idealisti guidati dal Fato, un
magico telaio che fornisce i nomi dei “cattivi” in forma di codice binario. Differenze con l’opera prima a
parte, il regista kazako Timur Bekmambetov, già una
star in Russia con il suo “Day Watch”, non risparmia
allo spettatore emozioni mozzafiato, fra inseguimenti automobilistici più che spettacolari, proiettili con
traiettoria curvilinea, treni che deragliano da ponti a
strapiombo sul canyon, vasche termali che velocizzano la cicatrizzazione di ferite mortali, visionari ralenty
di matrixiana memoria e topi bomba: tutti i possibili
trucchi per consegnare al pubblico due ore di intrattenimento puro di grande qualità basato esclusivamente
sulla perfezione degli effetti speciali.
4
lunedì 14 luglio 2008
Europa chiama Italia
di Alessandro
Zan
[email protected]
I moralismi
dell’accanimento
terapeutico
La vicenda di Eluana Englaro, la ragazza in coma
vegetativo persistente in seguito a un incidente
stradale avvenuto il 18 gennaio del 1992, è diventata un caso da manuale di bioetica su cui si confrontano e si scontrano differenti concezioni della
vita e della morte. Viviamo in un’epoca nella quale,
da parte di teologi e moralisti, si continua a parlare
di nascita e di morte naturale, mentre intanto le
nuove biotecnologie hanno radicalmente cambiato il nostro modo di nascere e di morire. Ormai si
discute anche su quale sia veramente il momento
iniziale di una nuova vita e quando si possa davvero parlare di morte. Ma ora che la Corte d’appello
di Milano ha accolto,
dopo una lunga vicenda giudiziaria, la
richiesta del padre di
Eluana, di interrompere l’alimentazione
e l’idratazione, attraverso un sondino, che
consentono a Eluana
la prosecuzione di
una vita non-vita, il
commento più giusto
e pudico, in mezzo ai
tanti che si ascoltano
e si leggono, è proprio
quello del signor Englaro, che non vuole
che “le telecamere
continuino a esplorare la sua faccia per
far risaltare lacrime o
emozioni”. Le parole
di quest’uomo, che
ha finalmente vinto
la più amara delle
battaglie, non hanno
nulla di trionfalistico, sono soltanto la
riaffermazione del
diritto, di sua figlia e
di ogni altra persona,
alla libertà e alla responsabilità del vivere e del morire. Eluana, prima
di entrare nel buio della coscienza, non ha potuto
lasciare nessuna testimonianza scritta della sua
volontà, ma le testimonianze concordi dei genitori
e degli amici non lasciano dubbi circa la sua intenzione di non essere mantenuta nella condizione in
cui, a sedici anni dall’incidente, ancora si trova e
che potrà finalmente abbandonare non per l’imposizione di un tribunale, ma per la volontà chiaramente manifestata quando ancora poteva farlo.
Il padre ha detto, con molta sobrietà, che “perdere
una figlia è tragico, ma purtroppo succede. E questo è umano. Ma vedere la violenza terapeutica,
una figlia invasa da mani altrui, costretta a stare
in un letto quando ogni cura è inutile, quando sta
immersa in una non-morte, in una non-vita, e lei
non l’avrebbe mai voluto, ecco, era ed è inumano”.
Su queste parole dovrebbero riflettere, con animo
sgombro, se possibile, da pregiudizi teologici e filosofici, coloro che parlano di rispetto per la vita
umana in ogni suo momento e condizione e paragonano addirittura la decisione dei giudici milanesi all’eutanasia dei nazisti nei confronti dei portatori di qualche handicap fisico o mentale.
Certamente la vita merita rispetto e le persone
non debbono essere trattate come oggetti manipolabili a piacere, ma un’etica del rispetto si lega
indissolubilmente a un’etica della libertà personale, soggettiva, senza la quale c’è soltanto la retorica della vita, e gli uomini diventano macchine biologiche alimentate artificialmente e tenute in vita
accanitamente e disumanamente per una sorta di
delirio dell’accanimento. Mi permetto di dire che
non è questa la pietà cristiana e neppure si sente,
in un simile comportamento, un autentico rispetto per l’uomo.
Rispettare qualcuno, in una prospettiva di moralità laica ma non antireligiosa, significa accettarlo
nella sua volontà di essere libero, anche di fronte
alla scelta suprema della morte. Lavoriamo pure,
con tutta la generosità possibile, per fargli amare la
vita, ma nessuno può essere costretto, con la forza
della legge, ad amare ciò che non ama più.
Viviamo in
un’epoca nella
quale, da parte di
teologi e moralisti,
si continua a
parlare di nascita
e di morte
naturale, mentre
intanto le nuove
biotecnologie
hanno
radicalmente
cambiato il nostro
modo di nascere
e di morire.
Ormai si discute
anche su quale
sia veramente il
momento iniziale
di una nuova
vita e quando si
possa davvero
parlare di morte
Francesco Benetti [email protected]
Sempre al centro dell’attenzione
Siamo un Paese peculiare, e
di questo prima o poi converrà
prendere atto. Non è infatti pratica
abituale di tutti gli Stati apparire
con tanta frequenza nei dibattiti
internazionali (o comunitari in
questi ultimi giorni) come succede
alle questioni nostrane
U
ltima in ordine temporale l’investitura di ufficialità della condanna dell’europarlamento nei
confronti dell’iniziativa del ministro dell’Interno,
Roberto Maroni. “La Eurocámara cree que la toma de
huellas a gitanos sería un acto de discriminación étnica”,
titola grande El Mundo dalla Spagna, l’Europarlamento
pensa che la schedatura delle impronte dei Rom sarebbe
un atto di discriminazione etnica.
Per carità, il Maroni leghista sta agendo in perfetta linea
con il suo credo e la sua carriera politica. Peccato lo faccia nelle vesti di ministro della Repubblica Italiana, il che
ci espone, volenti o nolenti, a farci carico delle accuse che
piovono dall’Europa. Continua infatti El Mundo nel sottolineare che “políticas que aumentan la exclusión nunca
serán efectivas para luchar contra la delincuencia”, politiche che incrementano la esclusione non saranno mai
funzionali alla lotta contro la delinquenza, in linea critica
quindi con il Governo Italiano, che vuole far passare il
decreto come forma di protezione per i minori sfruttati.
El Mundo sottolinea anche come “se ha tenido que hacer una excepción a la ley sobre seguridad pública”, si sia
dovuta realizzare una eccezione alla legge sulla sicurezza
pubblica, che impedisce di schedare le impronte digitali dei minorenni. Riprende la notizia anche Le Monde, che da Parigi ricorda che “cette pratique constituait
“un acte de discrimination directe” fondé sur la race et
l’origine ethnique, une mesure interdite par l’article 14
de la Convention européenne des droits de l’homme”,
questa pratica costituisce un “atto di discriminazione
diretto” fondato sulla razza
e sull’origine etnica, una misura proibita dall’articolo 14
della Convenzione Europea
dei diritti dell’uomo. Mentre
però El Mundo e Le Monde
si limitano a riportare le dichiarazioni del Parlamento
Europeo, il Times britannico, non proprio un esempio di stampa di sinistra, si
scaglia apertamente contro
“Italian Government’s ‘Mussolini methods’”, i metodi da
Mussolini del Governo Italiano, sottolineando, certo,
che “those with the right to
stay could then live “in decent conditions” rather than
“with rats”, Mr Maroni said.
The rest would be deported”,
quelli che avranno il diritto
di rimanere potranno vivere
in condizioni migliori, piuttosto che con i ratti, secondo
le parole di Maroni. Gli altri
veranno deportati. Dritto
al nocciolo della questione,
quindi, usando parole dure
nel condannare l’azione
del ministro leghista. “Mr.
Berlusconi”, inoltre, starebbe “exploiting fear, and […]
rushing through security
laws designed to save himself from corruption charges
rather than deal with the
causes of street crime”, sfruttando la paura, approvando
di corsa leggi sulla sicurezza
scritte per salvare sè stesso
dale accuse di corruzione,
invece di preoccuparsi direttamente delle cause del
crimine di strada. A proposito, è giusto ricordare come
sia visto il dibattito sulle leggi ad personam, che in Italia
è considerato soggettivo o
discutibile: la questione è
archiviata senza troppi giri
di parole, per esempio, dall’
Irish Times, secondo il cui
titolo “Parliament passes
Berlusconi immunity measure”, il Parlamento approva
l’immunità di Berlusconi.
Piccola nota di colore: il quotidiano ABC, espressione del
conservatorismo spagnolo,
ha pubblicato un sondaggio
sulla percezione dei leader
politici mondiali: da 0 a 10,
come nelle più classiche delle classifiche di questo tipo.
Voti molto bassi, Silvio Berlusconi si colloca ad un dignitoso 3,8 (meglio di Bush,
Chavez e Castro, ma peggio
del resto d’Europa): ma per
Berlusconi, l’unico per cui
viene fatta questa precisazione, viene anche sottolineato
che “el 86% rechaza que se tipifique la inmigración como
delito, como propuso Silvio
Berlusconi, a quien tachan de
xenófobo (67%), autoritario
(75) y machista (73)”, l’86%
degli intervistati rifiuta che
si identifichi l’immigrazione
come delitto, accusando Berlusconi di essere xenofobo,
autoritario e maschilista.
Area Marina Protetta “Plemmirio”
Gianni Milano - [email protected]
Anche questa settimana condividerò con i lettori di Notizie Verdi un’anticipazione della pubblicazione che ho personalmente curato per conto del ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare intitolata “Alla
scoperta delle ventisei Aree Marine Protette italiane” che sarà distribuita gratuitamente dallo stesso ministero nei
prossimi giorni. Visitiamo allora insieme, seppur virtualmente, il Plemmirio nella grande ed antica Siracusa.
Plemmirio, il preistorico villaggio decantato da Virgilio nell’Eneide, regala
il suo nome all’Area Marina Protetta
più giovane d’Italia, nata a Siracusa,
nella punta più a sud della Trinacria.
L’AMP si estende da Punta della Mola
a Punta di Milocca lungo la costa della
Penisola Maddalena e Capo Murro di
Porco, a sud della città. Quindici chilometri di mare e di paesaggi suggestivi, dove passeggiare, immergersi e
vivere a stretto contatto con la natura
grazie ad un susseguirsi di coste alte,
calette, grotte emerse ed un territorio
ricco di straordinaria flora e fauna, ma
anche di storia e cultura. Il Plemmirio
è un paradiso per i subacquei e per
gli amanti del mare ed la prima AMP
italiana ad essere diventata un vero e
proprio “parco di divertimento marino” che concilia le esigenze di tutela
dell’ambiente con lo sviluppo del territorio all’insegna dell’accessibilità totale, sia per quanto concerne i servizi
che per una più semplice fruibilità del
mare, garantita, grazie a strutture ad
hoc, anche ai bambini ed ai diversamente abili. Qui, per esempio, sono
stati realizzati due percorsi subacquei, che grazie ad alcuni supporti in
braille, a delle specifiche cime tutore
ed ai cartelli descrittivi dislocati lungo
queste “passeggiate tattili”, consentono anche ai non vedenti di poter godere della meravigliosa sensazione di
libertà che da sempre il mare regala.
Per i disabili sono stati creati degli appositi punti di accesso al mare dotati
di scivoli su cui transitare in carrozzella, oltre alla possibilità di usufruire
dell’aiuto di personale altamente spe-
cializzato formato proprio dall’AMP
“Plemmirio”. Ma anche per chi volesse fare immersioni “all’asciutto” è
possibile esplorare i fondali marini
attraverso la proiezione di video, accompagnati dalle meticolose ed appassionanti spiegazioni degli esperti
accompagnatori subacquei, profondi
conoscitori degli ecosistemi marini
del Plemmirio. I bambini sono i destinatari privilegiati di numerose attività
di educazione ambientale finalizzate
alla divulgazione delle regole per il
rispetto, la salvaguardia e la fruibilità
delle innumerevoli risorse marine: il
“sea watching” ad esempio, consente
anche ai meno esperti, equipaggiati
con pinne, maschera ed una dotazione di sicurezza, di conoscere meglio,
attraverso l’aiuto di esperti biologi, la
fauna subacquea. E poi per gli appassionati di archeologia subacquea i biologi marini e gli archeologi dell’AMP
sono al lavoro per completare quello
che diventerà un vero e proprio Percorso Subacqueo Archeologico che
promette di essere tra i più interessanti
d’Europa. Il mare di Siracusa, città natale del genio archimedeo, inserita nel
2005 nella World Heritage List diventando Patrimonio mondiale dell’umanità, è stato, infatti, teatro di cruentissime battaglie tra Greci e Romani per
la supremazia dei traffici commerciali
nel Mediterraneo. Insomma vale certamente la pena visitare questa AMP
per apprezzare la storia, la natura, il
mare, le acque del mitologico isolotto di Ortigia, centro storico aretuseo
e preziosa perla del barocco, e poi
magari per incontrare l’uomo che ha
segnato la storia dell’apnea mondiale,
il Maestro, il primatista Enzo Maiorca che saprà affascinarvi con il suo
sguardo profondo, sensibile, magnetico e che con i suoi racconti riuscirà ad
accarezzarvi l’anima ed a far vibrare
ogni atomo del vostro corpo.