Il credo islamico su Gesù e Maria
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Il credo islamico su Gesù e Maria
Pordenone, 17 ottobre 2013 A CURA DI PAOLA BARIGELLI-CALCARI Premesse cattoliche sul dialogo interreligioso Ma non vogliamo rifiutare il nostro rispettoso riconoscimento ai valori spirituali e morali delle varie confessioni religiose non cristiane, vogliamo con esse promuovere e difendere gli ideali, che possono essere comuni nel campo della libertà religiosa, della fratellanza umana, della buona cultura, della beneficenza sociale e dell'ordine civile. In ordine a questi comuni ideali un dialogo da parte nostra è possibile; e noi non mancheremo di offrirlo là dove, in reciproco e leale rispetto, sarà benevolmente accettato. 3. La Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l'unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra (5), che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come vi si è sottomesso anche Abramo, a cui la fede islamica volentieri si riferisce. Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano tuttavia come profeta; onorano la sua madre vergine, Maria, e talvolta pure la invocano con devozione. Inoltre attendono il giorno del giudizio, quando Dio retribuirà tutti gli uomini risuscitati. Così pure hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio, soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno. Se, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, il sacro Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà. « Cercare il metodo e le vie per aprire un dialogo adatto con i non cristiani. Esso opera quindi perché i non cristiani vengano rettamente conosciuti e giustamente stimati dai cristiani e che a loro volta i non cristiani possano adeguatamente conoscere e stimare la dottrina e la vita cristiana » « La verità infatti si deve ricercare nella maniera propria alla dignità della persona umana e alla sua natura sociale, con libera ricerca,con l'aiuto di un insegnamento o di una istituzione, della comunicazione e del dialogo, in cui gli uni espongono agli altri la verità che hanno trovato o ritengono di avere trovato per aiutarsi vicendevolmente nella ricerca della verità; alla verità conosciuta poi si deve aderire fermamente con assenso personale » «Nel diffondere la fede religiosa e nell'introdurre usanze, ci si deve sempre astenere da ogni forma di azione che possa sembrare costrizione o persuasione disonesta o non del tutto retta, specialmente quando si tratta di persone semplici o povere. Tale modo di agire deve essere considerato un abuso del proprio diritto o lesione del diritto degli altri» Il dialogo diventa così sorgente di speranza e fattore di comunione nella reciproca trasformazione. È lo Spirito Santo che guida la realizzazione del piano di Dio nella storia degli individui e di tutta l’umanità, fino a quando i figli di Dio dispersi dal peccato saranno riuniti nell’unità (cf. Gv 11,52) Pur mantenendo intatta la loro identità i cristiani devono essere disposti a imparare e a ricevere dagli altri e per loro tramite i valori positivi delle loro tradizioni. Così attraverso il dialogo possono essere condotti a vincere i pregiudizi inveterati, a rivedere le idee preconcette e ad accettare a volte che la comprensione della loro fede sia purificata. Se i cristiani coltivano una tale apertura e se accettano di essere messi alla prova, sarà loro possibile cogliere i frutti del dialogo. I dialoghi interreligiosi coinvolgono non soltanto le persone che dialogano ma anche in primo luogo IL DIO CHE PROFESSANO: il dialogo interreligioso come tale comporta tre partecipanti. Prerequisito: 1. Radicamento nella propria tradizione religiosa e culturale ed apertura a inter-relazioni con gli altri (fiducia nella tendenza complessiva dell’esperienza umana) 2. I partners interagiscono come pari e ugualmente vincolati alla verità e valore della propria religione e cultura La nostra conoscenza e comprensione delle altre tradizioni religioso-culturali sono generalmente limitate, se non distorte, a causa dei nostri pregiudizi religiosi e culturali. Poiché la realtà ultima è ineffabile, stando oltre tutte le categorie dottrinali, essa può essere raggiunta solo con un atteggiamento di totale umiltà (verso le altrui e la propria tradizione religiosoculturale). È un processo continuo ed aperto che presuppone la simpatia, un insieme di esperienze religioso culturali personali, e una ricca immaginazione religiosoculturale. Necessita di rispetto e interesse verso le credenze e le pratiche dell’altro. Inoltre di attrazione verso l’esperienza altrui. Si tratta di andare oltre l’autosufficienza della propria tradizione. Ospitare sia le somiglianza sia le differenze. L’ospitalità reciproca delle differenze può favorire un nuovo sviluppo in quanto contribuisce ad una più profonda autocomprensione, ad una maggiore capacità di sana autocritica, e all’integrazione di alcune intuizioni e pratiche religioso-culturali genuinamente nuove. scienza coranica 'Ulûm al-Qur'ân disceso immediatamente dalla stessa e unica Fonte in modo assai diverso dalle altre rivelazioni preferenza per l’implicito e il non detto suo punto di vista è essenzialmente creazionista ed escatologico Si può dire che il Corano è arabo e l'arabo è il Corano, in "lingua araba chiara", (lisān 'arabī mubīn). Oggi l'estrema esiguità dei musulmani arabofoni (all'incirca il 10% dell'intera popolazione islamica mondiale) ha condotto ad approntare traduzioni nelle più diverse lingue del mondo anche islamico: dal persiano al turco, dall'urdu all'indonesiano, dall'hindi al berbero. Sono veramente pochi i musulmani che conoscono a fondo l'arabo ed abbiano elementi di filologia e semantica antica per poter interpretare correttamente il significato di molti versetti. Nelle parole coraniche arabe vi sono spesso due significati: un senso aperto esplicito e più comune (zâhir) ed un altro più nascosto (bâtin) , intrinseco, a volte esoterico e sono i commentatori storici stessi a riferircelo. Quindi come tradurre entrambi i significati con una corrispondente unica parola come lo è nell'arabo? - Certo il Testo può esser tradotto, ma resta comunque inimitabile proprio per il legame indissolubile fra la lingua araba ed il Testo stesso, l'elemento fonetico accompagna la stessa lettura, la stessa melodia sacrale che spesso trascende il significato stesso. Esiste, all'interno della comunità islamica, ma anche fuori in ambito islamologico accademico, un mondo estremamente vasto e complesso che comprende tutte le discipline legate alla scienza coranica 'Ulûm al-Qur'ân, inerenti il Sacro Testo stesso, ma anche la sua interpretazione (Tafsīr), le circostanze della rivelazione, (âsbâb ân-Nuzûl) che fissano l'ordine cronologico della Rivelazione (Tanzil), le abrogazioni di versetti, (naskh), la grammatica, la filologia e la stilistica dell'arabo, i modi e le regole della salmodia (tajwīd); senza considerare l'altra scienza del mondo islamico che viaggia parallela, chiamata 'Ulûm alhadith e che comprende la compilazione dei trasmettitori di detti profetici (ahadīth), autenticazione delle vie della trasmissione (isnâd), studio e analisi del loro contenuto (matri), stima del grado di autenticità (sahih da'if) e analisi storica della vita del profeta, (sīrah);, ma che non può ritenersi separata in uno studio completo e coretto di ogni singolo versetto. Il Corano in arabo fa uso del discorso secondo la propria identità culturale e il proprio intento in modo assai diverso dalle altre rivelazioni, e ancora di più rispetto all’uso corrente delle altre lingue occidentali. La discontinuità del discorso, le giustapposizioni di termini ed espressioni, i silenzi e le suggestioni verso il lato visibile della rivelazione e verso un aldilà del testo a volte sembrano univoci e limitativi. L’originalità coranica consiste nel disarticolare i segni della storia nella loro concatenazione causale e temporale per sostituire loro una presentazione in cui prevalga il riferimento al modello originario senza mediazione. La tipologia riassuntiva prende le rivelazioni precedenti in considerazioni delle corrispondenze contemporanee nel modo in cui la storia è contenuta nell’istante eterno della scienza divina. Il carattere apparentemente sconnesso e disordinato del coranico nel quale le narrazioni continuate sono rare rappresenta un ordine combinatorio in cui le epoche, le linee tematiche e i racconti si intersecano reciprocamente. Il Corano è diretto all’intero genere umano. Le sure non sono ordinate secondo un criterio cronologico della loro discesa ma secondo l’ordine del tutto arbitrario e a posteriori della loro lunghezza. Ma anche questo criterio ha delle eccezioni. Il Corano è recitato salmodiato (rivelato e codificato), la lunghezza, il ritmo e l’alternanza invitano il credente a concedersi una pausa meditativa. Lettura e recitazione (qirâ’ ât) e commento (taf-sîr) del Corano sono tra le primissime scienze religiose comparse nell’Islam. L’approccio scientifico moderno rischia di far perdere la percezione e l’effetto globale di indivisibile pienezza . A differenza del Nuovo Testamento il Corano non si inserisce in ciò che l’ha preceduto come prolungamento o compimento . Il Corano rivendica il riferimento diretto, senza intermediari, alla fonte di ogni rivelazione, la Madre del Libro (umm al-kitâb); la sua autenticità risiede quindi nel fatto di essere disceso immediatamente dalla stessa e unica Fonte, per iniziativa del solo e unico Rivelatore. Secondo il Corano la Madre del Libro è il prototipo celeste di ogni rivelazione . Il Corano non trae dall’ordine successivo delle rivelazioni nel tempo le stesse conseguenze degli ebrei e dei cristiani, dal momento che il suo punto di vista è essenzialmente creazionista ed escatologico, ma riconosce altresì nella rivelazione plurima un bene comune di cui non intende appropriarsi . Secondo il Corano l’inedita disposizione dei segni che viene proposta è dovuta alla immediata, comune e costante dipendenza dal Creatore. La discesa diretta della rivelazione coranica si adatta alla temporalità (e quindi non c’è alcun condizionamento terreno alla rivelazione) disarticolando i segni della storia nella loro concatenazione causale e temporale per sostituirli con una presentazione in cui prevale il riferimento al modello originario senza mediazione . Si osserva che il Corano mostra qualche reticenza nei riguardi di ogni spiegazione e fissazione dogmatica. La sola dichiarazione è l’ Unità unica di Dio e la sua manifestazione nella creazione. Il secondo articolo di fede, che verte sulla missione di Maometto, non rientra nel credo dell’Islam allo stesso titolo assoluto del primo. L’arabo è una lingua formata da nomadi del deserto. Tali popoli sono fortemente affascinati e attratti dalla loro origine che hanno visto come Fonte unica, eternamente attuale, che non entra nel flusso del tempo. Per il Corano ogni istante nasce immediatamente dal decreto di Dio, attraverso un atto creativo sempre presente. Perciò viene mostrata una preferenza per l’implicito e il non detto, come espressione tacita del mistero . Maometto è “il sigillo dei profeti”: che significa per il Corano? Gesù è il Messia figlio di Maria (III,45): che significa per un islamico ? Lo scorso febbraio 2012 alcuni giornali turchi (Zaman, Bugun, Hurriyet e Star) hanno scritto del ritrovamento di una Bibbia che sarebbe scritta in aramaico con alfabeto siriaco su fogli di pelle. In questo documento conservato al museo etnografico di Ankara ci potrebbe essere una copia dell’assai controverso Vangelo di Barnaba. I contenuti di tale testo sono paralleli alle idee islamiche e include una profezia di Gesù sull’arrivo del profeta Maometto sulla terra. Il Corano sostiene che Mometto è “il sigillo dei profeti” (khâtam an-nabiyyîn) (C XXXIII,40) e che lo stesso Gesù abbia annunciato la sua venuta. E quando Gesù Figlio di Maria disse: Oh Figli d’Israele, io sono veramente un messaggero di Allah a voi (inviato) per confermare la Torah che mi ha preceduto, e per annunciarvi un Messaggero che verrà dopo di me, il cui nome sarà Ahmad […] ( C LXI,6) . In greco paraklêtos significa «avvocato», «consolatore» e paréklitos «degno di essere lodato», «degno di lode» come esprime precisamente il nome arabo di Muhammad. I passaggi da un termine greco all’altro nelle tradizioni orali ed una trascrizione incompleta in quanto si scrivevano soltanto le consonanti in aramaico ed ebraico hanno provocato l’attuale interpretazione coranica. Gv 14,16: e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre. (Paraclito significa consolatore, ma anche avvocato, difensore, protettore intercessore). Vedi pure Gv : 14,25 – Ma il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, Lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto 15,26 – Quando verrà il Paraclito che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me 16,7- Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paraclito se invece me ne vado, lo manderò a voi. Dicono Allah si è preso un figlio. Gloria a Lui, Egli è Colui che basta a Se Stesso: Gli appartiene tutto quello che è nei cieli e tutto quello che è sulla terra. Non avete nessuna prova per dire ciò: direte su Allah ciò che non sapete? (C X,68). Il Corano rimprovera agli ebrei di non aver riconosciuto Gesù il Messia e se la prende anche con i cristiani che ne fanno una divinità a fianco di Dio o un figlio che il Compassionevole avrebbe preso presso di Sé (ittakhadha). Gesù è il Messia figlio di Maria: Quando gli angeli dissero: O Maria, Allah ti annuncia la lieta novella di una Parola (Kalima) da Lui proveniente: il suo nome è il Messia (Masîh)-, Gesù figlio di Maria, eminente in questo mondo e nell’Altro, uno dei più vicini (C III,45). Gesù è stato concepito da Maria per intervento divino : E [ricorda] colei che ha mantenuto la sua castità! Insufflammo in essa il Nostro Spirito e facemmo di lei e di suo figlio un segno per i mondi (C XXI, 91). Gesù è profeta e inviato di Dio: [Ma Gesù] disse: « In verità sono un servo di Allah. Mi ha dato la Scrittura e ha fatto di me un profeta (C XIX,30) In verità o Maria, Allah ti ha eletta; ti ha purificata ed eletta tra tutte le donne del mondo (C III,42) «[…] Il giusto fiorirà come palma, crescerà come cedro del Libano; piantati nella casa del Signore, fioriranno negli atri del nostro Dio. […]» (Sal 92, 13-14) E Maria, figlia di ‘Imrân, che conservò la sua verginità; insufflammo in lei del Nostro Spirito. Attestò la vericità delle Parole del suo Signore e dei Suoi Libri e fu una delle devote. (C LXVI, 12) Maria nel Corano assume più spazio che nel Nuovo Testamento e, per quanto riguarda i dettagli biografici il Corano può raccontare a proposito di Maria più di quanto non facciano gli scritti del Nuovo Testamento. Ciò che si dice sulla nascita di Maria, sulla sua infanzia e sui segni della sua elezione divina (C III,33 ss.) ricorda moltissimo ciò che riportano gli apocrifi neotestamentari (Protovangelo di Giacomo e Vangelo di Tommaso) I semiti non menzionavano le donne nelle loro genealogie anche se in Mt 1,1-16 tra gli antenati di Gesù sono citate: Tamar, Racab, Rut, la moglie di Uria, Maria. Quasi sempre il Corano presenta Gesù come il figlio di Maria. In verità Allah ha eletto Adamo e Noè e la famiglia di Abramo e la famiglia di ‘Imrân al di sopra del resto del creato (C III,33). Il verbo arabo istafā (eleggere, scegliere) nel Corano è usato soprattutto per esprimere la qualità di eletti degli inviati di Dio i suoi servitori e i suoi angeli. Quando la moglie di ‘Imrân disse: «Mio Signore ho consacrato a Te e solo a Te quello che è nel mio ventre. Accettalo da parte mia. In verità tu sei Colui che tutto ascolta e conosce !» (C III,35). Parallelo al Protovangelo di Giacomo 4,1b e a 1 Sam 1,11 la preghiera di Anna. Maria è purificata di fronte ad Allah perché ha soggiornato nel tempio (C III,37). L’ho chiamata Maria e pongo lei e la sua discendenza sotto la Tua protezione contro Satana il lapidato (C III, 36 b). Secondo la tradizione islamica Muh᷂ammad ha dichiarato su questo versetto: «Ogni bambino che viene partorito viene toccato (o punto) da Satana, e questo contatto lo fa gridare, ad eccezione di Maryam (‘ābida-ancella) e di suo figlio». Come potrò avere un figlio, se nessun uomo mi ha toccata mai e non sono una donna di cattivi costumi? (C XIX,20 cf. III,47 a) Cosa facile è questa per me (C XIX, 21 a) La maternità verginale è presentata come un dato di fatto Maria insieme a suo figlio nel Corano è definita «un Segno per le creature» (C XXI,92; XXIII,50). Pronta alla fede è presentata come esempio per i credenti (C LXVI,12). Maria diventa tipo e prefigurazione della fede di Cadigia (Khadīja), la sposa di Muhammad che accolse per prima l’islām. Maria insieme ad Asīya (la moglie del faraone C LXVI,11) Cadigia e Fātima è vista come una delle quattro donne migliori mai vissute ed è considerata la prima tra le donne in paradiso. Tutti, i cristiani e i seguaci delle altre tradizioni religiose, sono invitati da Dio stesso a entrare nel mistero della sua pazienza, come esseri umani che cercano la sua luce e la sua verità.