Olimpiadi di Filosofia - fase di Istituto

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Olimpiadi di Filosofia - fase di Istituto
Giovanni Cattaruzza, SC
01 febbraio 2017
Olimpiadi di Filosofia - fase di Istituto
Amartya SenoCapacità,funzionamenti e libertà.
Se potessimo ammirare in tutta la sua maestosità il millenario Albero della Filosofia, noteremmo che uno
dei suoi rami più longevi e robusti è costituito dall'incessante analisi del concetto di libertà.
Prima di affrontare l'arduo tentativo di definire tale concetto, può essere utile mettere in luce le tappe
salienti della tradizione filosofica in cui sono evidenti le modificazioni che il significato del termine "libertà"
ha subito nei secoli.
Platone e Aristotele interpretarono la libertà come la possibilità per l'uomo di manifestarsi all'interno delle
istituzioni politiche, nelle antiche polis greche. Seguì l'impronta stoica, che riconosceva neII'atarassia,
owero nello stato di imperturbabilità e serenità dell'animo, la prospettiva più vicina a quella della libertà.
L'awento del Cristianesimo costituì poi una rivoluzione: la figura di Cristo, che nei Vangeli è presentata
come "la via, la verità e la vita", testimonia che "soltanto la verità vi farà liberi". Conclusasisuccessivamente
la parentesi medievale e rinascimentale, la rivoluzione scientifica, madre dell'empirismo _ corrente
filosofica di cui ricordiamo i suoi massimi esponenti: Galilei, Locke, Hobbes - individua nella scienza l'unica
strada attraverso cui raggiungere la libertà autentica. Il XVIII secolo ci regalò poi, magno cum gaudio, il
pensiero di Kant, il quale, nella Critica della Ragion Pratica, imposta il discorso sulla libertà a partire dalla
formulazione di una Legge Morale universale e necessaria, categorica e assoluta. Superata la filosofia del
limite kantiana, l'idealismo di Hegel, basandosi sulla celebre frase "II vero è l'lntero", propose una visione
astratta della realtà (di cui sottolineeremo a breve le crìtlcìtà), in cui solamente la libertà dell'Assoluto, dello
Spirito, può garantire la libertà del singolo, dell'individuo, che perde dunque ogni specificità rientrando
nella spirale dell'Infinito, in continuo e incessante autoperfezionamento. Di enorme interesse sociale sono
le critiche mosse all'hegelismo da Feuerbach e Marx: l'umanismo naturalistico proposto da Feuerbach e i
testi marxisti quall "Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico" e la terza sezione dei "Manoscritti
economico-filosofici" (entrambi pubblicati nel 1844) propongono un rovesciamento dei rapporti di
predicazione impostati dall'idealismo; sostenendo che l'hegelismo abbia causato l'alienazione dell'uomo
(alienazione religiosa in Feuerbach, economico-sociale in Marx), i due filosofi sostengono necessario un
capovolgimento dei rapporti soggetto-predicato. Lafilosofia dell' Awenire di Feuerbach è una delle fonti da
cui Marx attinge per criticare Hegel e per formulare la propria teoria comunista, realizzabile solo attraverso
la rivoluzione e l'attuazione della dittatura del proletariato, unica cornice sociale in cui - secondo Marx _
l'uomo possa riappropriarsi della propria essenza ed essere quindi libero. Concludiamo, awicinandoci ai
giorni nostri, presentando la visione esistenzialista di Sartre, che attorno alla metà del secolo scorso
considerava la responsabilità e la possibilità di scelta di ciascun individuo la migliore via per essere liberi.
Poste queste premesse, possiamo ora tentare di definire il concetto di libertà. Per farlo, ricorriamo a
quanto scrive il filosofo ed economista indiano Amartya Sen in Development as Freedom (1999): egli scorge
nella "capacitazione" una "sorta di libertà".
Cerchiamo di comprendere meglio il contenuto di questa proposizione.
Amartya Sen parte dal presupposto di mettere in evidenza le possibilità che un individuo ha di realizzare i
propri obiettivi (quello che lo stoicismo chiamava atarassia, e che la tradizione greca in generale faceva
corrispondere al termine eudaimonia, facendo emergere così la diretta relazione tra libertà e felicità). Tali
obiettivi dipendono strettamente non solo dai beni principali, o beni primari', ma anche - e soprattutto _
dalla capacità che l'individuo ha di promuovere i propri scopi. " desiderio dell'individuo di perseguire uno
l GiàPlatonee Aristotele,nei loro scritti di Politica,sostenevano
necessarioil soddisfacimentodei bisogniprimari
dell'uomo,per poter raggiungerela felicità.
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scopo (ciò che Kant espone trattando le regole della morale e i principi della prudenza - Critica della Ragion
Pratica) viene chiamato "funzionamento", e si relaziona con il valore che l'individuo conferisce al proprio
obiettivo (il voler essere,o il voler fare). Dal "funzionamento" scaturisce il concetto di "capacitazione": essa
è intesa come "l'insieme delle combinazioni alternative di funzionamenti" che un uomo può realizzare. In
altri termini: la possibilità di scelta.
Per chiarire ulteriormente tale definizione, potremmo asserire che il voler essere, il voler fare dipendono
dal poter essere,poter fare. Tale "potere" è la capacitazione.
Dobbiamo tuttavia prestare attenzione alle derive negative a cui la definizione appena analizzata può
portare. Molto probabilmente, consultando sul vocabolario il significato del termine "libertà", troveremmo
che essa è uno "stato di autonomia", una situazione relativa all"'assenza di costrizioni e limitazioni": un
buon dizionario amplierà questa definizione aggiungendo che essa può manifestarsi come "assenza di
controllo". Ci troveremmo, in questo caso, in una situazione simile a quella descritta da Hobbes del bellum
omnium contra omnes, nello stato di natura (II Leviatano). L'assenzadi una società civile non prevarica la
libertà dell'uomo; anzi, l'awento della società civile limita le libertà dell'individuo. L'intuizione di Hobbes _
che poggia su una considerazione pessimistica del genere umano - rivela un'interessante realtà: la libertà è
qualcosa~insito nell'essere umano. AI di là che esso sia considerato di natura malvagia, o al contrario
capace di compiere atti eroici. La sete libertà, così come la ricerca della felicità, sono elementi che
accompagnano l'esistenza di ogni uomo.
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Tenendo presente le considerazioni finora avanzate, procediamo volgendo lo sguardo alla situazione
attuale, al significato che la libertà assume negli schemi mentali dell'individuo del terzo millennio.
Con il termine della" Guerra Mondiale possiamo individuare la fine dell'eurocentrismo: l'ideale americano
si è affermato e ha imposto i propri valori nel·nostro Continente, mentre grandi potenze straniere _ il
blocco BRIC in particolare, costituito da Brasile, Russia, India e Cina, ma anche i grandi produttori di
Petrolio, come l'Arabia Saudita - cominciano a fare sentire il proprio peso nelle dinamiche internazionali.
Siamo sempre più spinti, agevolati dalla globalizzazione e dall'informazione (e, talvolta, de-formazione)
mediatica, a riflettere sulle condizioni di questi Paesi: conosciamo ormai lo sfruttamento lavorativo nei
paesi Orientali, la condizione delle donne in alcuni Stati di fede islamica, e il progresso tecnico-scientifico
che mette a repentaglio gli ecosistemi. Agganciandoci a quest'ultimo tema, apportiamo una breve
riflessione tratta dall'Enciclica di Papa Francesco,Laudato si', sulla cura della Casa Comune: egli nota, in
riferimento alla libertà, che i grandi mali che affliggono il nostro pianeta (porrà grande attenzione ai
cambiamenti climatici) sono causati dalla convinzione che l'uomo sia onnipotente, e, quindi, dall'idea che
esista una libertà sconfinata in cui l'uomo possa navigare senza il rischio di perdersi.
Se Kant concludeva la Critica della Ragion Pura sostenendo che l'uomo' avessefatto un "uso indebito della
Ragione", noi potremmo affermare, oggi, sconcertati, che l'uomo ha fatto un uso indebito della libertà.
Assumendolo come valore chiave di ogni ambito e circostanza, l'uomo ha reso la libertà un semplice
lasciapassare per ogni suo proposito, svalutando enormemente quel valore tanto esaltato dalla Carta dei
Diritti universali dell'uomo e del cittadino del 1789, con cui la Francia poteva finalmente rinascere, nel
rispetto e nella dignità di ogni essere umano.
Apparteniamo all'epoca del neo-pOSitivismo, e forse non ne siamo consapevoli. Eppure, come il secolo
superbo e sciocco udì il grido di dolore di Leopardi, che manifestava il proprio dissidio trasformando la
sofferenza in canto, così anche noi ci accorgiamo sempre maggiormente dell'espropriazione di cui l'uomo è
rimasto vittima: egli è stato privato della sua dignità, dunque della sua libertà.
Siamo dunque chiamati a ricercare quel valore che possa fare da contrappeso all'estrema predominanza
della libertà nelle nostre dinamiche sociali, una predominanza incapace su molti fronti di seguire principi
etici e morali. La nostra missione è la ricerca della metriotes, per usare il termine oraziano, ossia di
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quell'equilibrio che prelude alla atarassia (non nel significato epicureo, bensì stoico), al compimento
dell'eudaimonia, alla realizzazione dell'uomo nella libertà.
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Riflettendo sulle privazioni di cui una numerosa fetta della popolazione mondiale è vittima - specialmente
nei Paesi emergenti e sottosviluppati -, ci rendiamo conto che l'elemento assente in quegli ambienti di
miseria, povertà e sofferenza è la virtù della giustizia.
Virtù cardinale nell'impostazione cristiana, la giustizia fu dapprima inserita tra le virtù dianoetiche
aristoteliche: prendendo come riferimento Aristotele, possiamo ampliare la nostra analisi introducendo
alcune interessanti considerazioni.
La virtù dianoetica che illumina tutte le altre virtù è la sapienza. Essaricopre un ruolo fondamentale nella
vita sociale: negli scritti politici di Aristotele, trovavamo una perfetta relazione tra eudalmonia, owero il
fine a cui ogni uomo tende, pakieio, ossia l'educazione, e pace, intesa come la cornice entro la quale l'uomo
può manifestarsi e realizzarsi nella società. In considerazione alla tematica della pace è doveroso citare il
trattato di filosofia politica di Immanuel Kant, Per lo pace perpetua (1795): anche in questo testo, redatto a
duemila anni di distanza dall'opera di Aristotele, la libertà dell'uomo è connessacon il tema della pace.
Eudaimonia, paideia e pace possono considerarsi elementi costitutivi della giustizia, in quanto regolano la
vita dell'uomo (pace), concedendogli la possibilità di conoscere (paideia) e di realizzare la propria felicità
(eudaimonia).
Nella giustizia è il compimento della libertà. Libertà e giustizia sono legate da principi di fondo che
permettono all'uomo di non perdersi nel mare della vita, di poter perseguire e realizzare i propri desideri, i
propri scopi.
Ma come costruire un impianto di valori che superi le logiche di produzione, del profitto e dello
sfruttamento, se il progresso scientifico trae il suo alimento proprio dalle disuguaglianze?
A modello e guida della nostra ricerca abbiamo una tradizione filosofica e letteraria millenaria: il nostro
faro, che illumina il mare in burrasca in cui navighiamo, e la nostra ancora, per tenerci saldi ai valori
autentici che rendono l'uomo libero.
Lagiustizia rende l'uomo libero.
La libertà - ed è questa la sfida a cui siamo chiamati - deve rendere l'uomo giusto.