LE PAROLE DELL`AMORE Il caso clinico di Perla

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LE PAROLE DELL`AMORE Il caso clinico di Perla
LE PAROLE DELL'AMORE
Il caso clinico di Perla
Luisa Di Pino
Il mio lavoro di tesi è incentrato sulla cura di Perla, che ho incontrato nel gennaio 2013 presso il
Consultorio Familiare in cui ho svolto il mio tirocinio formativo.
Si tratta di un caso di isteria che mi ha permesso di approfondire uno dei temi più originali del
pensiero di Lacan: la femminilità.
In particolare, il caso di Perla mi ha sollecitata ad affrontare questo tema attraverso un'angolatura
particolare: quello dell'amore. “Come ama una donna”, oltre a essere il titolo dell'ultimo capitolo di
questo mio lavoro, potrebbe essere il sottotitolo della tesi. Perla, infatti, parla d'amore, non fa che
parlare d'amore: della perdita del suo “posto nel mondo”, nel momento in cui l'amore non la
sorregge più. Del fare del proprio corpo un “ostaggio” per amore. Della nostagia, per l'impossibilità
strutturale di fare Uno con l'Altro. Della domanda alla madre, affinchè dia un segno dell'amore.
Perla testimonia così l'affinità della femminilità con la parola d'amore, che scaturisce dal luogo della
mancanza dell'Altro.
Amore e femminilità, quindi, rappresentano i centri nevralgici del caso e costituiscono l'impalcatura
di questa tesi. Alla stesura del caso, segue un capitolo dedicato alla diagnosi strutturale, in cui
vengono puntualizzati gli elementi clinici che sostengono l'ipotesi diagnostica di nevrosi isterica.
Il capitolo terzo è incentrato sulla direzione della cura, con l'approfondimento dei quattro tempi che
scandiscono i movimenti della cura stessa.
Il quarto e il quinto capitolo costituiscono la parte finale, che interroga il legame tra amore e
femminilità. Il quarto capitolo, teorico, mette in tensione Freud e Lacan sui temi dell'amore, del
transfert e della donna. L'ultimo propone invece una lettura originale del caso di Perla: come ama
una donna?
Inviata dalla psichiatra del CPS, presso cui è in cura farmacologica, Perla comincia i colloqui con
una domanda in prima battuta inconsistente: si presenta come un oggetto dell'Altro della medicina,
che la “manda” dalla psicoterapeuta perchè “depressa”, senza che lei abbia alcuna voce in capitolo.
La cornice è quella del lamento, che sfuma nell'accusa. Viene così sancita la stretta relazione
semantica tra lamento e querela, che Chiara Mangiarotti rileva come esistente in più lingue 1. Perla,
quindi, rubrìca le ingiustizie subìte, fa l'inventario dei torti. Piange, si arrabbia, mette a paragone se
stessa con l'Altra donna, inciampando così in ciò che si rivela come la questione cruciale della sua
vita: l'amore.
Siamo all'interno della clinica dei preliminari: la stesura del caso mette in luce il progressivo
articolarsi di una domanda, che implichi il soggetto.
La scrittura del caso si realizza attraverso l'individuazione di quattro tempi, che scandiscono i punti
di snodo della della cura. Cruciale è la dimensione di messa in moto della catena significante, fino
ad allora “congelata” nel significante della depressione. Ciò consente alla paziente di reperire nella
propria storia le coordinate con cui ha avuto accesso al discorso amoroso, a partire dall'enigma del
desiderio paterno.
In questa cornice, il corpo entra nel discorso, viene messo a tema: un corpo obeso, sciatto, un'
“armatura” nella guerra fatta da Perla per non essere ridotta ad apparato del godimento del marito.
Durante il lavoro con la paziente, la mia posizione cambia. All'inizio lo stile è accogliente, teso a
sottolineare più che a interpretare, al fine di riabilitare la parola e a dare un posto al soggetto. Con
la realizzazione di una certa rettifica, la mia posizione diventa più silenziosa, tesa a sostenere una
dimensione di “enigma” che metta al lavoro la paziente. La domanda che si struttura ha a che fare
con la femminilità. Si spalanca quindi il tema dell'Altro sesso, che è in rapporto con il mistero. Perla
impatta contro l'aporia su cui si regge la trasmissione della femminilità: non è possibile rivolgersi
alla madre per sapere che cos'è una donna. Il ravage è il teatro di questa eredità impossibile:
ciascuna, infatti, patisce ciò che già Freud aveva scoperto, cioè l'inesistenza nell'inconscio del
significante della differenza tra i sessi.
Il “segreto della femminilità”, quindi, non può essere svelato. Non si può trasmettere un universale
femminile perchè non esiste: ciascuna deve inventare il proprio modo di intrecciare l'opacità del
godimento Altro con l'assenza di un significante che la designi come donna.
Il ravage è il teatro di un'eredità impossibile: la madre non può svelare il segreto dell'essere donna.
Si procede così, una per una.
Concludo, con una precisazione che riguarda la scelta del nome (ovviamente di fantasia): Perla.
Esso evoca il percorso compiutosi durante la cura. La paziente, infatti, fa ingresso nel dispositivo
come una perla, una pietra: la depressione è il significante che conferisce una consistenza
“granitica” al soggetto vuoto. La parola è congelata, marmorea. Il corpo obeso e sciatto è una lapide
“[...] in francese plainte è il lamento e porter plaine significa sporgere querela; la stessa relazione si ritrova nella
lingua tedesca tra le parole Klage (lamento) e Anklage (querela)”.
C. Mangiarotti, “Dalla domanda al desiderio”, in Come iniziano le analisi, Atti del Convegno della SISEP,
Torino, 1994, p. 328.
1
del desiderio.
Lentamente, però, qualcosa si modifica, attraverso la parola che è soprattutto parola d'amore: la
perla recupera qualcosa della proprio valore. E' una perla che si trova in fondo al mare: conquistarla
comporta fatica e una quota di rischio. Non si scherza con il mare in burrasca, soprattutto quando si
tratta del mare infinito della femminilità. Non ci sono scialuppe di salvataggio, né salvagenti.
E così, a poco a poco, sulla scena si affaccia Perla, una donna. Una perla che nasce dallo schiudersi
di ciò che la teneva intrappolata.
Forse una conchiglia bivalve, come Afrodite?
Ma no, Perla non è una dea. E' una donna che ama, come può, come riesce.