dal 1997, informazioni sul mondo dell`emigrazione sarda

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dal 1997, informazioni sul mondo dell`emigrazione sarda
NEWS DAI CIRCOLI:
Berlino
Gattinara
Livorno
Roma
Torino
!!!
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maggio 2011
numero 343
CONTRIBUTI SCRITTI: Maddalena BRUNETTI, Giacomo MAMELI, Maria Grazia MARILOTTI, Antonio MASIA, Giorgio MELIS,
Giampaolo PISANU, Gian Luigi PITTAU, Cristoforo PUDDU, Renzo SANNA, Vitale SCANU, Maurizio SECHI.
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Ha 19 anni e due grandi passioni: la medicina e le launeddas. In particolare però per
quell’antico strumento dal suono magico e ancestrale. Federica Lecca, di Selargius, è
la prima ragazza ad aver interrotto una tradizione tutta al maschile, dove le suonatrici
donne quasi non erano ammesse. Ha cominciato da adolescente e ora da alcuni anni
è approdata alla corte di uno tra i maggiori interpreti delle launeddas, il maestro Luigi
Lai. È tra i banchi della scuola civica di musica di Cagliari diretta da Luigi Puddu che
questa giovane musicista affina la sua arte. Sull’onda dell’entusiasmo di Federica,
altre ragazze hanno seguito il suo esempio e si sono avvicinate a questo strumento
della musica popolare sarda, fra i più antichi e primordiali dell’area mediterranea. Alla
scuola civica di Capoterra diretta da Leonardo Sarigu sono già tre le launeddiste, Carolina Casula, Gloria Atzei, che sotto
le preziose indicazioni del maestro Orlando Maxia, studiano l’antico strumento a fiati sardo. Però a fare da apripista in
Sardegna è stata Federica. Non sono facili da suonare le launeddas. Nascondono mille insidie, difficoltà e richiedono un
lunghissimo tirocinio. “Bisogna saper abbinare la tecnica alla respirazione circolare, inoltre è quasi impossibile trascrivere
su spartito tutte le sfumature del suono prodotto dalle launeddas. Infatti tra le fasi più importanti dello studio c’è l’ascolto,
cioè quello che il maestro ci insegna individualmente”, afferma Federica Lecca. Di quelle sonorità tipiche di questo
strumento capostipite dei più moderni sassofoni e clarinetti ne era rimasta affascinata sin dall’infanzia. “Quando per la
festa di Sant’Efisio i suonatori di launeddas accompagnavano la statua del santo guerriero, ero come catturata da quelle
armonie – racconta Federica – quelle note mi rapivano. Così alle medie mi sono iscritta ad un corso tenuto da un
componente dei Cuncordia a launeddas, Giulio Pala. Poi quando il maestro Lai ha aperto i corsi alla scuola di via Venezia
non ci ho pensato due volte e mi sono iscritta”. Ora dall’alto dei suoi 19 anni è più che una promessa tra i musicisti. Il suo
curriculum è importante: non si contano le celebrazioni religiose, manifestazioni civili e concerti che l’hanno vista
protagonista. Nel profondo del suo cuore però c’è la giornata del primo maggio del 2004, festa di Sant’Efisio: in
processione dietro al cocchio, c’era anche lei, unica ragazza nel gruppo dei suonatori guidati dal maestro Luigi Lai. Quella
delle launeddas è una tradizione che rischia di scomparire, ma grazie alle numerose scuole ora tanti giovani si stanno
avvicinando, desiderosi di imparare a soffiare sulle canne. C’è un filo rosa che lega Selargius a Capoterra. Carolina
Casula, 25 anni, allieva di Orlando Maxia, per la sua particolare abilità si è ritagliata un ruolo di primo piano ed è quasi un
idolo per i capoterresi. Ma non solo. È stata applaudita lo scorso gennaio dal pubblico dell’Auditorium del Parco della
Musica di Roma dove si è esibita con l’Orchestra Popolare Italiana di Ambrogio Sparagna ed è stato un successo.
Insomma questo strumento, tra i più antichi della musicalità sarda ha attirato l’interesse delle donne. Si contano ancora
sulle dita di una mano, ma piano il movimento femminile cresce attorno alle launeddas. Come tutti i grandi maestri e
suonatori anche Federica, Carolina e Gloria hanno un sogno: imparare a costruirle con le proprie mani per riprodurre un
suono unico, personale come un marchio di fabbrica. “Ogni strumento è diverso, ha quasi una sua propria personalità”,
conclude Carolina, che lancia un appello a tanti suoi coetanei: “I suonatori di questo strumento rischiano di diventare una
razza in via di estinzione. Noi giovani possiamo fare molto affinché questa tradizione millenaria non venga interrotta”.
Maria Grazia Marilotti
SARA’ VISIBILE SINO AL 20 MAGGIO SU ORGANIZZAZIONE DE “IL GREMIO”
ALL’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA LA MOSTRA “FRATELLI D’ITALIA”
“Quando si risvegliano le armi, quando le crisi mettono tutto in discussione, la cultura non deve arretrare, ma ridare
stabilità al presente”. E’ questo lo spirito con cui l’Università degli Studi Roma Tre presenta giovedì 5 maggio 2011, alle
ore 12.30, nel foyer dell’aula magna della Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli Studi Roma Tre, Via Ostiense
234/236, Roma (Metro B fermata Marconi), la mostra dal titolo: “Fratelli d’Italia”, realizzata dalla Federazione Associazioni
Sarde in Italia (FASI), con il patrocinio del Comitato dei Garanti per le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia,
in collaborazione con diverse istituzioni nazionali e locali. La mostra è frutto di un concorso a premi riservato ai migliori
artisti che, in Italia e all’estero, operano nel settore della comunicazione per immagine. I partecipanti sono stati invitati ad
esprimere la loro visione dell’unità d’Italia, attraverso le immagini, a volta ironiche e graffianti, dei personaggi e dei
concetti che hanno animato il Risorgimento. 1200 artisti, alcuni fra i più noti ed affermati vignettisti e disegnatori, da tutte
le regioni d’Italia e da diversi Paesi del mondo (Stati Uniti, Argentina, Albania, Bulgaria, Australia, Francia, Germania,
Svizzera, Belgio e altri) hanno partecipato, singolarmente e in gruppo, inviando alla FASI circa 500 opere, fra le quali
sono state selezionate da una giuria, presieduta dal noto pubblicitario Gavino Sanna, le 100 opere finaliste. Tra queste ne
sono state premiate 17. La mostra è stata presentata per la prima volta a Roma lo scorso febbraio presso la Sala delle
colonne della Camera dei Deputati. Ha fatto seguito una serie di esposizioni che, dopo una breve tappa ancora a Roma
presso il Teatro I Dioscuri – Complesso di Sant’Andrea al Quirinale, ha seguito il percorso delle città capitali d’Italia:
Firenze, Torino, Cagliari (che possiamo definire “pre-capitale del Regno d’Italia – ex Regno di Sardegna). Sono previste
esposizioni anche in altre città italiane e in alcune sedi estere (Canada, Argentina e Stati Uniti). Il programma
dell’inaugurazione presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi Roma Tre, prevede gli interventi di
saluto di Guido Fabiani, Rettore Università Roma Tre, Maurizio Fallace, Direttore Generale MiBAC; Francesca Cantù,
Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, Università Roma Tre; Antonio Maria Masia, Presidente Associazione dei Sardi
a Roma “Il Gremio”, Otello Lottini, Direttore del Dipartimento di Letterature comparate, Università Roma Tre. A seguire
avrà luogo un concerto di musiche ispirate al tema dell’Unità d’Italia a cura della Roma Tre Jazz Band, presentato da
Luca Aversano, docente di Storia della Musica presso l’Università degli Studi Roma Tre e la visita guidata alla mostra a
cura di Maria Milvia Morciano. Un buffet di prodotti tipici sardi, offerto dall’Associazione dei Sardi a Roma “Il Gremio”
chiuderà il programma con i sapori della terra che ha dato il nome al Regno di Sardegna, prima che si chiamasse d’Italia.
La mostra sarà visibile fino al 20 maggio p.v. Per l’occasione saranno esposte anche due opere inedite dello scultore
Silvio Amelio, realizzate per le celebrazioni dell’Unità d’Italia. Antonio Masia
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I LIBRI DI MARIO ALBERTO DELOGU (SARDIGNOLO” E NELLO RUBATTU (PIERRE)
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INCONTRO CULTURALE AL “QUATTRO MORI” DI LIVORNO
Presso la Sede Sociale dell’Associazione Culturale Sarda
“Quattro Mori” di Livorno, onorata dalla presenza di
numerosi convenuti, personalità, soci oltre a tanti
simpatizzanti livornesi, testimoni della bella integrazione in
atto sono stati presentati, gli Autori di due opere letterarie
che, ancora una volta, enfatizzano l’amore di tutti noi per
la nostra Terra. Gli scrittori sono Mario Alberto DELOGU
con “SARDIGNOLO” e Nello RUBATTU con “PIERRE”. Il
Presidente dell’ Associazione Antonio Deias ha ringraziato
il pubblico e dato il benvenuto agli Autori, prima di dare il
via alla presentazione dei due Volumi, preanuncia un
incontro che proietterà tutti in un inatteso universo
socio/culturale, sardo esplorato con accentuata arguzia ed
ironia, oltre ad una totale immensa affezione alla
Sardegna.
“SARDIGNOLO” di Alberto Mario DELOGU. Alberto
Mario Delogu, sardo, grande ed eclettico studioso,
agronomo,economista,broker
internazionale,
attore,
caporedattore di importanti riviste e periodici, è, oramai,
anche affermato e noto giornalista ed autore disaggi e raccolte poetiche con i quali ha meritatamente raggiunto
prestigiosi obiettivi e guadagnato numerosi e gratificanti riconoscimenti e premi. Ne troverete giusta traccia in questo
volume edito dall’Editore “Angelica”. E’, quindi con grande onore, ammirazione e, devo riconoscerlo, timore reverenziale,
che mi accingo ad anticiparvi, in grande sintesi, quanto Alberto Mario Delogu ha esplicitato in questo suo racconto
epistolare: “SARDIGNOLO”. Analisi appropriata; immagini e concetti espressi negli scambi epistolari a forti tinte; luoghi
comuni esaltati ed esagerati, nei quali, credo, tutti noi Sardi,abbiamo sviluppato la nostra “sardità”, dissacrati da una
rappresentazione impietosa; ricordi, impressioni, considerazioni che trovano origine e spunto dalla immagine che
Mariano, in tanti anni di lontananza spaziale e temporale, si è cucito addosso , utilizzando a piene mani, quali filo, ago e
tela, i colori unici della nostra terra, l’impeto sferzante del nostro vento, i profumi esclusivi della nostra erba , lo
splendore del nostro mare, la pace di improvvisi e lunghi momenti di silenzio della natura all’ombra della maestosa,
inequivocabile testimonianza della saggezza dei nostri nuraghi e dei nostri eterni monti. Ecco, quindi, Mariano (alias
Alberto Mario Delogu), emigrato sardo in Canada, che dialoga per posta con Bachisio, in Sardegna, con un esclusivo
personalizzato intercalare “Sardo” che avviluppa i lettori con battute che paiono colpi di scalpello sul granito della nostra
terra e, mi piace sottolinearlo, vampate di grande e vero amore e nostalgia per la “ madre” che, volenti o nolenti, ci
accomuna, ci unisce, e ci legherà per sempre. E, poi, cadrete nell’eterno contrasto tra il desiderio di affermazione della
“Sardità”e quanto viene offerto di nuovo, di comodo, ma che ha sapore di mancanza della umanità “Sarda”: gli agi, lo
sviluppo consumistico, l’indifferenza per gli altri, ecc… Ancora, percorrerete il tremendo rifiuto di parlare, sapere,
sviscerare la nostra storia, stupendamente gloriosa, dovuta all’indomito coraggio dei sardi, sempre vincenti,per costruire
un valido processo storico, economico, culturale quale pare che, solo in lontananza, siamo capaci di fare, pur
denigrandoci e piangendoci addosso, allorquando il piroscafo o l’aereo si allontanano irrimediabilmente conla nostra
profonda tristezza e le nostre insopprimibili nostalgie. Ma, ora termino: Alberto Mario Delogu, ben più appropriatamente
colmerà le deficienze di questa presentazione e Ci svelerà la conclusione di un racconto che non può terminare qui,
anzi costituirà la base per parecchi positivi spunti di cambiamento verso una reale unità e finalmente risplendente
identità sarda,quale essa è, ovunque viviamo.
“ PIERRE “ DI NELLO RUBATTU. Anche Nello Rubattu, come tanti di noi e Alberto Mario DeLogu ha lasciato la nostra
terra giovanissimo, a diciannove anni, per vivere in varie città del nostro settentrione, Bologna, Modena, Milano, Varese
e d’Europa, Parigi e Bruxelles. Poliedrico studioso e affascinante interprete delle sue profonde radici isolane, si è
espresso professionalmente, con successo, quale addetto stampa per importanti Aziende Nazionali. Nel 2006, ha
pubblicato, con un titolo in sassarese, il Romanzo “Hanno morto a Vinnèpaitutti” (edito da IL MAESTRALE) che, tradotto
per i non originari di Sassari, significa: l’hanno ucciso, a c’è n’è per tutti. Qualificare eclettico Nello, e’ riduttivo se si
considera il suo amore per i maudit francesi, l’interesse per le culture slave, scandinave e sudamericane delle cui
letterature diviene attento studioso e profondo conoscitore, scavando nelle loro differenti caratteristiche sociologiche ed
umanistiche e immergendosi nei movimenti musicali indigeni. In particolare, ama trarre interessanti spunti di studio e di
osservazione dalle musiche, ancorchè modeste, ma esclusive testimoni dei sentimenti popolari, di piccole bande
slave,rumene, yiddish e quelle blues delle campagne, non tralasciando, peraltro, cantautori del calibro di Georges
Brassens, Jacques Brel, Joaquin Sabina e Vladimir Vysotskij, la “fadista” Mariza, l’ascolto di vecchi rebetiko, tanghi
immergendosi nel fascino dei caffè mediterranei, nella melanconica tenerezza della milonga o l’effervescenza della
payada dei gauchos. Personalmente, si è espresso con successo in divertenti e toccanti ballate sassaresi. E’ uno spirito
libero, direi alquanto “bohemien”, Nello : non apprezza l’eccessiva lontananza dalla realtà di tanti, forse troppi altri
scrittori italiani, definiti “molto lontani da un uovo alla cocque” , ama la vita nelle sue espressioni più vere,genuine e
incontaminate, legate alla pace ed all’amicizia verso persone con le quali condividerne il gusto, per sempre. E proprio
così, con coerenza, l’ Autore si ripropone in “PIERRE”, con il suo insaziabile desiderio di stabilità negli affetti, così come
nella terra ove desidera godere appieno della propria libertà. PIERRE, infatti, sedicente “lu franzesu”, protagonista del
romanzo, narra la sua esistenza come un rifrangersi di avventure intrecciate tra i terrificanti dolori e difficoltà della Grande
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Guerra ed i tremendi e traumatici pericoli corsi nella Legione Straniera, ed il costante girovagare per il mondo alla ricerca
dell’appagamento della bramosia che gli tormenta da sempre, anche se inconsciamente, l’animo: il desiderio di sentirsi in
un luogo suo, cui donare la propria identità e farne parte integrante. Così, Lu Franzesu ritorna a Marsiglia, nel quartiere di
Le Panier, ad immergersi in una a lui ben nota atmosfera, ricca di rumori, profumi, personaggi d’ogni tipo ed estrazione,
abitudini lasciate e sentimenti già vissuti. Ma tutto questo non basta a sedare quella sete che gli arde nel petto e che solo
un luogo può estinguere, la piazza per antonomasia di Sassari: PIAZZA TOLA. In quel grande, seppur ristretto spazio
dove finalmente riapproda, Pierre si riappropria del proprio io identificandolo con la piazza stessa che diventa finalmente,
definitivamente,la casa, il laboratorio delle sue attività, il “ confessionale “ delle persone che vi circolano e si confidano,
senza patemi o paure di riceverne inappellabili e non desiderate sentenze di giudizio. Confidenze sommesse, racconti,
storie di vite ormai trascorse, oppure ancora latenti negli animi di persone che tardano a vederle finire: tutto, però, senza
arrivare ad esprimere inutili ed indesiderati giudizi. Un intreccio di esperienze, in definitiva, scambiate senza clamori, con
rispetto assoluto verso gli altri simile a quello che la folla, che “vive” perennemente con Pierre, in Piazza Tola, gli offre.
Per sempre. Giampaolo Pisanu
L’ASSOCIAZIONE SARDA “CUNCORDU” DEGLI EMIGRATI A GATTINARA
SUPERATI DIECI ANNI DI STORIA
L'
Associazione "Cuncordu" - Il Coro - nasce a Gattinara il 26
Luglio 2000. Essa è apartitica, democratica e si impegna a riunire
i Sardi e gli amici dei Sardi per rinsaldare i vincoli di solidarietà e
per tenere vivi i legami affettivi con la Sardegna, per concorrere
alla tutela, al potenziamento e alla propagazione dei valori sociali,
morali, culturali ed artistici dell'
Isola Madre; per creare rapporti di
amicizia e di collaborazione leale tra tutti i soci nel perseguimento
dei fini comuni. Di organizzare manifestazioni a carattere
culturale, ricreativa, morale, folcloristico-promozionali oltre che
esposizioni, mostre rassegne, conferenze, dibattiti, convegni,
spettacoli e promuovere attività sportive in accordo con la F.A.S.I.
Nazionale. A Genova, il 23 marzo 2002, ottiene l'
ambito
riconoscimento da parte della FASI, Nel corso del terzo
Congresso della FASI (Genova, 23 - 24 marzo 2002) dal titolo "I
Sardi nel mondo: cultura, identità e partecipazione”. Infine, con decreto dell’Assessore regionale del lavoro, attraverso la
Deliberazione N. 4/8 del 20.01.2009, la Regione Sardegna dispone il riconoscimento del Circolo Associazione Cuncordu.
Negli Anni ‘50/60, periodo di maggiore emigrazione dalla Sardegna al Nord, numerose famiglie della Provincia di Sassari
vennero in cerca di occupazione nelle zone di Vercelli e tanti trovarono nella cittadina di Gattinara la sede più opportuna
ed accogliente. Scelta determinata nel senso del lavoro dalla presenza nel luogo di fabbriche con grande capacità
occupazionale soprattutto nel settore della ceramica (con lo stabilmento Pozzi Ginori che, nel caso di nuove assunzioni,
prediligeva personale sardo per la sua affidabilità) e della tessitura (Cotonificio Altitalia, Lanificio F.lli Bertotto, ecc.).
Numerosi nel tempo, si sono fatti onore inserendosi in una realtà diversa con la tenacia e la dignità storicamente provata
del Popolo Sardo. Oggi, anche fra i più giovani, figli dell’emigrazione ma ben inseriti in una diversa realtà, è forte il
desiderio di far conoscere la propria Terra, con l’attaccamento dovuto probabilmente ad una eredità geneticamente
ricevuta dai nostri antenati che non deve essere persa. La nascita del Circolo Sardo CUNCORDU è il frutto del lavoro e di
un’intensa collaborazione dei giovani Sardi residenti in questi paesi con le amministrazioni comunali, le personalità
socialmente e culturalmente impegnate locali e della nostra Isola Madre. Abbiamo lavorato, stiamo lavorando e
lavoreremo convinti di essere portatori della cultura, dei valori sociali e morali della Sardegna, nella certezza che la
conoscenza e l’approfondimento tra Popoli costituisca lo strumento necessario per la promozione e la crescita reciproca.
Non a caso nei primi anni di vita, l'
associazione ha improntato il proprio lavoro nel creare un sodalizio fra la regione
SARDEGNA e la regione PIEMONTE, impostando il rapporto di collaborazione, con una serie di progetti, che si sono
susseguentemente formalizzati con veri e propri accordi di programma; nel settore Turistico, commerciale, culturale ed
di scambio eno-gastronomico. Oggi il Circolo Sardo Cuncordu è diventato un caposaldo dell’Identità per i sardi emigrati in
questa zona, un punto di riferimento culturale per tutto il territorio, viste le numerose iniziative organizzate che rendono il
Circolo uno dei sodalizi più attivi della città e un’Ambasciata della Sardegna per tutti i non Sardi che, avvicinandosi a noi
perché incuriositi, oppure per ricordare le ultime vacanze nell’Isola, sono diventati soci sostenitori, fattivi collaboratori e
soprattutto profondi conoscitori e innamorati della nostra Terra. Dopo circa due anni di incontri e sensibilizzazioni anche
verso i Sardi più anziani si decide di comune accordo nella primavera 1999 di creare un gruppo di lavoro con il compito di
organizzare una prima manifestazione. Nel settembre dello stesso anno si riuscì cercando faticosamente quei contatti con
figure e gruppi Sardi necessari per dare un giusto carattere, a partecipare alla Festa Interprovinciale dell’Uva organizzata
dalla Provincia di Vercelli e dalla città di Gattinara. Manifestazione seguita da migliaia di persone che prevedeva
l’intervento di gruppi di varie regioni italiane per una durata di circa una settimana. Momento oltretutto molto importante
per l’economia della zona a dichiarata vocazione vitivinicola. Anche i paesi confinanti delle province di Novara e Biella
ebbero modo di assistere ed apprezzare le nostre proposte. Oltre alle continue degustazioni di prodotti provenienti
dall’Isola riuscimmo ad avere un gruppo folkloristico che diede alla manifestazione quel valore e calore aggiuntivo che
spesso solo i Sardi sanno fare. Il successo animò tutti e si decise di dare maggior concretezza ed ufficialità al gruppo
creando l’Associazione. Ci si trovò unitamente il giorno 26 luglio 2000 davanti al notaio, la dr.ssa Rossana Lenzi di
Romagnano Sesia (che divenne poi nostro Socio e lo è a tutt’oggi), a firmare in dodici persone l’Atto Costitutivo.
Maurizio Sechi
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A TORINO LA PROTESTA CONTRO IL CARO TRAGHETTI
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EMIGRATI IN PIAZZA
Attorno alla statua del soldato sardo, al calar della sera in piazza
Castello a Torino, si son stretti i mille che sperano di fare lo sbarco
nell'
isola. Ma a prezzi umani, non «quelli praticati dal cartello delle
compagnie». Una rivisitazione di Sa die de sa Sardigna, ma in
trasferta: lavoratori e studenti, sardi o oriundi che siano, ma anche
attivisti dei centri sociali e continentali solidali e interessati. Tutti in
piazza contro il caro-traghetti. Sono i sedici circoli di emigrati presenti
in Piemonte a trasformare per primi in manifestazione di piazza lo
scontento dei viaggiatori, diventato rabbia con l'
aiuto dei social
network. Sperano, gli organizzatori, di trascinare le altre 50
associazioni sparse per l'
Italia e cominciano a puntare i porti di
Genova, Livorno e Civitavecchia, che vorrebbero bloccare a breve.
Enzo Cugusi, responsabile dei circoli piemontesi e rappresentante del
torinese Kinthales, non ha scelto Sa die a caso: «Una manifestazione
civile e rabbiosa, per far capire che il vergognoso stato dei trasporti da
e per la Sardegna è un danno anzitutto per i sardi. E che noi, in questo 28 aprile, non abbiamo nulla da festeggiare». Da
Biella, Novara, Vercelli, Rivoli, tutti insieme per chiedere «la sospensione degli aumenti e una continuità territoriale vera,
non utile solo a risanare i debiti delle compagnie aeree». La protesta degli emigrati è il coagulo di un malumore che
serpeggia da mesi, alimentato dalle cifre diffuse dalle associazioni di consumatori, Altroconsumo in prima linea, e
corroborato dalle proiezioni sulla stagione turistica: gli aumenti, mediamente del 66 per 100 ma con punte oltre il
raddoppio rispetto al 2010, sono riferiti alle tratte da e per la Sardegna di Grandi navi veloci, Moby Lines e Sardinia
Ferries (ma anche quelle di Tirrenia sino a maggio), e prima ancora che i turisti colpiscono i nati nell'
isola, che non
fruiscono di sconti e promozioni. Sotto le bandiere sarde e gli striscioni dei circoli, le storie di chi, a malincuore, davanti
alle tariffe è stato costretto a rinunciare alla prenotazione, e con questa alle vacanze a casa. Meglio dirigere la prua
altrove, come ha fatto Jacopo Bechere, torinese figlio di emigrato: «Volevo andare in Sardegna, anche per far visita ai
miei parenti di Bultei, ma ripiego sulla Corsica: è più vicina, è vero, ma spendo 160 euro contro i 583 (due adulti, un
neonato e auto) che la Moby mi chiede per la Genova-Olbia. Con quella cifra lo scorso anno sono andato a New York».
Le storie somigliano tra loro, scovarle è facile. Angelino Loddo, presidente del circolo Sant'
Efisio di Torino, mentre
impreca al telefono contro la Regione e le compagnie, raccoglie al volo i malumori di due sardi che sono andati a trovarlo:
un pensionato che di fronte a una richiesta di 900 euro ha abbandonato l'
idea delle vacanze nell'
isola, e un carabiniere di
Ittiri che paga in questi giorni, con la Tirrenia, 300 euro da Genova a Porto Torres. Una necessità familiare lo costringe ad
accettare l'
esborso. Gli emigrati, quelli che permettevano all'
agenzia convenzionata Eurotarget di fatturare milioni di euro
ogni anno grazie a sconti e promozioni, oggi assenti, sono i trascinatori della rivolta, ma non gli unici protagonisti.
Altroconsumo, registrati i rincari (fino al 131%), ha aperto un account di posta elettronica per verificare l'
impatto sui
viaggiatori: «Il risultato - dice Francesco Mattana, responsabile regionale - sono state 300 mail in pochi giorni». Di qui a
un gruppo Facebook, 2500 iscritti, il passo è breve. E anche qui lamentele, rabbia e storie. Una per tutte: «Sono di origine
sarda - scrive Paola Zara - e ho una casetta nel paese di mio papà. L'
anno scorso in 3 abbiamo pagato 650 euro,
quest'
anno nello stesso periodo non trovo niente a meno di 900». Ivano, pendolare, spiega ancora meglio: «Nel 2010 per
14 traversate sulla Olbia-Livorno ho speso 1600 euro, quest'
anno supererei i 4mila». Talora il malumore diventa
sarcasmo, spesso proposta concreta: il movimento ProgReS ha tappezzato il porto di Livorno di volantini, contenenti tre
ipotesi di soluzione al problema (una è quella prospettata ieri dal presidente Cappellacci), in tanti chiedono il boicottaggio,
i circoli vorrebbero estendere la protesta agli aeroporti. La soluzione peggiore è quella indicata da Moby in una delle sue
pubblicità: «Bisogno di una vacanza? Corsica». Renzo Sanna
INCENTIVI DELLA REGIONE PER CHI FA VACANZA SULL’ISOLA DA MAGGIO ALL’INIZIO DI LUGLIO
SARDEGNA, ARRIVA IL “BONUS” PER LA VACANZA
In attesa che salpi dal 15 giugno la flotta dei traghetti regionali di Saremar sulle rotte Porto Torres - Genova e Olbia Civitavecchia, per contrastare il caro traghetti che rischia di avere gravi ripercussioni sul turismo della Sardegna, la
Regione vara il “bonus vacanza” per chi arriva nell’isola dal 2 maggio al 3 luglio. La giunta guidata dal presidente Ugo
Cappellacci, ha spiegato l’assessore al turismo Luigi Crisponi durante la "Bitas", la borsa dedicata al turismo attivo che
inaugura “l’altra stagione sarda”, quelle delle vacanze fra sport e natura, ha deciso di destinare due milioni di euro al
progetto “Bonus Sardo Vacanza”. Di cosa si tratta? E’ il riconoscimento di un rimborso delle spese di viaggio ai cittadini
dell’Unione europea che usufruiranno del trasporto navale per visitare la Sardegna. Il rimborso va da un minimo di 60 a
un massimo di 90 euro, ed è riservato ai passeggeri, minimo due persone e massimo tre, che soggiornino almeno tre notti
nell’isola. “Il progetto – ha spiegato Crisponi - è coerente con le strategie della giunta indicate nel Piano Regionale di
Sviluppo e indirizzate a favorire l’estensione della stagione turistica, attraverso l’attivazione di strumenti immediatamente
praticabili per favorire i flussi turistici verso la Sardegna in periodi meno favorevoli. Il ‘Bonus Sardo Vacanza’ – ha
aggiunto Crisponi - è un utile strumento di contrasto alle difficoltà legate ai recenti aumenti tariffari del trasporto marittimo,
con l’obiettivo di svolgere una decisa azione di promozione dell’intero territorio della Sardegna e di rilancio delle
prenotazioni turistiche”. Avranno diritto al rimborso i cittadini della Comunità Europea che visiteranno la Sardegna nel
periodo compreso tra il 2 maggio e il 3 luglio prossimi e che avranno soggiornato per almeno tre notti esclusivamente in
strutture ricettive classificate e le risorse sono messe a disposizione dall’assessorato regionale del Turismo e dall’agenzia
Sardegna Promozione, che parteciperanno ciascuna per un milione di euro. Il contributo interessa coppie e famiglie: si
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parte da tre euro e si arriva a un massimo di 90 per un totale massimo, dunque, di tre rimborsi. Con esclusione del bonus
per chi possiede seconde case, perché l’iniziativa riguarda i soggiorni alberghieri. L’idea della Regione è quella di
replicare l’iniziativa, se avrà successo, anche in autunno. Saranno coinvolte, per agevolare la contribuzione anche sotto il
profilo burocratico e amministrativo, le associazioni di categoria delle imprese maggiormente rappresentative del settore
turistico e le associazioni dei consumatori. Ad esse sarà affidato, nei punti di imbarco (cioè i porti di Cagliari, Olbia, Golfo
Aranci, Porto Torres e Arbatax), il servizio desk con operatori, dedicato ai turisti al momento della partenza dall’isola.
Questi, per poter usufruire del bonus, dovranno presentare il biglietto di viaggio in originale, la ricevuta in originale, della
struttura ricettiva dove hanno soggiornato che attesti il numero delle persone che posso accedere al bonus (minimo 2 e
massimo 3) e del minimo delle 3 notti trascorse. Il rimborso sarà accreditato dalle associazioni di categoria convenzionate
entro 10 giorni dalla presentazione della richiesta.
E sul fronte del caro tariffe dei traghetti, c'
è stato un nuovo intervento del governatore Cappellacci: "Non é una battaglia di
destra o di sinistra, ma è dei Sardi", ha detto evocando lo "spirito del Popolo Sardo" e con un chiaro riferimento a sa Die
de sa Sardigna. "Ci siamo attivati subito - ha dichiarato Cappellacci- per fronteggiare il caro tariffe dei collegamenti
marittimi. Nel mese di gennaio abbiamo inviato la prima segnalazione all'
antitrust. Successivamente abbiamo convocato
una riunione di tutti gli armatori. Si sono presentati tutti e abbiamo esaminato tutte le criticità del sistema. Allora abbiamo
voluto lanciare un segnale: ciascuno deve fare la sua parte affinché il sistema funzioni e perché questo avvenga la prima
condizione é quella dell'
accessibilità a condizioni che siano competitive col resto del mondo".
"Abbiamo dovuto prendere atto con amarezza che il messaggio non é stato recepito - ha aggiunto il governatore sardo -.
Così agli inizi di aprile abbiamo inviato il ricorso all'
antitrust, che sta esaminando la rilevanza dei fatti segnalati. Noi siamo
per il libero mercato, ma quello che abbiamo di fronte non é tale. Per questi motivi abbiamo deciso di scendere in campo
con un'
altra iniziativa che non é un atto di guerra, ma una legittima difesa dei diritti dei cittadini e dell'
intero sistema, non
solo del comparto turistico".
"La Sardegna ha necessità dei collegamenti per avere accesso a mercati diversi che non siano solo quello intorno.
Interveniamo attraverso la Saremar. Abbiamo pubblicato sui principali quotidiani (anche a livello internazionale, come il
Financial Times) l'
avviso pubblico. Questo é un esperimento finalizzato a fronteggiare la situazione verificatasi. Ad esso
abbiamo abbinato il bonus vacanza. Nelle more della situazione del problema Tirrenia, ci sarà la Saremar a svolgere un
ruolo di calmiere. La speranza é mettere a regime in modo strutturato questa iniziativa e di realizzare quell'
idea, inseguita
da cinquant'
anni, di collegamenti in cui il personale sia sardo, si vedano i nostri simboli, si consumino i prodotti
agroalimentari della nostra terra e i viaggiatori inizino a sentirsi in Sardegna fin dal momento dell'
imbarco".
LA TERZA PUBBLICAZIONE POETICA DI LAURA FICCO
LENTO IL PASSO INTENSA LA MERAVIGLIA
A Laura Ficco, genovese di nascita ma residente ad Assemini, l’intensa
attività poetica svolta negli ultimi anni gli ha fruttato numerosi riconoscimenti
e una consacrazione lirica in prestigiosi concorsi letterari nazionali e
internazionali (Chicago 2009). Ora, patrocinata dalla Provincia di Cagliari ed
edita dalla casa editrice Giglio di Cagliari, compare la sua terza
pubblicazione -titolata Lento il passo intensa la meraviglia- i cui contenuti
poetici sono un’ampia selezione di opere premiate. Il libro, ricco spunto per
una riflessione sociale, si caratterizza per i validi messaggi lirici di attualità
e per la profonda umanità e partecipazione emotiva verso la dimensione del
dolore. L’affascinante viaggio, attraverso la voce di Laura, è testimonianza
accorata di travolgente intimo lirismo e “pura energia della mente che
unisce lo stato naturale dell’uomo al mondo”. La silloge ospita le note
critiche dei poeti Raffaele Piras ed Eraclio Nateri di Quartucciu, del critico
letterario Francesco Mulè e la postfazione di Roberto Pili, Presidente del
Consiglio provinciale di Cagliari. La poetessa sarda-ligure si sta affermando
anche nei concorsi letterari in prosa: recentemente ha conseguito il terzo premio al Concorso di Capannoli (Pisa) con il
racconto Il precipizio della scogliera, ambientato “tra i sentieri delle verdi colline d’Irlanda”. Cristoforo Puddu
UNA MOSTRA PER CREARE UN PONTE CULTURALE TRA BERLINO E LA SARDEGNA
GENAU SARDINIA!
Organizzare in Sardegna una mostra di arte contemporanea di artisti isolani che vivono a Berlino in modo da creare un
ponte tra la capitale tedesca e la Sardegna. È l’evento che vuole essere promosso da sei artisti sardi (Irene Balia, il
sangavinese Giovanni Casu, Roberto Fanari, Ambra Pittoni e Carlo Spiga) tutti giovanissimi e trasferitisi a Berlino di
recente. Si tratta di un progetto denominato “Genau! Sardinia” che vuole mostrare la Sardegna nel suo presente e
integrata nella società contemporanea. La scommessa di questi giovani nasce dal successo di critica e di pubblico che lo
stesso progetto ha avuto a Berlino: “Questo evento – spiegano gli organizzatori Giusy Sanna e Giovanni Casu - ha
permesso di dare una visione differente della Sardegna e ha promosso la sua capacità di produrre arte contemporanea. Il
critico pubblico dell’arte contemporanea berlinese è rimasto piacevolmente sorpreso dalla qualità delle opere. “Genau” in
tedesco vuol dire “esatto”. Questa parola è stata scelta anche per la forte assonanza che ha con la lingua sarda”.
Insomma un nuovo modo di vedere la nostra isola perché nessuno degli artisti partecipanti si riconosce nell’idea di
identità sarda più diffusa: quella di terra arcaica, primitiva e imprigionata da un’immagine folcloristica: “Alcuni artisti sardi
internazionali che vivono e lavorano a Berlino – spiega Giovanni Casu – partiranno per una ‘non-vacanza’ in Sardegna,
calandosi per una settimana nella realtà quotidiana nell’isola confrontandosi con gli artisti sardi e creando un rapporto
estemporaneo e spontaneo con la popolazione”. Gian Luigi Pittau
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INCONTRO AL CONGRESSO F.A.S.I. CI SI DIBATTE SUI PROBLEMI LEGATI ALL’INFORMAZIONE
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EMIGRATI DUE VOLTE
Sono iniziate le grandi manovre verso il nuovo
Congresso sull'
emigrazione, Congresso che
possiamo definire certamente internazionale, a
ragione della provenienza dei vari delegati. Un
Congresso che, ancora una volta, chinerà lo
sguardo sulla nostra grande provincia sarda
chiamata Emigrazione, diffusa su ogni meridiano.
Sapete di che cosa si parlerà? Si parlerà di
identità del popolo sardo, degli emigrati che sono i
migliori ambasciatori della Sardegna, della
desolante condizione dei trasporti da e per l'
isola,
dell'
importanza dell'
informazione, dei giovani
chiamati a dare il turnover alla dirigenza della
vecchia guardia, del vergognoso trattamento
riservato ai pastori e al mondo del lavoro sardo,
dell'
isolamento mortale in cui è confinata la
Sardegna... Alla fine dell'
immenso lavoro, ci sarà il
mondiale odg: “Visto l'
art. X comma y... tenuto in
conto il nuovo DL... considerando che... si propone
che...” I pezzi da novanta già stanno affilando le
spade e a suo tempo faranno sentire i loro tuoni; i vari problemi che emergeranno, si “consumeranno”, come dice
Moravia, vissuti “di pancia” in sterili contrapposizioni, all'
italiana, al chi parla o grida di più. Sarà come un ennemillesimo
talk show televisivo, di quelli che fanno svenire. Fiumi di parole si riverseranno ancora una volta sui media. Sui media...
Ma non su un organo informativo di carta, non su un messaggero, che possa raggiungere capillarmente i nostri emigrati.
E questo è il punto: senza un risultato concreto (sì, concreto, nel senso di reale, da toccare con mano), non crederò
neanche una parola di quante ne verranno prodotte dal Congresso. Viene in mente il sarcastico detto di Orazio: “I monti
partoriranno; nascerà un ridicolo topo”. Il prodotto sarà che avremo una montagna di parole, dal gusto diverso (di
doglianze, di rimprovero, di grandi proclami, di “orgoglio sardo”?!, o vagamente parenetiche), che neanche avranno il
contenitore dove riversarsi. Ci sarà il nostro Tottus in Pari, che con coraggio e costanza, surrogherà la macro carenza. Ma
non è giusto che il TiP resti l'
unica fonte informativa dell'
emigrazione. Un pezzo grosso della nostra Federazione scomodò
il buon Esopo per accostare queste mie idee alla supponenza della mosca cocchiera, confrontate alla sua attività
culturale. Ci risentiamo dopo il Congresso sul tema informazione. E'mai possibile che l'
emigrazione sarda (l'
unica ormai,
tra i grandi gruppi emigratori italiani) si riduca a elemosinare un decente organo informativo cartaceo, con i mezzi
economici e culturali enormi di cui, grazie a Dio, si dispone? Dobbiamo aspettare che la Regione, con quella eterna
maretta in cui si dibatte per tanti versi, ci favorisca, ci faccia la grazia di una rivista per gli emigrati? Una rivista che, dopo
tutto, raggiunta una sua massa critica, andrebbe avanti da sé e tranquillamente si autosostenterebbe. Il TiP rimane,
secondo me, un ottimo salvadanaio elettronico, in cui ogni emigrato può riversare le proprie monete migliori. Ma resta un
salvadanaio chiuso, se non c'
è una diffusione e intercomunicazione cartacea. Quel prezioso, valido e vario materiale non
è valorizzato con un'
adeguata diffusione. Dovremmo riflettere all'
impegno ostinato, quasi fanatico, del nostro grande
Gramsci per dotarsi di un mezzo di informazione e cultura, senza il quale la sua rivoluzione sarebbe stata muta e in
definitiva sterile. Gli emigrati, senza un organo cartaceo di informazione sono due volte emigrati: lontani per una
discontinuità territoriale e lontani perché confinati in una discontinuità affettiva, culturale e spirituale dalla loro amata terra
dalla “luce limpidissima” e dai “colli per vendemmia festanti, e le convalli popolate di case e d'
oliveti”. Abbiamo grande
bisogno di un luogo cartaceo che costituisca il contenitore di quel getto continuo di informazioni, ricucite dall'
affetto alla
nostra Sardegna, che corre invisibile e imponderabile nello spazio immateriale, affollato di avvenimenti, iniziative, cose,
persone, costumi, musica, poesia, gioventù, arte, avanzi di memoria e futuro. Che sia riempito della nostra storia,
insomma, la quale, dopo aver attraversato monti e colline, secoli e millenni, ci racconta il nostro passato, le opere e i
giorni del nostro presente ci tenga amalgamati e ci indirizzi verso il futuro. Un rapporto continuo tra l'
amata Sardegna e la
sua provincia diffusa dell'
emigrazione, e viceversa, che occorre saturare, pena la morte della nostra cultura etnica.
Vitale Scanu
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L’ULTIMO SALUTO A FRANCO PUTZOLU, SARDITA’ E HUMOR INCARNATI
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QUEL TENERO, MITE E GENIALE SARDUS FILIUS
L’Isola personalizzata in una figura femminile, grande
sorriso e occhi spalancati sul paesaggio verde-marino,
affacciata alla finestra di una prima pagina de “L’Unione
Sarda”, che salutava i lettori: “Buongiorno, Sardegna”. Un
luminoso adesivo per promuovere l’immagine del
quotidiano cagliaritano. Frugando tra vecchie carte e
ricordi, l’intrigante originale dell’adesivo è balzato da un
cassetto: col volto tenero e buono, il sorriso mite, un filo
malinconico di Franco Putzolu. Me lo aveva proposto per
il giornale, pensato e creato assieme a mille altri suoi
“prodotti”, anche commerciali, che realizzava in una
piccola industria grafica. Dove faticava per il principale,
artigianale guadagno mensile. Non si viveva e non si vive
di sole vignette precarie e quadri estemporanei: serviva
anche a lui un lavoro vero e fisso. L’ancoraggio col quale
poteva coltivare la passione del disegno e della pittura. E,
a giornata conclusa, delle vignette che hanno scandito per trent’anni il tempo quotidiano del giornale, dei lettori e nostro.
L’adesivo era nato da un’idea comune, nel lontano 1984: assai prima del celebre “Good morning, Vietnam”. Sprizzava
allegria e ottimismo. Era una stagione eccitante, che prometteva tutto o molto a una Sardegna in piedi e in marcia,
combattiva e orgogliosa, vogliosa di riscatto. Si era consegnata alla prima Giunta di sinistra e sardista, affidandone il
timone alla mani forti e all’impetuoso carisma autonomista del Re-Leone Mario Melis. Sull’onda del vento propiziato da
Michele Columbu, col Psd’az al 15 per cento dei voti: appena due anni prima scomparso perfino dal Consiglio regionale.
Eppure l’aveva risvegliata, da altre sponde, la forza mobilitante di Pietrino Soddu: ancora oggi il leader politico,
l’intelligenza più autorevole, lungimirante e inossidabile degli ultimi decenni. Soddu aveva scosso l’albero intorpidito ma la
Dc non gli aveva permesso di andare fino in fondo. I frutti erano caduti sui Quattro Mori, premiandolo anche oltre i meriti,
sebbene ben meritati da personaggi come Melis e il patriarca Columbu. Franco Putzolu era emotivamente e
profondamente coinvolto in quel clima. Da genetico sardo-sardista, avendo nell’irruente fratello Adriano anche la punta
estrema del movimento fino al separatismo velleitario e pericoloso. Caratterialmente l’opposto di Franco, che aveva
profondità di sentire ma mitezza dell’agire, riversata anche nelle sue vignette. Puntute ma sempre garbate, lievi e mai
grevi. Anche politicamente acute e penetranti ma senza asprezze o volgarità. La sua ironia non scadeva nel sarcasmo
gratuito o pesante. La leggerezza del tratto e delle battute rifletteva quella interiore. Era (eravamo) ben dentro quel
risveglio “sardista”, anche senza appartenenze elettorali o di tessere, e si era partecipi di un moto orgoglioso. Franco era
coinvolto e felice: si vedeva nelle sue vignette e nel suo sorriso. Quella stagione di speranze lasciò molte delusioni e
rimpianti. Seguita da restaurazioni devastanti e nuove grandissime recenti attese. Infine frustrate e ripiegate – è storia fin
troppo fresca e dolente – nell’attuale, avvilente regresso-degrado totalizzante e disperante. Franco Putzolu non ha per
fortuna potuto vederlo, chiuso nella sua infermità. Inimmaginabile che oggi potesse solo ripensare al suo luminoso
quadro-adesivo del 1984, sprigionante vitalità e speranza. Avrebbe semmai potuto tradurlo in un quadro a tinte fosche,
con un titolo conseguente: “buonanotte, Sardegna”. Non saluto ma quasi epitaffio per un tempo perduto, forse irredimibile.
Ma è giusto e stimolante, fa allegria anche adesso, richiamare lo smagliante “Sardus filius” di quella stagione felice.
Quando era al massimo e al meglio della creatività e operosità. Di una notorietà conquistata sul campo, con modestia e
tenacia, sorretta da un’ispirazione riconfermata ogni giorno. Era il vignettista più noto e amato, certo anche per il primato
dell’Unione Sarda. In una regione che pure contava e conta il tratto formidabile e le fulminanti battute di un Gef Sanna
meno valorizzato da “La Nuova Sardegna”, mentre andavano affermandosi i talenti diversificati di Ruggero Soru, Bruno
Olivieri e, più recentemente, di Tullio Boi, un caso a sé sul piano umano e artistico. Franco Putzolu è rimasto a lungo il
primatista col nome d’arte di “Sardus filius” che si era scelto per una sua “striscia” in successione anche generazionale a
quella del Sardus Pater di Antonio Castangia. Amatissimo collega (stra-sassarese trapiantato a Cagliari) dai molti talenti,
anche grafici. Utilizzati per ritrarre l’intera redazione di Terrapieno in caricature interpretate e mirate, da tutti incorniciate e
custodite per un grato ricordo della simpatia di “Aca”: come Antonio Castangia firmava “strisce”, quadretti, vignette e
perfino trasmissioni a Radio Sardegna. Tra lui e Franco c’era una comunione di humor e gusto che “Filius” espanse al
meglio imponendosi progressivamente come il vignettista ufficiale dell’Unione. Lanciato all’impronta da Vittorino Fiori e via
via adottato e apprezzato da quasi tutti. Qualcuno un filo snob guardava con sufficienza il suo umorismo, svalutandolo
come “paesano”. Giudizio temerario perché Franco aveva una finezza che gli permetteva di brandire uno spirito non
provinciale ma popolare, sapido, alto, anche finissimo e lucido nella lettura di una Sardegna complessa e tormentata. Era
intriso di sardità talmente autentica e profonda da essere portatore sano - frizzante e malinconico alternativamente – di
identità inverata in lui: con le debite differenze, un Pinuccio Sciola non di pietra, stesso spirito e senso della vita. La sua
era una verace, profonda sardità contadina. Calda e tollerante, meno dura di quella pastorale. Beffarda, carnale. Anche
grassa come la terra del grano, del pomodoro, delle barbabietole e soprattutto del vino “che callada in s’unga” della sua
Serramanna. Del Campidano e dei suoi quasi estinti contadini con le facce cotte dal sole, color mattone e venature sulla
pelle come tracce dal vino forte e scuro. Ma oltre le vignette quotidiane, Franco Putzolu sapeva restituire della Sardegna
sintesi formidabili e serissime in tavole eccellenti anche artisticamente. Per tutte, la Sardegna con le sbarre conficcata nel
volto severo di un’Italia murata e turrita che imprigionava l’Isola. O la replica sofferta e amara a Giorgio Forattini. Con una
famosa e contestata vignetta, aveva chiamata i sardi alla colpa collettiva dei sequestri mozzorecchi per la mutilazione
feroce di un povero ostaggio. Franco Putzolu aveva risposto con un tratto forte, nero e quasi cupo: un grande Moro di
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profilo, un vistoso cerotto bianco al posto dell’orecchio reciso. Una muta replica di potente impatto. Il rigetto dell’accusa,
ritorta in denuncia: le prime vittima dei sequestri e dei riti atroci erano proprio i sardi. La vena politica, la critica
all’autolesionismo dei sardi più che il lamento per i soprusi altrui, è stato il fil rouge nella scansione di mille e mille vignette
in cui Franco ha rappresentato i tormenti, i drammi, i sogni e bisogni della Sardegna. Con misurata durezza anche
sorridente. Con indulgenza solidale e consapevole di quanti ritardi e di quali errori fosse costellata la sua marcia lenta e
malcerta verso un riscatto sempre a rischio. Dal giornale alle tv sarde, Putzolu è stato per anni l’editorialista grafico di
trasmissioni dedicate all’attualità non solo regionale su Videolina e Sardegna 1. Chiedevo sempre a lui una tavola – di
grandi dimensioni, da pittore e non solo vignettista - come sintesi e commento per i dibattiti sull’attualità. Anche in quel
campo il tenero, ironico “Filius” impose la sua eccellenza e un larghissimo gradimento. Tante di quelle sue tavole sono
ancora raccolte ed esposte a Videolina in un ricordo-tributo largamente meritato. Ma c’è stata una bella feconda
avventura meno nota con lui protagonista. Nata da un incontro casuale con un dramma allora diffuso e incontrollato. Il
favismo, che a primavera falciava migliaia di sardi, mettendone a repentaglio la stessa sopravvivenza per crisi emolitiche
temibili specie per i bambini e che richiedevano enormi quantità di sangue da importare per trasfusioni salvavita. Un
bambino ridotto in fin di vita mostrato in un letto d’ospedale per un attacco di favismo, un articolo sulla prima dell’Unione e
poi un’idea prontamente raccolta da un assessore regionale allora fra i leader emergenti. Una campagna a largo spettro,
quasi a saturazione, per creare giusto allarme, mobilitazione e promuovere la prevenzione contro un flagello tutto sardo.
Una grande pubblicità-progresso quasi ante litteram, con paginate ogni giorno diverse nei titoli e nei brevi testi, soprattutto
con le decisive illustrazioni di Franco Putzolu. Grandi fave animate, guizzanti e incombenti, attraenti e micidiali come
serpenti, movimentavano le tavole, attiravano l’attenzione di adulti e bambini, riscuotendo un gradimento straordinario.
Completato con un martellante richiamo a esporsi a una punta di spillo per far sprizzare una goccia di sangue salvifico e
così sapere chi era a rischio e chi non. Un successo travolgente, con un crollo del 70 per cento dei casi di favismo,
premiò quella perfomarnce esaltante e festosa. Diede un grande, vero senso di utilità sociale a tutti i protagonisti. Al
tenero “Filius”, anche la certezza che le sue non erano solo vignette. Anche per questa pagina indimenticabile, la terra ti
sia leggera, caro Franco. E’ l’ultimo augurio di quanti ti hanno voluto bene mentre oggi sentono la Sardegna sulle spalle
come un gravame insostenibile e soffocante. Giorgio Melis
LA MOSTRA A COLONIA, ALLA “PHOTOGRAPHISCHE SAMMLUNG” SINO AL MESE DI AGOSTO
AUGUST SANDER E IL SUO VIAGGIO IN SARDEGNA DEL 1927
Tornano a casa le fotografie che August Sander dedicò al suo
viaggio in Sardegna, nel 1927. Tornano a Colonia, per una grande
mostra che fino ad agosto proporrà ai visitatori un'
immagine inedita
della nostra isola. A promuoverla è la Photografische Sammlung/SK
Stiftung Kultur, come dire, il salotto buono di una delle città d'
arte più
interessanti d'
Europa. Dall'
ottobre del 2009 al gennaio dell'
anno
scorso la mostra fu ospitata nella Galleria comunale d'
arte di Cagliari.
Adesso, in un circolo virtuoso di arte e cultura, compie un viaggio a
ritroso e viene allestita per la prima volta nella terra d'
origine di
Sander, tra le architetture avveniristiche di MediaPark, nella sede
prestigiosa della Photographische Sammlung. Oltre al prezioso
reportage su Cagliari sono in mostra le sue foto di Sassari, Nuoro,
Oristano, Iglesias, Porto Torres, Atzara, Aritzo, Dolianova, Villasor,
Uta,
Abbasanta,
Santa
Giusta,
Codrongianus,
Siliqua.
All'
inaugurazione, con i promotori, le autorità, gli ospiti tedeschi (e
molte testate giornalistiche che hanno dato grande rilievo all'
avvenimento), anche Giorgio Pellegrini che come assessore
alla cultura del Comune di Cagliari si è molto impegnato per portare la mostra in città. Davanti all'
ingresso, una
gigantografia delle scalette di Santa Chiara. Ha una cinquantina d'
anni, Sander, quando arriva in Sardegna nel marzo del
1927 e la percorre in lungo e in largo per un mese, realizzando più di trecento immagini. Attento ai paesaggi, ai
monumenti e ai costumi tradizionali dell'
isola, Sander conoscerà anche il pittore Filippo Figari e il collezionista Luigi
Cocco. «Nessun altro fotografo professionista del XX secolo», scrive nel catalogo Gabriele Conrath-Scholl, «ha dedicato
alla Sardegna dell'
epoca una documentazione tanto rigorosa ed esaustiva come quella di August Sander», attratto
anch'
egli, come gli altri illustri visitatori tedeschi che lo avevano preceduto, dall'
aura barbarica dell'
isola. «Uralt ist das
Volkstum», antichissimo è il carattere nazionale, sottolinea estasiato Ludwig Mathar, che inizia ai misteri dell'
isola l'
amico
August, testimone di uno scenario fisico ed etnografico allora unico in Europa. Scrittore e giornalista, già autore di un libro
di viaggi che inseriva Cagliari in una sorta di tardivo Grand Tour italiano, Mathar era tornato in Sardegna con l'
intento di
realizzare un volume dedicato all'
isola, illustrato dalle immagini di Sander. Il libro non verrà mai pubblicato ma il diario
sardo di Mathar, che avrebbe dovuto servire da base per il volume, è inserito nel Catalogo bilingue, edito da Schirmer
Mosel di Monaco di Baviera, con testi di Gabriele Conrath-Scholl, Rajka Knipper, Albertus Mathar, Giorgio Pellegrini e con
tutte le 335 tavole fotografiche del reportage, in gran parte inedite. Stampe e negativi del grande fotografo tedesco sono
custoditi oggi presso il Sander Archiv della Photographische Sammlung di Colonia, che ospita la mostra, e che l'
11
maggio proporrà in anteprima la proiezione del film “August Sander - eine Reise nach Sardinien”. Girato lo scorso
settembre in Sardegna dal bavarese Reiner Holzemer, per il canale franco-tedesco ARTE e la Westdeutscher Rundfunk,
segue le tracce lasciate dal fotografo nel suo viaggio di ottant'
anni fa, in un confronto tra passato e presente lirico e di
estremo interesse.
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INCONTRO TRA LUIGI LAI E IL COMPOSITORE SCOZZESE BARNABY BROWN
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MAGICO DIALOGO TRA LE LAUNEDDAS E LA CORNAMUSA
Tutto comincia quando un compositore scozzese di razza, John Purser (famose le
52 ore di lezioni alla radio della Bbc) nella sua casa di Skye mostra a un musicista
esordiente già laureato all'
università di Cambridge, Barnaby Browm, dieci
raffigurazioni medioevali su pietra di suonatori di tricalamo, strumento simile alle
launeddas. Barnaby è l'
unico al mondo a suonare una cornamusa riprodotta da un
originale del '
700. È lui che sposa la pratica della musica antica col repertorio
classico della cornamusa scozzese. Nello studio di Purser ci sono tricalamo
irlandesi, quelli dell'
Inghilterra e, off course, quelli della Scozia. L'
artista spiega che
in Europa ci sono altre aree dove si suonano gli strumenti a fiato. Barnaby ricorda:
«Mi fa sentire il sardo Efisio Melis di Villaputzu. Resto incantato. E oggi eccomi
qui, in una terrazza del mare blu di Porto Corallo, col re indiscusso dei suonatori di
launeddas, Luigi Lai di San Vito, a studiare insieme il linguaggio di questi due strumenti». Che linguaggio è? Barnaby,
musicologo di Glasgow e docente a Cambridge, risponde in un buon italiano studiato tra Roma e Firenze: «È un forma
spirituale di espressione. Non è mettere fiato nelle canne o nella sacca. No, questa musica è nei neuroni del cervello dove
le note sono codificate. L'
esecuzione materiale è un dettaglio, come nei processi della comunicazione è la decodifica di
quelle conoscenze musicali. Occorre avere quei ritmi in testa, nella scatola cranica». Dall'
ermeneutica della musica alla
pratica. Lai è strafelice di questo matrimonio di note, imbraccia le sue tre canne, tumbu, mancosa e mancosedda.
Barnaby la sua cornamusa con chanter, sacca e mantici. Sono l'
uno di fronte all'
altro. Re o La maggiore? Vada per la
tonalità in Re. Scozia e Sardegna diventano happening di due grandi isole di musica. Etnica certo. Inconfondibile. I due
strumenti dialogano. È feeling tra "sonus de canna" e "uilleann pipes". È feeling fra uno strumento che nasce dalla ricerca
accurata di tipi particolari di canne lacustri in Sardegna messe insieme con pece e spaghi e le pipes antiche e moderne
del Nord Europa, queste ultime sperimentate dai fratelli Taylor prima in Irlanda e poi negli Stati Uniti e diventati un
simbolo, nei film e nelle feste, con regnanti e regine, eserciti e sagre popolari. Di Luigi Lai sappiamo tutto. I suoi esordi col
gigante Antonio Lara nel Sarrabus, regione caposcuola delle launeddas. Bambino prodigio e la vita da emigrato. Il rientro
dalla Svizzera, lo studio scrupoloso delle tre canne che dall'
artigianato e dal folclore salgono all'
arte, il suo peregrinare nel
mondo col suono dello strumento più antico dell'
area Mediterranea. I successi a Londra e Francoforte, all'
Opera di Parigi
e in Vaticano, a New York e Mosca, gli accordi con le sue processioni in Sardegna, la Pastorale davanti al cocchio di
Sant'
Efisio e alla Cavalcata di Sassari, la creazione di una scuola «perché questo strumento venga studiato e sopravviva
alla Storia». È un uomo orchestra. Quando suona sembra di avere insieme violisti e violinisti, contrabbassi e flauti, oboe e
tamburi, fagotto e corno inglese, piano e cembalo. Quelle tre canne raccolte ai bordi dei torrenti diventano cassa
armonica e organo se affidate a un unico grande regista. Da Lai e con Lai è venuto a studiare Barnaby. Ha 37 anni, nasce
in una casa al centro di Glasgow, vicino al Museo Kelvingrove. Figlio di Anthony, ingegnere industriale e di Alison (orafa
specializzata nella lavorazione dell'
argento) è secondo di quattro figli. Il fratello maggiore è designer, il terzo insegna
musica e scienze ai bambini delle elementari, il minore lavora dall'
editore Phaidon in Wooster Street a New York. Barnaby
sceglie l'
università di Cambridge, studia musica al Conville & Caius College affianco al Trinity di Queens Road. Canta nel
coro. Sceglie subito la cornamusa. «Affascinante e coinvolgente. Ma la lascio a tredici anni, mi butto a capofitto nella
musica classica, Mozart e Beethoven, Mahler e Haydn. Nell'
ultimo anno di università riprendo la cornamusa per preparare
la tesi. Nota dopo nota scopro che avevamo innata la mouth-music, il linguaggio della bocca. Vuol dire insegnare uno
strumento utilizzando la voce, per esprimere il repertorio agli studenti. In questa fase avviene la conoscenza con Purser,
sento le launeddas di Efisio Melis, mi rendo conto che questa è musica di qualità. Io ho la mia cornamusa personalizzata
con tre bordoni e una canna melodica di nove note, ci sono differenze fra quella irlandese e la scozzese. Il mio
costruttore mi regala il libro cult del danese Andreas Fridolin Weis Benzon sulle launeddas. Era il 2000. Vengo in
Sardegna, conosco Luigi. Poi si celebra il quarantesimo festival di Armagh, nell'
Irlanda del Nord, voluto dall'
Armagh
Pipers Club. Gli organizzatori invitano Luigi Lai. Prima si esibiscono le cornamuse. Poi entra in scena Luigi. Fiorassiu e
Mediana Pipia. Qualcuno è scettico. Man mano che suona cresce l'
interesse. Il pubblico è come rapito. Luigi suona per
venti minuti ininterrotti. Nessuno crede che quell'
uomo sia solo, che quel concerto sia opera di un unico maestro. Quando
conclude è l'
estasi. Dieci secondi di silenzio. Ed esplode un applauso scrosciante col pubblico in piedi. Concede un breve
bis. Apoteosi. La medaglia d'
oro del festival di Armagh va a lui». In questo scenario nasce il linguaggio delle launeddas.
Ne parla per primo Luigi. E Barnaby: «Ma anch'
io voglio studiare il linguaggio delle cornamuse, incontriamoci». Qui
avviene il miracolo. Brown maestro di cornamusa ottiene, con i fondi statali per la ricerca, il finanziamento di una borsa di
studio della Royal Scottish Academy of Music & Drama. Ed eccolo in Sardegna ospite del maestro Lai che lo accoglie fra
la sua casa di San Vito e quella di Porto Corallo dove passano ore a suonare e scrivere. Con una convinzione profonda.
Barnaby: «Il linguaggio musicale è nel cervello, occorre assorbirlo, introitarlo, esprimere lo stato d'
animo senza dare
eccessiva importanza al pentagramma, in tal modo il musicista diventa una macchina, invece dev'
essere un creativo, ogni
giorno, in ogni concerto». Lai: «È il cervello che coordina i movimenti delle mani e l'
emissione del fiato, non sono le mani
a prevalere sul cervello. Ecco perché il suono delle launeddas è spiritualismo, non materialismo esecutorio». Ancora
Barnaby: «È un processo dell'
animo non del corpo. Così fanno i grandi musicisti indiani, i messicani, imparano prima di
tutto col canto, col linguaggio della musica, il suono viene dopo». Barnaby starà nell'
isola ancora qualche giorno. A
suonare in coppia e a scrivere. A mettere nero su bianco le musicalità insite nel cervello. A dare un senso universale ai
suoni dell'
isola dei nuraghi e a quelli dell'
Antica Caledonia. A metà mese il rientro a Cambridge e Glasgow. Dove a fine
primavera tornerà Lai e insieme prepareranno un video e un dvd da presentare prima alla Royal Scottish Academy e poi
in concerti. Due isole diventeranno una sola nel suono combinato di launeddas e cornamuse. Giacomo Mameli
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IL VELLO SARDO SBARCHERA’ ALL’EXPO DI MILANO TRA COIBENTAZIONE E PANNELLI SOLARI
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LANA DI PECORA
Dalle magliaie ai muratori, la lana di pecora abbandona il
tessile e punta dritta all’edilizia naturale al 100%. Si perché il
vello – è quello degli ovini sardi eccelle – è un ottimo
isolante termico, evita i fenomeni di condensa, è antimuffa e
battericida. E’ una barriera contro il rumore, migliora
l’acustica dell’ambiente, non attira né accumula polvere ed è
ignifugo: prende fuoco con difficoltà, sviluppa poco calore e
poco fumo. Alte prestazioni che hanno fatto il successo dei
cuscinetti isolanti: facili da stendere ed ecosostenibili. A
coibentare le case di mezza Italia è un marchio sardo scelto
per gli appartamenti temporanei dell’Expo 2015 di Milano,
che ha chiuso l’ultimo bilancio con un fatturato superiore ai
500mila euro: Edilana, sede a Guspini. Il suo business, fatto
anche di export, è in crescita: e si espande anche ad altri
settori, rigorosamente “green”. L’ultima creatura è un
particolare geotessile di lana di pecora, specifico per i
pannelli solari, che consente un incremento di produzione energetica, ma sono allo studio soluzioni per l’agricoltura
(un’alternativa ai teli di plastica) e l’arredamento (imbottitura per poltrone e divani). Senza contare che, assieme al
marchio Ovile Sardo, l’azienda ha già prodotto culle e librerie in lana. Tutto ha preso il via a Guspini, la cittadina dei
coniugi Oscar Ruggeri e Daniela Ducato, grazie alla “banca del tempo”, l’associazione in cui ciascun socio mette a
disposizione qualche ora per dare a un altro socio una certa competenza. Una “correntista” aveva consegnato una gran
quantità di lana di pecora che, poco apprezzata dal mercato, non era riuscita a vendere ed era costretta a distruggere. Lo
smaltimento ha costi alti: la lana, considerata rifiuto speciale, è destinata all’inceneritore. Un gruppo di ragazzi, quasi per
gioco, l’ha presa in consegna e ci ha foderato una casa di legno. Quando ci sono entrata, mi sono accorta che acustica e
clima erano perfetti, ricorda la Ducato. Da qui il lavoro con la Tessile Crabolu: assieme hanno ideato macchinari e
strutture per realizzare i materassini fonoassorbenti. Usare materiali naturali aiuta ad abbattere l’inquinamento indoor,
sottolinea Ruggeri. L’azienda sarda ci ha creduto. E si allarga. Sta per lanciare sul mercato malte, pitture, calci, intonaci e
base di latte di pecora, miele, olio d’oliva, spezie, birra, vinacce. Le prestazioni sono certificate e premiate (nel 2010
l’azienda si è aggiudicata il riconoscimento Ecomondo, fondazione per lo sviluppo sostenibile, e quello di innovazione
amica per l’ambiente di Legambiente e Confindustria). I prodotti garantiscono: zero Voc (composti organici volatili) che
per la normativa europea non devono superare i 30 grammi per litro), zero CO2, zero additivi sintetici e, primi in Europa,
sono water free. L’acqua è un bene comune e poi, a conti fatti, quella contenuta nelle pitture la si paga quanto quella
minerale, precisa Ducato. Ma è tutta la filiera a essere a basso impatto ambientale. Per noi un rifiuto speciale può
diventare una risorsa speciale. Come la robbia: una pianta selvatica che noi trasformiamo in mordente e colorante. E’
considerata un’erbaccia, così abbiamo fatto una convenzione con dei giardinieri che la estirpano e ce la consegnano. Un
risparmio per tutti visto che prima usavano i diserbanti. Inoltre si preservano le biodiversità e si ricostruisce quel legame
tra architettura e agricoltura che la chimica ha spezzato, conclude Ducato. Maddalena Brunetti
TEMPI DI “TALENT SHOW”: A LONDRA C’E’ “SO YOU THINK YOU CAN DANCE”
GIANLUCA LODDO, IL BALLERINO CHE STREGA GLI INGLESI
In Inghilterra è iniziata la seconda edizione del talent "So You Think You Can Dance", una sorta di "X Factor" declinato
alla danza. Venti ballerini che si sfidano a colpi di coreografie. Nel cast un italiano: Gian Luca Loddo di Cagliari. Si
definisce un guerriero e svela come conquisterà gli inglesi: "Mi piace di far vedere che dentro di me c'
è un universo ricco
di colori e profumi molto diversi tra loro e di tante sfumature emotive".
Come mai hai deciso di partecipare a So You Think You Can Dance? Vivo a Londra da poco più di un anno e il tempo
da quando sono arrivato qui (febbraio 2010) è letteralmente volato tra mille audizioni, provini e casting. Quello per So You
Think You Can Dance era solo uno dei tanti provini a cui volevo partecipare. Nel mio settore, quello della danza e del
teatro, nulla arriva dal cielo se non sei tu a proporti e a presentarti ai casting directors o agli agenti o alle compagnie di
danza o ai teatri. Ho deciso di fare il provino per il programma specialmente per la grande visibilità che la vetrina
televisiva offre.
Senti la responsabilità di essere l'
unico italiano di questa edizione? Non sento più di tanto la responsabilità di essere
l'
unico Italiano in gara, sento più che altro una grande emozione e spero di fare del mio meglio anche per la mia terra che
amo profondamente. Mi fa un immenso piacere sapere di essere stato scelto dai giudici per essere uno dei top 20 in gara,
ciò un po'mi rende orgoglioso.
Cosa ti ha colpito di questo talent show? Il format ha una formula molto accattivante, i top 20, 10 ragazzi e 10 ragazze
in gara ogni settimana devono affrontare coreografie di generi molto diversi dal contemporaneo al jazz, musical theatre,
hip hop, latin, ballroom danzando per lo più passi a due, ma anche coreografie di gruppo e assoli. I coreografi chiamati in
causa a creare i pezzi che verranno messi in scena davanti a milioni di telespettatori ogni sabato sera sono alcuni dei
nomi di punta della danza odierna e il fatto di lavorare nella preparazione dei pezzi con grandi talenti ha una grandissima
importanza. Inoltre può essere un ottimo modo di far vedere le proprie abilità e farsi conoscere e di ricevere magari in
futuro delle proposte lavorative,altro aspetto da non sottovalutare affatto.
Qual è il tuo ruolo nel talent? Sono uno dei top 20 in gara, ogni settimana dovrò cimentarmi in sala prova nelle
coreografie che la produzione mi assegnerà e il sabato durante la diretta su Bbc1 dovrò danzarle al meglio per ottenere il
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maggior numero di voti dal pubblico che vota da casa...coloro che riceveranno il minor numero di voti alla fine della
puntata saranno chiamati a "danzare per la vita" dei brevi assoli rappresentativi e chi ottiene il minor numero di voti dovrà
lasciare la competizione.
Come pensi di convincere il pubblico e quali saranno i tuoi punti di forza? Cercherò di fare quello che mi piace di
far vedere che dentro di me c'
è un universo ricco di colori e profumi molto diversi tra loro e di tante sfumature emotive,
cercherò di fare emergere quella forza un pò feroce e animalesca mista a quei giochi di bambino che ancora mi porto
dentro, cercherò di attingere dalla mia esperienza e da quella vena drammatica che mi contraddistingue, giocando però
ogni tanto e senza prendermi troppo sul serio.
Hai partecipato anche ai video di Yolanda Be Cool & Dcup e Alexandra Burke, cosa puoi raccontarci di quelle
esperienze? Interpretare la parte del protagonista in "We no speak americano" di Yolanda Be Cool & Dcup è stato un
vero spasso, una grande indimenticabile esperienza, il regista del video con cui avevo lavorato precedentemente mi ha
telefonato offrendomi la parte senza neanche chiedermi di fare il provino. Diceva che per lui ero perfetto perchè, secondo
lui, incarno un pò il fascino di una vecchia movie star del cinema muto, aveva citato Rodolfo Valentino, Buster Keaton e
Charlie Chaplin... Logicamente io più che lusingato da tali affermazioni. Mi disse inoltre che sarei stato perfetto per la
parte per la mia spiccata italianità, aspetto che qui, devo dire, non è stato l'
unico ad apprezzare. Con Alexandra Burke è
stato diverso, ho effettuato un vero e proprio provino dove ho dovuto dimostrare le mie abilità acrobatiche di ex ginnasta.
Sono stato un ginnasta agonista a Cagliari, la mia città natale,per tanti anni. Ho gareggiato per la stessa società per cui
gareggiava mio padre, vengo da una nota famiglia di sportivi pluridecorati, la ginnastica artistica è stata una mia grande
passione e devo moltissimo ai duri anni di allenamento, mi hanno plasmato il corpo e il carattere.
Da quanto tempo vivi a Londra, perché te ne sei andato dall’Italia? Vivo a Londra da un anno e due mesi, sono
venuto qui per ragioni legate alla mia relazione sentimentale e per motivi lavorativi. Mi duole dirlo,ma al momento in Italia
la situazione è davvero drastica. I tagli del Governo per arte, cultura e spettacolo sono sempre più compromettenti e
tantissimi lavoratori del settore sono costretti ad andare a cercare, non chissà quali fortune, ma un lavoro dignitoso e
remunerativo all'
estero. Siamo un esercito piuttosto numeroso noi danzatori all'
estero.
Cosa pensi della situazione in Italia della danza? L'
Italia vive un periodaccio, lo sappiamo, non solo nella danza o nel
teatro, esistono i grandi enti lirici e qualche piccola compagnia che a stento riesce a mandare avanti con passione il
proprio operato, esistono dei teatri stabili ma la ricerca e le possibilità di lavoro specialmente per i giovanissimi sono
piuttosto limitate. Ammiro profondamente chi riesce con gli artigli a lottare per i propri ideali, ma in Italia in pochissimi
riescono a campare con la danza ed è un grande peccato perchè l'
entusiasmo e la volontà sono presenti e i talenti sono
tantissimi, ma spesso, ripeto, costretti a varcare il confine.
Oltre che ballerino dipingi, quando è nata questa passione? Dipingere è una magia che è sempre stata dentro me
probabilmente. Disegnavo sempre da piccolo, fino ai 10 anni credo...poi la carriera agonistica, non l'
ho più fatto, non
avevo più tempo...mi sono un pò dimenticato della mia creatività. Ho ricominciato a dipingere non appena mi sono
trasferito a Londra. Appena arrivato qui sono andato a vedere moltissime esposizioni, molte delle quali gratuite, e dopo
qualche giorno mi sono catapultato in uno dei tanti negozi d'
arte a comprare tele, colori acrilici, pennelli. Amo l'
arte e il
genio creativo in tutte le sue forme e noi italiani di creatività ne abbiamo davvero da vendere.
Pensi mai di tornare in Italia, un giorno a lavorare? Penso spessissimo a quanto mi piacerebbe tornare in Italia a
vivere e a lavorare, ma credo che ciò avverrà in futuro, per il momento ho ancora bisogno di confronto e di stare in giro,
come diciamo noi a Cagliari. Mi piacerebbe coreografare, mi piacerebbe insegnare anche se non l'
ho mai fatto, mi
piacerebbe trasmettere l'
amore per l'
arte come alcuni dei miei insegnanti durante il mio percorso formativo l'
hanno
trasmesso a me, non so bene cosa mi piacerebbe fare, ci penserò...
Quali ballerini sono i tuoi punti di riferimento? Mi piacerebbe citare una grandissima coreografa morta un anno fa, una
donna che ci ha regalato
immagini di sogno e una
poesia sconfinata coi suoi
lavori, una grande umanità
dalle molteplici tinte, dalle
più giocose alle più
taglienti: la grande Pina
Bausch. Lei diceva "ho
amato danzare perchè
avevo paura di parlare,
quando mi muovevo allora
potevo sentire", quanta
verità nelle sue parole! Chi
mi emoziona sempre fino a
farmi piangere, non è una
danzatrice, ogni volta che
sento la sua voce è la
soprano Maria Callas, ogni
volta che ascolto le sue
incisioni vengo rapito da un
turbinio di emozioni e
penso sempre "lei è arte”.