Ma lui resta premier e Previti avvocato La destra perde
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Ma lui resta premier e Previti avvocato La destra perde
La Costituzione non prevede leggi personali. Anche per i vertici dello Stato. La Consulta esiste per questo y(7HC0D7*KSTKKQ( +;!=!z!"!. www.ilfattoquotidiano.it € 1,20 – Arretrati: € 2,00 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 Martedì 6 ottobre 2009 – Anno 1 – n° 12 Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 IL CORRUTTORE CON LODO Ma lui resta premier e Previti avvocato I LODI AL PETTINE di Marco Travaglio ica dove prende i soldi!”, intimava l’altra sera il commissario capo Maurizio Belpietro a Patrizia D’Addario, di professione escort. E’ la stessa domanda che decine di magistrati (e perfino qualche giornalista, perlopiù straniero) tentano di porre a un signore che svolge mansioni lievemente più pubbliche di quelle della squillo di Palazzo Grazioli. Solo che lui, diversamente da lei, non risponde. In una memorabile vignetta di Altan, un tizio gli chiede perché non risponda alle dieci domande di Repubblica e lui sbotta: “Ma perché non posso, cazzo!”. Ecco, lui non può. Mai. Non può a proposito di minorenni e prostitute. Non può, a maggior ragione, sulla provenienza dei suoi capitali. Nessuno ha mai saputo chi si nascondesse dietro la sua prima società, Edilnord Sas, nata nel 1963 con due soci accomandanti: il banchiere Carlo Rasini e il commercialista svizzero Carlo Rezzonico (in rappresentanza della misteriosa finanziaria luganese Finanzierungesellshaft fur Residenzen Ag). Stessa scena nel ‘73, quando fondò la Italcantieri Srl grazie ad altre due misteriose fiduciarie ticinesi, la Cofigen e la Eti AG Holding. Nessuna risposta, motivi di privacy. I giudici di Palermo hanno accertato che, fra il 1975 e l’83, mentre venivano su la P2, Milano2, Canale5, Rete4 e Italia1, misteriosi benefattori gli versavano l’equivalente di 300 milioni di euro, parte in contanti, per ricapitalizzare la quarantina di finanziarie (Italiana1,2,3 ecc) che controllavano la Fininvest. Secondo un finanziare amico di Dell’Utri, Filippo Alberto Rapisarda, e alcuni mafiosi pentiti, quelli erano soldi investiti dal boss Stefano Bontate nei cantieri e nelle tv. “La Padania”, quando la Lega era una cosa seria, chiese lumi con dieci domande un tantino più suggestive di quelle di Repubblica: “Berlusconi rispondi: sei un mafioso?”, cose così. Poi Bossi tornò all’Ovile delle Libertà e dall’archivio online della Padania scomparvero intere prime pagine: quelle. Nel 2002 il Tribunale di Palermo che stava processando Dell’Utri per mafia andò in processione a Palazzo Chigi per interrogare Berlusconi e porgli la fatidica domanda: Cavaliere, chi le ha dato i soldi? Lui si avvalse della facoltà di non rispondere. “Perché non posso, cazzo!”. Intanto si scopriva che aveva pure accumulato 1500 miliardi di lire di fondi neri su 64 società off-shore, ma lui mandò in prescrizione il reato con l’apposita riforma del falso in bilancio. Ora deve rispondere al Tribunale di Milano di aver intascato 170 milioni di dollari dalle casse delle sue società offshore, sottraendo al fisco almeno 130 miliardi di lire: anzi dovrebbe, perché è coperto dal lodo Al Nano. Almeno fino a oggi. Purtroppo il lodo non copre gli effetti civilistici della sentenza comprata per ribaltare l’altro lodo, il Mondadori, così il pover’uomo dovrà restituire 750 milioni che si era messo in tasca inavvertitamente. Tutti i “D lodi, prima o poi, vengono al pettine. Lui infatti è “allibito” per l’“enormità giuridica”. Anche perché stavolta deve sborsare lui: nemmeno un Previti o un Tarantini che paghi al posto suo. Trombettieri e house organ, da Libero al Giornale, delirano di “giustizia a orologeria”, senza peraltro precisare in quali giorni dell’anno i giudici possono permettersi di sentenziare senza arrecare troppo disturbo, ed eventualmente da che ora a che ora. Sono troppo impegnati a indagare sulle sardanapalesche fortune di Patrizia D’Addario. Ecco, lei ha il dovere di rispondere. Mica è presidente del Consiglio. “Berlusconi è Udi Marco Lillo corresponsabile della vicenda corruttiva”. L’ORDINE É scritto nella NON RADIA motivazione del giudice CE SARE civile di Milano che ha vvocato Cesare Previcondannato Fininvest a ti. Iscritto all’albo dal 18 dicembre 1958, risarcire De Benedetti. cassazionista dal 1973. Il ruolo del cavaliere nella Punto. Questo è tutto quello compravendita del verdetto che gli che troverete nell’albo dell’Ordine degli Avvocati regalò la Mondadori. La Consulta sul conto del legale di Silvio decide se far saltare l’impunità del Berlusconi. pag. 2 z Mascali e Travaglio pag. 3 e 4 z premier. A Cesare Previti e Silvio Berlusconi. In alto, Angelino Alfano (FOTO ANSA) Udi Bruno Tinti SCUDO UNA FIRMA PESANTE osì il Presidente della Repubblica ha firmato. Adesso l’impunità per i criminali che fanno rientrare il loro bottino nel nostro Paese è legge dello Stato. A chi gli chiedeva di non firmare Napolitano ha risposto. pag. 18 z C Udi Elisabetta Reguitti IL LAVORO CHE NON C’È PIÙ ALL’ATTACCO x IL CORO DEGLI UOMINI DEL CAPO La destra perde la testa invoca la piazza e il golpe n grecia La vittoria dei socialisti di Papandreu Citati e Perrelli pag. 9z nmessina Il disastro e le promesse mancate Fierro a pag. 7z Da Capezzone a Cicchitto, passando per Gasparri. Quello che il Cav. non dice (E loro purtroppo sì) di Luca Telese M anca solo la parola “golpe”. Ma è come se il premier e i suoi uomini ci girassero intorno pag. 5 z CATTIVERIE Berlusconi su Annozero: "È inaccettabile che la Rai inviti una prostituta". Martedì a Uno Mattina: "Presidente, questa è casa sua". (www.spinoza.it) Punta Corsara - Fondazione Campania dei Festival e minimum fax presentano TERRE IN DISORDINE RACCONTI E IMMAGINI DELLA CAMPANIA DI OGGI a cura di MAURIZIO BRAUCCI e STEFANO LAFFI la Feltrinelli • Libri e Musica Piazza dei Martiri, Napoli Oggi alle 18.00 presentazione del volume lla fine quelli della Innse di Milano, forse, ci sono riusciti. La sottoscrizione dell’ultimo passaggio (dei tre previsti nell’accordo raggiunto ad agosto) sembra aver definitivamente scritto la parola “fine” sulla storia della fabbrica pag. 8 z A Udi Oliviero Beha OGNI MALEDETTA DOMENICA erba volant. La notizia che un autentico signore del calcio come il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, voglia cacciare il suo allenatore non è una notizia. V pag. 15 z Martedì 6 ottobre 2009 pagina 2 La settimana che decide le sorti processuali di Berlusconi P PREMIER IMPUNITO arte oggi la settimana decisiva per il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Martedì 6 ottobre: la Consulta apre la discussione sul lodo Alfano, per giudicarne la costituzionalità che, se venisse bocciata, potrebbe portarlo -come lui stesso ha dichiarato- a elezioni anticipate (oltre che ad essere processato). Mercoledì 7 ottobre: l’ingegner Carlo De Benedetti notificherà la sentenza che impone il risarcimento alla sua holding per un ammontare di 750 milioni di euro (relativa al lodo Mondadori) chiedendone l’esecutività (quindi i soldi). Nelle motivazioni si dice anche che Berlusconi è “corresponsabile della vicenda corruttiva”. Giovedì 8 ottobre: la trasmissione Annozero ospiterà Massimo Ciancimino, figlio di Vito, l’ex sindaco mafioso di Palermo. Massimo, 5 anni per riciclaggio dei soldi del padre, ha rivelato nuovi retroscena delle stragi di mafia e che il boss Bernando Provenzano chiedeva nel 1994 a Berlusconi di mettere a disposizione di Cosa Nostra una delle sue reti televisive. Venerdì 9 ottobre: presso la seconda corte d’appello a Milano, si riapre il processo a David Mills, condannato in primo grado per essere stato corrotto da Berlusconi. PREVITI È ANCORA AVVOCATO Condannato a sette anni e mezzo in due processi, non è stato radiato dall’ordine di Marco Lillo m. l. SERVIZI SOCIALI vvocato Cesare Previti. Iscritto all’albo dal 18 dicembre 1958, cassazionista dal 1973. Punto. Questo è tutto quello che troverete sull’albo dell’Ordine degli Avvocati sul conto del legale di Silvio Berlusconi, condannato per ben due volte con sentenza definitiva per avere comprato i giudici. I processi Imi-Sir e Lodo Mondadori che lo hanno visto protagonista hanno macchiato il suo casellario giudiziario ma non hanno lasciato traccia sulla fedina professionale del legale della Fininvest. Cesare Previti, nonostante sia stato condannato complessivamente a sette anni e mezzo di galera con sentenza passata in giudicato, è ancora bellamente iscritto al suo Ordine come se nulla fosse. A “Il Fatto Quotidiano”, che chiede lumi su questa situazione grottesca, sia il presidente dell’Ordine di Roma, Alessandro Cassiani, che quello nazionale, Guido Alpa, ieri non hanno trovato il tempo di rispondere. Un consigliere dell’Ordine di Roma che vuole restare anonimo, precisa: “Previti è stato sospeso dalla professione per cinque anni ma non è stato ancora radiato e per questa ragione figura sull’albo ma non può mettere piede in Tribunale”. Non è così secondo l’avvocato di Previti, Alessandro Sammarco: “E’ vero che la sentenza di condanna prevedeva la sospensione dall’albo per 5 anni ma l’Ordine non ha mai notificato nulla al mio assistito, rendendo inefficace la sua sospensione dalla professione”. Cerchiamo di capire come stanno le cose ripercorrendo la vicenda dall’inizio. La prima A PRONTO, CESARE? ronto, sono Previti, mi dica. L’avvocato di Berlusconi risponde a “Il Fatto Quotidiano” che aveva chiesto di lui alla sede centrale del Ceis in via Ambrosini a Roma. Negli uffici di questa Onlus l’avvocato si è impegnato a scontare la sua pena e, quasi come se volesse dimostrare che lo sta facendo con serietà, parla senza problemi con i giornalisti al telefono. Anche se lo fa solo per dire: “Non parlo con i giornalisti”. Dal 2006, quando è stato condannato definitivamente per la corruzione giudiziaria del caso Imi-Sir, l’avvocato corruttore collabora con l’organizzazione di Don Mario Picchi. Dopo un breve periodo agli arresti domiciliari, il Tribunale ha convertito la sua pena nell’affidamento ai servizi sociali. Inizialmente era costretto a rientrare a casa entro una certa ora e non poteva abbandonare Roma. A dicembre la pena sarà scontata e le limitazioni peggiori sono state già eliminate. Previti è libero di circolare in tutto il territorio italiano. Ed è stato avvistato a settembre in barca all’Argentario. P condanna penale definitiva, quella per la corruzione più grande della storia, per il processo Imi-Sir, nell’interesse del petroliere Nino Rovelli, è stata notificata all’Ordine degli Avvocati di Roma nel 2006. Accanto alla sanzione principale dei sei anni di galera (convertita in arresti domiciliari grazie a una legge ad hoc che impediva la carcerazione degli ultrasettantenni) era prevista anche la sospensione per cinque anni dalla professione. L’Ordine ha ritenuto di applicare la sanzione automaticamente, senza notificarla all’interessato. Così ora l’avvocato Sammarco può dire: “questa sospensione non mi risulta. Nessuno ha comunicato ufficialmente al mio assi- stito il provvedimento, che per me non esiste. Mi dicono che l’Ordine di Roma abbia deciso in tal senso ma un simile atto interno mi sembra un gran pasticcio e non ha alcuna validità”. Secondo Sammarco, “in teoria l’avvocato Previti potrebbe ancora esercitare la professione, anche se ovviamente non lo fa”. Una tesi rigettata dal Consiglio dell’ordine di Roma. Comunque sia, nel 2011 la sospensione finisce e anche per questo l’Ordine, a prescindere dalla sentenza penale, ha sottoposto Previti a un procedimento disciplinare autonomo. I tempi sono però biblici. Gli avvocati addetti a giudicare i loro colleghi hanno tante cose da fare e dedicano un’udienza a Ritenuto colpevole per Imi-Sir e Mondadori settimana a questa incombenza. La difesa di Previti non si è certo fatta mancare nulla per rallentare i lavori e ha chiesto subito di ascoltare decine di testimoni. Dopo due anni di eccezioni e rinvii, grazie all’impegno del relatore che sosteneva l’accusa, l’avvocato Livia Rossi, il processo si è concluso con la sanzione più grave: la radiazione. La decisione risale al 27 maggio del 2008 ma ovviamente è stata appellata davanti al Consiglio nazionale forense che da un anno e tre mesi sta studiando la causa. Il presidente del Consiglio nazionale, Guido Alpa, contattato ieri dal nostro giornale, non è riuscito a trovare il tempo per rispondere. In conclusione, sul fronte Imi-Sir, per ora, l’avvocato Previti è salvo. Non va meglio se si MONDADORI A PIAZZA AFFARI IL CAIMANO SBANCA LA BORSA ANCHE QUANDO PERDE di Francesco Bonazzi ai credere alle lacrime del CaimaM no, specie quando di mezzo ci sono i soldi. Nonostante le geremiadi del fine settimana, con Silvio Berlusconi abile a lamentarsi di quanto i magistrati milanesi rendano la vita difficile alle sue povere aziende, l’altra Milano che emette sentenze a getto continuo, ovvero Piazza Affari, ha detto la sua con encomiabile nettezza: si brinda tutti, vincitori e vinti. Sabato, a borse chiuse, era andata in scena l’ultima puntata di quella saga giudiziaria che da 19 anni divide Berlusconi e Carlo De Benedetti, i due principali editori nostrani, avvelenando a dismisura l’intera vita pubblica italiana. Il Tribunale civile di Milano ha quantificato in 750 milioni il risarcimento che la Fininvest, holding che controlla Mondadori, Mediaset, Mediolanum e il Milan, dovrà versare alla Cir di Carlo De Benedetti per l’esito della guerra di Segratee. Uno scippo avvenuto nel 1991 grazie anche a una sentenza che si è poi scoperto esser passata di mano proprio come un titolo azionario, ovvero a pagamento. Bene, se ieri Cir ha fatto registrare il maggior rialzo di tutta Piazza Affari, chiudendo a 1,56 euro con un balzo del 7,66% rispetto a venerdì, il terzo botto di giornata lo ha messo a segno proprio la Mondadori, cresciuta del 3,39% e capace di far segnare addirittura la quotazione più alta degli ultimi 12 mesi. Insomma, al di là degli allarmi sullo “tsunami di Borsa” lanciati oggi a nove colonne dal “Giornale” di famiglia, quella di ieri sarà ricordata come una giornata da incorniciare anche ad Arcore e dintorni. Dove si sono arricchiti perfino sul fronte Mediaset, il cui titolo ha chiuso in rialzo dello 0,76%. Che cosa è successo esattamente per smentire qualunque timo- re dei trader sulla tenuta della galassia Berlusconi, tenuto conto che quei 750 milioni corrispondono all’utile messo a segno da Mondadori negli ultimi tre anni? spiegazione che arriva dalLavràlea prima banche d’affari è che Fininvest bisogno di munizioni per pagare i suoi conti con l’Ingegnere, e che queste non potranno che arrivare dai dividendi che “salgono” dalle controllate. Insomma, a meno che Berlusconi voglia dissanguare le sue due famiglie con un aumento di capitale che in questo momento sarebbe complicato anche dalla separazione con Veronica, l’unico modo per rimpinguare le casse Fininvest sarebbe una politica di dividendi straordinariamente generosa in capo alle controllate, Mondadori in testa. Altra spiegazione che gira in Piazza Affari è quella che porta in Germania, dalle parti di Bertellsmann. Il colosso tedesco dell’editoria è da sempre interssato a una qualche partnership con Mondadori, ha già un buon accordo sui libri e non spaventa il premier sotto il profilo della fedeltà. Il dossier Bertellsmann-Fininvest è un vecchio pallino di parecchie banche d’affari e oggi potrebbe tornare d’attualità. Infine, sulla splendida giornata di Borsa della Mondadori giocano probabilmente le aspettative per un qualche intralcio all’esecutività della sentenza. Questo non solo per l’istanza di sospensione già preparata dall’avvocato Romano Vaccarella (se però il titolo corre così in Borsa, è difficile che i giudici si commuovano), ma anche per il fatto che nella procedura di pagamento del risarcimento serve un passaggio presso l’Agenzia delle entrate di Milano, ovvero in zona governo. E anche da quelle parti, Berlusconi è ancora qualcuno. guarda agli effetti disciplinari della seconda condanna definitiva, quella per il caso Mondadori, passata in giudicato nel 2007. Previti è stato ritenuto colpevole di avere comprato, nell’interesse del gruppo Fininvest, il magistrato Vittorio Metta che ha scritto la sentenza di appello sul lodo Mondadori. Quel provvedimento definito dal Tribunale civile di Milano “frutto della corruzione del giudice Metta”, ha consegnato nel 1991 il gruppo editoriale più importante d’Italia alla società di Silvio Berlusconi, dopo una prima decisione favorevole a Carlo De Benedetti. Anche in questo caso il procedimento disciplinare sembrava un rigore a porta vuota per i consiglieri dell’Ordine forense di Roma. Ma non è andata così: dopo una lunga istruttoria, solo pochi giorni fa, finalmente è stato aperto il procedimento disciplinare contro Previti e i suoi complici. E, ovviamente, subito il sodale di Previti, Giovanni Acampora (anche lui condannato come corruttore dei giudici nell’interesse della Fininvest) ha bloccato tutto con un ricorso. Anche Acampora è tuttora iscritto tranquillamente all’albo degli avvocati di Roma e non ha avuto conseguenze importanti, né sul piano personale né patrimoniale, per la corruzione che ha cambiato la storia dell’editoria italiana. La sentenza del caso Mondadori lo aveva condannato insieme al giudice Metta, e agli avvocati Pacifico, e Previti, a pagare le spese processuali. Solo Cesare Previti ha onorato la sua quota di debito. I suoi complici sono risultati tutti nullatenenti e non hanno tirato fuori un euro. pagina 3 Martedì 6 ottobre 2009 Nel 1988 parte la vicenda legata al gruppo editoriale di Marco Travaglio oltanto chi non ha mai letto le varie sentenze che, negli anni, hanno riguardato Silvio Berlusconi, può meravigliarsi se il 3 ottobre 2009 il giudice civile del Tribunale di Milano, Raimondo Mesiano, ha scritto che di fatto l’Italia è governata da un delinquente. Tecnicamente da un corruttore di giudici: “corresponsabile della vicenda corruttiva”, cioè della sentenza comprata dai suoi avvocati con soldi suoi che nel 1991 gli regalò il primo gruppo editoriale del Paese, sottraendolo al legittimo proprietario, Carlo De Benedetti. Di qui la condanna in primo grado, per la holding di famiglia, a restituire il maltolto dopo vent’anni di possesso abusivo della Mondadori: 750 milioni di euro di danni. Che poi il presidente del Consiglio sia pure un corruttore di testimoni, lo si può leggere nella sentenza di primo grado a carico di David Mills (ora pubblicata da Peter Gomez e Antonella Mascali ne “Il regalo di Berlusconi”, Chiarelettere): lì i giudici milanesi aggiungono che corruppe pure la Guardia di Finanza,ma si salvò in Cassazione per “insufficienza probatoria” proprio grazie alla falsa testimonianza prezzolata di Mills. Responsabile di corruzione “Silvio Berlusconi – ricorda il giudice Mesiano nelle 140 pagine di motivazione che il Fatto inizia oggi a pubblicare a pag. 10-11 - era all'epoca dei fatti di causa Presidente del Cda di Fininvest e tale rimase fino al 29.01.1994. Tanto premesso, è da affermare la sussistenza della responsabilità civile della società di capitali per il fatto anche penalmente illecito del legale rappresentante o dell'amministratore della stessa società, quando detto fatto è compiuto nel compimento di una attività gestoria”. Ma non c’è solo la sua posizio- S Silvio Berlusconi in una elaborazione fotografica ( È PREMIER IMPUNITO il 1988: la famiglia Mondadori-Formenton s’impegna a vendere a De Benedetti il suo pacchetto azionario entro il 30 gennaio ‘91. Nel 1989 ecco il voltafaccia dei Mondadori che si alleano con Berlusconi e gli consegnano il gruppo (Repubblica, Panorama, Espresso, Epoca, 15 giornali Finegil e libri). L’anno dopo la "guerra di Segrate" è risolta da un collegio di 3 arbitri: il lodo Mondadori dà ragione a De Benedetti, che torna al vertice del gruppo. Ma il patto Formenton-Berlusconi lo impugna davanti alla Corte d’appello di Roma. 1991: il giudice Metta annulla il lodo e riconsegna la Mondadori a Berlusconi. Molti giornalisti si ribellano. Andreotti, allarmato dallo strapotere di Craxi sull’editoria, impone la mediazione Ciarrapico: il Cavaliere restituisce all’Ingegnere parte del maltolto (Repubblica, Espresso, Finegil). 2001: la Corte d’appello di Milano, grazie anche alle rivelazioni della Ariosto, rinvia a giudizio Metta e gli avvocati Fininvest Previti, Pacifico e Acampora per corruzione giudiziaria. Berlusconi se la cava per prescrizione. 2007: già sanzionati per la compravendita della sentenza Imi-Sir, i 4 imputati sono condannati definitivamente anche per Mondadori Come l’utilizzatore finale ha conquistato il gruppo Mondadori DAL GIUDICE METTA A MILLS: STRATEGIA DI UNA CORRUZIONE CONTINUA ne apicale nel gruppo Fininvest, a incastrarlo. Il giudice civile ricorda che nel 2001 la Corte d’appello di Milano, ribaltando la decisione del gip, rinviò a giudizio gli imputati del caso Mondadori, tranne uno: Silvio Berlusconi. Perché innocente? No, perché per lui il reato di corruzione giudiziaria fu derubricato per un vuoto legislativo in corruzione semplice, e così, grazie alla generosa concessione delle attenuanti generiche, il termine massimo di prescrizione scese da 15 a 7 anni e il reato di estinse appunto per il fattore-tempo. Anziché rinunciare alla prescrizione,“Berlusconi propose ricorso per Cassazione chiedendo il proscioglimento con formula piena di merito, ricorso che venne rigettato dalla Corte di Cassazione. Orbene nei confronti del Berlusconi è stata pronunciata sentenza irrevocabile, che ha dichiarato il reato estinto per prescrizione”. Il che non significa che il Cavaliere è innocente, anzi: “il giudice, una volta rilevata la sussistenza di una causa estintiva del reato, non può compiere alcun ulteriore accertamento probatorio sulla responsabilità dell'imputato, ma deve senza altro dichiarare la causa estintiva del reato, a meno che dagli atti già emerga la prova evidente che il fatto non sussiste o l'imputato non l'ha commesso, poiché in tal caso il giudice è tenuto a pronunciare il proscioglimento nel merito del prevenuto. Pertanto, se il Berlusconi non è stato prosciolto nel merito dalla Corte, è perché non vi era l'evidenza dell'innocenza dell’imputato”. Ha commesso il fatto Il fatto che gli abbiano concesso le attenuanti, che non spettano certo agli innocenti, parla da sé: “Trattasi di pronuncia che ovviamente preclude l’assoggettamento del Berlusconi medesimo a giudizio di responsabilità penale ed a sanzione penale per il fatto, per cui è causa, ma, trattandosi di sentenza non emessa a seguito di giudizio di merito, ma solo a seguito di applicazione di causa estintiva del reato, essa non preclude in alcun modo che, nella presente sede, venga ritenuto ‘incidenter tantum’ che il Berlusconi ha commesso il fatto de qua, ai soli fini civilistici e risarcitori, di cui qui si discute”. Insomma, per la giustizia civile Berlusconi è un corruttore e deve sborsare il risarcimento. Come arriva a questa conclusione il giudice Mesiano? Ricorda che “i conti All Iberian e Ferrido erano accesi su banche svizzere e di cui era beneficiaria economica la Fininvest. Non è quindi assolutamente pensabile che un bonifico dell'importo di 2.732.868 dollari TRE MILIARDI di M.T. I passaggi di denaro tra Previti e Metta I I 14 febbraio ’91, all’indomani della sentenza Metta, dalle casse della All Iberian parte un bonifico di 2.732.868 dollari (3 miliardi di lire) al conto Mercier di Previti. Da questo, il 26 febbraio, altro bonifico di 1,5 miliardi (metà provvista) al conto Careliza Trade di Acampora. Questi il 1° ottobre bonifica 425 milioni a Previti, che li dirotta in due tranche (11 e 16 ottobre) sul conto Pavoncella di Pacifico. Il quale preleva 400 milioni in contanti il 15 e 17 ottobre e li fa recapitare in Italia a Metta. Il giudice, nei mesi successivi, fa diverse spese, soprattutto in contanti di provenienza imprecisata (circa 400 milioni). Poi lascia la toga e diventa avvocato nello studio Previti. A proposito di quei 3 miliardi, Previti parla di “tranquillissime parcelle”, ma non riesce a documentare un solo incarico professionale in quel periodo. (circa 3 miliardi di lire) potesse essere deciso ed effettuato senza che il legale rappresentante, che era poi anche amministratore della Fininvest, lo sapesse e lo accettasse”. E proprio da quei conti svizzeri partì la mega-provvista della Fininvest a Previti che poi, con tortuose gimkane finanziarie, ne girò una parte agli altri avvocati giù giù fino al giudice Metta. Provvista targata Silvio “Abbiamo i seguenti fatti noti: la provenienza della somma di 2.732.868 $ bonificati, in vista delle già dimostrate finalità corruttive, a Previti dai conti All Iberian e Ferrido accertatamene appartenenti a Fininvest e la posizione verticale di Silvio Berlusconi nella stessa Fininvest: da tali fatti noti è d'obbligo inferire l'affermazione del fatto ignoto, e cioè la consapevolezza e l'accettazione dell'inoltro a Previti della provvista corruttiva da parte di Silvio Berlusconi, e ciò sulla base di un criterio di ‘normalità’: vale a dire rientra assolutamente All’epoca era presidente del gruppo Fininvest nell'ordinario svolgersi degli accadimenti umani che un bonifico di quella entità poteva essere inoltrato solo sulla base della preventiva accettazione da parte di chi nella compagine sociale, da cui proveniva la somma destinata alla condotta corruttiva, ricopriva una incontrastata posizione verticale”. Del resto, rammenta il giudice, “la prova per presunzioni nel processo civile ha la stessa dignità della prova diretta. Ciò è stato di recente ribadito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione”. E dunque “sarebbe assolutamente fuori dell'ordine naturale degli accadimenti umani che un bonifico di circa 3 miliardi di lire sia disposto ed eseguito, per le dimostrate finalità corruttive, senza che il ‘dominus’ della società, dai cui conti il bonifico proviene, ne sia a conoscenza e lo accetti. Pertanto è da ritenere, ‘incidenter tantum’ ed ai soli fini civilistici del presente giudizio, che Silvio Berlusconi sia corresponsabile della vicenda corruttiva, per cui si procede, corresponsabilità che, come logica conseguenza, comporta, per il principio della responsabilità civile delle società di capitali per il fatto illecito del loro legale rappresentante o amministratore commesso nell'attività gestoria, la responsabilità della stessa Fininvest… Deve quindi essere, in primo luogo, affermata la responsabilità della società con- venuta per la condotta posta in essere, nella sua già vista qualità, dall'On. Silvio Berlusconi”. E la Cir di De Benedetti dev’essere risarcita per “il danno subito da ‘perdita di chance’: vale a dire, posto che nessuno sa come avrebbe deciso una Corte incorrotta, certamente è vero che la corruzione del giudice Metta privò la Cir della chance di ottenere da quella corte una decisione favorevole”. La sentenza dimenticata Chi si meraviglia, o addirittura si indigna, per le parole del giudice civile, non conosce quelle ben più pesanti usate da quelli penali, e in una sentenza ormai irrevocabile. Se il verdetto dell’altro giorno ha come unica novità il mega-risarcimento (peraltro ampiamente prevedibile, viste le dimensioni e il valore del corpo del reato), quello della Corte d’appello di Milano nel 2006, poi confermato dalla Cassazione nel 2007, spiegava esplicitamente come Silvio Berlusconi non solo sapesse, ma fosse il mandante, il finanziatore e l’utilizzatore finale della corruzione del giudice Vittorio Metta da parte dei tre avvocati Fininvest, Cesare Previti, Giovanni Acampora e Attilio Pacifico. Lì i giudici definiscono Berlusconi “privato corruttore” e aggiungono che “la retribuzione del giudice corrotto è fatta nell’interesse e su incarico del corruttore”: cioè del nostro premier. Che rimase impunito solo per il combinato disposto di tre fatti tecnici: corruzione semplice e non giudiziaria, attenuanti generiche e prescrizione. Quest’ultima fu negata ad avvocati corruttori e giudice corrotto per vari motivi: “l’enorme gravità del reato… e del danno arrecato non solo alla giustizia, ma all’intera comunità, minando i principi posti alla base della convivenza civile secondo i quali la giurisdizione è valore a presidio e a tutela di tutti i cittadini con conseguente ulteriore profilo di gravità per l’enorme nocumento cagionato alla controparte nella causa civile e per le ricadute nel sistema editoriale italiano, trattandosi di controversia (la cosiddetta guerra di Segrate) finalizzata al controllo dei mezzi di informazione;la spiccata intensità del dolo; i motivi a delinquere determinati solo dal fine di lucro e, più esattamente, dal fine di raggiungere una ricchezza mai ritenuta sufficiente; i comportamenti processuali tenuti (con continue e spudorate “menzogne”, ndr); il precedente penale specifico (Imi-Sir, ndr)”. Questo scrivevano, tre anni fa, i giudici penali d’appello. Questo confermava, due anni fa, la Cassazione condannando Previti, Pacifico e Acampora a 1 anno e 6 mesi e Metta a 2 anni e 8 mesi per corruzione giudiziaria “in continuazione” con le pene già subìte per la sentenza gemella di Imi-Sir, anch’essa comprata (Previti, Pacifico e Metta 6 anni, Acampora 3 anni e 8 mesi). Perché allora il risarcimento lo deve pagare Berlusconi? Perché la Cassazione già in sede penale l’ha ritenuto mandante di quella corruzione giudiziaria. E perché l’utilizzatore finale della Mondadori è lui, non certo il giudice o i suoi avvocati. I quali, fra l’altro, risultano pressochè nullatenenti. pagina 4 Martedì 6 ottobre 2009 Approvato in 25 giorni È il primo atto del governo Berlusconi I IL GIORNO DELLA CONSULTA l lodo Alfano è stato approvato in tempi record dal Parlamento il 22 luglio del 2008 ed è stato il primo atto del governo Berlusconi. Tra il disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri e il voto definitivo del Senato sono passati appena 25 giorni. Solo il rifinanziamento delle missioni militari all’estero, nel 2006, aveva fatto meglio: 23 giorni. E’ passato al Senato con 171 sì, 128 no e 6 astenuti. A votare contro il Pd e Idv. E’ uno scudo processuale per il capo dello Stato, i presidenti delle Camere e il presidente del Consiglio. Non più per il presidente della Consulta, come invece prevedeva il lodo Schifani. Il 23 luglio del 2008 il Presidente Napolitano ha promulgato la legge che “a un primo esame”, secondo il Quirinale, recepisce i rilievi della Corte che ha bocciato il lodo Schifani. Non è così per 100 costituzionalisti italiani, fra cui i presidenti emeriti della Consulta, Onida e Zagrebelski, che hanno definito incostituzionale il lodo Alfano, esattamente come il lodo Schifani, per violazione dell’articolo 3 sull’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. LA SEDUTA ODIERNA TEMPI INCERTI PER LA DECISIONE QUESTA MATTINA si riuniscono i 15 giudici della Corte Costituzionale , come fanno periodicamente. Ma questa seduta non è come le altre, anche se alcuni di loro ripetono che il “lodo Alfano” sarà affrontato in maniera squisitamente tecnica, come per l'esame delle altre leggi. Nonostante la cena con il premier e il ministro della Giustizia, né il giudice Luigi Mazzella, padrone di casa, né il suo collega, Paolo Maria Napolitano, si asterranno su questa legge approvata per congelare i processi a carico di Berlusconi. L'udienza è pubblica e si apre con la relazione del giudice Franco Gallo. Poi parlano le parti in causa: gli avvocati di Silvio Ber- lusconi, Niccolò Ghedini, Gaetano Pecorella e Piero Longo, il professore Alessandro Pace, avvocato della Procura di Milano, e l'avvocato dello Stato, Glauco Nori, che rappresenta la Presidenza del Consiglio. Alla fine degli interventi, i giudici si riuniscono in Camera di Consiglio. Dal punto di vista teorico, per evitare il toto sentenza, la Corte potrebbe emettere un comunicato a decisione presa e poi far conoscere le motivazioni nelle settimane successive. Il presidente Francesco Amirante, cosciente della spinosità della materia, vorrebbe una decisione in tempi brevi, ma è improbabile che venga presa già oggi. a.m. LODO ALFANO, TOCCA A LORO Immunità per le quattro alte cariche dello Stato? La parola ai 15 membri della Corte Costituzionale di Antonella Mascali a vigilia dell'esame del Lodo Alfano per i giudici della Corte costituzionale è stata di isolamento. Adesso più che mai devono dimostrare di essere imparziali e al di sopra di ogni sospetto. Al telefono qualcuno di loro, interpellato per dei chiarimenti su come si svolgeranno i lavori, riattacca il telefono dopo aver salutato educatamente. Il presidente Francesco Amirante, cosciente della spinosità della materia, vorrebbe una decisione in tempi brevi ma è improbabile che venga presa già oggi. Le indiscrezioni che circolano nelle ultime settimane sono sempre le stesse: una risicata maggioranza sarebbe per la bocciatura del Lodo Alfano, ma un paio di incerti potrebbero L rovesciare le previsioni. Francesco Amirante Eletto giudice nel 2001; Presidente dal 2009 Nato a Napoli il 16 aprile 1933, entra in magistratura nel 1958 e lavora come Pretore a Forlì, Vicenza e Lagonegro. È stato giudice presso la Sezione Fallimentare del Tribunale di Napoli e dal 1980 approda in Corte di Cassazione e diventa Presidente di sezione. Dal 1987 componente fisso delle Sezioni unite della Suprema Corte. Dopo lo scandalo della cena a casa del giudice Luigi Mazzella con Berlusconi, emette un comunicato: “La Corte Costituzionale nella sua collegialità MAFIA Piera, testimone abbandonata P iera Aiello, cognata di Rita Atria (la testimone che si è suicidata dopo l’assassinio del magistrato Paolo Borsellino) si sente abbandonata "dagli uomini dello Stato, assenti o peggio indifferenti". Piera è diventata testimone di giustizia nel 1991. Dopo l’omicidio di suo marito, mafioso, andò da Borsellino e fece i nomi. “Quando era in vita Borsellino - racconta la Aiello - le difficoltà venivano sempre risolte. Ma dopo il suo omicidio si verificò una vicenda sconcertante: vennero a trovarmi due funzionari spiegandomi che, dopo la morte del giudice, molti collaboratori si erano tirati indietro. E aggiunsero: Tu cosa vuoi fare?” Oggi Piera ha deciso, dopo 18 anni, di tornare a Palermo per “ lottare, non per morire”, e denucia che il servizio di protezione la considera "una ex testimone". Ora i rischi sono tutti suoi. Alfonso Quaranta deciderà, come ha sempre fatto, in serenità e obiettività, le questioni sottoposte al suo esame”. E' stato il relatore del lodo Schifani bocciato dalla Consulta il 20 gennaio 2004. Giudice dal 2003 Ugo De Siervo Giudice dal 2002; Vice presidente dal 2009. Nato a Savona il 20 febbraio del 1942, è professore ordinario di Diritto costituzionale. Eletto giudice dal Parlamento il 24 aprile 2002 su indicazione del centro-sinistra. Paolo Maddalena Giudice dal 2002 Nato a Napoli il 27 marzo 1936,è stato Presidente di sezione della Corte dei conti Alfio Finocchiaro Giudice dal 2002 Nato a Caserta il 10 settembre 1935, è stato presidente di sezione della Corte di Cassazione. Luigi Mazzella Giudice dal 2005 Eletto dal Parlamento il 15 giugno 2005 su indicazione del centro-destra. Nato a Salerno il 26 maggio 1932, è stato Avvocato Generale dello Stato. Nella sua casa romana nei pressi di via Cortina D'Ampezzo a maggio di quest'anno invita a cena Berlusconi, il ministro Alfano, il sottosegretario Letta e il presidente della commissione affari costituzionali del Senato, Vizzini. Dal 14 novembre 2002 al 2 dicembre 2004 è stato Mini- Angelino Alfano (FOTO ANSA) stro della funzione pubblica nel secondo governo Berlusconi. Ha ottenuto l'onorificenza di «Cavaliere di Gran Croce» al merito della Repubblica italiana dal Presidente Ciampi. E' Cavaliere dell'Ordine di Malta. Dal '92 è iscritto all'albo dei giornalisti pubblicisti dell'Ordine interregionale del Lazio e del Molise. Paolo Grossi Giudice dal 2009 Nato a Firenze il 29 gennaio 1933, è Professore ordinario di Storia del diritto italiano. Maria Rita Saulle Giudice dal 2005 È stata nominata dal presidente della Repubblica il 4 novembre 2005. Nata a Caserta il 3 dicembre 1935, è professore ordinario di Diritto internazionale alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università La Sapienza di Roma. Nel 1987 è stata vice presidente della Conferenza mondiale dell’Unesco su “Le donne, dall’istruzione al lavoro”. Nello stesso anno, come delegata dell’Italia alle Nazioni Unite, ha proposto una convenzione mondiale sulle pari opportunità dei disabili. Nato a Napoli il 2 gennaio 1936, è stato Presidente di sezione del Consiglio di Stato. Nel 1981 fu capo di gabinetto del ministro Remo Gaspari Nel giugno scorso il figlio, Alessio Quaranta, è stato nominato direttore generale dell'Enac Franco Gallo Giudice dal 2004 Nato a Roma il 23 aprile 1937, professore ordinario di diritto tributario, è il relatore del lodo Alfano E' stato ministro delle finanze nel governo Ciampi. Gaetano Silvestri vembre 1942, è Professore ordinario di diritto internazionale, Paolo Maria Napolitano Giudice dal 2006 Eletto dal Parlamento, su indicazione del centro-destra, il 5 luglio 2006. Nato a Roma il 3 ottobre 1944, Consigliere di Stato, è stato membro del gabinetto del vice presidente del Consiglio Gianfranco Fini nel primo governo Berlusconi e l'ha seguito alla Farnesina quando l'ex leader di An è diventato ministro degli Esteri. Ha partecipato alla cena con Berlusconi a casa del collega Mazzella e ha respinto le critiche, attaccando: “C'è un tentativo per condizionare la Corte costituzionale nella sua futura attività, intimidendo alcuni dei suoi componenti”. Giudice dal 2005 Eletto dal Parlamento, su indicazione del centro-sinistra, il 22 giugno 2005. Professore ordinario di diritto costituzionale, è nato a Patti, in provincia di Messina, il 7 giugno 1944. Sabino Cassese Giudice dal 2005 Nominato dal Presidente della Repubblica il 4 novembre 2005. Nato ad Atripalda , in provincia di Avellino, il 20 ottobre1935, è professore ordinario di diritto amministrativo Giuseppe Tesauro Giudice dal 2005 Viene nominato dal Presidente della Repubblica il 4 novembre 2005. Nato a Napoli il 15 no- Giuseppe Frigo Giudice dal 2008 Eletto dal Parlamento, su indicazione del centro-destra, il 21 ottobre 2008. Nato a Brescia il 30 marzo 1935, è avvocato penalista. Dal '98 al 2002 è stato presidente dell'Unione delle camere penali. E' uno dei padri della riforma del cosiddetto giusto processo. Alessandro Criscuolo Giudice dal 2008 Nato a Napoli il 15 luglio 1937, è stato . Presidente di Sezione della suprema Corte. Presidente dell'associaizone nazionale magistrati dal 1985 al 1989 e componente de Csm dal 1990 al 1994. Nel 2008, davanti al Csm, ha assunto la difesa dell'ex Pm di Catanzaro, Luigi De Magistris. Martedì 6 ottobre 2009 pagina 5 Dal predellino al lodo quel rapporto difficile tra Fini e il premier L STORIE DI REGIME a relazione tra i due è così logora, che ieri “i berluscones” erano quasi stupiti per la dichiarazione con cui Gianfranco Fini (almeno in apparenza) correva in soccorso del presidente del Consiglio, tagliando le ali ad ogni ipotesi di governissimo: “"Nel nostro sistema - aveva detto il presidente della Camera - la maggioranza é quella che esce dalle urne. Non a caso gli elettori che hanno votato alle ultime Politiche hanno trovato sulla scheda il nome del candidato premier". Parole che sembrano una risposta alle ipotesi di governissimo ventilate da Rutelli e che dovrebbero rassicurare la maggioranza del Pdl. Invece, nell’entourage del Cavaliere, il sospetto correva sulle bocche: “Lo difende ora, che non può fare a meno, per tenersi le mani libere poi”. Sta di fatto che i rapporti tra Fini e Berlusconi sono compromessi (perlomeno) dal discorso del predellino, quando Fini commentò algido: “Siamo alle comiche finali”. Le elezioni segnarono una tregua, il congresso del Pdl segnò una divisione abissale, seguito dallo strappo sul caso Englaro e da quello sulla cittadinanza. Come sono lontani i tempi (1993) dell’appello al voto di Berlusconi per Fini a Casalecchio del Reno. Ci eravamo tanto amati? IL CORO DEGLI UOMINI DEL CAPO: ”DISEGNI EVERSIVI, E’ UN GOLPE!” Berlusconi: “Sentenza al di là del bene e del male”. Poi detta lo spartito ai suoi. Capezzone: “Si tenta di rovesciare il voto”. di Luca Telese anca solo la parola “golpe”. Ma è come se il presidente del Consiglio e i suoi uomini ci girassero intorno per tutto il giorno in un valzer di perifrasi, come se l’orchestra della maggioranza avesse davanti agli occhi uno spartito dominato da quella stessa nota. Il primo ad evocare lo spettro del golpe era stato due settimane fa Renato Brunetta. Poi è toccato a Vittorio Feltri. Ieri, a parlare di manovre “eversive” sono arrivati i capigruppo del Pdl e il portavoce del partito Daniele Capezzone. Anche Silvio Berlusconi ha implicitamente avvalorato la profezia del suo ministro con il commento alla sentenza sul lodo Mondadori: “Sono letteralmente allibito: è una sentenza al di là del bene e del male, è certamente una enormità giuridica”. Gasparri & Cicchitto. Ecco perchè quello che il premier (per ora) non può dire, è affidato al controcanto del comunicato dei capigruppo del suo partito. Le parole utilizzate da Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, ed i rispettivi vicepresidenti (Gaetano Quagliariello e Italo Bocchino) sono ponderate: “Gli attacchi che fuoriescano dai canoni dell'opposizione democratica, dura ma rispettosa delle istituzioni, ci portano ad assicurare che, in Parlamento così come nel Paese, forti di un consenso chiaramente e piu' volte espresso dagli italiani, il centrodestra proseguira' nella politica del fare e del governare, che nessun dise- M gno eversivo potra' sconfiggere". E che dire di Daniele Capezzone? " “Torbide operazioni”. E' necessario - dice il portavoce - che gli italiani siano messi nella condizione di vigilare contro il tentativo, ora più che mai evidente, di rovesciare il responso delle urne attraverso torbide operazioni di salotto, di tribunale e di Palazzo". Il lessico da anni di piombo non è casuale: “rovesciare la voontà popolare”, “disegno eversivo”, “fuoriuscita dai canoni dell’opposizione democratica”. Gasparri, Cicchitto (e i loro vice) calcano la mano:"La tempistica e i contenuti di una sentenza che a 20 anni dai fatti arriva con sospetta puntualita' - prosegue la nota - rafforzano l'opinione di quanti, come noi, pensano che vi sia chi sta tentando, con mezzi impropri, di contrastare la volontà democratica del popolo italiano".E ancora: “Si tenta, vanamente - dicono i capigruppo Pdl - di delegittimare l'azione del governo. Siamo certi che questo disegno non troverà spazio nelle istituzioni e, che ciascuno nella sua diversa responsabilità, agisca partendo dal presupposto del rispetto della legalità e della sovranità popolare". La replica. Come in un gioco di specchi ai capogruppo del centrodestra rispondono i capogruppo del Pd, Anna Finocchiaro, Antonello Soro e i rispettivi vice: “In un ordinamento costituzionale come quello del nostro Paese che prevede la separazione dei poteri e lo stato di diritto - spiegano i capigruppo Gasparri e Cicchitto: ”Antidemocratici”. Di Pietro: “Criminali voi” del Pd - la nota congiunta dei capogruppo è gravissima nei suoi contenuti perché finge di non ricordare che la decisione del Tribunale di Milano è la naturale conseguenza, in sede civile, della condanna penale definitiva dell’onorevole Cesare Previti, ritenuto responsabile di aver corrotto un giudice con l’obiet- tivo di addomesticare il 'Lodo Mondadori’”. Ancora più dure le parole dei leader dell’Italia dei valori, che parte all’attacco lancia in resta con il suo leader. "E' documentalmente provato - dice Antonio Di Pietro - che il presidente del Consiglio e' un criminale che ha corrotto dei giudici per com- prare, attraverso una sentenza, un vantaggio ingiusto e ingiustificabile", Spiega il leader dell'Italia dei valori nel Transatlantico di Montecitorio: “Invece di pagare il fio delle sue malefatte Berluscoini la butta in politica, come al solito, per schivare le responsabilità processuale. D'altronde - osserva - si e' messo per questo in politica". Di più: “"C'è un disegno eversivo che viene portato avanti da diversi anni e anche in questi giorni ed è portato avanti da un mandante: Silvio Berlusconi”. Revival. Insomma, il golpe, la parola-feticcio degli anni settanta torna a risuonare nei palazzi della politica. Non più per indicare i tentativi di putsch del principe Junio Valerio Borghese, del Mar di Carlo Fumagalli, o i piani di deportazione dei dirigenti di sinistra a Capo Marrargiu (ci sarebbe dovuto finire persino Alessandro Curzi). Lo spettro del golpe, questa volta torna evocato dai leader della maggioranza, e dagli uomini più vicini al premier. Torna come deterrente, e come strumento di battaglia politica. Ieri Unberto Bossi era il più sibillino: “Non so se andremo al voto,, non penso. In ogni caso noi siamo pronti”. Nella maggioranza, ieri, gli sforzi principali erano quelli per capire se ci siano o meno i numeri per un ipotetico “governissimo” sostenuto da tutte le opposizioni e da una scheggia di An (avrebbe solo un voto di scarto al Senato). Non è un mistero che Berlusconi è tetnato dalle elezioni anticipate se la Consulta dovesse bocciare il Lodo. Pd, gli assenti si processano di Caterina Perniconi atteso per oggi il verdetto del “processo” agli assenteisti del Partito Democratico. Con una singolare caratteristica: a giudicare saranno anche alcuni degli imputati. L’accusa è di aver fatto promuovere il decreto che contiene il cosiddetto scudo fiscale non partecipando alle votazioni in aula la scorsa settimana. Martedì, quando la Camera era chiamata ad esprimersi sulla pregiudiziale di costituzionalità, gli assenti del Pd erano 59, ma ne bastavano 53 per far affossare il provvedimento. Venerdì, ancora 29 defaillance per il maggior partito dell’opposizione e la legge passa con soli 20 voti di scarto. Nei giorni seguenti c’è stata una tempesta di giustificazioni a mezzo stampa, non tutte vere, come ha scritto Il Fatto domenica, dimostrando che l’assenza di Giuseppe Fioroni non era dovuta alla malattia ma ad un convegno torinese. Appuntamento quindi alle 12.30 con il comitato direttivo, allargato ai capigruppo di commissione, per giudicare gli imputati. Ma sicuramente la condanna non sarà pesante, se si considera che una parte degli assenti fanno parte della giuria stessa. Infatti, dei 35 deputati chiamati ad emettere la sentenza, ben 8 non erano presenti in occasione della votazione di martedì. Nello specifico: Bruno Cesario, Cesare Damiano, Sandro Gozi, È Michele Meta, Federica Mogherini, Barbara Pollastrini, Livia Turco e Guglielmo Vaccaro. È improbabile che i giudici-assenti decidano di autopunirsi, né che si aprano in quella sede discussioni congressuali o un processo al capogruppo Antonello Soro, che vede la sua poltrona già in bilico se le primarie dovessero confermare la vittoria di Bersani. Allora contro chi si rivolgeranno le accuse stamattina? Di certo contro Antonio Gaglione, il meno presente in aula con una percentuale del 9,35%, che però ieri ha lasciato il gruppo del Pd per passare al gruppo Misto. Dopo di lui, le presenze più basse sono quelle di Massimo D’Alema e Pierluigi Bersani, rispettivamente col 31,15 e con il 31,53% (entrambi assenti martedì). Seguono Gianni Vernetti con il 32,14% (anche lui non c’era martedì), Lapo Pistelli col 35,23% (assente sia martedì che venerdì), Giuseppe Fioroni 33,08% (mancava sia martedì che venerdì), Dario Franceschini 41,01% (assente martedì). Difficile pensare a un “processo vip”, che in questi giorni si sono giustificati con improrogabili impegni o con la scusa del “se eravamo in numero maggiore noi sarebbero stati di più anche loro”. Tesi smentita in più occasioni, compreso il famoso decreto salva Rete4 dove fu battuta una maggioranza con 51 assenti, o la manovra economica dello scorso anno. L’ESORCISTA RETROMARCIA DI ASSISI, LA PAROLA CHIAVE “N on tirateci per il saio da una parte e dall'altra. Noi francescani accogliamo tutti e la maggioranza viene alla ricerca della spiritualità. Altri però tentano di servirsi di Francesco e di noi frati per affermare determinate cose. Ma non permetteremo che si profitti del Santo. All'inizio gli ospiti prevalenti erano politici della sinistra. Questa semplice dichiarazione ha fatto parlare qualcuno di "frati comunisti". Ebbene, non è così. Lo stesso vale per la marcia della pace. ”Era a senso unico. Ora la marcia ha un carattere diverso. Ci sarà un vescovo, ci sarà un messaggio del Papa". Così padre Giuseppe Piemontese, nuovo Custode del Sacro Convento di Assisi (Il Corriere della Sera, 2 ottobre). La parola chiave, per interpretare il testo, è "maggioranza". IL FATTO POLITICO dc Il dibattito virtuale di Stefano Feltri desso c’è anche una data: APopolo il 5 dicembre, quando il della libertà proverà a riempire la piazza per reagire al “golpe”, come lo ha definito ieri il “Giornale”. Resta solo da capire se si tratterà di un bagno di folla rigenerante o di una manifestazione pre-elettorale. Si discute di elezioni anticipate, di giustizia ad orologeria (il risarcimento per la corruzione nella vicenda Mondadori), di governissimi e governi tecnici. Ma sono dichiarazioni senza impegno, un dibattito virtuale perché tutto dipende dalla decisione della Corte costituzionale sul lodo Alfano. E’ impossibile prevedere cosa succederà se lo scudo salva-premier verrà bocciato e quali saranno le reazioni di Berlusconi. E se viene bocciato, tutto resta com’è o qualcuno vuole comunque le elezioni? Italia dei valori dice di L’governo essere contraria a ogni di larghe intese (che sembra piacere a Francesco Rutelli, del Pd), Pierluigi Bersani cerca di dribblare rimettendosi al capo dello Stato in caso di crisi, la Lega dice che è sempre pronta al voto. La reazione più sofisticata è quella di Gianfranco Fini che forse, alla prova dei fatti, preferisce rimandare ancora il confronto definitivo con la leadership di Berlusconi. Prima il ministro finiano Andrea Ronchi dice in un’intervista che “se cade Berlusconi non ci sono alternative, l’unica strada sono le urne”. Poi, da Napoli, Fini argomenta meglio: visto che di fatto non siamo più una Repubblica parlamentare tradizionale perché nella prassi ci sono elementi di presidenzialismo, è inutile pensare a governi diversi da quelli che escono dalle elezioni. Poi si augura che in questa legislatura si arrivi a un Senato delle regioni (o qualche sua variante). Parole che si possono interpretare come un’implicita dichiarazione di fedeltà a Berlusconi (Fini vuole che la legislatura arrivi a conclusione naturale, visto che auspica riforme così complesse) e un altro amo lanciato a Umberto Bossi, con cui in questi giorni si sta stabilendo un nuovo rapporto. davvero convinto L’dalleunico di poter trarre vantaggi elezioni anticipate, insomma, sembra il Cavaliere, che vuole affermare la supremazia della volontà popolare su quella dei giudici. Per il resto della maggioranza sarebbero soprattutto un rischio. pagina 6 Martedì 6 ottobre 2009 Il comizio in diretta al Tg1 e la Rai in subbuglio S PERSONAGGI contro aperto tra il direttore del Tg1, Augusto Minzolini e il Comitato di redazione. Sabato sera Minzolini è apparso in video durante il telegiornale delle 20 con un editoriale in cui criticava duramente la manifestazione per la libertà di stampa, definendola “incomprensibile” e parlando di “regime mediatico” esercitato da quei giornali che si considerano “depositari della verità”. La replica del Cdr, la rappresentanza sindacale del Tg1, è arrivata il giorno dopo. Alla fine dell’edizione delle 20 di domenica Tiziana Ferrario ha letto un comunicato in cui il Cdr prendeva le distanze dal Minzolini: “Il direttore ha allineato il Tg1 contro la NASCE IL MOVIMENTO DI GRILLO: OBIETTIVO 4% Alla presentazione del programma manifestazione del sindacato dei giornalisti”, diceva il comunicato letto da Tiziana Ferrario. Motivo per cui veniva chiesto “un incontro urgente” ai vertici della Rai. Immediata anche la controreplica del direttore che ha definito i suoi giornalisti “intolleranti” contro chi ha idee diverse. Il Giornale GATTI LEGHISTI: TRA LORO USANO IL DIALETTO in 122 punti anche Luigi De Magistris di Peter Gomez è l’insegnamento dell’inglese obbligatorio fin dall’asilo. Ci sono le provincie e le prefetture che vanno da subito abolite. C’è la class action da introdurre come negli Usa. E ci sono i posti in consiglio di amministrazione delle società quotate da riservare ai rappresentati dei piccoli azionisti. Poi, ecco le nuove norme sull’ambiente e i trasporti - modello Obama - e il dovere da parte del parlamento di dibattere e votare le leggi d’iniziativa popolare. È lungo, anzi lunghissimo, il programma del “Movimento a cinque stelle” di Beppe Grillo che dalle prossime settimane verrà discusso on line con gli iscritti. Tra le pareti rosse del Teatro Smeraldo di Milano, Grillo lo illustra davanti a più di 2000 persone. Quasi tutti ragazzi tra i venti e 35 anni che hanno deciso di rinunciare a pomeriggio di sole per ragionare di politica. Sì, di politica. Perchè qui, mentre nel Pd si battaglia per la leadership a colpi di tessere false e nel Pdl si pensa C’ ad organizzare una grande manifestazione in difesa dei soldi del Capo (ovvero Berlusconi Silvio, appena condannato a versare 750 milioni alla Cir di De Benedetti Carlo), i cittadini (alcuni) tentano di riappropriarsi dello Stato. Grillo insomma passa definitivamente dalla protesta alla proposta. Spiega come i 122 punti del suo programma, che spazia dall’energia, all’economia, per arrivare all’educazione e all’informazione, non siano definitivi. Chiarisce che, prima delle elezioni politiche e di quelle regionali, si deciderà tutti assieme. “Uno vale uno”, dice annunciando tessere gratuite per gli iscritti dotate di cip e di password grazie alle quali tutti i dibattiti e le votazioni sui contenuti potranno avvenire via internet. “Se fossi stato Veltroni, io il movimento lo avrei abbracciato e invece ci hanno dato dell’anti-politica”, dice Grillo, forse senza pensare che non poteva essere altrimenti. Se raccogli milioni di firme per reintrodurre il voto di preferenza, per sbarrare le porte delle Camere ai pregiudicati e fissare per i parlamentari un tetto massimo di due legislature, è ovvio che ti chiamino qualunquista. Anche perché, come ricorda il comico dal palco, “Piero Fassino sta a Roma da 25 anni e sua moglie da trenta”. Così gli unici apprezzamenti sono per “kriptonite” Antonio Di Le liste in Piemonte ed Emilia, forse in Campania Pietro e per i due euro-parlamentari che i ragazzi del Movimento hanno contribuito a far eleggere: Sonia Alfano e Luigi De Magistris, seduti in prima fila. Per loro la folla riserva un’ovazione pari a quella che accoglie l’annuncio della presenza in sala di Adriano Celentano e Claudia Mori: due, dice Grillo, che hanno “anticipato molti dei nostri temi”. Poi si passa alla strategia politica: il Movimento a cinque stelle alle prossime amministrative si presenterà solo “in due regioni, forse tre”. Certe sono Piemonte ed Emilia Romagna, in bilico è la Campania. Alle politiche invece gli uomini e le donne di Grillo saranno in tutti i collegi. “Avremo liste fatte di gente di trent’anni. Io ne ho ormai 62, non credo proprio che ci sarò”, dice il comico come per stoppare sul nascere la consueta accusa, mossa dai media e dai par- DEFINIZIONI DI GARANZIA PAOLO L’IRRITUALE Il presidente 'di garanzia' della Rai Paolo Garimberti è uomo che soppesa ogni parola. Se, ad esempio, un passante gli chiede l'ora, Garimberti potrà rispondere: sono le 16 e 15. Purché non dimentichi di aggiungere: sempre che il mio orologio funzioni. Possiamo immaginare quindi con quale attenzione abbia dovuto affrontare il problema Minzolini. Cioè del direttore del Tg1 che usa il Tg1 come se fosse casa sua, o meglio palazzo Grazioli. Immaginiamo Garimberti che riflette e soppesa la definizione più opportuna. Una marachella? Una birichinata? Alla fine dopo aver consultato l'ufficio legale e l'accademia della Crusca il presidente di garanzia non senza sforzo, non senza sofferenza ha pronunciato la parola esatta: irrituale. Ed è svenuto. di Carlo Tecce numero 233. La porta del direttore è Scontanza chiusa, presidiata da due segretarie vestite gusto: una bionda, l’altra mora. Raffiche di profumo, calma apparente, Augusto Minzolini non c’è. I lunghi corridoi di Saxa Rubra sembrano disabitati, secondo piano della palazzina in fondo, la sala riunioni intitolata a Paolo Frajese è vuota: carte, brogliacci, nessun giornale. Sono le tre del pomeriggio, il primo telegiornale è andato: fango di Messina, servizio da Bruxelles sulle quote latte, il processo della Caffarella, l’oro della pallavolo. Alle dieci in punto la scaletta era sulla scrivania del montaggio, firmata da Minzolini, controfirmata dal vice Gennaro Sangiuliano, che da giovane militava nella destra più estrema. La sentenza sul Lodo Mondadori è dimenticata, sabato sera è stata infilata in un “vivo” (intervento del conduttore) di tre righe tre, all’occorrenza sarà ripresa dal verso giusto: ancora la magistratura canaglia, ancora le toghe che distraggono il presidente del Consiglio. Alle quattro i capi sono Il Direttore del Tg1, Augusto Minzolini (FOTO ANSA) I gatti sono leghisti. È questa la singolare scoperta del Giornale. Titola ieri il quotidiano di casa Berlusconi: “I gatti fanno i leghisti. Per parlare tra loro usano solo il dialetto”. Affermazione questa che crea un po’ di confusione. Perché poi, leggendo l’articolo, si scopre che si sta parlando di una scoperta scientifica di tutto rispetto. Paul Leyhausen, il maggiore esperto mondiale di gatti, afferma, infatti, che i felini possiedono due tipi di linguaggio: uno per i bisogni primari e uno per le confidenze. Si chiamerebbe “dialetto diadico” quello che i gatti usano tra di loro e non in presenza di terzi. Quel che è certo è che Bossi non miagola. titi tradizionali, di essere solo un leader populista. Un attore capace di smuovere i fan, ma non i militanti. Per questo il Movimento non vuol commettere errori. La diffusione di internet, anche perché la banda larga non copre tutto il Paese, è ancora troppo bassa per pensare di condurre campagne elettorali esclusivamente in rete. Il modello svedese dove, come spiega via Skipe, il suo leader, Rick Falkvige, il “partito dei pirati” è riuscito a portare due rappresentanti al parlamento europeo rinunciando totalmente alla propaganda tradizionale, non può essere riprodotto integralmente. Per questo alle imminenti regionali il Movimento volerà basso concentrando gli sforzi solo su quelle aree dove è realistico pensare di poter arrivare al 4 per cento dei voti. Il 18 settembre il Pdl ha proposto che anche alle regionali si voti con questa soglia di sbarramento. È visto il silenzio del Pd è quasi scontato che si arrivi ad approvare la legge. La scelta fa tirare un sospiro di sollievo all’Italia dei Valori. Il rischio di non raggiungere il quorum in molte regioni a causa della presenza dei grillini, è scongiurato. E così, è probabile che nelle prossime settimane l’Idv offra la possibilità al Movimento di candidare come indipendenti dei rappresentati nelle liste di Di Pietro. Non siamo ancora alla nascita di un terzo polo, diverso da destra e sinistra, ma a Milano, al teatro Smeraldo, qualcosa si muove. Il Tg di Minzolini, dove le notizie vanno in esilio convocati per l’edizione delle 20. Mezz’ora prima, solitario, ecco Augusto Minzolini: stringe poche mani, e corre via verso l’ufficio di Fabrizio Ferragni. L’altro vice Claudio Fico, pupillo di Clemente Mimum, intravede il direttore e raddrizza la schiena sulla poltrona di pelle: sfoglia i quotidiani sul tavolo, Il Giornale e Libero, prende il telefono e non si stacca più. Sangiuliano istruisce la redattrice che dovrà confezionare un delicatissimo pezzo per la sera: “Mi raccomando, leggi bene Il Tempo a pagina 6. Fai riferimento all’articolo, facciamo un ritorno di questo tipo”. Il quotidiano di piazza Colonna apre con una foto di un sorridente Minzolini. Titolo: “Vogliono essere liberi. Ma attaccano chi li critica. Sinistra all’assalto”. La manifestazione di sabato ha infiammato i giornalisti, la parte più autonoma e più lontana da Minzolini ha sollecitato un Comunicato del comitato di redazione: Alessandra Mambelli, Claudio Pistola e Alessandro Gaeta hanno lottato l’intera notte tra sabato e domenica per far leggere a Tiziana Ferrario quelle poche righe scritte con orgoglio: “Il Tg1 non è mai stato schierato”. Nicoletta Manzione è il nuovo volto del Tg1, il mezzobusto che con Minzolini sbuca di frequente nelle case degli italiani. Sgra- nocchia dei salatini nell’angolo del caffè, non ha fretta: “Quanto dura l’incontro delle quattro? Mah. Mezz’ora, non di più”. Il telegiornale di Minzolini è confezionato in scioltezza, massimo trenta minuti: in riunione non si discute, non c’è motivo, non si può contestare il direttore che, circondato dai suoi yes man, detta la scaletta senza interruzioni. “La lista della spesa”. I dissidenti sono emarginati, le notizie più ruvide sono trattate in due maniere: o vengono ignorate o sono affidate a mani sicure. Sabato in piazza del Popolo c’era Laura Chimenti (quota Pdl) dell’Economia, i colleghi degli Interni erano a riposo, altri erano con la gente a protestare. “Io ero con il mio striscione, ero lì anche contro Minzolini”, ci sussurra, con la paura di farsi ascoltare, un giornalista. “Altrimenti avrei davvero vergogna a definirmi un dipendente Rai. Nelle mazzette ci arriva persino l’Osservatore Romano, ma dobbiamo ribellarci per avere un giornale di sinistra. Tifiamo per il nostro sindacato”. I membri del Cdr non si arrendono, ma sanno che il direttore non perdona. Nella redazione cultura c’è una maglia nera sulla sedia: “Siamo tutti farabutti”. Non ci sarà una rivoluzione collettiva, c’è chi resiste e chi s’è arreso: “E chi senza motivo o per una promessa segue la linea di Minzolini”, ci spiega un giornalista, vent’anni in Rai ma nessuna voglia di comparire. Minzolini può vantare una larga fiducia. I voti nel giorno dell’insediamento sono stati sorprendenti. Un inusuale plebiscito a Saxa Rubra: 100 sì, 50 no, 12 astenuti. “L’area è bonificata. Chi professa imparzialità è in esilio”. Lettera 22. Anche Luigi Monfredi ha rimosso la bandiera dei precari, ormai antichi furori di gioventù. Vi ricordate le genuflessioni a Silvio Berlusconi di Stefano Ziantoni a Unomattina: “Presidente, questa è casa sua”. Ziantoni si lamentava delle critiche del Cdr e in bacheca Monfredi e Stefano Campagna l’hanno incoraggiato: “Siamo solidali con te”. Campagna, Monfredi e il vice Sangiuliano e altri quindici giornalisti del Tg sono iscritti all’associazione di centrodestra Lettera 22, il controcanto ad Articolo 21 di Giuseppe Giulietti. Al compleanno di Lettera 22, l’aprile scorso, c'erano Fabrizio Cicchitto, Maurizio Gasparri e Alessio Butti. Tutti Pdl. Torniamo a sabato. La Chimenti doveva smontare il corteo e Minzolini doveva annientarlo con l’editoriale. Per la seconda volta, dopo il no al gossip sugli scandali sessuali di Palazzo, il direttore ha chiamato una telecamera a sé. “Non abbiamo più dignità”. Sono le cinque, Minzolini ordina un caffè. Il Tg1 è pronto. Martedì 6 ottobre 2009 pagina 7 Marcegaglia: “ il ponte sullo Stretto si farà, ma non è prioritario” I L’ITALIA DEVASTATA l ponte sullo Stretto di Messina “non è la priorità. Bisogna fare opere infrastrutturali che servono veramente e mettere in sicurezza il territorio, perchè abbiamo continui casi ambientali problematici”. A dirlo, questa volta, non è il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano (che all’indomani della tragedia di Messina aveva espresso forti dubbi sull’utilità di opere ‘faraoniche’) ma il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, a margine dell’assemblea dell’associazione, a Pavia. La Marcegaglia ha però aggiunto che “il ponte ormai è un’opera cantierata, quindi andrà avanti”. Certo, a leggere i dati di “Ecosistema rischio” realizzato da Legambiente e dalla Protezione Civile, le priorità sono davvero altre, visto che il dissesto idrogeologico coinvolge oltre 5.500 comuni italiani, che corrispondono al 70% dei centri italiani. Quelli ad alto rischio sarebbero oltre 1.200. Di questi, il 42% non svolge neppure attività di manutenzione ordinaria. E sono pochissimi gli enti locali che hanno dislocato le abitazioni più esposte al pericolo in luoghi sicuri. La percentuale più alta dei comuni virtuosi è in Valle d’Aosta (il 58%). Fanalino di coda la Sicilia, dove ben il 92% delle amministrazioni non fa quasi nulla. N Messina uccisa dagli speculatori SCUOLE PERICOLOSE Crolla il soffitto studente in corsia C rolla il controsoffitto dell’Istituto alberghiero Rossini di Napoli e una studentessa finisce all’ospedale. Nulla di grave: guarirà in tre giorni. L'assessore regionale all’Istruzione, Corrado Gabriele, ha chiesto una verifica sull’immobile. Codacons chiede al Governo di non tagliare i fondi alle scuole. Quartieri costruiti a ridosso delle fiumare e un Piano regolatore che divora il territorio Sopra, quel che resta di una casa a Giampilieri; sotto il governatore della Sardegna Ugo Cappellacci (FOTO XXX) di Enrico Fierro oveva diventare come Barcellona. Bella, con il mare a vista, gli alberghi e i centri commerciali. Lo aveva promesso Silvio Berlusconi il 29 novembre di quattro anni fa. “Messina diventerà un'altra città”. E giù cifre: 800 milioni di euro per l'urbanistica, 1 milione per lo stadio. E anche un intervento per risollevare le sorti della squadra di calcio. “Domani chiamerò un certo signor Braida e gli dirò che il Milan ha il dovere di offrire rinforzi al Messina Calcio”. Non è andata così. Una parte della città è divorata dal fango, un'altra è a rischio continuo. Mentre sulle macerie di Giampilieri, Scaletta e degli altri borghi, devastati dall'alluvione, si combatte una guerra tra potenti del Pdl. Da una parte Stefania Prestigiacomo, il mini- D stro dell'Ambiente, dall'altra Giuseppe Buzzanca, il Sindaco. “Giampileri non era nelle zone a rischio”, ribatte lei respingendo l'accusa di aver dirottato i fondi per la messa in sicurezza del territorio per il rifacimento di lungomari e per le isole Eolie. Il Sindaco: “non abbiamo mai ricevuto soldi dal ministero dell'Ambiente”. La realtà è drammaticamente più dura. L'intero territorio della città di Messina può finire sotto il fango. Perché interi quartieri di migliaia di metri cubi sono stati costruiti dentro o a ridosso delle fiumare. Case e scuole. La denuncia è del Wwf. “La procura di Messina - dice Anna Giordano - ha archiviato due delle quattro denunce su lottizzazioni pericolose e sui possibili disastri idrogeologici. Se la stessa pioggia fosse caduta in altre zone di Messina ci sarebbero stati molti più morti e non è detto che questo non succeda in futuro. Stanno costruendo una discarica a villaggio Pace sopra una fiumara. Un altro lotto di 500 ville stava per essere approvato nel territorio di Faro superiore, dove non lo permettono nè le condizioni urbanistiche nè quelle idrogeologiche”. Cemento: “è questo l'unico motore economico della città”, denunciano gli ambientalisti. “Oro grigio”, lo chiamano invece i magistrati della procura di Messina Giuseppe Farinella e Angelo Cavallo, che hanno indagato sul giro di tangenti (1milione e 550mila euro) che sarebbero state pagate per la realizzazione del “Green Park”, un complesso abitativo costruito a ridosso di una fiumara, il torrente Trapani. “In questi anni, il dibattito pubblico è ruotato attorno alla previsione di grandi opere e nuove espansioni edilizie”, denuncia Salvatore Granata, direttore di Legambiente Sicilia. Nel mirino la variante al Prg, giudicata sovradimensionata rispetto alle esigenze della città e alle previsioni di crescita. E poi c'è il Ponte. Che frane o non frane non si tocca. Negli studi preparatori c'è scritto che “le opere previste per gli interventi di mitigazione possono provocare fenomeni di instabilità”. “Questa affermazione – hanno replicato, facendo mettere a verbale le loro controdeduzioni, tutte le associazioni ambientaliste – di notevole gravità, in quanto prefigura uno stravolgimento fisico dei luoghi, non è accompagnata da una Berlusconi, nel 2005: “questa città sarà come Barcellona” indicazione dei siti maggiormente a rischio”. Cosa manca negli studi preparatori per la Grande Opera? “Una caratterizzazione idrogeologica delle principali fiumare” e “una caratterizzazione delle aree sensibili a fenomeni di inondazioni e la loro mappatura”. Messina, la città destinata a diventare la Barcellona d'Italia, sepolta dal fango e mangiata dal cemento. Il sogno realizzato del Governatore: più cemento sulle coste sarde di Mauro Lissia entre a Messina si contano i morti legati all’ediM lizia selvaggia e a Capoterra, vicino Cagliari, la magistratura indaga sull’alluvione del 22 ottobre 2008 che ha cancellato cinque vite umane e centinaia di case (sorte lungo l’alveo di un fiume), la giunta di centrodestra che governa la Sardegna si prepara a demolire le norme del piano paesaggistico regionale che difendevano le coste dai progetti dei grandi costruttori, da Berlusconi a Ligresi. Con l’emendamento al Ddl sul rilancio dell’edilizia, votato venerdì scorso dai soli consiglieri del Pdl, con il no degli alleati Sardisti e del centrosinistra, altri due milioni di metri cubi di cemento aggrediranno i litorali dell’isola senza più il vincolo dei trecento metri sulla fascia costiera. Nessuna distinzione tra hotel e immobili privati, ville o seconde case: tutti potranno mettere in moto le betoniere e realizzare una nuova cubatura fino al dieci per cento di quanto già esiste, senza badare al danno che sarà arrecato al paesaggio e alla distanza dal mare. I progetti verranno soltanto passati al vaglio di una commissione pubblica, chiamata a valutare genericamente la va- lidità dell’intervento. L’idea della Giunta capeggiata dal commercialista Ugo Cappellacci è di ridare fiato alle imprese edili, che negli ultimi anni erano rimaste imprigionate tra i vincoli durissimi imposti dal governo regionale guidato da Renato Soru. Cappellacci l’aveva promesso in campagna elettorale, cavalcando il malcontento dei sindaci di area Pdl e dei potentati locali che vivono di mattoni. L’assessore regionale all’urbanistica Gabriele Asunis è stato chiaro: “niente a che vedere col piano casa. All’esame c’è solo un provvedimento che servirà a ridare impulso all’economia attraverso l’edilizia”. Come dire che forse il peggio deve ancora arrivare, malgrado neppure i più pessimisti avessero previsto un attacco così disinvolto alla fascia dei trecento metri, considerata intoccabile. Il governo sardo di centrodestra è partito invece proprio da quella, per poi annunciare un premio di cubatura riservato anche alle case di prima abitazione comprese nelle zone B e C, di completamento e di espansione edilizia: qui si potrà andare fino al trenta per cento in più e il regalo della Regione non escluderà stabilimenti e locali destinati ad attività produttive. Si parla apertamente di sopraelevare palazzi tirando su muri dalle terrazze, di chiudere i piani pilotis (quelli destinati alle automobili) e persino i seminterrati per ricavarne volumi abitabili. Domani pomeriggio alle 18, quando il consiglio regionale sarà chiamato a votare il Ddl nel suo complesso, compreso l’emendamento che libera dal vincolo la fascia dei trecento metri, Legambiente, Wwf e Italia Nostra si riuniranno davanti al palazzo di via Roma per protestare: “è incredibile - hanno scritto in un comunicato i responsabili delle associazioni Vincenzo Tiana, Fanny Cao e Luca Pinna - La tragedia annunciata di Messina non sembra aver insegnato nulla a questa Giunta regionale. La cementificazione selvaggia che ha devastato il territorio sardo e i morti di Capoterra sono già stati dimenticati”. Stefano Deliperi del ‘Gruppo di Intervento giuridico’, un’associazione ecologista che opera su canali giudiziari, ce l’ha anche con una parte dei consiglieri del centrosinistra, che al momento di votare contro il cemento sono spariti dall’aula. “Dov’erano gli assenti? - ha scritto Deliperi in una nota - e perché non hanno fatto il loro dovere di consiglieri regionali?”. Parole dure anche da Paolo Maninchedda del Psd’az, un partito che fa parte della maggioranza ma che non ha esitato a schierarsi contro il Ddl. La speranza di fermare questa nuova avanzata del cemento è legata a una recente sentenza del Consiglio di Stato, che ha bloccato definitivamente un progetto del costruttore Sergio Zuncheddu, editore dell’Unione Sarda e del Foglio, per la realizzazione di un villaggio turistico a Cala Giunco, vicino allo stagno dei fenicotteri rosa e sulla più bella spiaggia di Villasimius: i giudici amministrativi supremi hanno stabilito che l’esigenza di tutelare il paesaggio prevale sugli interessi degli imprenditori e dell’industria turistica. Non solo: norme e provvedimenti che riguardano il paesaggio della Sardegna dovranno essere in linea con il Codice Urbani e con il Piano paesaggistico regionale che ne deriva. Come dire: adesso la Regione sarda ci prova, ma forse (con i ricorsi già all’orizzonte) l’ultima parola spetterà ai giudici. RIFIUTI A CROTONE Il Sindaco Vallone: “il Governo agisca” S ugli scarti tossici della Pertusola Sud, il Governo deve intervenire subito. Lo chiede il sindaco di Crotone, Peppino Vallone (Pd), che aggiunge: “se l’esecutivo non interverrà, lascerò la fascia”. Il primo cittadino reclama uno screening su tutti i cittadini, mentre il Pd della città chiede ai propri rappresentanti in Parlamento di portare alle Camere la questione, stimolando un intervento tempestivo. STUPRO ALLA CAFFARELLA Condannati i due imputati O ltean Gavrila e Ionut Alexandru sono stati ritenuti responsabili dello stupro di San Valentino nel parco della Caffarella, a Roma, nei confronti di un’adolescente. I due sono stati condannati con rito abbreviato a 11 anni e 4 mesi e a 6 anni. A Gavrila, in realtà, sono state comminate due pene: 7 anni e 4 mesi per la Caffarella e altri 4 anni per uno stupro avvenuto a luglio. INCHIESTA WHY NOT Parte l’udienza, assenti i politici È iniziata ieri a Catanzaro l’udienza preliminare nei confronti dei 98 indagati dell’inchiesta Why Not, su presunti illeciti nella gestione di fondi pubblici. Assenti i principali imputati politici. Tra questi il presidente della Regione Calabria, Loiero, il suo predecessore Chiaravalloti. Nell’inchiesta sono coinvolti anche imprenditori come Antonio Saladino, ex presidente della Compagnia delle Opere calabrese. pagina 8 Martedì 6 ottobre 2009 Perché l’Italia potrebbe non agganciare la ripresa I RECESSIONE l Fondo monetario, tra le grandi istituzioni internazionali, continua a essere quella più prudente sull’andamento della crisi. Nell’ultimo report periodico sullo stato della recessione, ha spiegato che ci sono Paesi impreparati a ripartire, anche quando la congiuntura italiana sarà più favorevole. “I problemi dell'Italia vanno ben oltre questa recessione e dipendono dal basso potenziale di crescita dell'economia”, ha spiegato Ajai Chopra, vice direttore del dipartimento europeo del Fmi. Il problema è soprattutto la bassa produttività (a parità di tempo lavorato gli italiani producono meno beni e servizi di altri). Secondo il Fondo il Pil italiano si ridurrà del 5,1 per cento nel 2009 prima di tornare a crescere (+0,2) nel 2010. Il problema è che se in questi anni difficili chiudono troppe imprese, quando la domanda mondiale di consumi tornerà a crescere, il nostro sistema produttivo potrebbe aver perso troppi pezzi importanti per approfittarne. E quindi continuare con la crescita zero che già abbiamo sperimentato, con rare eccezioni, nell’ultimo decennio. IL LAVORO CHE NON C’E’ PIU’ da Milano a Porto Torres Partendo dalle ore di cassa integrazione si comincia ad avere la mappa della crisi di Elisabetta Reguitti Milano lla fine quelli della Innse di Milano, forse, ci sono riusciti. La sottoscrizione dell’ultimo passaggio (dei tre previsti nell’accordo raggiunto ad agosto) sembra aver definitivamente scritto la parola “fine”, in senso positivo, sulla storia della fabbrica in via Rubattino destinata a chiudere i battenti. Un epilogo peggiore sembrava ormai scritto ma è rimesso in discussione grazie alla ferma volontà dei 49 operai. Nonostante le carte, più o meno ufficiali sottoscritte nella notte del 30 settembre in prefettura a Milano, questi lavoratori però non hanno ancora smantellato il presidio. Aspettano di ricevere tutte le lettere di assunzione. Il d-day dovrebbe essere il 12 ottobre. Fino ad allora rimarranno lì. La mappa. Ma per una Innse destinata alla riapertura quante altre aziende oggi rischiano di chiudere i battenti in questo autunno che da mesi è considerato a rischio disoccupazione? La mappa della crisi si sovrappone e quasi coincide con quella dell’industria italiana. Gli operai delle piccole e medie imprese stanno lottando per non perdere il lavoro. Si sta esaurendo il monte ore della cassa integrazione: nella sola Lombardia, per esempio secondo i dati forniti dalla Cgil regionale, il ricorso è aumentato del 465 per cento rispetto allo scorso anno. Si tratta soprattutto di ricorso alla cassa integrazione “ordinaria” (+ 825%) mentre la “straordinaria” è cresciuta del 200 per cento. Il settore maggiormente colpito è quello industriale ma non se la passano certo meglio il commercio (+425%), il legno(+800%) la meccanica (+ 951%), lavorazione dei metalli (+ 523%) e il comparto chimico (532%). Secondo molti economisti l’occupazione continuerà a scendere almeno fino a quando il Prodotto interno lordo non crescerà almeno di un punto percentuale all’anno, forse nel 2010. Non è certo incoraggiante dover ricordare anche come il reddito italiano nel 2009 sia rimasto ai livelli di 10 anni fa. Secondo una rielaborazione fornita dall’ultimo World Economic Outlook del Fondo monetario, infatti, il reddito pro capite nel 1999 era pari a 28.691 euro mentre nel 2009 era ancora quasi uguale, 28.806 euro. Con un picco nel solo 2007 a 31.142 euro. Insomma, nonostante quello che dicono alcuni politici ci sono poche ragioni di cedere A Gli operai della Innse un mese dopo (FOTO DI ELISABETTA REGUITTI) La vittoria operaia alla Innse resta un caso unico all’ottimismo. Le zone. Spulciando poi il rapporto Excelsior (Unioncamere – ministero del Lavoro) scopriamo come, regione per regione, non ci sia comparto che non sia coinvolto da ridimensionamenti, tagli e chiusure. Nei giorni scorsi si è parlato soprattutto di Milano ma le zone di crisi della Lombardia sono anche, per esempio Dalmine (Bergamo), dove il gruppo Tenaris ha appena annunciato il taglio di 717 posti di lavoro (oltre a un altro centinaio nel sito di Costa Volpino). Complessivamente a livello regionale sa- rebbero 6 mila i posti a rischio. Molti dei quali anche nel settore tessile: Mantova e Brescia, città nelle quali l’incremento complessivo del ricorso alla cassa è stato rispettivamente di +711% e +724%. Spostandoci in Triveneto (dove ci sono 1500 posti a rischio) le emergenze si evidenziano per lo più nei settori della chimica, degli occhiali e dei sanitari: Safilo 500 posti in bilico, Trichiana (Belluno) 250 esuberi e la “consorella” Ideal Standard di Brescia (azienda occupata da 130 operai che intendono impedire lo spegnimento del forno di cottura delle porcellane). Aggiungiamo poi il lanificio-cotonificio nazionale di Marzotto a Portogruaro (250 contratti di solidarietà da due anni). Scendendo verso l’ Emilia Romagna la crisi del metalmeccanico rappresenta una spada di Damocle sulla testa di ben PIANO CASA 20 mila lavoratori. Nelle Marche l’aumento della cassa integrazione si aggira intorno al 90 per cento. Sono quasi 2 mila i posti a rischio nei settori gomma ed elettrodomestici e non stanno certo meglio gli occupati delle subforniture di abbigliamento e del calzaturiero di Fermo e dintorni: complessivamente 140 aziende che potrebbero non riaprire. Rimanendo in area tessile è impossibile non ricordare le profonde difficoltà in cui versano i piccoli imprenditori “contoterzisti” che lavorano cioè per conto di terzi - toscani e in particolare di Prato. Simbolo tra tutti la Roccatura di Russotto. Da segnalare, sempre nelle Marche, la Manuli Rubber di Ascoli Piceno che ha annunciato la chiusura e messa in mobilità di 375 lavoratori. Nel Lazio le stime parlano di ben 70 mila posti “vacillanti” in particolare nell’indotto aeronautico. Ottomila in Puglia con il siderurgico di Taranto in stallo per la crisi dell’acciaio (6 mila e 500 in cassaintegrazione) e il distretto del salotto (1500 persone in Cig). In Campania si sale a 12 mila posti a rischio sparsi tra i settori del conciario, tessile, elettrodomestici, cantieri navali ma anche le aziende dell’indotto Fiat. Come Termini Imerese e Pomigliano d’Arco prime su tutte. A chiudere il nostro pesante giro d’Italia della disoccupazione ricordiamo il rischio licenziamento per quasi tre mila lavoratori in Sicilia (comparti dell’ elettronica ma anche della nautica) senza dimenticare la profonda crisi in cui versano pure i pescatori siciliani. Sono invece 10 mila i posti in bilico in Sardegna: 7 mila nel solo Petrolchimico di Porto Torres. di Vincenzo Iurillo BASSOLINO E GLI SPECULATORI on vedo questo esercito di speculatori diretto verso Napoli est”. Parole di Antonio Bassolino durante il dibattito in aula sul “Piano Casa” nella versione della regione Campania. Il Governatore difende gli indirizzi del discusso disegno di legge, pur dicendosi favorevole a modifiche. “Se l’articolo 5 significa la dismissione di tutte le attività industriali per trasformarle in edilizia residenziale, sono io stesso a ritirarlo. Però ci sono zone come quella di Napoli est dove c’è ben poco da salvaguardare e tanto degrado da “N recuperare”. Il testo uscito dalla commissione Urbanistica, sul quale c’è un accordo tra Pd e Pdl, prevede che i terreni su cui sorgono fabbriche chiuse possono essere riconvertite in abitazioni solo se l’attività produttiva è cessata da almeno un anno. Il partito di Sinistra e Libertà non ritiene questa soluzione sufficiente a scongiurare il rischio di una desertificazione industriale e ha depositato circa 1200 emendamenti. Domani il disegno di legge dovrebbe tornare in aula. ADDIO A GIUGNI con lui la Costituzione entrò nelle fabbriche di Bruno Veneziani * ino Giugni ha insegnato all’ Università di Bari per 15 anni, durante i quali ha vissuto una delle più significative esperienze della sua vita di professore prestato alla politica. Quel periodo rappresenta al contempo l’anagrafe di un paese in trasformazione e una vicenda personale in cui vita istituzionale e politica, lavoro scientifico, magistero accademico-culturale sono destinati ad accelerare il cambiamento nella metodologia di ricerca e nelle relazioni industriali. Il quindicennio è stato il momento significativo della trasformazione del diritto del lavoro e dell’analisi dei rapporti sociali in un paese in cambiamento. Se Gino Giugni ha trovato terreno fertile per l’operazione di svecchiamento culturale all’interno dell’accademia, ancor più naturale è stato indirizzare il proprio impegno riformatore verso l’attività legislativa. L’idea maturata durante il soggiorno nella scuola di Wisconsin, negli Stati Uniti, era che la legge dovesse svolgere un ruolo di riequilibrio nei rapporti socialmente asimmetrici connaturati al contratto di lavoro tra imprenditori e lavoratori. L’occasione è propizia. Brodolini, divenuto ministro del lavoro nel 1968, nomina Giugni capo dell’ufficio legislativo del suo ministero e presidente di una commissione di esperti che dovrà redigere il progetto di riforma delle relazioni industriali, divenuto legge con il nome di Statuto dei lavoratori (legge 20 maggio 1970, n.300). G a legge ha una forza d’urto impressionante nel tessuto LSuscita sociale e nella cultura sindacale e industriale dell’epoca. reazioni violente, persino scomposte, negli ambienti imprenditoriali. Ma per l’opinione pubblica, meno condizionata da pregiudizi, finalmente la Costituzione italiana era entrata nelle fabbriche. Era vero, in quel testo erano contenute alcune idee-forza che nascevano dalla collaborazione degli esperti ma soprattutto dalla cultura genuinamente laburista di colui che guidava i lavori. Vi si proclamava il principio del rispetto della dignità e della libertà dell’uomo che lavora e se ne configurava la sua condizione di “cittadino” dell’impresa. La tutela contro le discriminazioni, la libertà di manifestare il proprio pensiero e le proprie opinioni, il diritto a non essere controllati da un ‘grande fratello’ occulto, il diritto di esprimere con pienezza la propria personalità sono le varianti individuali di diritti collettivi, come la libertà ed attività sindacale, sino ad allora godibili solo all’esterno della cittadella dell’impresa. Invece lo Statuto li lascia penetrare nel perimetro aziendale ove si può esercitare il diritto di sciopero, riunire in assemblea, indire referendum, fare proselitismo. L’innovazione è forte e obbliga al cambiamento di rotta tutti i protagonisti, chiede al sindacato una cultura del conflitto ma anche del dialogo e della contrattazione, all’azienda una strategia diversa di gestione delle risorse umane, allo Stato di promuovere il dialogo sociale, più che lo scontro frontale, tra interessi contrapposti. ueste idee non hanno perso valore, costituiscono il DNA Qnomica più originale della legge, ancora oggi, quando la crisi ecoe finanziaria muta il panorama sociale, accentua la segmentazione del mercato del lavoro, accelera la crescita della disoccupazione e rende precari i rapporti di lavoro. La flessibilità è oggi ritenuta la panacea di tutti mali, ma costituisce anche il sintomo più evidente della differente qualità dell’occupazione sempre più precaria e sfuggente alle tutele. L’idea cui Giugni si è richiamato sempre è che vadano rafforzati i diritti di quanti lavorano a qualsiasi titolo, attraverso una piattaforma di diritti civili che la contrattazione collettiva da sola non può costruire. Ogni tentativo di riforma, oggi, non può non passare attraverso questa eredità preziosa. *ordinario di Diritto del Lavoro all’Università di Bari Martedì 6 ottobre 2009 pagina 9 Solo quarantotto ore per formare l’esecutivo I DAL MONDO l leader del Pasok, Giorgio Papandreou si è recato ieri dal presidente della repubblica Karolos Papoulias per ricevere l'incarico di governo in seguito alla netta vittoria. La composizione del nuovo governo dovrebbe esser nota oggi e domani i ministri potrebbero già giurare. La prossima settimana inizierà in Parlamento il dibattito sulle dichiarazioni programmatiche del nuovo premier. Papoulias ha ricevuto ieri anche il premier uscente Costas Karamanlis. Secondo i dati ufficiali non definitivi il Pasok ha ottenuto il 43,9% e 160 deputati, contro il 33,4% e 91 seggi di Nuova Democrazia (Nd) di Karamanlis che ha annunciato anche le dimissioni dalla guida del partito. “Il trionfo elettorale del Pasok apre la strada al risanamento del paese”, titolava ieri il quotidiano To Vima, di sinistra, il quale sottolinea come ci siano “le condizioni per un'egemonia politica del Pasok e di Papandreou”; Elefterotipa, titola “Trionfo di Papandreou e disfatta di Karamanlis”, “ND ha subito la sconfitta più pesante della sua storia”. Per il conservatore Kathimerini “la grande vittoria del Pasok e personale di Papandreou significano un cambiamento nell'agenda politica del paese”. Addio ideologia, il socialismo ateniese dà il buon esempio L’attesa è finita la mia Grecia ora risorgerà di Gianni Perrelli a Grecia, sette giorni doLl’agonia po il Portogallo, ferma del socialismo euro- Il regista Theo Angelopoulos e la ricetta per far dimenticare “il peggior governo di sempre” Theo Angelopoulos, nato ad Atene 74 anni fa (FOTO ANSA) di Stefano Citati a cosa più importante è che questo governo sia stato battuto e che adesso non ci sia più. Risponde convinto nonostante la febbre Theo Angelopoulos Il regista della Grecia, ex direttore di giornali (di sinistra) e autore dei film che hanno raccontato il carattere, gli umori, i sogni e gli incubi di un popolo. Risponde con il francese imparato durante gli anni dello studio e dell'esilio ai tempi del regime dei colonnelli. Risponde soddisfatto dei risultati elettorali. Quale è la prima impressione? “Di soddisfazione. È una buona notizia la fine del peggior governo di cui io abbia memoria. Al di là degli scandali, della corruzione, è stato un governo incapace che ha costretto il paese a rifare tutto, a ricominciare da capo”. Quale sono le priorità che vede? “Economia, Educazione e Lavoro; rifondare le basi del sistema, per garantire anche in una situazione difficile come quella attuale la possibilità di una ripresa, di più: di una rinascita”. E come si deve muovere Papandreou per ottenere questo? “Prima di tutto gli ci vuole del tempo, e poi deve riuscire a stabilire un patto, un'alleanza anche con i partiti minori: con L gli ecologisti e gli altri di sinistra. Deve farlo per potere avere più potere e possibilità d’imporre il cambiamento. E una coalizione ampia permetterebbe anche contributi, idee per la politica di rinnovamento, e all'orientamento dell’intero paese”. Crede che Papandreou sia in grado di gestire e dirigere un movimento simile? “Staremo a vedere; gli va dato il tempo e il modo: lo giudicheremo poi per quello che sarà stato in grado di fare. Spero che sia abbastanza ispirato da imprimere un cambiamento forte e netto”. Quale titolo le viene in mente per descrivere l'attuale situazione del suo paese? “L’attesa, un intero paese che attende, uno stallo che non può e non deve durare. La situazione è tremendamente critica, decisioni fondamentali vanno prese. Da parte nostra, dobbiamo riuscire ad avere la pazienza di attendere che le decisioni prese attecchiscano, che la ristrutturazione di cui tutta la Grecia ha bisogno si impianti e divenga cambiamento. Serve un governo che abbia il coraggio di mettere il dito sulle piaghe e farle guarire”. Lei è pronto a impegnarsi per favorire il cambiamento; mettere il peso della sua esperienza e influenza? “Non posso certo portare il cambiamento da solo. Ci sono tanti che hanno più capacità e forza di me; ma se possibile, insieme ad altri, porterò il mio contributo e offrire idee, per far si che anche quella parte della società che si chiama cultura – il cinema per primo – possa fare la sua parte del cambiamento generale. Possiamo dare il buon esempio, favorire e rafforzare il movimento, trasmettendo convinzione e influenzando gli altri”. MADRID IN CRISI ZAPATERO E L’AUTUNNO DELLO SCONTENTO di Alessandro Oppes Madrid che José Luís Rodríguez Zapatero abbia il sorriso Dgnoloicono perennemente stampato sul viso. Eppure al premier spadev’essere perlomeno sfuggita una smorfia di inquietudine al leggere i risultati dell’ultimo sondaggio pubblicato da El País: quasi tre quarti degli spagnoli hanno “poca” o “nessuna” fiducia nel capo del governo, oltre il 60% disapprova le sue misure per far fronte alla crisi, 4 cittadini su 5 pensano che il presidente “stia improvvisando”. È avviata verso il declino l’esperienza di governo socialista iniziata 5 anni fa? Non sono pochi a pensare che le cose potrebbero stare veramente così. E non è solo questione di sondaggi (il leader del Partito Popolare Mariano Rajoy, già vittorioso alle Europee di giugno, è dato ormai stabilmente in vantaggio di 4 o 5 punti sul Psoe di Zapatero). Le critiche piovono da vari fronti. È di pochi giorni fa la lugubre previsione del Fondo monetario internazionale, secondo cui la Spagna sarà l’ultimo tra i grandi paesi industrializzati a uscire dalla recessione, solo nel 2011: già l’anno prossimo si vedranno i primi segnali di ripresa in tutto il mondo, ma non a Obama dice no al Dalai Lama Prima del viaggio in Cina preferisce non incontrare il leader tibetano li Stati Uniti hanno esercitato pressioni Gil rinvio sui rappresentanti tibetani per ottenere di un incontro tra il Dalai Lama e il presidente americano Barack Obama in modo dal celebrarlo dopo il vertice con il presidente cinese Hu Jintao che il leader della Casa Bianca ha in programma per il prossimo mese. A riferirne è stato ieri il Washington Post, citando diplomatici, funzionari governativi e altre fonti. Per la prima volta dal 1991, sottolinea il quotidiano, il leader spirituale tibetano visiterà Washington questa settimana senza incontrare il presidente. Dal 1991, il Dalai Lama è stato a Washington 10 volte, e ogni volta si è recato in visita alla Casa Bianca. Per la prima volta nel 2007 il presidente in carica, George Bush, lo ha incontrato pubblicamente, nel corso di una cerimonia in cui ha insignito il leader spirituale tibetano del più alto riconoscimento conferito dal Congresso Usa la Congressional Gold Medal. La decisione di rinviare l'incontro sembra rientrare in una più ampia strategia per migliorare le relazioni con la Cina, strategia secondo il quotidiano della capitale statunitense - che funzionari dell'amministrazione hanno definito di “rassicurazione strategica”. Un esempio sta nelle dichiarazioni rilasciate a febbraio dal neo segretario di Stato Hillary Clinton, secondo la quale la difesa dei diritti umani non può “interferire con la crisi economica globale, con la crisi derivante dai cambiamenti climatici, e la crisi in materia di sicurezza”, affermazioni molto apprezzate a Pechino. Madrid, che in questi giorni si lecca le ferite per la bruciante sconfitta subita nel voto del Comitato olimpico a Copenaghen sull’assegnazione delle Olimpiadi del 2016. Un’altra occasione mancata per dare un forte impulso alla crescita del paese. Per recuperare i livelli di ricchezza dello scorso anno, l’Fmi calcola che si dovrà aspettare un intero lustro: con 3 anni di ritardo rispetto a Usa, Canada e Francia, due su Giappone e Regno Unito, ma alla pari con Italia e Germania. Mentre Zapatero fa mostra di tiepido ottimismo, gli ultimi dati sulla disoccupazione fanno rabbrividire: 80mila senza lavoro in più nel solo mese di settembre. In tutto sono già 3 milioni e 700mila, oltre il 18% della popolazione attiva, il doppio rispetto alla media europea. Con la fine dell’estate, sono andati completamente in fumo gli sforzi compiuti dal governo con il lancio del “Plan E”, 8 miliardi di stanziamenti destinati ai comuni per realizzare opere pubbliche e dare impulso all’economia. E la presentazione del bilancio di previsione per il 2010 non ha contribuito a rasserenare gli animi. Zapatero ha optato per uno strano “mix” che ha finito per lasciare insoddisfatti un po’ tutti: mentre si conferma, e anzi si incrementa leggermente, la copertura delle spese sociali, vengono ridotti del 4% gli investimenti pubblici e del 3 gli investimenti in ricerca e sviluppo, cioè proprio quel capitolo di spesa che il governo socialista aveva sempre considerato fondamentale per il rilancio della produzione e per allontanare l’economia spagnola dalla dipendenza dal settore immobiliare. Ma il tema più controverso è quello dell’introduzione di nuove tasse: aumento dell’Iva e delle imposte sui redditi da capitale. Secondo il governo sono misure che colpiscono i più ricchi, però la maggior parte delle forze politiche sono convinte che a farne le spese saranno le classi medie e basse. Abituato da sempre alle critiche distruttive del Partito popolare, Zapatero si trova ora a fare i conti con una nuova forma di opposizione: quella che viene dalla stampa di sinistra. Cominciò un mese fa El País, accusandolo di una gestione arrogante e personalistica del governo e del partito, con l’emarginazione di tutte le voci critiche. E ora gli volta le spalle anche Público, il giornale che negli ultimi anni gli era stato più vicino. “Un governo non così di sinistra”, lo rimproverava domenica il quotidiano, denunciando che negli ultimi mesi i socialisti hanno più volte votato insieme al Pp in Parlamento per respingere iniziative di legge sulla laicità e l’antimilitarismo e hanno inasprito le norme sull’immigrazione. Eppure il governo ha appena varato la riforma della legge sull’aborto, che ha riportato i vescovi sul piede di guerra, ed è riuscito, con le sue misure di protezione sociale, a evitare – nel pieno della più grave crisi economica degli ultimi vent’anni – lo scontro con i sindacati. peo ridando fiato alle speranze di riscatto delle forze progressiste. Il netto successo del Pasok di George Papandreou, che ha conquistato la carica di primo ministro al terzo tentativo, è però molto più significativo di quello di Josè Socrates che a Lisbona nel precedente mandato aveva annacquato il riformismo ammiccando alle politiche neoliberiste. Il socialismo di Papandreou, almeno nelle premesse, si propone di essere fortemente innovativo, di abbandonare l’approccio ideologico del secolo scorso per mettersi pragmaticamente al servizio delle nuove esigenze del cittadino. Molto diverso da quelli del padre Andreas (fondatore del Pasok) e del nonno George (il grande vecchio della democrazia ellenica) che l’hanno preceduto come premier. La sua originalità poggia sul cosmopolitismo che gli ha ampliato gli orizzonti, fornendogli gli strumenti per affrontare con una visione più larga i problemi della Grecia. Sociologo, 57 anni, nato a Saint Paul in Minnesota da madre americana, Papandreou ha studiato in Usa, Canada, Inghilterra e Svezia. Tre volte ministro (l’ultima degli Esteri) nei governi di sinistra a cavallo del nuovo secolo, è il presidente dell’Internazionale socialista. Una carica a cui non intende rinunciare neanche ora. Una torre di controllo di una dottrina che intende rilanciare in Europa proponendo nuovi modelli di sviluppo. La sua vittoria è stata certo agevolata dall’impopolarità del governo Karamanlis; ma Papandreou negli ultimi mesi non s’è limitato a speculare sugli errori del rivale che l’aveva battuto due volte: ha prospettato soluzioni per ogni problema, disegnando uno schema di rinascita che ha finito per persuadere anche quella classe media che aveva sempre fiutato nel socialismo odore di bruciato. Per primo ha ricompattato un partito dilaniato da faide; poi, dopo i moti di piazza giovanili contro l’uccisione d’un adolescente da parte della polizia, non cavalcò il furore giovanile (ma aumenterà i fondi per l’istruzione dal 3 al 5% del Pil). Per battere la corruzione, metterà ogni atto ministeriale on line su internet. Per rilanciare l’economia svilupperà le energie alternative e una riforma del fisco, della sanità e della previdenza basata sui principi dell’equità sociale. pagina 10 LA SENTENZA x LODO MONDADORI: PERCHÈ BERLUSCONI DEVE PAGARE TRIBUNALE DI MILANO MOTIVAZIONI P ubblichiamo da oggi ampi stralci della sentenza del Tribunale civile di Milano, che ha condannato il gruppo Berlusconi a rifondere 750 milioni di euro alla Cir di Carlo De Benedetti, assistito dall’avvocato Elisabetta Rubini, per la vicenda Mondadori. Dopo avere riepilogato la “guerra di Segrate”, fra il 1988 e il 1991, e le varie tappe dei processi per corruzione giudiziaria a carico dei protagonisti, il giudice monocratico Raimondo Mesiano illustra dapprima i motivi della sua decisione, poi quelli della “ingiustizia” della sentenza n. 25911991 della Corte di Appello di Roma, scritta dal giudice Vittorio Metta, che ribaltò il Lodo Mondadori consegnando la casa editrice a Berlusconi. Poi passa a esaminare le prove a carico di Berlusconi, Previti, Metta & C. Come vedremo domani. Qui in basso Carlo de Benedetti, Marina Berlusconi e Fedele Confalonieri. In alto a destra, Giuseppe Ciarrapico e Silvio Berlusconi. In basso a destra, gli avvocati Alfredo Quattrocchi, Giuliano Pisapia e Giorgio Perrone durante la lettura della sentenza per il caso Lodo Mondadori (ANSA) 50 - La vicenda corruttiva Lodo Mondadori- anomalie della sentenza n. 259/1991 della Corte di Appello di Roma. Designazione di Metta quale consigliere relatore della causa A parere di questo Tribunale, un primo elemento indiziario, che - considerato insieme agli altri, di cui poi si dirà - denota la anomalia del procedimento civile, di cui si discute, presso la Corte di Appello di Roma, è rappresentato dalla assegnazione della causa al consigliere Metta (…). Il Presidente Arnaldo Valente ha fatto presente che, in ordine alla assegnazione della causa Lodo Mondadori al Metta, nessuna esigenza particolare si era verificata, che giustificasse la deroga al criterio dell'automaticità: "... La nomina di Metta è dovuta in principale luogo, in via principale, a questa automatica corrispondenza tra i fascicoli e il nome, l'elenco in cui seguiva, in cui si trovava il Consigliere Metta in parallelo con i fascicoli che io andavo ad assegnare. Aggiungo e preciso che nei confronti del Consigliere Metta non c'era nessuna di quelle controindicazioni di cui le ho parlato" e più avanti: “Ripeto che per il Consigliere Metta non c'era nessuna di queste controindicazioni. Il Consigliere Metta aveva un numero di processi molto inferiore a quello degli altri, aveva un carico di lavoro pari ad un quarto, ad un quinto degli altri, faceva due udienze al mese, di cui una la presiedeva, solamente due udienze, mentre gli altri facevano 5, 5, 6 udienze...". Tuttavia ritiene questo Tribunale che anche con queste precisazioni, la designazione del Metta come consigliere istruttore, relatore ed estensore della causa Lodo Mondadori, resta inspiegabile proprio alla stregua dei criteri tabellari, del tutto congrui ed equilibrati, che si sono riportati. Il Metta infatti, negli anni 1990 - 91: - era stato designato per la contemporanea trattazione della difficilissima e pesantissima causa IMI-SIR; - era titolare anche della gravosissima causa relativa all'impugnazione del lodo arbitrale Comune di Fiuggi-Terme di Fiuggi; - era anche molto gravato dal- l'incarico di segretario della Presidenza della Corte, che gli portava via moltissimo tempo; - era titolare anche di alcuni altri delicatissimi procedimenti, quali la causa relativa al fallimento personale dei Caltagirone ed una molto pesante causa, non meglio identificata, ma di cui ha parlato il Presidente Valente nella precitata deposizione, causa relativa all'azione di danno proposta per decine di miliardi da alcuni risparmiatori - investitori contro una banca; - era costantemente in ritardo nel deposito delle sentenze rimesse in decisione, nonostante - come risulta dalla deposizione Valente fosse titolare di un ruolo molto ridotto di cause. Deve a questo proposito essere menzionato che tutte le circostanze sopra indicate sono state espressamente confermate dallo stesso imputato Metta nel corso dell'esame incrociato da lui reso durante il dibattimento di appello (…). Inoltre il Dott. Valente ha fatto presente (…): "Ricordo di un altro processo, importantissimo, avente ad oggetto il risarcimento dei danni ... altrochè .... ma per decine di miliardi. Riguardava un'azione di risarcimento del danno contro un istituto bancario che era incorso in negligenza nell'acquistare pacchetti azionari, i quali avevano avuto delle curve di improvviso abbassamento nello spazio di 24 ore. Questa causa, se non ricordo male, fu assegnata al Consigliere Metta". Peraltro lo stesso Metta, nel corso del suo predetto esame, ha egli stesso giudicato le cause IMI-SIR e Lodo Mondadori come cause di "straordinaria difficoltà" ed ha ammesso di avere avuto, in quegli anni, molti ritardi nel deposito delle sentenze. Ha confermato, inoltre, di essere stato all'epoca assegnatario della causa relativa al fallimento personale dei Caltagirone. Per la verità, la circostanza dei frequenti ritardi del Metta nel deposito delle sentenze è confermata dalla certificazione della Corte di Appello di Roma - Sezione Prima Civile, dalla quale si evince che il Metta: nell'anno 1990 depositò in minute n. 54 sentenze, delle quali 8 depositate nei 30 giorni dall'udienza di discussione, n. 46 nei 60 giorni e n. 1 (l'Imi-Sir) nei 90 giorni; - nell'anno 1991 depositò n. 64 sentenze, delle quali n. 15 depositate nei 30 giorni dalla udienza di discussione, n. 48 nei 60 giorni e n. 1 nei 120 giorni. In merito deve essere menzionato che anche il Cons. Paolini, terzo membro del Collegio che decise la causa Lodo Mondadori insieme al Valente ed al Metta, ha confermato la circostanza che il Metta era costantemente in ritardo nel deposito delle sentenze. Il teste Paolini Giovanni ha infatti dichiarato al dibattimento penale (…): "Mi risulta che Vittorio era abbastanza in ritardo perché tra l'altro, dirigendo la segreteria della Presidenza, aveva anche molto da fare, insomma, e quindi era in ritardo. Beh, sì me lo diceva anche Vittorio che non faceva a tempo a sbrigare il lavoro" . Deve essere in proposito ricordato che all'epoca era ancora in vigore l'art. 120 disp. att. Cpc, successivamente abrogato, il quale disponeva: " Le sentenze debbono essere depositate, a norma dell'art. 133 del codice, non oltre il trentesimo giorno da quello della discussione della causa". Naturalmente, è da osservare che non desta particolare allarme un ritardo, come quello evidenziato dalla predetta certificazione nei confronti del Metta, ma di certo esso è, nella specie, un elemento che ancora di più, insieme agli altri sopra indicati, fa ritenere oscuri i criteri, sulla base dei quali la causa Lodo Mondadori fu assegnata ad un giudice talmente oberato di lavoro. Insomma, dall'elenco delle cause più gravose, di cui sopra, e x Il giudice Mesiano ha condannato la Fininvest a rifondere 750 milioni alla Cir di De Benedetti dal contemporaneo impegno della Segreteria della Corte, si ricava il convincimento di una fortissima concentrazione di cause e di potere nella persona del consigliere Metta, ciò che destò le critiche, all'epoca dei fatti di causa, anche della sezione romana di Magistratura Democratica (…). Pertanto alla stregua delle predette circostanze e dei predetti argomenti, è d'obbligo concludere per una non razionalità ed una non congruità dei criteri che stettero alla base dell'assegnazione al giudice Metta della causa Lodo Mondadori, ciò che costituisce una prima anomalia del procedimento in questione. 51 - Tempi di stesura e dattiloscrittura della sentenza DALLA COPIA della sentenza n. 259/1991della Corte di Appello di Roma si evince che la stessa fu decisa nella camera di consiglio del 14.01.1991 e fu depositata il successivo 24.01.1991. Il Tribunale Penale di Milano ironizza scrivendo: "Certo è che Metta smentirà la sua ‘fama’ di ritardatario proprio con riferimento alla sentenza che qui ci occupa: camera di consiglio il 14.01.1991, pubblicazione il 24 dello stesso mese". Tolto il giorno 14, impegnato nella decisione collegiale, ed il 24 (giorno della pubblicazione da parte del cancelliere Treglia) residuano nove giorni compresa la domenica (20 Gennaio). Per la verità, alla stregua dell'estratto del registro brogliaccio delle sentenze prodotto dall'attrice (la Cir, ndr), risulterebbe provato che la minuta della sentenza fu depositata dal giudice estensore il 15.01.1991, e cioè giusto il giorno dopo la deci- “L’anomalia del procedimento civile (...) è rappresentata dalla assegnazione della causa al consigliere Metta” sione della sentenza in camera di consiglio. Il tema della rappresentatività certificativa del predetto registro brogliaccio è stato molto dibattuto nel giudizio penale, anche alla stregua della confusa e contraddittoria testimonianza del teste cancelliere Dott. Vincenzo Treglia, esaminato all'udienza dibattimentale dell'08.03.2002 e la difesa Fininvest ha proposto in relazione a detto registro brogliaccio querela di falso, la quale non è stata ammessa da questo Ufficio sul rilievo che detto registro brogliaccio non appariva e non appare indispensabile ai fini del decidere. Comunque le date della decisione in camera di consiglio e del deposito della sentenza non sono contestate dalle parti. In effetti nove giorni (compresa la domenica) per redigere una sentenza definita dal Metta "di straordinaria difficoltà", per dattiloscriverla, correggerla, farla leggere al Presidente del Collegio e per depositarla e farla pubblicare sono all'evidenza troppo pochi in relazione alla lunghezza della sentenza stessa (167 pagine dattiloscritte con 25 righe per ciascuna pagina) ed alla eccezionale difficoltà delle problematiche in diritto affrontate nel provvedimento. In merito alla deliberazione e redazione della sentenza vi sono alcun punti fermi: - che il Metta si presentò alla camera di consiglio senza alcuna relazione, bozza o appunti scritti (…); - che Metta scriveva esclusivamente a mano (…). Orbene è lo stesso Metta che (…) chiarisce alcune circostanze relative alla Martedì 6 ottobre 2009 “Ritiene questo Tribunale che (...) la sentenza Lodo Mondadori non fu battuta a macchina presso la Presidenza della Corte” battitura a macchina della sentenza, che sarebbe avvenuta, sotto la sua personale supervisione, presso la Presidenza della Corte di Appello, di cui egli era magistrato segretario, da parte della dattilografa Signora Gabriella Bruni (altre incaricate della copiature "riservate" erano le Signore Vattolo e Cherubini, sempre addette alla Presidenza): ciò per due ragioni. Anzitutto per motivi di riservatezza - essendo la predetta persona di assoluta fiducia e discrezione... ; e poi per ragioni di speditezza, essendosi la predetta dattilografa dedicata esclusivamente al detto incombente. Alla stessa il Metta avrebbe consegnato parte del manoscritto mano a mano che procedeva nella stesura di esso ed avrebbe l'imputato supervisionato la dattilo scrittura da parte della Signora Gabriella Bruni medesima. Senonché la signora Bruni, la quale si sarebbe dedicata al predetto incombente per diversi giorni in via esclusiva, sentita a sommarie informazioni da parte del Procuratore della Repubblica di Milano in data 26.10.1998 (…) dichiarava di non ricordare assolutamente di avere battuto a macchina per il consigliere Metta la sentenza Lodo Mondadori (…). Il Tribunale Penale ha condotto inoltre sul punto un'amplissima istruttoria dibattimentale sentendo come testi le altre colleghe della Bruni addette in allora alla Presidenza della Corte: Agnese Cherubini, Natalina Vattolo, Irene Servadei, Anna Maria Pippoletti, Emma Greco (…). Ritiene questo Tribunale che sia rimasto provato in termini di totale e tranquillizzante certezza che la sentenza Lodo Mondadori non fu battuta a macchina presso la Presidenza della Corte, e ciò, in primo luogo, perché non è pensabile che una sentenza di tale lunghezza possa essere stata dattiloscritta in così pochi giorni senza un impegno assorbente da parte di anche più di una dattilografa ed, in secondo luogo, perché non è pensabile che di sei dattilografe (di cui la maggior parte a tempo perso) presenti allora presso la Presidenza, nessuna ricordi di avere preso parte alla dattilo scrittura della stessa sentenza. E ciò a tacere della circostanza delle differenze fra le dichiarazioni dell'imputato nella predetta denuncia querela, che furono allo stesso contestate nel dibattimento di appello da parte del Presidente del Collegio, e le dichiarazioni rese innanzi alla Corte di Appello Penale di Milano. Infatti nelle prime aveva parlato della Signora Bruni come unica dattilografa, che - per i motivi già visti di riservatezza e speditezza - aveva battuto la sentenza, mentre nelle seconde aveva fatto presente che la battitura avrebbe potuto essere stata eseguita da più di una delle impiegate della Presidenza della Corte con buona pace delle esigenze di riservatezza. E giustamente il Tribunale penale afferma conclusivamente sul punto: "E se la sentenza non è stata dattiloscritta in sede ‘istituzionale’ ma da un ‘terzo estraneo’, è ben possibile che l'esito della causa fosse circolato prima della sua ufficializzazione". Conclusioni su cui questo Uffi- cio non può che consentire. 52 - Le “anticipazioni” della sentenza della Corte d'Appello di Roma NEL CORSO del dibattimento di primo grado innanzi al Tribunale di Milano, veniva escusso come teste l'avv. Vittorio Ripa di Meana, legale della CIR, lo stesso che ebbe a chiedere al Presidente della Corte di Appello di Roma, Dott. Carlo Sammarco, che la causa di impugnazione del Lodo Mondadori venisse sollecitamente decisa. Ha affermato il teste che, poco prima del Natale 1990, ebbe occasione di recarsi per vari motivi e come faceva spesso, alla Consob, ove incontrò anche il Presidente, Dott. Bruno Pazzi, a lui legato da rapporti di amicizia e di stima. Tra le varie cose, il discorso cadde anche sulla vicenda Mondadori, che d'altronde, era seguita da vicino dal citato organo di controllo, anche perché coinvolgeva diverse società quotate di interesse nazionale: la AMEF, la Mondadori, la CIR, il gruppo Repubblica - L'Espresso. Così testualmente descrive Ripa di Meana il colloquio avuto con Pazzi: "Comunque, voglio dire, la Consob monitorava anche questa situazione, era interessata a quello che era l'esito della sentenza, perché appunto coinvolgeva so- cietà sulle quali essa Consob, aveva la vigilanza intanto, in quanto come società quotate in Borsa. Si venne a parlare di questa vicenda ed io dissi al Presidente della Consob che aspettavamo una sentenza in tempi rapidi. E lui mi rispose, con mio grande stupore, che la sentenza era già stata diciamo decisa, e che quindi ci era sfavorevole. Espressi molto stupore, sia per la notizia sia per il fatto che lui me la desse. E lui disse che comunque queste erano le notizie che aveva e che quindi noi avevamo un'unica strada, di fronte a questa situazione sfavorevole che sarebbe venuta a seguito della sentenza della Corte d'Appello, mi disse che l'unica soluzione sensata, per noi, per il gruppo CIR, ma anche a suo parere per la controparte, era di trovare un accordo sulla spartizione del gruppo editoriale. Facendo presente, volendo fare presente che nel frattempo il Gruppo Espresso - Repubblica era stato assorbito dalla Mondadori e che quindi nella Mondadori c'era non solo l'attività tipica e antica della Mondadori, ma che anche c'era l'intera proprietà dell'Espresso, della Repubblica, dei giornali locali del gruppo Espresso - Repubblica. Questo fu quello che mi disse il dottor Bruno Pazzi". Questo colloquio sarebbe avvenuto, a detta di Ripa di Meana, prima del Natale del 1990 e dunque nell'intervallo di tempo che intercorre tra il 5 dicembre di quell'anno (data in cui si tenne l'udienza di spedizione a sentenza della causa Lodo Mondadori ) ed il 14 Gennaio del 1991, data della camera di consiglio, e il suo contenuto venne da lui sicuramente comunicato a De Benedetti. Va subito detto che Pazzi (…) ha negato decisamente la circostanza: "Prendo atto delle dichiarazioni rese dall'avvocato Ripa di Meana, escludo di avere riferito a quest'ultimo la confidenza che mi si attribuisce. Non è vero che dissi all'avvocato Ripa di Meana che l'esito del ricorso sarebbe stato sfavorevole all'Ing. De Benedetti. Non so per quale motivo Ripa di Meana riferisce cose inesatte. lo non seguivo le vicende del lodo Mondadori, non ero interessato alla questione e ricordo anche vagamente come andò a finire la controversia giudiziaria". In sede di confronto le posizioni non sono mutate (…). E' quindi consequenziale che le due confliggenti dichiarazioni debbano essere in questa sede valutate quanto alla loro credibilità. A questo proposito, va prima di tutto considerato il carattere del tutto lineare delle dichiarazioni dell' Avv. Ripa di Meana, nonché la reiterazione di esse sia in sede di indagini preliminari sia in sede di dibattimento penale senza che il teste vi abbia apportato modifiche. Deve essere invece rilevato che il teste Pazzi, che non è stato sentito al dibattimento penale perché in cattive condizioni di salute e in considerazione anche della sua tarda età, ha negato troppo, per allontanare ogni possibile sospetto da sé. E cioè ha negato, da un lato, che la conversazione col Ripa di Meana avesse avuto minimamente ad oggetto la vicenda giudiziaria, di cui qui ci si occupa, dall'altro lato che egli si sia interessato alla vicenda del lodo Mondadori, di cui ricordava a malapena l'esito. Orbene, su questi ultimi due punti le dichiarazioni del Pazzi non sono credibili. Ed infatti la vicenda della "guerra di Segrate" era allora al centro dell'attenzione dei media, così come era anche oggetto di interesse da parte della politica. E bisogna inoltre considerare anche la circostanza che il Pazzi era all'epoca Presidente della Consob, e cioè dell'organo istituzionalmente deputato al controllo sulla borsa e sulle società quotate in borsa, quali erano le società già indicate, e che quindi il Pazzi stesso non aveva potuto non interessarsi al destino del più grande gruppo editoriale italiano dell'epoca, la cui vicenda lo riguardava quanto meno da un punto di vista istituzionale (…) Ma vi è un ulteriore elemento di conforto alle dichiarazioni del Ripa di Meana: e cioè che le sue dichiarazioni sono riscontrate da quelle dei testi Dott.r Corrado Passera (direttore generale della Mondadori dal giugno 1990 all'aprile 1991, ndr) e Dott. Emilio Fossati (membro del Cda Mondadori, su indicazione di De Benedetti, dal maggio 1986 al gennaio 1990, ndr), anche essi testi indifferenti (…). Entrambi hanno confermato il racconto di Ripa di Meana riferendo l'accaduto a prima della camera di consiglio del 14 Gennaio 1991 (…). Abbiamo pertanto due testi, entrambi di area CIR al momento dei fatti, ma che successivamente proseguirono la loro carriera in altri gruppi imprenditoriali (e che quindi sono considerarsi ambedue terzi al momento della loro deposizione dibattimentale ) che, in maniera sostanzialmente conforme, hanno riscontrato le dichiarazioni del Ripa di Meana, confermando di avere saputo, nei giorni antecedenti la camera di consiglio del 14.01.1991 che il Pazzi aveva fatto al Ripa di Meana la confidenza già riferita. Conclusivamente, reputa questo Ufficio che, per tutte le considerazioni esposte in precedenza, le dichiarazioni dell'avv. Vittorio Ripa di Meana vanno ritenute veritiere e che il Pazzi abbia invece negato il vero. Ciò posto, appare evidente che, se come il teste Paolini Giovanni ha riferito al dibattimento in primo grado, il Collegio composto da Valente, Metta ed lui stesso non fece pre-camere di consiglio per decidere la causa Lodo Mondadori, che fu quindi decisa nella sua interezza nella camera di consiglio del 14.01.1991, l'unico membro del collegio che poteva esternare o confidare qualche anticipazione sulla decisione, di cui trattasi, per avere cognizione della causa già prima della camera di consiglio non poteva essere che il Metta che aveva già quantomeno in parte - studiato gli atti del procedimento. Pertanto la circostanza dell'anticipazione della decisione deve essere da questo Tribunale considerata come una ulteriore anomalia dell'iter decisionale della causa medesima. 53 - Esistenza di copie diverse dall'originale della sentenza della Corte di Appello di Roma (…) IL METTA ha dichiarato: "Al termine (della dattiloscrittura e collazione della sentenza) fu stampato un solo esemplare e, dopo l'esame da parte del Presidente del Collegio e le correzioni, fu formato l'originale che, dopo le firme, fu immediatamente pubblicato a cura del cancelliere della sezione". Orbene il Tribunale Penale di Milano ha, con motivazione estremamente dettagliata e puntuale, dimostrato che, contrariamente a quanto affermato dal Metta, della sentenza n. 259 11991 della Corte di Appello di Roma esistevano più di una copia riportanti alcune differenze fra loro. (…) Anche sotto il suddetto profilo, sono dunque le dichiarazioni del Metta da disattendere. pagina 12 Martedì 6 ottobre 2009 IL COLLOQUIO Come spiegare FACEBOOK a Kissinger egemoniche. Ma ora non basta più. Nel ventunensimo secolo perseguire la “sicurezza profonda” non significa alzare mura più alte dietro cui nascondersi o costruire cannoni più potenti: “Il nuovo approccio che serve in un nuovo contesto accetta la crescente complessità e l’incessante novità come dati di fatto”. l modello (organizzativo) Icome da imitare - nella strategia nella finanza - è quello Nel suo nuovo libro Joshua Cooper Ramo sostiene che abbiamo bisogno di una rivoluzione del pensiero di Stefano Feltri oshua, secondo te dovrei aprirmi una pagina su Facebook?», a 86 anni Henry Kissinger cerca ancora di mantenersi aggiornato, perché è uomo troppo intelligente per pensare di potersi permettere di vivere solo di rendita. Anche il suo status di americano più influente del mondo in questioni di politica internazionale non è a rischio. Heinz Alfred Henry Kissinger, Il segretario di Stato di Richard Nixon che chiuse la guerra del Vietnam (e contribuì al colpo di Stato contro Salvador Allende in Cile), quando ha qualche dubbio generazionale alza il telefono e chiama Joshua Cooper Ramo, managing director della Kissinger Associates, la società di consulenza del grande vecchio della diplomazia. “Una volta mi ha chiamato per chiedermi “Ma che coza diafolo è Tvitter?”, Ramo imita il famoso accento tedesco che, nonostante una vita passata in America, Kissinger ostenta ancora come un vezzo. Ramo ha 45 anni, ha studiato fisica ed economia, si è appassionato di politica internazionale e ha cominciato a lavorare per il settimanale “Time”, occupandosi all’inizio di necrologi, «J “perché i morti non protestano” e diventando poi il capo della redazione esteri. Poco dopo i trent’anni ha deciso che “limitarmi a osservare quello che succedeva non mi bastava più, quando ti trovi in posti come il Sudan e capisci che le persone con cui parli sono spacciate, ti viene voglia di fare qualcosa, oltre che scrivere un articolo”. Si prende un anno sabbatico, come si può fare nei grandi giornali americani. Va in Sud Africa a lavorare in un ospedale dove curano i malati di Aids, poi si trasferisce a Pechino, per stare al centro del cambiamento. Passa un periodo in una banca d’affari, studia il mandarino (“ci vogliono almeno due anni e mezzo”) e inizia a lavorare per la Kissinger Associates. E’ la società di consulenza strategica che Kissinger ha costruito quando è uscito dalla politica - “per mantenere la sua rete di relazioni” - e che assiste le imprese (a pagamento) e i governi (gratis). A Pechino Ramo spiega alle aziende straniere come fare affari in un Paese in cui “non esiste lo stato di diritto, tutto all’inizio è illegale e quello che conta è capire le dinamiche della politica, sapersi muove in un contesto in cui non esiste la possibilità di persuadere la controparte ma solo di manipolarla”. Il modello P organizzativo di successo oggi è quello di Hezbollah artecipare alla trasformazione di un Paese formalmente comunista nella seconda (per ora) potenza capitalista del mondo ha aiutato Ramo a capire che le categorie di pensiero del suo maestro Kissinger, forse - e con molto rispetto - andavano aggiornate. Ha scritto un libro Joshua Cooper Ramo e Henry Kissinger visti da Manolo Fucecchi Il libro di Ramo e Hassan Nasrallah, il capo di Hezbollah (FOTO ANSA) che esce ora in edizione italiana per Eliot, “Il secolo imprevedibile (320 pagine, 18,50 euro) che è dedicato “ai miei mentori”, perché “l’ho scritto per spiegare a Henry che il suo mondo non esiste più”. Un saggio che sta diventando un testo di studio obbligatorio nelle accademie dove si addestrano i futuri vertici dell’esercito americano e dei servizi segreti, ma anche business school. Perché racconta una visione del mondo, un modo di pensare globale, che è lontanissima da quella che nella vulgata è diventata la Realpolitik di Kissinger, ispirata alle fredde strategie teutoniche di Otto von Bismarck dove ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Lo spunto principale, per la verità, gli è venuto dal dibattito aperto dal saggio di Thomas Friedman “Il mondo è piatto”, qualche anno fa. Un libro a tesi - la globalizzazione è inarrestabile ma buona - che ha suscitato entusiasmi e contestazioni, dimostrando il bisogno diffuso di cercare idee di sintesi per pensare il ven- L’AUTORE DE “IL SECOLO IMPREVEDIBILE” ECONOMISTA E PILOTA ACROBATICO 45 anni è il più giovane direttore della Kissinger Associates nella storia della società di consulenza strategica di Henry Kissinger. L’inizio della carriera di Joshua Cooper Ramo è stato nel giornalismo, ha lavorato al settimanale americano “Time” di cui è diventato il più giovane capo della redazione esteri e dove scrive tuttora, come collaboratore. Oggi vive tra Pechino e New York, gira il mondo per lavoro - ma anche per piacere, portandosi dietro la sua moto e prima di diventare uno dei più influenti saggisti di politica internazionale della A sua generazione ha scritto “No visible horizon”, in cui racconta le sue avventure di pilota acrobatico. Ha studiato fisica ed economia, specializzandosi in quest’ultima, prima all’università di Chicago poi alla New York University. Prima di lasciare il giornalismo si prende un anno sabbatico e lavora in Sud Africa, per assitere malati di Aids. Decide di trasferirsi a Pechino, dove studia mandarino. Viene assunto dalla Kissinger Associates per la quale si occupa di fare consulenza politico-strategica per le imprese che vogliono investire in Cina. tunensimo secolo. “Molte idee di successo che hanno dominato il dibattito negli ultimi quindici anni sono troppo semplicistiche, dalla fine della Storia di Francis Fukuyama al soft power di Joseph Nye”, dice Ramo. iassumere il libro non è faRtipicamente cile, perché con uno stile americano è costruito concatenando una serie di storie di successo. Ma si può partire dall’epigrafe di John Maynard Keynes: “Perdonate la mia foga, che ha ragione profonde nella speranza per il futuro. Questo è un argomento fondamentale per me. Io so, almeno in parte, cosa voglio. So anche, e molto chiaramente, cosa temo”. A Ramo si perdona la foga, anche perché è chiaro cosa teme: “Sono sicuro che adesso, nella grande crisi, stanno per arrivare i mercanti di paura. Basta vedere le classifiche dei libri più venduti in america, tutti saggisti ultraconservatori che mettono in guardia dai pericoli della modernità; ogni volta che parlo da un’emittente conservatrice le vendite del mio libro si impennano, anche se io non la penso affatto come loro”. Per evitare che i “mercanti di paura” sfruttino questo momento - come hanno fatto dopo l’undici settembre - è necessaria “una rivoluzione del pensiero”. L’idea di fondo di Ramo è che il ventunesimo secolo richieda di “cominciare a pensare in modo non lineare” o i risultati saranno disastrosi. Quando George Bush decise di invadere l’Iraq ragionò in modo lineare. Si abbatte il dittatore, quindi gli americani guadagnano consenso sufficiente per installare un regime amico che inevitabilmente renderà più stabile la regione. Si è visto come è andata. Altro esempio di ragionamento lineare che oggi non funziona più: se uno Stato vuole essere più sicuro, deve investire in spesa militare. Poi succede che si trova coinvolto in un conflitto con un avversario piccolo e sfuggente, tipo i vietcong o i talebani, e il risultato - ricorda Ramo non è incoraggiante: 21 a 1 per i piccoli contro i grandi negli ultimi duecento anni. Quindi bisogna cambiare approccio e perseguire quella che Ramo definisce la “sicurezza profonda”. Per chi pensa la politica internazionale in modo classico, tipo Kissinger, la sicurezza si costruisce cementando alleanze, indebolendo gli avversari, conquistando posizioni di Hezbollah, il gruppo politico e terrorista libanese che i generali israeliani provano da anni a distruggere. “Conosco i leader di Hezbollah da quindici anni, da quando facevo il corrisponendente di ‘Time’. Li ho visti cambiare, evolversi, capire Internet e il ruolo dei media molto meglio e molto prima dei loro avversari, sfruttare le sconfitte per capire dove avevano sbagliato e correggere le proprie debolezze”. Il concetto chiave per ottenere la sicurezza profonda, sia per un’azienda che non vuole perdere la leadership di un settore che per uno Stato che vuole tutelare la propria esistenza, secondo Ramo è “la resilienza”, un termine preso in prestito dalla fisica che indica la proprietà che hanno i metalli di deformarsi senza rompersi. E in questo Hezbollah è maestra e i servizi segreti di Israele ne sono consapevoli: i terroristi che non vengono distrutti si evolvono, come i virus dell’influenza che cambiano più rapidamente dei vaccini. La strada per il successo, dice l’autore, “non è evitare i problemi, ma sottoporre il sistema a periodiche piccole crisi per evitare che ne arrivi una grande che lo distrugge”. Chi non è capace di cambiare, muore. La crisi finanziaria lo dimostra: “Il sistema finanziario continua a diventare sempre più efficiente e sempre più complesso. E questo è un bene, perché noi beneficiamo delle sue evoluzioni. Ma ormai le variabili sono così tante che è impossibile tenerle sotto controllo, quindi l’unico modo per evitare il peggio è fargli sviluppare al suo interno gli anticorpi di cui ha bisogno lasciando che si confronti con le difficoltà”. Un approccio opposto a quello di Alan Greenspan, l’ex presidente della Federal Reserve americana, che per vent’anni ha sostenuto Wall Street ogni volta che dava segni di incertezza, invece di lasciare che il sistema correggesse da solo i suoi eccessi. La correzione è quindi arrivata in un colpo solo, molto più traumatico, con la crisi attuale. E ne stiamo ancora scontando i costi. Bretton Woods a Istanbul I Paesi emergenti voglino contare anche nella Banca Mondiale n questi giorni - a Istanbul - è in corso un Isi occupano vertice tra le istituzioni internazionali che di sviluppo. Dopo mesi di G20 e G8 circola ormai un giustificato scetticismo sull’utilità di questi summit. In Turchia, però, sta succedendo qualcosa. I Paesi in via di sviluppo hanno ribadito la loro esigenza di contare di più nel Fondo monetario internazionale la cui composizione riflette ancora gli equilibri del dopoguerra. Richiesta accolta: lo ha confermato anche l’ultimo G20. Nelle ultime ore, però, si sta discutendo molto anche del destino della Banca mondiale. L’agenzia speciale delle Nazioni unite che dovrebbe servire a dare prestiti nei Paesi meno sviluppati è da anni al centro di un dibattito: bisogna chiuderla o solo trasformarla? I prestiti, infatti, non vengono quasi mai restituiti e hanno risultati non sempre all’altezza delle aspettative. Una delle ipotesi era di trasformare la banca in un normale ente benefico che elargisce donazioni. La novità di Istanbul è che la Banca mondiale si è impegnata a spendere tutti i 100 miliardi che ha in dotazione per finanziamenti. E serviranno, se sono giuste le sue stime: 90 milioni di nuovi poveri entro la fine del 2010. I ministri di Russia, India, Indonesia e Brasile sono intervenuti a Istanbul per dire che la credibilità della banca dipende dalla sua capacità di dare ai Paesi membri uno spazio proporzionale al loro rilievo economico. Visto che a Pittsburgh si è deciso di sostituire il G8 con il G20, riconoscendo che gli equilibri di potere sono cambiati, anche la Banca mondiale dovrà riflettere questa presa di coscienza. I Paesi che in teoria dovevano essere i beneficiari degli aiuti allo sviluppo, ora vogliono gestirli direttamente. Come nel caso della Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio che conduce i negoziati sulla riduzione delle tariffe, i Paesi del G8 non hanno più il potere contrattuale sufficiente per agire da soli. E, forse, l’architettura finanziaria decisa a Bretton Woods nel 1944 (quando vennero create la Banca mondiale e il Fmi) sta davvero iniziando a cambiare. pagina 13 Martedì 6 ottobre 2009 N NOBEL MEDICINA Longevità, premiate 2 donne P er la prima volta nella storia dei Nobel per la scienza, il premio è stato assegnato a due donne: Elizabeth H. Blackburn e Carol W. Greider (insieme a Jack Szostak) che nel 1985, con la scoperta dei telomeri, hanno rivelato i meccanismi dell’invecchiamento cellulare. FRANCIA La gaffe del capoTelecom È stato pubblicato online in Francia un video (del 20 gennaio) nel quale Didier Lombard (nella foto) presidente di France Telecom, società dove in un anno e mezzo si sono suicidati 24 dipendenti, si rivolge ai lavoratori con toni brutali per convincerli ad "adattarsi alla realtà di oggi". Settimane fa Lombard aveva parlato, per poi scusarsi, di “moda dei suicidi”. ISRAELE Orgia all’ospizio G li ospiti di una casa di riposo di Tel Aviv hanno organizzato un festino, sfociato in un’orgia. Lo riferisce il quotidiano Israel ha-Yom secondo cui alcuni dei protagonisti hanno superato i 90 anni. Lo staff della casa di riposo, accortosi del fatto, ha preferito non intervenire e l’evento non è stato interrotto, ma i partecipanti sono stati poi diffidati dal ripetere tali comportamenti. SVIZZERA 700 vip firmano per Polanski P enelope Cruz è l'ultimo nome eccellente ad aver firmato la petizione con cui 700 celebrità chiedono il rilascio di Roman Polanski, il regista arrestato a Zurigo per aver stuprato una 13enne 31 anni fa. NASCITE I primi “nipotini” de Il Fatto S abato scorso, a Roma, sono nati i primi tre “nipotini” de Il Fatto: sono Pietro Carlo, Elena e Gaia, figli del nostro collega Stefano Citati. A lui e alla moglie Stefania i migliori auguri dalla redazione, e un grande in bocca al lupo. La denuncia TRA IRAN E IRAQ IL MISTERO DEGLI OPPOSITORI imori per la sorte di 36 muTpostori jaeddin del popolo - gli opdel regime iraniano arrestati dalle forze di sicurezza irachene nel corso di un blitz al campo Ashraf questa estate. Migliaia di profughi che abitano nell'enclave in territorio iracheno sono in sciopero della fame da oltre un mese per chiedere la liberazione dei loro compagni. "Il governo di Baghdad ha deciso di trasferire i detenuti in un posto sconosciuto", hanno raccontato fonti dell’opposizione. La paura maggiore è che vengano trasferiti in Iran, il cui governo sta facendo pressioni sulle autorità irachene affinché chiudano il campo in cui vivono 3.400 profughi. "Una parte del campo è stata occupata dalle forze irachene e alle ong viene impedito l'ingresso", hanno spiegato le fonti. FATTO O STRAFATTO di Wanda Marra uote pesca per l’Europa. Dopo anni di monopolio maschile per la carica dell’Alto rappresentante della politica estera e di sicurezza della Ue, potrebbe esserci una Madame Pesc al posto di un Mister Pesc. Il sì irlandese al trattato di Lisbona ha riaperto i giochi sulle cariche europee e le donne si mobilitano. Perché, come afferma Margot Wallstrom, promotrice di un appello firmato da commissarie e parlamentari europee di diverso orientamento, “è una vergogna” che “non ci siano Q UNA PESC ROSA A BRUXELLES donne candidate per il presidente stabile della Ue”. Essendo quasi certa la nomina di Tony Blair alla presidenza stabile, allora, la lobby rosa punta alla quota pesca. In lizza ci sarebbero la ministra degli Esteri austriaca Ursula Plassnik, l’ex presidente irlandese Mary Robinson, il ministro degli Esteri greco uscente Dora Bakoyannis e l’ex commissaria Ue al Lavoro, la greca Anna Diamantopoulou. Per l’Italia, l’unica candidata possibile sembrerebbe essere l’ex Commissario Emma Bonino. pagina 14 Martedì 6 ottobre 2009 SECONDOTEMPO SPETTACOLI,SPORT,IDEE in & out Bersani Il nuovo “Manifesto abusivo” primo su I Tunes Garko Campione di share, dopo il ruolo di mafioso sarà un fascista Ventura “Io le mutande in trasmissione le indosso sempre” Adriano Doppietta in dodici minuti nel classico contro il Fluminense Il red carpet del Festival e a destra il presidente della manifestazione, lo storico critico de “Il Tempo”, Gian Luigi Rondi ( FOTO ANSA) FESTIVAL DI ROMA La rivoluzione (immobile) di Alemanno di Federico Pontiggia S ono sempre riuscito a tenere lontano la politica dal mio lavoro e ho chiesto a questa che non pesasse su di me. Forse adesso avete capito che io non obbedisco a nessuno". Così il neopresidente Gian Luigi Rondi mandò in archivio, l’anno scorso, la terza edizione del Festival Internazionale del Film di Roma. In pectore per volontà di Gianni Alemanno, dopo la dipartita di Veltroni, il decano dei critici nostrani decise innanzitutto di cambiare nome: basta Festa, meglio un innocuo, generico festival. Anche perché, diciamolo, la Festa chi l’aveva vista? Pochi, ovvero numerosi addetti ai lavori e sparuti romani. O forse no? Nel lontano 2006, chiudendo la prima edizione, Veltroni gongolava: “Ro- ma ha vissuto la Festa con orgoglio. Bisogna avere coraggio, una città colta è una città in cui si vive meglio, ed è più ricca. Non bisogna avere paura del cinema, non è un animale in via di estinzione, e questa Festa lo ha dimostrato”. Sullo stesso ramo dondolava e gongolava Goffredo Bettini, allora senatore Ds e presidente della manifestazione: Verde celluloide FOCUS SULL’AMBIENTE Le iniziative - Domani alle 11.30, presso la residenza dell'ambasciatore britannico a Roma, Edward Chaplin, saranno presentate le iniziative di ambasciata britannica, British Council, Fao, Fondazione Sigma-Tau, Greenpeace, Legambiente e Wwf, in collaborazione con il Festival internazionale del Film di Roma, che dedica il Focus di quest'anno all'ambiente e al contributo che il cinema e le arti possono dare alla sfida globale contro i cambiamenti climatici. “Siamo molto soddisfatti perché abbiamo raggiunto gli obiettivi: grande partecipazione del pubblico, buon mix tra cinema popolare e d’autore, ricchezza alla città e impiego a tante persone”. A piegare quel ramo d’alloro, ci pensò un regista di sinistra, Ettore Scola, coordinatore della giuria popolare: “Il romano viene qui perché si sente a casa sua. Anzi, la gente neanche viene, perché i film se li sente suoi. Quindi le sale a volte restano vuote, sia detto senza ironia”. Richiamato all’ordine da Bettini, Scola non fece l’italiano, e nemmeno il presidente (di giuria, o del Consiglio, fate vobis), ovvero non smentì e non rettificò: “Prima ho detto che le sale erano vuote, non vorrei creare equivoci. Ho una certa età, posso avere anche delle allucinazioni, ma vi assicuro che le sedie vuote le ho viste”. La seconda edizione di sedie vuote ne contò pure di più, ma poco importa: Veltroni “lasciava” ad Alemanno, la Festa sarebbe divenuta Festival, e le Veltroniadi “sguardi dentro il Raccordo”. Basta star-vehicle stelle & strisce, basta panem et circenses, basta, insomma, Hollywood: aridatece il cinema italiano e, possibilmente, i romani, intesi come pubblico pagante. Bene, non è andata proprio così. La volontà iconoclasta di Alemanno si è infranta su qualcosa di più granitico: il consenso. Qualcuno – il Pdl ha qualche affinità col cinema, da Medusa in giù – gli ha messo la mano sulla spalla e, come si fa con i bambini, gli ha fatto capire l’importanza mediatica dell’ex vetrina Veltroni. Aperti gli occhi a Gianni, gli ha anche letto l’upgrade 2009 del Gattopardo: “Se vogliamo che non tutto rimanga come è, bisogna che non tutto cambi!". Fatto sta che la direttrice di Premiere (sezione principe della Festa) e direttrice di Ciak (Mondadori) Piera Detassis è divenuta direttora tout court, i due direttori del Concorso sono stati defenestrati - Giorgio Gosetti è ritornato alle Giornate degli Autori veneziane, Teresa Cavina a casa (Biarritz) – l’Extra-ordinario Mario Sesti confermato, Alice nella città, la sezione vietata ai maggiorenni, inglobata, il mercato affidato al presidente di Cinecittà Luce Roberto Cicutto, che dice di volersene andare. E che di destra non è, tutt’altro. Sorretto dunque il carrozzone con puntelli sinistrorsi, si possono aprire le finestre al nuovo vento culturale che soffia da destra: un esempio, oggi Gian Luigi Rondi aprirà le porte dell’Auditorium alla ministra della Gioventù Giorgia Meloni, che intratterrà gli astanti sul progetto dedicato ai giovani professionisti di cinema e il premio speciale “La Meglio Gioventú”. Progetto, in realtà, molto collaterale, perché viceversa la quarta edizione della Festa, pardon Festival (15-23 ottobre), punta sugli ultra 60enni, pur arzilli che siano: Meryl Streep premiata alla carriera; Stefania Sandrelli e il suo esordio in regia, Helen Mirren; Margareth Von Trotta; Richard Gere; Martin Scorsese e Anthony Hopkins diretto da James Ivory. Ah, c’è posto anche per 19 titoli italiani, tra cui il film spot su Roma diretto da Zeffirelli, ispirato alla Tosca e interpretato da Bocelli e Bellucci. Ebbene sì, Alemanno ha capito: è qui la festa. LIBRI Il caffè al cianuro di Sindona tamattina, alla Sala Stampa Estera, in via dell’Umiltà Sincontrano 83/C a Roma, Giovanni Maria Flick e Marcelle Padovani gli ex magistrati Gianni Simoni e Giuliano Turone, autori de Il caffè di Sindona (Garzanti editore, tre edizioni in un mese). «Ristabilire la verità dei fatti è un debito che sentiamo nei confronti della memoria di Ambrosoli”, spiegano gli autori. “Inoltre ci sembra che in questo paese, dove troppi misteri rimangono ancora avvolti nella nebbia più fitta, possa essere utile un contributo che getta uno spiraglio di luce su circostanze che misteriose non sono più, ma sulle quali permangono disinformazione e pregiudizio”. Il libro ripercorre uno dei più inquietanti misteri d’Italia, quello della morte di Michele Sindona nel marzo del 1986. Conosciamo la causa del decesso: un caffè al cianuro bevuto nella sua cella nel carcere di Voghera. Ma chi mise il veleno nella tazzina? E perché? Finanziere potentissimo, Sindona intratteneva rapporti con importanti uomini politici al di qua e al di là dell’oceano: nel 1973 Andreotti lo definì «salvatore della lira» e nel 1974 l’ambasciatore usa in Italia lo premiò come «Uomo dell’anno»; era uno degli uomini di fiducia del Vaticano, e in particolare dello Ior diretto da Paul Marcinkus, ma aveva anche legami con la mafia. Iscritto alla P2 di Licio Gelli, fu lui a introdurre Roberto Calvi negli ambienti di quella loggia segreta, oltre che in quelli vaticani e in quelli mafiosi: i due banchieri erano infatti legati da un intrico di affari avventurosi che avrebbero portato entrambi alla rovina. Martedì 6 ottobre 2009 pagina 15 SECONDO TEMPO Frosinone d’Olanda: Con 4 punte, Moriero domina la B CALCIO /DIZIONARIO PER L’US O OGNI MALEDETTA DOMENICA L’eleganza di De Laurentiis, il mancato silenzio e i soldi di Moratti di Oliviero Beha erba volant. La notizia che un autentico signore del calcio come il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, voglia cacciare il suo allenatore non è una notizia. L'esimio Aurelio, che tampina Lotito nella facondia e nella retorica riuscendo commovente nelle interviste, aveva già cominciato a cacciare Donadoni a rate. La differenza con un Cellino, neppure lui accademico della Crusca ma almeno dotato di annosa esperienza nel settore, è che l'anno scorso in Sardegna Allegri potè rimettersi in sesto dopo le prime cinque sconfitte consecutive, facendo poi un gran campionato. Con Donadoni, comunque ex CT della Nazionale, c'è stata mancanza di comprendonio, di rispetto, di intelligenza (con l'amico, o meglio col dipendente). Roberto Donadoni ha completato l'opera facendosi trattare da nemico e non mostrando né in estate né poi quel minimo di autonomia e di orgoglio per dire dei no. Lo so, è difficile dire dei no. Ma, parola di Osvaldo Paz in un memorabile discorso a Stoccolma per il Nobel ricevuto, si cresce quasi solo quando impari a dire no. La sensibilità sotto i tacchetti. Ennesima dimostrazione di grande sentore pubblico, di idem sentire bossiano con la popolazione colpita dalla tragedia franosa di Messina, da parte dei vertici del calcio. Siamo al dolore regionale. Lutto e silenzio solo da parte di Catania e Palermo, autorizzato dalla Federcalcio che ha inventato il federalismo penitenziale, silenzio rispettoso solo a Bergamo da parte di Atalanta e Milan per un equivoco: Ma sì, l'arbitro Rocchi aveva capito male...Silenzio sulla solidarietà alle vittime ma non per lutto bensì per vergogna da parte della Lega Calcio. Difetto di coordinamento secondo Abete. Difetto e basta, direi io, il V coordinamento non c'entra. Libero arbitrio. L'arbitro Rocchi, caduto nell'equivoco e quindi sensibile involontariamente, ha arbitrato benchè ci sia una richiesta di pena di un anno e quattro mesi nei suoi confronti dai PM del processo a Calciopoli per frode sportiva, a Napoli. Che sia innocente o no, lo vedremo. Intanto sono colpevoli coloro che lo fanno arbitrare, impedendo di farlo a Paparesta, archiviato e/o assolto su tutti i fronti, sportivo e ordinario, benché per l'opinione pubblica sia ancora quello chiuso da Moggi nello spogliatoio. Papi, sempre Papi, fortissimamente Papi. Di Papi non ci libereremo tanto facilmente. Non parlo della D'Addario né di alcun' altra escort, e francamente sono un ammiratore di Berlusconi, del suo attivismo tra Eros e Thanatos, dell'aiuto che gli dà il simpatico Minzolini non aiutato né dal latino (omen nomen) né dall'onomatopeia (minzolare ricorda un verbo cinofilo). No, il mio Papi è Stefano Papi, guardalinee e commercialista, che in Via Alcide Gasperi 41 a Prato è titolare di un avviato studio, di cui sono clienti il designatore arbitrale Collina (580 mila euro l'anno per designare, più i gettoni per le missioni) e altri 17 arbitri più o meno importanti, più una caterva di arbi- Donadoni lascia lo stadio Olimpico, sopra il fiorentino Montolivo (FOTO (ANSA)) trucci e guardalineucci nelle serie inferiori e più l'ex designatore Bergamo: quello di Calciopoli, domanderete?. Quello. Ma anche Collina è dentro alle intercettazioni dell'addetto agli assistenti arbitrali Meani, un ristoratore di Lodi a contratto per il Milan di Galliani e dell'altro Papi, e niente fa pensare di fronte alla caterva di errori arbitrali degli anni post-calciopoli e di questo inizio campionato che sia cambiato l'andazzo definito moggesco. Ora, se continuano i delitti quando l'autore condan- FAMIGLIE ALLARGATE Nonno Libero fa penitenza ome potremmo dire: revisionismi? Pentimenti poCscaglia stumi? Lino Banfi, nonno Libero ma non troppo, si contro la famiglia allargata. Mentre in tv inter- preta l’amorevole patriarca dell’allargatissima famiglia dei Martini (protagonisti con grande successo della serie Un medico in famiglia che domenica su Raiuno ha superato il 32%), in “abiti civili” dice addirittura che la famiglia allargata nuoce gravemente. «Il Papa ha ragione: le famiglie allargate rovinano la vita di molti bambini», spiega su Tv Sorrisi e Canzoni in edicola oggi l’attore pugliese. I Martini, prosegue Banfi nell'intervista non sono proprio una bella famiglia, anzi è una famiglia di casinisti. Sgretolata. Sul nonno per esempio sono Televisione cadute troppe responsabilità, con un padre assente per dieci anni... “Io sono per la famiglia unica. aurizio Costanzo torna su Canale5 per l'ultima ediNon a caso sono sposato zione del suo show di seconda serata, prima delda 47 anni e mezzo. E visto l'annunciato approdo in Rai. L'ultima serie (ma sarà che quando io e mia movero?) del Costanzo Show andrà in onda dall'11 otglie ci sposammo il nostro tobre, due volte a settimana, la domenica e il mermatrimonio non ebbe il coledì. La prima puntata dell'edizione d'addio sarà recorredo di fiori e strascigistrata domani alle 15.30 al Teatro Parioli di Roma e chi bianchi che ogni donsarà incentrata, con un utilizzo mirato anche di imna sogna, per festeggiare magini d'archivio dello storico talk-show, sul ricordo di le nozze d'oro vorremmo Mike Bongiorno e sulla lotta alla mafia. Ospiti sul palco recuperare. Faccio un apdel Parioli: il Procuratore Nazionale Antimafia, Piero pello al Papa: vorrei che Grasso, il giornalista Gaetano Savatteri, l'autore e concelebrasse personalmenduttore televisivo Enrico Vaime e Alfonso Signorini. te la messa delle mie nozQuest'ultimo è indicato, nelle indiscrezioni delle ulze d'oro”. time settimane, come il possibile successore di Costanzo con un talk nella seconda serata di Canale 5. COSTANZO, ULTIMI SHOW M nato per essi è in galera, delle due l'una: o era/è innocente, oppure almeno non era il solo, e anzi funge da capro espiatorio, da alibi per tutti. Dicono: ma oggi gli arbitri sbagliano in buona fede. E chi lo può sostenere con cognizione di causa? Non certo gli stessi di Calciopoli e di ora che tengono le briglie di una carrozza sempre più sgangherata. Quindi mi spiace ma non ci credo, anzi temo che non sia stata fatta alcuna pulizia. Scienza, tecnica, investimenti. In testa è l'Inter, che costa una fortuna, che ha Moratti/Saras alla guida, che ha Mourinho genio della comunicazione in panchina con una lingua lunghissima e forse neppur biforcuta, che ha mostrato tutta alla fine di Inter-Udinese vinta in extremis. Ma scusate, se la differenza tra queste due squadre è minima, davvero vale la pena dei soldi di Moratti/Saras, di Mourinho strapagato mentre viene pagato anche Mancini, di Milito ed Eto'o do- po Ibra mentre l'Udinese sforna quasi solo Di Natale, un buon calcio, un tecnico capace, un presidente che fa soldi col calcio sia pure assai discutibilmente con la pesca a sciabbica dei calciatori adolescenti in giro per il mondo, con il rischio o la certezza di farne tre campioni e tremila sbandati ? Fiorentina e Lazio. Strano destino tra queste due: Gilardino segna e il pallone viene dato fuori dall'arbitro. Naturalmente in buona fede. Nel 2005 a Roma Zauri salva clamorosamente di mano un gol fatto sempre della Fiorentina, e Rosetti fa finta di nulla. Lui e il guardalinee. Penserete: succede, l'arbitro, l'assistente, il giocatore ecc. può sbagliare. L'importante è che non sbagli apposta che lo faccia in buona fede. Appunto. Leggi sopra. Ma nel caso di quel Lazio-Fiorentina finito nel tritacarne dello scandalo anche per le telefonate di Bergamo e Carraro sulla Lazio (Lotito è ben protetto, quasi meglio del sindaco Renzi con cui ha avuto a che dire negli strascichi tra tifosi, ieri l'altro...), c'è il dubbio fortissimo su quella buona fede. E invece oggi, ma con la M, cioè Moggi, in condizioni di non nuocere, sembra che siano tutti angioletti, da Abete a scalare. E' davvero così? E perché ci dovrei credere? Davvero il calcio è una fede e non una mostruosa macchina per far denaro? Olimpiadi, che passione. Non posso non chiudere con le candidature in pectore di Roma e Venezia per i Giochi 2020 che possono tornare in Europa, dopo il Brasile. Tornerò sull'argomento, ma intanto mi chiedo: perché non a Napoli profittando che oggi sembra pulita, magari affidando a Giampi Tarantini la protezione sportiva della città? E ancora: citano i Mondiali di nuoto come un grande successo. Ma per chi? Per i privati che si sono sbafati gli impianti sotto costo mentre le tre piscine pubbliche sono ovviamente ancora chiuse? Eventi “TWILIGHT” 2: CODE E MALORI 'anteprima dello sbarLvampiri co internazionale dei romantici del secondo capitolo della saga di “Twilight” è cominciata dal festival del fantastico di Sitges, in Spagna, con un 'assaggiò di 7 minuti, ed ha immediatamente preso il carattere dell'evento di massa per la generazione delle teen agers. Code chilometriche, qualche svenimento sotto il sole ancora estivo, spintoni, accenni di rissa, un'eccitazione insolita anche per una manifestazione più che collaudata (Sitges ce- lebra i suoi rituali da ben 42 anni). Il secondo capitolo della saga di Bella ed Edward, i giovani innamorati belli e dannati usciti dalla penna di Stephanie Meyer e portati sullo schermo da Chris Weitz, uscirà nelle sale italiane il 20 di novembre ma il Festival di una parziale, anteprima con immagini il 22 ottobre alla presenza dello stesso Bower incontrato a Sitges, della sceneggiatrice Melissa Ronsenberg di altri due attori, Charlie Bewley e Cameron Bright. Disse basta a Napoli, a 33 anni, spogliandosi delle mostrine da imperatore di provincia, per tornare ad essere uno dei tanti poveri cristi fuori dal cerchio. La fisionomia era quella. Capelli leonini e profilo ribelle, predicare vano da autodidatta e follie notturne, sonno arretrato e rischio. Una domenica in paradiso, l’altra in esilio. Capitava così con Franceschiello. In campo, Checco Moriero lavorava sull’intuizione. Era un riflesso animalesco, un istinto di base. Piacergli o disgustarlo, questione di luna. Sapeva in anticipo se fidarsi e sul prato, come agire. Dove lanciarsi negli spazi incustoditi, insistendo sull’azzardo come marchio di fabbrica di un’intera esistenza. Il Salento, gli orecchini, la scuola di vita da allievo prediletto dell’arrochito commendator Franco Jurlano. Ora che il passato sembra un souvenir da osservare distrattamente e la polvere, una patina da soffiare senza l’ombra di un rimpianto, Moriero può guardarsi indietro e scoprire che nessuna lacrima è andata sprecata. La primavera dell’irregolare fiorisce con un primato inatteso, conquistato in serie B, nel basso Lazio, con il Frosinone, guardando dall’alto il Torino. Gli attaccanti, con Moriero, spesso diventano quattro. Un modulo che è già utopia. Ci hanno provato in pochi. Glerean, Ventura, il Ferguson più eretico e Spalletti, che in estate eveva riflettuto sul tema prima di recedere in fretta. Tre anni fa, quando lo zio di Cyrille Domoraud, ex compagno dell’epoca dorata dell’Inter, lo cercò per affidargli in coabitazione con Totò Nobile, la panchina della più importante squadra ivoriana, L’Africa Sports di Abidjan, fu la guardia di finanza a interrompere il volo. Una vecchia storia di macchine prese a basso costo in Belgio e Olanda e poi rivendute a prezzo maggiorato, l’arresto, la partenza procrastinata e più tardi, chiarita la propria posizione, l’esordio. Poi la rottura, l’esilio a Lanciano, l’eccellente esperienza di Crotone e oggi, la Ciociaria. Calcio aggressivo, per ovviare con il ritmo alla mancanza di talento. “Nessuno insegna più l’uno contro uno”, sosteneva Checco. “Ho sempre cercato di essere me stesso. Dribblavo, cercavo il colpo difficile ad ogni costo. Ascoltavo i consigli di tutti ma quando iniziava la partita, davo retta soltanto al mio cervello”. Deve aver suggerito il segreto anche ai suoi. Che vestono color pulcino ma quando sovrappongono, paiono l’Olanda di Rensenbrink e Cruyff. Arancione sul grigio di un torneo dimenticato, pittate di coraggio sui pronostici già scritti. Continuando, qualcuno si convincerà che Chinaglia avrebbe potuto giocare anche a Frosinone. (M.P.) pagina 16 Martedì 6 ottobre 2009 SECONDO TEMPO + IL PEGGIO DELLA DIRETTA TELE COMANDO TG PAPI Le notizie arrivano a rate di Paolo Ojetti g1 T Abbiamo salutato come una benefica e inaspettata novità la dichiarazione di guerra dei colleghi del Tg1 alla direzione Minzolini. Non per fatto personale, per carità, ma per il ruolo dichiarato dallo stesso Minzolini di difensore di una singolare libertà di stampa al servizio esclusivo di Berlusconi: una mortificazione per quei giornalisti che ancora credono al valore di una professione già tanto, troppo avvilita. Peccato però che, nel Tg1 di ieri mattina, di tutto questo sulfureo pronunciamento libertario non vi fosse più traccia. Sfuggenti riferimenti anche sulla Corte Costituzionale, che sta per sentenziare sul lodo Alfano. Eppure, da questo dipende il futuro: se Berlusconi non è più impunito, viste le pendenze giudiziarie a suo carico, o si dimette o chiama in soccorso i carabinieri. Nemmeno un sospiro sui fischi e gli insulti tributati alle autorità in visita alle zone disastrate di Messina. In compenso, è andato in onda un marchettone? quasi comico: lo stato maggiore del Pdl, guidato dall’esperto meridionalista Gasparri, che si agitava per rilanciare il Sud. g2 T In un conciso servizio di Fabrizio Frullani in tre punti, si apprende quanto segue: Berlusconi respinge la sentenza del tribunale civile di Milano; Berlusconi ha deciso che resterà a Palazzo Chigi per 5 anni, qualunque cosa accada; Berlusconi non si opporrà alla marcia oceanica su Roma che gli esponenti del Pdl stanno organizzando. Traduzione: Berlusconi non vuole tirare fuori una lira e mobiliterà i suoi 200 avvocati ventiquattro ore su ventiquattro; Berlusconi è come un pugile dopo il k.o. tecnico ma non si dimetterà mai, lo dovranno portare via di peso; Berlusconi vuole scatenare la piazza per dimostrare che il 101 per cento degli italiani è pronto a difenderlo sulle barricate. Siamo all’eversione governativa, ma al Tg2, per ora, la faccenda non fa impressione. g3 T Ma per sapere come mai Berlusconi deve restituire a Carlo De Benedetti 750 milioni di euro bisogna aspettare il Tg3. Qui, viene ricostruita l’intera storia: fondi neri in Svizzera per corrompere i magistrati, tanti fondi che Berlusconi non poteva ignorare; un giudice, Metta, corrotto, e una sentenza pilotata e comprata per regalare a Berlusconi la più grande casa editrice italiana, la Mondadori. E, subito dopo, il Tg3 ricorda che oggi il Lodo Alfano, che protegge Berlusconi come un sarcofago inespugnabile, potrebbe sparire, riportando il ?premier a livello dei comuni mortali. Pierluca Terzulli avverte: Berlusconi vuol ricorrere alla piazza. La giustizia sbeffeggiata e sostituita dai sanculotti di destra. di Fulvio “Aridatece” Bracardi Abbate le volte che, armato Ttà, utte di possente buona volonprovo a guardare i comici che vanno forte di questi tempi, anche i migliori pezzi dell’argenteria Auditel, un minuto dopo, d’istinto, non posso fare a meno di sbottare in un assai regressivo “ridatemi Giorgio Bracardi!” Esatto: il pazzo, l’ossesso, l’ingestibile, il fascista! In fatto di vistose assenze e ignobili censure, giustamente anche il gagliardo nostalgico delle maniere forti, del manganello e della stessa mazza chiodata avrebbe molto da ridire circa la televisione degli ultimi lustri, nel senso che, pensando proprio ai grandi intrattenitori irregolari, non c’è da arrabbiarsi soltanto per la vergognosa cancellazione ad opera di Berlusconi dello spartachista Daniele Luttazzi. Non meno grave, inaccettabile riteniamo, infatti, la sparizione prolungata dai teleschermi (Rai e Mediaset) dell’Attila della comicità, il già citato Giorgio Bracardi, genio assoluto, dinamo, spinterogeno che mette in moto la scintilla del riso demolitore al limite del sabba infernale. Fulgido condottiero eque- stre incontenibile della radiofonica “Alto gradimento” - “Patroclooooo!”, Scarpantibus, Max Vinella, il funzionario Rai Dottor Marsala, fra gli assi del suo inarrivabile repertorio - in seguito pervicace capestatore di scarpe d’ospiti in studio (a martellate) nel cottage anni Ottanta di “Quelli della notte” sotto le mentite spoglie di Ivan Svetlanov Balalaikov, nipote di Stalin. Il messaggio è semplice: rivogliamo il suo estro, il suo “nonsense” della misura, il suo meraviglioso modo di cianciare la scaletta degli autori. Come opportunamente proclama un gruppo di pressione presente su Facebook, Giorgio Bracardi andrebbe infatti considerato e acclamato come “l’Antonin Artaud italiano”, ovvero il teorico del teatro della crudeltà.Se abbiamo accennato al doveroso disappunto, anche in ambito neofascista, per la contingentazione dei tempi e delle intelligenze comiche lo si deve proprio al non meno eponimo personaggio bracardiano che da svariati decenni risulta assente alle Il comico di “Alto gradimento” e caratterista di tanti film italiani anni ‘70: Giorgio Bracardi bandiere dei palinsesti, cioè il gerarca Catenacci, perfetto esegeta inarrestabile delle titaniche imprese mussoliniane, caricatura in camicia nera fra valle innevate e Agro redento. Senza nulla togliere alle migliori pagine, che so?, di “Zelig” o di “Colorado café”, al talento e ai tempi perfetti di un Maurizio Battista o alle parodie di un Checco Zalone che sotterra ora Jovanotti ora Vasco, il pensiero della capacità sinfonica dell’immenso Bracardi porta a pensare che si sia ormai giunti a un tipo di prestazione comica solida come un popcorn, poca cosa, roba inconsistente, dopo lo splendore della pernacchia molta miseria garbata, areosol. Senza voler qui aprire un dibattito sulla singolare presenza del Gabibbo a piazza del Popolo, e dunque sulla pretesa di Antonio Ricci d’essere ritenuto parte della quadreria della sinistra, avanziamo comunque il dubbio che tormentoni come “Chettefrega? Chettefrega?” oppure “In galera! In galera!” potrebbero oggi supplire perfino a una mancanza di opposizione decorosa in Parlamento e forse addirittura nel Paese. www.teledurruti.it Martedì 6 ottobre 2009 pagina 17 SECONDO TEMPO MONDO WEB di Federico Mello Tg1 e tg2: online la rabbia dei cittadini è DAGLI AL TG1 I “FAN” SCATENATI SULLA PAGINA FACEBOOK Forse al Tg1 speravano nel confronto con gli spettatori quando hanno aperto la loro pagina Facebook. Ma da un po’ di tempo a questa parte la pagina è diventata un tazebao per tutti coloro che non sopportano la Minzo-informazione. Fino a qualche giorno fa il giochino dei “fan” era di suggerire alcune notizie al Tg (“dottor Minzolini forse le è sfuggito che...” e vai con esport, Giampi, ecc. ). Adesso si trovano solo e soltanto critiche. A mo’ di esempio riportiamo alcuni commenti (quelli pubblicabili) all'edizione delle 13 e 30 di ieri. "Chiamare il Tg1 telegiornale è offensivo nei confronti dei veri telegiornali che le notizie le danno"; "Minzoilini alla direzione del Grande Fratello, anzi no... a La Talpa ... basta che lasci il giornalismo !!!"; "Minzolini, vai a casa, stai rovinando il tg della gente comune"; "Non una parola sul vostro direttore servo"; "Tg1... l'informazione a 90 gradi!!", "Che schifo il TG1 e anche oggi se ne è avuta la conferma"; "Minzolini non sai neanche servire il padrone con discrezione, senza che tutti se ne accorgano"; "Sono vicino al Cde del Tg1,per la difficoltà di lavoro dovuta al direttore odierno". è BLOG AWARDS: I VINCITORI ANTEFATTO.IT BLOG RIVELAZIONE Sabato alla Blogfest di Riva del Garda si sono svolte le premiazioni del Macchianera Award, premio ai migliori blog votati online dai lettori. Si laurea miglior blog del 2009 Spinoza.it che non è, come scritto in rete , un sito “dedicato agli aforismi del filosofo olandese del ‘600” ma una community di utenti che sfornano a piè sospinto battute al furmicotone (spesso ospiti anche della “cattiveria” del Fatto Quotidiano in prima pagina). Un premio anche per Antefatto.it che si consacra Blog Rivelazione 2009. Blogger dell’anno è Paul The Wine Guy (paulthewineguy.com), secondo Beppe Grillo già miglior blog nel 2008. MIglior blog giornalistico è Piovono Rane, del giornalista de L’Espresso Alessandro Gilioli (secondo classificato Antefatto.it); miglior blog di opinione Voglio Scendere firmato da Corrias-Gomez-Travaglio. Miglior blog televisivo, tvblog.it; miglior blog “food & wine” untoccodizenzero.it; miglior blog erotico Pensieri Senza Mutandine, all’indirizzo sophieboop.woordpress.com. L’Orso Ciccione è il miglior disegnatore online, e Voglia di Terra il migliore foto-blog. Un banner sul sito del Tg1, un frame del video di Messina, il logo di Virus, Creep/Sono uno scemo è CHIUSA LA PAGINA DEL “CINEGRO” DOPO LA SEGNALAZIONE DEL FATTO Ne avevamo parlato la scorsa settimana: su Facebook 400 persone seguivano un barbone di Prato, pubblicando foto, video, informazioni sul suo conto, il tutto condito da pesanti insulti. Dopo la segnalazione su questa pagina che dava conto delle proteste (capitanata da San Precario) sul social network la pagina è stata chiusa dallo stesso amministratore: è È ONLINE VIRUS “Chiudo il gruppo - ha scritto - anche IL PORTALE DI SATIRA DE L’UNITÀ se il suo intento originale era “Preferirei di no”. Così ci risponde Francesca prettamente goliardico ”. In molto Fornario, curatrice del nuovo portale di satira epiteti , però, di goliardico non c’era de L’Unità, quando le chiediamo se Virus proprio niente. arriverà anche sulla carta. “Online - ci dice avremo molte più possibilità: pubblicheremo video, audio, documenti interattivi”. Partendo da questa idea è nato Virus, DAGOSPIA battezzato ieri su virus.unita.it I MILIONI DI DE BENEDETTI (E QUELLI DI BERLUSCONI) e che già strappa risate ad ogni 1) Bechis ha portato sfiga al Cav: sabato mattina su pixel. Si può già vedere un Libero un suo pezzo era titolato "De Benedetti ha 52 Ratzinger al pianoforte che milioni di guai col fisco". Sabato sera il Berlusca ne aveva suona Ymca, tantissime strisce 750 milioni di guai.... (anche Staino darà il suo 2) Sabato alle 16 Franco Frattini, reduce da un incontro contributo), dei particolari con il nuovo presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, profili Facebook e, in arrivo, entrava nella sala Freccia Alata dell'aeroporto di Torino un’esclusiva intervista in attesa del volo Air One per Roma (su cui salirà in satirica- a Noemi Letizia. La seguito come normale passeggero, facendo la fila al banda di Virus è composta check-in e facendosi trasportare nel bus pressato dagli autori di Emme insieme agli altri passeggeri). Nella saletta corroborati da una vuota, a parte i quattro uomini di scorta, il nutrita pattuglia della nostro si accomodava di fronte al fondazione Daje guidata maxischermo tv. Ma accortosi che non c'era da Diego “Zoro” Bianchi il telecomando e RaiNews24 trasmetteva in e Antonio Sofi. diretta tutti i comizi della manifestazione di Roma contro Papi Silvio, preferiva lasciar perdere la tv e passare l'ora di attesa leggendo e rileggendo gli stessi giornali... 3) Mentre Luigi De Magistris ha inviato al Csm le sue dimissioni dalla magistratura, annunciate durante la campagna elettorale in caso di elezioni, alla è CONTESTAZIONI A Rai non risultano mai arrivate quelle di David Sassoli, MESSINA che aveva più volte fatto la promessa di lasciare il “IN ONDA” SOLO SU YOUTUBE servizio pubblico in caso di Rabbia. Tanta rabbia tracima in rete elezione a Strasburgo. Sarà è ”AD OGNI COSTO” da un video su YouTube che il solito disguido postale? documenta le proteste di domenica NON CONVINCE “CREEP ” DI VASCO davanti alla Prefettura di Messina. Il mitico Vasco ne ha sbagliata una? In Prima le grida contro “la sfilata” di rete sembra non convincere Ad ogni ministri e Berlusconi. Poi i cori: “assassini”; “vergogna”; costo la cover di Creep dei “arrivate solo adesso che ci sono i morti”. E anche “quanta Radiohead realizzata dal Blasco. Sul costa questa trasferta?” all'arrivo dell'ennesima auto blu. YouTube i voti languono, anche se il C'è spazio anche per un conciliabolo con un giornalista del vidoe è stato visto quasi 200.000 Tg2. Il giornalista è pronto a fare una diretta dalla piazza e i volte in due settimane. Molte critiche cittadini sono pronti ad urlare anche in Tv la loro si concentrano sulla traduzione indignazione: “voi riportate a Roma quello che diciamo qua “libera” del brano. Ora, come scrive nel territorio” dicono al cameraman e all'inviato. Ma per il il blog inkiostro.splinder.com “a fare Tg2 la piazza è troppo calda: la diretta alla fine si fa giustizia arriva Sono uno scemo, la dall'interno della prefettura. Il video è sull'account fedele traduzione dell'originale youtube.com/user/ClasseOperaia3. “La Tv di regime - il firmata e cantata da Mimmo Fish”. commento che accompagna il video - ha mostrato un Sul blog si trova il video del brano, Berlusconi caritatevole fra gli alluvionati che non erano surreale e divertente. nelle condizioni di reagire allennesima passerella propagandistica, ma nessuno ha mandato in onda il popolo incazzato”. FEEDACK$ è ANTEFATTO Commenti al post: Arrabbiati e sorridenti Consoliamoci pure con la riuscita manifestazione....ma quando più del 70% degli italiani "apprende" le notizie dalla televisione, mah!?e poi pensate che minzolin sia uno sprovveduto? a suo modo anche lui dà una picconata alla rai: a chi altri i picconi (ce ne sono a iosa)? (Roberto) Ringrazio quei pochi giornalisti (Gomez, Ferrarella sul Corriere) che raccontano questa triste vicenda. Per il resto siamo ridotti così male che il Pdl difende con le sciabole sguainate il portafoglio del Papi. Con buona pace della legalità e del rispetto dei diritti degli azionisti che qualche direttore di Giornale aveva tirato fuori per speculare sulle ipotesi d reato di casa Agnelli. Qui il reato è conclamato, infatti la difesa pubblica si basa sulla strategia da "piagnina", da complotto universale. Per fortuna c'è ancora qualcuno che giudica i fatti, e dopo (ma molto dopo) il colore politico robedapazzi.ilcannocchiale.it (Albesta) è TWITTER @antefatto #ilfatto @antefatto: http://skywalkerboh.blogspo... il mio blog, che si ispira a voi e alla Costituzione - Più siamo, più reagiamo. (Skywalkerboh) @antefatto: Il Fatto, l'unico giornale che si legge dall'inizio alla fine e poi si conserva a futura memoria (Ilgiramondo) @antefatto ma lasciamo stare il presidente: concentriamoci sempre più sul PD che deve scomprarire per lasciare posto al nuovo! (renbell) @antefatto Ma con tanti con cui prendersela Napolitano che è in prima linea potevate risparmiarlo (stacollanana) @antefatto quand'è che sarà disponibile anche nelle città più piccole? (viscido) @antefatto Morassut:"ci sono troppi parlamentari", andare a casa lui, intanto? D'alema:"Non mi avevano spiegato che era importante", EH?!?! (Nanoalto) @antefatto minzolini fa quello che il suo contratto col nano prevede. E lo fa pure bene. Sembra la pravda degli anni 80. (Eu_Rope) @antefatto lo scudo servirà a fare rientrare i capitali non solo dall' estero ma anche dai materassi italiani degli evasori. fuck (AlexPasini) è FACEBOOK L’Antefatto su Facebook A proposito di scudo fiscale qualcuno crede che sarà possibile veder pubblicati i nominativi di quegli italiani che, grazie allo scudo fiscale, riporteranno i soldi in italia e soprattutto quanto ? É una legittima curiosita' considerando che dei quattro o cinque che si sono fatti 'beccare' prima conosciamo quasi tutto pagina 18 Martedì 6 ottobre 2009 SECONDO TEMPO noi e loro PIAZZA GRANDE É SCUDO FISCALE, FIRMA PESANTE di Bruni Tinti osì il Presidente della Repubblica ha firmato. Adesso l’impunità per i criminali che fanno rientrare il loro bottino nel nostro Paese è legge dello Stato. A chi gli chiedeva di non firmare Napolitano ha risposto “Ma dove sono i profili di incostituzionalità? E poi è inutile, che io non firmi non significa niente, me la rimandano dopo 15 giorni e debbo firmare per forza”. Né la decisione né la motivazione sono condivisibili. L’art. 74 della Costituzione dice: “il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione; se le Camere la approvano nuovamente, questa deve essere promulgata”. La Costituzione non dice però che il rinvio alle Camere può avvenire solo per ragioni di manifesta incostituzionalità; si limita a prevedere che il Presidente può non firmare una legge. Molti costituzionalisti ne hanno dedotto che il Presidente della Repubblica può sempre rifiutarsi di firmarla. Nel caso di manifesta incostituzionalità, il rinvio alle Camere è un suo preciso dovere; C non informerà il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza che non svolgerà le indagini del caso e non le trasmetterà alla Procura della Repubblica per il relativo procedimento penale. Il problema è che i soldi non si distinguono tra loro: 1.000.0000 di euro proveniente da una frode fiscale non ha una targhetta che lo distingua da un’analoga somma proveniente da un sequestro di persona. Sicché, quali siano i reati che hanno prodotto il bottino che rientrerà con lo scudo fiscale non lo può sapere nessuno. Con la legge firmata dal Presidente della Repubblica potrà dunque entrare in Italia senza rischi penali non solo il provento di frode fiscale e falso in bilancio; ma anche il bottino di traffico di droga, di armi, di donne, di minori, di immigrati, di sequestri di persona, di corruzioni, insomma di tutto i reati che producono denaro, i cui autori dovrebbero essere perseguiti e sanzionati con anni e anni di galera. Si chiama obbligatorietà dell’azione penale. la domanda è: se la froAsonollora de fiscale e il falso in bilancio già “amnistiati” (non è tuzionalmente garantiti? Che c’è, sull’altro piatto della bilancia, che pesi più dell’art. 112 della Costituzione? E anche più dell’art. 53, “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.”? E infine, avrebbe dovuto dubitare il Presidente della Repubblica, è conforme ai principi fondamentali di uno Stato democratico, farsi riciclatore del bottino dei più gravi reati perseguiti dalla comunità internazionale, in violazione dell’art. 10 della Costituzione, “L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.”? Allora non sarebbe stato meglio, invece che giustificarsi dicendo “sarebbe stato inutile non firmare tanto dopo 15 giorni …”, inviare un messaggio alle Camere spiegando il rinvio della legge con la violazione di principi costituzionali? Seneca diceva “Ogni concessione al male è una complicità nel male”. Era un maestro molto severo e naturalmente molto scomodo. Ma arriva un momento, per tutti, in cui questo insegnamento bisogna ricordarselo. LA STECCA di INDROl Distribuiamo a ogni utente, insieme alla ricevuta del canone di abbonamento, una scheda con questa domanda: “Siete soddisfatti del modo in cui i telegiornali Rai assolvono il loro servizio d’informazione? Rispondete con un sì o con un no”. Se i sì superano i no, il vertice viene confermato per un altro anno. Altrimenti viene sostituito. Non dico che questo sistema guarirebbe l’informazione televisiva da tutti i suoi vizi, ma la costringerebbe a renderli meno indecenti e insolenti. E coinvolgerebbe nella responsabilità della sua soluzione tutti gli utenti, che non avrebbero più il diritto di sentirsene oltraggiati. (La Voce, 9 luglio 1994) Seneca diceva: “Ogni concessione al male è una complicità nel male”. Arriva un momento, per tutti, in cui questo insegnamento bisogna ricordarselo ma, in tutti gli altri casi in cui la legge gli sembri ingiusta, il Presidente della Repubblica ha comunque una responsabilità di intervento che gli deriva dall’essere l’interprete degli interessi superiori della Nazione, di ciò che vi è di permanente, di superiore, di indiscusso, di comune a tutti nella vita nazionale. Per questo, quando egli parla, lo fa in nome del Paese. E le sue parole hanno un peso terribile: come ha detto uno dei padri della Repubblica, Umberto Terracini, “una parola del Presidente pesa sulla bilancia più di mille parole di ognuno di noi”. Allora Napolitano ha avuto torto quando ha detto che era inutile non firmare una legge che la maggioranza avrebbe approvato comunque. Anche perché si ha sempre torto quando si rinuncia a battersi. E poi non sarebbe stata solo una bella battaglia. Avrebbe potuto essere una battaglia vinta. nuovo scudo fiscale prevede Ichilsostanzialmente due cose: fa rientrare i capitali non può essere punito per frode fiscale e falso in bilancio; e le banche che provvedono alle operazioni di rientro non devono effettuare le segnalazioni per le operazioni sospette previste dalla normativa antiriciclaggio che le obbliga a segnalare all’Ufficio italiano cambi i casi in cui sia probabile che il danaro sia provento di reato. Così l’Uic La P2 che va in tv P 2? Un dentifricio. P2? Una pistola. Risposte all’università dove i ragazzi arrivano senza averne mai sentito parlare. Ma appena una tesi lo obbliga a cercare, Gianluca Grassi di Reggio Emilia si avvilisce: “Quando ho scoperto cos’era la P2, chi erano i protagonisti e cosa sono diventati è finita la mia giovinezza ed é comincia una complicata maturità”. Daniele Trolio diventa dottore a Macerata ricostruendo gli anni del “Corriere della Sera” colonizzato da imprenditori, generali e giornalisti che il venerabile Gelli aveva passato a fil di spada: “Approfondire le storie nascoste è stata un’esperienza totale. Ho deciso di appartenere a quel ramo della società che crede nella democrazia, nell’uguaglianza, nel rispetto. Senza aver ascoltato i testimoni e frugato negli archivi non sarei diventato la persona che sono oggi”. Cresciuti nella plastica tv, i nuovi elettori ignorano su quale base morale è costruito il governo magari votato. Cancellare la memoria è il lungo impegno che rafforza la crescita del consenso berlusconiano. Perché i licei lasciano perdere: thrilling melmoso, c’è sempre un piduista nelle poltrone del potere. Mai un’inchiesta a puntate o un film alla Oliver Stone o un giorno della memoria come per le foibe di Tito e Mussolini mentre nella foiba P2 annega la democrazia. Non importa se la P2 ha cambiato nome. I protagonisti sono quasi arrivati dove il Piano rinascita di Licio Gelli aveva previsto: controllo politico della magistratura, dei giornali e delle tv, sindacati da dividere, coprifuoco morale con leggi che aiutano evasori e capitali in fuga. Giornali e tv la ricordano con parole ermetiche, se la ricordano. E la storia negata della consorteria che ha costruito l’Italia duemila imbroglia le scelte e confonde i pensieri. Il risveglio susciterà tragedie personali. E’ successo in Cile appena i ragazzi hanno scoperto chi era Pinochet. Come nella dittatura cilena, l’arrampicata P2 elimina e schiaccia chi non porta il grembiule della sua massoneria. a notte blu di Carlo Lucarelli (Rai3) ha spiegato tante cose a chi non sapeva. P2 non confusa nelle urla dei dibattiti e nelle alzate di spalle di Cicchitto e Berlusconi: “vecchie bugie, noi non c’entriamo”. Innocenti per gli attentati alla stazione di Bologna, treni sull’Appennino, delitti Pecorelli, Calvi, eccetera, ma la compagnia era quella e non l’hanno mollata ma ricomposta chissà con quale nome. Lucarelli ha messo in scena la storia della P2 con la tranquillità pedagogica di chi vuole informare e non provocare. L’esperienza del giallista ha ordinato la cronaca in un racconto lineare senza colpi di scena. Grande storia che non può esaurirsi in una serata Tv: è l’invito agli insegnanti di rivederla nelle aule per aiutare i ragazzi a capire. Tenendo conto di ciò che il distacco di Lucarelli non è riuscito a dire, devo aggiungere che Berlusconi finge di ridere sulla P2, ma nei primi giorni delle rivelazioni ha distribuito querele ed è sempre stato condannato: tribunali di Venezia, Roma, Milano. L’escort che i suoi obbedienti massacrano su ordinazione, in fondo é solo il diversivo che aiuta a nascondere le trame dei cappucci sempre più neri. [email protected] L proprio così ma gli effetti quelli Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (F E ) sono), a che serve prevedere che le banche non effettuino le segnalazioni delle operazioni sospette? Anche se le effettuassero, e se l’Uic prima e il Nucleo di Polizia Valutaria dopo scoprissero frodi fiscali e falsi in bilancio, la conclusione sarebbe obbligata: non doversi procedere per essere i reati non punibili. Dunque perché una norma come questa? Ma è ovvio: in questo modo si assicura l’impunità a tutti gli altri delinquenti che si gioveranno dello scudo fiscale. I sequestratori di persona, i trafficanti di vario genere che porteranno in Italia i loro soldi, non potendo contare su un’esplicita previsione di non punibilità (la legge la prevede solo per la frode fiscale e il falso in bilancio) conseguiranno lo stesso effetto perché non saranno comunque possibili indagini su di loro. Insomma, è evidente che una legge che avesse detto “tutti i reati da cui derivano le somdi Mario Càristo (*) l'Avvocatura è molto debole. Bisogna me che sono rientrate in Italia premettere che la Corte Costituzionacon lo scudo fiscale non sono omani la Corte Costituzionale le ha dichiarato illegittime due dispopunibili” sarebbe stata difficile dirà se è legittima la legge Alfano sizioni in materia di rimessione dei da far approvare anche per una che rinvia i processi penali nei processi e di ricusazione del giudice maggioranza che ha principi quali, occasionalmente, è ora (sentenze 353/1996 e 10/1997) osseretici ispirati ai Fratelli della Coimputato il detentore di una delle alte vando, sulla base di una ipotizzabilità sta. Da qui il trucco: non dico cariche in essa indicate. Due tesi si teorica e, insieme, di una diffusa espeche questi reati non saranno pucontrappongono. Quella dell'Avvoca- rienza concreta, che esse potevano esniti; però faccio in modo che tura dello Stato, secondo la quale il rin- sere sfruttate dai difensori per abusare non possano essere scoperti. vio sarebbe giustificato dall'interesse del processo mediante strategie ritarEcco, avrebbe dovuto chiedersi pubblico preminente a non disturbare datrici miranti a far maturare la preil Presidente della Repubblica, l'esercizio delle alte funzioni istituzio- scrizione del reato. Ora, l'esperienza ma questo non è in contrasto nali conferite all'imputato. Quella dei di questi ultimi anni ha reso evidente con l’art. 112 della Costituziodifensori dell'imputato, secondo cui la che il medesimo abuso con il medene, dove si dice che l’azione pegravosità delle fun- simo obiettivo è stato posto in essere nale è obbligatozioni istituzionali di da una delle alte cariche indicate nella ria? Ma quale obblialto livello rendereb- legge Alfano adducendo impegni istigatorietà può es- Rinviare be difficile all'impu- tuzionali e ignorando quella “leale colserci se le leggi deltato il pieno esercizio laborazione” fra i poteri dello Stato, la Repubblica tute- il processo significa del diritto di difesa. che la Corte Costituzionale ha indicalano in via prevento come galateo di correttezza che dotiva i delinquenti, conservare essuno ha pensa- vrebbe indurre l'imputato con funziopermettendo loro all'imputato to che esiste un al- ni istituzionali di alto livello a concidi nascondere le tro interesse, anch' liare queste con l'esigenza che il proprove delle male- un potere esso pubblico, e se- cesso penale si svolga in tempi ragiofatte? E poi, avrebbe do- dal quale, sulla base condo vasta opinio- nevoli per sottrarsi alla patologia ne anche preminen- estintiva della prescrizione. vuto chiedersi il te, e cioè l'interesse Ma vi sono stati abusi molto più gravi. Presidente della dell'esperienza Repubblica, che ne concreta, potrebbe della collettività a sa- L'imputato, avvalendosi del potere di pere rapidamente, in fatto esercitato su una straripante magè del famoso prinesito al processo pe- gioranza parlamentare devota e servicipio di ragionevo- prendere origine nale, se l'imputato è zievole, ha ottenuto da questa leggi milezza che significa, una catena degno di esercitare le rate a sottrarre lui e altri al processo sostanzialmente, alte funzioni di cui è penale, cioè leggi corrispondenti alla bilanciamento deinvestito. La tesi del- fattispecie del favoreggiamento persogli interessi costi- di gravi abusi OTO MBLEMA di Maurizio Chierici LODO, PERICOLI NASCOSTI D N nale (art.378 codice penale), e quindi leggi oggettivamente criminali, fino al punto da modificare una norma di diritto penale sostanziale per renderla inapplicabile a lui (falso in bilancio). Sono rilievi non riferibili esclusivamente alla persona attualmente imputata. Anche in futuro potrebbe esservi una diversa grande maggioranza parlamentare disposta a salvare un' alta carica mediante leggi ad personam. il processo significa quindi Rdalinviare conservare all'imputato un potere quale, sulla base dell'esperienza concreta, potrebbe prendere origine una catena di gravi abusi. Tutto ciò basta per fare ritenere illegittima la legge Alfano. Alla tesi dei difensori, secondo cui far proseguire il processo renderebbe difficile l'esercizio del diritto di difesa, si può rispondere richiamandosi a una consuetudine diffusa in tutti gli Stati di diritto, vale a dire in tutti i Paesi con elevata civiltà giuridica: la consuetudine delle dimissioni, con le quali la difesa è facilitata e il prestigio della funzione di alto livello è preservato. E' una consuetudine necessaria, ineludibile, che costituisce esplicazione concreta di quello che esattamente cento anni fa Santi Romano definì "principio di correttezza costituzionale" . (*) Procuratore Generale Onorario presso Corte Suprema di Cassazione Martedì 6 ottobre 2009 pagina 19 SECONDO TEMPO MAIL Vergogna Minzolini per il Tg spazzatura BOX La vignetta Matteo Tre domande a Berlusconi su Messina Alvaro Cardarelli Il premier, Michelle e le gaffe insopportabili Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ce la sta mettendo davvero tutta per rovinare completamente i rapporti tra Italia e America. Dopo il "bacio mancato" di Michelle Obama, di ritorno in Italia, Berlusconi (in occasione della festa del Pdl) di fronte ad una platea osannante, se ne è uscito con una delle sue solite e bieche battute: “vi devo portare tanti saluti da un signore abbronzato che si chiama Barack Obama. In spiaggia ci vanno in due , perché è anche abbronzata la moglie Michelle !”. Ecco le reazioni dei giornali stranieri: Timesonline- La maggior parte dei leader mondiali cercano di evitare gaffes a ripetizione. Berlusconi no. LeMonde.fr- Berlusconi evoca ancora "l'abbronzatura" del presidente degli Stati Uniti, Obama, e di sua moglie Michelle. The Washington Post- Il presidente Silvio Berlusconi continua a parlare dell’abbronzatura di Obama, e questa volta ha fatto una battuta salace anche sul colore della pelle di Michelle Obama. Non so voi, ma io sono stanco di queste figuracce. Berlusconi è un uomo volgare. Vincenzo Pd, Poco Democratici: arriva il partito dei polli Non solo i P(oco) D(emocratici) dirigenti dell'unico partito che è stato votato da noi, se non per governare almeno per fare opposizione, emulano sempre più "i polli di Renzo" perchè non trovano di meglio che beccarsi fra di loro, ma desertano pure il Parlamento e permettono ad una legge scandalo di essere approvata per pochissimi voti. Mi sai dare, per favore, almeno IL FATTO QUOTIDIANO via Orazio n. 10 - 00193 Roma [email protected] una ragione per la quale sarebbe opportuno votarli alle prossime elezioni? Un abbraccio, L’abbonato del giorno Sergio Negri Se tutti gli insulti vanno alla D’Addario Ho visto la puntata di Annozero tanto discussa per la presenza della D'Addario. Mi intristisce vedere che dopo le battaglie (e vittorie) del femminismo in questo Paese, le fondamenta stesse dell'Italia maschilista di un tempo non sono state scalfite, sono ancora lì, intatte. In trasmissione hanno ripetuto fino allo sfinimento che la D'Addario è una escort e abbiamo visto Belpietro e il vicedirettore del Giornale, e addirittura una giovane del Pdl, insultarla e screditarla. L’idea di fondo è: la prostituta va emarginata, ripudiata, mentre i "padri di famiglia" che la pagano e la sfruttano sono tutti implicitamente giustificati. In questo caso il pappone (Tarantini) è stato accusato di tante brutte cose, tranne che di sfruttare delle donne per avere potere e soldi, e quello che è stato sottilmente definito l'"utilizzatore finale", emerge come una vittima innocente. Con questo non voglio giustificare le donne che usano il proprio corpo per fare carriera o guadagnare (per altro di certo in Italia oggi non c'è bisogno di fare la escort per ricadere in questa categoria, come diceva giustamente la D'Addario), c'è però una differenza sostanziale, che in buona fede non è possibile non vedere, tra la donna che si vende per disperazione, o per soldi, o per ambizione, e il potente che sfrutta la sua posizione privilegiata per instaurare il sistema: favori e soldi in cambio di sesso. Quando 7 entile Colombo, mi sono rivolto ai ministri, alla presidenza della Repubblica, al mio comune di residenza e a tutti i tipi di istituzioni. Ho perso la speranza. Nessuno si è degnato di aiutarmi nè di rispondermi, pur avendo io spiegato in quale situazione mi trovo: ho 59 anni, quindi nessun datore di lavoro mi assume più, perchè cercano i giovani. Al contempo, non ho ancora i requisiti per poter accedere alla pensione - i 33 anni di contributi versati- nè ho alcun ammortizzatore sociale. Che schifo di paese è ormai questo, dove contano solo le bugie e le false promesse ? Sono un uomo sulla soglia di mettere fine a questo tormento. Parlano addirittura di allungare l’età pensionabile, per quale motivo, per allungare la sofferenza di una famiglia? Ho due bambini di 9 e 8 anni e tante volte mi vergogno a dire loro sempre e solo “no”. Tutto questo uccide lentamente, non è vero quello che dice il caro ministro Tremonti che “tutti saranno protetti”. E’ una bugia spudorata, non si può tradire così le persone che chiedono soltanto di poter lavorare, di avere una vita dignitosa, di non vivere nel terrore di un nuovo giorno senza cibo e senza casa. Pago 500 euro d’affitto e fino ad oggi sono riuscito a far fronte a questa spesa grazie al buon cuore di mia madre, che ha G E’ agghiacciante constatare che il primo telegiornale del servizio pubblico, il Tg1, si è ridotto a una pagliacciata. Grazie al comitato di redazione per aver alzato la testa, ridicolizzando quell’imbarazzante direttore che si ritrovano. Rai a rotoli, opposizione a rotoli, Italia a rotoli. Inutile dirvi che ho tutti i numeri del Fatto usciti in edicola, e che non mi sono abbonato solo perchè mi sposto (in Italia) per lavoro quasi tutti i giorni. Voglio dire solo questo: riguardo al disastro di Messina, sia il presidente Silvio Berlusconi che i suoi dicono che "era un fatto annunciato". Tre domande: 1) Perchè non è stato fatto niente se si sapeva che poteva succedere? 2) Perchè s'invoca la costruzione del ponte sullo Stretto, che non servirebbe? 3) Perchè tutti quei soldi a Catania per risanare il bilancio del comune (solo perchè c'è Scapagnini che è il medico di Berlusconi)? Ad majora. A DOMANDA RISPONDO QUANTI SONO IN ITALIA I DISPERATI SENZA NOME Furio Colombo MASSIMILIANO RUSSO Buon compleanno a Massimiliano! Il festeggiato si è presentato ieri mattina nella redazione del Fatto con una scatola di cioccolatini (divorati in un lampo) per ringraziarci del giornale. E’ stato quindi votato all’uninanimità “abbonato del giorno”. Massimiliano lavora a Roma in una portineria, e ha montato sul muro d’ingresso una teca dove “ogni mattina metto una copia del Fatto”. Raccontati e manda una foto a: abbonatodelgiorno@ ilfattoquotidiano.it quest'uomo è un politico, e si mette nella posizione di essere ricattabile il suo dovere è fare un passo indietro e dimettersi. In ogni caso in Italia tutto torna: come ci dicono il ministro Carfagna e il suo staff, le donne di strada vanno multate o arrestate, gli uomini che le sfruttano e le pagano no. Così la D'Addario non ha, o non ha più, una reputazione, e può essere pubblicamente massacrata dallo stesso manipolo di uomini che giustificano poi Berlusconi, della cui reputazione IL FATTO di ieri6 Ottobre 1967 San Francisco, una giornata tiepida d’autunno. Nel quartiere di Haight-Ashbury, cuore della controcultura underground, i ragazzi del ’65, i Flowers Children , danno il via al Death of Hippie, morte e funerale degli yippies, performance provocatoria d’addio al movimento,con tanto di annunci mortuari agli angoli delle strade, grande bara scoperta con manichino agghindato, poster e foto dei figli della hippie revolution. “Questo mondo non ci piace. Siamo nati per cambiarlo e il consumismo ha scoperto che anche la nostra voglia di cambiamento può diventare merce. Per questo il movimento è morto e oggi lo accompagniamo nel suo ultimo viaggio.” Contro lo sfruttamento commerciale della propria immagine, una tribù in lutto guidata dai Diggers, celebra le proprie esequie simboliche. Ultimo atto della Psychedelic generation, nata sull’onda del Peace & Love, della ribellione a ritmo di acid-rock, della grande utopia giocata sul filo del trip lisergico collettivo. Finita la stagione d’oro della Summer Love, dei riti sperimentali di massa,dell’euforia naif per la “conoscenza trascendentale”,l’epoca del “flower power”, sacrificata al business, chiuderà la sua stagione in quel 6 ottobre ’67. Giovanna Gabrielli non ci si preoccupa affatto. Camilla Maiani Caro Pd, ai miei tempi si votava anche in stampelle Sono un iscritto al Pd, ex Pci-Pds-Ds. Considero le assenze dei nostri parlamentari alle votazioni sullo scudo fiscale gravissime, non ci sono scuse che tengano. Ai miei tempi ci si andava anche con le stampelle, a votare. Oggi ho partecipato alla manifestazione in pizza del Popolo, perchè sentivo il dovere di far sentire la mia protesta. Ricordo quando i padroni, durante gli scioperi, schedavano e punivano chi partecipava alle rivendicazioni. Noi usavamo lo sciopero non come un’arma di ricatto, ma come giusta rivendicazione, regolamentando anche le forme di lotta. Desidero proporre al Pd non ammonizioni ai parlamentari assenti, ma di pubblicare alle prossime elezioni la lista di chi era assente, con nomi e cognomi. 84 anni. Se qualche politico decede di preoccuparsi dei veri problemi della gente e di togliersi la coda di paglia mi può chiamare, per sentire come sto e come stiamo in tanti. Ci sarò. Grazie, Franco Conte IL CASO di Franco Conte è esemplare in un paese in cui si immagina che tutte le vicende, tutti i destini siano “dentro” il dibattito politico. Questo è un documento. E’ la voce di un cittadino che è “fuori” della nostra politica, compresa l’avventura “buona” di chi intende stare dalla parte del lavoro. I passaggi, come in un mortale gioco alla sopravvivenza sono: perdita del lavoro, niente pensione (mancano due anni), niente ammortizzatori (mancano decreti), niente aiuti per figli e famiglia (basta ripetere la parola “famiglia” per sentire la falsità di molta politica), il silenzio dei ministri, che non rispondono o non hanno niente da dire. Un tratto tipico della “cattiva politica”, ma non solo. E’ la caduta in uno spazio vuoto, senza appigli, senza risorse, senza alcun rifugio, neppure la casa che costa troppo. La terribile domanda è: Quanti sono i Franco Conte in Italia? E quanto si aspetterà a battersi per la loro salvezza? Possiamo chiedere una risposta sia a Gugliemo Epifani sia a Renata Polverini (visto che Bonanni e Angeletti hanno altro da fare con Brunetta)? Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Orazio n. 10 [email protected] Nomentana. Così come non ho detto magnà, ahò, ner trafico, nun me ricordo, nun prendeva er cellulare, ecc. Sono laureato a pieni voti in Lettere, svolgo docenza universitaria, all’eta di 23 anni sono stato assunto per concorso alla Rai, dove ho maturato un’esperienza diversificata nella produzione, organizzazione, gestione risorse umane, pianificazione economica e mezzi, fino a meritare la vicedirezione di Rai Due. E’ vero che risolvo problemi ma non quelli di Tecce - forse un giovane precario - che per farsi pubblicare un articolo ha bisogno di inventare un personaggio ‘troglodita’ che non esiste. E meglio cambiare mestiere se per scrivere si arriva a svendere se stessi tradendo la professione giornalistica. dott. Massimo Lavatore Ho scritto solo quello che ho sentito, difatti il dott. Lavatore non smentisce nulla. Carlo Tecce Il copyright dell’Adnkronos Nell’articolo pubblicato domenica 4 ottobre, dal titolo “Caccia all’oro dei Taliban”, a firma di Craig Whitlock, il copyright completo è Washington Post/ distribuzione Adnkronos. Adnkronos Errori di battitura e precisazioni Per uno spiacevole errore di battitura, nell’articolo pubblicato domenica 5 ottobre dal titolo “La fine del parlamento” a firma di Furio Colombo, appare questa frase: “Infatti mai nessuno si è allontanato dal partito di Berlusconi tranne la mafia e Guzzanti”. In realtà si tratta di La Malfa (e non la mafia). Per un altro errore di battitura, la rubrica quotidiana “Il fatto di ieri”, a cura di Giovanna Gabrielli, sabato 4 ottobre portava la firma “Giovanni Gabrielli”. Ce ne scusiamo con l’autrice. Roberto Ghisotti Diritto di Replica Mi chiamo Lavatore sono un professionista Al titolo “Mi chiamo Lavatore, risolvo problemi” bene si appaia “Mi chiamo Tecce, invento articoli”. Grave per un giornalista de “Il Fatto”, manipolare fatti, riportando una conversazione informale attribuendomi contenuti falsi ed espressioni in ‘burinese’ che non mi appartengono. Scrive Tecce che avrei detto fra tante altre stupidaggini. “Alle cinque ero in macchina. Stanno scassando la strada…Ho il testimone. Chieda al mio autista”. Non ho l’autista e non ho usato il termine ‘scassare’ riferendomi ai lavori stradali in corso sulla Direttore responsabile Antonio Padellaro Caporedattore Nuccio Ciconte e Vitantonio Lopez Progetto grafico Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Orazio n°10 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 e-mail: [email protected] sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. 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Les. 196/2003): Antonio Padellaro Chiusura in redazione ore 20.00 Iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione al numero 18599 DIECI EDIZIONI 280.000 COPIE IL ROMANZO D’ESORDIO DI MAGGIOR SUCCESSO DELL’ANNO «Una idea narrativa di grandissima suggestione... Glenn Cooper merita di avere più successo di Dan Brown.» Antonio D’Orrico, Corriere della Sera Magazine «Boom di Cooper... è già bestseller.» Loredana Lipperini, la Repubblica www.labibliotecadeimorti.it