Ma lui resta premier e Previti avvocato La destra perde

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Ma lui resta premier e Previti avvocato La destra perde
La Costituzione non prevede leggi personali. Anche per
i vertici dello Stato. La Consulta esiste per questo
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Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
Martedì 6 ottobre 2009 – Anno 1 – n° 12
Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
IL CORRUTTORE CON LODO
Ma lui resta premier e Previti avvocato
I LODI AL PETTINE
di Marco Travaglio
ica dove prende i soldi!”, intimava
l’altra sera il commissario capo
Maurizio Belpietro a Patrizia
D’Addario, di professione escort. E’
la stessa domanda che decine di magistrati (e
perfino qualche giornalista, perlopiù straniero)
tentano di porre a un signore che svolge mansioni
lievemente più pubbliche di quelle della squillo
di Palazzo Grazioli. Solo che lui, diversamente da
lei, non risponde. In una memorabile vignetta di
Altan, un tizio gli chiede perché non risponda alle
dieci domande di Repubblica e lui sbotta: “Ma
perché non posso, cazzo!”. Ecco, lui non può.
Mai. Non può a proposito di minorenni e
prostitute. Non può, a maggior ragione, sulla
provenienza dei suoi capitali. Nessuno ha mai
saputo chi si nascondesse dietro la sua prima
società, Edilnord Sas, nata nel 1963 con due soci
accomandanti: il banchiere Carlo Rasini e il
commercialista svizzero Carlo Rezzonico (in
rappresentanza della misteriosa finanziaria
luganese Finanzierungesellshaft fur Residenzen
Ag). Stessa scena nel ‘73, quando fondò la
Italcantieri Srl grazie ad altre due misteriose
fiduciarie ticinesi, la Cofigen e la Eti AG Holding.
Nessuna risposta, motivi di privacy. I giudici di
Palermo hanno accertato che, fra il 1975 e l’83,
mentre venivano su la P2, Milano2, Canale5,
Rete4 e Italia1, misteriosi benefattori gli
versavano l’equivalente di 300 milioni di euro,
parte in contanti, per ricapitalizzare la quarantina
di finanziarie (Italiana1,2,3 ecc) che
controllavano la Fininvest. Secondo un finanziare
amico di Dell’Utri, Filippo Alberto Rapisarda, e
alcuni mafiosi pentiti, quelli erano soldi investiti
dal boss Stefano Bontate nei cantieri e nelle tv.
“La Padania”, quando la Lega era una cosa seria,
chiese lumi con dieci domande un tantino più
suggestive di quelle di Repubblica: “Berlusconi
rispondi: sei un mafioso?”, cose così.
Poi Bossi tornò all’Ovile delle Libertà e
dall’archivio online della Padania scomparvero
intere prime pagine: quelle. Nel 2002 il
Tribunale di Palermo che stava processando
Dell’Utri per mafia andò in processione a
Palazzo Chigi per interrogare Berlusconi e
porgli la fatidica domanda: Cavaliere, chi le ha
dato i soldi? Lui si avvalse della facoltà di non
rispondere. “Perché non posso, cazzo!”.
Intanto si scopriva che aveva pure accumulato
1500 miliardi di lire di fondi neri su 64 società
off-shore, ma lui mandò in prescrizione il reato
con l’apposita riforma del falso in bilancio. Ora
deve rispondere al Tribunale di Milano di aver
intascato 170 milioni di dollari dalle casse delle
sue società offshore, sottraendo al fisco
almeno 130 miliardi di lire: anzi dovrebbe,
perché è coperto dal lodo Al Nano. Almeno
fino a oggi. Purtroppo il lodo non copre gli
effetti civilistici della sentenza comprata per
ribaltare l’altro lodo, il Mondadori, così il
pover’uomo dovrà restituire 750 milioni che si
era messo in tasca inavvertitamente. Tutti i
“D
lodi, prima o poi, vengono al pettine. Lui infatti
è “allibito” per l’“enormità giuridica”. Anche
perché stavolta deve sborsare lui: nemmeno un
Previti o un Tarantini che paghi al posto suo.
Trombettieri e house organ, da Libero al
Giornale, delirano di “giustizia a orologeria”,
senza peraltro precisare in quali giorni
dell’anno i giudici possono permettersi di
sentenziare senza arrecare troppo disturbo, ed
eventualmente da che ora a che ora. Sono
troppo impegnati a indagare sulle
sardanapalesche fortune di Patrizia D’Addario.
Ecco, lei ha il dovere di rispondere. Mica è
presidente del Consiglio.
“Berlusconi è
Udi Marco Lillo
corresponsabile della
vicenda corruttiva”.
L’ORDINE
É scritto nella
NON RADIA
motivazione del giudice
CE SARE
civile di Milano che ha
vvocato Cesare Previcondannato Fininvest a
ti. Iscritto all’albo dal
18 dicembre 1958,
risarcire De Benedetti.
cassazionista dal 1973.
Il ruolo del cavaliere nella
Punto. Questo è tutto quello
compravendita del verdetto che gli
che troverete nell’albo
dell’Ordine degli Avvocati
regalò la Mondadori. La Consulta
sul conto del legale di Silvio
decide se far saltare l’impunità del
Berlusconi.
pag. 2 z
Mascali e Travaglio pag. 3 e 4 z
premier.
A
Cesare Previti
e Silvio Berlusconi.
In alto, Angelino
Alfano (FOTO ANSA)
Udi Bruno Tinti
SCUDO
UNA FIRMA
PESANTE
osì il Presidente della
Repubblica ha firmato.
Adesso l’impunità per i
criminali che fanno
rientrare il loro bottino nel
nostro Paese è legge dello
Stato. A chi gli chiedeva di
non firmare Napolitano ha risposto.
pag. 18 z
C
Udi Elisabetta Reguitti
IL LAVORO
CHE
NON C’È PIÙ
ALL’ATTACCO x IL CORO DEGLI UOMINI DEL CAPO
La destra perde la testa
invoca la piazza e il golpe
n
grecia
La vittoria dei
socialisti
di Papandreu
Citati e Perrelli pag. 9z
nmessina
Il disastro
e le promesse
mancate
Fierro a pag. 7z
Da Capezzone
a Cicchitto,
passando per
Gasparri. Quello che
il Cav. non dice (E
loro purtroppo sì)
di Luca
Telese
M
anca solo la parola
“golpe”. Ma è come
se il premier e i suoi
uomini ci girassero
intorno
pag. 5 z
CATTIVERIE
Berlusconi su Annozero:
"È inaccettabile che la Rai
inviti una prostituta".
Martedì a Uno Mattina:
"Presidente, questa è
casa sua".
(www.spinoza.it)
Punta Corsara - Fondazione Campania dei Festival
e minimum fax presentano
TERRE IN DISORDINE
RACCONTI E IMMAGINI DELLA CAMPANIA DI OGGI
a cura di MAURIZIO BRAUCCI e STEFANO LAFFI
la Feltrinelli • Libri e Musica
Piazza dei Martiri, Napoli
Oggi alle 18.00
presentazione del volume
lla fine quelli della Innse di Milano, forse, ci
sono riusciti. La sottoscrizione dell’ultimo
passaggio (dei tre previsti
nell’accordo raggiunto ad
agosto) sembra aver definitivamente scritto la parola
“fine” sulla storia della fabbrica
pag. 8 z
A
Udi Oliviero Beha
OGNI
MALEDETTA
DOMENICA
erba volant. La notizia
che un autentico signore del calcio come il
presidente del Napoli,
Aurelio De Laurentiis, voglia
cacciare il suo allenatore
non
è
una
notizia.
V
pag. 15 z
Martedì 6 ottobre 2009
pagina 2
La settimana che decide
le sorti processuali
di Berlusconi
P
PREMIER IMPUNITO
arte oggi la settimana decisiva per il
presidente del Consiglio, Silvio
Berlusconi. Martedì 6 ottobre: la
Consulta apre la discussione sul lodo Alfano, per
giudicarne la costituzionalità che, se venisse bocciata,
potrebbe portarlo -come lui stesso ha dichiarato- a
elezioni anticipate (oltre che ad essere processato).
Mercoledì 7 ottobre: l’ingegner Carlo De Benedetti
notificherà la sentenza che impone il risarcimento
alla sua holding per un ammontare di 750 milioni di
euro (relativa al lodo Mondadori) chiedendone
l’esecutività (quindi i soldi). Nelle motivazioni si dice
anche che Berlusconi è “corresponsabile della
vicenda corruttiva”. Giovedì 8 ottobre: la
trasmissione Annozero ospiterà Massimo
Ciancimino, figlio di Vito, l’ex sindaco mafioso di
Palermo. Massimo, 5 anni per riciclaggio dei soldi del
padre, ha rivelato nuovi retroscena delle stragi di
mafia e che il boss Bernando Provenzano chiedeva
nel 1994 a Berlusconi di mettere a disposizione di
Cosa Nostra una delle sue reti televisive. Venerdì 9
ottobre: presso la seconda corte d’appello a Milano,
si riapre il processo a David Mills, condannato in
primo grado per essere stato corrotto da Berlusconi.
PREVITI È ANCORA AVVOCATO
Condannato a sette anni e mezzo
in due processi, non è stato radiato dall’ordine
di Marco Lillo
m. l.
SERVIZI SOCIALI
vvocato Cesare Previti.
Iscritto all’albo dal 18 dicembre 1958, cassazionista dal 1973. Punto. Questo è tutto quello che troverete
sull’albo dell’Ordine degli Avvocati sul conto del legale di
Silvio Berlusconi, condannato
per ben due volte con sentenza
definitiva per avere comprato i
giudici.
I processi Imi-Sir e Lodo Mondadori che lo hanno visto protagonista hanno macchiato il
suo casellario giudiziario ma
non hanno lasciato traccia sulla fedina professionale del legale della Fininvest. Cesare Previti, nonostante sia stato condannato complessivamente a
sette anni e mezzo di galera
con sentenza passata in giudicato, è ancora bellamente
iscritto al suo Ordine come se
nulla fosse. A “Il Fatto Quotidiano”, che chiede lumi su
questa situazione grottesca, sia
il presidente dell’Ordine di Roma, Alessandro Cassiani, che
quello nazionale, Guido Alpa,
ieri non hanno trovato il tempo
di rispondere. Un consigliere
dell’Ordine di Roma che vuole
restare anonimo, precisa: “Previti è stato sospeso dalla professione per cinque anni ma non è
stato ancora radiato e per questa ragione figura sull’albo ma
non può mettere piede in Tribunale”. Non è così secondo
l’avvocato di Previti, Alessandro Sammarco: “E’ vero che la
sentenza di condanna prevedeva la sospensione dall’albo
per 5 anni ma l’Ordine non ha
mai notificato nulla al mio assistito, rendendo inefficace la
sua sospensione dalla professione”.
Cerchiamo di capire come
stanno le cose ripercorrendo
la vicenda dall’inizio. La prima
A
PRONTO, CESARE?
ronto, sono Previti, mi dica. L’avvocato di
Berlusconi risponde a “Il Fatto Quotidiano” che
aveva chiesto di lui alla sede centrale del Ceis in via
Ambrosini a Roma. Negli uffici di questa Onlus
l’avvocato si è impegnato a scontare la sua pena e,
quasi come se volesse dimostrare che lo sta facendo
con serietà, parla senza problemi con i giornalisti al
telefono. Anche se lo fa solo per dire: “Non parlo con
i giornalisti”. Dal 2006, quando è stato condannato
definitivamente per la corruzione giudiziaria del
caso Imi-Sir, l’avvocato corruttore collabora con
l’organizzazione di Don Mario Picchi. Dopo un breve
periodo agli arresti domiciliari, il Tribunale ha
convertito la sua pena nell’affidamento ai servizi
sociali. Inizialmente era costretto a rientrare a casa
entro una certa ora e non poteva abbandonare
Roma. A dicembre la pena sarà scontata e le
limitazioni peggiori sono state già eliminate. Previti
è libero di circolare in tutto il territorio italiano. Ed è
stato avvistato a settembre in barca all’Argentario.
P
condanna penale definitiva,
quella per la corruzione più
grande della storia, per il processo Imi-Sir, nell’interesse del
petroliere Nino Rovelli, è stata
notificata all’Ordine degli Avvocati di Roma nel 2006. Accanto alla sanzione principale
dei sei anni di galera (convertita in arresti domiciliari grazie
a una legge ad hoc che impediva la carcerazione degli ultrasettantenni) era prevista anche
la sospensione per cinque anni
dalla professione. L’Ordine ha
ritenuto di applicare la sanzione automaticamente, senza
notificarla all’interessato. Così
ora l’avvocato Sammarco può
dire: “questa sospensione non
mi risulta. Nessuno ha comunicato ufficialmente al mio assi-
stito il provvedimento, che per
me non esiste. Mi dicono che
l’Ordine di Roma abbia deciso
in tal senso ma un simile atto
interno mi sembra un gran pasticcio e non ha alcuna validità”. Secondo Sammarco, “in
teoria l’avvocato Previti potrebbe ancora esercitare la professione, anche se ovviamente
non lo fa”. Una tesi rigettata dal
Consiglio dell’ordine di Roma.
Comunque sia, nel 2011 la sospensione finisce e anche per
questo l’Ordine, a prescindere
dalla sentenza penale, ha sottoposto Previti a un procedimento disciplinare autonomo. I
tempi sono però biblici. Gli avvocati addetti a giudicare i loro
colleghi hanno tante cose da
fare e dedicano un’udienza a
Ritenuto
colpevole
per Imi-Sir
e Mondadori
settimana a questa incombenza.
La difesa di Previti non si è certo fatta mancare nulla per rallentare i lavori e ha chiesto subito di ascoltare decine di testimoni. Dopo due anni di eccezioni e rinvii, grazie all’impegno del relatore che sosteneva
l’accusa, l’avvocato Livia Rossi, il
processo si è concluso con la sanzione più grave:
la radiazione. La
decisione risale
al 27 maggio del
2008 ma ovviamente è stata appellata davanti al
Consiglio nazionale forense che
da un anno e tre mesi sta studiando la causa. Il presidente
del Consiglio nazionale, Guido
Alpa, contattato ieri dal nostro
giornale, non è riuscito a trovare il tempo per rispondere.
In conclusione, sul fronte
Imi-Sir, per ora, l’avvocato Previti è salvo. Non va meglio se si
MONDADORI A PIAZZA AFFARI
IL CAIMANO SBANCA LA BORSA ANCHE QUANDO PERDE
di Francesco Bonazzi
ai credere alle lacrime del CaimaM
no, specie quando di mezzo ci sono i soldi. Nonostante le geremiadi
del fine settimana, con Silvio Berlusconi abile a lamentarsi di quanto i
magistrati milanesi rendano la vita difficile alle sue povere aziende, l’altra
Milano che emette sentenze a getto
continuo, ovvero Piazza Affari, ha
detto la sua con encomiabile nettezza: si brinda tutti, vincitori e vinti.
Sabato, a borse chiuse, era andata in
scena l’ultima puntata di quella saga
giudiziaria che da 19 anni divide Berlusconi e Carlo De Benedetti, i due
principali editori nostrani, avvelenando a dismisura l’intera vita pubblica italiana. Il Tribunale civile di Milano ha quantificato in 750 milioni il risarcimento che la Fininvest, holding
che controlla Mondadori, Mediaset,
Mediolanum e il Milan, dovrà versare
alla Cir di Carlo De Benedetti per l’esito della guerra di Segratee. Uno scippo avvenuto nel 1991 grazie anche a
una sentenza che si è poi scoperto esser passata di mano proprio come un
titolo azionario, ovvero a pagamento.
Bene, se ieri Cir ha fatto registrare il
maggior rialzo di tutta Piazza Affari,
chiudendo a 1,56 euro con un balzo
del 7,66% rispetto a venerdì, il terzo
botto di giornata lo ha messo a segno
proprio la Mondadori, cresciuta del
3,39% e capace di far segnare addirittura la quotazione più alta degli ultimi
12 mesi. Insomma, al di là degli allarmi sullo “tsunami di Borsa” lanciati
oggi a nove colonne dal “Giornale” di
famiglia, quella di ieri sarà ricordata
come una giornata da incorniciare anche ad Arcore e dintorni. Dove si sono
arricchiti perfino sul fronte Mediaset,
il cui titolo ha chiuso in rialzo dello
0,76%. Che cosa è successo esattamente per smentire qualunque timo-
re dei trader sulla tenuta della galassia
Berlusconi, tenuto conto che quei
750 milioni corrispondono all’utile
messo a segno da Mondadori negli ultimi tre anni?
spiegazione che arriva dalLavràlea prima
banche d’affari è che Fininvest
bisogno di munizioni per pagare
i suoi conti con l’Ingegnere, e che
queste non potranno che arrivare dai
dividendi che “salgono” dalle controllate. Insomma, a meno che Berlusconi voglia dissanguare le sue due famiglie con un aumento di capitale
che in questo momento sarebbe complicato anche dalla separazione con
Veronica, l’unico modo per rimpinguare le casse Fininvest sarebbe una
politica di dividendi straordinariamente generosa in capo alle controllate, Mondadori in testa.
Altra spiegazione che gira in Piazza
Affari è quella che porta in Germania,
dalle parti di Bertellsmann. Il colosso
tedesco dell’editoria è da sempre interssato a una qualche partnership
con Mondadori, ha già un buon accordo sui libri e non spaventa il premier
sotto il profilo della fedeltà. Il dossier
Bertellsmann-Fininvest è un vecchio
pallino di parecchie banche d’affari e
oggi potrebbe tornare d’attualità.
Infine, sulla splendida giornata di
Borsa della Mondadori giocano probabilmente le aspettative per un qualche intralcio all’esecutività della sentenza. Questo non solo per l’istanza
di sospensione già preparata dall’avvocato Romano Vaccarella (se però il
titolo corre così in Borsa, è difficile
che i giudici si commuovano), ma anche per il fatto che nella procedura di
pagamento del risarcimento serve un
passaggio presso l’Agenzia delle entrate di Milano, ovvero in zona governo. E anche da quelle parti, Berlusconi è ancora qualcuno.
guarda agli effetti disciplinari
della seconda condanna definitiva, quella per il caso Mondadori, passata in giudicato nel
2007.
Previti è stato ritenuto colpevole di avere comprato, nell’interesse del gruppo Fininvest, il
magistrato Vittorio Metta che
ha scritto la sentenza di appello sul lodo Mondadori. Quel
provvedimento definito dal
Tribunale civile di Milano
“frutto della corruzione del
giudice Metta”, ha consegnato
nel 1991 il gruppo editoriale
più importante d’Italia alla società di Silvio Berlusconi, dopo
una prima decisione favorevole a Carlo De Benedetti. Anche
in questo caso il procedimento
disciplinare sembrava un rigore a porta vuota per i consiglieri dell’Ordine forense di Roma.
Ma non è andata così: dopo una
lunga istruttoria, solo pochi
giorni fa, finalmente è stato
aperto il procedimento disciplinare contro Previti e i suoi
complici. E, ovviamente, subito il sodale di Previti, Giovanni
Acampora (anche lui condannato come corruttore dei giudici nell’interesse della Fininvest) ha bloccato tutto con un
ricorso.
Anche Acampora è tuttora
iscritto tranquillamente all’albo degli avvocati di Roma e
non ha avuto conseguenze importanti, né sul piano personale né patrimoniale, per la corruzione che ha cambiato la storia dell’editoria italiana.
La sentenza del caso Mondadori lo aveva condannato insieme
al giudice Metta, e agli avvocati
Pacifico, e Previti, a pagare le
spese processuali. Solo Cesare
Previti ha onorato la sua quota
di debito. I suoi complici sono
risultati tutti nullatenenti e
non hanno tirato fuori un euro.
pagina 3
Martedì 6 ottobre 2009
Nel 1988 parte
la vicenda legata
al gruppo editoriale
di Marco Travaglio
oltanto chi non ha mai letto le varie sentenze che,
negli anni, hanno riguardato Silvio Berlusconi,
può meravigliarsi se il 3 ottobre 2009 il giudice civile del
Tribunale di Milano, Raimondo Mesiano, ha scritto che di
fatto l’Italia è governata da un
delinquente. Tecnicamente da
un corruttore di giudici: “corresponsabile della vicenda
corruttiva”, cioè della sentenza comprata dai suoi avvocati
con soldi suoi che nel 1991 gli
regalò il primo gruppo editoriale del Paese, sottraendolo al
legittimo proprietario, Carlo
De Benedetti. Di qui la condanna in primo grado, per la holding di famiglia, a restituire il
maltolto dopo vent’anni di
possesso abusivo della Mondadori: 750 milioni di euro di
danni. Che poi il presidente
del Consiglio sia pure un corruttore di testimoni, lo si può
leggere nella sentenza di primo grado a carico di David Mills (ora pubblicata da Peter Gomez e Antonella Mascali ne “Il
regalo di Berlusconi”, Chiarelettere): lì i giudici milanesi aggiungono che corruppe pure
la Guardia di Finanza,ma si salvò in Cassazione per “insufficienza probatoria” proprio
grazie alla falsa testimonianza
prezzolata di Mills.
Responsabile di corruzione
“Silvio Berlusconi – ricorda il
giudice Mesiano nelle 140 pagine di motivazione che il Fatto inizia oggi a pubblicare a
pag. 10-11 - era all'epoca dei
fatti di causa Presidente del
Cda di Fininvest e tale rimase
fino al 29.01.1994. Tanto premesso, è da affermare la sussistenza della responsabilità civile della società di capitali per
il fatto anche penalmente illecito del legale rappresentante
o dell'amministratore della
stessa società, quando detto
fatto è compiuto nel compimento di una attività gestoria”.
Ma non c’è solo la sua posizio-
S
Silvio
Berlusconi
in una
elaborazione
fotografica (
È
PREMIER IMPUNITO
il 1988: la famiglia Mondadori-Formenton
s’impegna a vendere a De Benedetti il suo
pacchetto azionario entro il 30 gennaio
‘91. Nel 1989 ecco il voltafaccia dei Mondadori che si
alleano con Berlusconi e gli consegnano il gruppo
(Repubblica, Panorama, Espresso, Epoca, 15 giornali
Finegil e libri). L’anno dopo la "guerra di Segrate" è
risolta da un collegio di 3 arbitri: il lodo Mondadori dà
ragione a De Benedetti, che torna al vertice del
gruppo. Ma il patto Formenton-Berlusconi lo impugna
davanti alla Corte d’appello di Roma. 1991: il giudice
Metta annulla il lodo e riconsegna la Mondadori a
Berlusconi. Molti giornalisti si ribellano. Andreotti,
allarmato dallo strapotere di Craxi sull’editoria,
impone la mediazione Ciarrapico: il Cavaliere
restituisce all’Ingegnere parte del maltolto
(Repubblica, Espresso, Finegil). 2001: la Corte
d’appello di Milano, grazie anche alle rivelazioni della
Ariosto, rinvia a giudizio Metta e gli avvocati Fininvest
Previti, Pacifico e Acampora per corruzione
giudiziaria. Berlusconi se la cava per prescrizione.
2007: già sanzionati per la compravendita della
sentenza Imi-Sir, i 4 imputati sono condannati
definitivamente anche per Mondadori
Come l’utilizzatore finale
ha conquistato
il gruppo Mondadori
DAL GIUDICE METTA A MILLS:
STRATEGIA DI UNA CORRUZIONE CONTINUA
ne apicale nel gruppo Fininvest, a incastrarlo. Il giudice civile ricorda che nel 2001 la Corte
d’appello di Milano, ribaltando la decisione del gip, rinviò a
giudizio gli imputati del caso
Mondadori, tranne uno: Silvio
Berlusconi. Perché innocente?
No, perché per lui il reato di
corruzione giudiziaria fu derubricato per un vuoto legislativo in corruzione semplice, e
così, grazie alla generosa concessione delle attenuanti generiche, il termine massimo di
prescrizione scese da 15 a 7 anni e il reato di estinse appunto
per il fattore-tempo. Anziché
rinunciare alla prescrizione,“Berlusconi propose ricorso per Cassazione chiedendo il
proscioglimento con formula
piena di merito, ricorso che
venne rigettato dalla Corte di
Cassazione. Orbene nei confronti del Berlusconi è stata
pronunciata sentenza irrevocabile, che ha dichiarato il reato estinto per prescrizione”. Il
che non significa che il Cavaliere è innocente, anzi: “il giudice, una volta rilevata la sussistenza di una causa estintiva
del reato, non può compiere
alcun ulteriore accertamento
probatorio sulla responsabilità dell'imputato, ma deve senza altro dichiarare la causa
estintiva del reato, a meno che
dagli atti già emerga la prova
evidente che il fatto non sussiste o l'imputato non l'ha commesso, poiché in tal caso il giudice è tenuto a pronunciare il
proscioglimento nel merito
del prevenuto. Pertanto, se il
Berlusconi non è stato prosciolto nel merito dalla Corte,
è perché non vi era l'evidenza
dell'innocenza dell’imputato”.
Ha commesso il fatto
Il fatto che gli abbiano concesso le attenuanti, che non spettano certo agli innocenti, parla
da sé: “Trattasi di pronuncia
che ovviamente preclude l’assoggettamento del Berlusconi
medesimo a giudizio di responsabilità penale ed a sanzione penale per il fatto, per
cui è causa, ma, trattandosi di
sentenza non emessa a seguito
di giudizio di merito, ma solo a
seguito di applicazione di causa estintiva del reato, essa non
preclude in alcun modo che,
nella presente sede, venga ritenuto ‘incidenter tantum’
che il Berlusconi ha commesso il fatto de qua, ai
soli fini civilistici e risarcitori, di cui qui si
discute”. Insomma, per la giustizia
civile Berlusconi
è un corruttore e
deve sborsare il
risarcimento.
Come arriva a
questa conclusione il giudice Mesiano?
Ricorda
che “i conti All
Iberian e Ferrido
erano accesi su
banche svizzere e
di cui era beneficiaria economica
la Fininvest. Non è
quindi assolutamente pensabile
che un bonifico
dell'importo
di
2.732.868
dollari
TRE MILIARDI
di M.T.
I passaggi di denaro
tra Previti e Metta
I
I 14 febbraio ’91, all’indomani della sentenza Metta, dalle casse della All Iberian
parte un bonifico di 2.732.868 dollari (3 miliardi di lire) al conto Mercier di Previti. Da questo,
il 26 febbraio, altro bonifico di 1,5 miliardi
(metà provvista) al conto Careliza Trade di
Acampora. Questi il 1° ottobre bonifica 425 milioni a Previti, che li dirotta in due tranche (11 e
16 ottobre) sul conto Pavoncella di Pacifico. Il
quale preleva 400 milioni in contanti il 15 e 17
ottobre e li fa recapitare in Italia a Metta. Il
giudice, nei mesi successivi, fa diverse spese, soprattutto in contanti di provenienza
imprecisata (circa 400 milioni). Poi lascia
la toga e diventa avvocato nello studio Previti. A proposito di quei 3 miliardi, Previti
parla di “tranquillissime parcelle”, ma non
riesce a documentare un solo incarico professionale in quel periodo.
(circa 3 miliardi di lire) potesse
essere deciso ed effettuato
senza che il legale rappresentante, che era poi anche amministratore della Fininvest, lo sapesse e lo accettasse”. E proprio da quei conti svizzeri partì
la mega-provvista della Fininvest a Previti che poi, con tortuose gimkane finanziarie, ne
girò una parte agli altri avvocati giù giù fino al giudice Metta.
Provvista targata Silvio
“Abbiamo i seguenti fatti noti:
la provenienza della somma di
2.732.868 $ bonificati, in vista
delle già dimostrate finalità
corruttive, a Previti dai conti
All Iberian e Ferrido accertatamene appartenenti a Fininvest
e la posizione verticale di Silvio Berlusconi nella stessa Fininvest: da tali fatti noti è d'obbligo inferire l'affermazione
del fatto ignoto, e cioè la consapevolezza e l'accettazione
dell'inoltro a Previti della provvista corruttiva da parte di Silvio Berlusconi, e ciò sulla base
di un criterio di ‘normalità’: vale a dire rientra assolutamente
All’epoca
era presidente
del gruppo
Fininvest
nell'ordinario svolgersi degli
accadimenti umani che un bonifico di quella entità poteva
essere inoltrato solo sulla base
della preventiva accettazione
da parte di chi nella compagine sociale, da cui proveniva la
somma destinata alla condotta
corruttiva, ricopriva una incontrastata posizione verticale”. Del resto, rammenta il giudice, “la prova per presunzioni
nel processo civile ha la stessa
dignità della prova diretta. Ciò
è stato di recente ribadito dalle
Sezioni Unite della Corte di
Cassazione”. E dunque “sarebbe assolutamente fuori dell'ordine naturale degli accadimenti umani che un bonifico di circa 3 miliardi di lire sia disposto
ed eseguito, per le dimostrate
finalità corruttive, senza che il
‘dominus’ della società, dai cui
conti il bonifico proviene, ne
sia a conoscenza e lo accetti.
Pertanto è da ritenere, ‘incidenter tantum’ ed ai soli fini civilistici del presente giudizio,
che Silvio Berlusconi sia corresponsabile della vicenda corruttiva, per cui si procede,
corresponsabilità che, come
logica conseguenza, comporta, per il principio della responsabilità civile delle società di capitali per il fatto illecito
del loro legale rappresentante
o amministratore commesso
nell'attività gestoria, la responsabilità della stessa Fininvest… Deve quindi essere, in
primo luogo, affermata la responsabilità della società con-
venuta per la condotta posta in
essere, nella sua già vista qualità, dall'On. Silvio Berlusconi”. E la Cir di De Benedetti
dev’essere risarcita per “il danno subito da ‘perdita di chance’: vale a dire, posto che nessuno sa come avrebbe deciso
una Corte incorrotta, certamente è vero che la corruzione
del giudice Metta privò la Cir
della chance di ottenere da
quella corte una decisione favorevole”.
La sentenza dimenticata
Chi si meraviglia, o addirittura
si indigna, per le parole del giudice civile, non conosce quelle ben più pesanti usate da
quelli penali, e in una sentenza
ormai irrevocabile. Se il verdetto dell’altro giorno ha come unica novità il mega-risarcimento (peraltro ampiamente prevedibile, viste le dimensioni e il valore del corpo del
reato), quello della Corte d’appello di Milano nel 2006, poi
confermato dalla Cassazione
nel 2007, spiegava esplicitamente come Silvio Berlusconi
non solo sapesse, ma fosse il
mandante, il finanziatore e
l’utilizzatore finale della corruzione del giudice Vittorio Metta da parte dei tre avvocati Fininvest, Cesare Previti, Giovanni Acampora e Attilio Pacifico. Lì i giudici definiscono
Berlusconi “privato corruttore” e aggiungono che “la retribuzione del giudice corrotto è
fatta nell’interesse e su incarico del corruttore”: cioè del nostro premier. Che rimase impunito solo per il combinato
disposto di tre fatti tecnici: corruzione semplice e non giudiziaria, attenuanti generiche e
prescrizione. Quest’ultima fu
negata ad avvocati corruttori e
giudice corrotto per vari motivi: “l’enorme gravità del reato… e del danno arrecato non
solo alla giustizia, ma all’intera
comunità, minando i principi
posti alla base della convivenza civile secondo i quali la giurisdizione è valore a presidio e
a tutela di tutti i cittadini con
conseguente ulteriore profilo
di gravità per l’enorme nocumento cagionato alla controparte nella causa civile e per le
ricadute nel sistema editoriale
italiano, trattandosi di controversia (la cosiddetta guerra di
Segrate) finalizzata al controllo
dei mezzi di informazione;la
spiccata intensità del dolo; i
motivi a delinquere determinati solo dal fine di lucro e, più
esattamente, dal fine di raggiungere una ricchezza mai ritenuta sufficiente; i comportamenti processuali tenuti (con
continue e spudorate “menzogne”, ndr); il precedente penale specifico (Imi-Sir, ndr)”.
Questo scrivevano, tre anni fa,
i giudici penali d’appello. Questo confermava, due anni fa, la
Cassazione condannando Previti, Pacifico e Acampora a 1
anno e 6 mesi e Metta a 2 anni e
8 mesi per corruzione giudiziaria “in continuazione” con le
pene già subìte per la sentenza
gemella di Imi-Sir, anch’essa
comprata (Previti, Pacifico e
Metta 6 anni, Acampora 3 anni
e 8 mesi). Perché allora il risarcimento lo deve pagare Berlusconi? Perché la Cassazione già
in sede penale l’ha ritenuto
mandante di quella corruzione giudiziaria. E perché l’utilizzatore finale della Mondadori è
lui, non certo il giudice o i suoi
avvocati. I quali, fra l’altro, risultano pressochè nullatenenti.
pagina 4
Martedì 6 ottobre 2009
Approvato in 25 giorni
È il primo atto
del governo Berlusconi
I
IL GIORNO DELLA CONSULTA
l lodo Alfano è stato approvato in tempi
record dal Parlamento il 22 luglio del
2008 ed è stato il primo atto del
governo Berlusconi. Tra il disegno di legge
approvato dal Consiglio dei Ministri e il voto
definitivo del Senato sono passati appena 25
giorni. Solo il rifinanziamento delle missioni
militari all’estero, nel 2006, aveva fatto meglio:
23 giorni. E’ passato al Senato con 171 sì, 128 no
e 6 astenuti. A votare contro il Pd e Idv.
E’ uno scudo processuale per il capo dello Stato,
i presidenti delle Camere e il presidente del
Consiglio. Non più per il presidente della
Consulta, come invece prevedeva il lodo
Schifani. Il 23 luglio del 2008 il Presidente
Napolitano ha promulgato la legge che “a un
primo esame”, secondo il Quirinale, recepisce i
rilievi della Corte che ha bocciato il lodo
Schifani. Non è così per 100 costituzionalisti
italiani, fra cui i presidenti emeriti della Consulta,
Onida e Zagrebelski, che hanno definito
incostituzionale il lodo Alfano, esattamente
come il lodo Schifani, per violazione dell’articolo
3 sull’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.
LA SEDUTA ODIERNA
TEMPI INCERTI PER LA DECISIONE
QUESTA MATTINA si riuniscono
i 15 giudici della Corte Costituzionale , come fanno periodicamente. Ma questa seduta non è
come le altre, anche se alcuni di
loro ripetono che il “lodo Alfano”
sarà affrontato in maniera squisitamente tecnica, come per l'esame delle altre leggi. Nonostante la cena con il premier e il ministro della Giustizia, né il giudice
Luigi Mazzella, padrone di casa,
né il suo collega, Paolo Maria
Napolitano, si asterranno su questa legge approvata per congelare i processi a carico di Berlusconi. L'udienza è pubblica e si
apre con la relazione del giudice
Franco Gallo. Poi parlano le parti
in causa: gli avvocati di Silvio Ber-
lusconi, Niccolò Ghedini, Gaetano Pecorella e Piero Longo, il
professore Alessandro Pace, avvocato della Procura di Milano, e
l'avvocato dello Stato, Glauco
Nori, che rappresenta la Presidenza del Consiglio. Alla fine degli interventi, i giudici si riuniscono in Camera di Consiglio. Dal
punto di vista teorico, per evitare
il toto sentenza, la Corte potrebbe emettere un comunicato a decisione presa e poi far conoscere
le motivazioni nelle settimane
successive. Il presidente Francesco Amirante, cosciente della spinosità della materia, vorrebbe
una decisione in tempi brevi, ma
è improbabile che venga presa
già oggi.
a.m.
LODO ALFANO, TOCCA A LORO
Immunità per le quattro alte cariche dello Stato?
La parola ai 15 membri della Corte Costituzionale
di Antonella
Mascali
a vigilia dell'esame del
Lodo Alfano per i giudici
della Corte costituzionale è stata di isolamento.
Adesso più che mai devono
dimostrare di essere imparziali e al di sopra di ogni sospetto. Al telefono qualcuno di loro, interpellato per dei chiarimenti su come si svolgeranno i lavori, riattacca il telefono dopo aver salutato educatamente. Il presidente Francesco Amirante, cosciente della
spinosità della materia, vorrebbe una decisione in tempi
brevi ma è improbabile che
venga presa già oggi. Le indiscrezioni che circolano nelle ultime settimane sono sempre le stesse: una risicata maggioranza sarebbe per la bocciatura del Lodo Alfano, ma
un paio di incerti potrebbero
L
rovesciare le previsioni.
Francesco
Amirante
Eletto giudice nel
2001; Presidente
dal 2009
Nato a Napoli il
16 aprile 1933,
entra in magistratura nel 1958
e lavora come Pretore a Forlì,
Vicenza e Lagonegro. È stato
giudice presso la Sezione Fallimentare del Tribunale di Napoli e dal 1980 approda in
Corte di Cassazione e diventa
Presidente di sezione. Dal
1987 componente fisso delle
Sezioni unite della Suprema
Corte.
Dopo lo scandalo della cena a
casa del giudice Luigi Mazzella con Berlusconi, emette un
comunicato: “La Corte Costituzionale nella sua collegialità
MAFIA
Piera, testimone
abbandonata
P
iera Aiello, cognata di Rita Atria (la testimone che si è suicidata dopo l’assassinio del magistrato Paolo Borsellino) si sente
abbandonata "dagli uomini dello Stato, assenti
o peggio indifferenti". Piera è diventata testimone di giustizia nel 1991. Dopo l’omicidio di
suo marito, mafioso, andò da Borsellino e fece i
nomi. “Quando era in vita Borsellino - racconta
la Aiello - le difficoltà venivano sempre risolte.
Ma dopo il suo omicidio si verificò una vicenda
sconcertante: vennero a trovarmi due funzionari spiegandomi che, dopo la morte
del giudice, molti collaboratori si erano tirati indietro. E aggiunsero: Tu cosa vuoi fare?” Oggi Piera ha deciso, dopo 18 anni, di
tornare a Palermo per “ lottare, non per
morire”, e denucia che il servizio di protezione la considera "una ex testimone". Ora i
rischi sono tutti suoi.
Alfonso
Quaranta
deciderà, come ha sempre fatto, in serenità e obiettività, le
questioni sottoposte al suo
esame”. E' stato il relatore del
lodo Schifani bocciato dalla
Consulta il 20 gennaio 2004.
Giudice dal 2003
Ugo
De Siervo
Giudice dal 2002;
Vice presidente dal
2009.
Nato a Savona il
20 febbraio del
1942, è professore ordinario
di Diritto costituzionale. Eletto giudice dal Parlamento il
24 aprile 2002 su indicazione
del centro-sinistra.
Paolo
Maddalena
Giudice dal 2002
Nato a Napoli il
27 marzo 1936,è
stato Presidente
di sezione della
Corte dei conti
Alfio
Finocchiaro
Giudice dal 2002
Nato a Caserta il
10
settembre
1935, è stato presidente di sezione della Corte di Cassazione.
Luigi
Mazzella
Giudice dal 2005
Eletto dal Parlamento il 15 giugno 2005 su indicazione del centro-destra. Nato a Salerno il 26
maggio 1932, è stato Avvocato Generale dello Stato. Nella
sua casa romana nei pressi di
via Cortina D'Ampezzo a maggio di quest'anno invita a cena
Berlusconi, il ministro Alfano,
il sottosegretario Letta e il
presidente della commissione affari costituzionali del Senato, Vizzini.
Dal 14 novembre 2002 al 2
dicembre 2004 è stato Mini-
Angelino Alfano (FOTO ANSA)
stro della funzione pubblica
nel secondo governo Berlusconi. Ha ottenuto l'onorificenza di «Cavaliere di Gran
Croce» al merito della Repubblica italiana dal Presidente
Ciampi. E' Cavaliere dell'Ordine di Malta. Dal '92 è iscritto
all'albo dei giornalisti pubblicisti dell'Ordine interregionale del Lazio e del Molise.
Paolo
Grossi
Giudice dal 2009
Nato a Firenze il
29 gennaio 1933,
è Professore ordinario di Storia
del diritto italiano.
Maria Rita
Saulle
Giudice dal 2005
È stata nominata
dal presidente
della Repubblica
il 4 novembre
2005. Nata a Caserta il 3 dicembre 1935, è professore ordinario di Diritto internazionale alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università La Sapienza di Roma. Nel 1987 è
stata vice presidente della
Conferenza
mondiale
dell’Unesco su “Le donne,
dall’istruzione al lavoro”. Nello stesso anno, come delegata
dell’Italia alle Nazioni Unite,
ha proposto una convenzione
mondiale sulle pari opportunità dei disabili.
Nato a Napoli il 2
gennaio 1936, è
stato Presidente
di sezione del
Consiglio di Stato.
Nel 1981 fu capo di gabinetto
del ministro Remo Gaspari
Nel giugno scorso il figlio,
Alessio Quaranta, è stato nominato direttore generale dell'Enac
Franco
Gallo
Giudice dal 2004
Nato a Roma il 23
aprile 1937, professore ordinario
di diritto tributario, è il relatore del lodo Alfano
E' stato ministro delle finanze
nel governo Ciampi.
Gaetano
Silvestri
vembre 1942, è Professore ordinario di diritto internazionale,
Paolo Maria
Napolitano
Giudice dal 2006
Eletto dal Parlamento, su indicazione del centro-destra, il 5 luglio 2006. Nato a Roma il 3
ottobre 1944, Consigliere di
Stato, è stato membro del gabinetto del vice presidente
del Consiglio Gianfranco Fini
nel primo governo Berlusconi e l'ha seguito alla Farnesina
quando l'ex leader di An è diventato ministro degli Esteri.
Ha partecipato alla cena con
Berlusconi a casa del collega
Mazzella e ha respinto le critiche, attaccando: “C'è un
tentativo per condizionare la
Corte costituzionale nella sua
futura attività, intimidendo alcuni dei suoi componenti”.
Giudice dal 2005
Eletto dal Parlamento, su indicazione del centro-sinistra, il 22
giugno 2005. Professore ordinario di diritto costituzionale,
è nato a Patti, in provincia di
Messina, il 7 giugno 1944.
Sabino
Cassese
Giudice dal 2005
Nominato
dal
Presidente della
Repubblica il 4
novembre 2005.
Nato ad Atripalda , in provincia di Avellino, il 20 ottobre1935, è professore ordinario di diritto amministrativo
Giuseppe
Tesauro
Giudice dal 2005
Viene nominato
dal Presidente
della Repubblica
il 4 novembre
2005. Nato a Napoli il 15 no-
Giuseppe
Frigo
Giudice dal 2008
Eletto dal Parlamento, su indicazione del centro-destra, il 21
ottobre 2008. Nato a Brescia il
30 marzo 1935, è avvocato
penalista. Dal '98 al 2002 è
stato presidente dell'Unione
delle camere penali. E' uno
dei padri della riforma del cosiddetto giusto processo.
Alessandro
Criscuolo
Giudice dal 2008
Nato a Napoli il 15
luglio 1937, è stato . Presidente di
Sezione della suprema Corte. Presidente dell'associaizone nazionale magistrati
dal 1985 al 1989 e componente
de Csm dal 1990 al 1994. Nel
2008, davanti al Csm, ha assunto la difesa dell'ex Pm di Catanzaro, Luigi De Magistris.
Martedì 6 ottobre 2009
pagina 5
Dal predellino al lodo
quel rapporto difficile
tra Fini e il premier
L
STORIE DI REGIME
a relazione tra i due è così logora, che ieri
“i berluscones” erano quasi stupiti per la
dichiarazione con cui Gianfranco Fini
(almeno in apparenza) correva in soccorso del
presidente del Consiglio, tagliando le ali ad ogni
ipotesi di governissimo: “"Nel nostro sistema - aveva
detto il presidente della Camera - la maggioranza é
quella che esce dalle urne. Non a caso gli elettori che
hanno votato alle ultime Politiche hanno trovato sulla
scheda il nome del candidato premier". Parole che
sembrano una risposta alle ipotesi di governissimo
ventilate da Rutelli e che dovrebbero rassicurare la
maggioranza del Pdl. Invece, nell’entourage del
Cavaliere, il sospetto correva sulle bocche: “Lo
difende ora, che non può fare a meno, per tenersi le
mani libere poi”. Sta di fatto che i rapporti tra Fini e
Berlusconi sono compromessi (perlomeno) dal
discorso del predellino, quando Fini commentò algido:
“Siamo alle comiche finali”. Le elezioni segnarono una
tregua, il congresso del Pdl segnò una divisione
abissale, seguito dallo strappo sul caso Englaro e da
quello sulla cittadinanza. Come sono lontani i tempi
(1993) dell’appello al voto di Berlusconi per Fini a
Casalecchio del Reno. Ci eravamo tanto amati?
IL CORO DEGLI UOMINI DEL CAPO:
”DISEGNI
EVERSIVI,
E’
UN
GOLPE!”
Berlusconi: “Sentenza al di là del bene e del male”.
Poi detta lo spartito ai suoi. Capezzone: “Si tenta di rovesciare il voto”.
di Luca Telese
anca solo la parola “golpe”. Ma è come se il presidente del Consiglio e i
suoi uomini ci girassero
intorno per tutto il giorno in un
valzer di perifrasi, come se l’orchestra della maggioranza avesse davanti agli occhi uno spartito dominato da quella stessa
nota. Il primo ad evocare lo
spettro del golpe era stato due
settimane fa Renato Brunetta.
Poi è toccato a Vittorio Feltri. Ieri, a parlare di manovre “eversive” sono arrivati i capigruppo
del Pdl e il portavoce del partito
Daniele Capezzone. Anche Silvio Berlusconi ha implicitamente avvalorato la profezia
del suo ministro con il commento alla sentenza sul lodo
Mondadori: “Sono letteralmente allibito: è una sentenza al di là
del bene e del male, è certamente una enormità giuridica”.
Gasparri & Cicchitto. Ecco
perchè quello che il premier
(per ora) non può dire, è affidato al controcanto del comunicato dei capigruppo del suo
partito. Le parole utilizzate da
Maurizio Gasparri e Fabrizio
Cicchitto, ed i rispettivi vicepresidenti (Gaetano Quagliariello e Italo Bocchino) sono
ponderate: “Gli attacchi che
fuoriescano dai canoni dell'opposizione democratica, dura
ma rispettosa delle istituzioni,
ci portano ad assicurare che, in
Parlamento così come nel Paese, forti di un consenso chiaramente e piu' volte espresso dagli italiani, il centrodestra proseguira' nella politica del fare e
del governare, che nessun dise-
M
gno eversivo potra' sconfiggere". E che dire di Daniele Capezzone? "
“Torbide operazioni”. E' necessario - dice il portavoce - che
gli italiani siano messi nella condizione di vigilare contro il tentativo, ora più che mai evidente, di rovesciare il responso delle urne attraverso torbide operazioni di salotto, di tribunale e
di Palazzo". Il lessico da anni di
piombo non è casuale: “rovesciare la voontà popolare”, “disegno eversivo”, “fuoriuscita
dai canoni dell’opposizione democratica”. Gasparri, Cicchitto
(e i loro vice) calcano la mano:"La tempistica e i contenuti
di una sentenza che a 20 anni
dai fatti arriva con sospetta puntualita' - prosegue la nota - rafforzano l'opinione di quanti,
come noi, pensano che vi sia
chi sta tentando, con mezzi impropri, di contrastare la volontà
democratica del popolo italiano".E ancora: “Si tenta, vanamente - dicono i capigruppo
Pdl - di delegittimare l'azione
del governo. Siamo certi che
questo disegno non troverà
spazio nelle istituzioni e, che
ciascuno nella sua diversa responsabilità, agisca partendo
dal presupposto del rispetto
della legalità e della sovranità
popolare".
La replica. Come in un gioco di
specchi ai capogruppo del centrodestra rispondono i capogruppo del Pd, Anna Finocchiaro, Antonello Soro e i rispettivi
vice: “In un ordinamento costituzionale come quello del nostro Paese che prevede la separazione dei poteri e lo stato di
diritto - spiegano i capigruppo
Gasparri e Cicchitto:
”Antidemocratici”.
Di Pietro: “Criminali voi”
del Pd - la nota congiunta dei capogruppo è gravissima nei suoi
contenuti perché finge di non
ricordare che la decisione del
Tribunale di Milano è la naturale conseguenza, in sede civile,
della condanna penale definitiva dell’onorevole Cesare Previti, ritenuto responsabile di aver
corrotto un giudice con l’obiet-
tivo di addomesticare il 'Lodo
Mondadori’”.
Ancora più dure le parole dei
leader dell’Italia dei valori, che
parte all’attacco lancia in resta
con il suo leader. "E' documentalmente provato - dice Antonio
Di Pietro - che il presidente del
Consiglio e' un criminale che
ha corrotto dei giudici per com-
prare, attraverso una sentenza,
un vantaggio ingiusto e ingiustificabile", Spiega il leader dell'Italia dei valori nel Transatlantico di Montecitorio: “Invece di
pagare il fio delle sue malefatte
Berluscoini la butta in politica,
come al solito, per schivare le
responsabilità
processuale.
D'altronde - osserva - si e' messo
per questo in politica". Di più:
“"C'è un disegno eversivo che
viene portato avanti da diversi
anni e anche in questi giorni ed
è portato avanti da un mandante: Silvio Berlusconi”.
Revival. Insomma, il golpe, la
parola-feticcio degli anni settanta torna a risuonare nei palazzi della politica. Non più per
indicare i tentativi di putsch del
principe Junio Valerio Borghese, del Mar di Carlo Fumagalli, o
i piani di deportazione dei dirigenti di sinistra a Capo Marrargiu (ci sarebbe dovuto finire
persino Alessandro Curzi). Lo
spettro del golpe, questa volta
torna evocato dai leader della
maggioranza, e dagli uomini
più vicini al premier. Torna come deterrente, e come strumento di battaglia politica. Ieri
Unberto Bossi era il più sibillino: “Non so se andremo al voto,, non penso. In ogni caso noi
siamo pronti”. Nella maggioranza, ieri, gli sforzi principali
erano quelli per capire se ci siano o meno i numeri per un ipotetico “governissimo” sostenuto da tutte le opposizioni e da
una scheggia di An (avrebbe solo un voto di scarto al Senato).
Non è un mistero che Berlusconi è tetnato dalle elezioni anticipate se la Consulta dovesse
bocciare il Lodo.
Pd, gli assenti si processano
di Caterina Perniconi
atteso per oggi il verdetto del “processo”
agli assenteisti del Partito Democratico.
Con una singolare caratteristica: a giudicare saranno anche alcuni degli imputati. L’accusa è
di aver fatto promuovere il decreto che contiene il cosiddetto scudo fiscale non partecipando alle votazioni in aula la scorsa settimana. Martedì, quando la Camera era chiamata ad
esprimersi sulla pregiudiziale di costituzionalità, gli assenti del Pd erano 59, ma ne bastavano 53 per far affossare il provvedimento. Venerdì, ancora 29 defaillance per il maggior partito dell’opposizione e la legge passa con soli
20 voti di scarto. Nei giorni seguenti c’è stata
una tempesta di giustificazioni a mezzo stampa, non tutte vere, come ha scritto Il Fatto domenica, dimostrando che l’assenza di Giuseppe Fioroni non era dovuta alla malattia ma ad
un convegno torinese. Appuntamento quindi
alle 12.30 con il comitato direttivo, allargato ai
capigruppo di commissione, per giudicare gli
imputati. Ma sicuramente la condanna non sarà pesante, se si considera che una parte degli
assenti fanno parte della giuria stessa. Infatti,
dei 35 deputati chiamati ad emettere la sentenza, ben 8 non erano presenti in occasione
della votazione di martedì. Nello specifico:
Bruno Cesario, Cesare Damiano, Sandro Gozi,
È
Michele Meta, Federica Mogherini, Barbara
Pollastrini, Livia Turco e Guglielmo Vaccaro. È
improbabile che i giudici-assenti decidano di
autopunirsi, né che si aprano in quella sede
discussioni congressuali o un processo al capogruppo Antonello Soro, che vede la sua poltrona già in bilico se le primarie dovessero confermare la vittoria di Bersani.
Allora contro chi si rivolgeranno le accuse stamattina? Di certo contro Antonio Gaglione, il
meno presente in aula con una percentuale del
9,35%, che però ieri ha lasciato il gruppo del
Pd per passare al gruppo Misto. Dopo di lui, le
presenze più basse sono quelle di Massimo
D’Alema e Pierluigi Bersani, rispettivamente
col 31,15 e con il 31,53% (entrambi assenti
martedì). Seguono Gianni Vernetti con il
32,14% (anche lui non c’era martedì), Lapo Pistelli col 35,23% (assente sia martedì che venerdì), Giuseppe Fioroni 33,08% (mancava sia
martedì che venerdì), Dario Franceschini
41,01% (assente martedì). Difficile pensare a
un “processo vip”, che in questi giorni si sono
giustificati con improrogabili impegni o con la
scusa del “se eravamo in numero maggiore noi
sarebbero stati di più anche loro”. Tesi smentita in più occasioni, compreso il famoso decreto salva Rete4 dove fu battuta una maggioranza con 51 assenti, o la manovra economica
dello scorso anno.
L’ESORCISTA
RETROMARCIA DI ASSISI,
LA PAROLA CHIAVE
“N
on tirateci per il saio da una parte
e dall'altra. Noi francescani accogliamo
tutti e la maggioranza viene alla ricerca della
spiritualità. Altri però tentano di servirsi
di Francesco e di noi frati per affermare determinate
cose. Ma non permetteremo che si profitti
del Santo. All'inizio gli ospiti prevalenti erano
politici della sinistra. Questa semplice dichiarazione
ha fatto parlare qualcuno di "frati comunisti".
Ebbene, non è così.
Lo stesso vale per la marcia della pace.
”Era a senso unico. Ora la marcia ha un carattere
diverso. Ci sarà un vescovo, ci sarà un messaggio
del Papa".
Così padre Giuseppe Piemontese, nuovo Custode del
Sacro Convento di Assisi (Il Corriere della Sera, 2
ottobre).
La parola chiave, per interpretare il testo,
è "maggioranza".
IL FATTO POLITICO
dc
Il dibattito
virtuale
di Stefano Feltri
desso c’è anche una data:
APopolo
il 5 dicembre, quando il
della libertà proverà
a riempire la piazza per
reagire al “golpe”, come lo
ha definito ieri il “Giornale”.
Resta solo da capire se si
tratterà di un bagno di folla
rigenerante o di una
manifestazione
pre-elettorale.
Si discute di elezioni
anticipate, di giustizia ad
orologeria (il risarcimento
per la corruzione nella
vicenda Mondadori), di
governissimi e governi
tecnici. Ma sono
dichiarazioni senza
impegno, un dibattito
virtuale perché tutto
dipende dalla decisione
della Corte costituzionale
sul lodo Alfano. E’
impossibile prevedere cosa
succederà se lo scudo
salva-premier verrà
bocciato e quali saranno le
reazioni di Berlusconi. E se
viene bocciato, tutto resta
com’è o qualcuno vuole
comunque le elezioni?
Italia dei valori dice di
L’governo
essere contraria a ogni
di larghe intese
(che sembra piacere a
Francesco Rutelli, del Pd),
Pierluigi Bersani cerca di
dribblare rimettendosi al
capo dello Stato in caso di
crisi, la Lega dice che è
sempre pronta al voto. La
reazione più sofisticata è
quella di Gianfranco Fini che
forse, alla prova dei fatti,
preferisce rimandare ancora
il confronto definitivo con la
leadership di Berlusconi.
Prima il ministro finiano
Andrea Ronchi dice in
un’intervista che “se cade
Berlusconi non ci sono
alternative, l’unica strada
sono le urne”. Poi, da
Napoli, Fini argomenta
meglio: visto che di fatto
non siamo più una
Repubblica parlamentare
tradizionale perché nella
prassi ci sono elementi di
presidenzialismo, è inutile
pensare a governi diversi da
quelli che escono dalle
elezioni. Poi si augura che in
questa legislatura si arrivi a
un Senato delle regioni (o
qualche sua variante). Parole
che si possono interpretare
come un’implicita
dichiarazione di fedeltà a
Berlusconi (Fini vuole che la
legislatura arrivi a
conclusione naturale, visto
che auspica riforme così
complesse) e un altro amo
lanciato a Umberto Bossi,
con cui in questi giorni si sta
stabilendo un nuovo
rapporto.
davvero convinto
L’dalleunico
di poter trarre vantaggi
elezioni anticipate,
insomma, sembra il
Cavaliere, che vuole
affermare la supremazia
della volontà popolare su
quella dei giudici. Per il resto
della maggioranza sarebbero
soprattutto un rischio.
pagina 6
Martedì 6 ottobre 2009
Il comizio in diretta
al Tg1 e la Rai
in subbuglio
S
PERSONAGGI
contro aperto tra il direttore del
Tg1, Augusto Minzolini e il
Comitato di redazione. Sabato
sera Minzolini è apparso in video durante il
telegiornale delle 20 con un editoriale in cui
criticava duramente la manifestazione per la
libertà di stampa, definendola
“incomprensibile” e parlando di “regime
mediatico” esercitato da quei giornali che si
considerano “depositari della verità”. La
replica del Cdr, la rappresentanza sindacale
del Tg1, è arrivata il giorno dopo. Alla fine
dell’edizione delle 20 di domenica Tiziana
Ferrario ha letto un comunicato in cui il
Cdr prendeva le distanze dal Minzolini: “Il
direttore ha allineato il Tg1 contro la
NASCE IL MOVIMENTO
DI
GRILLO:
OBIETTIVO
4%
Alla presentazione del programma
manifestazione del sindacato dei
giornalisti”, diceva il comunicato letto da
Tiziana Ferrario. Motivo per cui veniva
chiesto “un incontro urgente” ai vertici
della Rai. Immediata anche la controreplica
del direttore che ha definito i suoi
giornalisti “intolleranti” contro chi ha idee
diverse.
Il Giornale
GATTI LEGHISTI: TRA
LORO USANO IL DIALETTO
in 122 punti anche Luigi De Magistris
di Peter Gomez
è
l’insegnamento
dell’inglese obbligatorio fin dall’asilo. Ci sono le provincie e le prefetture che vanno da subito
abolite. C’è la class action da introdurre come negli Usa. E ci
sono i posti in consiglio di amministrazione delle società
quotate da riservare ai rappresentati dei piccoli azionisti. Poi,
ecco le nuove norme sull’ambiente e i trasporti - modello
Obama - e il dovere da parte del
parlamento di dibattere e votare le leggi d’iniziativa popolare.
È lungo, anzi lunghissimo, il
programma del “Movimento a
cinque stelle” di Beppe Grillo
che dalle prossime settimane
verrà discusso on line con gli
iscritti. Tra le pareti rosse del
Teatro Smeraldo di Milano, Grillo lo illustra davanti a più di
2000 persone. Quasi tutti ragazzi tra i venti e 35 anni che
hanno deciso di rinunciare a
pomeriggio di sole per ragionare di politica. Sì, di politica. Perchè qui, mentre nel Pd si battaglia per la leadership a colpi di
tessere false e nel Pdl si pensa
C’
ad organizzare una grande manifestazione in difesa dei soldi
del Capo (ovvero Berlusconi
Silvio, appena condannato a
versare 750 milioni alla Cir di
De Benedetti Carlo), i cittadini
(alcuni) tentano di riappropriarsi dello Stato.
Grillo insomma passa definitivamente dalla protesta alla proposta. Spiega come i 122 punti
del suo programma, che spazia
dall’energia, all’economia, per
arrivare all’educazione e all’informazione, non siano definitivi. Chiarisce che, prima delle
elezioni politiche e di
quelle regionali, si deciderà tutti assieme.
“Uno vale uno”, dice
annunciando tessere
gratuite per gli iscritti
dotate di cip e di password grazie alle quali
tutti i dibattiti e le votazioni sui contenuti
potranno avvenire via
internet.
“Se fossi stato Veltroni, io il movimento lo
avrei abbracciato e invece ci hanno dato
dell’anti-politica”, dice Grillo, forse senza
pensare che non poteva essere
altrimenti. Se raccogli milioni
di firme per reintrodurre il voto
di preferenza, per sbarrare le
porte delle Camere ai pregiudicati e fissare per i parlamentari
un tetto massimo di due legislature, è ovvio che ti chiamino
qualunquista. Anche perché,
come ricorda il comico dal palco, “Piero Fassino sta a Roma da
25 anni e sua moglie da trenta”.
Così gli unici apprezzamenti sono per “kriptonite” Antonio Di
Le liste in
Piemonte ed
Emilia, forse
in Campania
Pietro e per i due euro-parlamentari che i ragazzi del Movimento hanno contribuito a far
eleggere: Sonia Alfano e Luigi
De Magistris, seduti in prima fila. Per loro la folla riserva
un’ovazione pari a quella che
accoglie l’annuncio della presenza in sala di Adriano Celentano e Claudia Mori: due, dice
Grillo, che hanno “anticipato
molti dei nostri temi”.
Poi si passa alla strategia politica: il Movimento a cinque stelle
alle prossime amministrative si
presenterà solo “in due regioni,
forse tre”. Certe sono Piemonte
ed Emilia Romagna, in bilico è
la Campania. Alle politiche invece gli uomini e le donne di
Grillo saranno in tutti i collegi.
“Avremo liste fatte di gente di
trent’anni. Io ne ho ormai 62,
non credo proprio che ci sarò”,
dice il comico come per stoppare sul nascere la consueta accusa, mossa dai media e dai par-
DEFINIZIONI DI GARANZIA
PAOLO L’IRRITUALE
Il presidente 'di garanzia' della Rai Paolo
Garimberti è uomo che soppesa ogni parola. Se, ad
esempio, un passante gli chiede l'ora, Garimberti
potrà rispondere: sono le 16 e 15. Purché non
dimentichi di aggiungere: sempre che il mio orologio
funzioni. Possiamo immaginare quindi con quale
attenzione abbia dovuto affrontare il problema
Minzolini. Cioè del direttore del Tg1 che usa il Tg1
come se fosse casa sua, o meglio palazzo Grazioli.
Immaginiamo Garimberti che riflette e soppesa la
definizione più opportuna. Una marachella? Una
birichinata? Alla fine dopo aver consultato l'ufficio
legale e l'accademia della Crusca il presidente di
garanzia non senza sforzo, non senza sofferenza ha
pronunciato la parola esatta: irrituale. Ed è svenuto.
di Carlo Tecce
numero 233. La porta del direttore è
Scontanza
chiusa, presidiata da due segretarie vestite
gusto: una bionda, l’altra mora. Raffiche di
profumo, calma apparente, Augusto Minzolini
non c’è. I lunghi corridoi di Saxa Rubra sembrano disabitati, secondo piano della palazzina in
fondo, la sala riunioni intitolata a Paolo Frajese è
vuota: carte, brogliacci, nessun giornale. Sono le
tre del pomeriggio, il primo telegiornale è andato: fango di Messina, servizio da Bruxelles sulle quote latte, il processo della Caffarella, l’oro
della pallavolo. Alle dieci in punto la scaletta era
sulla scrivania del montaggio, firmata da Minzolini, controfirmata dal vice Gennaro Sangiuliano,
che da giovane militava nella destra più estrema.
La sentenza sul Lodo Mondadori è dimenticata,
sabato sera è stata infilata in un “vivo” (intervento del conduttore) di tre righe tre, all’occorrenza
sarà ripresa dal verso giusto: ancora la magistratura canaglia, ancora le toghe che distraggono il
presidente del Consiglio. Alle quattro i capi sono
Il Direttore del Tg1, Augusto Minzolini (FOTO ANSA)
I gatti sono leghisti. È questa la singolare scoperta del
Giornale. Titola ieri il quotidiano di casa Berlusconi: “I
gatti fanno i leghisti. Per parlare tra loro usano solo il
dialetto”. Affermazione questa che crea un po’ di confusione. Perché poi, leggendo l’articolo, si scopre che si
sta parlando di una scoperta scientifica di tutto rispetto. Paul Leyhausen, il maggiore esperto mondiale
di gatti, afferma, infatti, che i felini possiedono due tipi
di linguaggio: uno per i bisogni primari e uno per le
confidenze. Si chiamerebbe “dialetto diadico” quello
che i gatti usano tra di loro e non in presenza di terzi.
Quel che è certo è che Bossi non miagola.
titi tradizionali, di essere solo
un leader populista. Un attore
capace di smuovere i fan, ma
non i militanti. Per questo il Movimento non vuol commettere
errori. La diffusione di internet,
anche perché la banda larga
non copre tutto il Paese, è ancora troppo bassa per pensare
di condurre campagne elettorali esclusivamente in rete. Il
modello svedese dove, come
spiega via Skipe, il suo leader,
Rick Falkvige, il “partito dei pirati” è riuscito a portare due
rappresentanti al parlamento
europeo rinunciando totalmente alla propaganda tradizionale, non può essere riprodotto
integralmente. Per questo alle
imminenti regionali il Movimento volerà basso concentrando gli sforzi solo su quelle
aree dove è realistico pensare di
poter arrivare al 4 per cento dei
voti. Il 18 settembre il Pdl ha
proposto che anche alle regionali si voti con questa soglia di
sbarramento. È visto il silenzio
del Pd è quasi scontato che si
arrivi ad approvare la legge.
La scelta fa tirare un sospiro di
sollievo all’Italia dei Valori. Il rischio di non raggiungere il quorum in molte regioni a causa
della presenza dei grillini, è
scongiurato. E così, è probabile
che nelle prossime settimane
l’Idv offra la possibilità al Movimento di candidare come indipendenti dei rappresentati nelle liste di Di Pietro. Non siamo
ancora alla nascita di un terzo
polo, diverso da destra e sinistra, ma a Milano, al teatro Smeraldo, qualcosa si muove.
Il Tg di Minzolini, dove
le notizie vanno in esilio
convocati per l’edizione delle 20.
Mezz’ora prima, solitario, ecco Augusto Minzolini: stringe poche mani, e
corre via verso l’ufficio di Fabrizio Ferragni. L’altro vice Claudio Fico, pupillo di Clemente Mimum, intravede il direttore e raddrizza
la schiena sulla poltrona di pelle: sfoglia i quotidiani sul tavolo, Il Giornale e Libero, prende il telefono e non si stacca più. Sangiuliano istruisce la
redattrice che dovrà confezionare un delicatissimo pezzo per la sera: “Mi raccomando, leggi
bene Il Tempo a pagina 6. Fai riferimento all’articolo, facciamo un ritorno di questo tipo”. Il
quotidiano di piazza Colonna apre con una foto
di un sorridente Minzolini. Titolo: “Vogliono essere liberi. Ma attaccano chi li critica. Sinistra
all’assalto”. La manifestazione di sabato ha infiammato i giornalisti, la parte più autonoma e
più lontana da Minzolini ha sollecitato un Comunicato del comitato di redazione: Alessandra
Mambelli, Claudio Pistola e Alessandro Gaeta
hanno lottato l’intera notte tra sabato e domenica per far leggere a Tiziana Ferrario quelle poche righe scritte con orgoglio: “Il Tg1 non è mai
stato schierato”. Nicoletta Manzione è il nuovo
volto del Tg1, il mezzobusto che con Minzolini
sbuca di frequente nelle case degli italiani. Sgra-
nocchia dei salatini nell’angolo del caffè, non ha
fretta: “Quanto dura l’incontro delle quattro?
Mah. Mezz’ora, non di più”. Il telegiornale di
Minzolini è confezionato in scioltezza, massimo
trenta minuti: in riunione non si discute, non c’è
motivo, non si può contestare il direttore che,
circondato dai suoi yes man, detta la scaletta senza interruzioni. “La lista della spesa”. I dissidenti
sono emarginati, le notizie più ruvide sono trattate in due maniere: o vengono ignorate o sono
affidate a mani sicure. Sabato in piazza del Popolo c’era Laura Chimenti (quota Pdl) dell’Economia, i colleghi degli Interni erano a riposo, altri erano con la gente a protestare. “Io ero con il
mio striscione, ero lì anche contro Minzolini”, ci
sussurra, con la paura di farsi ascoltare, un giornalista. “Altrimenti avrei davvero vergogna a definirmi un dipendente Rai. Nelle mazzette ci arriva persino l’Osservatore Romano, ma dobbiamo
ribellarci per avere un giornale di sinistra. Tifiamo per il nostro sindacato”. I membri del Cdr
non si arrendono, ma sanno che il direttore non
perdona. Nella redazione cultura c’è una maglia
nera sulla sedia: “Siamo tutti farabutti”. Non ci
sarà una rivoluzione collettiva, c’è chi resiste e
chi s’è arreso: “E chi senza motivo o per una promessa segue la linea di Minzolini”, ci spiega un
giornalista, vent’anni in Rai ma nessuna voglia di
comparire. Minzolini può vantare una larga fiducia. I voti nel giorno dell’insediamento sono stati
sorprendenti. Un inusuale plebiscito a Saxa Rubra: 100 sì, 50 no, 12 astenuti. “L’area è bonificata. Chi professa imparzialità è in esilio”. Lettera
22. Anche Luigi Monfredi ha rimosso la bandiera
dei precari, ormai antichi furori di gioventù. Vi
ricordate le genuflessioni a Silvio Berlusconi di
Stefano Ziantoni a Unomattina: “Presidente, questa è casa sua”. Ziantoni si lamentava delle critiche del Cdr e in bacheca Monfredi e Stefano
Campagna l’hanno incoraggiato: “Siamo solidali
con te”. Campagna, Monfredi e il vice Sangiuliano e altri quindici giornalisti del Tg sono iscritti all’associazione di centrodestra Lettera 22, il
controcanto ad Articolo 21 di Giuseppe Giulietti. Al compleanno di Lettera 22, l’aprile scorso,
c'erano Fabrizio Cicchitto, Maurizio Gasparri e
Alessio Butti. Tutti Pdl.
Torniamo a sabato. La Chimenti doveva smontare il corteo e Minzolini doveva annientarlo
con l’editoriale. Per la seconda volta, dopo il no
al gossip sugli scandali sessuali di Palazzo, il direttore ha chiamato una telecamera a sé. “Non
abbiamo più dignità”. Sono le cinque, Minzolini ordina un caffè. Il Tg1 è pronto.
Martedì 6 ottobre 2009
pagina 7
Marcegaglia: “ il ponte
sullo Stretto si farà,
ma non è prioritario”
I
L’ITALIA DEVASTATA
l ponte sullo Stretto di Messina “non è la
priorità. Bisogna fare opere infrastrutturali
che servono veramente e mettere in
sicurezza il territorio, perchè abbiamo continui casi
ambientali problematici”. A dirlo, questa volta, non è
il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano (che
all’indomani della tragedia di Messina aveva espresso
forti dubbi sull’utilità di opere ‘faraoniche’) ma il
presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, a
margine dell’assemblea dell’associazione, a Pavia. La
Marcegaglia ha però aggiunto che “il ponte ormai è
un’opera cantierata, quindi andrà avanti”. Certo, a
leggere i dati di “Ecosistema rischio” realizzato da
Legambiente e dalla Protezione Civile, le priorità
sono davvero altre, visto che il dissesto idrogeologico
coinvolge oltre 5.500 comuni italiani, che
corrispondono al 70% dei centri italiani. Quelli ad
alto rischio sarebbero oltre 1.200. Di questi, il 42%
non svolge neppure attività di manutenzione
ordinaria. E sono pochissimi gli enti locali che hanno
dislocato le abitazioni più esposte al pericolo in luoghi
sicuri. La percentuale più alta dei comuni virtuosi è in
Valle d’Aosta (il 58%). Fanalino di coda la Sicilia, dove
ben il 92% delle amministrazioni non fa quasi nulla.
N
Messina
uccisa dagli
speculatori
SCUOLE PERICOLOSE
Crolla il soffitto
studente in corsia
C
rolla il controsoffitto
dell’Istituto
alberghiero Rossini di
Napoli e una studentessa
finisce all’ospedale. Nulla
di grave: guarirà in tre
giorni. L'assessore
regionale all’Istruzione,
Corrado Gabriele, ha
chiesto una verifica
sull’immobile. Codacons
chiede al Governo di non
tagliare i fondi alle scuole.
Quartieri costruiti a ridosso delle fiumare
e un Piano regolatore che divora il territorio
Sopra, quel che resta di una casa a Giampilieri; sotto il governatore della Sardegna Ugo Cappellacci (FOTO XXX)
di Enrico Fierro
oveva diventare come
Barcellona. Bella, con il
mare a vista, gli alberghi e
i centri commerciali. Lo
aveva promesso Silvio Berlusconi il 29 novembre di quattro anni fa. “Messina diventerà un'altra città”. E giù cifre: 800 milioni
di euro per l'urbanistica, 1 milione per lo stadio. E anche un
intervento per risollevare le sorti della squadra di calcio. “Domani chiamerò un certo signor
Braida e gli dirò che il Milan ha il
dovere di offrire rinforzi al Messina Calcio”. Non è andata così.
Una parte della città è divorata
dal fango, un'altra è a rischio
continuo. Mentre sulle macerie
di Giampilieri, Scaletta e degli
altri borghi, devastati dall'alluvione, si combatte una guerra
tra potenti del Pdl. Da una parte
Stefania Prestigiacomo, il mini-
D
stro dell'Ambiente, dall'altra
Giuseppe Buzzanca, il Sindaco.
“Giampileri non era nelle zone a
rischio”, ribatte lei respingendo
l'accusa di aver dirottato i fondi
per la messa in sicurezza del territorio per il rifacimento di lungomari e per le isole Eolie. Il Sindaco: “non abbiamo mai ricevuto soldi dal ministero dell'Ambiente”.
La realtà è drammaticamente
più dura. L'intero territorio della città di Messina può finire sotto il fango. Perché interi quartieri di migliaia di metri cubi sono
stati costruiti dentro o a ridosso
delle fiumare. Case e scuole. La
denuncia è del Wwf. “La procura di Messina - dice Anna Giordano - ha archiviato due delle
quattro denunce su lottizzazioni pericolose e sui possibili disastri idrogeologici. Se la stessa
pioggia fosse caduta in altre zone di Messina ci sarebbero stati
molti più morti e non è detto
che questo non succeda in futuro. Stanno costruendo una discarica a villaggio Pace sopra
una fiumara. Un altro lotto di
500 ville stava per essere approvato nel territorio di Faro superiore, dove non lo permettono
nè le condizioni urbanistiche nè
quelle idrogeologiche”. Cemento: “è questo l'unico motore economico della città”, denunciano gli ambientalisti.
“Oro grigio”, lo chiamano invece i magistrati della procura di
Messina Giuseppe Farinella e
Angelo Cavallo, che hanno indagato sul giro di tangenti (1milione e 550mila euro) che sarebbero state pagate per la realizzazione del “Green Park”, un complesso abitativo costruito a ridosso di una fiumara, il torrente
Trapani. “In questi anni, il dibattito pubblico è ruotato attorno
alla previsione di grandi opere e
nuove espansioni
edilizie”, denuncia
Salvatore Granata,
direttore di Legambiente Sicilia. Nel
mirino la variante al
Prg, giudicata sovradimensionata rispetto alle esigenze
della città e alle previsioni di crescita. E
poi c'è il Ponte. Che
frane o non frane
non si tocca. Negli
studi preparatori c'è scritto che
“le opere previste per gli interventi di mitigazione possono
provocare fenomeni di instabilità”. “Questa affermazione –
hanno replicato, facendo mettere a verbale le loro controdeduzioni, tutte le associazioni
ambientaliste – di notevole gravità, in quanto prefigura uno
stravolgimento fisico dei luoghi, non è accompagnata da una
Berlusconi, nel
2005: “questa
città sarà come
Barcellona”
indicazione dei siti maggiormente a rischio”. Cosa manca
negli studi preparatori per la
Grande Opera? “Una caratterizzazione idrogeologica delle
principali fiumare” e “una caratterizzazione delle aree sensibili
a fenomeni di inondazioni e la
loro mappatura”. Messina, la città destinata a diventare la Barcellona d'Italia, sepolta dal fango e mangiata dal cemento.
Il sogno realizzato del Governatore:
più cemento sulle coste sarde
di Mauro Lissia
entre a Messina si contano i morti legati all’ediM
lizia selvaggia e a Capoterra, vicino Cagliari, la
magistratura indaga sull’alluvione del 22 ottobre
2008 che ha cancellato cinque vite umane e centinaia di case (sorte lungo l’alveo di un fiume), la
giunta di centrodestra che governa la Sardegna si
prepara a demolire le norme del piano paesaggistico regionale che difendevano le coste dai progetti dei grandi costruttori, da Berlusconi a Ligresi.
Con l’emendamento al Ddl sul rilancio dell’edilizia, votato venerdì scorso dai soli consiglieri del
Pdl, con il no degli alleati Sardisti e del centrosinistra, altri due milioni di metri cubi di cemento
aggrediranno i litorali dell’isola senza più il vincolo
dei trecento metri sulla
fascia costiera. Nessuna
distinzione tra hotel e
immobili privati, ville o
seconde case: tutti potranno mettere in moto
le betoniere e realizzare
una nuova cubatura fino
al dieci per cento di
quanto già esiste, senza
badare al danno che sarà
arrecato al paesaggio e
alla distanza dal mare. I
progetti verranno soltanto passati al vaglio di
una commissione pubblica, chiamata a valutare genericamente la va-
lidità dell’intervento. L’idea della Giunta capeggiata dal commercialista Ugo Cappellacci è di ridare
fiato alle imprese edili, che negli ultimi anni erano
rimaste imprigionate tra i vincoli durissimi imposti dal governo regionale guidato da Renato Soru.
Cappellacci l’aveva promesso in campagna elettorale, cavalcando il malcontento dei sindaci di
area Pdl e dei potentati locali che vivono di mattoni. L’assessore regionale all’urbanistica Gabriele
Asunis è stato chiaro: “niente a che vedere col piano casa. All’esame c’è solo un provvedimento che
servirà a ridare impulso all’economia attraverso
l’edilizia”. Come dire che forse il peggio deve ancora arrivare, malgrado neppure i più pessimisti
avessero previsto un attacco così disinvolto alla
fascia dei trecento metri, considerata intoccabile.
Il governo sardo di centrodestra è partito invece
proprio da quella, per poi annunciare un premio
di cubatura riservato anche alle case di prima abitazione comprese nelle zone B e C, di completamento e di espansione edilizia: qui si potrà andare
fino al trenta per cento in più e il regalo della Regione non escluderà stabilimenti e locali destinati
ad attività produttive. Si parla apertamente di sopraelevare palazzi tirando su muri dalle terrazze,
di chiudere i piani pilotis (quelli destinati alle automobili) e persino i seminterrati per ricavarne volumi abitabili.
Domani pomeriggio alle 18, quando il consiglio
regionale sarà chiamato a votare il Ddl nel suo
complesso, compreso l’emendamento che libera
dal vincolo la fascia dei trecento metri, Legambiente, Wwf e Italia Nostra si riuniranno davanti al
palazzo di via Roma per protestare: “è incredibile -
hanno scritto in un comunicato i responsabili delle associazioni Vincenzo Tiana, Fanny Cao e Luca
Pinna - La tragedia annunciata di Messina non sembra aver insegnato nulla a questa Giunta regionale.
La cementificazione selvaggia che ha devastato il
territorio sardo e i morti di Capoterra sono già stati
dimenticati”.
Stefano Deliperi del ‘Gruppo di Intervento giuridico’, un’associazione ecologista che opera su canali giudiziari, ce l’ha anche con una parte dei consiglieri del centrosinistra, che al momento di votare contro il cemento sono spariti dall’aula.
“Dov’erano gli assenti? - ha scritto Deliperi in una
nota - e perché non hanno fatto il loro dovere di
consiglieri regionali?”. Parole dure anche da Paolo
Maninchedda del Psd’az, un partito che fa parte
della maggioranza ma che non ha esitato a schierarsi contro il Ddl. La speranza di fermare questa
nuova avanzata del cemento è legata a una recente
sentenza del Consiglio di Stato, che ha bloccato
definitivamente un progetto del costruttore Sergio Zuncheddu, editore dell’Unione Sarda e del Foglio, per la realizzazione di un villaggio turistico a
Cala Giunco, vicino allo stagno dei fenicotteri rosa
e sulla più bella spiaggia di Villasimius: i giudici
amministrativi supremi hanno stabilito che l’esigenza di tutelare il paesaggio prevale sugli interessi degli imprenditori e dell’industria turistica. Non
solo: norme e provvedimenti che riguardano il
paesaggio della Sardegna dovranno essere in linea
con il Codice Urbani e con il Piano paesaggistico
regionale che ne deriva. Come dire: adesso la Regione sarda ci prova, ma forse (con i ricorsi già
all’orizzonte) l’ultima parola spetterà ai giudici.
RIFIUTI A CROTONE
Il Sindaco Vallone:
“il Governo agisca”
S
ugli scarti tossici della
Pertusola Sud, il
Governo deve intervenire
subito. Lo chiede il
sindaco di Crotone,
Peppino Vallone (Pd), che
aggiunge: “se l’esecutivo
non interverrà, lascerò la
fascia”. Il primo cittadino
reclama uno screening su
tutti i cittadini, mentre il
Pd della città chiede ai
propri rappresentanti in
Parlamento di portare alle
Camere la questione,
stimolando un intervento
tempestivo.
STUPRO ALLA CAFFARELLA
Condannati i due
imputati
O
ltean Gavrila e Ionut
Alexandru sono stati
ritenuti responsabili dello
stupro di San Valentino
nel parco della Caffarella,
a Roma, nei confronti di
un’adolescente. I due sono
stati condannati con rito
abbreviato a 11 anni e 4
mesi e a 6 anni. A Gavrila,
in realtà, sono state
comminate due pene: 7
anni e 4 mesi per la
Caffarella e altri 4 anni
per uno stupro avvenuto a
luglio.
INCHIESTA WHY NOT
Parte l’udienza,
assenti i politici
È
iniziata ieri a
Catanzaro l’udienza
preliminare nei confronti
dei 98 indagati
dell’inchiesta Why Not, su
presunti illeciti nella
gestione di fondi pubblici.
Assenti i principali
imputati politici. Tra
questi il presidente della
Regione Calabria, Loiero,
il suo predecessore
Chiaravalloti.
Nell’inchiesta sono
coinvolti anche
imprenditori come
Antonio Saladino, ex
presidente della
Compagnia delle Opere
calabrese.
pagina 8
Martedì 6 ottobre 2009
Perché l’Italia
potrebbe non
agganciare la ripresa
I
RECESSIONE
l Fondo monetario, tra le grandi
istituzioni internazionali, continua a
essere quella più prudente
sull’andamento della crisi. Nell’ultimo report
periodico sullo stato della recessione, ha
spiegato che ci sono Paesi impreparati a ripartire,
anche quando la congiuntura italiana sarà più
favorevole. “I problemi dell'Italia vanno ben oltre
questa recessione e dipendono dal basso
potenziale di crescita dell'economia”, ha spiegato
Ajai Chopra, vice direttore del dipartimento
europeo del Fmi. Il problema è soprattutto la
bassa produttività (a parità di tempo lavorato gli
italiani producono meno beni e servizi di altri).
Secondo il Fondo il Pil italiano si ridurrà del 5,1
per cento nel 2009 prima di tornare a crescere
(+0,2) nel 2010. Il problema è che se in questi
anni difficili chiudono troppe imprese, quando la
domanda mondiale di consumi tornerà a
crescere, il nostro sistema produttivo potrebbe
aver perso troppi pezzi importanti per
approfittarne. E quindi continuare con la crescita
zero che già abbiamo sperimentato, con rare
eccezioni, nell’ultimo decennio.
IL LAVORO CHE NON C’E’ PIU’
da Milano a Porto Torres
Partendo dalle ore di cassa integrazione si
comincia ad avere la mappa della crisi
di Elisabetta
Reguitti
Milano
lla fine quelli della Innse
di Milano, forse, ci sono
riusciti. La sottoscrizione dell’ultimo passaggio (dei tre previsti nell’accordo raggiunto ad agosto)
sembra aver definitivamente
scritto la parola “fine”, in senso positivo, sulla storia della
fabbrica in via Rubattino destinata a chiudere i battenti.
Un epilogo peggiore sembrava ormai scritto ma è rimesso
in discussione grazie alla ferma volontà dei 49 operai. Nonostante le carte, più o meno
ufficiali sottoscritte nella notte del 30 settembre in prefettura a Milano, questi lavoratori però non hanno ancora
smantellato il presidio. Aspettano di ricevere tutte le lettere di assunzione. Il d-day dovrebbe essere il 12 ottobre.
Fino ad allora rimarranno lì.
La mappa. Ma per una Innse
destinata alla riapertura quante altre aziende oggi rischiano
di chiudere i battenti in questo autunno che da mesi è
considerato a rischio disoccupazione? La mappa della crisi
si sovrappone e quasi coincide con quella dell’industria
italiana. Gli operai delle piccole e medie imprese stanno
lottando per non perdere il
lavoro. Si sta esaurendo il
monte ore della cassa integrazione: nella sola Lombardia,
per esempio secondo i dati
forniti dalla Cgil regionale, il
ricorso è aumentato del 465
per cento rispetto allo scorso
anno. Si tratta soprattutto di
ricorso alla cassa integrazione “ordinaria” (+ 825%) mentre la “straordinaria” è cresciuta del 200 per cento. Il
settore maggiormente colpito è quello industriale ma non
se la passano certo meglio il
commercio (+425%), il legno(+800%) la meccanica (+
951%), lavorazione dei metalli (+ 523%) e il comparto chimico (532%). Secondo molti
economisti
l’occupazione
continuerà a scendere almeno fino a quando il Prodotto
interno lordo non crescerà almeno di un punto percentuale all’anno, forse nel 2010.
Non è certo incoraggiante dover ricordare anche come il
reddito italiano nel 2009 sia
rimasto ai livelli di 10 anni fa.
Secondo una rielaborazione
fornita dall’ultimo World Economic Outlook del Fondo
monetario, infatti, il reddito
pro capite nel 1999 era pari a
28.691 euro mentre nel 2009
era ancora quasi uguale,
28.806 euro. Con un picco
nel solo 2007 a 31.142 euro.
Insomma, nonostante quello
che dicono alcuni politici ci
sono poche ragioni di cedere
A
Gli operai della Innse un mese dopo (FOTO DI ELISABETTA REGUITTI)
La vittoria
operaia alla
Innse resta
un caso unico
all’ottimismo.
Le zone. Spulciando poi il
rapporto Excelsior (Unioncamere – ministero del Lavoro)
scopriamo come, regione per
regione, non ci sia comparto
che non sia coinvolto da ridimensionamenti, tagli e
chiusure. Nei giorni scorsi si
è parlato soprattutto di Milano ma le zone di crisi della
Lombardia sono anche, per
esempio Dalmine (Bergamo),
dove il gruppo Tenaris ha appena annunciato il taglio di
717 posti di lavoro (oltre a un
altro centinaio nel sito di Costa Volpino). Complessivamente a livello regionale sa-
rebbero 6 mila i posti
a rischio. Molti dei
quali anche nel settore tessile: Mantova e
Brescia, città nelle
quali l’incremento
complessivo del ricorso alla cassa è stato rispettivamente di
+711% e +724%. Spostandoci in Triveneto
(dove ci sono 1500
posti a rischio) le
emergenze si evidenziano
per lo più nei settori della chimica, degli occhiali e dei sanitari: Safilo 500 posti in bilico, Trichiana (Belluno) 250
esuberi e la “consorella” Ideal
Standard di Brescia (azienda
occupata da 130 operai che
intendono impedire lo spegnimento del forno di cottura
delle porcellane). Aggiungiamo poi il lanificio-cotonificio
nazionale di Marzotto a Portogruaro (250 contratti di solidarietà da due anni). Scendendo verso l’ Emilia Romagna la crisi del metalmeccanico rappresenta una spada
di Damocle sulla testa di ben
PIANO CASA
20 mila lavoratori. Nelle Marche l’aumento della cassa integrazione si aggira intorno al
90 per cento. Sono quasi 2
mila i posti a rischio nei settori gomma ed elettrodomestici e non stanno certo meglio gli occupati delle subforniture di abbigliamento e del
calzaturiero di Fermo e dintorni: complessivamente 140
aziende che potrebbero non
riaprire. Rimanendo in area
tessile è impossibile non ricordare le profonde difficoltà
in cui versano i piccoli imprenditori “contoterzisti” che lavorano cioè per conto
di terzi - toscani e in particolare di Prato. Simbolo tra tutti
la Roccatura di Russotto. Da
segnalare, sempre nelle Marche, la Manuli Rubber di
Ascoli Piceno che ha annunciato la chiusura e messa in
mobilità di 375 lavoratori. Nel
Lazio le stime parlano di ben
70 mila posti “vacillanti” in
particolare nell’indotto aeronautico. Ottomila in Puglia
con il siderurgico di Taranto
in stallo per la crisi dell’acciaio (6 mila e 500 in cassaintegrazione) e il distretto del
salotto (1500 persone in Cig).
In Campania si sale a 12 mila
posti a rischio sparsi tra i settori del conciario, tessile,
elettrodomestici, cantieri navali ma anche le aziende
dell’indotto Fiat. Come Termini Imerese e Pomigliano
d’Arco prime su tutte. A chiudere il nostro pesante giro
d’Italia della disoccupazione
ricordiamo il rischio licenziamento per quasi tre mila lavoratori in Sicilia (comparti
dell’ elettronica ma anche
della nautica) senza dimenticare la profonda crisi in cui
versano pure i pescatori siciliani. Sono invece 10 mila i
posti in bilico in Sardegna: 7
mila nel solo Petrolchimico di
Porto Torres.
di Vincenzo Iurillo
BASSOLINO E GLI SPECULATORI
on vedo questo esercito di
speculatori diretto verso
Napoli est”. Parole di Antonio
Bassolino durante il dibattito in aula
sul “Piano Casa” nella versione della
regione Campania. Il Governatore
difende gli indirizzi del discusso disegno
di legge, pur dicendosi favorevole a
modifiche. “Se l’articolo 5 significa la
dismissione di tutte le attività
industriali per trasformarle in edilizia
residenziale, sono io stesso a ritirarlo.
Però ci sono zone come quella di
Napoli est dove c’è ben poco da
salvaguardare e tanto degrado da
“N
recuperare”.
Il testo uscito dalla commissione
Urbanistica, sul quale c’è un accordo
tra Pd e Pdl, prevede che i terreni su cui
sorgono fabbriche chiuse possono
essere riconvertite in abitazioni solo se
l’attività produttiva è cessata da
almeno un anno.
Il partito di Sinistra e Libertà non
ritiene questa soluzione sufficiente a
scongiurare il rischio di una
desertificazione industriale e ha
depositato circa 1200 emendamenti.
Domani il disegno di legge dovrebbe
tornare in aula.
ADDIO A GIUGNI
con lui la Costituzione
entrò nelle fabbriche
di Bruno Veneziani *
ino Giugni ha insegnato all’ Università di Bari per 15
anni, durante i quali ha vissuto una delle più significative esperienze della sua vita di professore prestato
alla politica. Quel periodo rappresenta al contempo
l’anagrafe di un paese in trasformazione e una vicenda personale in cui vita istituzionale e politica, lavoro scientifico,
magistero accademico-culturale sono destinati ad accelerare il cambiamento nella metodologia di ricerca e nelle relazioni industriali. Il quindicennio è stato il momento significativo della trasformazione del diritto del lavoro e dell’analisi dei rapporti sociali in un paese in cambiamento.
Se Gino Giugni ha trovato terreno fertile per l’operazione di
svecchiamento culturale all’interno dell’accademia, ancor
più naturale è stato indirizzare il proprio impegno riformatore verso l’attività legislativa. L’idea maturata durante il soggiorno nella scuola di Wisconsin, negli Stati Uniti, era che la
legge dovesse svolgere un ruolo di riequilibrio nei rapporti
socialmente asimmetrici connaturati al contratto di lavoro
tra imprenditori e lavoratori. L’occasione è propizia. Brodolini, divenuto ministro del lavoro nel 1968, nomina Giugni capo dell’ufficio legislativo del suo ministero e presidente di una commissione di esperti che dovrà redigere il
progetto di riforma delle relazioni industriali, divenuto legge con il nome di Statuto dei lavoratori (legge 20 maggio
1970, n.300).
G
a legge ha una forza d’urto impressionante nel tessuto
LSuscita
sociale e nella cultura sindacale e industriale dell’epoca.
reazioni violente, persino scomposte, negli ambienti imprenditoriali. Ma per l’opinione pubblica, meno condizionata da pregiudizi, finalmente la Costituzione italiana
era entrata nelle fabbriche. Era vero, in quel testo erano contenute alcune idee-forza che nascevano dalla collaborazione
degli esperti ma soprattutto dalla cultura genuinamente laburista di colui che guidava i lavori. Vi si proclamava il principio del rispetto della dignità e della libertà dell’uomo che
lavora e se ne configurava la sua condizione di “cittadino”
dell’impresa. La tutela contro le discriminazioni, la libertà di
manifestare il proprio pensiero e le proprie opinioni, il diritto a non essere controllati da un ‘grande fratello’ occulto,
il diritto di esprimere con pienezza la propria personalità
sono le varianti individuali di diritti collettivi, come la libertà
ed attività sindacale, sino ad allora godibili solo all’esterno
della cittadella dell’impresa. Invece lo Statuto li lascia penetrare nel perimetro aziendale ove si può esercitare il diritto di sciopero, riunire in assemblea, indire referendum,
fare proselitismo. L’innovazione è forte e obbliga al cambiamento di rotta tutti i protagonisti, chiede al sindacato una
cultura del conflitto ma anche del dialogo e della contrattazione, all’azienda una strategia diversa di gestione delle
risorse umane, allo Stato di promuovere il dialogo sociale,
più che lo scontro frontale, tra interessi contrapposti.
ueste idee non hanno perso valore, costituiscono il DNA
Qnomica
più originale della legge, ancora oggi, quando la crisi ecoe finanziaria muta il panorama sociale, accentua la
segmentazione del mercato del lavoro, accelera la crescita
della disoccupazione e rende precari i rapporti di lavoro. La
flessibilità è oggi ritenuta la panacea di tutti mali, ma costituisce anche il sintomo più evidente della differente qualità dell’occupazione sempre più precaria e sfuggente alle
tutele. L’idea cui Giugni si è richiamato sempre è che vadano
rafforzati i diritti di quanti lavorano a qualsiasi titolo, attraverso una piattaforma di diritti civili che la contrattazione
collettiva da sola non può costruire. Ogni tentativo di riforma, oggi, non può non passare attraverso questa eredità
preziosa.
*ordinario di Diritto del Lavoro all’Università di Bari
Martedì 6 ottobre 2009
pagina 9
Solo quarantotto
ore per formare
l’esecutivo
I
DAL MONDO
l leader del Pasok, Giorgio Papandreou si è
recato ieri dal presidente della repubblica
Karolos Papoulias per ricevere l'incarico di
governo in seguito alla netta vittoria. La
composizione del nuovo governo dovrebbe esser
nota oggi e domani i ministri potrebbero già giurare.
La prossima settimana inizierà in Parlamento il
dibattito sulle dichiarazioni programmatiche del
nuovo premier. Papoulias ha ricevuto ieri anche il
premier uscente Costas Karamanlis. Secondo i dati
ufficiali non definitivi il Pasok ha ottenuto il 43,9% e
160 deputati, contro il 33,4% e 91 seggi di Nuova
Democrazia (Nd) di Karamanlis che ha annunciato
anche le dimissioni dalla guida del partito.
“Il trionfo elettorale del Pasok apre la strada al
risanamento del paese”, titolava ieri il quotidiano
To Vima, di sinistra, il quale sottolinea come ci siano
“le condizioni per un'egemonia politica del Pasok e
di Papandreou”; Elefterotipa, titola “Trionfo di
Papandreou e disfatta di Karamanlis”, “ND ha
subito la sconfitta più pesante della sua storia”. Per
il conservatore Kathimerini “la grande vittoria del
Pasok e personale di Papandreou significano un
cambiamento nell'agenda politica del paese”.
Addio
ideologia,
il socialismo
ateniese dà
il buon
esempio
L’attesa è finita
la mia Grecia
ora risorgerà
di Gianni Perrelli
a Grecia, sette giorni doLl’agonia
po il Portogallo, ferma
del socialismo euro-
Il regista Theo Angelopoulos e la ricetta
per far dimenticare “il peggior governo di sempre”
Theo Angelopoulos, nato ad Atene 74 anni fa (FOTO ANSA)
di Stefano
Citati
a cosa più importante è
che questo governo sia
stato battuto e che adesso non ci sia più.
Risponde convinto nonostante la febbre Theo Angelopoulos Il regista della Grecia, ex
direttore di giornali (di sinistra) e autore dei film che hanno raccontato il carattere, gli
umori, i sogni e gli incubi di
un popolo. Risponde con il
francese imparato durante gli
anni dello studio e dell'esilio
ai tempi del regime dei colonnelli. Risponde soddisfatto
dei risultati elettorali.
Quale è la prima impressione?
“Di soddisfazione. È una buona notizia la fine del peggior
governo di cui io abbia memoria. Al di là degli scandali,
della corruzione, è stato un
governo incapace che ha costretto il paese a rifare tutto, a
ricominciare da capo”.
Quale sono le priorità che
vede?
“Economia, Educazione e Lavoro; rifondare le basi del sistema, per garantire anche in
una situazione difficile come
quella attuale la possibilità di
una ripresa, di più: di una rinascita”.
E come si deve muovere
Papandreou per ottenere
questo?
“Prima di tutto gli ci vuole del
tempo, e poi deve riuscire a
stabilire un patto, un'alleanza
anche con i partiti minori:
con
L
gli ecologisti e gli altri di sinistra. Deve farlo per potere
avere più potere e possibilità
d’imporre il cambiamento. E
una coalizione ampia permetterebbe anche contributi,
idee per la politica di rinnovamento, e all'orientamento
dell’intero paese”.
Crede che Papandreou sia
in grado di gestire e dirigere un movimento simile?
“Staremo a vedere; gli va dato
il tempo e il modo: lo giudicheremo poi per quello che
sarà stato in grado di fare. Spero che sia abbastanza ispirato
da imprimere un cambiamento forte e netto”.
Quale titolo le viene in
mente per descrivere l'attuale situazione del suo
paese?
“L’attesa, un intero paese che
attende, uno stallo che non
può e non deve durare. La situazione è tremendamente
critica, decisioni fondamentali vanno prese. Da parte nostra, dobbiamo riuscire ad
avere la pazienza di attendere
che le decisioni prese attecchiscano, che la ristrutturazione di cui tutta la Grecia ha
bisogno si impianti e divenga
cambiamento. Serve un governo che abbia il coraggio di
mettere il dito sulle piaghe e
farle guarire”.
Lei è pronto a impegnarsi
per favorire il cambiamento; mettere il peso della
sua esperienza e influenza?
“Non posso certo portare il
cambiamento da solo. Ci sono tanti che hanno più capacità e forza di me; ma se possibile, insieme ad altri, porterò il mio contributo e offrire
idee, per far si che anche quella parte della società che si
chiama cultura – il cinema per
primo – possa fare la sua parte
del cambiamento generale.
Possiamo dare il buon esempio, favorire e rafforzare il
movimento,
trasmettendo
convinzione e influenzando
gli altri”.
MADRID IN CRISI
ZAPATERO E L’AUTUNNO DELLO SCONTENTO
di Alessandro Oppes
Madrid
che José Luís Rodríguez Zapatero abbia il sorriso
Dgnoloicono
perennemente stampato sul viso. Eppure al premier spadev’essere perlomeno sfuggita una smorfia di inquietudine al leggere i risultati dell’ultimo sondaggio pubblicato
da El País: quasi tre quarti degli spagnoli hanno “poca” o “nessuna” fiducia nel capo del governo, oltre il 60% disapprova le
sue misure per far fronte alla crisi, 4 cittadini su 5 pensano che
il presidente “stia improvvisando”.
È avviata verso il declino l’esperienza di governo socialista
iniziata 5 anni fa? Non sono pochi a pensare che le cose potrebbero stare veramente così. E non è solo questione di sondaggi (il leader del Partito Popolare Mariano Rajoy, già vittorioso alle Europee di giugno, è dato ormai stabilmente in
vantaggio di 4 o 5 punti sul Psoe di Zapatero). Le critiche
piovono da vari fronti. È di pochi giorni fa la lugubre previsione del Fondo monetario internazionale, secondo cui la
Spagna sarà l’ultimo tra i grandi paesi industrializzati a uscire
dalla recessione, solo nel 2011: già l’anno prossimo si vedranno i primi segnali di ripresa in tutto il mondo, ma non a
Obama dice no al Dalai Lama
Prima del viaggio in Cina preferisce non incontrare il leader tibetano
li Stati Uniti hanno esercitato pressioni
Gil rinvio
sui rappresentanti tibetani per ottenere
di un incontro tra il Dalai Lama e il
presidente americano Barack Obama in modo dal celebrarlo dopo il vertice con il presidente cinese Hu Jintao che il leader della
Casa Bianca ha in programma per il prossimo mese. A riferirne è stato ieri il Washington Post, citando diplomatici, funzionari governativi e altre fonti. Per la prima volta dal
1991, sottolinea il quotidiano, il leader spirituale tibetano visiterà Washington questa
settimana senza incontrare il presidente.
Dal 1991, il Dalai Lama è stato a Washington
10 volte, e ogni volta si è recato in visita alla
Casa Bianca. Per la prima volta nel 2007 il
presidente in carica, George Bush, lo ha incontrato pubblicamente, nel corso di una
cerimonia in cui ha insignito il leader spirituale tibetano del più alto riconoscimento
conferito dal Congresso Usa la Congressional
Gold Medal.
La decisione di rinviare l'incontro sembra
rientrare in una più ampia strategia per migliorare le relazioni con la Cina, strategia secondo il quotidiano della capitale statunitense - che funzionari dell'amministrazione hanno definito di “rassicurazione strategica”. Un esempio sta nelle dichiarazioni rilasciate a febbraio dal neo segretario di Stato
Hillary Clinton, secondo la quale la difesa
dei diritti umani non può “interferire con la
crisi economica globale, con la crisi derivante dai cambiamenti climatici, e la crisi in
materia di sicurezza”, affermazioni molto
apprezzate a Pechino.
Madrid, che in questi giorni si lecca le ferite per la bruciante
sconfitta subita nel voto del Comitato olimpico a Copenaghen sull’assegnazione delle Olimpiadi del 2016. Un’altra occasione mancata per dare un forte impulso alla crescita del
paese. Per recuperare i livelli di ricchezza dello scorso anno,
l’Fmi calcola che si dovrà aspettare un intero lustro: con 3
anni di ritardo rispetto a Usa, Canada e Francia, due su Giappone e Regno Unito, ma alla pari con Italia e Germania.
Mentre Zapatero fa mostra di tiepido ottimismo, gli ultimi dati
sulla disoccupazione fanno rabbrividire: 80mila senza lavoro
in più nel solo mese di settembre. In tutto sono già 3 milioni e
700mila, oltre il 18% della popolazione attiva, il doppio rispetto alla media europea. Con la fine dell’estate, sono andati
completamente in fumo gli sforzi compiuti dal governo con il
lancio del “Plan E”, 8 miliardi di stanziamenti destinati ai comuni per realizzare opere pubbliche e dare impulso all’economia. E la presentazione del bilancio di previsione per il
2010 non ha contribuito a rasserenare gli animi. Zapatero ha
optato per uno strano “mix” che ha finito per lasciare insoddisfatti un po’ tutti: mentre si conferma, e anzi si incrementa leggermente, la copertura delle spese sociali, vengono
ridotti del 4% gli investimenti pubblici e del 3 gli investimenti
in ricerca e sviluppo, cioè proprio quel capitolo di spesa che
il governo socialista aveva sempre considerato fondamentale
per il rilancio della produzione e per allontanare l’economia
spagnola dalla dipendenza dal settore immobiliare. Ma il tema più controverso è quello dell’introduzione di nuove tasse:
aumento dell’Iva e delle imposte sui redditi da capitale. Secondo il governo sono misure che colpiscono i più ricchi,
però la maggior parte delle forze politiche sono convinte che
a farne le spese saranno le classi medie e basse.
Abituato da sempre alle critiche distruttive del Partito popolare, Zapatero si trova ora a fare i conti con una nuova
forma di opposizione: quella che viene dalla stampa di sinistra. Cominciò un mese fa El País, accusandolo di una gestione arrogante e personalistica del governo e del partito,
con l’emarginazione di tutte le voci critiche. E ora gli volta le
spalle anche Público, il giornale che negli ultimi anni gli era
stato più vicino. “Un governo non così di sinistra”, lo rimproverava domenica il quotidiano, denunciando che negli
ultimi mesi i socialisti hanno più volte votato insieme al Pp in
Parlamento per respingere iniziative di legge sulla laicità e
l’antimilitarismo e hanno inasprito le norme sull’immigrazione. Eppure il governo ha appena varato la riforma della
legge sull’aborto, che ha riportato i vescovi sul piede di guerra, ed è riuscito, con le sue misure di protezione sociale, a
evitare – nel pieno della più grave crisi economica degli ultimi
vent’anni – lo scontro con i sindacati.
peo ridando fiato alle speranze di riscatto delle forze
progressiste. Il netto successo del Pasok di George Papandreou, che ha conquistato la carica di primo ministro
al terzo tentativo, è però
molto più significativo di
quello di Josè Socrates che a
Lisbona nel precedente
mandato aveva annacquato
il riformismo ammiccando
alle politiche neoliberiste. Il
socialismo di Papandreou,
almeno nelle premesse, si
propone di essere fortemente innovativo, di abbandonare l’approccio ideologico
del secolo scorso per mettersi pragmaticamente al
servizio delle nuove esigenze del cittadino. Molto diverso da quelli del padre Andreas (fondatore del Pasok)
e del nonno George (il grande vecchio della democrazia
ellenica) che l’hanno preceduto come premier.
La sua originalità poggia sul
cosmopolitismo che gli ha
ampliato gli orizzonti, fornendogli gli strumenti per
affrontare con una visione
più larga i problemi della
Grecia. Sociologo, 57 anni,
nato a Saint Paul in Minnesota da madre americana, Papandreou ha studiato in Usa,
Canada, Inghilterra e Svezia.
Tre volte ministro (l’ultima
degli Esteri) nei governi di sinistra a cavallo del nuovo secolo, è il presidente dell’Internazionale socialista. Una
carica a cui non intende rinunciare neanche ora. Una
torre di controllo di una dottrina che intende rilanciare
in Europa proponendo nuovi modelli di sviluppo.
La sua vittoria è stata certo
agevolata dall’impopolarità
del governo Karamanlis; ma
Papandreou negli ultimi mesi non s’è limitato a speculare sugli errori del rivale che
l’aveva battuto due volte: ha
prospettato soluzioni per
ogni problema, disegnando
uno schema di rinascita che
ha finito per persuadere anche quella classe media che
aveva sempre fiutato nel socialismo odore di bruciato.
Per primo ha ricompattato
un partito dilaniato da faide;
poi, dopo i moti di piazza
giovanili contro l’uccisione
d’un adolescente da parte
della polizia, non cavalcò il
furore giovanile (ma aumenterà i fondi per l’istruzione
dal 3 al 5% del Pil). Per battere la corruzione, metterà
ogni atto ministeriale on line
su internet. Per rilanciare
l’economia svilupperà le
energie alternative e una riforma del fisco, della sanità e
della previdenza basata sui
principi dell’equità sociale.
pagina 10
LA SENTENZA
x
LODO MONDADORI:
PERCHÈ BERLUSCONI
DEVE PAGARE
TRIBUNALE DI MILANO
MOTIVAZIONI
P
ubblichiamo da oggi ampi stralci
della sentenza del Tribunale civile di
Milano, che ha condannato il gruppo
Berlusconi a rifondere 750 milioni di
euro alla Cir di Carlo De Benedetti,
assistito dall’avvocato Elisabetta Rubini,
per la vicenda Mondadori. Dopo avere
riepilogato la “guerra di Segrate”, fra il
1988 e il 1991, e le varie tappe dei
processi per corruzione giudiziaria a
carico dei protagonisti, il giudice
monocratico Raimondo Mesiano illustra
dapprima i motivi della sua decisione,
poi quelli della “ingiustizia” della
sentenza n. 25911991 della Corte di
Appello di Roma, scritta dal giudice
Vittorio Metta, che ribaltò il Lodo
Mondadori consegnando la casa editrice
a Berlusconi. Poi passa a esaminare le
prove a carico di Berlusconi, Previti,
Metta & C. Come vedremo domani.
Qui in basso Carlo de Benedetti,
Marina Berlusconi e Fedele
Confalonieri. In alto a destra,
Giuseppe Ciarrapico e Silvio
Berlusconi. In basso a destra,
gli avvocati Alfredo Quattrocchi,
Giuliano Pisapia e Giorgio Perrone
durante la lettura della sentenza per
il caso Lodo Mondadori (ANSA)
50 - La vicenda corruttiva Lodo
Mondadori- anomalie della
sentenza n. 259/1991 della Corte
di Appello di Roma. Designazione
di Metta quale consigliere relatore
della causa
A
parere di questo Tribunale, un primo
elemento indiziario, che - considerato
insieme agli altri, di cui poi si dirà - denota la anomalia del procedimento civile, di cui si discute, presso la Corte di Appello di
Roma, è rappresentato dalla assegnazione della
causa al consigliere Metta (…). Il Presidente Arnaldo Valente ha fatto presente che, in ordine alla assegnazione della causa Lodo Mondadori al Metta,
nessuna esigenza particolare si era verificata, che
giustificasse la deroga al criterio dell'automaticità:
"... La nomina di Metta è dovuta in principale luogo, in via principale, a questa automatica corrispondenza tra i fascicoli e il nome, l'elenco in cui
seguiva, in cui si trovava il Consigliere Metta in parallelo con i fascicoli che io andavo ad assegnare.
Aggiungo e preciso che nei confronti del Consigliere Metta non c'era nessuna di quelle controindicazioni di cui le ho parlato" e più avanti: “Ripeto
che per il Consigliere Metta non c'era nessuna di
queste controindicazioni. Il Consigliere Metta
aveva un numero di processi molto inferiore a
quello degli altri, aveva un carico di lavoro pari ad
un quarto, ad un quinto degli altri, faceva due
udienze al mese, di cui una la presiedeva, solamente due udienze, mentre gli altri facevano 5, 5, 6
udienze...". Tuttavia ritiene questo Tribunale che
anche con queste precisazioni, la designazione
del Metta come consigliere istruttore, relatore ed
estensore della causa Lodo Mondadori, resta inspiegabile proprio alla stregua dei criteri tabellari,
del tutto congrui ed equilibrati, che si sono riportati. Il Metta infatti, negli anni 1990 - 91: - era stato
designato per la contemporanea trattazione della
difficilissima e pesantissima causa IMI-SIR; - era titolare anche della gravosissima causa relativa all'impugnazione del lodo arbitrale Comune di Fiuggi-Terme di Fiuggi; - era anche molto gravato dal-
l'incarico di segretario della Presidenza della Corte, che gli portava via moltissimo tempo; - era titolare anche di alcuni altri delicatissimi procedimenti, quali la causa relativa al fallimento personale dei Caltagirone ed una molto pesante causa,
non meglio identificata, ma di cui ha parlato il Presidente Valente nella precitata deposizione, causa
relativa all'azione di danno proposta per decine di
miliardi da alcuni risparmiatori - investitori contro
una banca; - era costantemente in ritardo nel deposito delle sentenze rimesse in decisione, nonostante - come risulta dalla deposizione Valente fosse titolare di un ruolo molto ridotto di cause.
Deve a questo proposito essere menzionato che
tutte le circostanze sopra indicate sono state
espressamente confermate dallo stesso imputato
Metta nel corso dell'esame incrociato da lui reso
durante il dibattimento di appello (…). Inoltre il
Dott. Valente ha fatto presente (…): "Ricordo di un
altro processo, importantissimo, avente ad oggetto il risarcimento dei danni ... altrochè .... ma per
decine di miliardi. Riguardava un'azione di risarcimento del danno contro un istituto bancario che
era incorso in negligenza nell'acquistare pacchetti azionari, i quali avevano avuto delle curve di improvviso abbassamento nello spazio di 24 ore.
Questa causa, se non ricordo male, fu assegnata al
Consigliere Metta". Peraltro lo stesso Metta, nel
corso del suo predetto esame, ha egli stesso giudicato le cause IMI-SIR e Lodo Mondadori come
cause di "straordinaria difficoltà" ed ha ammesso
di avere avuto, in quegli anni, molti ritardi nel deposito delle sentenze. Ha confermato, inoltre, di
essere stato all'epoca assegnatario della causa relativa al fallimento personale dei Caltagirone. Per
la verità, la circostanza dei frequenti ritardi del
Metta nel deposito delle sentenze è confermata dalla certificazione
della Corte di Appello
di Roma - Sezione Prima
Civile, dalla quale si
evince che il Metta: nell'anno 1990 depositò in minute n. 54 sentenze, delle quali 8 depositate nei 30 giorni
dall'udienza di discussione, n. 46 nei 60 giorni e n. 1 (l'Imi-Sir) nei 90 giorni; - nell'anno 1991
depositò n. 64 sentenze, delle quali n. 15 depositate nei 30 giorni dalla udienza di discussione, n.
48 nei 60 giorni e n. 1 nei 120 giorni. In merito
deve essere menzionato che anche il Cons. Paolini, terzo membro del Collegio che decise la causa
Lodo Mondadori insieme al Valente ed al Metta, ha
confermato la circostanza che il Metta era costantemente in ritardo nel deposito delle sentenze. Il
teste Paolini Giovanni ha infatti dichiarato al dibattimento penale (…): "Mi risulta che Vittorio era abbastanza in ritardo perché tra l'altro, dirigendo la
segreteria della Presidenza, aveva anche molto da
fare, insomma, e quindi era in ritardo. Beh, sì me lo
diceva anche Vittorio che non faceva a tempo a
sbrigare il lavoro" . Deve essere in proposito ricordato che all'epoca era ancora in vigore l'art. 120
disp. att. Cpc, successivamente abrogato, il quale
disponeva: " Le sentenze debbono essere depositate, a norma dell'art. 133 del codice, non oltre il
trentesimo giorno da quello della discussione della causa". Naturalmente, è da osservare che non
desta particolare allarme un ritardo, come quello
evidenziato dalla predetta certificazione nei confronti del Metta, ma di certo esso è, nella specie, un
elemento che ancora di più, insieme agli altri sopra indicati, fa ritenere oscuri i criteri, sulla base
dei quali la causa Lodo Mondadori fu assegnata ad
un giudice talmente oberato di lavoro. Insomma,
dall'elenco delle cause più gravose, di cui sopra, e
x
Il giudice Mesiano
ha condannato
la Fininvest
a rifondere
750 milioni
alla Cir
di De Benedetti
dal contemporaneo impegno della Segreteria della Corte, si ricava il convincimento di una fortissima concentrazione di cause e di potere nella persona del consigliere Metta, ciò che destò le critiche, all'epoca dei fatti di causa, anche della sezione romana di Magistratura Democratica (…). Pertanto alla stregua delle predette circostanze e dei
predetti argomenti, è d'obbligo concludere per
una non razionalità ed una non congruità dei criteri che stettero alla base dell'assegnazione al giudice Metta della causa Lodo Mondadori, ciò che
costituisce una prima anomalia del procedimento
in questione.
51 - Tempi di stesura e
dattiloscrittura della sentenza
DALLA COPIA della sentenza n.
259/1991della Corte di Appello di Roma si evince che la stessa fu decisa nella camera di consiglio
del 14.01.1991 e fu depositata il successivo
24.01.1991. Il Tribunale Penale di Milano ironizza scrivendo: "Certo è che Metta smentirà la sua
‘fama’ di ritardatario proprio con riferimento alla
sentenza che qui ci occupa: camera di consiglio il
14.01.1991, pubblicazione il 24 dello stesso mese". Tolto il giorno 14, impegnato nella decisione
collegiale, ed il 24 (giorno della pubblicazione da
parte del cancelliere Treglia) residuano nove
giorni compresa la domenica (20 Gennaio). Per
la verità, alla stregua dell'estratto del registro brogliaccio delle sentenze prodotto dall'attrice (la
Cir, ndr), risulterebbe provato che la minuta della
sentenza fu depositata dal giudice estensore il
15.01.1991, e cioè giusto il giorno dopo la deci-
“L’anomalia del procedimento civile
(...) è rappresentata dalla
assegnazione della causa
al consigliere Metta”
sione della sentenza in camera di consiglio. Il tema della rappresentatività certificativa del predetto registro brogliaccio è stato molto dibattuto
nel giudizio penale, anche alla stregua della confusa e contraddittoria testimonianza del teste
cancelliere Dott. Vincenzo Treglia, esaminato all'udienza dibattimentale dell'08.03.2002 e la difesa Fininvest ha proposto in relazione a detto registro brogliaccio querela di falso, la quale non è
stata ammessa da questo Ufficio sul rilievo che
detto registro brogliaccio non appariva e non appare indispensabile ai fini del decidere. Comunque le date della decisione in camera di consiglio
e del deposito della sentenza non sono contestate dalle parti. In effetti nove giorni (compresa la
domenica) per redigere una sentenza definita dal
Metta "di straordinaria difficoltà", per dattiloscriverla, correggerla, farla leggere al Presidente del
Collegio e per depositarla e farla pubblicare sono
all'evidenza troppo pochi in relazione alla lunghezza della sentenza stessa (167 pagine dattiloscritte con 25 righe per ciascuna pagina) ed alla
eccezionale difficoltà delle problematiche in diritto affrontate nel provvedimento. In merito alla
deliberazione e redazione della sentenza vi sono
alcun punti fermi: - che il Metta si presentò alla
camera di consiglio senza alcuna relazione, bozza
o appunti scritti (…); - che Metta scriveva esclusivamente a mano (…). Orbene è lo stesso Metta
che (…) chiarisce alcune circostanze relative alla
Martedì 6 ottobre 2009
“Ritiene questo Tribunale che (...)
la sentenza Lodo Mondadori non fu
battuta a macchina presso la
Presidenza della Corte”
battitura a macchina della sentenza, che sarebbe
avvenuta, sotto la sua personale supervisione,
presso la Presidenza della Corte di Appello, di cui
egli era magistrato segretario, da parte della dattilografa Signora Gabriella Bruni (altre incaricate
della copiature "riservate" erano le Signore Vattolo e Cherubini, sempre addette alla Presidenza): ciò per due ragioni. Anzitutto per motivi di
riservatezza - essendo la predetta persona di assoluta fiducia e discrezione... ; e poi per ragioni di
speditezza, essendosi la predetta dattilografa dedicata esclusivamente al detto incombente. Alla
stessa il Metta avrebbe consegnato parte del manoscritto mano a mano che procedeva nella stesura di esso ed avrebbe l'imputato supervisionato
la dattilo scrittura da parte della Signora Gabriella
Bruni medesima. Senonché la signora Bruni, la
quale si sarebbe dedicata al predetto incombente
per diversi giorni in via esclusiva, sentita a sommarie informazioni da parte del Procuratore della
Repubblica di Milano in data 26.10.1998 (…) dichiarava di non ricordare assolutamente di avere
battuto a macchina per il consigliere Metta la sentenza Lodo Mondadori (…). Il Tribunale Penale
ha condotto inoltre sul punto un'amplissima
istruttoria dibattimentale sentendo come testi le
altre colleghe della Bruni addette in allora alla Presidenza della Corte: Agnese Cherubini, Natalina
Vattolo, Irene Servadei, Anna Maria Pippoletti,
Emma Greco (…). Ritiene questo Tribunale che
sia rimasto provato in termini di totale e tranquillizzante certezza che la sentenza Lodo Mondadori non fu battuta a macchina presso la Presidenza
della Corte, e ciò, in primo luogo, perché non è
pensabile che una sentenza di tale lunghezza possa essere stata dattiloscritta in così pochi giorni
senza un impegno assorbente da parte di anche
più di una dattilografa ed, in secondo luogo, perché non è pensabile che di sei dattilografe (di cui
la maggior parte a tempo perso) presenti allora
presso la Presidenza, nessuna ricordi di avere preso parte alla dattilo scrittura della stessa sentenza.
E ciò a tacere della circostanza delle differenze fra
le dichiarazioni dell'imputato nella predetta denuncia querela, che furono allo stesso contestate
nel dibattimento di appello da parte del Presidente del Collegio, e le dichiarazioni rese innanzi alla
Corte di Appello Penale di Milano. Infatti nelle
prime aveva parlato della Signora Bruni come
unica dattilografa, che - per i motivi già visti di
riservatezza e speditezza - aveva battuto la sentenza, mentre nelle seconde aveva fatto presente
che la battitura avrebbe potuto essere stata eseguita da più di una delle impiegate della Presidenza della Corte con buona pace delle esigenze di
riservatezza. E giustamente il Tribunale penale afferma conclusivamente sul punto: "E se la sentenza non è stata dattiloscritta in sede ‘istituzionale’
ma da un ‘terzo estraneo’, è ben possibile che l'esito della causa fosse circolato prima della sua ufficializzazione". Conclusioni su cui questo Uffi-
cio non può che consentire.
52 - Le “anticipazioni”
della sentenza della Corte
d'Appello di Roma
NEL CORSO del dibattimento di primo grado
innanzi al Tribunale di Milano, veniva escusso come teste l'avv. Vittorio Ripa di Meana, legale della
CIR, lo stesso che ebbe a chiedere al Presidente
della Corte di Appello di Roma, Dott. Carlo Sammarco, che la causa di impugnazione del Lodo
Mondadori venisse sollecitamente decisa. Ha affermato il teste che, poco prima del Natale 1990,
ebbe occasione di recarsi per vari motivi e come
faceva spesso, alla Consob, ove incontrò anche il
Presidente, Dott. Bruno Pazzi, a lui legato da rapporti di amicizia e di stima. Tra le varie cose, il discorso cadde anche sulla vicenda Mondadori, che
d'altronde, era seguita da vicino dal citato organo
di controllo, anche perché coinvolgeva diverse
società quotate di interesse nazionale: la AMEF, la
Mondadori, la CIR, il gruppo Repubblica - L'Espresso. Così testualmente descrive Ripa di Meana il colloquio avuto con Pazzi: "Comunque, voglio dire, la Consob monitorava anche questa situazione, era interessata a quello che era l'esito
della sentenza, perché appunto coinvolgeva so-
cietà sulle quali essa Consob, aveva la vigilanza intanto, in quanto come società quotate in Borsa. Si
venne a parlare di questa vicenda ed io dissi al Presidente della Consob che aspettavamo una sentenza in tempi rapidi. E lui mi rispose, con mio
grande stupore, che la sentenza era già stata diciamo decisa, e che quindi ci era sfavorevole.
Espressi molto stupore, sia per la notizia sia per il
fatto che lui me la desse. E lui disse che comunque
queste erano le notizie che aveva e che quindi noi
avevamo un'unica strada, di fronte a questa situazione sfavorevole che sarebbe venuta a seguito
della sentenza della Corte d'Appello, mi disse che
l'unica soluzione sensata, per noi, per il gruppo
CIR, ma anche a suo parere per la controparte, era
di trovare un accordo sulla spartizione del gruppo
editoriale. Facendo presente, volendo fare presente che nel frattempo il Gruppo Espresso - Repubblica era stato assorbito dalla Mondadori e
che quindi nella Mondadori c'era non solo l'attività tipica e antica della Mondadori, ma che anche
c'era l'intera proprietà dell'Espresso, della Repubblica, dei giornali locali del gruppo Espresso - Repubblica. Questo fu quello che mi disse il dottor
Bruno Pazzi". Questo colloquio sarebbe avvenuto, a detta di Ripa di Meana, prima del Natale del
1990 e dunque nell'intervallo di tempo che intercorre tra il 5 dicembre di quell'anno (data in cui si
tenne l'udienza di spedizione a sentenza della causa Lodo Mondadori ) ed il 14 Gennaio del 1991,
data della camera di consiglio, e il suo contenuto
venne da lui sicuramente comunicato a De Benedetti. Va subito detto che Pazzi (…) ha negato decisamente la circostanza: "Prendo atto delle dichiarazioni rese dall'avvocato Ripa di Meana,
escludo di avere riferito a quest'ultimo la confidenza che mi si attribuisce. Non è vero che dissi
all'avvocato Ripa di Meana che l'esito del ricorso
sarebbe stato sfavorevole all'Ing. De Benedetti.
Non so per quale motivo Ripa di Meana riferisce
cose inesatte. lo non seguivo le vicende del lodo
Mondadori, non ero interessato alla questione e
ricordo anche vagamente come andò a finire la
controversia giudiziaria". In sede di confronto le
posizioni non sono mutate (…). E' quindi consequenziale che le due confliggenti dichiarazioni
debbano essere in questa sede valutate quanto alla loro credibilità. A questo proposito, va prima di
tutto considerato il carattere del tutto lineare delle dichiarazioni dell' Avv. Ripa di Meana, nonché la
reiterazione di esse sia in sede di indagini preliminari sia in sede di dibattimento penale senza
che il teste vi abbia apportato modifiche. Deve essere invece rilevato che il teste Pazzi, che non è
stato sentito al dibattimento penale perché in cattive condizioni di salute e in considerazione anche della sua tarda età, ha negato troppo, per allontanare ogni possibile sospetto da sé. E cioè ha
negato, da un lato, che la conversazione col Ripa
di Meana avesse avuto minimamente ad oggetto la
vicenda giudiziaria, di cui qui ci si occupa, dall'altro lato che egli si sia interessato alla vicenda del
lodo Mondadori, di cui ricordava a malapena l'esito. Orbene, su questi ultimi due punti le dichiarazioni del Pazzi non sono credibili. Ed infatti la
vicenda della "guerra di Segrate" era allora al centro dell'attenzione dei media, così come era anche oggetto di interesse da parte della politica. E
bisogna inoltre considerare anche la circostanza
che il Pazzi era all'epoca Presidente della Consob,
e cioè dell'organo istituzionalmente deputato al
controllo sulla borsa e sulle società quotate in borsa, quali erano le società già indicate, e che quindi
il Pazzi stesso non aveva potuto non interessarsi al
destino del più grande gruppo editoriale italiano
dell'epoca, la cui vicenda lo riguardava quanto
meno da un punto di vista istituzionale (…) Ma vi
è un ulteriore elemento di conforto alle dichiarazioni del Ripa di Meana: e cioè che le sue dichiarazioni sono riscontrate da quelle dei testi Dott.r
Corrado Passera (direttore generale della Mondadori dal giugno 1990 all'aprile 1991, ndr) e Dott.
Emilio Fossati (membro del Cda Mondadori, su indicazione di De Benedetti, dal maggio 1986 al gennaio 1990, ndr), anche essi testi indifferenti (…).
Entrambi hanno confermato il racconto di Ripa di
Meana riferendo l'accaduto a prima della camera
di consiglio del 14 Gennaio 1991 (…). Abbiamo
pertanto due testi, entrambi di area CIR al momento dei fatti, ma che successivamente proseguirono la loro carriera in altri gruppi imprenditoriali (e che quindi sono considerarsi ambedue
terzi al momento della loro deposizione dibattimentale ) che, in maniera sostanzialmente conforme, hanno riscontrato le dichiarazioni del Ripa
di Meana, confermando di avere saputo, nei giorni antecedenti la camera di consiglio del
14.01.1991 che il Pazzi aveva fatto al Ripa di Meana la confidenza già riferita. Conclusivamente, reputa questo Ufficio che, per tutte le considerazioni esposte in precedenza, le dichiarazioni dell'avv.
Vittorio Ripa di Meana vanno ritenute veritiere e
che il Pazzi abbia invece negato il vero. Ciò posto,
appare evidente che, se come il teste Paolini Giovanni ha riferito al dibattimento in primo grado, il
Collegio composto da Valente, Metta ed lui stesso
non fece pre-camere di consiglio per decidere la
causa Lodo Mondadori, che fu quindi decisa nella
sua interezza nella camera di consiglio del
14.01.1991, l'unico membro del collegio che poteva esternare o confidare qualche anticipazione
sulla decisione, di cui trattasi, per avere cognizione della causa già prima della camera di consiglio
non poteva essere che il Metta che aveva già quantomeno in parte - studiato gli atti del procedimento. Pertanto la circostanza dell'anticipazione della
decisione deve essere da questo Tribunale considerata come una ulteriore anomalia dell'iter decisionale della causa medesima.
53 - Esistenza di copie diverse
dall'originale della sentenza
della Corte di Appello di Roma
(…) IL METTA ha dichiarato: "Al termine (della
dattiloscrittura e collazione della sentenza) fu
stampato un solo esemplare e, dopo l'esame da
parte del Presidente del Collegio e le correzioni,
fu formato l'originale che, dopo le firme, fu immediatamente pubblicato a cura del cancelliere
della sezione". Orbene il Tribunale Penale di Milano ha, con motivazione estremamente dettagliata e puntuale, dimostrato che, contrariamente a quanto affermato dal Metta, della sentenza n.
259 11991 della Corte di Appello di Roma esistevano più di una copia riportanti alcune differenze
fra loro. (…) Anche sotto il suddetto profilo, sono
dunque le dichiarazioni del Metta da disattendere.
pagina 12
Martedì 6 ottobre 2009
IL COLLOQUIO
Come spiegare
FACEBOOK
a Kissinger
egemoniche. Ma ora non basta più. Nel ventunensimo secolo perseguire la “sicurezza
profonda” non significa alzare
mura più alte dietro cui nascondersi o costruire cannoni
più potenti: “Il nuovo approccio che serve in un nuovo contesto accetta la crescente
complessità e l’incessante novità come dati di fatto”.
l modello (organizzativo)
Icome
da imitare - nella strategia
nella finanza - è quello
Nel suo nuovo libro Joshua Cooper Ramo sostiene
che abbiamo bisogno di una rivoluzione del pensiero
di Stefano Feltri
oshua, secondo te
dovrei aprirmi una
pagina su Facebook?», a 86 anni Henry Kissinger cerca ancora di
mantenersi aggiornato, perché è uomo troppo intelligente per pensare di potersi permettere di vivere solo di rendita. Anche il suo status di
americano più influente del
mondo in questioni di politica
internazionale non è a rischio.
Heinz Alfred Henry Kissinger,
Il segretario di Stato di Richard Nixon che chiuse la
guerra del Vietnam (e contribuì al colpo di Stato contro
Salvador Allende in Cile),
quando ha qualche dubbio generazionale alza il telefono e
chiama Joshua Cooper Ramo,
managing director della Kissinger Associates, la società di
consulenza del grande vecchio della diplomazia. “Una
volta mi ha chiamato per chiedermi “Ma che coza diafolo è
Tvitter?”, Ramo imita il famoso
accento tedesco che, nonostante una vita passata in America, Kissinger ostenta ancora
come un vezzo. Ramo ha 45
anni, ha studiato fisica ed economia, si è appassionato di
politica internazionale e ha
cominciato a lavorare per il
settimanale “Time”, occupandosi all’inizio di necrologi,
«J
“perché i morti non protestano” e diventando poi il capo
della redazione esteri. Poco
dopo i trent’anni ha deciso
che “limitarmi a osservare
quello che succedeva non mi
bastava più, quando ti trovi in
posti come il Sudan e capisci
che le persone con cui parli
sono spacciate, ti viene voglia
di fare qualcosa, oltre che scrivere un articolo”. Si prende
un anno sabbatico, come si
può fare nei grandi giornali
americani. Va in Sud Africa a
lavorare in un ospedale dove
curano i malati di Aids, poi si
trasferisce a Pechino, per stare al centro del cambiamento.
Passa un periodo in una banca
d’affari, studia il mandarino
(“ci vogliono almeno due anni
e mezzo”) e inizia a lavorare
per la Kissinger Associates. E’
la società di consulenza strategica che Kissinger ha costruito quando è uscito dalla
politica - “per mantenere la
sua rete di relazioni” - e che
assiste le imprese (a pagamento) e i governi (gratis). A Pechino Ramo spiega alle aziende straniere come fare affari in
un Paese in cui “non esiste lo
stato di diritto, tutto all’inizio
è illegale e quello che conta è
capire le dinamiche della politica, sapersi muove in un
contesto in cui non esiste la
possibilità di persuadere la
controparte ma solo di manipolarla”.
Il modello
P
organizzativo
di successo
oggi è quello di
Hezbollah
artecipare alla trasformazione di un
Paese formalmente
comunista nella seconda (per ora) potenza capitalista del
mondo ha aiutato Ramo a capire che le categorie di pensiero
del suo maestro Kissinger, forse - e con
molto rispetto - andavano aggiornate.
Ha scritto un libro
Joshua Cooper Ramo e Henry Kissinger visti da Manolo Fucecchi
Il libro di Ramo e Hassan Nasrallah,
il capo di Hezbollah (FOTO ANSA)
che esce ora in edizione italiana per Eliot, “Il secolo imprevedibile (320 pagine,
18,50 euro) che è dedicato “ai
miei mentori”, perché “l’ho
scritto per spiegare a Henry
che il suo mondo non esiste
più”. Un saggio che sta diventando un testo di studio obbligatorio nelle accademie dove
si addestrano i futuri vertici
dell’esercito americano e dei
servizi segreti, ma anche business school. Perché racconta una visione del mondo, un
modo di pensare globale, che
è lontanissima da quella che
nella vulgata è diventata la
Realpolitik di Kissinger, ispirata
alle fredde strategie teutoniche di Otto von Bismarck dove ad ogni azione corrisponde
una reazione uguale e contraria.
Lo spunto principale, per la
verità, gli è venuto dal dibattito aperto dal saggio di Thomas Friedman “Il mondo è
piatto”, qualche anno fa. Un
libro a tesi - la globalizzazione
è inarrestabile ma buona - che
ha suscitato entusiasmi e contestazioni, dimostrando il bisogno diffuso di cercare idee
di sintesi per pensare il ven-
L’AUTORE DE “IL SECOLO IMPREVEDIBILE”
ECONOMISTA E PILOTA ACROBATICO
45 anni è il più giovane direttore
della Kissinger Associates nella
storia della società di consulenza
strategica di Henry Kissinger. L’inizio
della carriera di Joshua Cooper Ramo è
stato nel giornalismo, ha lavorato al
settimanale americano “Time” di cui è
diventato il più giovane capo della
redazione esteri e dove scrive tuttora,
come collaboratore.
Oggi vive tra Pechino e New York, gira il
mondo per lavoro - ma anche per
piacere, portandosi dietro la sua moto e prima di diventare uno dei più influenti
saggisti di politica internazionale della
A
sua generazione ha scritto “No visible
horizon”, in cui racconta le sue
avventure di pilota acrobatico. Ha
studiato fisica ed economia,
specializzandosi in quest’ultima, prima
all’università di Chicago poi alla New
York University. Prima di lasciare il
giornalismo si prende un anno sabbatico
e lavora in Sud Africa, per assitere
malati di Aids. Decide di trasferirsi a
Pechino, dove studia mandarino. Viene
assunto dalla Kissinger Associates per la
quale si occupa di fare consulenza
politico-strategica per le imprese che
vogliono investire in Cina.
tunensimo secolo. “Molte
idee di successo
che
hanno dominato il dibattito negli ultimi
quindici anni sono troppo
semplicistiche, dalla fine della
Storia di Francis Fukuyama al
soft power di Joseph Nye”, dice
Ramo.
iassumere il libro non è faRtipicamente
cile, perché con uno stile
americano è costruito concatenando una serie di storie di successo. Ma si
può partire dall’epigrafe di
John Maynard Keynes: “Perdonate la mia foga, che ha ragione profonde nella speranza per il futuro. Questo è un
argomento fondamentale per
me. Io so, almeno in parte, cosa voglio. So anche, e molto
chiaramente, cosa temo”. A
Ramo si perdona la foga, anche perché è chiaro cosa teme: “Sono sicuro che adesso,
nella grande crisi, stanno per
arrivare i mercanti di paura.
Basta vedere le classifiche dei
libri più venduti in america,
tutti saggisti ultraconservatori che mettono in guardia dai
pericoli della modernità; ogni
volta che parlo da un’emittente conservatrice le vendite del
mio libro si impennano, anche se io non la penso affatto
come loro”. Per evitare che i
“mercanti di paura” sfruttino
questo momento - come hanno fatto dopo l’undici settembre - è necessaria “una rivoluzione del pensiero”. L’idea di
fondo di Ramo è che il ventunesimo secolo richieda di
“cominciare a pensare in modo non lineare” o i risultati saranno disastrosi. Quando
George Bush decise di invadere l’Iraq ragionò in modo lineare. Si abbatte il dittatore,
quindi gli americani guadagnano consenso sufficiente
per installare un regime amico che inevitabilmente renderà più stabile la regione. Si è
visto come è andata. Altro
esempio di ragionamento lineare che oggi non funziona
più: se uno Stato vuole essere
più sicuro, deve investire in
spesa militare. Poi succede
che si trova coinvolto in un
conflitto con un avversario
piccolo e sfuggente, tipo i
vietcong o i talebani, e il risultato - ricorda Ramo non è incoraggiante: 21 a 1 per i piccoli contro i grandi negli ultimi duecento anni. Quindi bisogna cambiare approccio e
perseguire quella che Ramo
definisce la “sicurezza profonda”.
Per chi pensa la politica internazionale in modo classico, tipo Kissinger, la sicurezza si
costruisce cementando alleanze, indebolendo gli avversari, conquistando posizioni
di Hezbollah, il gruppo politico e terrorista libanese che i
generali israeliani provano da
anni a distruggere. “Conosco i
leader di Hezbollah da quindici anni, da quando facevo il
corrisponendente di ‘Time’.
Li ho visti cambiare, evolversi,
capire Internet e il ruolo dei
media molto meglio e molto
prima dei loro avversari, sfruttare le sconfitte per capire dove avevano sbagliato e correggere le proprie debolezze”. Il
concetto chiave per ottenere
la sicurezza profonda, sia per
un’azienda che non vuole perdere la leadership di un settore che per uno Stato che vuole
tutelare la propria esistenza,
secondo Ramo è “la resilienza”, un termine preso in prestito dalla fisica che indica la
proprietà che hanno i metalli
di deformarsi senza rompersi.
E in questo Hezbollah è maestra e i servizi segreti di Israele
ne sono consapevoli: i terroristi che non vengono distrutti si evolvono, come i virus
dell’influenza che cambiano
più rapidamente dei vaccini.
La strada per il successo, dice
l’autore, “non è evitare i problemi, ma sottoporre il sistema a periodiche piccole crisi
per evitare che ne arrivi una
grande che lo distrugge”. Chi
non è capace di cambiare,
muore. La crisi finanziaria lo
dimostra: “Il sistema finanziario continua a diventare sempre più efficiente e sempre
più complesso. E questo è un
bene, perché noi beneficiamo delle sue evoluzioni. Ma
ormai le variabili sono così
tante che è impossibile tenerle sotto controllo, quindi
l’unico modo per evitare il
peggio è fargli sviluppare al
suo interno gli anticorpi di cui
ha bisogno lasciando che si
confronti con le difficoltà”.
Un approccio opposto a quello di Alan Greenspan, l’ex presidente della Federal Reserve
americana, che per vent’anni
ha sostenuto Wall Street ogni
volta che dava segni di incertezza, invece di lasciare che il
sistema correggesse da solo i
suoi eccessi. La correzione è
quindi arrivata in un colpo solo, molto più traumatico, con
la crisi attuale. E ne stiamo ancora scontando i costi.
Bretton Woods a Istanbul
I Paesi emergenti voglino contare anche nella Banca Mondiale
n questi giorni - a Istanbul - è in corso un
Isi occupano
vertice tra le istituzioni internazionali che
di sviluppo. Dopo mesi di G20 e
G8 circola ormai un giustificato scetticismo
sull’utilità di questi summit. In Turchia, però, sta succedendo qualcosa.
I Paesi in via di sviluppo hanno ribadito la
loro esigenza di contare di più nel Fondo
monetario internazionale la cui composizione riflette ancora gli equilibri del dopoguerra. Richiesta accolta: lo ha confermato
anche l’ultimo G20. Nelle ultime ore, però,
si sta discutendo molto anche del destino
della Banca mondiale. L’agenzia speciale
delle Nazioni unite che dovrebbe servire a
dare prestiti nei Paesi meno sviluppati è da
anni al centro di un dibattito: bisogna chiuderla o solo trasformarla? I prestiti, infatti,
non vengono quasi mai restituiti e hanno risultati non sempre all’altezza delle aspettative. Una delle ipotesi era di trasformare la
banca in un normale ente benefico che elargisce donazioni.
La novità di Istanbul è che la Banca mondiale
si è impegnata a spendere tutti i 100 miliardi
che ha in dotazione per finanziamenti. E serviranno, se sono giuste le sue stime: 90 milioni di nuovi poveri entro la fine del 2010. I
ministri di Russia, India, Indonesia e Brasile
sono intervenuti a Istanbul per dire che la
credibilità della banca dipende dalla sua capacità di dare ai Paesi membri uno spazio
proporzionale al loro rilievo economico. Visto che a Pittsburgh si è deciso di sostituire il
G8 con il G20, riconoscendo che gli equilibri di potere sono cambiati, anche la Banca
mondiale dovrà riflettere questa presa di coscienza. I Paesi che in teoria dovevano essere i beneficiari degli aiuti allo sviluppo,
ora vogliono gestirli direttamente. Come nel
caso della Wto, l’Organizzazione mondiale
del commercio che conduce i negoziati sulla riduzione delle tariffe, i Paesi del G8 non
hanno più il potere contrattuale sufficiente
per agire da soli. E, forse, l’architettura finanziaria decisa a Bretton Woods nel 1944
(quando vennero create la Banca mondiale
e il Fmi) sta davvero iniziando a cambiare.
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Martedì 6 ottobre 2009
N
NOBEL MEDICINA
Longevità,
premiate 2 donne
P
er la prima volta
nella storia dei
Nobel per la scienza, il
premio è stato
assegnato a due donne:
Elizabeth H. Blackburn
e Carol W. Greider
(insieme a Jack
Szostak) che nel 1985,
con la scoperta dei
telomeri, hanno
rivelato i meccanismi
dell’invecchiamento
cellulare.
FRANCIA
La gaffe
del capoTelecom
È
stato pubblicato
online in Francia
un video (del 20
gennaio) nel quale
Didier Lombard (nella
foto) presidente di
France Telecom,
società dove in un anno
e mezzo si sono
suicidati 24 dipendenti,
si rivolge ai lavoratori
con toni brutali per
convincerli ad
"adattarsi alla realtà di
oggi". Settimane fa
Lombard aveva parlato,
per poi scusarsi, di
“moda dei suicidi”.
ISRAELE
Orgia
all’ospizio
G
li ospiti di una casa
di riposo di Tel
Aviv hanno organizzato
un festino, sfociato in
un’orgia. Lo riferisce il
quotidiano Israel
ha-Yom secondo cui
alcuni dei protagonisti
hanno superato i 90
anni. Lo staff della casa
di riposo, accortosi del
fatto, ha preferito non
intervenire e l’evento
non è stato interrotto,
ma i partecipanti sono
stati poi diffidati dal
ripetere tali
comportamenti.
SVIZZERA
700 vip firmano
per Polanski
P
enelope Cruz è
l'ultimo nome
eccellente ad aver
firmato la petizione
con cui 700 celebrità
chiedono il rilascio di
Roman Polanski, il
regista arrestato a
Zurigo per aver
stuprato una 13enne 31
anni fa.
NASCITE
I primi “nipotini”
de Il Fatto
S
abato scorso, a
Roma, sono nati i
primi tre “nipotini” de
Il Fatto: sono Pietro
Carlo, Elena e Gaia, figli
del nostro collega
Stefano Citati. A lui e
alla moglie Stefania i
migliori auguri dalla
redazione, e un grande
in bocca al lupo.
La denuncia
TRA IRAN E IRAQ
IL MISTERO
DEGLI OPPOSITORI
imori per la sorte di 36 muTpostori
jaeddin del popolo - gli opdel regime iraniano arrestati dalle forze di sicurezza irachene nel corso di un
blitz al campo Ashraf questa
estate. Migliaia di profughi
che abitano nell'enclave in
territorio iracheno sono in
sciopero della fame da oltre
un mese per chiedere la liberazione dei loro compagni. "Il
governo di Baghdad ha deciso
di trasferire i detenuti in un
posto sconosciuto", hanno
raccontato fonti dell’opposizione. La paura maggiore è
che vengano trasferiti in Iran,
il cui governo sta facendo
pressioni sulle autorità irachene affinché chiudano il
campo in cui vivono 3.400
profughi. "Una parte del campo è stata occupata dalle forze
irachene e alle ong viene impedito l'ingresso", hanno
spiegato le fonti.
FATTO O STRAFATTO
di Wanda Marra
uote pesca per l’Europa. Dopo anni
di monopolio maschile per la carica
dell’Alto rappresentante della politica
estera e di sicurezza della Ue, potrebbe esserci una Madame Pesc al posto di un Mister Pesc. Il sì irlandese al trattato di Lisbona ha riaperto i giochi sulle cariche europee e le donne si mobilitano. Perché, come afferma Margot Wallstrom, promotrice di un appello firmato da commissarie e
parlamentari europee di diverso orientamento, “è una vergogna” che “non ci siano
Q
UNA PESC ROSA A BRUXELLES
donne candidate per il presidente stabile
della Ue”. Essendo quasi certa la nomina
di Tony Blair alla presidenza stabile, allora,
la lobby rosa punta alla quota pesca. In lizza ci sarebbero la ministra degli Esteri austriaca Ursula Plassnik, l’ex presidente irlandese Mary Robinson, il ministro degli
Esteri greco uscente Dora Bakoyannis e
l’ex commissaria Ue al Lavoro, la greca
Anna Diamantopoulou. Per l’Italia, l’unica
candidata possibile sembrerebbe essere
l’ex Commissario Emma Bonino.
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Martedì 6 ottobre 2009
SECONDOTEMPO
SPETTACOLI,SPORT,IDEE
in & out
Bersani
Il nuovo
“Manifesto
abusivo”
primo
su I Tunes
Garko
Campione di
share, dopo
il ruolo di
mafioso sarà
un fascista
Ventura
“Io le
mutande in
trasmissione
le indosso
sempre”
Adriano
Doppietta in
dodici minuti
nel classico
contro
il Fluminense
Il red carpet del Festival e a destra
il presidente della manifestazione,
lo storico critico de “Il Tempo”,
Gian Luigi Rondi ( FOTO ANSA)
FESTIVAL DI ROMA
La rivoluzione
(immobile)
di Alemanno
di Federico
Pontiggia
S
ono sempre riuscito a tenere
lontano la politica dal mio lavoro e ho chiesto a questa
che non pesasse su di me.
Forse adesso avete capito
che io non obbedisco a nessuno". Così il neopresidente
Gian Luigi Rondi mandò in
archivio, l’anno scorso, la
terza edizione del Festival Internazionale del Film di Roma. In pectore per volontà di
Gianni Alemanno, dopo la dipartita di Veltroni, il decano
dei critici nostrani decise innanzitutto di cambiare nome: basta Festa, meglio un innocuo, generico festival. Anche perché, diciamolo, la Festa chi l’aveva vista? Pochi,
ovvero numerosi addetti ai
lavori e sparuti romani. O forse no? Nel lontano 2006,
chiudendo la prima edizione, Veltroni gongolava: “Ro-
ma ha vissuto la Festa con orgoglio. Bisogna avere coraggio, una città colta è una città
in cui si vive meglio, ed è più
ricca. Non bisogna avere
paura del cinema, non è un
animale in via di estinzione, e
questa Festa lo ha dimostrato”.
Sullo stesso ramo dondolava
e gongolava Goffredo Bettini, allora senatore Ds e presidente della manifestazione:
Verde celluloide
FOCUS SULL’AMBIENTE
Le iniziative - Domani alle 11.30, presso la residenza
dell'ambasciatore britannico a Roma, Edward Chaplin,
saranno presentate le iniziative di ambasciata
britannica, British Council, Fao, Fondazione
Sigma-Tau, Greenpeace, Legambiente e Wwf, in
collaborazione con il Festival internazionale del Film
di Roma, che dedica il Focus di quest'anno all'ambiente
e al contributo che il cinema e le arti possono dare alla
sfida globale contro i cambiamenti climatici.
“Siamo molto soddisfatti perché abbiamo raggiunto gli
obiettivi: grande partecipazione del pubblico, buon
mix tra cinema popolare e
d’autore, ricchezza alla città
e impiego a tante persone”.
A piegare quel ramo d’alloro,
ci pensò un regista di sinistra, Ettore Scola, coordinatore della giuria popolare: “Il
romano viene qui perché si
sente a casa sua. Anzi, la gente neanche viene, perché i
film se li sente suoi. Quindi le
sale a volte restano vuote, sia
detto senza ironia”.
Richiamato all’ordine da Bettini, Scola non fece l’italiano,
e nemmeno il presidente (di
giuria, o del Consiglio, fate
vobis), ovvero non smentì e
non rettificò: “Prima ho detto che le sale erano vuote,
non vorrei creare equivoci.
Ho una certa età, posso avere
anche delle allucinazioni, ma
vi assicuro che le sedie vuote
le ho viste”.
La seconda edizione di sedie
vuote ne contò pure di più,
ma poco importa: Veltroni
“lasciava” ad Alemanno, la
Festa sarebbe divenuta Festival, e le Veltroniadi “sguardi
dentro il Raccordo”.
Basta star-vehicle stelle &
strisce, basta panem et circenses, basta, insomma, Hollywood: aridatece il cinema
italiano e, possibilmente, i
romani, intesi come pubblico pagante. Bene, non è andata proprio così. La volontà
iconoclasta di Alemanno si è
infranta su qualcosa di più
granitico: il consenso.
Qualcuno – il Pdl ha qualche
affinità col cinema, da Medusa in giù – gli ha messo la mano sulla spalla e, come si fa
con i bambini, gli ha fatto capire l’importanza mediatica
dell’ex vetrina Veltroni.
Aperti gli occhi a Gianni, gli
ha anche letto l’upgrade
2009 del Gattopardo: “Se vogliamo che non tutto rimanga come è, bisogna che non
tutto cambi!". Fatto sta che la
direttrice di Premiere (sezione
principe della Festa) e direttrice di Ciak (Mondadori)
Piera Detassis è divenuta direttora tout court, i due direttori del Concorso sono
stati defenestrati - Giorgio
Gosetti è ritornato alle Giornate degli Autori veneziane,
Teresa Cavina a casa (Biarritz) – l’Extra-ordinario Mario
Sesti confermato, Alice nella
città, la sezione vietata ai
maggiorenni, inglobata, il
mercato affidato al presidente di Cinecittà Luce Roberto
Cicutto, che dice di volersene andare.
E che di destra non è, tutt’altro. Sorretto dunque il carrozzone con puntelli sinistrorsi, si possono aprire le
finestre al nuovo vento culturale che soffia da destra: un
esempio, oggi Gian Luigi
Rondi aprirà le porte dell’Auditorium alla ministra della
Gioventù Giorgia Meloni,
che intratterrà gli astanti sul
progetto dedicato ai giovani
professionisti di cinema e il
premio speciale “La Meglio
Gioventú”.
Progetto, in realtà, molto collaterale, perché viceversa la
quarta edizione della Festa,
pardon Festival (15-23 ottobre), punta sugli ultra 60enni, pur arzilli che siano: Meryl Streep premiata alla carriera; Stefania Sandrelli e il
suo esordio in regia, Helen
Mirren; Margareth Von Trotta; Richard Gere; Martin
Scorsese e Anthony Hopkins
diretto da James Ivory.
Ah, c’è posto anche per 19
titoli italiani, tra cui il film
spot su Roma diretto da Zeffirelli, ispirato alla Tosca e interpretato da Bocelli e Bellucci. Ebbene sì, Alemanno
ha capito: è qui la festa.
LIBRI Il caffè
al cianuro di Sindona
tamattina, alla Sala Stampa Estera, in via dell’Umiltà
Sincontrano
83/C a Roma, Giovanni Maria Flick e Marcelle Padovani
gli ex magistrati Gianni Simoni e Giuliano Turone, autori de Il caffè di Sindona (Garzanti editore, tre edizioni in un mese). «Ristabilire la verità dei fatti è un debito
che sentiamo nei confronti della memoria di Ambrosoli”,
spiegano gli autori. “Inoltre ci sembra che in questo paese, dove troppi misteri rimangono ancora avvolti nella
nebbia più fitta, possa essere utile un contributo che getta
uno spiraglio di luce su circostanze che misteriose non
sono più, ma sulle quali permangono disinformazione e
pregiudizio”. Il libro ripercorre uno dei più inquietanti
misteri d’Italia, quello della morte di Michele Sindona nel
marzo del 1986. Conosciamo la causa del decesso: un caffè al cianuro bevuto nella sua cella nel carcere di Voghera.
Ma chi mise il veleno nella tazzina? E perché? Finanziere
potentissimo, Sindona intratteneva rapporti con importanti uomini politici al di qua e al di là dell’oceano: nel
1973 Andreotti lo definì «salvatore della lira» e nel 1974
l’ambasciatore usa in Italia lo premiò come «Uomo dell’anno»; era uno degli uomini di fiducia del Vaticano, e in particolare dello Ior diretto da Paul Marcinkus, ma aveva anche legami con la mafia. Iscritto alla P2 di Licio Gelli, fu lui
a introdurre Roberto Calvi negli ambienti di quella loggia
segreta, oltre che in quelli vaticani e in quelli mafiosi: i due
banchieri erano infatti legati da un intrico di affari avventurosi che avrebbero portato entrambi alla rovina.
Martedì 6 ottobre 2009
pagina 15
SECONDO TEMPO
Frosinone
d’Olanda:
Con 4
punte,
Moriero
domina la B
CALCIO /DIZIONARIO PER L’US O
OGNI MALEDETTA
DOMENICA
L’eleganza di De Laurentiis,
il mancato silenzio e i soldi di Moratti
di Oliviero Beha
erba volant. La notizia
che un autentico signore
del calcio come il presidente del Napoli, Aurelio
De Laurentiis, voglia cacciare
il suo allenatore non è una notizia. L'esimio Aurelio, che
tampina Lotito nella facondia e
nella retorica riuscendo commovente nelle interviste, aveva già cominciato a cacciare
Donadoni a rate. La differenza
con un Cellino, neppure lui accademico della Crusca ma almeno dotato di annosa esperienza nel settore, è che l'anno
scorso in Sardegna Allegri potè rimettersi in sesto dopo le
prime cinque sconfitte consecutive, facendo poi un gran
campionato. Con Donadoni,
comunque ex CT della Nazionale, c'è stata mancanza di
comprendonio, di rispetto, di
intelligenza (con l'amico, o
meglio col dipendente). Roberto Donadoni ha completato l'opera facendosi trattare da
nemico e non mostrando né in
estate né poi quel minimo di
autonomia e di orgoglio per dire dei no. Lo so, è difficile dire
dei no. Ma, parola di Osvaldo
Paz in un memorabile discorso
a Stoccolma per il Nobel ricevuto, si cresce quasi solo quando impari a dire no.
La sensibilità sotto i tacchetti. Ennesima dimostrazione di grande sentore pubblico,
di idem sentire bossiano con la
popolazione colpita dalla tragedia franosa di Messina, da
parte dei vertici del calcio. Siamo al dolore regionale. Lutto e
silenzio solo da parte di Catania e Palermo, autorizzato dalla Federcalcio che ha inventato il federalismo penitenziale,
silenzio rispettoso solo a Bergamo da parte di Atalanta e Milan per un equivoco: Ma sì, l'arbitro Rocchi aveva capito male...Silenzio sulla solidarietà alle vittime ma non per lutto
bensì per vergogna da parte
della Lega Calcio. Difetto di
coordinamento secondo Abete. Difetto e basta, direi io, il
V
coordinamento non c'entra.
Libero arbitrio. L'arbitro
Rocchi, caduto nell'equivoco
e quindi sensibile involontariamente, ha arbitrato benchè
ci sia una richiesta di pena di
un anno e quattro mesi nei
suoi confronti dai PM del processo a Calciopoli per frode
sportiva, a Napoli. Che sia innocente o no, lo vedremo. Intanto sono colpevoli coloro
che lo fanno arbitrare, impedendo di farlo a Paparesta, archiviato e/o assolto su tutti i
fronti, sportivo e ordinario,
benché per l'opinione pubblica sia ancora quello chiuso da
Moggi nello spogliatoio.
Papi, sempre Papi, fortissimamente Papi. Di Papi non
ci libereremo tanto facilmente. Non parlo della D'Addario
né di alcun' altra escort, e francamente sono un ammiratore
di Berlusconi, del suo attivismo tra Eros e Thanatos, dell'aiuto che gli dà il simpatico
Minzolini non aiutato né dal latino (omen nomen) né dall'onomatopeia (minzolare ricorda un verbo cinofilo). No, il
mio Papi è Stefano Papi, guardalinee e commercialista, che
in Via Alcide Gasperi 41 a Prato
è titolare di un avviato studio,
di cui sono clienti il designatore arbitrale Collina (580 mila
euro l'anno per designare, più
i gettoni per le missioni) e altri
17 arbitri più o meno importanti, più una caterva di arbi-
Donadoni lascia lo stadio Olimpico, sopra il fiorentino Montolivo (FOTO (ANSA))
trucci e guardalineucci nelle
serie inferiori e più l'ex designatore Bergamo: quello di
Calciopoli,
domanderete?.
Quello. Ma anche Collina è
dentro alle intercettazioni dell'addetto agli assistenti arbitrali Meani, un ristoratore di Lodi
a contratto per il Milan di Galliani e dell'altro Papi, e niente
fa pensare di fronte alla caterva di errori arbitrali degli anni
post-calciopoli e di questo inizio campionato che sia cambiato l'andazzo definito moggesco. Ora, se continuano i delitti quando l'autore condan-
FAMIGLIE ALLARGATE
Nonno Libero fa penitenza
ome potremmo dire: revisionismi? Pentimenti poCscaglia
stumi? Lino Banfi, nonno Libero ma non troppo, si
contro la famiglia allargata. Mentre in tv inter-
preta l’amorevole patriarca dell’allargatissima famiglia
dei Martini (protagonisti con grande successo della serie Un medico in famiglia che domenica su Raiuno ha
superato il 32%), in “abiti civili” dice addirittura che la
famiglia allargata nuoce gravemente. «Il Papa ha ragione: le famiglie allargate rovinano la vita di molti bambini», spiega su Tv Sorrisi e Canzoni in edicola oggi l’attore
pugliese. I Martini, prosegue Banfi nell'intervista non
sono proprio una bella famiglia, anzi è una famiglia
di casinisti. Sgretolata. Sul
nonno per esempio sono
Televisione
cadute troppe responsabilità, con un padre assente per dieci anni... “Io sono per la famiglia unica.
aurizio Costanzo torna su Canale5 per l'ultima ediNon a caso sono sposato
zione del suo show di seconda serata, prima delda 47 anni e mezzo. E visto
l'annunciato approdo in Rai. L'ultima serie (ma sarà
che quando io e mia movero?) del Costanzo Show andrà in onda dall'11 otglie ci sposammo il nostro
tobre, due volte a settimana, la domenica e il mermatrimonio non ebbe il
coledì. La prima puntata dell'edizione d'addio sarà recorredo di fiori e strascigistrata domani alle 15.30 al Teatro Parioli di Roma e
chi bianchi che ogni donsarà incentrata, con un utilizzo mirato anche di imna sogna, per festeggiare
magini d'archivio dello storico talk-show, sul ricordo di
le nozze d'oro vorremmo
Mike Bongiorno e sulla lotta alla mafia. Ospiti sul palco
recuperare. Faccio un apdel Parioli: il Procuratore Nazionale Antimafia, Piero
pello al Papa: vorrei che
Grasso, il giornalista Gaetano Savatteri, l'autore e concelebrasse personalmenduttore televisivo Enrico Vaime e Alfonso Signorini.
te la messa delle mie nozQuest'ultimo è indicato, nelle indiscrezioni delle ulze d'oro”.
time settimane, come il possibile successore di Costanzo con un talk nella seconda serata di Canale 5.
COSTANZO, ULTIMI SHOW
M
nato per essi è in galera, delle
due l'una: o era/è innocente,
oppure almeno non era il solo,
e anzi funge da capro espiatorio, da alibi per tutti. Dicono:
ma oggi gli arbitri sbagliano in
buona fede. E chi lo può sostenere con cognizione di causa?
Non certo gli stessi di Calciopoli e di ora che tengono le briglie di una carrozza sempre
più sgangherata. Quindi mi
spiace ma non ci credo, anzi temo che non sia stata fatta alcuna pulizia.
Scienza, tecnica, investimenti. In testa è l'Inter, che
costa una fortuna, che ha Moratti/Saras alla guida, che ha
Mourinho genio della comunicazione in panchina con una
lingua lunghissima e forse neppur biforcuta, che ha mostrato
tutta alla fine di Inter-Udinese
vinta in extremis. Ma scusate,
se la differenza tra queste due
squadre è minima, davvero vale la pena dei soldi di Moratti/Saras, di Mourinho strapagato mentre viene pagato anche
Mancini, di Milito ed Eto'o do-
po Ibra mentre l'Udinese sforna quasi solo Di Natale, un
buon calcio, un tecnico capace, un presidente che fa soldi
col calcio sia pure assai discutibilmente con la pesca a sciabbica dei calciatori adolescenti
in giro per il mondo, con il rischio o la certezza di farne tre
campioni e tremila sbandati ?
Fiorentina e Lazio. Strano
destino tra queste due: Gilardino segna e il pallone viene
dato fuori dall'arbitro. Naturalmente in buona fede. Nel 2005
a Roma Zauri salva clamorosamente di mano un gol fatto
sempre della Fiorentina, e Rosetti fa finta di nulla. Lui e il
guardalinee. Penserete: succede, l'arbitro, l'assistente, il giocatore ecc. può sbagliare.
L'importante è che non sbagli
apposta che lo faccia in buona
fede. Appunto. Leggi sopra.
Ma nel caso di quel Lazio-Fiorentina finito nel tritacarne
dello scandalo anche per le telefonate di Bergamo e Carraro
sulla Lazio (Lotito è ben protetto, quasi meglio del sindaco
Renzi con cui ha avuto a che
dire negli strascichi tra tifosi,
ieri l'altro...), c'è il dubbio fortissimo su quella buona fede. E
invece oggi, ma con la M, cioè
Moggi, in condizioni di non
nuocere, sembra che siano tutti angioletti, da Abete a scalare.
E' davvero così? E perché ci dovrei credere? Davvero il calcio
è una fede e non una mostruosa macchina per far denaro?
Olimpiadi, che passione.
Non posso non chiudere con
le candidature in pectore di
Roma e Venezia per i Giochi
2020 che possono tornare in
Europa, dopo il Brasile. Tornerò sull'argomento, ma intanto
mi chiedo: perché non a Napoli profittando che oggi sembra
pulita, magari affidando a
Giampi Tarantini la protezione
sportiva della città? E ancora:
citano i Mondiali di nuoto come un grande successo. Ma
per chi? Per i privati che si sono sbafati gli impianti sotto costo mentre le tre piscine pubbliche sono ovviamente ancora chiuse?
Eventi
“TWILIGHT” 2:
CODE E MALORI
'anteprima dello sbarLvampiri
co internazionale dei
romantici del secondo capitolo della saga di “Twilight” è cominciata dal festival del fantastico di Sitges, in Spagna, con un 'assaggiò di 7
minuti, ed ha immediatamente preso il carattere dell'evento di massa
per la generazione delle
teen agers. Code chilometriche, qualche svenimento sotto il sole ancora estivo, spintoni, accenni di rissa, un'eccitazione insolita anche per
una manifestazione più
che collaudata (Sitges ce-
lebra i suoi rituali da ben
42 anni). Il secondo capitolo della saga di Bella
ed Edward, i giovani innamorati belli e dannati
usciti dalla penna di Stephanie Meyer e portati
sullo schermo da Chris
Weitz, uscirà nelle sale
italiane il 20 di novembre ma il Festival di una
parziale, anteprima con
immagini il 22 ottobre alla presenza dello stesso
Bower incontrato a Sitges, della sceneggiatrice
Melissa Ronsenberg di
altri due attori, Charlie
Bewley e Cameron Bright.
Disse basta a Napoli, a 33
anni, spogliandosi delle
mostrine da imperatore di
provincia, per tornare ad
essere uno dei tanti poveri
cristi fuori dal cerchio. La fisionomia era quella. Capelli leonini e profilo ribelle,
predicare vano da autodidatta e follie notturne, sonno arretrato e rischio. Una
domenica in paradiso, l’altra in esilio. Capitava così
con Franceschiello. In campo, Checco Moriero lavorava sull’intuizione. Era un riflesso animalesco, un istinto di base. Piacergli o disgustarlo, questione di luna.
Sapeva in anticipo se fidarsi
e sul prato, come agire. Dove lanciarsi negli spazi incustoditi,
insistendo
sull’azzardo come marchio
di fabbrica di un’intera esistenza. Il Salento, gli orecchini, la scuola di vita da allievo prediletto dell’arrochito commendator Franco Jurlano. Ora che il passato sembra un souvenir da
osservare distrattamente e
la polvere, una patina da
soffiare senza l’ombra di un
rimpianto, Moriero può
guardarsi indietro e scoprire che nessuna lacrima è andata sprecata. La primavera
dell’irregolare fiorisce con
un primato inatteso, conquistato in serie B, nel basso Lazio, con il Frosinone,
guardando dall’alto il Torino. Gli attaccanti, con Moriero, spesso diventano
quattro. Un modulo che è
già utopia. Ci hanno provato in pochi. Glerean, Ventura, il Ferguson più eretico e
Spalletti, che in estate eveva riflettuto sul tema prima
di recedere in fretta.
Tre anni fa, quando lo zio di
Cyrille Domoraud, ex compagno dell’epoca dorata
dell’Inter, lo cercò per affidargli in coabitazione con
Totò Nobile, la panchina
della più importante squadra ivoriana, L’Africa Sports di Abidjan, fu la guardia
di finanza a interrompere il
volo. Una vecchia storia di
macchine prese a basso costo in Belgio e Olanda e poi
rivendute a prezzo maggiorato, l’arresto, la partenza
procrastinata e più tardi,
chiarita la propria posizione, l’esordio. Poi la rottura,
l’esilio a Lanciano, l’eccellente esperienza di Crotone e oggi, la Ciociaria. Calcio aggressivo, per ovviare
con il ritmo alla mancanza
di talento. “Nessuno insegna più l’uno contro uno”,
sosteneva Checco. “Ho
sempre cercato di essere
me stesso. Dribblavo, cercavo il colpo difficile ad
ogni costo. Ascoltavo i consigli di tutti ma quando iniziava la partita, davo retta
soltanto al mio cervello”.
Deve aver suggerito il segreto anche ai suoi. Che vestono color pulcino ma
quando sovrappongono,
paiono l’Olanda di Rensenbrink e Cruyff. Arancione
sul grigio di un torneo dimenticato, pittate di coraggio sui pronostici già scritti. Continuando, qualcuno
si convincerà che Chinaglia avrebbe potuto giocare
anche a Frosinone. (M.P.)
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Martedì 6 ottobre 2009
SECONDO TEMPO
+
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
TELE COMANDO
TG PAPI
Le notizie
arrivano a rate
di Paolo Ojetti
g1
T
Abbiamo salutato come una benefica e
inaspettata novità la dichiarazione di guerra
dei colleghi del Tg1 alla direzione Minzolini.
Non per fatto personale, per carità, ma per il
ruolo dichiarato dallo stesso Minzolini di difensore di una singolare libertà di stampa al
servizio esclusivo di Berlusconi: una mortificazione per quei giornalisti che ancora credono al valore di una professione già tanto, troppo avvilita.
Peccato però che, nel Tg1 di ieri mattina, di tutto questo sulfureo pronunciamento libertario
non vi fosse più traccia. Sfuggenti riferimenti
anche sulla Corte Costituzionale, che sta per
sentenziare sul lodo Alfano. Eppure, da questo
dipende il futuro: se Berlusconi non è più impunito, viste le pendenze giudiziarie a suo carico, o si dimette o chiama in soccorso i carabinieri. Nemmeno un sospiro sui fischi e gli insulti tributati alle autorità in visita alle zone disastrate di Messina. In compenso, è andato in
onda un marchettone? quasi comico: lo stato
maggiore del Pdl, guidato dall’esperto meridionalista Gasparri, che si agitava per rilanciare il
Sud.
g2
T
In un conciso servizio
di Fabrizio Frullani in tre
punti, si apprende quanto
segue: Berlusconi respinge
la sentenza del tribunale civile di Milano; Berlusconi
ha deciso che resterà a Palazzo Chigi per 5 anni, qualunque cosa accada; Berlusconi non si opporrà alla
marcia oceanica su Roma
che gli esponenti del Pdl
stanno organizzando. Traduzione: Berlusconi
non vuole tirare fuori una lira e mobiliterà i suoi
200 avvocati ventiquattro ore su ventiquattro;
Berlusconi è come un pugile dopo il k.o. tecnico ma non si dimetterà mai, lo dovranno portare via di peso; Berlusconi vuole scatenare la
piazza per dimostrare che il 101 per cento degli
italiani è pronto a difenderlo sulle barricate. Siamo all’eversione governativa, ma al Tg2, per
ora, la faccenda non fa impressione.
g3
T
Ma per sapere come mai Berlusconi deve
restituire a Carlo De Benedetti 750 milioni di
euro bisogna aspettare il Tg3. Qui, viene ricostruita l’intera storia: fondi neri in Svizzera per
corrompere i magistrati, tanti fondi che Berlusconi non poteva ignorare; un giudice, Metta,
corrotto, e una sentenza pilotata e comprata
per regalare a Berlusconi la più grande casa editrice italiana, la Mondadori. E, subito dopo, il
Tg3 ricorda che oggi il Lodo Alfano, che protegge Berlusconi come un sarcofago inespugnabile, potrebbe sparire, riportando il ?premier a livello dei comuni mortali. Pierluca Terzulli avverte: Berlusconi vuol ricorrere alla
piazza. La giustizia sbeffeggiata e sostituita dai
sanculotti di destra.
di Fulvio
“Aridatece”
Bracardi
Abbate
le volte che, armato
Ttà, utte
di possente buona volonprovo a guardare i comici
che vanno forte di questi
tempi, anche i migliori pezzi
dell’argenteria Auditel, un
minuto dopo, d’istinto, non
posso fare a meno di sbottare in un assai regressivo
“ridatemi Giorgio Bracardi!”
Esatto: il pazzo, l’ossesso,
l’ingestibile, il fascista! In fatto di vistose assenze e ignobili censure, giustamente
anche il gagliardo nostalgico
delle maniere forti, del manganello e della stessa mazza
chiodata avrebbe molto da
ridire circa la televisione degli ultimi lustri, nel senso
che, pensando proprio ai
grandi intrattenitori irregolari, non c’è da arrabbiarsi
soltanto per la vergognosa
cancellazione ad opera di
Berlusconi dello spartachista Daniele Luttazzi. Non
meno grave, inaccettabile riteniamo, infatti, la sparizione prolungata dai teleschermi (Rai e Mediaset) dell’Attila della comicità, il già citato Giorgio Bracardi, genio
assoluto, dinamo, spinterogeno che mette in moto la
scintilla del riso demolitore
al limite del sabba infernale.
Fulgido condottiero eque-
stre incontenibile della radiofonica “Alto gradimento”
- “Patroclooooo!”, Scarpantibus, Max Vinella, il funzionario Rai Dottor Marsala, fra
gli assi del suo inarrivabile
repertorio - in seguito pervicace capestatore di scarpe
d’ospiti in studio (a martellate) nel cottage anni Ottanta di “Quelli della notte” sotto le mentite spoglie di Ivan
Svetlanov Balalaikov, nipote
di Stalin. Il messaggio è semplice: rivogliamo il suo
estro, il suo “nonsense” della misura, il suo meraviglioso modo di cianciare la scaletta degli autori. Come opportunamente proclama un
gruppo di pressione presente su Facebook, Giorgio Bracardi andrebbe infatti considerato e acclamato come
“l’Antonin Artaud italiano”,
ovvero il teorico del teatro
della crudeltà.Se abbiamo
accennato al doveroso disappunto, anche in ambito
neofascista, per la contingentazione dei tempi e delle
intelligenze comiche lo si
deve proprio al non meno
eponimo personaggio bracardiano che da svariati decenni risulta assente alle
Il comico di “Alto gradimento”
e caratterista di tanti film italiani
anni ‘70: Giorgio Bracardi
bandiere dei palinsesti, cioè
il gerarca Catenacci, perfetto esegeta inarrestabile delle
titaniche imprese mussoliniane, caricatura in camicia
nera fra valle innevate e
Agro redento. Senza nulla togliere alle migliori pagine,
che so?, di “Zelig” o di “Colorado café”, al talento e ai
tempi perfetti di un Maurizio Battista o alle parodie di
un Checco Zalone che sotterra ora Jovanotti ora Vasco, il pensiero della capacità sinfonica dell’immenso
Bracardi porta a pensare che
si sia ormai giunti a un tipo
di prestazione comica solida
come un popcorn, poca cosa, roba inconsistente, dopo
lo splendore della pernacchia molta miseria garbata,
areosol. Senza voler qui aprire un dibattito sulla singolare presenza del Gabibbo a
piazza del Popolo, e dunque
sulla pretesa di Antonio Ricci d’essere ritenuto parte
della quadreria della sinistra,
avanziamo comunque il
dubbio che tormentoni come “Chettefrega? Chettefrega?” oppure “In galera! In galera!” potrebbero oggi supplire perfino a una mancanza di opposizione decorosa
in Parlamento e forse addirittura nel Paese.
www.teledurruti.it
Martedì 6 ottobre 2009
pagina 17
SECONDO TEMPO
MONDO
WEB
di Federico
Mello
Tg1 e tg2: online
la rabbia
dei cittadini
è DAGLI AL TG1
I “FAN” SCATENATI SULLA PAGINA FACEBOOK
Forse al Tg1 speravano nel confronto con gli
spettatori quando hanno aperto la loro pagina
Facebook. Ma da un po’ di tempo a questa parte la
pagina è diventata un tazebao per tutti coloro che
non sopportano la Minzo-informazione. Fino a
qualche giorno fa il giochino dei “fan” era di suggerire
alcune notizie al Tg (“dottor Minzolini forse le è
sfuggito che...” e vai con esport, Giampi, ecc. ).
Adesso si trovano solo e soltanto critiche. A mo’ di
esempio riportiamo alcuni commenti (quelli
pubblicabili) all'edizione delle 13 e 30 di ieri.
"Chiamare il Tg1 telegiornale è offensivo nei
confronti dei veri telegiornali che le notizie le danno";
"Minzoilini alla direzione del Grande Fratello, anzi
no... a La Talpa ... basta che lasci il giornalismo !!!";
"Minzolini, vai a casa, stai rovinando il tg della gente
comune"; "Non una parola sul vostro direttore
servo"; "Tg1... l'informazione a 90 gradi!!", "Che
schifo il TG1 e anche oggi se ne è avuta la conferma";
"Minzolini non sai neanche servire il padrone con
discrezione, senza che tutti se ne accorgano"; "Sono
vicino al Cde del Tg1,per la difficoltà di lavoro dovuta
al direttore odierno".
è BLOG AWARDS: I VINCITORI
ANTEFATTO.IT BLOG RIVELAZIONE
Sabato alla Blogfest di Riva del Garda
si sono svolte le premiazioni del
Macchianera Award, premio ai
migliori blog votati online dai lettori.
Si laurea miglior blog del 2009
Spinoza.it che non è, come scritto in
rete , un sito “dedicato agli aforismi
del filosofo olandese del ‘600” ma
una community di utenti che
sfornano a piè sospinto battute al
furmicotone (spesso ospiti anche
della “cattiveria” del Fatto
Quotidiano in prima pagina). Un
premio anche per Antefatto.it che si
consacra Blog Rivelazione 2009.
Blogger dell’anno è Paul The Wine
Guy (paulthewineguy.com), secondo
Beppe Grillo già miglior blog nel
2008. MIglior blog giornalistico è
Piovono Rane, del giornalista de
L’Espresso Alessandro Gilioli
(secondo classificato Antefatto.it);
miglior blog di opinione Voglio Scendere firmato
da Corrias-Gomez-Travaglio. Miglior blog
televisivo, tvblog.it; miglior blog “food & wine”
untoccodizenzero.it; miglior blog erotico
Pensieri Senza Mutandine, all’indirizzo
sophieboop.woordpress.com. L’Orso Ciccione è
il miglior disegnatore online, e Voglia di Terra il
migliore foto-blog.
Un banner sul sito
del Tg1,
un frame del video
di Messina,
il logo di Virus,
Creep/Sono uno scemo
è CHIUSA LA PAGINA DEL “CINEGRO”
DOPO LA SEGNALAZIONE DEL FATTO
Ne avevamo parlato la scorsa settimana: su
Facebook 400 persone seguivano un barbone di
Prato, pubblicando foto, video, informazioni sul suo
conto, il tutto condito da pesanti insulti. Dopo la
segnalazione su questa pagina che dava conto delle
proteste (capitanata da San Precario)
sul social network la pagina è stata
chiusa dallo stesso amministratore:
è È ONLINE VIRUS
“Chiudo il gruppo - ha scritto - anche
IL PORTALE DI SATIRA DE L’UNITÀ
se il suo intento originale era
“Preferirei di no”. Così ci risponde Francesca
prettamente goliardico ”. In molto
Fornario, curatrice del nuovo portale di satira
epiteti , però, di goliardico non c’era
de L’Unità, quando le chiediamo se Virus
proprio niente.
arriverà anche sulla carta. “Online - ci dice avremo molte più possibilità: pubblicheremo
video, audio, documenti
interattivi”. Partendo da
questa idea è nato Virus,
DAGOSPIA
battezzato ieri su virus.unita.it
I MILIONI DI DE BENEDETTI (E QUELLI DI BERLUSCONI)
e che già strappa risate ad ogni
1) Bechis ha portato sfiga al Cav: sabato mattina su
pixel. Si può già vedere un
Libero un suo pezzo era titolato "De Benedetti ha 52
Ratzinger al pianoforte che
milioni di guai col fisco". Sabato sera il Berlusca ne aveva
suona Ymca, tantissime strisce
750 milioni di guai....
(anche Staino darà il suo
2) Sabato alle 16 Franco Frattini, reduce da un incontro
contributo), dei particolari
con il nuovo presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi,
profili Facebook e, in arrivo,
entrava nella sala Freccia Alata dell'aeroporto di Torino
un’esclusiva intervista in attesa del volo Air One per Roma (su cui salirà in
satirica- a Noemi Letizia. La
seguito come normale passeggero, facendo la fila al
banda di Virus è composta
check-in e facendosi trasportare nel bus pressato
dagli autori di Emme
insieme agli altri passeggeri). Nella saletta
corroborati da una
vuota, a parte i quattro uomini di scorta, il
nutrita pattuglia della
nostro si accomodava di fronte al
fondazione Daje guidata
maxischermo tv. Ma accortosi che non c'era
da Diego “Zoro” Bianchi
il telecomando e RaiNews24 trasmetteva in
e Antonio Sofi.
diretta tutti i comizi della manifestazione di
Roma contro Papi Silvio, preferiva lasciar
perdere la tv e passare l'ora di attesa
leggendo e rileggendo gli stessi giornali...
3) Mentre Luigi De Magistris ha inviato al
Csm le sue dimissioni dalla magistratura, annunciate
durante la campagna elettorale in caso di elezioni, alla
è CONTESTAZIONI A
Rai non risultano mai arrivate quelle di David Sassoli,
MESSINA
che aveva più volte fatto la promessa di lasciare il
“IN ONDA” SOLO SU YOUTUBE
servizio pubblico in caso di
Rabbia. Tanta rabbia tracima in rete
elezione a Strasburgo. Sarà è ”AD OGNI COSTO”
da un video su YouTube che
il solito disguido postale?
documenta le proteste di domenica
NON CONVINCE “CREEP ” DI VASCO
davanti alla Prefettura di Messina.
Il mitico Vasco ne ha sbagliata una? In
Prima le grida contro “la sfilata” di
rete sembra non convincere Ad ogni
ministri e Berlusconi. Poi i cori: “assassini”; “vergogna”;
costo la cover di Creep dei
“arrivate solo adesso che ci sono i morti”. E anche “quanta
Radiohead realizzata dal Blasco. Sul
costa questa trasferta?” all'arrivo dell'ennesima auto blu.
YouTube i voti languono, anche se il
C'è spazio anche per un conciliabolo con un giornalista del
vidoe è stato visto quasi 200.000
Tg2. Il giornalista è pronto a fare una diretta dalla piazza e i
volte in due settimane. Molte critiche
cittadini sono pronti ad urlare anche in Tv la loro
si concentrano sulla traduzione
indignazione: “voi riportate a Roma quello che diciamo qua
“libera” del brano. Ora, come scrive
nel territorio” dicono al cameraman e all'inviato. Ma per il
il blog inkiostro.splinder.com “a fare
Tg2 la piazza è troppo calda: la diretta alla fine si fa
giustizia arriva Sono uno scemo, la
dall'interno della prefettura. Il video è sull'account
fedele traduzione dell'originale
youtube.com/user/ClasseOperaia3. “La Tv di regime - il
firmata e cantata da Mimmo Fish”.
commento che accompagna il video - ha mostrato un
Sul blog si trova il video del brano,
Berlusconi caritatevole fra gli alluvionati che non erano
surreale e divertente.
nelle condizioni di reagire allennesima passerella
propagandistica, ma nessuno ha mandato in onda il popolo
incazzato”.
FEEDACK$
è ANTEFATTO
Commenti al post:
Arrabbiati e sorridenti
Consoliamoci pure con la
riuscita manifestazione....ma
quando più del 70% degli
italiani "apprende" le notizie
dalla televisione, mah!?e poi
pensate che minzolin sia uno
sprovveduto? a suo modo
anche lui dà una picconata alla
rai: a chi altri i picconi (ce ne
sono a iosa)?
(Roberto)
Ringrazio quei pochi
giornalisti (Gomez, Ferrarella
sul Corriere) che raccontano
questa triste vicenda. Per il
resto siamo ridotti così male
che il Pdl difende con le
sciabole sguainate il
portafoglio del Papi. Con
buona pace della legalità e del
rispetto dei diritti degli
azionisti che qualche direttore
di Giornale aveva tirato fuori
per speculare sulle ipotesi d
reato di casa Agnelli. Qui il
reato è conclamato, infatti la
difesa pubblica si basa sulla
strategia da "piagnina", da
complotto universale. Per
fortuna c'è ancora qualcuno
che giudica i fatti, e dopo (ma
molto dopo) il colore politico
robedapazzi.ilcannocchiale.it
(Albesta)
è TWITTER
@antefatto #ilfatto
@antefatto:
http://skywalkerboh.blogspo...
il mio blog, che si ispira a voi e
alla Costituzione - Più siamo,
più reagiamo.
(Skywalkerboh)
@antefatto: Il Fatto, l'unico
giornale che si legge dall'inizio
alla fine e poi si conserva a
futura memoria
(Ilgiramondo)
@antefatto ma lasciamo stare
il presidente: concentriamoci
sempre più sul PD che deve
scomprarire per lasciare
posto al nuovo!
(renbell)
@antefatto Ma con tanti con
cui prendersela Napolitano
che è in prima linea potevate
risparmiarlo
(stacollanana)
@antefatto quand'è che sarà
disponibile anche nelle città
più piccole?
(viscido)
@antefatto Morassut:"ci sono
troppi parlamentari", andare a
casa lui, intanto?
D'alema:"Non mi avevano
spiegato che era importante",
EH?!?!
(Nanoalto)
@antefatto minzolini fa quello
che il suo contratto col nano
prevede. E lo fa pure bene.
Sembra la pravda degli anni 80.
(Eu_Rope)
@antefatto lo scudo servirà a
fare rientrare i capitali non
solo dall' estero ma anche dai
materassi italiani degli evasori.
fuck
(AlexPasini)
è FACEBOOK
L’Antefatto su Facebook
A proposito di scudo fiscale
qualcuno crede che sarà
possibile veder pubblicati i
nominativi di quegli italiani
che, grazie allo scudo fiscale,
riporteranno i soldi in italia e
soprattutto quanto ? É una
legittima curiosita'
considerando che dei quattro
o cinque che si sono fatti
'beccare' prima conosciamo
quasi tutto
pagina 18
Martedì 6 ottobre 2009
SECONDO TEMPO
noi e loro
PIAZZA GRANDE
É
SCUDO FISCALE, FIRMA PESANTE
di Bruni Tinti
osì il Presidente della Repubblica ha firmato. Adesso l’impunità per i criminali che fanno rientrare il
loro bottino nel nostro Paese è
legge dello Stato. A chi gli chiedeva di non firmare Napolitano
ha risposto “Ma dove sono i profili di incostituzionalità? E poi è
inutile, che io non firmi non significa niente, me la rimandano
dopo 15 giorni e debbo firmare
per forza”.
Né la decisione né la motivazione sono condivisibili. L’art. 74
della Costituzione dice: “il Presidente della Repubblica, prima
di promulgare la legge, può con
messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione; se le Camere la approvano nuovamente, questa deve essere promulgata”. La Costituzione non dice però che il rinvio alle Camere può avvenire
solo per ragioni di manifesta incostituzionalità; si limita a prevedere che il Presidente può
non firmare una legge. Molti costituzionalisti ne hanno dedotto che il Presidente della Repubblica può sempre rifiutarsi di firmarla. Nel caso di manifesta incostituzionalità, il rinvio alle Camere è un suo preciso dovere;
C
non informerà il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza che non svolgerà
le indagini del caso e non le trasmetterà alla Procura della Repubblica per il relativo procedimento penale. Il problema è
che i soldi non si distinguono
tra loro: 1.000.0000 di euro proveniente da una frode fiscale
non ha una targhetta che lo distingua da un’analoga somma
proveniente da un sequestro di
persona. Sicché, quali siano i
reati che hanno prodotto il bottino che rientrerà con lo scudo
fiscale non lo può sapere nessuno. Con la legge firmata dal Presidente della Repubblica potrà
dunque entrare in Italia senza rischi penali non solo il provento
di frode fiscale e falso in bilancio; ma anche il bottino di traffico di droga, di armi, di donne,
di minori, di immigrati, di sequestri di persona, di corruzioni, insomma di tutto i reati che
producono denaro, i cui autori
dovrebbero essere perseguiti e
sanzionati con anni e anni di galera. Si chiama obbligatorietà
dell’azione penale.
la domanda è: se la froAsonollora
de fiscale e il falso in bilancio
già “amnistiati” (non è
tuzionalmente garantiti? Che
c’è, sull’altro piatto della bilancia, che pesi più dell’art. 112
della Costituzione? E anche più
dell’art. 53, “tutti sono tenuti a
concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.”?
E infine, avrebbe dovuto dubitare il Presidente della Repubblica, è conforme ai principi
fondamentali di uno Stato democratico, farsi riciclatore del
bottino dei più gravi reati perseguiti dalla comunità internazionale, in violazione dell’art.
10 della Costituzione, “L'ordinamento giuridico italiano si
conforma alle norme del diritto
internazionale generalmente riconosciute.”?
Allora non sarebbe stato meglio, invece che giustificarsi dicendo “sarebbe stato inutile
non firmare tanto dopo 15 giorni …”, inviare un messaggio alle
Camere spiegando il rinvio della legge con la violazione di
principi costituzionali?
Seneca diceva “Ogni concessione al male è una complicità nel
male”. Era un maestro molto severo e naturalmente molto scomodo. Ma arriva un momento,
per tutti, in cui questo insegnamento bisogna ricordarselo.
LA STECCA di INDROl
Distribuiamo a ogni
utente, insieme alla
ricevuta del canone di
abbonamento, una
scheda con questa
domanda: “Siete
soddisfatti del modo in cui
i telegiornali Rai
assolvono il loro servizio
d’informazione?
Rispondete con un sì o
con un no”. Se i sì
superano i no, il vertice
viene confermato per un
altro anno. Altrimenti
viene sostituito. Non dico
che questo sistema
guarirebbe l’informazione
televisiva da tutti i suoi
vizi, ma la costringerebbe
a renderli meno indecenti
e insolenti. E
coinvolgerebbe nella
responsabilità della sua
soluzione tutti gli utenti,
che non avrebbero
più il diritto di
sentirsene
oltraggiati.
(La Voce, 9 luglio
1994)
Seneca diceva:
“Ogni concessione
al male è una
complicità nel
male”. Arriva un
momento, per
tutti, in cui questo
insegnamento
bisogna
ricordarselo
ma, in tutti gli altri casi in cui la
legge gli sembri ingiusta, il Presidente della Repubblica ha comunque una responsabilità di
intervento che gli deriva dall’essere l’interprete degli interessi
superiori della Nazione, di ciò
che vi è di permanente, di superiore, di indiscusso, di comune a tutti nella vita nazionale.
Per questo, quando egli parla, lo
fa in nome del Paese. E le sue
parole hanno un peso terribile:
come ha detto uno dei padri della Repubblica, Umberto Terracini, “una parola del Presidente
pesa sulla bilancia più di mille
parole di ognuno di noi”. Allora
Napolitano ha avuto torto quando ha detto che era inutile non
firmare una legge che la maggioranza avrebbe approvato comunque. Anche perché si ha
sempre torto quando si rinuncia a battersi. E poi non sarebbe
stata solo una bella battaglia.
Avrebbe potuto essere una battaglia vinta.
nuovo scudo fiscale prevede
Ichilsostanzialmente
due cose:
fa rientrare i capitali non
può essere punito per frode fiscale e falso in bilancio; e le banche che provvedono alle operazioni di rientro non devono effettuare le segnalazioni per le
operazioni sospette previste
dalla normativa antiriciclaggio
che le obbliga a segnalare all’Ufficio italiano cambi i casi in cui
sia probabile che il danaro sia
provento di reato. Così l’Uic
La P2 che va in tv
P
2? Un dentifricio. P2? Una pistola. Risposte all’università
dove i ragazzi arrivano senza averne mai sentito parlare.
Ma appena una tesi lo obbliga a cercare, Gianluca Grassi di
Reggio Emilia si avvilisce: “Quando ho scoperto cos’era la
P2, chi erano i protagonisti e cosa sono diventati è finita la
mia giovinezza ed é comincia una complicata maturità”.
Daniele Trolio diventa dottore a Macerata ricostruendo gli
anni del “Corriere della Sera” colonizzato da imprenditori,
generali e giornalisti che il venerabile Gelli aveva passato a
fil di spada: “Approfondire le storie nascoste è stata
un’esperienza totale. Ho deciso di appartenere a quel ramo
della società che crede nella democrazia, nell’uguaglianza,
nel rispetto. Senza aver ascoltato i testimoni e frugato negli
archivi non sarei diventato la persona che sono oggi”.
Cresciuti nella plastica tv, i nuovi elettori ignorano su quale
base morale è costruito il governo magari votato. Cancellare
la memoria è il lungo impegno che rafforza la crescita del
consenso berlusconiano. Perché i licei lasciano perdere:
thrilling melmoso, c’è sempre un piduista nelle poltrone del
potere. Mai un’inchiesta a puntate o un film alla Oliver
Stone o un giorno della memoria come per le foibe di Tito e
Mussolini mentre nella foiba P2 annega la democrazia. Non
importa se la P2 ha cambiato nome. I protagonisti sono
quasi arrivati dove il Piano rinascita di Licio Gelli aveva
previsto: controllo politico della magistratura, dei giornali e
delle tv, sindacati da dividere, coprifuoco morale con leggi
che aiutano evasori e capitali in fuga. Giornali e tv la
ricordano con parole ermetiche, se la ricordano. E la storia
negata della consorteria che ha costruito l’Italia duemila
imbroglia le scelte e confonde i pensieri. Il risveglio susciterà
tragedie personali. E’ successo in Cile appena i ragazzi
hanno scoperto chi era Pinochet. Come nella dittatura
cilena, l’arrampicata P2 elimina e schiaccia chi non porta il
grembiule della sua massoneria.
a notte blu di Carlo Lucarelli (Rai3) ha spiegato tante
cose a chi non sapeva. P2 non confusa nelle urla dei
dibattiti e nelle alzate di spalle di Cicchitto e Berlusconi:
“vecchie bugie, noi non c’entriamo”. Innocenti per gli
attentati alla stazione di Bologna, treni sull’Appennino,
delitti Pecorelli, Calvi, eccetera, ma la compagnia era quella
e non l’hanno mollata ma ricomposta chissà con
quale nome. Lucarelli ha messo in scena la storia
della P2 con la tranquillità pedagogica di chi vuole
informare e non provocare. L’esperienza del
giallista ha ordinato la cronaca in un racconto
lineare senza colpi di scena. Grande storia che non
può esaurirsi in una serata Tv: è l’invito agli
insegnanti di rivederla nelle aule per aiutare i
ragazzi a capire. Tenendo conto di ciò che il
distacco di Lucarelli non è riuscito a dire, devo
aggiungere che Berlusconi finge di ridere sulla P2,
ma nei primi giorni delle rivelazioni ha distribuito
querele ed è sempre stato condannato: tribunali di
Venezia, Roma, Milano. L’escort che i suoi
obbedienti massacrano su ordinazione, in fondo é
solo il diversivo che aiuta a nascondere le trame
dei cappucci sempre più neri.
[email protected]
L
proprio così ma gli effetti quelli
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (F E
)
sono), a che serve prevedere
che le banche non effettuino le
segnalazioni delle operazioni
sospette? Anche se le effettuassero, e se l’Uic prima e il Nucleo
di Polizia Valutaria dopo scoprissero frodi fiscali e falsi in bilancio, la conclusione sarebbe
obbligata: non doversi procedere per essere i reati non punibili.
Dunque perché una norma come questa? Ma è ovvio: in questo modo si assicura l’impunità
a tutti gli altri delinquenti che si
gioveranno dello scudo fiscale.
I sequestratori di persona, i trafficanti di vario genere che porteranno in Italia i loro soldi, non
potendo contare su un’esplicita previsione di non punibilità
(la legge la prevede solo per la
frode fiscale e il falso in bilancio) conseguiranno lo stesso effetto perché non saranno comunque possibili indagini su di
loro. Insomma, è evidente che
una legge che avesse detto “tutti i reati da cui derivano le somdi Mario Càristo (*)
l'Avvocatura è molto debole. Bisogna
me che sono rientrate in Italia
premettere che la Corte Costituzionacon lo scudo fiscale non sono
omani la Corte Costituzionale le ha dichiarato illegittime due dispopunibili” sarebbe stata difficile
dirà se è legittima la legge Alfano sizioni in materia di rimessione dei
da far approvare anche per una
che rinvia i processi penali nei processi e di ricusazione del giudice
maggioranza che ha principi
quali, occasionalmente, è ora (sentenze 353/1996 e 10/1997) osseretici ispirati ai Fratelli della Coimputato il detentore di una delle alte vando, sulla base di una ipotizzabilità
sta. Da qui il trucco: non dico
cariche in essa indicate. Due tesi si teorica e, insieme, di una diffusa espeche questi reati non saranno pucontrappongono. Quella dell'Avvoca- rienza concreta, che esse potevano esniti; però faccio in modo che
tura dello Stato, secondo la quale il rin- sere sfruttate dai difensori per abusare
non possano essere scoperti.
vio sarebbe giustificato dall'interesse del processo mediante strategie ritarEcco, avrebbe dovuto chiedersi
pubblico preminente a non disturbare datrici miranti a far maturare la preil Presidente della Repubblica,
l'esercizio delle alte funzioni istituzio- scrizione del reato. Ora, l'esperienza
ma questo non è in contrasto
nali conferite all'imputato. Quella dei di questi ultimi anni ha reso evidente
con l’art. 112 della Costituziodifensori dell'imputato, secondo cui la che il medesimo abuso con il medene, dove si dice che l’azione pegravosità delle fun- simo obiettivo è stato posto in essere
nale è obbligatozioni istituzionali di da una delle alte cariche indicate nella
ria? Ma quale obblialto livello rendereb- legge Alfano adducendo impegni istigatorietà può es- Rinviare
be difficile all'impu- tuzionali e ignorando quella “leale colserci se le leggi deltato il pieno esercizio laborazione” fra i poteri dello Stato,
la Repubblica tute- il processo significa
del diritto di difesa.
che la Corte Costituzionale ha indicalano in via prevento come galateo di correttezza che dotiva i delinquenti, conservare
essuno ha pensa- vrebbe indurre l'imputato con funziopermettendo loro all'imputato
to che esiste un al- ni istituzionali di alto livello a concidi nascondere le
tro interesse, anch' liare queste con l'esigenza che il proprove delle male- un potere
esso pubblico, e se- cesso penale si svolga in tempi ragiofatte?
E poi, avrebbe do- dal quale, sulla base condo vasta opinio- nevoli per sottrarsi alla patologia
ne anche preminen- estintiva della prescrizione.
vuto chiedersi il
te, e cioè l'interesse Ma vi sono stati abusi molto più gravi.
Presidente della dell'esperienza
Repubblica, che ne concreta, potrebbe della collettività a sa- L'imputato, avvalendosi del potere di
pere rapidamente, in fatto esercitato su una straripante magè del famoso prinesito al processo pe- gioranza parlamentare devota e servicipio di ragionevo- prendere origine
nale, se l'imputato è zievole, ha ottenuto da questa leggi milezza che significa,
una catena
degno di esercitare le rate a sottrarre lui e altri al processo
sostanzialmente,
alte funzioni di cui è penale, cioè leggi corrispondenti alla
bilanciamento deinvestito. La tesi del- fattispecie del favoreggiamento persogli interessi costi- di gravi abusi
OTO
MBLEMA
di Maurizio Chierici
LODO, PERICOLI NASCOSTI
D
N
nale (art.378 codice penale), e quindi
leggi oggettivamente criminali, fino al
punto da modificare una norma di diritto penale sostanziale per renderla
inapplicabile a lui (falso in bilancio).
Sono rilievi non riferibili esclusivamente alla persona attualmente imputata. Anche in futuro potrebbe esservi
una diversa grande maggioranza parlamentare disposta a salvare un' alta carica mediante leggi ad personam.
il processo significa quindi
Rdalinviare
conservare all'imputato un potere
quale, sulla base dell'esperienza
concreta, potrebbe prendere origine
una catena di gravi abusi. Tutto ciò basta per fare ritenere illegittima la legge
Alfano. Alla tesi dei difensori, secondo
cui far proseguire il processo renderebbe difficile l'esercizio del diritto di
difesa, si può rispondere richiamandosi a una consuetudine diffusa in tutti gli
Stati di diritto, vale a dire in tutti i Paesi
con elevata civiltà giuridica: la consuetudine delle dimissioni, con le quali la
difesa è facilitata e il prestigio della funzione di alto livello è preservato.
E' una consuetudine necessaria, ineludibile, che costituisce esplicazione
concreta di quello che esattamente
cento anni fa Santi Romano definì
"principio di correttezza costituzionale" .
(*) Procuratore Generale Onorario presso
Corte Suprema di Cassazione
Martedì 6 ottobre 2009
pagina 19
SECONDO TEMPO
MAIL
Vergogna Minzolini
per il Tg spazzatura
BOX
La vignetta
Matteo
Tre domande
a Berlusconi su Messina
Alvaro Cardarelli
Il premier, Michelle
e le gaffe insopportabili
Il presidente del Consiglio Silvio
Berlusconi ce la sta mettendo
davvero tutta per rovinare completamente i rapporti tra Italia e
America. Dopo il "bacio mancato" di Michelle Obama, di ritorno in Italia, Berlusconi (in occasione della festa del Pdl) di fronte
ad una platea osannante, se ne è
uscito con una delle sue solite e
bieche battute: “vi devo portare
tanti saluti da un signore abbronzato che si chiama Barack Obama. In spiaggia ci vanno in due ,
perché è anche abbronzata la
moglie Michelle !”.
Ecco le reazioni dei giornali stranieri:
Timesonline- La maggior parte
dei leader mondiali cercano di
evitare gaffes a ripetizione. Berlusconi no.
LeMonde.fr- Berlusconi evoca
ancora "l'abbronzatura" del presidente degli Stati Uniti, Obama,
e di sua moglie Michelle.
The Washington Post- Il presidente Silvio Berlusconi continua
a parlare dell’abbronzatura di
Obama, e questa volta ha fatto
una battuta salace anche sul colore della pelle di Michelle Obama.
Non so voi, ma io sono stanco di
queste figuracce. Berlusconi è
un uomo volgare.
Vincenzo
Pd, Poco Democratici:
arriva il partito dei polli
Non solo i P(oco) D(emocratici)
dirigenti dell'unico partito che è
stato votato da noi, se non per
governare almeno per fare opposizione, emulano sempre più
"i polli di Renzo" perchè non trovano di meglio che beccarsi fra di
loro, ma desertano pure il Parlamento e permettono ad una
legge scandalo di essere approvata per pochissimi voti.
Mi sai dare, per favore, almeno
IL FATTO QUOTIDIANO
via Orazio n. 10 - 00193 Roma
[email protected]
una ragione per la quale sarebbe
opportuno votarli alle prossime
elezioni?
Un abbraccio,
L’abbonato
del giorno
Sergio Negri
Se tutti gli insulti
vanno alla D’Addario
Ho visto la puntata di Annozero
tanto discussa per la presenza
della D'Addario. Mi intristisce
vedere che dopo le battaglie (e
vittorie) del femminismo in questo Paese, le fondamenta stesse
dell'Italia maschilista di un tempo non sono state scalfite, sono
ancora lì, intatte. In trasmissione
hanno ripetuto fino allo sfinimento che la D'Addario è una
escort e abbiamo visto Belpietro
e il vicedirettore del Giornale, e
addirittura una giovane del Pdl,
insultarla e screditarla. L’idea di
fondo è: la prostituta va emarginata, ripudiata, mentre i "padri di
famiglia" che la pagano e la sfruttano sono tutti implicitamente
giustificati. In questo caso il pappone (Tarantini) è stato accusato di tante brutte cose, tranne
che di sfruttare delle donne per
avere potere e soldi, e quello che
è stato sottilmente definito
l'"utilizzatore finale", emerge come una vittima innocente. Con
questo non voglio giustificare le
donne che usano il proprio corpo per fare carriera o guadagnare (per altro di certo in Italia oggi
non c'è bisogno di fare la escort
per ricadere in questa categoria,
come diceva giustamente la
D'Addario), c'è però una differenza sostanziale, che in buona
fede non è possibile non vedere,
tra la donna che si vende per disperazione, o per soldi, o per
ambizione, e il potente che sfrutta la sua posizione privilegiata
per instaurare il sistema: favori e
soldi in cambio di sesso. Quando
7
entile Colombo,
mi sono rivolto ai ministri,
alla presidenza della Repubblica, al
mio comune di residenza e a tutti i
tipi di istituzioni. Ho perso la
speranza. Nessuno si è degnato di
aiutarmi nè di rispondermi, pur
avendo io spiegato in quale
situazione mi trovo: ho 59 anni,
quindi nessun datore di lavoro mi
assume più, perchè cercano i
giovani. Al contempo, non ho
ancora i requisiti per poter
accedere alla pensione - i 33 anni di
contributi versati- nè ho alcun
ammortizzatore sociale. Che
schifo di paese è ormai questo,
dove contano solo le bugie e le
false promesse ? Sono un uomo
sulla soglia di mettere fine a questo
tormento. Parlano addirittura di
allungare l’età pensionabile, per
quale motivo, per allungare la
sofferenza di una famiglia? Ho due
bambini di 9 e 8 anni e tante volte
mi vergogno a dire loro sempre e
solo “no”. Tutto questo uccide
lentamente, non è vero quello che
dice il caro ministro Tremonti che
“tutti saranno protetti”. E’ una
bugia spudorata, non si può tradire
così le persone che chiedono
soltanto di poter lavorare, di avere
una vita dignitosa, di non vivere nel
terrore di un nuovo giorno senza
cibo e senza casa. Pago 500 euro
d’affitto e fino ad oggi sono riuscito
a far fronte a questa spesa grazie al
buon cuore di mia madre, che ha
G
E’ agghiacciante constatare che il
primo telegiornale del servizio
pubblico, il Tg1, si è ridotto a una
pagliacciata. Grazie al comitato
di redazione per aver alzato la testa, ridicolizzando quell’imbarazzante direttore che si ritrovano. Rai a rotoli, opposizione a
rotoli, Italia a rotoli.
Inutile dirvi che ho tutti i numeri
del Fatto usciti in edicola, e che
non mi sono abbonato solo perchè mi sposto (in Italia) per lavoro quasi tutti i giorni.
Voglio dire solo questo:
riguardo al disastro di Messina,
sia il presidente Silvio Berlusconi
che i suoi dicono che "era un fatto annunciato".
Tre domande:
1) Perchè non è stato fatto niente se si sapeva che poteva succedere?
2) Perchè s'invoca la costruzione
del ponte sullo Stretto, che non
servirebbe?
3) Perchè tutti quei soldi a Catania per risanare il bilancio del
comune (solo perchè c'è Scapagnini che è il
medico di Berlusconi)?
Ad majora.
A DOMANDA RISPONDO
QUANTI SONO IN ITALIA
I DISPERATI SENZA NOME
Furio Colombo
MASSIMILIANO RUSSO
Buon compleanno a
Massimiliano! Il festeggiato
si è presentato ieri mattina
nella redazione del Fatto
con una scatola di cioccolatini (divorati in un
lampo) per ringraziarci del
giornale. E’ stato quindi
votato all’uninanimità
“abbonato del giorno”.
Massimiliano lavora a Roma
in una portineria, e ha
montato sul muro
d’ingresso una teca dove
“ogni
mattina
metto
una
copia
del
Fatto”.
Raccontati
e manda una foto a:
abbonatodelgiorno@
ilfattoquotidiano.it
quest'uomo è un politico, e si
mette nella posizione di essere
ricattabile il suo dovere è fare un
passo indietro e dimettersi. In
ogni caso in Italia tutto torna: come ci dicono il ministro Carfagna
e il suo staff, le donne di strada
vanno multate o arrestate, gli
uomini che le sfruttano e le pagano no. Così la D'Addario non
ha, o non ha più, una reputazione, e può essere pubblicamente
massacrata dallo stesso manipolo di uomini che giustificano poi
Berlusconi, della cui reputazione
IL FATTO di ieri6 Ottobre 1967
San Francisco, una giornata tiepida d’autunno. Nel
quartiere di Haight-Ashbury, cuore della controcultura
underground, i ragazzi del ’65, i Flowers Children , danno il
via al Death of Hippie, morte e funerale degli yippies,
performance provocatoria d’addio al movimento,con tanto
di annunci mortuari agli angoli delle strade, grande bara
scoperta con manichino agghindato, poster e foto dei figli
della hippie revolution. “Questo mondo non ci piace. Siamo
nati per cambiarlo e il consumismo ha scoperto che anche
la nostra voglia di cambiamento può diventare merce. Per
questo il movimento è morto e oggi lo accompagniamo nel
suo ultimo viaggio.” Contro lo sfruttamento commerciale
della propria immagine, una tribù in lutto guidata dai
Diggers, celebra le proprie esequie simboliche. Ultimo atto
della Psychedelic generation, nata sull’onda del Peace &
Love, della ribellione a ritmo di acid-rock, della grande
utopia giocata sul filo del trip lisergico collettivo. Finita la
stagione d’oro della Summer Love, dei riti sperimentali di
massa,dell’euforia naif per la “conoscenza
trascendentale”,l’epoca del “flower power”, sacrificata al
business, chiuderà la sua stagione in quel 6 ottobre ’67.
Giovanna Gabrielli
non ci si preoccupa affatto.
Camilla Maiani
Caro Pd, ai miei tempi
si votava anche in stampelle
Sono un iscritto al Pd, ex
Pci-Pds-Ds. Considero le assenze dei nostri parlamentari alle
votazioni sullo scudo fiscale gravissime, non ci sono scuse che
tengano. Ai miei tempi ci si andava anche con le stampelle, a
votare. Oggi ho partecipato alla
manifestazione in pizza del Popolo, perchè sentivo il dovere di
far sentire la mia protesta. Ricordo quando i padroni, durante gli
scioperi, schedavano e punivano
chi partecipava alle rivendicazioni. Noi usavamo lo sciopero non
come un’arma di ricatto, ma come giusta rivendicazione, regolamentando anche le forme di
lotta. Desidero proporre al Pd
non ammonizioni ai parlamentari assenti, ma di pubblicare alle
prossime elezioni la lista di chi
era assente, con nomi e cognomi.
84 anni. Se qualche politico decede
di preoccuparsi dei veri problemi
della gente e di togliersi la coda di
paglia mi può chiamare, per
sentire come sto e come stiamo in
tanti. Ci sarò. Grazie,
Franco Conte
IL CASO di Franco Conte è
esemplare in un paese in cui si immagina
che tutte le vicende, tutti i destini siano
“dentro” il dibattito politico. Questo è un
documento. E’ la voce di un cittadino che è
“fuori” della nostra politica, compresa
l’avventura “buona” di chi intende stare
dalla parte del lavoro. I passaggi, come in
un mortale gioco alla sopravvivenza sono:
perdita del lavoro, niente pensione
(mancano due anni), niente
ammortizzatori (mancano decreti), niente
aiuti per figli e famiglia (basta ripetere la
parola “famiglia” per sentire la falsità di
molta politica), il silenzio dei ministri, che
non rispondono o non hanno niente da dire.
Un tratto tipico della “cattiva politica”, ma
non solo. E’ la caduta in uno spazio vuoto,
senza appigli, senza risorse, senza alcun
rifugio, neppure la casa che costa troppo.
La terribile domanda è: Quanti sono i
Franco Conte in Italia? E quanto si
aspetterà a battersi per la loro salvezza?
Possiamo chiedere una risposta sia a
Gugliemo Epifani sia a Renata Polverini
(visto che Bonanni e Angeletti hanno altro
da fare con Brunetta)?
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Orazio n. 10
[email protected]
Nomentana. Così come non ho
detto magnà, ahò, ner trafico,
nun me ricordo, nun prendeva er
cellulare, ecc. Sono laureato a
pieni voti in Lettere, svolgo docenza universitaria, all’eta di 23
anni sono stato assunto per concorso alla Rai, dove ho maturato
un’esperienza diversificata nella
produzione, organizzazione, gestione risorse umane, pianificazione economica e mezzi, fino a
meritare la vicedirezione di Rai
Due. E’ vero che risolvo problemi ma non quelli di Tecce - forse
un giovane precario - che per
farsi pubblicare un articolo ha bisogno di inventare un personaggio ‘troglodita’ che non esiste. E
meglio cambiare mestiere se per
scrivere si arriva a svendere se
stessi tradendo la professione
giornalistica.
dott. Massimo Lavatore
Ho scritto solo quello che ho
sentito, difatti il dott. Lavatore
non smentisce nulla.
Carlo Tecce
Il copyright
dell’Adnkronos
Nell’articolo pubblicato domenica 4 ottobre, dal titolo “Caccia
all’oro dei Taliban”, a firma di
Craig Whitlock, il copyright
completo è Washington Post/
distribuzione Adnkronos.
Adnkronos
Errori di battitura
e precisazioni
Per uno spiacevole errore di battitura, nell’articolo pubblicato
domenica 5 ottobre dal titolo
“La fine del parlamento” a firma
di Furio Colombo, appare questa frase: “Infatti mai nessuno si è
allontanato dal partito di Berlusconi tranne la mafia e Guzzanti”. In realtà si tratta di La Malfa (e
non la mafia).
Per un altro errore di battitura,
la rubrica quotidiana “Il fatto di
ieri”, a cura di Giovanna Gabrielli, sabato 4 ottobre portava la firma “Giovanni Gabrielli”. Ce ne
scusiamo con l’autrice.
Roberto Ghisotti
Diritto di Replica
Mi chiamo Lavatore
sono un professionista
Al titolo “Mi chiamo Lavatore,
risolvo problemi” bene si appaia
“Mi chiamo Tecce, invento articoli”. Grave per un giornalista de
“Il Fatto”, manipolare fatti, riportando una conversazione informale attribuendomi contenuti falsi ed espressioni in ‘burinese’ che non mi appartengono.
Scrive Tecce che avrei detto fra
tante altre stupidaggini. “Alle
cinque ero in macchina. Stanno
scassando la strada…Ho il testimone. Chieda al mio autista”.
Non ho l’autista e non ho usato il
termine ‘scassare’ riferendomi
ai lavori stradali in corso sulla
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IL ROMANZO D’ESORDIO
DI MAGGIOR SUCCESSO DELL’ANNO
«Una idea narrativa di grandissima suggestione...
Glenn Cooper merita di avere più successo di Dan Brown.»
Antonio D’Orrico, Corriere della Sera Magazine
«Boom di Cooper... è già bestseller.»
Loredana Lipperini, la Repubblica
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