l`altro - Cinema Teatro Astra

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l`altro - Cinema Teatro Astra
Pieg Cine Aprile_2011:Layout 18/03/11 14.35 Pagina 3
Stagione
presenta
2010
201 1
Aprile 2011
lun 4 ore 20.45
mar 5 ore 21.00
merc 6 ore 21.15
Regia
Rose Bosch
~
Interpreti
Jean Reno, Mélanie
Laurent, Gad Elmaleh,
Raphaëlle Agogué, Hugo
Leverdez, Oliver Cywie,
Mathieu Di Concerto,
Romain Di Concerto,
Rebecca Marder, Anne
Brochet, Isabelle Gélinas,
Thierry Frémont, Catherine
Allégret, Sylvie Testud
~
Anno
Francia, Germania,
Ungheria 2010
~
Genere
Drammatico
~
Durata
115’
l’altro
inema
C
via Roma 3/B
S. Giov. Lupatoto (VR)
tel/fax 045 925 08 25
www.cinemateatroastra.it
cineforum Anno XIX
I FILM VISTI: 1 Mine Vaganti • 2 L’uomo nell’ombra • 3 È complicato • 4 La nostra vita • 5 The last station
• 6 Miral • 7 La passione • 8 Una sconfinata giovinezza • 9 Ragazzi miei • 10 Benvenuti al sud • 11 Stanno tutti
bene • 12 Fair Game - Caccia alla Spia • 13 La donna della mia vita • 14 Una vita tranquilla • 15 Uomini di Dio
• 16 Potiche - La bella statuina • 17 Wall Street - Il Denaro non dorme mai • 18 In un mondo migliore • 19 We
want sex • 20 Hereafter • 21 City island • 22 Il discorso del re
Vento di primavera
E
state 1942. Dopo l’invasione da parte delle truppe
della Germania hitleriana gli ebrei sono stati prima obbligati a portare la Stella di David sugli indumenti, e poi sono stati progressivamente esautorati dai
loro impieghi e impediti ad accedere a scuole e luoghi
pubblici. Ma ora Hitler ha deciso di procedere allo
sterminio di massa e vuole che il governo collaborazionista insediato a Vichy gli procuri dalla sola Parigi almeno 20.000 dei 25.000 ebrei residenti. I suddetti verranno dapprima condotti in campi di
raccolta in territorio francese e poi,
una volta ultimati i lavori per i forni
crematori nei lager, avviati a morire.
Il maresciallo Pétain aderisce senza
difficoltà alla richiesta e la notte del
16 luglio (i tedeschi avevano chiesto
il 14 dimenticando la festa nazionale)
la retata si svolge. Tredicimila uomini, donne e bambini ebrei vengono
prelevati dalle loro abitazioni e portati nel Vélodromo d’Hiver, prima tappa del loro calvario.
Il punto di vista che il film assume è
quello di alcuni bambini che vivono nel quartiere di
Montmartre e, in particolare quello del decenne
Joseph. Vogliamo concentrarci sull’invito a vedere il
film superando l’atteggiamento che è stato purtroppo
fatto proprio da alcuni di quelli a cui il produttore Ilan
Goldman (forte del successo si La vie en rose) si è rivolto perché partecipassero all’impresa. “È storia antica”, “Non importa a nessuno”. Non è storia antica e la
regista Rose Bosch è riuscita nell’intento di farcela
percepire come purtroppo attuale. Intendiamoci: tutto è filologicamente coerente con l’epoca con cui si sono svolti i fatti. Fatti che il cinema francese non aveva
mai affrontato con tanta precisa e documentata forza
se non in un documentario televisivo e che ora riemergono come memoria del passato ma anche come
monito sul presente.
La Bosch lavora su una tripartizione narrativa. Da un
lato Hitler nel suo buen retiro del Berghof, dall’altro
Pétain, Laval e i loro accoliti e, nel mezzo, le famiglie
ebraiche colte nella loro quotidianità all’interno della
quale sono stati inoculati ad arte (anche grazie al media più diffuso all’epoca, la radio) i germi del più irra-
23
zionale ma efficace disprezzo per l’altro.
Alimentandolo con la ripetizione delle menzogne in
modo da assuefare le menti all’idea della ‘normalità’
dell’emarginazione. Il film non accusa ‘i francesi’ tout
court e anzi sottolinea il fatto che se dei 25.000 ebrei
12.000 sono sfuggiti alla retata lo si deve a parigini che
li hanno aiutati mettendo a repentaglio la propria esistenza. Ma resta comunque impressa nelle retine la gestione dell’intera operazione da parte di uomini che
non indossano le divise delle SS o della Wehrmacht
ma quelle delle forze dell’ordine e militari francesi.
Allora per quegli sguardi infantili diventa ancor più
Fatti che il cinema francese
non ha mai affrontato
con tanta forza.
difficile anche solo tentare di darsi una spiegazione di
quanto accade. Così quando si assiste alle scene delle
migliaia di esseri umani ammassati con pochissime cure e senz’acqua nel Velodromo non possono non tornare alla mente le immagini dello stadio di Santiago
del Cile dopo il colpo di stato di Pinochet.
Ma c’è un momento in cui si percepisce lo iato che si è
insediato tra realtà e pregiudizio. Quando il dottor
Sheinbaum (interpretato da un Jean Reno in cui solidità fisica e morale formano un tutt’uno) grida dinanzi all’ennesimo sopruso: “Non ne avete il diritto!” è la
coscienza civile, è un’umanità vinta ma non piegata, è
la Ragione che grida con lui. Ma in quello stesso istante lo spettatore ‘sente’ che si tratta di un appello irricevibile da chi sta dall’altra parte. Una parte per la quale
la parola diritto ha perso qualsiasi valore, qualsiasi possibilità di confronto in cui essa torni a individuare un
senso che sia davvero comune.
Chiediamoci se questo svuotamento di significati fondamentali non abbia trovato anche nella nostra società contemporanea una sua consistenza.
Chiediamocelo riflettendo sulla risposta che ci siamo
dati e ringraziando questo film per avere suggerito la
domanda.
Silvia Angrisani - Vivilcinema
Pieg Cine Aprile_2011:Layout 18/03/11 14.35 Pagina 4
Aprile 2011
lun 11 ore 20.45
mar 12 ore 21.00
merc 13 ore 21.15
Regia
Paolo Genovese
~
Interpreti
Ambra Angiolini, Luca
Bizzarri, Barbora Bobulova,
Raoul Bova, Anita Caprioli,
Paolo Kessisoglu, Ricky
Memphis, Luisa Ranieri,
Maurizio Mattioli,
Giovanna Ralli, Alessandro
Tiberi, Michele La Ginestra,
Giulia Michelini
~
Anno
Italia 2011
~
Genere
Commedia
~
Durata
108’
24
Immaturi
I
mpossibile dimenticarli. Gli anni delle superiori, quelli delle feste di compleanno con il gioco della scopa o
della bottiglia, gli anni della discoteca pomeridiana, dei
paninari, dei giubbotti di pelle, dei capelli cotonati, delle gite scolastiche in autobus. Come scordare gli anni sui
banchi di scuola e soprattutto l’anno in cui si è sostenuto il fatidico esame di maturità? (...) Uno dei traguardi
più ansiogeni e importanti di gioventù, nessuno può
averlo rimosso. Chi non ricorda le materie scelte quell’anno, un aneddoto divertente o imbarazzante, la faccia
o la voce di un professore particolarmente ostico, oppure i festeggiamenti, le delusioni alla lettura dei quadri, le
notti di lacrime e preghiere passate a studiare o a preparare i foglietti da infilare in ogni tasca la mattina delle
prove scritte. L’esame di maturità, l’esperienza che da un
recente sondaggio è risultato rappresentare uno degli incubi più ricorrenti degli italiani. Proprio con questo incubo si devono confrontare vent’anni dopo i protagonisti di Immaturi, un gruppetto di quasi quarantenni alle
prese con una lettera inviata loro dal ministero della
pubblica istruzione in cui si invalidano i risultati del loro
esame di maturità (...). Così il gruppetto di "immaturi" si
ritrova al baretto come ai vecchi tempi, solo con vent’anni in più sulle spalle, a riorganizzare il gruppo di studio. C’è Giorgio, uno psichiatra infantile felicemente
sposato ma terrorizzato dall’imminente paternità,
Lorenzo, un agente immobiliare che vende e affitta case
a tutti ma di cercarne una per sé e lasciare finalmente soli mamma e papà non ha alcuna intenzione, Luisa, una
mamma single che affronta benissimo la professione di
manager pubblicitario ma con qualche difficoltà il suo
ruolo nella crescita di una bambina assai più matura e
sveglia di lei, Francesca, chef in un grande ristorante romano alle prese con una grave dipendenza compulsiva
da sesso, e poi ci sono Virgilio e Piero, due latin lover bugiardi e vigliacchi, che non vogliono saperne di crescere
e trascorrono il loro tempo a corteggiare e a intrattenersi con ragazze molto più giovani. Niente a che vedere
con la causticità dei Compagni di Scuola di Carlo
Verdone, Immaturi è una commedia leggera e frivola che
fa sorridere, di come eravamo e soprattutto di come siamo ora ‘noi’ quasi quarantenni, spesso disillusi, delusi dai
traguardi (non) raggiunti, dalle relazioni sentimentali,
viziati e spesso non all’altezza di affrontare le difficoltà
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della vita e i sacrifici che hanno affrontato i nostri padri,
ma dotati di una sagacia, di una lucidità e di un cinismo
rari da trovare. Potrà sembrarvi un argomento banale e
pieno di luoghi comuni, ma la realtà che vediamo sul
grande schermo nel film è, purtroppo, davvero quella
che si vive oggi nel nostro Paese per la generazione in
questione. Tra un canto di Dante e una versione di gre-
Chi è più maturo,
Dante o Epicuro?
co, alle prese con il pensiero multisfaccettato e ultramoderno di Socrate, Platone ed Epicuro, il gruppetto di rimaturandi rivive malinconicamente la sua preparazione
agli esami, la fatidica notte che li precede, le vacanze al
mare con i libri al seguito, il tutto con in più sulle spalle
le incombenze della vita moderna, sincopata ed effimera. Così, come diceva Antonello Venditti, la Divina
Commedia diventa sempre più commedia, e gli appuntamenti al solito posto diventano un cult, così come il
pensiero di Epicuro, fondato in parole povere sul ‘piacere’, momentaneo e non, e sull’amicizia diventa una filosofia di vita. Corale, emblematico e oltremodo spassoso
in certi momenti, Immaturi si inserisce nel gruppo delle
commedie generazionali che in questo periodo vanno
molto bene al botteghino, ma che oltre ai volti noti del
nostro cinema offre sul piatto anche una scrittura sfiziosa (ad opera del vero creatore del film Paolo Genovese,
regista, sceneggiatore e autore del soggetto) poggiata su
personaggi assai ben delineati e gag davvero esilaranti,
ben inserite in una storia corale dal sapore dolce amaro
lungi dal voler immalinconire lo spettatore. Su tutte
spiccano i geniali siparietti familiari tra papà Maurizio
Mattioli, mamma Giovanna Ralli e Ricky Memphis, un
bamboccione di quelli irriducibili che, pensate, all’epoca fu l’unico ad uscire dall’esame con il massimo dei voti. Giocherelloni, vogliosi di risentire il sapore della giovinezza con addosso la consapevolezza che quel periodo
è ormai definitivamente concluso. Doppiamente immaturi dunque, ma uniti dall’amicizia e dalla voglia di condivisione. Certo un po’ diversi, ma con la voglia ancora
di cambiare.
Luciana Morelli - Movieplayer
Pieg Cine Aprile_2011:Layout 18/03/11 14.36 Pagina 5
Aprile 2011
lun 18 ore 20.45
mar 19 ore 21.00
merc 20 ore 21.15
Regia
David O. Russell
~
Interpreti
Mark Wahlberg, Christian
Bale, Amy Adams, Melissa
Leo, Jack McGee, Jenna
Lamia, Bianca Hunter, Dale
Place, Erica McDermott,
Salvatore Santone, Chanty
Sok, Jeffrey Corazzini,
Anthony Molinari
~
Anno
USA 2010
Genere
Drammatico
~
Durata
115’
~
Oscar 2011
Vincitore Migliore attore
non protagonista
Christian Bale
Vincitore Migliore
attrice non protagonista
Melissa Leo
Golden Globe Awards 2011
Vincitore Miglior attore
non protagonista
Christian Bale
Vincitore Migliore attrice
non protagonista
Melissa Leo
The fighter
D
ickie e Micky Ward sono due fratelli entrambi pugili. Vivono a Lowell, una cittadina di provincia del
Massachusetts in cui Dickie, il maggiore, è divenuto una
sorta di leggenda vivente per aver mandato al tappeto
Sugar Ray Leonard. Ora però Dickie fuma crack ed è sempre meno lucido ma non vuole smettere di essere l’allenatore del fratello. Il quale è messo sotto pressione anche
dall’ambiente familiare. La madre Alice pretende di essere il suo manager, spalleggiata dalla tribù di sorelle del ragazzo. Micky viene mandato allo sbaraglio in un incontro
e da lì cresce pian piano il desiderio di affrancarsi da una
famiglia davvero troppo pesante da sopportare.
L’incontro con la barista Charlene offre un ulteriore impulso a questa separazione. Ma non sarà un percorso facile e, forse, non sarà neanche quello giusto.
Un titolo che potremmo definire perfetto The Fighter
perché questo film racconta sì di un pugile ma è soprattutto la cronistoria di un combattimento costante di un
uomo contro chi, per un malinteso concetto di amore
(fraterno o materno che sia), rischia di soffocarne per
sempre la personalità. Micky Ward, classe 1965, è arrivato al titolo mondiale nella categoria dei Welter leggeri
nel 2000 ma ciò su cui il film si focalizza è il rapporto con
l’ambiente, sia esso familiare che sociale, in una sonnolenta città di provincia. Non era facile, va detto, tornare
a fare un film importante sul pugilato dopo Cinderella
Man e non è un caso che il primo candidato a dirigerla sia
stato Darren Aronofsky il quale ha rinunciato per mettersi dietro la macchina da presa di (guarda un po’) The
Wrestler rimanendo però in qualità di produttore esecutivo. Non era facile ma la scommessa è vinta (…). David
O.Russell punta tutto sulla dinamica del rapporto tra fratelli e Christian Bale gli offre, nel ruolo di Dickie, una
delle sue interpretazioni più complete e cariche di umanità. Abituato a modificare il suo fisico a piacimento (ricordate la performance de L’uomo senza sonno?) questa
volta va ancora oltre. Gli si legge negli occhi, anche
quando non è in primo piano, tutto il disperato bisogno di
essere apprezzato per quello che avrebbe potuto essere e
non è stato nella vita. Per quell’andata al tappeto di Ray
Sugar Leonard che molti esaltano e altri riducono a scivolata sul ring. Quell’apprezzamento lo cerca in un
Micky che, come spesso gli accade sul quadrato, viene
messo alle corde dalla vita. In particolare da una madre a
cui un’esuberante ignoranza impedisce di capire che ha
davanti non la possibile realizzazione del sogno infranto
del figlio maggiore ma un uomo che ha bisogno di individuare da solo la sua strada. È in questo percorso doloroso
che Micky trova dentro di sé la forza per arrivare ad un finale che è pacificatorio (…). Ma il segno dentro di lui è
cambiato. Ora non è più lui quello che viene guidato. Ora
è lui a scegliere. Anche contro ogni apparente ragionevolezza ma con la capacità di distinguere ciò che, nei rapporti familiari, è zavorra da eliminare e ciò che, nonostante l’apparenza, costituisce un valore.
Giancarlo Zappoli - Mymovies
D
ick Ecklund, 1993, ex-pugile una volta considerato
“l’orgoglio di Lowell”, la sua città natale, annuncia
alla cinepresa il suo rientro nel mondo della boxe dopo
un’assenza di 14 anni, stavolta non sul ring ma come alle-
25
natore del fratellino Micky Ward. Ma (...) Dick (interpretato da un Christian Bale irriconoscibile) non è più
quello di una volta; adesso è un tossicodipendente in pena che vive dei ricordi di un suo incontro con Sugar Ray
Leonard del 1978. (...) Ad aggiungersi ai problemi di
Micky è la madre Alice (una Melissa Leo fantastica nella
sua volgarità) che gli fa da manager: un avvoltoio con gli
artigli ben infilzati nella carriera di suo figlio. (...) Micky
è dunque circondato da sfruttatori e parassiti. Non è tuttavia sul ring che si dimostra incapace di vincere ma fuori, dove gli avversari lo colpiscono con ricatti emotivi.
Micky infatti è un paradosso: un pugile docile, tenero e silenzioso che non ha il coraggio di disubbidire alla madre
e continua a sacrificarsi per una famiglia di ingrati. Ma un
giorno incontra l’indomabile Charlene (Amy Adams, finalmente in un ruolo che mette in risalto le sue capacità),
che lo convince del fatto che né il fratello né la madre
hanno i suoi interessi a cuore (...). The fighter è tratto
dalla storia vera di Ward e Ecklund. Wahlberg si rivela
l’attore ideale per interpretare Micky, anche per le sue vicende personali: il più giovane di nove figli, è cresciuto in
condizioni miserevoli alla periferia di Boston; con un’adolescenza teppista e due mesi di prigione conosce perfettamente il mondo di Ward. È stato lui, infatti, a spingere in avanti il copione ed implorare David O. Russell di
Storia di un combattente, tra
vizi privati e pubbliche virtù.
accettare il ruolo di regista, istallando persino un ring in
casa e allenandosi ogni mattina per quattro anni nell’attesa di girare il film. Wahlberg fornisce un’interpretazione tenera e controllata ma la vera star del film è Bale,
sdentato, quasi calvo e magrissimo (non certo Batman),
che con la sua rappresentazione, simultaneamente tragica e comica, cattura la nostra attenzione ad ogni apparizione. (...). Il cinema americano è pieno di film sul mondo del pugilato, da Toro scatenato a Rocky, ma David O.
Russell realizza un film originale, che evita luoghi comuni e imitazioni. Gli incontri sul ring sono girati in video
anziché in pellicola con un effetto immediato di squallore e sudore, senza glorificarli troppo. Il risultato è un film
pieno di suspense, cuore e sorprese.
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San Giovanni Lupatoto (VR)
Pieg Cine Aprile_2011:Layout 18/03/11 14.35 Pagina 2
Aprile 2011
lun 25 ore 20.45
mar 26 ore 21.00
merc 27 ore 21.15
Regia
Gianni Di Gregorio
~
Interpreti
Gianni Di Gregorio, Valeria
de Franciscis, Alfonso
Santagata, Elisabetta
Piccolomini, Valeria
Cavalli, Aylin Prandi,
Kristina Cepraga,
Michelangelo Ciminale,
Teresa Di Gregorio, Lilia
Silvi, Gabriella Sborgi,
Laura Squizzato, Silvia
Squizzato
~
Anno
Italia 2011
~
Genere
Commedia
~
Durata
90’
~
Berlinale 2011
Proiettato al Festival
internazionale del
Cinema di Berlino 2011
nella sezione
Berlinale Special.
Gianni e le donne
G
ianni ha sessant’anni, una natura mite, nessuna ambizione e troppi rimpianti. Vessato da una figlia svagata, una moglie remota e una mamma esagerata, da diversi anni versa in una baby pensione e dentro un quotidiano rassegnato. A piedi o a bordo della sua desueta Alfa
164, Gianni trascina se stesso per la capitale e trova sempre una bottiglia per dimenticarsi. Incoraggiato da un
amico avvocato e risvegliato da bionde badanti, vicine
mondane, primi amori, gemelle intriganti, l’uomo prova a
scuotersi dal torpore, a emanciparsi dall’ingombrante figura materna e a procurarsi un amante che rinverdisca la
sua età. Respinte le sue avance indolenti, Gianni prenderà coscienza dei suoi tanti anni. Seconda volta per Gianni
Di Gregorio che si presenta di nuovo in primo piano e in
rifrangenza tra pubblico e privato, dentro un presente che
non gratifica e un futuro che non riesce proprio a immaginarsi. Alzatosi sazio e pienamente soddisfatto dal suo
Pranzo di Ferragosto, che ottenne il plauso della critica e
del pubblico, il regista romano raddoppia l’allegria con
una commedia in frustrata ricerca di riempitivi al vuoto
esistenziale di un uomo di mezza età. Gianni, appunto.
Persona e personaggio coincidono ancora una volta sullo
schermo, trascinandosi abulici in un appartamento di
Trastevere, provvedendo con sollecitudine alla viziata
madre e cercando qualcuna per amarsi magari un po’ di
più. Trasteverino, classe 1949, attore teatrale, aiuto regista
di Matteo Garrone, sceneggiatore di Sembra morto ma è
solo svenuto e co-sceneggiatore di Gomorra, Di Gregorio
gira una commedia garbata (...). Dopo aver messo in scena la seconda infanzia e obbligato il cinema a ripensare
una società che includa l’anziano, in cerca di una felicità
edonistica e abbandonato ai piaceri del cibo e del vino,
l’autore romano affronta questa volta gli sbandamenti
sentimentali di un uomo di mezza età alle prese col gentil
sesso. Da sempre soggetto passivo e bersaglio ideale del dispotismo femminile (a partire da quella madre esigente ed
emotivamente soffocante), Gianni cavalca maldestramente, incalzato da un azzeccagarbugli suadente, i comportamenti collettivi di moda, finendo per rendersi ridicolo agli occhi di chi voleva corteggiare e magari ‘possedere’. Ma Gianni non ha (più) l’età per corrispondere la
giovinezza e nemmeno il denaro per corromperla. A ripensarci poi, a mancargli è pure la volontà, (...), meglio allora abbandonarsi a un clima di crescente smarrimento e
arrendersi all’evidenza di un corpo corrotto e poco attraente, alla propria bellezza incrinata e appassita.
Sfuggendo il cinema omologato, Di Gregorio sceglie ritmi
e modi per parlare di sé, producendo toni cupi e una serietà autoironica, che si stemperano dentro a un universo ricomposto in una saggia armonia. Rimanendo fedele a se
stesso e al suo film d’esordio, il beato tra le gonne (le donne e le nonne) coinvolge di nuovo lo spettatore con la potente matrice autobiografica del suo cinema appena cominciato.
Marzia Gandolfi - Mymovie
“È
scabroso le donne studiar,/ son dell’uomo la disperazion,/ bionde o brune mister sempre son /donne
donne eterni dei". Così recita la famosissima aria di "La
vedova allegra" e tutti ne conoscono il contesto e il significato, moltissimi poeti hanno cantato la donna e come
26
l’uomo sia affascinato da tale creatura, ma… che succede
quando il soggetto ammaliato dalle femminee grazie è un
distinto signore ormai maturo? A rispondere a questa domanda è la deliziosa pellicola "Gianni e le donne" che con
toni leggeri, tipici della commedia, scherza sulla situazione di malinconia e frustrazione in cui si trova un uomo a
sessant’anni suonati. Come ha spiegato lo stesso regista
Commedia autoironica che
sfugge il cinema omologato.
Gianni di Gregorio: "Mi sono accorto di avere incontrato
tante bellissime donne e che nessuna mi guardava più come prima, ma mi vedevano come una poltrona, un soprammobile." Ecco quindi Gianni, interpretato dal regista, autore e sceneggiatore della pellicola, ormai in pensione, che un giorno d’estate improvvisamente "apre gli
occhi", (...). Gianni si ritrova vecchio, circondato da persone più o meno della sua età e al tempo stesso al servizio
delle donne della sua vita, prima di tutto di sua moglie
(Elisabetta Piccolomini), una donna quasi inesistente che
lavora dalla mattina alla sera, poi della figlia (Teresa Di
Gregorio), impegnata con l’esame di maturità e legata ad
un ragazzo nullafacente che passa la sua vita piazzato in casa sua. Per non dimenticare l’allegra e frizzante vicina di
casa con cui ha un rapporto platonico e dulcis in fundo la
mamma, interpretata ancora una volta da Valeria de
Franciscis, già apprezzata dal pubblico in “Pranzo di
Ferragosto”. (...) Il tempo è passato e non si può più tornare indietro, ma come fare quindi a ritrovare il se stesso di
un tempo, l’uomo che faceva cadere le donne ai suoi piedi? Dopo il successo di "Pranzo di Ferragosto", Gianni Di
Gregorio descrive, con delicatezza e ironia, con una comicità garbata e mai volgare, questa età attraverso i suoi occhi, il mondo che lo circonda, tanto che c’è una certa assonanza e affinità con la vecchia commedia all’italiana. Vi
è una linearità maggiore, un equilibrio di insieme e un’accuratezza nei dettagli maggiore rispetto al precedente. C’è
un’analisi sociale sull’uomo, sulla vita e sulla vecchiaia,
non vi sono pregiudizi o falsi moralismi, solo una malinconia e una nostalgia del passato che spesso fa capolino fra le
righe. È un’opera gradevole e ben costruita che conferma
lo straordinario talento di Gianni Di Gregorio.
Federica Di Bartolo - Filmup
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