Sicurezza alimentare: sistema di autocontrollo e HACCP

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Sicurezza alimentare: sistema di autocontrollo e HACCP
Sicurezza alimentare: sistema di
autocontrollo e HACCP
M. Sciarroni
Foro di Roma
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Riassunto
Lo scopo primario della legislazione alimentare è quello di garantire il massimo grado di tutela
dei consumatori, con particolare riguardo alla sicurezza e alla salubrità dei prodotti. A tale
proposito negli ultimi anni sono stati introdotti svariati obblighi nei confronti delle imprese e
di tutti gli operatori del settore. Le novelle normative hanno interessato il sistema dei controlli,
della rintracciabilità, senza trascurare il tema della trasparenza, della formazione del personale e
dell’informazione dei consumatori.
In tema di controlli risulta pacifica l’importanza dell’introduzione dell’obbligatorietà del sistema
dell’autocontrollo, basato sui principi dell’HACCP (hazard analysis and critical control points).
Siffatto sistema ha mutato profondamente l’approccio nei confronti di tale tematica, non a caso è
stato definito come una vera e propria rivoluzione copernicana. Attraverso lo stesso si è attuato
il passaggio da un tipo di controllo “a valle” del processo produttivo, incentrato sul prelievo e
sull’analisi del prodotto finito e sull’applicazione di sanzioni in caso di irregolarità e di violazioni, a
un tipo di controllo autoregolamentato dagli operatori, ovvero “preventivo” e “documentato” che
investe tutti i soggetti coinvolti nelle varie fasi del ciclo produttivo. Gli operatori, pertanto, devono
assicurare che ogni stadio della lavorazione sia sottoposto alla loro diretta supervisione. Ciò ha
comportato l’assunzione di numerosi oneri da parte degli operatori medesimi, sancendo, così, il
principio di autoresponsabilità in capo agli stessi. Del pari, si precisa che non viene abbandonato
l’ambito dei controlli ufficiali, ai quali sono demandati i compiti di sorveglianza dell’attività
produttiva e di quella distributiva delle imprese con ispezioni e con verifiche mirate, con audit
nonché con esami delle documentazioni aziendali e dei relativi piani di autocontrollo.
Il presente lavoro ha analizzato le fonti normative comunitarie e nazionali seguendone
l’evoluzione giuridica e delimitandone il campo di applicazione.
Introduzione
La necessità di una sempre maggiore tutela del consumatore ha indotto il legislatore comunitario e
quello nazionale a promuovere e a conseguire standard elevati in tema di sicurezza alimentare. Ciò
ha trovato attuazione attraverso una mirata azione normativa centrata sulla politica “dai Campi
alla Tavola” che ha consentito di sviluppare e di utilizzare misure appropriate e integrate lungo
tutta la filiera produttiva. Si osserva, infatti, che molti mutamenti tecnologici e scientifici hanno
investito il settore agro-alimentare, ponendo in evidenza nuove problematiche e seri rischi che
possono minare la salubrità degli alimenti. Basti pensare alle incombenze relative ai trasporti e alla
conservazione dei prodotti, la cui funzione rivela alcune criticità da non sottovalutare ai fini della
sicurezza. Quest’ultima viene realizzata attraverso idonee ed adeguate pratiche nell’ambito della
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produzione, della manipolazione e della distribuzione, allo scopo di controllare e di ridurre i rischi.
Al riguardo risulta, dunque, di valore indiscutibile l’approccio cosiddetto “di filiera” che interessa
tutte le fasi del processo produttivo, per riprendere la locuzione sopra richiamata “dai campi alla
tavola”. Nel 2000 la Commissione Europea ha delineato una nuova strategia, illustrata nel Libro
Bianco sulla sicurezza alimentare, nel quale viene espressamente previsto che “la salubrità degli
alimenti si può assicurare solo ricorrendo a sistemi integrati di controllo di filiera, dalla produzione delle
materie prime al consumo degli alimenti”. Tale modalità operativa è supportata da numerose norme il
cui fondamento giuridico scaturisce dai principi e dai requisiti generali della legislazione alimentare,
contenuti nel Reg. CE 178/2002 e dalle disposizioni di dettaglio del Pacchetto Igiene (Reg. CE
852/2004; CE 853/2004; Reg. CE 854/2004; Reg CE 882/2004), perfezionato successivamente dai
Regolamenti CE 2073/2005; 1331/2008; 1332/2008; 1333/2008; 1334/2008 sui criteri microbiologici
inerenti l’accettabilità dei prodotti alimentari e sulle norme uniformi per gli additivi, per gli enzimi
e gli aromi alimentari.
L’articolo 17, par. 1, del Reg. CE 178/2002, stabilisce che ogni operatore del settore (OSA) deve
adoperarsi per assicurare la sicurezza alimentare, nonché per soddisfare tutte le disposizioni di
legge.
Agli Stati membri dell’Unione Europea è demandato il compito di organizzare un apparato
ufficiale di controlli e di ulteriori attività volte a perseguire l’obiettivo della sicurezza stessa e a
valutare i rischi.
Ai sensi del successivo articolo 19, del medesimo Regolamento, si specifica che gli operatori
hanno l’obbligo sia di astenersi dal porre in commercio alimenti non sicuri, provvedendo al loro
richiamo (se non ancora giunti ai consumatori) o al loro ritiro (se già giunti ai consumatori) e sia di
informare senza indugio le autorità pubbliche dell’eventuale mancanza dei requisiti di sicurezza
degli alimenti da loro prodotti e delle misure adottate. L’obbligo di ritiro/richiamo, peraltro, è
diretto a tutti gli operatori della filiera agro-alimentare, non riguarda solo i produttori. Divengono,
infatti, destinatari di tale imposizione anche i soggetti che svolgono attività di vendita al dettaglio
o di distribuzione che non incidono sul confezionamento, sull’etichettatura o sull’integrità
dell’alimento.
Gli OSA sono assoggettati, altresì, ad obblighi precisi prescritti per singole categorie di alimenti.
A titolo esemplificativo si distingue tra prodotti provenienti dalla trasformazione industriale e da
quella artigianale; tra alimenti derivanti dalla produzione animale o meno.
Le disposizioni di riferimento della normativa di dettaglio sono comprese nel Pacchetto
Igiene, fondato sui già citati Regolamenti: Reg. CE 852/2004 (igiene alimenti in generale); Reg.
CE 853/2004 (igiene alimenti di origine animale); Reg. CE 854/2004 (organizzazione e controlli
ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano); Reg. CE 882/2004 (controlli
ufficiali volti a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e sulla
salute e sul benessere degli animali). Il Reg. CE 852/2004, oltre a ribadire quanto già affermato
dal Reg. CE 178/2002, in particolare riguardo la circostanza che “il conseguimento di un elevato
livello di protezione della vita e della salute umana è uno degli obiettivi fondamentali della legislazione
alimentare e comunitaria, compreso l’obiettivo della realizzazione della libera circolazione degli alimento
nella Comunità”; nella prima parte pone in evidenza la necessità della definizione degli obiettivi
generali e dei principi. Ciò con speciale cura per gli obblighi inerenti agli operatori. Si segnalano, ad
esempio quelli inerenti il mantenimento della cosiddetta “catena del freddo”; la collaborazione con
le autorità pubbliche, con la comunicazione immediata di ogni informazione rilevante; l’istituzione
di un sistema secondo i principi dell’HACCP. Di converso, negli allegati vengono stabiliti requisiti
specifici in materia di igiene per la produzione primaria e per le operazioni associate. Svariati i
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profili trattati quali: il trasporto, il magazzinaggio, la manipolazione, la formazione del personale,
il trattamento dei rifiuti.
Nell’ambito dei presidi volti ad assicurare la salubrità dei prodotti un ruolo significativo è
rivestito dalla previsione dell’obbligatorietà dello strumento dell’autocontrollo aziendale. Prima
dell’introduzione di tale obbligatorietà la tutela della sicurezza e degli interessi dei consumatori
era basata su un complesso impianto di tipo repressivo-retroattivo, attuato mediante controlli
ufficiali a campione sul prodotto finito e con sanzioni in caso di violazioni. In realtà un simile
apparato di controlli, peraltro anche dispendioso dal punto di vista economico, non consentiva
l’individuazione precisa dei rischi che potevano originarsi durante le varie fasi della lavorazione.
Dacchè, emergeva l’urgenza di un mutamento d’impostazione che imponesse una maggiore
valenza alla finalità preventiva rispetto a quella repressiva, volgendo l’attenzione su ogni stadio
del processo produttivo. Le strutture aziendali e le imprese sono divenute, pertanto, l’oggetto
primario delle verifiche al fine di valutare anche i locali e le attrezzature.
L’inversione di tendenza si è avuta con l’emanazione del D.lgs 155/1997, in attuazione della
Direttiva n. 93/43/CEE (concernente l’igiene dei prodotti) e abrogato successivamente dal D.lgs
193/2007 sulla disciplina sanzionatoria per le violazioni di cui al Reg. CE 178/2002. Attraverso il
decreto legislativo del 1997 si è introdotto il sistema dell’autocontrollo. Tale sistema si fonda su un
insieme di prassi e di procedure endogene all’azienda, effettuate dagli operatori per controllare e
per garantire la sicurezza igienica dei prodotti, nonché basate sul metodo di analisi e di gestione
dei rischi dell’HACCP. Appare opportuno precisare che attraverso l’acronimo HACCP si indica la
metodologia di esame, da non confondere con il sistema di autocontrollo interno all’azienda.
La responsabilità del controllo, dunque, viene attribuita in via principale alle imprese, non
essendo più una prerogativa esclusiva della Pubblica Autorità competente. Ben può dirsi, quindi,
che “i primi controllori sono dentro l’azienda”. I punti cardine della nuova disciplina divengono:
l’autocontrollo aziendale e la valutazione del rischio, i quali si articolano in due fasi. La prima
diretta a scoprire i pericoli e i rischi delle contaminazioni dei prodotti, ad esempio: verifica della
presenza di microrganismi patogeni come Listeria o salmonella, di contaminanti chimici o di corpi
estranei; mentre la seconda fase è diretta a identificare e a porre in essere le attività necessarie per
controllare i fattori di pericolo allo scopo di prevenirli, monitorarli ed eliminarli. Al proposito si
sottolinea che gli operatori, non solo sono tenuti a osservare durante il ciclo di produzione, di
trasformazione e di distribuzione, tutte le regole prescritte dalla legge in tema di igiene, ma ai sensi
dell’articolo 5 del Regolamento CE 852/2004 viene stabilito che i medesimi “predispongono, attuano,
e mantengono una o più procedure permanenti basate sui principi del sistema dell’HACCP”.
Quest’ultimo viene utilizzato, infatti, per identificare i rischi per la salute del consumatore e per
individuare le idonee misure di prevenzione. Il metodo HACCP era già espressamente previsto ai
sensi dell’articolo 3 del D.lgs 155/1997, laddove si legge “il responsabile dell’industria alimentare deve
individuare ogni fase che potrebbe rivelarsi critica per la sicurezza degli alimenti e deve garantire che siano
individuate, applicate, mantenute e aggiornate le adeguate procedure di sicurezza, avvalendosi dei principi
su cui è basato il sistema di analisi dei rischi e di controllo dei punti critici HACCP”.
Il Regolamento CE 852/2004 (art. 5) indica i principi di riferimento del sistema HACCP:
a. Identificare ogni pericolo che deve essere prevenuto, eliminato, o ridotto a livelli accettabili;
b. Identificare i punti critici di controllo nella fase o nelle fasi il cui controllo stesso si rivela
essenziale per prevenire o per eliminare un rischio o per ridurlo a livelli accettabili;
c. Stabilire, nei punti critici di controllo, i limiti critici che differenziano l’accettabilità e
l’inaccettabilità ai fini della prevenzione, eliminazione, o riduzione dei rischi identificati;
d. Stabilire e applicare procedure di sorveglianza efficaci nei punti critici di controllo;
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e. Stabilire le azioni correttive da intraprendere nel caso in cui dalla sorveglianza risulti che
un determinato punto critico non è sotto controllo;
f. Stabilire le procedure, da applicare regolarmente, per verificare l’effettivo funzionamento
delle misure di cui alle lettere da a) a e);
g. Predisporre documenti e registrazioni adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa
alimentare al fine di dimostrare l’effettiva applicazione delle misure di cui alle lettere da a) a f).
Dall’esame dei principi suindicati si evidenziano le azioni considerate necessarie durante la
lavorazione, ovvero: la previsione dei pericoli significativi in ogni stadio del processo produttivo;
l’identificazione del pericolo, con contestuale valutazione del rischio e della sua gravità; la
determinazione delle misure preventive. Attraverso la redazione del manuale di autocontrollo
aziendale o manuale HACCP, viene documentato e descritto in maniera specifica e dettagliata
l’intero sistema di autocontrollo dell’igiene della singola impresa.
Il piano di autocontrollo basato sull’HACCP deve essere applicato per evitare l’insorgenza di
non conformità prima del loro verificarsi e, inoltre, deve prevedere ogni azione correttiva per
ridurre i rischi, allorquando, benché siano state poste in essere tutte le misure preventive, la non
conformità si verifichi ugualmente.
Giova sottolineare che il piano suindicato è predisposto con la collaborazione di tutti i soggetti
che lavorano nell’azienda allo scopo di ottenere la massima efficacia dallo stesso. Nelle imprese di
grandi dimensioni viene creato un apposito gruppo di lavoro multidisciplinare, composto da varie
figure professionali con competenze e con professionalità specifiche. Mentre nelle aziende mediepiccole la squadra di lavoro è costituita dallo stesso titolare insieme ai responsabili incaricati, per i
quali un valido supporto è dato dai manuali di corretta prassi igienica.
La caratteristica principale del piano di autocontrollo risulta essere la sua flessibilità, poiché
deve essere aggiornato e modificato in ragione sia delle variazioni che possono originarsi durante
i processi produttivi e sia per migliorare la sua stessa applicazione.
Appare opportuno descrivere in maniera esemplificativa e generale l’elaborazione di un piano
di autocontrollo aziendale.
Il gruppo di lavoro redige delle schede relative ai singoli alimenti oppure a intere categorie di
prodotti. Nelle schede sono riportati: le descrizioni analitiche dei prodotti stessi (es. composizione,
struttura, qualità chimico-fisiche); l’utilizzo previsto; le modalità di produzione; il tipo di
confezionamento. Il ciclo di produzione viene illustrato mediante un diagramma di flusso che
indica tutti i cicli principali e i dati tecnici. La predisposizione del diagramma di flusso consente di
individuare i pericoli che possono essere attesi in ciascuna fase dello stesso. Dopo aver identificato
i possibili pericoli, occorre scoprire quali devono essere eliminati oppure ridotti a livelli accettabili
per la sicurezza del prodotto. Si rivela, pertanto, necessario comprendere le misure di controllo,
le azioni e le operazioni da adottare per prevenire ed eliminare i pericoli medesimi, oppure per
ridurne il verificarsi a livelli accettabili. In seguito si procede all’identificazione dei punti critici di
controllo CCP (critical control point). Quest’ultimi sono utilizzati per valutare in quale momento
del processo di lavorazione si profila la possibilità di gestire i pericoli riscontrati avvalendosi delle
misure di controllo ritenute più opportune. Per agevolare tali operazioni viene usato il cosiddetto
“albero di gestione”, consistente in una griglia di quesiti elaborati dal gruppo di lavoro secondo
lo specifico comparto alimentare a cui si fa riferimento (es. gastronomia, gelateria, macelleria). I
CCP identificati risultano di essenziale importanza, poiché gli stessi sono documentati e registrati
allo scopo di porre in essere le attività necessarie per la loro gestione. Dopo aver definito le
misure di controllo si provvede all’individuazione dei “limiti critici”, indicati attraverso un valore
- soglia di un parametro che assicuri la sicurezza dei prodotti e permetta di capire quali limiti
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siano accettabili rispetto a quelli inaccettabili. Il rispetto dei limiti critici è garantito mediante
la previsione di un programma di monitoraggio effettuato secondo determinate misurazioni ed
esami. Tale monitoraggio assume enorme valore, in quanto consente di scoprire prontamente la
perdita di controllo dei punti critici e al contempo di attivare ogni azione correttiva prevista. Non
a caso nel piano di autocontrollo vengono stabilite preventivamente le azioni correttive da attuare
ogniqualvolta il sistema di monitoraggio di un CCP riveli una possibile perdita di controllo.
L’obiettivo primario di un piano di autocontrollo aziendale è quello di raggiungere il massimo
grado di efficacia e, dunque, per valutare la stessa sono programmate delle procedure di supervisione
e di verifica delle attività endogene dell’azienda. Siffatte verifiche riguardano: la valutazione dell’
igiene degli addetti; il controllo delle merci in arrivo; la validazione delle condizioni igieniche dei
locali; i campionamenti delle materie prime. Attraverso tali operazioni vengono apportate delle
variazioni al piano medesimo, laddove dovessero essere riscontrate delle anomalie.
Al fine della corretta applicazione del sistema di autocontrollo è fondamentale effettuare una
minuziosa e dettagliata registrazione e documentazione delle attività di monitoraggio prescritte
nel piano elaborato. L’importanza della documentazione appare indiscussa, deve essere conservata
e posta a diposizione delle autorità competenti in occasione di audit e di ispezioni ufficiali.
A tale proposito si osserva che il controllo ufficiale non scompare, rimane previsto nei
Regolamenti CE 854/2004 e 882/2004, nonché nella legislazione nazionale. Tutti gli Stati membri,
invero, devono riscontrare e accertare la conformità e il rispetto degli obblighi stabiliti dalla legge
nei confronti delle imprese. Un simile obiettivo viene raggiunto mediante interventi di sorveglianza
attuati dagli organi competenti con strumenti quali: controlli ufficiali di routine, ispezioni senza
preavviso, audit, analisi di laboratorio, verifiche della documentazione aziendale. Lo scopo di tali
accertamenti consiste nel valutare l’efficacia delle misure di autocontrollo realizzate dai singoli
operatori.
Il controllo ufficiale, dunque, può essere definito come il “controllo degli autocontrolli”, in
ragione della sua finalità di vigilanza. Nell’ambito di quanto stabilito in tema di semplificazione e
di sviluppo, ai sensi dell’articolo 14 del D.L. n. 5/2012, va segnalato che il Ministero delle Politiche
Agricole Alimentari e Forestali, di concerto con il Ministero per la Pubblica Amministrazione, si
è impegnato a rendere accessibile in via sperimentale la lista dei controlli a cui possono essere
sottoposte le imprese della filiera agricola e agroalimentare. Ciò in ragione dell’importanza
attribuita alle informazioni e alle normative inerenti ai controlli ufficiali. Quest’ultimi, infatti,
attraverso la predetta lista e la contestuale elaborazione di un archivio, possono essere oggetto di
una rinnovata razionalizzazione e di una maggiore sinergia nella tutela degli interessi pubblici.
Discussione-conclusioni
Dalla disamina sopra esposta emerge l’importanza del sistema di autocontrollo fondato sui
principi dell’HACCP. Un sistema ritenuto indispensabile per garantire ai consumatori l’igiene e
la sicurezza dei prodotti, ma che consente anche di tutelare gli operatori del settore dai rischi per
la loro salute che possono verificarsi durante i vari cicli di lavorazione. Il settore agro-alimentare
negli ultimi anni è stato interessato e compromesso da varie crisi, la BSE, la diossina, l’influenza
aviaria. In conseguenza di ciò l’attenzione dei consumatori si è diretta principalmente verso le
problematiche relative alla sicurezza e ai fattori ritenuti dannosi. Viepiù, devono essere considerati
anche i numerosi mutamenti sociali e culturali che hanno condizionato le abitudini alimentari
dei consumatori stessi. In particolare, il riferimento è rivolto all’aumento della frequenza del
consumo dei pasti fuori casa che può rappresentare un rischio in caso di contaminazioni del cibo
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con la corrispondente moltiplicazione dello stesso, in ragione dell’elevato numero di soggetti che
usufruiscono dei servizi di ristorazione.
Senza trascurare, inoltre, il dato relativo alla globalizzazione dei mercati, la quale non consente
facilmente l’individuazione e il contenimento delle anomalie e degli errori.
La necessità della realizzazione di un sistema integrato per garantire la sicurezza, l’identificazione
e la verifica di ogni fattore di rischio nella produzione fino al consumo finale, non poteva esimersi
dal ridefinire e dall’innovare le modalità di attuazione dei controlli dei prodotti.
La svolta fondamentale nell’ambito dei controlli del settore alimentare si è concretizzata, si
ribadisce, attraverso il passaggio da un sistema centrato sulle funzioni ispettive-repressive delle
competenti Autorità pubbliche a un sistema in cui la responsabilità per il controllo della salubrità
degli alimenti viene attribuita esclusivamente al produttore. Ciò ha prodotto effetti giuridici
notevoli e anche grandi mutamenti nelle politiche aziendali e commerciali. La ripercussione più
evidente risulta essere l’affermazione del principio di autoresponsabilità dell’operatore, il quale,
non è solo il soggetto protagonista durante tutte le fasi della lavorazione dei prodotti, bensì diventa
anche il controllore della loro sicurezza.
I motivi che hanno condotto a un simile mutamento sono stati numerosi. I principali appaiono
quelli legati a ragioni pratiche, ovvero: la difficoltà per le competenti autorità di accertare e di
riscontrare il lavoro svolto dalle numerose persone che operano nel settore alimentare; i costi elevati
sopportati dalle amministrazioni pubbliche per la creazione di un apparato accentrato di controlli.
Alla luce di quanto detto il legislatore comunitario e quello nazionale hanno reputato opportuno
porre in primo piano la figura dell’operatore (OSA). Quest’ultimo, infatti, è l’unico soggetto in
grado di individuare ogni fase del processo produttivo che potrebbe rivelarsi critica per la salubrità
degli alimenti e, quindi, anche il solo che può assicurare la corretta identificazione, applicazione
e il continuo aggiornamento delle procedure dirette a rilevare i pericoli insiti nella lavorazione
e nei prodotti immessi nel mercato. L’affermazione del principio di autoresponsabilità degli
operatori ha avuto conseguenze anche riguardo al sistema dei controlli ufficiali, i quali, come già
anticipato, non spariscono. Le modalità ispettive si concentrano, non più sul prodotto finito e sulla
sua conformità (controllo di prodotto), bensì si restringono sulla gestione dei processi realizzati
all’interno dell’azienda e verificati dagli operatori (controllo di processo).
Pacifico il valore enorme del sistema di autocontrollo aziendale, secondo il metodo di analisi
dell’HACCP, introdotto proprio al fine di ridurre al minimo il rischio che durante le fasi della
lavorazione gli alimenti possano subire dei danni o incidenti (es. un corpo estraneo nel prodotto;
oppure una contaminazione) tali da compromettere la loro sicurezza. Del pari i consumatori non
comprendono l’importanza dello stesso sistema, anzi spesso non conoscono neanche l’esistenza di
simili metodologie. Al riguardo le informazioni sono scarne e inaccessibili, è pur vero che si tratta di
regole tecniche e altamente ingegnose, riservate a esperti professionisti, ma si dovrebbe operare per
consentire a tutte le categorie di consumatori di capire il significato dell’ autocontrollo e dell’HACCP.
In particolare specificando che tali sistemi non interessano esclusivamente le imprese e le loro
attività commerciali, ma riguardano il raggiungimento del ben più alto obiettivo: la tutela della
salute di tutti.
Bibliografia
D.lgs 155/1997;
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www.politicheagricole.it
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