un nuovo inizio

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un nuovo inizio
UN NUOVO INIZIO
di Alessio, Alice, Andrea, Erica, Giorgia, Marcela, Patrick, Rebecca
(Gli Anonimi)
Ciao a tutti, mi chiamo Lucia e oggi vorrei raccontare la mia storia con lo scopo di ridare la
speranza a tutte quelle persone che l'hanno perduta. Provengo da una famiglia molto problematica
di cui vorrei parlare. All'età di soli 15 anni ero la più grande di sei fratelli: Francesca, dodici anni,
Giulio e Marco, dieci, Davide, otto e Giovanni, un anno.
Tutto è iniziato nel momento in cui mio padre perse il posto di lavoro: era disperato e non sapeva
più come fare per tirare avanti. Dopo vari tentativi di cercarne uno soddisfacente, si arrese.
Purtroppo trovò l'unica soluzione, l'unica via d'uscita e l'unico svago nel gioco d’azzardo. Tutte le
mattine non vedevo mio padre perché ero a scuola. A pranzo non era mai a casa e solamente alle
14.00 rientrava ormai distrutto nonostante nessuno di noi conoscesse il motivo della sua
sofferenza. In casa non faceva mai nulla ed era sempre introverso e taciturno. Nel pomeriggio
usciva nuovamente e rientrava a tarda sera. Cosa facesse in queste ore nessuno lo sapeva e
anche mia madre era sempre triste ed in pensiero per lui. La mamma, per superare le difficoltà,
era riuscita a trovare alcuni lavoretti domestici da svolgere presso diverse famiglie che abitavano,
fortunatamente, nel nostro stesso paese. Si vedeva che era sofferente ma, in famiglia, nessuno
sapeva come risolvere il problema e cercava in ogni modo di farla sorridere. Mi sentivo in dovere di
fare qualsiasi cosa per rendere serena la nostra vita familiare e, come ho sempre fatto per rispetto
dei genitori, sentivo di dover dare un piccolo aiuto in famiglia. Il problema più grande, però, era la
mancanza di tempo da dedicare alla casa, alla cucina ed ai fratelli. Incominciavo anch'io a provare
sofferenza. Dovevo studiare perchè questo era il mio obiettivo. Il mio sogno era quello di poter
diventare qualcuno, un insegnante per esempio, al fine di poter aiutare i bambini più bisognosi che
vivevano nella società. Oppure, avrei voluto diventare un'istitutrice per cercare di sostenere
moralmente le persone più bisognose. Volevo essere qualcuno che potesse confortare chi, come
me, stava passando delle difficoltà economiche, ma soprattutto chi aveva dei problemi in famiglia.
Mio padre era sempre stato un gran lavoratore, ma questo era un periodo nero: infatti c'era crisi in
tutti i settori.
Un giorno mentre stavo andando al supermercato per comperare il latte per Giovanni, passai
davanti all'unico bar nel centro del nostro paese e lo vidi là, che stava in piedi vicino alle slot
machine, mentre urlava e si disperava. Non so per quanto tempo rimasi lì ad osservarlo con le
lacrime agli occhi, ma so che fu interminabile. Così, incominciai a correre verso casa più
velocemente che potevo, piangendo disperata, nella speranza che non mi vedesse! Per diversi
giorni rimasi chiusa in camera mia, senza parlare con nessuno, ma stando lì sola a riflettere.
L'indomani mattina decisi, così, di andare a casa di mia zia Carmela, la quale viveva col marito ed i
tre figli. Inizialmente non mi aprì nessuno, ma alla fine, venne ad accogliermi mio cugino Marco, il
più grande dei tre fratelli. Aveva diciassette anni e frequentava il penultimo anno del liceo
scientifico. Mi disse che la zia, sorella di mamma, era ammalata. In seguito, rammaricata, decisi di
ritornare a casa ed incominciai a studiare.
Vidi mio padre e gli domandai come mai fosse già rincasato. Rispose che era tornato prima dal
lavoro e non gli chiesi più nulla. Notai che il suo viso era cupo ed aveva un aspetto malinconico.
Così andai in camera mia, il mio piccolo covo segreto, il mio mondo dove tutto andava bene, ma
quando uscivo da lì mi accorgevo che era tutta immaginazione. Alzai il volume dello stereo al
massimo, iniziando a fare ciò che preferivo di più e ciò che liberava la mia mente: mi misi a
cantare. Incominciai solo per gioco, ma dopo un po' mi accorsi che in questo modo riuscivo a
scaricare tutta la tensione e il nervosismo, cantando a squarciagola. Il tempo sembrava non
passare mai e, senza rendermene neanche conto, cantai per quasi due ore. La musica era ed è
tuttora la mia più grande passione, anche se pensare di diventare una cantante era un po'
impossibile, viste la diverse difficoltà economiche. Però attraverso questa riuscivo ad esprimere
tutte le emozioni, ma soprattutto a sfogarmi nei momenti in cui mi sentivo sola o triste.
Qualche giorno dopo la zia venne a trovarmi, dal momento che aveva saputo della mia visita.
Quando entrò in camera mia mi sorprese con una piccola matita in mano, mentre immaginavo che
fosse un microfono. Rimasi lì, ferma, con le guance accarezzate da grosse e caldissime lacrime,
dopo di che mi girai dall'altra parte, vergognandomi di essere stata sorpresa da lei in quello stato.
Mi domandò subito perché fossi così triste ed il motivo per il quale stessi piangendo. Non riuscii più
a tenerle nascosto l'episodio che avevo visto pochi giorni prima, così le raccontai tutto quello che
era successo e, naturalmente, quello che vidi. Mia zia conosceva benissimo la situazione che
stavamo vivendo. Sapeva che mio padre, per disperazione, si era dedicato al gioco d'azzardo in
quanto diverse volte le aveva chiesto del denaro in prestito. Sapeva anche che eravamo indebitati
fino all'estremo, tanto era vero che i nostri beni e perfino la casa non erano più di proprietà della
nostra famiglia. Papà si era giocato tutto, eravamo sul lastrico. Bisognava trovare ancora una volta
una soluzione per tutti. Fortunatamente mia zia era una brava donna e, nonostante il fatto che
anche lei avesse alcuni problemi familiari ed economici, aveva pensato ad una probabile
soluzione, ovvero, quella di ospitarci tutti a casa sua. Mio padre, invece, avrebbe dovuto chiedere
assistenza ad un centro specializzato, solo così poteva affrontare e risolvere il suo problema.
Dopo poco tempo tutto il paese conosceva la nostra disperazione e, fortunatamente, istituì una
raccolta fondi per aiutarci. Eravamo contenti di aver ricevuto una grossa somma di denaro da
persone che ci volevano bene, poiché avevamo capito che, anche in un momento di crisi come
quello che stavamo vivendo, la gente poteva essere così solidale nei confronti di chi aveva
veramente bisogno di una mano. Dopo pochi giorni ci eravamo già trasferiti e la convivenza di
tredici persone incominciava a farsi sentire. Pensavo che andando a vivere con mia zia mi sarei
sentita meglio e che avrei avuto più tempo da dedicare a me stessa, ma non fu così: c'erano altri
due bambini di cui occuparsi, poiché la zia e la mamma lavoravano tutto il giorno. Mi sentivo sola
ed ero senza amici. Un giorno, però, mentre ero a scuola, arrivò un nuovo compagno di classe che
si sedette vicino a me. Non era un ragazzo timido, ma anche lui, come me, non aveva nessuno
amico.
Passammo tutta la settimana insieme e diventammo sempre più amici. Era l'unico che mi capiva,
nonostante anche lui non avesse una bella situazione familiare. Infatti, sua mamma lo aveva
lasciato quando aveva solo due anni, il papà si era risposato e la matrigna non aveva un buon
rapporto con lui, ma ormai si era abituato a quella situazione che doveva sopportare, proprio come
stava accadendo a me ed alla mia vita. Ci sfogavamo l'uno con l'altro e non avevo voglia di tornare
a casa: lì avrei dovuto occuparmi dei bambini, fare i compiti, pulire la casa, cucinare, invece, con
Luca, questo mio nuovo amico, tutto era diverso. Ogni tanto, dato che suo padre era sempre
assente durante il giorno, preferiva venire a casa mia per passare del tempo insieme e per
aiutarmi con le mie solite faccende domestiche. Luca era diventato il mio migliore amico ed
essendo l'unica persona che conoscevo e a cui volevo e voglio ancora tutt'oggi molto bene, ero
arrivata a fidarmi ciecamente di lui. Per questo motivo gli confidavo ogni cosa, ogni problema che
poteva sussistere durante la giornata. I giorni trascorrevano molto velocemente e diventavamo
sempre più allegri, non annoiandoci mai. Insomma, il rapporto che si era creato tra di noi era
favoloso ed iniziammo ad affezionarci l'uno all'altro sempre di più. Visto che amavo cantare avevo
pensato di comporre e dedicargli una canzone per ringraziarlo della sua amicizia.
Arrivò quel giorno in cui gli cantai la canzone e, dopo avermi fatto i complimenti, mi portò in un
posto segreto: una piccola capanna che aveva costruito per isolarsi dal resto delle persone e dal
resto del mondo, al fine di liberarsi da tutti i suoi problemi, dal momento che nessuno prima d'ora
era stato in grado di ascoltarlo come avevo fatto io. La capanna si trovava in un piccolo bosco fuori
città dove Luca aveva portato un tavolino, delle sedie, qualche coperta e dei cuscini per restare a
contatto con la natura. Passammo lì tutta la giornata e ci divertimmo molto; fu una giornata
davvero indimenticabile ed infatti qualcosa di meraviglioso accadde in quella giornata di sole. Luca
si era già innamorato di me dal primo giorno in cui mi aveva vista ma non era mai riuscito prima
d'ora a dirmelo, credo perché non ne avesse il coraggio, e solamente in quel momento riuscì a
dimostrarmelo. Ci innamorammo e mi diede il primo bacio! Ne rimasi sorpresa e, siccome non ne
avevo mai dato uno, non sapevo come reagire. Ero emozionata ed avevo una sensazione che non
avevo mai provato fino ad ora dato il forte sentimento che si stava creando tra di noi. Gli rimasi
vicino e passammo tutta la giornata abbracciati a guardare le nuvole e a descrivere le loro forme
molto buffe. In quei giorni che non ci vedemmo pensai e ripensai ai quei momenti passati insieme
felicemente.
Passarono diverse settimane prima di riuscire a dire ai nostri genitori che stavamo insieme e, dopo
averlo detto, la loro reazione non fu quella aspettata. Infatti, cominciarono a dirmi che un fidanzato,
con tutti gli impegni giornalieri che dovevo svolgere, sarebbe stato un peso e che mi avrebbe
distratta dai lavori domestici e dagli impegni scolastici. Cominciarono a scendermi delle lacrime dal
viso per la tristezza e per il dispiacere che mi avevano dato. Mi chiusi in camera e telefonai a Luca:
rimanemmo al telefono per quasi un'ora e mezza a discutere se quella che stavamo
intraprendendo fosse la strada giusta, ma alla fine capimmo che non potevamo fare a meno l'uno
dell'altra. Tutti si accorsero della situazione anche perché non mangiavo più, non aiutavo in casa,
non studiavo, non facevo i compiti, a scuola incominciavo a prendere brutti voti e, per la prima
volta, non mi vergognavo di farmi notare dalla famiglia. Stavo tutto il giorno rinchiusa in camera e,
per questo motivo e come al mio solito, non mi restava che cantare. Mi inventai, ancora una volta,
un nuova canzone che dimostrava la mia grande sofferenza. Ma nonostante tutto questo, il mio
rapporto con Luca non cambiò, perché ci vedevamo tutti i giorni a scuola, anche se lui non veniva
più a casa per aiutarmi con i lavoretti domestici. Ogni pomeriggio, però, trovavamo sempre una
scusa per poter uscire di casa insieme ed incontrarci. Il nostro luogo di ritrovo era sempre il
nascondiglio segreto nella capanna in mezzo al bosco.
Durante quella giornata, qualcosa accadde: dovevamo tornare a casa, ma iniziò a diluviare a
dirotto e, dato che eravamo senza ombrello, non sapevamo come e cosa fare. Dal momento che
saremmo tornati a casa tutti bagnati, decidemmo di restare lì finché la pioggia non fosse cessata. Il
giorno seguente finalmente riuscimmo a tornare a casa, ma le nostre madri erano molto arrabbiate
poiché credevano che noi fossimo scappati per stare insieme. Inoltre, eravamo tutti infreddoliti e
tremavamo dal freddo. Cercammo di spiegare loro la situazione, ma non capirono e ci proibirono
così di uscire di casa. Il giorno seguente tornai a scuola, lo vidi e, per un istante, i battiti del mio
cuore accelerarono. Mi mancava e rivederlo era stata la gioia più grande. Decidemmo che a fine
scuola saremmo andati a mangiare qualcosa insieme senza chiedere comunque il permesso ai
nostri genitori. Andammo, così, in un piccolo posto dove le coppie ricevevano un trattamento
speciale: sconto di 5 euro. Finito di mangiare ci rintanammo, come al nostro solito, dentro la nostra
piccola capanna. Era stato uno dei momenti più belli della mia vita, io, lui e nessun altro. Si
sentivano solo le macchine che correvano per la strada e le persone che parlavano vivacemente
tra di loro. Ci sentivamo fortunati. Eravamo al centro del mondo. Percepivamo appena il vento che
soffiava tra le foglie degli alberi più alti, perdendo però completamente la condizione del tempo.
Eravamo in un momento di tutta tranquillità, fino a quando mi resi conto di che ore fossero: erano
già le 18:30! Corremmo immediatamente verso casa, un saluto veloce e via, ognuno nella propria
casa. Dopo diversi anni trascorsi insieme e dopo varie peripezie continuammo la relazione. Il
tempo passò molto velocemente ed all'età di 25 anni, avevo un lavoro da insegnante in una scuola
per disabili e Luca lavorava da dipendente nell'amministrazione comunale. Era giunto il momento
di dare un senso alla nostra lunga relazione, stabilendo la data delle nozze per poter iniziare un
definitivo cammino insieme, costruendo una famiglia e vivendo nella nostra nuova casa.
Decidemmo di sposarci il 24 gennaio 2013, proprio nella nostra capanna, che era ed è ancora oggi
il nostro piccolo rifugio. In quel giorno tutto era perfetto: il tetto decorato con dei delicati fiori rosa,
gli invitati esultavano ed i fiocchi di neve si posavano delicatamente sul terreno, dando un senso di
maggiore leggerezza. Al nostro matrimonio c'erano molte persone ed erano presenti i miei ed i
suoi genitori, i nostri nonni, zii, fratelli, insomma tutta la famiglia che ora era finalmente contenta
della nostra unione. Per un breve istante alzammo gli occhi al cielo per guardare le nuvole e
descrivere le loro forme più bizzarre, proprio come avevamo fatto anni prima quando eravamo
semplicemente due giovani fidanzati. Dopo anni trascorsi in un mare di incertezze e perplessità,
finalmente la mia vita era cambiata. Anch'io adesso avevo la possibilità di costruire un futuro
migliore insieme alla persona che amavo di più.
Il mio scopo fu quello di proseguire il cammino insieme alla persona con cui condividevo ogni
istante della mia vita, cercando di non essere ostacolata dai molteplici imprevisti che potevano
presentarsi nel mio percorso e di poter avere tanti figli e nipoti.
Spero con questo racconto di poter aiutare molte persone che, come me, non hanno avuto un
valido punto di riferimento, ma che con il tempo hanno capito che un problema deve essere
affrontato a testa alta e senza tirarsi mai indietro.
PROGETTO EMERGENZA ITALIANO
Il racconto corre sul web. Dalla parola alla narrazione