Segue: presidenza del consiglio di amministrazione

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Segue: presidenza del consiglio di amministrazione
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Segue: presidenza del
consiglio di amministrazione
Se i soci optano per un sistema amministrativo pluripersonale di tipo
tradizionale, si pone il problema di individuare la disciplina applicabile
al presidente del consiglio di amministrazione: prima della riforma
l’unica disposizione in proposito era dettata dall’art. 2380, 4° comma,
c.c. (peraltro non ricompreso tra le norme richiamate dall’art. 2487, 2°
comma, c.c.), ove ci si limitava a regolamentarne la designazione, attribuita all’assemblea od in mancanza allo stesso consiglio: nulla si diceva
invece in merito ai poteri connessi alla qualifica in oggetto.
Il D.Lgs. n. 6/2003, in relazione alla società per azioni, ha mantenuto la medesima disciplina in tema di nomina (art. 2380 bis, 5°
comma, c.c.), aggiungendo però una nuova disposizione (art. 2381,
1° comma, c.c.) che ne determina le funzioni: se lo statuto non stabilisce altrimenti, «il presidente convoca il consiglio di amministrazione, ne fissa l’ordine del giorno, ne coordina i lavori e provvede affinché adeguate informazioni sulle materie iscritte all’ordine del giorno
vengano fornite a tutti i consiglieri». L’autonomia privata potrà na4.
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Gli amministratori di s.r.l. L’autonomia statutaria
turalmente intervenire sul punto, attribuendo al presidente particolari poteri ed un peso rilevante sull’andamento della gestione sociale,
ovvero riconducendone i compiti ad una funzione di semplice coordinamento e direzione dell’attività collegiale.
In tema di società a responsabilità limitata, le norme introdotte dalla riforma non forniscono indicazioni in merito a tale figura, ma pare
che, anche in questo contesto, la presenza di essa sia necessaria ed inderogabile, quale elemento essenziale per il corretto funzionamento di
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un organo collegiale . Se non ci si è avvalsi delle nuove possibilità
concesse dall’ordinamento (amministrazione congiunta o disgiunta) e
la gestione è affidata ad un organo pluripersonale, lo statuto potrà re(124)
ed i poteri del presidente di esso; se neppure i sogolare la nomina
ci avranno provveduto al riguardo, si dovrà presumibilmente ritenere
che, anche in questa compagine, il termine di riferimento vada ricerca(125)
to nei succitati artt. 2380 bis, 5° comma, e 2381, 1° comma, c.c. .
Va anzitutto sottolineato come dette disposizioni siano le sole, nel
codice civile, a regolare la materia in questione: nella disciplina codicistica dettata per le società di persone non è dato rinvenire norme
che configurino una struttura paragonabile al consiglio di amministrazione delle società di capitali. Il dettato dell’art. 2381, 1° comma,
c.c. si limita poi ad elencare gli ordinari poteri che spettano al presi(126)
(convocazione, determinadente di qualunque organo collegiale
zione dell’ordine del giorno, direzione del lavori), aggiungendo soltanto il dovere di trasmettere i dati e le notizie in proprio possesso e
concernenti le materie da affrontare nel corso della riunione, il che
peraltro rientra nell’esecuzione secondo buona fede dei compiti affidati a chi riveste un simile ufficio e si correla all’obbligo (ravvisabile
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anche in capo ai gestori della s.r.l.) di «agire in modo informato» .
(123)
Così O. CAGNASSO, op. cit., p. 1859. C. CACCAVALE (op. cit., p. 343 s.) reputa lecito che lo statuto della s.r.l., a differenza di quanto avviene nella s.p.a., preveda,
in luogo di una figura stabile, la nomina da parte dei consiglieri di un presidente per
ciascuna adunanza.
(124)
Ad esempio riservando la designazione del presidente al consiglio di amministrazione, ovvero demandandola in esclusiva ai soci: G. SANTARCANGELO, op. cit.,
p. 286.
(125)
G. SANTARCANGELO, op. cit., p. 285 s.; C. CACCAVALE, op. cit., p. 339. Sulla
base della normativa previgente, G.C.M. RIVOLTA (op. cit., p. 318), in considerazione
del mancato rinvio al vecchio art. 2380, 4° comma, c.c., riteneva che la nomina spettasse unicamente all’assemblea e non potesse essere effettuata dallo stesso consiglio.
(126)
G. SANTARCANGELO, op. cit., p. 286.
(127)
C. CACCAVALE, op. cit., p. 353.
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Come detto, l’autonomia statutaria avrà ampi spazi di intervento
sul punto. Sarà così possibile delineare la figura di un presidente «debole», cui sono attribuiti unicamente i poteri strettamente strumentali
alla presidenza di un organo pluripersonale, eventualmente dettagliando in modo più analitico le indicazioni contenute nella norma sopra citata: ad esempio si potrà ribadire che al presidente competono
anche la verifica della regolarità dell’adunanza, il controllo dell’identità e della legittimazione degli intervenuti, l’accertamento e la proclamazione dei risultati della votazione (prerogative peraltro già spettan(128)
tigli per legge: cfr. art. 2479 bis, 4° comma, c.c. ), nonché la vigilanza sull’esecuzione delle decisioni assunte ed una più generale informazione a favore degli altri consiglieri in merito all’andamento della gestione, anche su materie non iscritte all’ordine del giorno (attività che,
pur in assenza di una esplicita previsione, sono già riconducibili alla
carica in esame). In sede convenzionale, tali attribuzioni potranno poi
essere ristrette, o comunque rese meno incisive, conferendo il potere
di decidere la convocazione a ciascun consigliere o ad un numero qualificato di essi, sì da rendere il presidente mero esecutore dell’altrui volontà, od addirittura consentendo che la riunione possa venire indetta
anche senza il suo intervento, ove egli non abbia dato tempestivamente corso alle richieste ricevute.
Più utilmente, si potrà tratteggiare, invece, un presidente «forte»,
ampliando le sue funzioni ed aggiungendo altri poteri a quelli riconosciutigli dalla legge; come già prima della riforma, sarà così possibile
ribadire la legittimità del cumulo di tale qualifica con quella di amministratore delegato (peraltro indiscutibile anche in assenza di apposita
previsione statutaria), ovvero stabilire che, nella delibera collegiale, in
caso di parità prevalga la posizione a favore della quale egli ha espresso il proprio voto. A differenza che in passato, si potranno poi probabilmente conferirgli in via esclusiva, ovvero in concorso con il collegio
che presiede, funzioni normalmente attribuite a quest’ultimo, come la
convocazione dell’assemblea dei soci: manca infatti nella disciplina
della nuova società a responsabilità limitata una norma analoga all’art.
2366, 1° comma, c.c. che, rispetto alle compagini azionarie, con una
prescrizione comunemente ritenuta inderogabile, riserva all’organo
amministrativo nel suo complesso il potere in oggetto.
Non si potrà invece consentire al presidente del consiglio di
amministrazione di procedere autonomamente alla nomina, od an-
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C. CACCAVALE, op. cit., p. 339.
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Gli amministratori di s.r.l. L’autonomia statutaria
che solo alla sospensione od alla revoca degli amministratori delegati (essendo, al più, ipotizzabile il conferimento di assidui e penetranti compiti di controllo sull’operato di questi, per proporne eventualmente la rimozione collegiale): l’attribuzione – e quindi
l’eliminazione – di poteri gestori individuali è riservata ai soci (art.
2475, 3° comma, c.c.) ed al consiglio nel suo complesso (art. 2381,
2° comma, c.c.). Piuttosto, per potenziare la figura in esame, sarà
presumibilmente possibile elaborare un meccanismo che ricorda la
clausola «simul stabunt simul cadent», ma da essa si distingue, incentrandosi sul solo presidente dell’organo gestorio e consentendo
unicamente a quest’ultimo, con le proprie dimissioni, di caducare
anche gli altri consiglieri. Un simile potere (sia pure riferito indistintamente ai membri del collegio) trova oggi un esplicito riconoscimento normativo (art. 2386, 4° comma, c.c.) e non si vede perché dovrebbe essere illegittimo limitarlo ad uno solo dei suoi componenti, per di più investito di una funzione primaziale: una previsione in tal senso sembra quindi riconducibile alla libertà organizzativa ora concessa all’autonomia statutaria (art. 2463, 2° comma,
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n. 7, c.c.) .
Come già prima della riforma, nulla dice la legge in merito ad
un’eventuale revoca del presidente del consiglio di amministrazione; ancorché non espressamente previsto, un simile atto deve ritenersi ammissibile, rientrando normalmente tra i poteri di chi sceglie il soggetto destinato a ricoprire una data carica la legittimazione a disporne la rimozione (come detto, si può ritenere esistente in
materia un principio generale, peraltro non scevro di eccezioni: v.
art. 2400, 2° comma, c.c.). Così saranno l’assemblea (rectius, la collettività dei soci), ovvero lo stesso consiglio, a deliberare la revoca,
a seconda di chi abbia operato la designazione, mentre sembra più
dubbio – a meno che non lo consenta espressamente lo statuto –
che uno di tali organi possa rimuovere dalla carica un soggetto prescelto dall’altro. Non va però dimenticato che i soci (come detto,
con decisione a collegialità piena o ridotta, ovvero individualmente
od ancora tramite modifica statutaria, a seconda del modello di
nomina prescelto) possono caducare l’intero organo amministrativo, per cui è forse eccessivo precludere loro un intervento più circoscritto, quale la revoca (collettiva) dalla sua carica del solo presidente, sia pur eletto dal consiglio. Nel silenzio dello statuto, sem-
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G. SANTARCANGELO, op. cit., p. 266.
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bra invece più difficile argomentare la legittimità di una rimozione,
da parte di quest’ultimo, di un soggetto designato dall’assemblea o
comunque dai soci.
Se non è previsto espressamente nell’atto costitutivo, non sarà necessario che il presidente, nell’espletamento delle sue funzioni, sia
coadiuvato da un segretario; tale figura, preordinata a rafforzare le
garanzie di correttezza e genuinità del verbale, è prescritta per l’assemblea delle compagini azionarie, in cui è stato ritenuto utile affiancare al presidente, espressione della maggioranza, una carica autonoma che assicuri un ulteriore controllo a tutela degli interessi di tutti i
soci. Non a caso, però, tanto nella s.p.a. che nella s.r.l. le norme che
disciplinano l’attività ed il funzionamento del consiglio di amministrazione non fanno alcun cenno alla presenza di tale soggetto: i consiglieri costituiscono infatti un consesso meno pletorico, aduso (e tenuto)
ad un’assidua e continua collaborazione; per la loro qualifica professionale, possono inoltre vagliare personalmente la regolarità formale e
la rispondenza al vero del contenuto del verbale che documenta le lo(130)
ro decisioni .
(130)
C. CACCAVALE, op. cit., p. 344.